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Riassunto Vol. I Balena - istituzioni di diritto processuale civile, Appunti di Diritto Processuale Civile

Riassunto di tutti i capitoli (I-XII)

Tipologia: Appunti

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Scarica Riassunto Vol. I Balena - istituzioni di diritto processuale civile e più Appunti in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! giovedì 20 febbraio 2020 Capitolo I: il diri-o processuale civile e la funzione giurisdizionale Il diri-o processuale civile e la giurisdizione Il diri'o processuale è la branca del diri-o che disciplina l’insieme dei procedimen9 a'raverso i quali si esercita la giurisdizione, funzione essenziale dello Stato, accanto a quella legisla<va e a quella amministra<va. Difa?, mentre il diri-o sostanziale mira a regolare in astra-o tu? i possibili confli; intersubie;vi, a'raverso l’a'ribuzione di posizioni vantaggio e svantaggio, il diri-o processuale serve a disciplinare l’intervento del giudice ogniqualvolta esso sia necessario per rendere concreto ed effe?vo l’asse'o di interessi delicato dal legislatore sostanziale. E’ necessario so'olineare come, mentre è agevole dis9nguere tra funzione legisla9va, ossia di apposizione di norme generali ed estra'e, e funzione giurisdizionale, assai difficile è la dis<nzione tra funzione giurisdizionale e amministra9va, in quanto entrambe si basano sull’applicazione della legge. Per comprendere la differenza, è necessario analizzarle so'o più piani: 1. Piano ogge;vo: vi sono numerosi elemen9 di commis9one tra le due funzioni: • il codice di procedura civile riconduce alla giurisdizione civile due fenomeni eterogenei, la giurisdizione contenziosa e quella volontaria, quest’ul<ma è assai prossima all’a?vità <pica dello Stato-amministrazione; • vi sono organi estranei all’apparato giurisdizionale che, per legge, sono stru'uralmente autonomi e indipenden< rispe'o all’esecu<vo e che hanno funzioni 9piche della giurisdizione (es: composizione di confli? e controversie tra priva< e irrogazione di sanzioni per la violazione di determina< prece?). Esempi dici solo le Authori<es, autorità amministra<ve indipenden<. 2. Piano sogge;vo: non potendo riscontrare una dis<nzione sufficientemente precisa tra le due funzioni sul piano ogge?vo, è preferibile privilegiare il piano sogge?vo, considerando giurisdizionale l’a;vità che il legislatore ha reputato tale, ossia quella che promana dal giudice e che è assis<ta da determinate garanzie procedimentali. D’altronde il criterio sogge?vo trova il suo fondamento nell’ART. 102 Cost., per cui “la funzione giurisdizionale è esercitata da magistra3 ordinari is3tui3 e regola3 dalle norme dell’ordinamento giudiziario”. Con ciò si esclude che l’a?vità derivante da un organo non appartenente alla magistratura possa essere considerata a?vità giurisdizionale; allo stesso tempo, però, ciò non significa che ogni a'o o provvedimento emanato da un ufficio giudiziario abbia sempre natura giurisdizionale, difa? è possibile che alcuni organi cumulino in sé funzioni giurisdizionali e amministra<ve (es: Presidente del tribunale). In ogni caso i due piani sono des<na< necessariamente ad intersecarsi, per cui la linea di demarcazione tra funzione giurisdizionale e funzione amministra<va potrà iden9ficarsi in virtù dell’interesse tutelato: nell’ipotesi in cui si tra? di funzione amministra<va, esso sarà meramente interno all’amministrazione della gius<zia. 1 giovedì 20 febbraio 2020 La giurisdizione contenziosa L’obbie;vo essenziale dell’a?vità giurisdizionale è quello di assicurare l’a-uazione del diri-o sostanziale, quando ciò si renda necessario per il sorgere di un confli'o inter- sogge?vo. Difa?, il diri'o sostanziale a'ribuisce in astra'o posizioni di vantaggio e corrispe?ve posizioni di svantaggio in presenza di determina< presuppos< di fa'o. Nella maggior parte dei casi, questa regolamentazione è sufficiente a governare la realtà giuridica e a risolvere ogni possibile confli'o di interessi; tu'avia in alcuni casi può sorgere tra le par< un confli'o d’interessi concreto circa l’applicazione della norma sostanziale o circa la ricorrenza dei presuppos< di fa'o cui essa ricollega il sorgere di una determinata situazione giuridica a?va o passiva (c.d. crisi di cooperazione). In ques< ul<mi casi: • le par9 potranno ricomporre il confli'o autonomamente, a'raverso gli strumen< dello stesso diri'o sostanziale (es: transazione); o • il sogge'o che potrebbe agire potrà ome-ere di farlo; o • le par< adiranno un giudice, organo pubblico autonomo, indipendente e imparziale affinché, in primo luogo, accer< l’esistenza del diri-o di cui si lamenta la lesione e, in secondo luogo, assicuri che il diri'o riconosciuto possa essere a-uato pur contro la volontà del sogge'o che l’aveva leso. Si può dunque notare come nei primi due casi l’ordinamento rimanga indifferente al confli'o e al modo in cui le par< decidono di comporlo in quanto gli interessi coinvol9 sono di natura priva9s9ca, per cui sono solo le par< a poterne invocare la tutela; mentre nel terzo caso, una volta che le par< ne abbiano invocato la tutela, l’ordinamento potrà e dovrà intervenire. La giurisdizione fin qui descri'a viene definita contenziosa in quanto presuppone l’esistenza di un confli-o inter-sogge;vo ed ha come obbie;vo la risoluzione e la composizione in via autorita9va del confli'o stesso. Difa? il processo serve a tutelare i diri? sostanziali e ad assicurarne l’a'uazione in via sos<tu<va. In ogni caso bisogna ricordare che l’a?vità giurisdizionale consegue sempre il risultato di condurre ad una risoluzione del confli'o, indipendentemente dall’emissione o meno, da parte del giudice, di una sentenza. Il diri-o di azione (ART. 24 Cost.) ed i suoi possibili condizionamen9 La funzione della giurisdizione contenziosa è secondaria e strumentale rispe'o al diri'o sostanziale e ha come fondamento il divieto di autotutela sancito dagli ARTS. 392-393 cpc, che sanzionano l’esercizio arbitrario delle proprie ragioni mediante violenza su cose e/o persone. Dunque la funzione della giurisdizione contenziosa è essenziale, come sancito dagli ar<coli: 1. ART. 24 Cost.: “tu7 possono agire in giudizio per la tutela dei propri diri7 ed interessi legi7mi”; 2. ART. 113 Cost.: “contro gli a7 della pubblica amministrazione è sempre ammessa la tutela giurisdizionale dei diri7 e degli interessi legi7mi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministra3va. Tale tutela non può essere esclusa o limitata a par3colari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di a7”. 2 giovedì 20 febbraio 2020 3. Tutela cautelare: è sia strumentale alle prime due tutele, in quanto serve ad assicurarne l’u<le e proficuo esercizio, sia provvisoria, in quanto des<nata a durare per il tempo necessario a portare a termine il processo di cognizione o ad avviare il procedimento esecu<vo. La tutela cogni9va ed il suo rapporto con il giudicato L’obbie;vo minimo ed essenziale della tutela cogni9va è quello di fare certezza circa l’esistenza ed il modo di essere di un diri-o o di un rapporto giuridico controverso. In alcuni casi questa certezza può essere sufficiente a soddisfare l’interesse dell’a'ore, mentre in altri casi può aprire la strada all’u<lizzo di ulteriori strumen< processuali preordina< al fine di garan<re la corre'a realizzazione del diri'o riconosciuto. In ogni caso, per comprende come la tutela cogni<va consegua la certezza, è necessario fare riferimento alla nozione di cosa giudicata (giudicato sostanziale) e dis<nguerla dal giudicato formale: 1. Giudicato sostanziale: l’ART. 2909 cc stabilisce che: “l’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato ad ogni effe?o tra le par3, i loro eredi o aven3 causa”. 2. Giudicato formale: l’ART. 324 cpc stabilisce che per giudicato formale s’intende la sentenza passata in giudicato che ha raggiunto un considerevole grado di stabilità, in quanto non più sogge'a alle impugnazioni ordinarie (regolamento di competenza, appello, ricorso per Cassazione, revocazione per i mo<vi di cui ai n° 4-5 dell’ART. 395 cpc), bensì soltanto alle impugnazioni straordinarie. Dal momento della pronuncia della sentenza dunque è ad essa che si dovrà aver riguardo per la concreta regolamentazione del rapporto controverso e tale regolamentazione non potrà essere rimessa in discussione in alcun altro giudizio, se non per fa? successivi alla formazione del giudicato. Difa? si dice che “il giudicato copre il dedo?o ed il deducibile”, per cui si esclude la possibilità di far valere, in un altro e successivo processo, non soltanto le ragioni già dedo'e nel primo, ma anche quelle che, pur essendo già a'uali, non siano state fa'e valere in quella sede. La sentenza dunque fotografa il rapporto controverso in un determinato momento ed è da ciò che deriva la certezza, necessariamente preordinata alla pronuncia di un provvedimento idoneo al giudicato sostanziale. Cognizione ordinaria e sommaria La tutela cogni<va può esercitarsi in varie forme e modalità. In par<colare, in base all’estensione e all’accuratezza dell’accertamento, si può dis<nguere tra: 1. Cognizione ordinaria (piena ed esauriente): i processi a cognizione ordinaria sono cara'erizza< da un complesso di esaurien< garanzie che fanno si che la decisione sia fornita del massimo grado di affidabilità ed a'endibilità, in modo tale che le si possa a'ribuire l’autorità di cosa giudicata sostanziale. Tali garanzie a'endono a: • A?vità delle par< (principio del contraddi'orio); • A?vità del giudice (approfondita conoscenza di tu? i fa? rilevan<) • Rimedi (impugnazioni) in caso di eventuali errori del giudice stesso. 5 giovedì 20 febbraio 2020 E’ necessario so'olineare come il conce'o di cognizione ordinaria sia dis<nto dal processo ordinario; difa? il processo ordinario è un modello di processo disciplinato dall’ART. 163 ss cpc, ossia un processo-9po u<lizzabile per la tutela di qualunque diri'o per cui non sia previsto un diverso rito. Esso, però, rappresenta soltanto uno dei molteplici processi a cognizione piena ed esauriente previs< nel nostro ordinamento (processo del lavoro-ART. 409 ss). 2. Cognizione sommaria: i processi a cognizione sommaria non forniscono eguali garanzie di a'endibilità e affidabilità del risultato finale. La sommarietà può derivare da: • Modalità semplificate di a'uazione del contraddi'orio o dalla sua esclusione (procedimento per ingiunzione- ART. 633 ss); • Tipo di prove che il giudice può u<lizzare per formare il proprio convincimento; • Fa'o che il provvedimento di accoglimento della domanda si fondi esclusivamente su un comportamento processuale (omissivo) del convenuto (ordinanza di convalida di sfra'o); • Circostanza che l’accertamento del giudice riguardi alcuni soltanto dei fa? rilevan< per la decisione. In ogni caso la sommarietà non sempre emerge in modo chiaro. Un elemento u<le per dis<nguere le varie cognizioni è la forma del provvedimento che il legislatore prescrive per la decisione: difa? il provvedimento <picamente idoneo al giudicato è la sentenza, per cui il processo che richiederà per la sua definizione una sentenza dovrà essere inevitabilmente a cognizione piena ed esauriente; il contrario invece non è altre'anto vero in quanto vi sono casi in cui si prevede una differente forma di provvedimento (ordinanza) non per la sommarietà della cognizione, bensì per l’esigenza di semplificare la materiale redazione del provvedimento stesso da parte del giudice (ordinanza ex ART. 186-quater). La riforma del 2009 ha previsto che l’a'ore possa liberamente u<lizzare, in luogo del processo ordinario, il procedimento sommario di cognizione, che si conclude con un’ordinanza pienamente idonea ad acquisire l’autorità della cosa giudicata ai sensi dell’ART. 2909 cc. In questo caso non si tra'a di una cognizione qualita<vamente meno approfondita ed affidabile, bensì di una semplificazione del procedimento delle controversie più semplici. Si tra'a dunque di un procedimento speciale a cognizione piena ed esauriente, definito mediante ordinanza. In ogni caso le forme di cognizione sommaria implicano una marcata deviazione rispe'o alle garanzia offerte dalla cognizione piena e, dunque, vanno a'entamente valutate nella loro compa<bilità con gli ARTS. 3 e 24 Cost. (diri'o di difesa). In conclusione è bene ricordare che un procedimento a cognizione sommaria non esclude, successivamente, la possibilità di istaurare un procedimento a cognizione ordinaria. La funzione della tutela sommaria, cautelare o non cautelare, ed il suo rapporto con la tutela ordinaria Le relazioni tra la tutela sommaria e la tutela cogni9va ordinaria possono essere varie, ma per comprenderle in tu? i loro aspe? è necessario, prima di tu'o, operare una dis9nzione tra: 1. Tutela sommaria cautelare: cos<tuisce un genus a sé stante, cara'erizzato da un’accentuata strumentalità rispe'o al processo a cognizione piena e/o al processo di 6 giovedì 20 febbraio 2020 esecuzione forzata, dei quali deve assicurare la proficuità. Difa? i provvedimen< cautelari hanno la finalità di impedire che, nel tempo occorrente per il compimento del processo, il diri-o ivi azionato subisca un pregiudizio non rimediabile o che intervengano delle modificazioni tali da rendere inu<le per l’a'ore l’accoglimento della domanda. 2. Tutela sommaria non cautelare: offre una sorta di scorciatoia economica rispe'o alla cognizione piena, ogniqualvolta ricorrano par<colari situazioni che renderebbero eccessivo e superfluo il processo cogni<vo ordinario. Le differenze tra le due tutele sono essenzialmente 3: 1. Differenza di funzione: la tutela cautelare è strumentale rispe'o al processo a cognizione piena. 2. Differenza di contenuto: • Provvedimento sommario non cautelare: deve surrogare a quello di cognizione piena, dunque deve avere un contenuto simile a quest’ul<mo; ciò implica un’an<cipazione (almeno parziale) degli effe? che deriverebbero da una sentenza di accoglimento della domanda. • Provvedimento cautelare: ha un contenuto molto vario, che non coincide necessariamente con quello del provvedimento a cognizione piena. 3. Differenza del regime di stabilità del provvedimento: per comprendere questo aspe'o è necessario analizzare le possibili relazioni tra la tutela sommaria non cautelare e la tutela ordinaria. • Procedimen9 sommari non cautelari autonomi: si hanno quando il procedimento, quanto all’instaurazione, è autonomo rispe'o al processo a cognizione piena. In questo caso, su inizia<va del convenuto, si possono recuperare, dopo la pronuncia del provvedimento sommario, le garanzie proprie del processo cogni<vo ordinario (procedimento per ingiunzione->40 giorni dal momento della no<fica del decreto ingiun<vo per proporre opposizione; procedimento per la repressione dell’a?vità an<sindacale; procedimento per la convalida dello sfra'o->non necessaria la opposizione, è sufficiente che il convenuto si presen< in udienza e contes< il diri'o vantato dal locatore). E’ anche possibile che il convenuto rimanga inerte, in questo caso il provvedimento sommario produce effe? in tu'o e per tu'o simili a quelli di una sentenza passata in giudicato, offrendo all’a'ore una tutela defini<va, eguale a quella che avrebbe potuto o'enere mediante processo ordinario. De? provvedimen9, esaurendo il processo, vengono defini< sommari decisori. • Procedimen9 sommari non cautelari autonomi potenzialmente defini9vi: si hanno quando, dopo l’emanazione del provvedimento sommario, non siano previs< termini perentori o sia escluso che la mancata reazione del convenuto a'ribuisca al provvedimento la stabilità propria della sentenza passata in giudicato. Pur rimanendo aperta sine die la possibilità di accedere ad un processo a cognizione piena, gli effe? del provvedimento non sono limita< nel tempo, in quanto l’a'ore riceve una tutela potenzialmente defini<va (procedimento possessorio- ex ART. 703). • Procedimen9 sommari non cautelari non autonomi: si hanno quando il procedimento s’innesta, a mo’ di sub-procedimento incidentale, nell’ambito di un 7 giovedì 20 febbraio 2020 • Periculum in mora: indica una situazione di pericolo per il diri'o tutelato che può derivare: - Dalla possibilità che, nel tempo occorrente per il processo, la situazione di fa'o venga alterata o modificata in modo irreversibile, così da pregiudicare la successiva a'uazione coa?va del diri'o. In questo caso, vi sono le misure cautelari conserva9ve finalizzate alla cristallizzazione della situazione. - Dalla possibilità che, tenuto conto della natura e della funzione del diri'o da tutelare, la sua soddisfazione tardiva risul< inu9le o scarsamente u<le o che arrechi un danno non compiutamente rimediabile ex post. In questo caso, vi sono le misure cautelari an9cipatorie, in grado di produrre i medesimi effe? in tu'o o in parte di una sentenza di accoglimento della domanda. Sezione II: le azioni di cognizione e le sentenze cui conducono L’azione e la sentenza di mero accertamento Le azioni di cognizione, in base al <po di pronuncia che l’a-ore richiede al giudice, si dis<nguono in: 1. Azioni di mero accertamento: possono essere di 2 <pologie. • Azioni di mero accertamento posi9vo: mirano esclusivamente a fare certezza circa l’esistenza ed il modo di essere di un determinato rapporto giuridico; • Azioni di mero accertamento nega9vo: mirano a fare certezza circa l’inesistenza di un diri'o vantato da altri, che si assume non essere mai sorto o essersi es<nto. Sebbene la tutela cogni<va miri a conseguire la certezza riguardo ad un diri'o controverso, non esistono disposizioni che prevedano azioni limitate a questo unico obie?vo; piu'osto vi sono nel codice civile norme dalle quali è possibile desumere l’ammissibilità di un’azione di questo <po in ipotesi specifiche (accertamento posi<vo e nega<vo di diri? reali, accertamento nega<vo di negozi giuridici). Per questo mo<vo, l’ammissibilità di queste azioni e i loro limi< sono molto diba-u9 in do-rina: per quanto riguarda i diri? reali ed assolu<, vi è solo un generico dovere di astensione dell’intera colle?vità, più complicato è comprendere l’ammissibilità dell’azione di accertamento nega<vo nel caso di diri? rela<vi (aven< ad ogge'o prestazioni specifiche da parte di un sogge'o determinato). In mol< di ques< casi non è chiaro che diri'o venga fa'o valere in giudizio e ciò me'e in crisi il principio di normale correlazione tra diri'o sostanziale e diri'o d’azione. La giurisprudenza, invece, non ha avuto mol< dubbi sull’ammissibilità delle azioni di mero accertamento, posi<ve o nega<ve che siano. Ragioni del convincimento: • In alcune situazioni l’azione di mero accertamento è l’unica forma di tutela pra<cabile o idonea a rimuovere una situazione d’incertezza; • Sebbene sia innegabile la correlazione tra diri'o sostanziale e diri'o d’azione, è pur vero che il processo è fonte di u<lità autonome, non conseguibili al di fuori di esso; 10 giovedì 20 febbraio 2020 • Ogni sentenza che rige'a la domanda è una sentenza di accertamento nega<vo del diri'o dedo'o in giudizio dall’a'ore ed il convenuto ha il potere di perseguirla anche quando l’a'ore abbia rinunciato alla decisione; • E’ difficile negare che non sia implicito nell’ordinamento posi<vo il diri'o a non subire un danno ingiusto a causa di un fa'o doloso o colposo altrui. Il riconosciuto dell’ammissibilità dell’azione di accertamento non implica l’inesistenza di limi< incomben< su di essa. I limi9: • Ogge-o: deve vertere, salvo ipotesi espressamente previste dalla legge, su un diri'o o uno status, mai sull’esistenza o sull’interpretazione di norme giuridiche astra'amente considerate, né su meri fa?. Fanno eccezione a questo principio alcune azioni espressamente previste dalla legge come: - Verificazione di una scri'ura privata al fine di accertare l’auten<cità della rela<va so'oscrizione (ART. 216 ss); - Querela di falso nei confron< di un a'o pubblico o di una scri'ura privata (ART. 221 ss). • Sussistenza dell’interesse ad agire: questo elemento cos<tu<vo dell’azione deve essere presente in tu? i <pi di azione, ma per quanto riguarda l’azione di mero accertamento esso può rappresentare un filtro. Non vi sono altri limi< o presuppos< all’ammissibilità dell’azione di mero accertamento, per cui si dovrà amme'ere anche quando, avendo ad ogge'o l’accertamento posi<vo di un diri'o leso, il creditore potrebbe chiedere una tutela più incisiva (sentenza di condanna). 2. Azioni di condanna 3. Azioni cos<tu<ve L’azione e la sentenza di condanna: gli effe; della condanna Nella maggior parte dei casi, l’a'ore chiedere al giudice di verificare l’avvenuta lesione del diri-o dedo-o in giudizio, a causa dell’inadempimento del debitore e, conseguentemente, di condanna quest’ul<mo alla prestazione di dare o fare necessaria per realizzare il proprio interesse. Cara-eris9ca fondamentale della sentenza di condanna è la sua idoneità 9pica e primaria ad essere presupposto per la successiva a-uazione coa;va del diri'o a'raverso esecuzione forzata vera e propria o altri strumen< di esecuzione indire'a. Accanto a questa idoneità, si riscontrano altri effe; secondari della condanna, ossia: 1. ART. 2818 cc: “ogni sentenza che porta condanna al pagamento di una somma o all’adempimento di altra obbligazione ovvero al risarcimento dei danni da liquidarsi successivamente” rappresenta un <tolo per l’iscrizione d’ipoteca giudiziale sui beni del debitore. La sentenza di condanna dunque, pur quando non sia ancora passata in giudicato e non sia neppure provvista di esecu<vità, consente all’a'ore vi'orioso di avere una garanzia specifica nel caso in cui il debitore non adempia spontaneamente all’obbligo impostogli dal provvedimento. 11 giovedì 20 febbraio 2020 2. ART. 2953 cc: qualora il diri'o dedo'o in giudizio sia sogge'o ad una prescrizione più breve di quella ordinaria (prescrizione biennale del diri'o al risarcimento del danno provocato dalla circolazione di veicoli), la pronuncia di una sentenza di condanna passata in giudicato determina la conversione della prescrizione breve in prescrizione ordinaria, con la conseguenza che l’azione esecu<va sarà poi esperibile nel termine di 10 anni. Condanna ed esecuzione forzata Tra l’azione di condanna e l’esecuzione forzata vi è una relazione molto stre'a; la sentenza di condanna, nella maggior parte dei casi, mira a procurare all’a'ore un 9tolo esecu9vo che gli consenta, se il sogge'o obbligato non adempie spontaneamente il contenuto della sentenza, di avviare un processo esecu<vo che esegua il comando. L’effe'o della sentenza di condanna è dunque quello di cos<tuire un <tolo esecu<vo, garanzia esercitabile in caso di inadempimento dell’obbligato. Tu'avia vi sono casi in cui il processo esecu<vo incontra dei limi9 invalicabili: 1. Infungibilità totale o parziale dell’obbligo di fare gravante sul debitore: in ques< casi il diri'o può trovare la sua a'uazione solo mediante la cooperazione del debitore stesso, in quanto la legge può solo incen<varne la realizzazione. 2. Obblighi di non fare: nel caso di diri? assolu<, il giudice impone di astenersi da comportamen< che possano turbare il godimento della res. 3. Contenuto inibitorio della sentenza: in ques< casi il giudice impone di cessare o di non reiterare un determinato comportamento illecito, eventualmente accompagnato dalla condanna alla remissione in pris<no. In tu? ques< casi l’esecuzione forzata non è idonea ad assicurare l’a'uazione del diri'o poiché non è in grado di impedire il compimento dell’a?vità che ne cos<tuisce violazione, ma può solo servire ex post; per queste ragioni sarà necessario far ricorso a strumen9 di esecuzione indire-a. L’esecuzione indire-a a-raverso le misure coerci9ve Nel caso in cui l’esecuzione forzata non sia a'uabile, l’unica soluzione è l’applicazione di misure coerci9ve, ossia strumen9 di indire-a coazione della volontà del debitore (non appartengono al diri'o processuale, bensì al diri'o sostanziale, al contrario dell’esecuzione forzata vera e propria), preordina< a disincen9vare l’inadempimento dell’obbligo imposto dal giudice. Esse sono essenzialmente di due <pi: 1. Sanzioni penali: • ART. 388 ccp: è l’unica disposizione virtualmente idonea ad assicurare l’a'uazione di qualunque provvedimento di condanna del giudice civile e sanziona, con reclusione o multa, “chi per so?rarsi all’adempimento degli obblighi civile nascen3 da una sentenza di condanna, o dei quali è in corso l’accertamento, compie sui suoi beni o sugli altrui beni, a7 simula3 o fraudolen3 o comme?e allo stesso scopo altri fa7 fraudolen3”. In questo caso si richiedono per la condanna elemen< sogge?vi ed ogge?vi specifici: dolo specifico, compimen< di a? o fa? simula< o fraudolen<. 12 giovedì 20 febbraio 2020 1. ART. 657: consente al locatore di promuovere azione di rilascio, a'raverso lo speciale procedimento per la convalida di licenza o di sfra'o, ancor prima che il contra'o di locazione sia scaduto. In questo modo si procura un provvedimento di condanna ed un <tolo esecu<vo che potrà u<lizzare nel caso in cui il condu'ore, al termine del contra'o, non rilasci l’immobile. 2. Condanna all’adempimento di obbligazioni alimentari o di mantenimento con cara'ere periodico: gli effe? della condanna sono per loro natura proie'a< al futuro. Analizzando le par< si riscontra che: • A'ore: egli riscontra un duplice vantaggio in quanto, da un lato, gli viene riconosciuto fin da subito un <tolo esecu<vo che ha un’efficacia dissuasiva per il debitore e, dall’altro, qualora l’inadempimento si verifichi, non ha bisogno di altro tempo per accedere al processo esecu<vo. • Convenuto: egli riscontra numerosi svantaggi in quanto, in primo luogo, è tenuto a subire un processo ancora prima dell’inadempimento e, in secondo luogo, nel caso di inadempimento futuro non potrò contestarlo. Tra'andosi appunto di un’azione par<colarmente favorevole per l’a'ore, il legislatore ha determinato i casi in cui essa sia applicabile. Tu'avia la do'rina ha di gran lunga ampliato le ipotesi di applicazione, riconoscendo possibile u<lizzare la condanna in futuro anche in relazione ad obblighi aven9 cara-ere periodo o con9nua9vo, quando si accer9 che l’inadempimento è già a-uale e non ancora terminato. Esempi: • ART. 664: procedimento per convalida di sfra'o; • ART. 148,2 cpc: adempimento dell’obbligazione di mantenere, educare ed istruire i figli; • Condanna condizionale. L’azione e la sentenza cos9tu9va L’ART. 2908 cc stabilisce che “il giudice, nei casi previs3 dalla legge, possa cos9tuire, modificare o es9nguere rappor9 giuridici, con effe?o tra le par3, i loro eredi o aven3 causa”. L’azione cos<tu<va è quella che può condurre alla nascita di un diri-o o di uno status (azione cos<tu<va in senso stre'o) o alla modificazione o all’es9nzione di rappor9 giuridici preesisten9. Cara-eris9ca fondamentale di questa azione è la sua 9picità, difa? è consen<ta solo nei casi espressamente previs< dalla legge e gius<ficata con una deroga alla natura meramente dichiara<va del provvedimento del giudice. L’esempio più noto è dato dall’ART. 2932 cc, che consente, in caso di inadempimento dell’obbligo di concludere un contra-o, la pronuncia di sentenza che produca gli effe? del contra'o concluso. In passato si riscontrava, come base dell’azione cos<tu<va, un diri'o potesta<vo che aveva ad ogge'o il prodursi di un determinato effe'o o modificazione nella sfera giuridica di un altro sogge'o. Tu'avia l’esercizio di un diri'o potesta<vo vero e proprio produce di per sé, prima e fuori del processo, l’effe'o cos<tu<vo-modifica<vo-es<n<vo di volontà proveniente dal <tolare del diri'o; dunque oggi si ri<ene che la base dell’azione sia un so'ostante diri'o ad una modificazione giuridica sostanziale. 15 giovedì 20 febbraio 2020 De'e azioni si possono dis<nguere in 2 9pologie: 1. Azioni cos9tu9ve non necessarie: l’effe'o cos<tu<vo-modifica<vo-es<n<vo perseguito dall’a'ore potrebbe o'enersi al di fuori del processo, a'raverso la collaborazione del debitore (cos<tuzione di servitù-ART. 1032); 2. Azioni cos9tu9ve necessarie: l’effe'o cos<tu<vo-modifica<vo-es<n<vo perseguito dall’a'ore non potrebbe o'enersi in alcun altro modo se non a'raverso il processo (impugnazioni del matrimonio). Nella realtà de'e azioni dovrebbero essere considerate come autonome (giurisdizione a contenuto ogge?vo). 3. Azioni cos9tu9ve miste: l’effe'o cos<tu<vo-modifica<vo-es<n<vo perseguito dall’a'ore non potrebbe o'enersi se non mediante il processo, ma si potrebbero o'enere effe? equivalen< mediante altre strade. In ogni caso queste azioni vengono assimilate alle azioni cos<tu<ve non necessarie. Le sentenze dichiara9ve Accanto alla <pica tripar<zione, il legislatore ha iden<ficato un’ulteriore categoria di sentenze, così de'e dichiara9ve. Alcuni ritengono che si tra? di una categoria trasversale, in quanto potrebbero aversi sentenze meramente dichiara<ve, sentenze dichiara<ve di condanna e sentenze dichiara<ve cos<tu<ve, altri invece ritengono che si tra? di una species all’interno del genus delle sentenze cos9tu9ve. Si hanno sentenze dichiara<ve quando il giudice è chiamato ad integrare o a specificare il contenuto di un diri-o o, correla<vamente, di un obbligo, che virtualmente già preesiste sul piano sostanziale. In ogni caso il giudice non può prescindere da valutazioni spiccatamente discrezionali, anche se si tra'a pur sempre di discrezionalità tecniche, dovendosi ispirare sempre a parametri e criteri ogge?vi e non al suo mero arbitrio. Esempi: 1. Superamento della normale tollerabilità delle immissioni (ART. 844 cc); 2. Stabilirsi degli alimen< in proporzione del bisogno di chi li domanda e delle condizioni economiche di chi deve somministrarli (ART. 438 cc). In ogni caso l’autonomia e la concreta u9lità di questa categoria sono molto dubbie, in quanto la necessaria integrazione della norma sostanziale ad opera del giudice deve considerarsi un fenomeno normale nella realtà giuridica. Sezione III: il diri-o e l’azione La rela9vità del conce-o di azione Il conce-o di azione è essenzialmente rela9vo e tu'’altro che univoco, difa? in passato il termine azione veniva spesso u<lizzato come sinonimo di diri-o sogge;vo, in quanto si considerava l’azione solo dal punto di vista della concreta possibilità di tutela giurisdizionale. Oggi, invece, vi sono diverse definizioni del termine azione: 1. Concezione astra-a: l’azione è il diri-o ad o-enere un provvedimento, diri'o ad o'enere dal giudice una risposta alla domanda, indipendentemente dal contenuto della decisione; 16 giovedì 20 febbraio 2020 2. Concezione concreta: l’azione è il diri-o ad o-enere dal giudice un provvedimento di merito favorevole all’a-ore, una decisione di accoglimento della domanda. Secondo questa concezione dunque l’azione sarebbe stre'amente collegata all’esistenza stessa del diri'o dedo'o in giudizio. 3. Concezione mista: l’azione è il diri-o ad o-enere un provvedimento di merito, ossia una pronuncia che decida sulla fondatezza della domanda, indipendentemente dal fa'o che sia favorevole o meno all’a'ore. In questo modo l’azione non è più stre'amente collegata all’esistenza stessa del diri'o, bensì a 2 sue condizioni: legi;mazione e interesse ad agire. Le condizioni dell’azione di cognizione e i presuppos9 processuali La legi?mazione ad agire e l’interesse ad agire rappresentano gli elemen< cos<tui<vi del diri'o d’azione, ossia il diri'o ad o'enere una pronuncia sul merito della causa. Nel caso in cui la decisione neghi l’esistenza di entrambi o di uno dei due, quindi, essa non dovrebbe essere considerata una decisione di merito, bensì una pronuncia meramente processuale. Tu-avia, un provvedimento di questo <po rappresenta sempre una negazione di un diri-o, quello di azione, per cui è da ritenere che si possa considerare una decisione di merito, sebbene non possa fare stato sul rapporto giuridico dedo'o in giudizio. Ciò perme'e di dis9nguere le condizioni dell’azione dai presuppos9 processuali, che condizionano anch’essi la possibilità che il giudice pervenga ad una decisione sul merito della causa. I presuppos< processuali possono riguardare l’instaurazione del processo o la sua prosecuzione. Talora si afferma che le condizioni dell’azione, a differenza dei presuppos< processuali, potrebbero sussistere anche solo al momento della decisione. Ciò vorrebbe significare che tu? i presuppos< processuali, invece, dovrebbero sussistere durante tu'o il processo, ma così non è (dife'o di giurisdizione sanato). La legi;mazione ad agire e le ipotesi di sos9tuzione processuale Il primo elemento cos9tu9vo del diri'o d’azione è la legi;mazione ad agire (no legi?mazione processuale->capacità processuale), che serve ad individuare la 9tolarità dell’azione, ossia a che essa spe?. L’ ART. 81 cpc stabilisce che: “fuori dai casi espressamente previs3 dalla legge, nessuno può far valere nel processo in nome proprio un diri?o altrui”. Per stabilire se il sogge'o che ha proposto la domanda sia legi?mato ad agire, si farà riferimento esclusivamente alla domanda stessa e alla circostanza che in essa si affermi di essere <tolare del diri'o dedo'o in giudizio. Nel caso in cui il giudice accer< il contrario, la ques<one a'errà al merito della causa. Come specificato dallo stesso ART. 81 nella sua prima parte, vi sono casi espressamente previs< dalla legge, in cui è consen<to far valere nel processo in nome proprio un diri'o altrui. In caso di legi;mazione straordinaria/sos9tuzione processuale, il sos<tuto processuale è abilitato ad agire, in nome proprio, per o'enere una decisione circa un rapporto giuridico cui egli è dichiaratamente estraneo e di cui è <tolare il sos<tuito. Esempio <pici sono: 1. Azione surrogatoria (ex ART. 2900 cc): si consente al creditore di esercitare i diri? e le azioni che spe'ano verso terzi al proprio debitore, nel caso in cui quest’ul<mo ome'a di farlo. L’a'ore dunque agisce a tutela di un proprio diri'o o interesse o in caso di un 17 giovedì 20 febbraio 2020 Dopo la cos9tuzionalizzazione di questo principio, si sono pos< numerosi dubbi sulla legi;mità dei procedimen< speciali nei quali il codice prevede o consente che il contraddi'orio tra le par< si instauri dopo la pronuncia del provvedimento. In generale l’opinione prevalente ri<ene che in determina< casi, espressamente previs< dalla legge, de'o principio possa subire una compressione in nome di altri primari valori di rango cos<tuzionale. La parità delle armi L’ART. 111,2 Cost. stabilisce che “il processo debba svolgersi in condizioni di parità fra le par9”. De'o enunciato parrebbe una semplice specificazione del principio di eguaglianza sostanziale desumibile in termini generali dall’ART. 3,2 Cost. Per questa ragione, è diffusa la concisione che il principio di parità non escluda in assoluto la legi?mità di un tra'amento processuale differenziato fra le par<. Le condizioni affinché si possa verificare questo tra'amento differenziato sono essenzialmente 2: 1. Discriminazione ragionevole e gius<ficata da un’ogge?vità disparità delle par< medesime; 2. Non indebita compressione del diri-o d’azione o di difesa, in quanto sarebbe lesivo dell’ART. 24 Cost. La ragionevole durata del processo L’ART. 111, 2 Cost. stabilisce altresì che “la legge debba assicurare la ragionevole durata del processo”, come sancito anche dall’ART. 6 della Convenzione sui diri? dell’uomo, ra<ficata dall’Italia nel 1955. Si tra'erebbe di un principio di importanza primaria, in quanto il suo non rispe'o potrebbe rendere vana l’azione dell’a'ore o la difesa del convenuto e potrebbe causare loro danno, violando così i diri? di azione e di difesa enuncia< dall’ART. 24 Cost. Nella realtà, purtroppo, si tra'a solo di una disposizione di mero indirizzo, priva di ricadute immediate sul processo in quanto ogni causa ha tempi fisiologici propri. Qualora il legislatore volesse dare effe?va a'uazione al principio, dovrebbe anzitu'o operare delle riforme ineren9 agli aspe; organizza9vi e strumentali e, sul piano stre'amente processuale, delle riforme finalizzate all’introduzione di strumen9 a? ad evitare che una delle par< o lo stesso giudice possa ritardare ad libitum il momento della decisione. Tu'avia ad oggi il legislatore non ha ancora provveduto e per questo mo<vo l’Italia ogni anno è tenuta a pagare delle condanne risarcitorie imposte dalla Corte Europea dei diri; dell’uomo. 20 giovedì 20 febbraio 2020 Solo nel 2001 è stata emanata la legge Pinto per disciplinare, a'raverso una specifica norma<va processuale, il diri'o ad una equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole. Il principio del giusto processo regolato dalla legge L’ART. 111,1 Cost. stabilisce che “la giurisdizione si a?ua mediante il giusto processo regolato dalla legge”. De'o enunciato non ha una propria portata concreta ed una propria autonomia e sopra'u'o non ha un contenuto immediatamente perce?vo. L’interprete difa? dovrà: • Individuare nel riferimento al giusto processo una sorta di sintesi delle garanzie che il legislatore cos<tuzionale ha poi consacrato nei commi successivi del medesimo ar<colo; o • Ritenere che il processo giusto sia quello che riesce a dare una concreta e fedele a-uazione a quell’asse-o di interessi astra-amente delineato dal diri-o sostanziale (interpretazione maggioritaria). Secondo questa interpretazione dunque il principio potrebbe dirsi rispe'ato solo quando: - Fosse congegnato in modo tale da rendere l’accertamento del giudice il più possibile a'endibile e conforme alla realtà dei fa? (verità materiale); - Fosse munito degli strumen< occorren< per far concretamente conseguire alla parte, che ha invocato la tutela giurisdizionale ed ha o'enere il riconoscimento del diri'o dedo'o, tu'e le u<lità che il legislatore le aveva in astra'o garan<to. Altro aspe'o da analizzare dell’assunto è il significato di “processo regolato dalla legge”. Ovviamente non si parla in termini assolu9 in quanto nella risoluzione della controversia il giudice avrà sempre un certo margine di discrezionalità nell’apprezzamento dei fa?. Infine è bene evidenziare come de'o ar<colo stabilisca dei limi9: 1. Deve ritenersi esclusa la possibilità di affidare genericamente al giudice l’integrale regolamentazione del processo; 2. Ogni deroga a de'o principio deve risultare gius<ficata dall’effe?va esigenza di tener conto delle possibilità peculiarità del processo e deve essere sufficientemente precisa e circoscri'a quanto ai presuppos< del potere a'ribuito al giudice. L’obbligo della mo9vazione e la garanzia del ricorso per Cassazione: rinvio. Cenni sulla pronuncia secondo equità L’ul<ma parte dell’ART. 111 (6, 7, 8) tra'a di altre 3 garanzie fondamentali: 21 giovedì 20 febbraio 2020 1. Obbligo di mo9vazione (ART. 111,6 Cost.): “tu7 i provvedimen3 giurisdizionali devono essere mo3va3”. De'o requisito è indispensabile per ricostruire l’iter logico della decisione e verificare che il giudice non abbia deciso in base a sue mere intuizioni sogge?ve. E’ bene so'olineare inoltre come il legislatore, con de'o ar<colo, non faccia riferimento a tu; i provvedimen9 giurisdizionali, bensì solo a quelli aven< contenuto decisorio (sentenze). 2. Garanzia del ricorso per Cassazione (ART. 111,7-8 Cost.): • ART. 111, 7 Cost.: “contro le sentenze e contro i provvedimen3 sulla libertà personale pronuncia3 dagli organi giurisdizionale ordinari e speciali, è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.” De'o enunciato implica l’obbligo per il giudice di decidere secondo la legge, sostanziale e processuale, come anche stabilito e ribadito dall’ART. 113 cpc per cui “il giudice, nel pronunciare sulla causa, deve seguire le norme del diri?o, salvo che la legge gli a?ribuisca il potere di decidere secondo equità”. A'raverso la decisione secondo equità il giudice ha il potere di discostarsi dalla soluzione secondo diri'o, applicando principi e valori e<ci e sociali ogge?vamente individua< dal giudice stesso. L’equità può essere: - Necessaria: quando è espressamente prevista dalla legge (ART. 113,2: per tu'e le decisioni rese dal giudice di pace in cause di valore non superiore a 1100 euro); - Volontà comune delle par9: quando sono le par<, congiuntamente, a richiedere una decisione secondo equità (ART. 114 Cost.). Tu'avia è bene ricordare che riguardo all’equità sono sor< numerosi dubbi di legi?mità in quanto si riteneva che l’enunciato fosse illegi?mo poiché contrastante con l’ART. 101,2 Cost per cui i giudici sono sogge? soltanto alla legge. La ques<one è stata in parte a'enuta da una pronuncia addi<va della Corte cos<tuzionale, la quale ha ritenuto illegi?mo l’ART. 113,2 nella parte in cui non prevede che il giudice di pace, pur decidendo secondo equità, sia vincolato all’osservanza dei principi informatori della materia e da un intervento del legislatore che, nell’ART.339 ha ammesso l’appello nei confron< delle sentenze di equità del giudice di pare per violazione delle norme sul procedimento, per violazione di norme cos<tuzionale o comunitarie o dei principi regolatori della materia. • ART. 111, 8 Cost.: “contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Con3 il ricorso in Cassazione è ammesso per i soli mo3vi ineren3 alla giurisdizione”. 22 giovedì 20 febbraio 2020 2. Ultra-pe<zione: provvedimento che va oltre la domanda; 3. Extra-pe<zione: il giudice si pronuncia in assenza di una domanda o comunque su un ogge'o diverso da quello della domanda. Secondo il medesimo principio, nel caso in cui la parte abbia proposto una pluralità di domanda, essa stessa può vincolare il giudice a seguire un determinato ordine nel loro esame. Si può ben notare dunque come l’iden9ficazione della domanda sia di fondamentale importanza, in quanto serve a: • Verificare la giurisdizione e la competenza del giudice adito; • Evidenziare nessi o collegamen< più o meno intensi con altre cause, così da perme'erne la tra'azione congiunta; • Stabilire quali modificazioni della domanda siano ammesse nel corso del processo, senza snaturarla; • Concorrere nell’individuazione dei limi< del giudicato, una volta emesso. Gli elemen9 iden9fica9vi della domanda: sogge;, pe9tum, causa petendi Gli elemen< che iden<ficano la domanda sono essenzialmente 3: 1. Sogge;: per l’iden<ficazione dei sogge? occorre stabilire da chi e nei confron< di chi la domanda è proposta ed è bene ricordare che rileva anche la qualità in cui taluno propone una domanda o ne è des<natario (Tizio ≠ Tizio in qualità di genitore o rappresentate di un minore) 2. Pe9tum (ogge-o): l’iden<ficazione dell’ogge'o deriva dalla combinazione di due elemen<: • Pe9tum immediato: provvedimento richiesto al giudice (mero accertamento, condanna a dare o fare, ecc..); • Pe9tum mediato: bene giuridico concretamente perseguito dall’a'ore. 3. Causa petendi (9tolo, ragione del domandare): secondo l’opinione preferibile, il <tolo si iden<fica con diri'o (o status) in forza del quale viene rivendicato il bene giudizio del pe<tum. Di conseguenza, la causa petendi consiste nella compiuta esposizione dei fa? e degli elemen< di diri'o cos<tu< le ragioni della domanda, ossia di tu? i fa? cos<tu<vi occorren< per individuare in maniera univoca quest’ul<mo. Ciò implica che ad ogni variazione di tali fa? dovrebbe inevitabilmente corrispondere una domanda diversa. Nel corso del processo, è tendenzialmente esclusa, salvo nei casi previs< dalla legge, tanto la proposizione di nuove domande, quanto la radicale trasformazione della domanda iniziale (muta9o libelli). Ciò implica che: • E’ esclusa ogni variazione dei fa? cos<tu<vi allega< a sostegno delle domande formulate negli a? introdu?vi; 25 giovedì 20 febbraio 2020 • In caso di rige'o di una determinata domanda, ogni altra domanda fondata su fa? cos<tu<vi anche solo parzialmente differen< rimane liberamente proponibile in un successivo giudizio. In concreto, però ques< principi sono so'opos< a deroghe in 2 direzioni: • In relazione a taluni diri? per i quali si ri<ene non essere necessaria, ai fini dell’iden<ficazione della domanda, la specificazione dei rela<vi fa; cos9tu9vi; • Rispe'o ad alcune variazioni più o meno marginali dei fa? cos<tu<vi, che lasciano sostanzialmente immuta< i fa? medesimi. Gli elemen9 iden9fica9vi della domanda: l’individuazione del diri-o dedo-o in giudizio, diri; auto-determina9 e diri; etero- determina9 La nostra do'rina è solita operare una dis<nzione u<le per l’individuazione del diri'o dedo'o in giudizio. Si dis<ngue tra: 1. Diri-o auto-determinato: per la sua iden9ficazione è sufficiente il pe9tum, mentre si può prescindere dalla specificazione dei fa? cos<tu<vi, il cui variare non incide sull’iden<tà del diri'o (diri'o di proprietà->non può sussistere più volte in capo al medesimo sogge'o). Sono auto-determinate le domande basate su: • Diri'o di proprietà; • Diri'o reale di godimento; • Diri'o assoluto; • Status; • Diri'o di credito ad ogge'o una prestazione specifica. 2. Diri-o etero-determinato: per la sua iden<ficazione non si può prescindere dai rela<vi fa; cos9tu9vi, potendo esso ripetersi un numero indefinito di volte in capo ai medesimi sogge? (diri'o al pagamento di una somma di denaro). In ques< casi, la modificazione dei fa? cos<tu<vi implica sempre la deduzione in giudizio di un diri'o diverso. Sono etero-determinate le domande basate su: • Diri'o di credito avente ad ogge'o una prestazione generica; • Diri'o reale di garanzia. Tu'avia vi sono numerosi casi in cui il legislatore non è chiaro nella dis<nzione e ciò si ripercuote sull’iden<ficazione della domanda. In par<colare è controversa la ques<one dei diri; potesta9vi (aven< ad ogge'o una modificazione giuridica->diri? che danno luogo alle impugnazioni negoziali come risoluzione, rescissione, annullamento). La do'rina ha ipo<zzato varie soluzioni: • Prima ipotesi: si può pensare che tali diri? siano iden<fica< dal singolo episodio storico, dedo'o a fondamento della richiesta di modificazione; • Seconda ipotesi: si potrebbero essere individua< dal <po di fa?specie cos<tu<va, legale ed astra'a, allegata dall’a'ore; 26 giovedì 20 febbraio 2020 • Terza ipotesi (preferibile): si potrebbe far discendere l’iden<ficazione del diri'o potesta<vo dal <po di mo<vazione giuridiche ch’esso determina; • Quarta ipotesi: in questo caso non si tra'erebbe solo del diri'o potesta<vo, ma di considerare anche il rapporto giuridico sul quale dovrebbe operare la modificazione. Il mutamento e la modificazione della domanda Nei paragrafi preceden< si è specificato come l’ordinamento esclusa la possibilità che siano proposte domande nuove, tu'avia vi sono casi in cui si consente espressamente la modificazione (rito del lavoro) e la precisazione (rito ordinario) delle domande originarie. A questo punto è bene so'olineare come, mentre in precedenza il termine modifica aveva essenzialmente la medesima valenza del termine mutamento, con la riforma del 1950 la situazione è radicalmente cambiata. L’ordinamento di allora e di oggi stabilisce che si debba dis9nguere tra: 1. Muta9o libelli: mutamento radicale della domanda sempre esclusa in qualsiasi caso e momento; 2. Emenda9o libelli: mera modifica non sostanziale della domanda, espressamente consen<ta alla presenza di alcune condizioni e con alcuni limi<. Per definire i confini tra mutamento, modifica e precisazione conviene anzitu'o dis9nguere tra: • Variazioni riguardan9 i sogge;: è difficile ipo<zzare variazioni che non incidano sull’iden<tà della domanda; tu'avia può accadere che le par< non siano indicate in modo esa'o o completo. In questo caso vi sarà nullità, sanabile, della domanda medesima. • Variazioni riguardan9 il pe9tum: in questo caso è bene dis<nguere tra: - Variazione del pe9tum mediato: rigidità per quanto riguarda il bene giuridico perseguito dall’a'ore; - Variazione del pe9tum immediato: più flessibilità per quanto riguarda il provvedimento concretamente richiesto al giudice, la cui variazione viene in genere ricondo'a alla mera emenda<o libelli. • Variazioni riguardan9 la causa petendi: in questo caso la ques<one è essenzialmente quan<ta<va, per cui si ha: - Muta9o libelli (inammissibile): ogniqualvolta vengano dedo? in corso di causa fa? cos<tu<vi nuovi e diversi da quelli originariamente allega<, in modo da ampliare in misura sostanziale il tema dell’indagine; - Emenda9o libelli: quando i fa? cos<tuivi vengano modifica< in maniera marginale. Tu'avia si ri<ene che sia preferibile ascrivere a quest’ul<ma le sole variazioni dei fa? cos<tu<vi di diri? auto-determina<, le quali non influiscono sull’iden<tà del diri'o dedo'o in giudizio e che dunque lasciano immutato l’ogge'o del processo; e ricondurre alla precisazione le modificazioni quan<ta<vamente irrilevan< dei fa? cos<tu<vi. 27 giovedì 20 febbraio 2020 • Magistrato di sorveglianza; • Tribunale di sorveglianza. Mentre, per quanto riguarda la giurisdizione amministra9va e ogni altra giurisdizione speciale, lo stesso ar<colo rinvia a leggi speciali. La VI disposizione transi<va Cost. prevedeva tra l’altro, entro 5 anni dall’entrata in vigore della Cos<tuzione, la revisione degli organi speciali di giurisdizione dell’epoca; revisione tu'avia che non è stata a'uata e, il legislatore, invece di decretare come illegi?mi tu? i giudici speciali non revisiona<, li ha verifica< caso per caso. IL risultato è stato il seguente: 1. Organi speciali cos9tuzionalizza9: • Consiglio di Stato; • Corte dei Con<; • Tribunali militari. 2. Organi speciali sopravvissu9: • Tribunale amministra<vo regionale: organo di gius<zia amministra<va di primo grado con competenze anche esclusive per quanto riguarda i diri? sogge?vi; • Commissioni tributarie (provinciali e regionali): riformate nel 1972 e nel 1992; • Tribunale superiore delle acque pubbliche: ha sede a Roma ed opera come giudice d’appello contro le decisioni dei tribunali regionali delle acque pubbliche; • Commissari liquidatori degli usi civici. Per quanto riguarda le sezioni specializzate, invece, è bene ricordare che non si tra'a di organi giudiziari autonomi, bensì di ar9colazioni interne degli organi giudiziari ordinari con una specifica competenza e in cui è prevista la partecipazione di magistra< onorari esper< nella materia in esame. Esempi: • Sezioni agrarie: is<tuite presso tribunali e cor< d’appello, che giudicano con la partecipazione di due esper<, sulle controversie in materia di contra? agrari; • Sezioni is<tuite presso ciascuna corte d’appello per l’impugnazione dei provvedimen< dei tribunali per i minorenni; • Tribunali regionali delle acque pubbliche: is<tu< presso 8 cor< d’appello, i quali giudicano con la partecipazione di un ingegnere iscri'o all’apposito albo; • Tribunali delle imprese: sezioni specializzate is<tuite presso ogni capoluogo di regione, a Bolzano, Catania e Brescia, con competenza in materia di proprietà industriale ed intelle'uale e società di capitali. I giudici ordinari: il giudice di pace L’ART. 1 dell’ordinamento giudiziario stabilisce quali siano i giudici competen< in materia civile. Di par<colare importanza è il giudice di pace, giudice onorario (non professionale), is<tuito in sos<tuzione del conciliatore con la riforma del 1995. Nonostante sia in sos<tuzione del conciliatore, le due figure mostrano numerose differenze: 30 giovedì 20 febbraio 2020 1. Diffusione sul territorio: mentre il conciliatore aveva sede in ogni comune, il giudice di pace oggi è presente solo nel circondario, con sede nei comuni indica< da un’apposita tabella; 2. Laurea in giurisprudenza: mentre per il conciliatore non era prevista la necessità di alcun <tolo di studio, oggi per il giudice di pace è richiesta; 3. Retribuzione: mentre il conciliatore non era retribuito, il giudice di pace è retribuito in base alle udienze e ai provvedimen< resi; 4. Limitazioni: per il giudice di pace la prima riforma aveva previsto delle limitazioni ineren< all’età (tra i 55 e i 72 anni) e per quanto riguarda la possibilità per gli avvoca9 di svolgere la funzione del giudice di pace (potevano solo fuori dal distre'o della corte d’appello in cui era compreso il tribunale in cui erano iscri?). Tu'avia ciò determinava dei problemi di reclutamento, per cui l’età fu modificata (dai 30 ai 70 anni) e la limitazione per gli avvoca< è stata a'enuata. In ogni caso è bene ricordare che il giudice di pace può rimanere in carica per 4 anni e solo per una volta, si tra'a di un giudice di primo grado, con competenza rela<va alle cause che non eccedono il valore di 1100 euro, per cui è previsto che la decisione sia pronunciata secondo equità. I giudici ordinari: il tribunale Il tribunale è l’unico giudice togato (composto da magistra< professionali, lega< da uno stabile rapporto di servizio con l’amministrazione) competente in primo grado ed in secondo grado in caso di impugnazioni contro sentenze del giudice di pace. Mentre in passato era considerato un giudice collegiale, con le riforme del 1990 e del 1998, è stato trasformato in organo monocra<co, il quale giudica in composizione collegiale (3 magistra<) nei soli casi espressamente previs< dalla legge. Cara'eris<che del tribunale: 1. Sede (ART. 42 ordinamento giudiziario): ha sede in ogni capoluogo determinato da un’apposita tabelle ed i suo ambito territoriale coincide con il circondario. E’ bene ricordare che con una delle ul<me riforme numerose sedi distaccate e numerosi tribunali minori sono sta< soppressi. 2. Ar9colazione interna: il tribunale è dire'a da un Presidente ed è cos<tu<vo da differen< sezioni (civile, penale, appello, controversie in materia di lavoro e previdenza e assistenza obbligatorie). Ogni sezione è composta da un Presidente e da un numero variabile di magistra< (minimo 5). 3. Distribuzione del lavoro: competen< in questo ambito sono il Presidente del tribunale ed il Presidente della sezione nel par<colare, i cui poteri però sono limita< dalle tabelle predeterminate per ciascun ufficio. I giudici ordinari: la corte d’appello La corte d’appello è giudice sempre collegiale, composto da 3 magistra</consiglieri, con sede nei comuni capoluogo dei distre; indica< nell’apposita tabella. Ad essa compete la giurisdizione nelle cause di appello contro le sentenze del tribunale, fa'e salve alcune ipotesi in cui è inves<ta di competenza di unico giudice (determinazione dell’indennità di esproprio). Essa è dire'a dal primo Presidente ed è suddivisa in più sezioni, una delle quali 31 giovedì 20 febbraio 2020 adibita alla tra'azione delle controversie in materia di lavoro e previdenza sociale, mentre un’altra adibita alle controversie concernen< i minorenni. A'ualmente sul territorio italiano vi sono 26 cor< d’appello e 3 sezioni distaccate. I giudici ordinari: la Corte di cassazione La Corte di cassazione, con sede a Roma, è collocata al ver<ce dell’organizzazione giudiziaria in quanto ha il compito di assicurare l’esa-a osservanza e l’uniforme interpretazione delle legge, l’unità del diri'o ogge?vo nazionale e il rispe'o dei limi< delle diverse giurisdizioni. Cara'eris<che: 1. Stru-ura: essa è cos<tuita in più sezioni, 5 in materia civile, di cui una è dai ita alle cause di lavoro e previdenziali ed una al solo contenzioso tributario; 2. Composizione collegiale: essa decide sempre collegialmente, con un numero variabile (da 5 a 9 magistra<); 3. Funzione di nomofilachia: essa ha la funzione di garan<re l’osservanza e la corre'a applicazione del diri'o ogge?vo de parte del giudice di merito (vs. giudice di legi?mità della Corte). Ha anche una funzione di assicurare l’uniformità dell’interpretazione del diri'o, sopra'u'o mediante la risoluzione dei contras< giurisprudenziali; proprio per questo mo<vo presso la Corte è stato is<tuito un apposito ufficio del massimario e del ruolo, che ha il compito di massimizzare le sentenze maggiormente rilevan< della Cassazione, al fine di formularne dei principi di diri'o. Le garanzie cos9tuzione dell’ordinamento giudiziario (cenni) La Sezione I del Titolo IV della Parte II della Cos<tuzione (ARTS. 101-110) tra'a delle garanzie cos9tuzionali ineren< all’ordinamento giudiziario. In par<colare è bene ricordare: 1. ART. 101,2: “i giudici sono sogge7 soltanto alla legge”. Con ciò, da un lato, si esclude l’esistenza di veri e propri rappor< gerarchici all’interno della magistratura e, dall’altro, is<tuisce una sorta di relazione immediata tra il singolo giudice e la legge che è chiamato ad applicare, si da eliminare la possibilità di creazione di un precedente giudiziario. 2. ART. 104 e 105: “la magistratura è un ordinamento autonomo ed indipendente da ogni altro potere”. Con ciò si riconosce alla magistratura le sue funzioni di auto-governo, a'raverso l’organo cos<tuzionale del Consiglio superiore della magistratura, anch’esso autonomo ed indipendente rispe'o al potere legisla<vo e a quello esecu<vo. A questo organo sono riserva< in via esclusiva: assunzioni, assegnazioni, trasferimen<, promozioni e provvedimen< disciplinari. 3. ART. 106: “le nomine dei magistra3 hanno luogo per concorso. Tu?avia si può prevedere la nomina di giudici onorari”. 4. ART. 107,1: “si garan3sce l’inamovibilità dei magistra3, riservando alla decisione del Consiglio superiore della magistratura, ogni provvedimento di dispensa o sospensione del servizio oppure di des3nazione ad un’altra sede o funzione”. 5. ART. 108,1: “si pone una riserva di legge per le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura”. 32 giovedì 20 febbraio 2020 Sezione II: la giurisdizione I limi9 della giurisdizione del giudice ordinario, in generale L’ART. 1 cpc stabilisce che “la giurisdizione civile, salvo speciali disposizioni di legge (ARTS: 25, 102, 103 Cost.) è esercitata dai giudici ordinari secondo le norme del presente codice”. A questo punto si tra'a di stabilire in quali casi si verifichino queste eccezioni e dunque i limi< alla giurisdizione del giudice ordinario. De'o problema, in ogni caso, è da risolvere sul piano pre'amente norma<vo, in quanto non vi è una definizione astra'a e ontologica di giurisdizione. In questo caso i limi9 sono desumibili dall’ART. 37 cpc (“il dife7o di giurisdizione del giudice ordinario nei confron3 della pubblica amministrazione e dei giudici speciali è rilevato, anche d’ufficio, in qualunque stato e grado del processo) e negli ARTS. 3-11 della Riforma del sistema di diri-o internazionale privato e sono essenzialmente 3: 1. Limi9 nei rappor9 tra giudice ordinario e giudici speciali; 2. Limi9 nei rappor9 tra giudice ordinario e pubblica amministrazione; 3. Limi9 nell’estensione della giurisdizione italiana nel suo complesso. 4. Limi< nei rappor< tra giudice ordinario e Chiesa ca-olica (ART. 34 Pa? Lateranensi: nei vecchi Pa? si riservava ai tribunali ecclesias<ci la competenza sulle cause in materia di nullità del matrimonio concordatario; tu'avia de'o ar<colo è scomparso con la riforma del 1984, per cui oggi anche i giudici ordinari possono conoscere di de'e controversie, pur sempre applicando per la loro risoluzione il diri'o canonico). I limi9 della giurisdizione del giudice ordinario, in par9colare, il rapporto tra giudice ordinario e giudice amministra9vo, secondo l’ordinamento tradizionale Nell’ambito dei rappor< tra giudice ordinario e giudici speciali, riveste una par<colare rilevanza il rapporto tra giudice ordinario e giudice amministra9vo. De'o giudice speciale fu introdo'o con la legge n° 2248/1865, la quale rimane tu'’ora in vigore. Quest’ul<ma legge si era ripromessa di unificare la giurisdizione, abolendo dunque i giudici speciali (i tribunali del contenzioso amministra<vo), fino ad allora inves<< anche della giurisdizione penale in materia di rappor< tra ci'adino e pubblica amministrazione, in quanto non garan<vano sufficien< garanzie di autonomia ed indipendenza rispe'o all’amministrazione stessa. In questa o?ca, l’ART. 2 di de'a legge a'ribuiva alla giurisdizione ordinaria tu'e le materie nelle quali si facesse ques<one di un diri-o civile o poli9co o comunque nelle quali vi potesse essere interessata la pubblica amministrazione; allo stesso tempo l’ART.4 stabiliva che, in caso di contenzioso amministra<vo, i tribunali ordinari dovevano limitarsi a conoscere degli effe; dell’a'o (e non dell’a'o in sé) in relazione all’ogge'o dedo'o in giudizio: in poche parole i giudici ordinari potevano solo conoscere gli effe? dell’a'o, decretare se erano o meno illegi?mi e, nel caso in cui lo fossero sta<, non poteva annullarli, ma semplicemente potevano disapplicare l’a'o. 35 giovedì 20 febbraio 2020 Tu'avia, nella realtà, le cose furono ben diverse. In par<colare, secondo do'rina e giurisprudenza, si ritenne che, tenuto conto della normale esecutorietà dell’a'o amministra<vo, non era possibile con<nuare a ritenere sussistere un diri-o quando su di esso avesse inciso nega<vamente un provvedimento amministra<vo, anche se illegi?mo. In ques< casi il diri'o veniva meno e residuava solo un interesse legi;mo ad o'enere la rimozione dell’a'o viziato. Secondo questa impostazione dunque, tale interesse esulava dalla giurisdizione ordinaria e questo determinava una grave vuoto di tutela giurisdizionale. Proprio per questo mo<vo, il legislatore fu costre'o a re-introdurre una giurisdizione amministra<va, a'raverso l’a'ribuzione al Consiglio di Stato (1889) di funzioni giurisdizionali concernen< il controllo della legi?mità degli a? amministra<vi. Ancora oggi, in ogni caso, il riparto di giurisdizione è governato dai principi enuclea<, dalla do'rina e dalla giurisprudenza, sulla base della disciplina del 1865 (interesse legi?mo vs. diri'o sogge?vo). Il criterio fondamentale di ripar<zione dunque è rappresentato non tanto dal pe9tum (provvedimento concretamente richiesto al giudice), bensì dalla causa petendi (situazione sogge?va effe?vamente prospe'ata, indipendente dalla qualificazione dell’a'ore). Di regola, quando era lamentata la lesione di un diri'o ad opera di un provvedimento amministra<vo, la posizione sogge?va dedo'a in giudizio era sempre da qualificarsi come interesse legi?mo, in quanto il provvedimento aveva sor<to l’effe'o di degradare il diri'o del ci'adino. Vi sono solo alcune eccezioni: • Nel caso di diri? assolutamente intangibili ad opera di un provvedimento amministra<vo; • Nel caso in cui l’amministrazione si trovi in una posizione del tu'o paritaria rispe'o al privato; • Nel caso in cui l’amministrazione non sia inves<ta di nessun poter di supremazia. In tu'e queste ipotesi, il provvedimento carente di potere non sarebbe idoneo a degradare il diri'o sogge?vo e quindi nemmeno ad escludere il ricorso al giudice ordinario. Si può dunque concludere che la tutela giurisdizionale dei diri? viola< dalla pubblica amministrazione doveva necessariamente passare a'raverso la preven<va rimozione dell’a'o illegi?mo ad opera del giudice amministra<vo e che, solo a'raverso la rimozione, si sarebbe dunque ripris<nato il diri'o leso e si sarebbe aperta la strada per il risarcimento del danno dinanzi al giudice ordinario. Dunque vi era e vi è una necessaria pregiudizialità del giudizio amministra<vo di annullamento rispe'o a quello risarcitorio. I limi9 della giurisdizione del giudice ordinario, in par9colare, il rapporto tra giudice ordinario e giudice amministra9vo, secondo la più recente evoluzione Negli ul<mi 15 anni anni, si sono susseguite numerose novità che hanno modificato i confini tra le 2 giurisdizioni. In par<colare: 1. La sentenza n° 500/1999 delle Sezioni unite della Cassazione incrinò il quadro preesistente in quanto ammise la risarcibilità del danno per lesione di interessi legi;mi, in passato sempre esclusa. La stessa sentenza negò anche che l’azione 36 giovedì 20 febbraio 2020 risarcitoria fosse subordinata al preven<vo annullamento dell’a'o medesimo e riconobbe al <tolare del diri'o leso la possibilità di optare liberamente tra la domanda di annullamento (giudice amministra<vo) e l’azione dire'a al risarcimento del danno, esperibile nel termine ordinario di prescrizione e dinanzi al giudice ordinario. De'o principio, però, venne ridimensionato dai successivi interven< del legislatore; in par<colare il nuovo codice del processo amministra9vo (n°104/2010) la materia del risarcimento del danno provocato dall’a?vità amministra<va legi?ma è stato modificato: • Le controversie rela<ve al risarcimento del danno per lesione di interessi legi?mi e agli altri diri? patrimoniali consequenziali, pure se introdo? in via autonoma, sono a'ribuite in via esclusiva alla giurisdizione amministra9va; • La domanda di risarcimento deve essere proposta, a pena di decadenza, entro 120 giorni dal giorni in cui si è verificato il fa'o o dalla conoscenza del provvedimento, se il danno deriva da questo. Nel caso in cui sia stata proposta l’azione di annullamento, la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della rela<va sentenza. Con ciò si volle riconoscere l’autonomia dell’azione risarcitoria rispe'o a quella di annullamento e la si volle so'rarre alla giurisdizione ordinaria. E’ bene però notare come tale disciplina sia applicabile solo nel caso in cui il risarcimento del danno si ricolleghi ad un’a;vità amministra9va illegi;ma, mentre non è possibile nel caso di un mero comportamento illegi;mo della pubblica amministrazione, che non sia riconducibile all’esercizio di un potere amministra<vo. In questo ul<mo caso, la domanda sarebbe proponibile, secondo l’ordinaria prescrizione, dinanzi al giudice ordinario. 2. Altra opzione posta in essere dal legislatore per semplificare il tradizionale problema del riparto di giurisdizione è quella di far uso della tecnica della giurisdizione esclusiva, che si fonda sulla materia della causa e non sulla natura della posizione sogge?va prospe'ata. Oggi le materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministra<vo sono sempre più numerose ed elencate nell’ART. 133 cpa. De'a tecnica, però, non è priva di inconvenien< in quan<, a'ribuendo numerose materie alla giurisdizione amministra<va, le si so'rae alla fondamentale garanzia cos<tuzionale del ricorso per Cassazione per violazione di legge. Proprio per questo mo<vo la Corte cos<tuzionale ha escluso che il legislatore ordinario possa creare a propria discrezione nuove ipotesi di giurisdizione amministra<va esclusiva. Si può dunque concludere che oggi il tradizionale criterio di riparto, fondato sulla qualificazione della situazione giuridica dedo'a in giudizio è stato notevolmente limitato. I rappor9 tra giudice ordinario e pubblica amministrazione L’ART. 41,2 cpc stabilisce che “la pubblica amministrazione che non è parte in causa può chiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle Sezioni unite della Corte di cassazione il dife7o di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri a7ribui9 alla legge alla amministrazione stessa, finché la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato”. Dunque il giudice ordinario dife'erebbe di giurisdizione qualora fosse chiamato a imporre alla pubblica amministrazione un provvedimento o un comportamento che rientra nella 37 giovedì 20 febbraio 2020 Se entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al primo comma, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le par3 restano vincolate a tale indicazione e sono fa7 salvi gli effeC sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodo?o se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall’instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davan3 al giudice adito in relazione al rito applicabile. Se sulla ques3one di giurisdizione non si sono già pronunciate, nel processo, le Sezioni unite della Corte di cassazione, il giudice davan3 al quale la causa è riassunta può sollevare d’ufficio, con ordinanza, tale ques3one davan3 alle medesime, fino alla prima udienza fissata per la tra?azione del merito. Restando ferme le disposizioni sul regolamento preven3vo di giurisdizione. L’inosservanza dei termini fissa3 per la riassunzione o per la prosecuzione del giudizio comporta l’es9nzione del processo, che è dichiarata anche d’ufficio alla prima udienza, e impedisca la conservazione degli effe7 sostanziali e processuali della domanda. In ogni caso di riproposizione della domanda davan3 al giudice di cui al primo comma, le prove raccolte nel processo davan3 al giudice privo di giurisdizione possono essere variate come argomen9 di prova”. De'o ar<colo ha creato numerosi problemi, in par<colare: 1. Secondo comma inerente alle preclusioni e le decadenze intervenute: in questo caso il legislatore intende riferirsi alle sole decadenza già eventualmente verificatesi prima dell’instaurazione del processo dinanzi al giudice preven<vamente adito e quelle che riguardano la proposizione stessa della domanda. 2. Secondo comma inerente alla riproposizione della domanda: il giudizio instaurato con riproposizione è un giudizio nuovo e diverso, dunque le preclusioni eventualmente maturate dunque nel primo non possono operare. 3. Quinto comma: gli a? compiu< dinanzi al giudice privo di giurisdizione non sono efficaci nella fase successiva alla trasla<o iudicii, salva soltanto la possibilità di u<lizzarli come argomen< di prova. Il regolamento preven9vo di giurisdizione L’ART. 41,1 cpc stabilisce che “finché la causa non sia decisa nel merito, in primo grado, ciascuna parte può chiedere alle Sezioni unite della Corte di cassazione che risolvano le ques3oni di giurisdizione di cui all’ART. 37. L’istanza si propone con ricorso a norma degli ARTS. 364 e ss e produce gli effe7 di cui all’ART. 367 (sospensione del processo di merito).” Mentre in un primo momento de'o strumento fu considerato u9le ai fini dell’economia processuale, successivamente ci si è resi conto che, in mol< casi, l’esistenza della giurisdizione può dipendere dalla soluzione di ques<oni di fa'o, le quali non possono essere risolte dinanzi le Sezioni unite. Per ques< mo<vi de'o strumento si è trasformato in un sistema per aumentare la durata del processo. L’is<tuto dunque è stato ogge'o di interven9 legisla9vi: 40 giovedì 20 febbraio 2020 1. Circoscrizione inerente alla 9pologia di processo: e si è stabilito che esso sia circoscri'o ai soli processi a cognizione piena, escludendo dunque i processi di esecuzione e quelli a cognizione sommaria o cautelari. 2. Circoscrizione inerente alla giurisdizione: esso è ammesso solo per i rappor9 tra giudice ordinario e giudici speciali e per le ques9oni concernen9 la giurisdizione italiana (per i rappor< tra giudice ordinario e pubblica amministrazione si è escluso) 3. Circoscrizione inerente al dies ad quem (termine entro cui può proporsi l’istanza di regolamento): l’istanza è ammissibile fino a che la causa non sia decisa nel merito, decisione di merito che può derivare: • Dalla pronuncia di una sentenza di merito; • Dalla conclusione del processo di primo grado, derivan< dalla pronuncia di una sentenza defini<va o non defini<va, anche se meramente processuale (declinatoria o dichiara<va). In ogni caso l’istanza di regolamento si propone con ricorso alle Sezioni unite e il rela<vo procedimento è regolato dagli ARTS. 364 e ss (disciplina ordinaria del giudizio di cassazione). L’ART. 367 prevede che la sua proposizione sia comprovata con deposito di una copia del ricorso, già no<ficato alle altre par<, nella cancelleria del giudice di primo grado. Inizialmente si riteneva che de'o deposito determinasse in ogni caso la sospensione del procedimento di primo grado, con la riforma del ’90 invece il giudice sospende, con ordinanza, il processo solo quando ri<ene che l’istanza non sia manifestamente inammissibile o la contestazione della giurisdizione manifestamente infondata. Il regolamento su ques9one di giurisdizione sollevata dal prefe-o Mentre il regolamento preven<vo di giurisdizione è uno strumento processuale di cui può avvalersi ogni parte, l’ART. 41,2 (regolamento di giurisdizione) stabilisce che “la pubblica amministrazione che non è parte in causa può richiedere in ogni stato e grado del processo che sia dichiarato dalle sezioni unite della Corte di cassazione il dife7o di giurisdizione del giudice ordinario a causa dei poteri a?ribu3 dalla legge all’amministrazione stessa, finanche la giurisdizione non sia stata affermata con sentenza passata in giudicato”. La combinazione di de'o ar<colo con l’ART.368 perme'e che il prefe-o possa provocare, a'raverso un proprio decreto, la necessaria sospensione del giudizio di merito, escludendo ogni preven<va valutazione del giudice adito circa la fondatezza o ammissibilità della richiesta di regolamento in quanto il potere-dovere di sospensione non compete al giudice della causa, bensì al capo del rela<vo ufficio giudiziario. Dopo di che le sezioni unite vengono inves<te della ques9one di giurisdizione soltanto nel caso in cui una delle par< proponga ricorso nel termine perentorio di 30 giorni dalla no9ficazione del decreto di sospensione. 41 giovedì 20 febbraio 2020 Sezione III: la competenza Generalità La competenza è la parte di giurisdizione che suddivide il complesso degli affari civili tra i vari uffici giudiziari, tenendo conto delle esigenze obie?ve di economicità ed efficienza dei processi e degli interessi e comodità delle par< (per lo più convenuto). I criteri adopera< per l’iden<ficazione dell’ufficio giudiziario competente sono essenzialmente 3: 1. Competenza per materia: fa riferimento al 9po di rapporto controverso (es:diri? reali immobiliari, successioni, ecc.). 2. Competenza per valore: fa riferimento al rilievo economico della causa ed è spesso fonte di dubbi sul piano applica<vo in quanto spesso non è semplice determinare in modo preciso il valore della controversia. 3. Competenza per territorio: mira a ripar<re il contenzioso tra i vari uffici giudiziari diffusi sul territorio nazionale e, non di rado, può condurre all’individuazione di una pluralità di fori concorren< (sarà l’a'ore a poter scegliere tra le diverse opzioni). Mentre i criteri di materia e valore, talvolta combinandosi tra loro, stabiliscono in senso ver9cale ed in modo univoco quale, fra i giudici ordinari (giudice di pace, tribunale, tribunale per i minorenni e Corte d’appello), possa conoscere di una determinata causa; il criterio del territorio, invece, opera in senso orizzontale. Di regola i criteri di competenza operano prescindendo dalla volontà delle par<, salvo che nei casi stabili< dalla legge (ART. 6 cpc->inderogabilità convenzionale della competenza). Unica eccezione è la competenza per territorio che può essere, di solito, convenzionalmente derogata (ARTS. 28-29 cpc), purché l’accordo risul< da a-o scri-o e si riferisca ad uno o più affari determina9; tu'avia la deroga a'ribuisce al giudice designato una competenza meramente concorrente, a meno che l’accordo non stabilisca espressamente la sua competenza esclusiva. L’ART. 28 cpc inoltre prevede che la competenza per territorio sia inderogabile in una serie di ipotesi: • Nelle cause in cui è obbligatorio l’intervento del PM (ART. 70 cpc); • Nei processi di esecuzione forzata e di opposizione alla stessa; • Nei procedimen< cautelari e possessori; • Nei procedimen< in Camera di Consiglio; • In tu? gli altri casi in cui l’inderogabilità sia disposta espressamente dalla legge. La competenza per materia e per valore Prescindendo dalla specifica competenza per materia riconosciuta al tribunale per i minorenni (ART. 39 Preleggi), nonché da alcune eccezionali ipotesi in cui la competenza è a'ribuita in unico grado alla Corte di appello, la competenza civile è in genere ripar<ta, in senso ver<cale, u<lizzando(spesso in combinazione tra loro) i criteri della materia e del valore. A riguardo è bene dis<nguere tra: 42 giovedì 20 febbraio 2020 • Persona giuridica o ente: è competente il giudice del luogo in cui essa ha sede oppure ha uno stabilimento e un rappresentante autorizzato a stare in giudizio per l’ogge'o della domanda; • Società prive di personalità giuridica, associazioni non riconosciute e comita9: è competente il giudice del luogo in cui esse svolgono la propria a;vità in modo con9nua9vo (ART. 19 cpc). 2. Criteri concernen9 fori speciali: u<lizzabili per le sole cause aven< un determinato ogge'o e riguardan< determina< sogge?. Tra i fori speciali è necessario dis<nguere: • Fori esclusivi: prevalgono sui fori generali (derogabili per accordo tra le par<); • Fori facolta9vi e concorren9: offrono un’altra opzione all’a'ore. I principali fori speciali riguardano: 1. Cause in materia di obbligazione (ART. 20 cpc): è competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedo'a in giudizio (fori facolta<vi concorren< con quelli generali). 2. Cause rela9ve a diri; reali su beni immobili, locazione e comodato di immobili urbani, affi-o di aziende, apposizione di termini, osservanza delle distanze legali stabilite per la piantumazione di alberi o siepi (ART. 21.1 cpc): è competente il giudice del luogo in cui è posto l’immobile o l’azienda (foro esclusivo). 3. Azioni possessorie e denunce di nuova opera di danno temuto (ART. 21.2 cpc):è competente il giudice del luogo in cui è avvenuto il fa'o denunciato. 4. Cause in cui è parte un’amministrazione dello Stato (ART. 25 cpc): • Cause in cui la PA è convenuta: è competente il giudice del luogo in cui è sorta o deve eseguirsi l’obbligazione dedo'a in giudizio, oppure in cui si trova la cosa mobile o immobile ogge'o della domanda; • Cause in cui la PA è parte: è competente il giudice del luogo dove ha sede l’ufficio dell’avvocatura dello Stato nel cui distre'o si trova il giudice che sarebbe competente secondo le norme ordinarie. Il regime dell’incompetenza L’incompetenza è disciplinata dall’art. 38 c.p.c.(riformato da una novella del 2009),che dis<ngue tra il rilievo dell’incompetenza ad opera del convenuto(l’unica parte legi?mata a sollevare la rela<va eccezione, poiché l’a'ore è quello che ha scelto il giudice)e quello d’ufficio: 1. Per ciò che concerne il convenuto, l’eccezione di incompetenza dev’essere sempre sollevata, a pena di decadenza, qualunque sia il criterio che si assume violato(materia, valore o territorio), “nella comparsa di risposta tempes<vamente depositata”(ossia nel suo primo a'o difensivo e rispe'ando il termine di cos<tuzione in giudizio). Inoltre, qnd si tra? di incompetenza x territorio derogabile o inderogabile, il convenuto non può limitarsi ad eccepire l’incompetenza ma deve sempre indicare in posi<vo l’ufficio giudiziario che ri<ene competente(altrimen< l’eccezione si ha come non formulata). 45 giovedì 20 febbraio 2020 2. Per quel che concerne il rilevo d’ufficio dell’incompetenza, esso è consen<to entro la prima udienza di tra'azione, il che significa che dopo qst momento il vizio resta sanato ed irrilevante. Tale sistema non esclude che il convenuto, pur non avendo tempes<vamente eccepito l’incompetenza nella propria comparsa di risposta, sollevi tardivamente la ques<one dell’incompetenza alla prima udienza, sollecitando il giudice a rilevarla d’ufficio:ma se poi il giudice non raccoglie tale sollecitazione o cmq ri<ene di essere competente, il convenuto non avrà alcuna possibilità di far valere l’incompetenza a'raverso le impugnazioni. La competenza va valutata in base a ciò che risulta dagli a? o in casi estremi assunte sommarie informazioni senza un’autonoma istru'oria(art. 38 comma IV c.p.c.). La decisione sulla competenza può essere: 1. Dichiara<va, qnd affermi la competenza del giudice adito(in tal caso, ove non decida totalmente anche in merito della causa, sarà una pronuncia non defini<va del giudizio); 2. Declinatoria, qnd dichiari l’incompetenza di tale giudice, evidentemente definendo il processo dinanzi a lui In entrambi i casi, il provvedimento sarà impugnabile con un par<colare rimedio(il regolamento di competenza)che investe della ques<one dire'amente la corte di Cassazione, oppure anche a'raverso le impugnazioni ordinarie(qualora abbia contestualmente deciso il merito della causa). Per evitare che l’a'ore, avuta la pronuncia di incompetenza, sia costre'o a riproporre ex novo la domanda dinanzi al diverso giudice reputato competente(cosa che lo esporrebbe al rischio che la ques<one rela<va alla competenza si trascini all’infinito, costringendo l’a'ore a migrare da un ufficio giudiziario all’altro),il legislatore ha ado'ato un duplice accorgimento: • Consentendo la con<nuazione del processo davan< al giudice ad quem(cioè quello che sia stato ritenuto competente dal giudice previamente adito). L’art. 50 c.p.c. prevede che, se la causa, dopo la pronuncia di incompetenza(resa dal giudice di primo grado oppure, in sede di impugnazione, dal giudice di appello o dalla Cassazione),viene tempes<vamente riassunta davan< al giudice dichiarato competente entro il termine fissato nella sentenza del giudice a quo(cioè quello che si è dichiarato incompetente),il processo con<nua davan< al nuovo giudice. Ciò consente di conservare gli effe? prodo? dall’originaria domanda giudiziale(ad es.,evitando che l’a'ore possa subire pregiudizio dalla prescrizione o dalla decadenza nel fra'empo maturata),ed inoltre risponde ad esigenze di economia processuale(perme'endo il recupero e l’u<lizzazione di alcune a?vità, in par<colare quelle di istruzione probatoria, già compiute dinanzi al giudice a quo). • Impedendo che tale giudice possa a sua volta dichiararsi incompetente e spogliarsi della causa. Tale vincolo non è assoluto, giacchè impedisce al giudice ad quem di tornare a valutare solo la propria incompetenza x valore o x territorio derogabile; qnd egli ritenga di essere incompetente x materia o x territorio inderogabile(ipotesi che il legislatore reputa+gravi),l’art. 45 c.p.c. egualmente esclude che possa a sua volta declinare la competenza spogliandosi del processo, ma gli consente di inves<re della ques<one la corte di Cassazione, chiedendole d’ufficio il regolamento di competenza. Qst strumento(che a differenza del regolamento proponibile dalle par< non è un’impugnazione in qnt è a'ribuito allo stesso giudice)assicura che il confli'o virtuale nega<vo di competenza che si è venuto a determinare tra i 2 uffici giudiziari 46 giovedì 20 febbraio 2020 trovi soluzione a'raverso l’ordinanza di regolamento della corte, che statuirà defini<vamente sulla competenza. I principi della con<nuazione del processo e vincolo, seppur parziale, x il giudice ad quem valgono solo a condizione che la causa venga tempes<vamente riassunta. In caso contrario, il processo si es<ngue e la pronuncia di incompetenza perde ogni efficacia(salvo che non sia stata resa dalla Cassazione). Pronuncia declinatoria della competenza e prosecuzione del processo Le sezioni distaccate del tribunale(che hanno rimpiazzato i vecchi uffici di pretura)hanno una propria circoscrizione, una certa autonomia stru'urale ed organizza<va ed una sorta di competenza territoriale, giacchè in esse sono tra'ate le cause a'ribuite al tribunale in composizione monocra<ca(ad eccezione di quelle di lavoro e previdenziali)qnd il luogo in ragione del quale è determinata la competenza x territorio rientra nella circoscrizione delle sezioni medesime(art. 49 quater r.d.12/41). Nel contempo però, il legislatore si è preoccupato di escludere che le rela<ve ques<oni siano assogge'ate al regime proprio della incompetenza territoriale. L’art. 83 ter disp.a'. precisa che “l’inosservanza delle disposizioni di ordinamento giudiziario rela<ve alla ripar<zione tra sede principale e sezioni distaccate, o tra diverse sezioni distaccate, delle cause nelle quali il tribunale giudica in composizione monocra<ca, è rilevata non oltre l’udienza di prima comparizione”. Tali disposizioni si considerano ineren< all’organizzazione interna dell’ufficio giudiziario(cioè del tribunale cui le sezioni distaccate appartengono),sicchè la rela<va decisione è so'ra'a al giudice inves<to della causa, che deve limitarsi a verificare che la ques<one non sia manifestamente infondata:qualora tale verifica abbia esito posi<vo, egli deve trasme'ere il fascicolo al presidente del tribunale, il quale decide con decreto non impugnabile. Sezione IV: il principio della perpetua9o iurisdic9onis Il momento determinante ai fini della giurisdizione e della competenza L’a'ribuzione della giurisdizione e della competenza dipende dai criteri fissa< dal legislatore, i quali prendono in considerazione elemen< estrinseci alla domanda e susce?bili di mutare nel tempo(ad es.,la residenza e il domicilio del convenuto). Va stabilito quali conseguenze possa avere sul processo la variazione di tali elemen<:il problema è risolto dall’art. 5 c.p.c. che stabilisce che la giurisdizione e la competenza si determinano “con riguardo alla legge vigente e allo stato di fa'o esistente al momento della proposizione della domanda”,rimanendo invece irrilevan< rispe'o ad esse “i successivi mutamen< della legge o dello stato medesimo”(cd. principio della perpetua<o iurisdic<onis). Ciò risponde x un verso all’esigenza di evitare che la durata del processo si risolva in danno dell’a'ore che ha ragione, e x altro verso allo stesso principio cos<tuzionale secondo cui “nessuno può essere distolto dal giudice naturale precos<tuito x legge”(art. 25 comma I Cost.). Le sole ipotesi di modificazioni norma<ve cui si ri<ene inapplicabile l’art.5 sono quelle che si traducono nell’immediata soppressione dell’ufficio giudiziario presso il quale pende la causa, oppure che derivano dalla dichiarazione di incos<tuzionalità di una delle norme distribu<ve 47 giovedì 20 febbraio 2020 parte, cioè se la parte non ricusa il giudice nei modi e nei termini stabili< dall’art. 52 ss. c.p.c. non potrà+farlo in un momento successivo, e sopra'u'o non potrà+lamentarsi dell’eventuale decisione presa dal giudice x il fa'o che egli non era terzo ed imparziale. La violazione dell’obbligo di astensione obbligatoria non inficia né la validità del processo né la sentenza, che quindi sarà perfe'amente valida. A norma dell’art. 52 c.p.c.,l’istanza d ricusazione si propone a'raverso un ricorso; tale ricorso, contenente i mo<vi specifici e l’indicazione dei mezzi di prova, dev’essere depositato in cancelleria 2 giorni prima dell’udienza qnd l’istante sia già a conoscenza dell’iden<tà del giudice o dei giudici chiama< a tra'are o a decidere la causa, o cmq, in caso contrario, prima dell’inizio della tra'azione o della discussione. L’art. 52 comma III c.p.c. prevede che la ricusazione sospenda il processo; si tra'a di una sospensione che opera ispo iure(cioè non c’è alcun margine di valutazione da parte del giudice:la sospensione opera di diri'o):è quindi automa<ca e legale. La giurisprudenza però ha riconosciuto allo stesso giudice ricusato il potere di valutare, seppur sommariamente, l’ammissibilità e la fondatezza dell’istanza, x escludere la sospensione qnd essa sia stata palesemente avanzata al di fuori dei casi e dei termini previs< dalla legge:la Cassazione ha quindi interpretato qst norma subordinando la sospensione ad una valutazione di non manifesta inammissibilità, proprio x evitare che l’istanza di ricusazione venga u<lizzata in modo distorto dalla parte che non ha interesse ad arrivare subito ala decisione in modo da poter perdere tempo nel processo. L’istanza di ricusazione va proposta al giudice indicato nell’art. 53 c.p.c.(quindi ci troviamo di fronte ad una competenza x materia non derogabile): “Se ad essere ricusato è il giudice di pace, l’istanza di ricusazione va proposta al presidente del tribunale; se invece ad essere ricusato è un componente del tribunale o della corte, l’istanza di ricusazione va proposta al collegio”. Manca però in qst disposizione qls indicazione circa l’eventualità che ad essere ricusato sia lo stesso giudice della ricusa:non sembra quindi possibile ricusare il giudice della ricusa, in qnt la norma non prende in considerazione qst ipotesi, come anche non prende in considerazione neppure l’ipotesi che ad essere ricusato sia l’intero collegio(è chiaramente una possibilità molto remota, perché significherebbe che x tu? e 3 i componen< del collegio sussista uno dei mo<vi di cui all’art. 51 c.p.c.). Sempre a norma dell’art. 53: “sull’istanza di ricusazione il giudice decide con ordinanza non impugnabile, udito il giudice ricusato e assunte, qnd occorre, le prove offerte”. Se l’istanza di ricusazione viene accolta bisognerà designare il giudice dinanzi al quale la causa andrà riassunta; se invece viene dichiarata inammissibile o infondata, essa sarà rige'ata, e in tal caso quella stessa ordinanza deve provvedere alle spese, e potrà condannare la parte ricusante ad una pena pecuniaria non superiore a 250 euro(la previsione di tale sanzione ha chiaramente una funzione deterrente, cioè di disincen<vazione). Sia nel caso in cui l’istanza di ricusazione venga accolta o rige'ata, tale ordinanza dev’essere comunicata dal cancelliere alle par<, affinchè qst possano provvedere alla riassunzione della causa entro il termine perentorio di 6 mesi. La responsabilità civile dei magistra9 Nel testo originario del codice, la materia della responsabilità civile del giudice era disciplinata dagli ar'. 55-56, che peraltro prendevano in considerazione solo le ipotesi di dolo, frode o concussione, e quella del cd. diniego di gius<zia. Qst norma<va fu però travolta da un referendum popolare del 1987:il risultato fu la legge 117/1988 la quale, pur estendendo la responsabilità all’ipotesi di colpa grave, x un verso le ha <pizzate in modo molto restri?vo(e quindi, se la finalità era quella di rendere finalmente responsabile il 50 giovedì 20 febbraio 2020 giudice anche x colpa, alla fine tale ipotesi di responsabilità x colpa sono limitate a poche cose, ed è difficile che si verifichino),e x altro verso ha escluso la possibilità che l’azione risarcitoria sia proposta dire'amente nei confron< del magistrato, cui fa invece da “scudo”lo Stato. Tra? salien< di tale disciplina rilevan< x il processo civile sono: 1. Le fa?specie che possono dar luogo a risarcimento del danno patrimoniale(x quel che concerne l’a?vità del giudice civile)sono, ai sensi degli ar'. 2-3 legge 117/88: • Un comportamento, un a'o o un provvedimento posto in essere dal magistrato(qualunque, anche onorario)con dolo, che implica anche conseguenze di <po penale. • Un comportamento, un a'o o un provvedimento posto in essere dal magistrato con colpa grave; la colpa grave può derivare soltanto da: - una grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; - l’affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fa'o la cui esistenza è incontra stabilmente esclusa dagli a? del procedimento; - la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fa'o la cui esistenza risulta incontra stabilmente dagli a? del procedimento(ipotesi perfe'amente speculare a quella precedente) - il cd. diniego di gius<zia, che ricorre qnd il magistrato rifiu<, ome'a o ritardi il compimento di a? del suo ufficio, a condizione che sia trascorso il termine previsto dalla legge e siano altresì trascorsi inu<lmente, senza gius<ficato mo<vo,30 giorni dal momento in cui la parte ha presentato istanza x o'enere il provvedimento. 2. Qnd sussiste un’ipotesi di responsabilità, l’azione risarcitoria va proposta non dire'amente nei confron< del magistrato bensì nei confron< dello Stato, che ne risponde civilmente, e+precisamente nei confron< del Presidente del Consiglio dei Ministri(art. 4 legge 117/88);a meno che i danno non derivi addiri'ura da un fa'o cos<tuente reato, sicchè in tal caso lo Stato sarebbe corresponsabile civile, ma sarebbe anche possibile l’azione dire'a nei confron< del magistrato secondo le norme ordinarie. L’azione verso lo Stato non è consen<ta prima che siano sta< esperi< i mezzi di impugnazione e gli altri rimedi predispos< dall’ordinamento x eliminare l’a'o o il provvedimento da cui deriva il danno, ed è sogge'a a un termine di decadenza di 2 anni decorren< dal momento in cui è divenuta esperibile. 3. In una prima fase, che si svolge con le forme del procedimento in camera di consiglio e si conclude con decreto mo<vato, il tribunale si limita a valutare l’ammissibilità della domanda di risarcimento, che può essere esclusa qnd non siano sta< rispe'a< i termini ed i presuppos< richies< dalla legge, nonché in caso di manifesta fondatezza della domanda stessa(art. 5 legge 117/88). Solo dopo la pronuncia di ammissibilità il processo prosegue x la tra'azione del merito, dovendo in tal caso il tribunale trasme'ere copia degli a? ai <tolari dell’azione disciplinare, affinchè qst’ul<ma possa essere parallelamente avviata(art. 5 ult. comma). 4. A giudizio promosso nei confron< dello Stato, resta del tu'o estraneo, di regola, il magistrato della cui responsabilità si discute, che non può mai esservi chiamato, ma può 51 giovedì 20 febbraio 2020 solo intervenire volontariamente ai sensi dell’art. 105 comma II c.p.c.(art. 6 comma I legge 117/88). Se qst procedimento si conclude con una sentenza di accoglimento dell’azione e dunque di condanna dello Stato al risarcimento dei danni, qst sentenza non fa stato nel successivo giudizio di rivalsa che lo Stato instaura nei confron< del magistrato, dopo aver risarcito il danno, salvo il caso in cui il magistrato non sia intervenuto volontariamente nel processo, in qnt in qst caso ha avuto possibilità di difendersi(art. 6 comma II legge 117/88). E)se la responsabilità del magistrato viene accertata e conseguentemente lo Stato viene condannato, oppure se il risarcimento, dopo la dichiarazione di inammissibilità dall’azione risarcitoria, viene effe'uato in base ad un accordo stragiudiziale, lo Stato, nella persona del Presidente del Consiglio dei Ministri, è tenuto ad esercitare l’azione di rivalsa contro il magistrato entro un anno(art. 7 legge 117/88). La rivalsa, salvo che non si tra? di responsabilità da fa'o doloso, non può superare complessivamente 1/3 dello s<pendio annuale ne'o percepito dal magistrato al momento della proposizione dell’azione risarcitoria(art. 8 legge 117/88). In caso di responsabilità da fa'o doloso, il magistrato illimitatamente responsabile dei danni. Pertanto, qst legge si rivela par<colarmente favorevole ai magistra< proprio perché non prevede una vera e propria responsabilità civile del giudice, ma prevede una responsabilità civile dello Stato x il giudice. F)entro 2 mesi dalla comunicazione della dichiarazione di ammissibilità della domanda di risarcimento, è previsto che il procuratore generale presso la Corte di Cassazione eserci< l’azione disciplinare x i fa? che hanno dato luogo alla domanda medesima. Capitolo VI: il pubblico ministero I compi9 del pubblico ministero nel processo civile Mentre nel processo penale, il pubblico ministero è protagonista e <tolare esclusivo del potere d’azione, nel processo civile i suoi compi9 sono de iure circoscri; e, nella pra<ca, ancora più limita<. I casi a lui so'opos< sono essenzialmente finalizza< a controllare l’operato delle par9, per evitare che esse, sempre in giudizi concernen< diri? indisponibili, possano difendersi male o possano addiri'ura colludere tra loro per far apparire una situazione di fa'o diversa da quella reale ed o'enere un provvedimento in frode alla legge. Di par<colare rilevanza è, per la sua regolazione, il Titolo II del Libro I e, in par<colare, gli ARTS. 69 e 70: 1. Azione del pubblico ministero (ART. 69): “il pubblico ministero esercita l’azione civile (promuovendo egli stesso il giudizio) nei casi stabili3 dalla legge”. De'o ar<colo si limita a rinviare ai casi stabili< dalla legge, lasciando intendere che si tra'a di fa?specie <piche e tassa<ve. 2. Intervento in causa del pubblico ministero (ART. 70): “il pubblico ministero deve intervenire, a pena di nullità rilevabile d’ufficio: • Nelle cause che egli stesso potrebbe proporre; • Nelle cause matrimoniali, comprese quelle di separazione personale dei coniugi; 52 giovedì 20 febbraio 2020 1. Opinione tradizionalmente più diffusa: la con<nenza è la relazione in cui una causa ha un ogge'o più ampio rispe'o all’altra, che può dunque considerarsi virtualmente contenuta nella prima. Si tra'erebbe di una li<spendenza parziale, cara'erizzata da ciò che le cause, iden<che per sogge? e per causa petendi, differiscono in termini quan<ta<vi rispe'o al pe<tum. 2. Giurisprudenza (opinione ragionevole): la con<nenza rappresenta le ipotesi in cui domande contrapposte delle par<, dal pe<tum completamente diverso, traggano origine dal medesimo rapporto e siano incompa<bili. Per concludere è bene so'olineare che, nonostante il legislatore non ponga dei limi< alla dichiarazione di con<nenza, essa non avrebbe senso se l’latro processo fosse in prossimità della fase decisoria. La li9spendenza internazionale Essa si ha quando cause iden<che siano presentate dinanzi ad un giudice italiano ed ad un ufficio giudiziario straniero. L’ART. 7,1 legge n°218/1995 stabilisce che “quando nel corso del giudizio sia eccepita la previa pendenza tra le stesse par3 di domanda avente il medesimo ogge?o e il medesimo 3tolo dinanzi a un giudice straniero, il giudice italiano, se ri9ene che il provvedimento straniero possa produrre effeC per l’ordinamento italiano, sospende il giudizio.” Vi sono delle differenze tra li<spendenza interna e li<spendenza internazionale: 1. La ques<one può essere sollevata solo dalle par<, mentre il giudice non può rilevarla d’ufficio; 2. Il giudice, prima di dichiarare la li<spendenza, deve verificare che sussistano le condizioni richieste per il riconoscimento del futuro provvedimento straniero; 3. La dichiarazione di li<spendenza non chiude il processo, bensì lo sospende al fine di evitare che essa possa tradursi in un diniego di gius<zia qualora il processo straniero non pervenga ad una decisione di merito o comunque il provvedimento non sia riconoscibile in Italia. In ques< casi, su istanza di parte, il giudice italiano tramite riassunzione riprenderà la causa. Diverso è il caso in cui si tra? di li9spendenza endo-comunitaria in quanto l’ART. 29 del Regolamento di Bruxelles II stabilisce che “qualora davan3 alle autorità giurisdizionali di Sta3 membri differen3 e tra le medesime par3 siano state proposte domande aven3 il medesimo ogge?o e il medesimo 3tolo, il giudice successivamente adito deve sospendere d’ufficio il procedimento finché sia stata accertata la competenza dell’autorità giurisdizionale adita in precedenza e poi, una volta che sia intervenuto tale accertamento, deve dichiarare la propria incompetenza a favore del giudice preven3vamente adito”. In questo caso si ha una maggior fiducia e la giurisprudenza comunitaria amplia anche il conce'o di li<spendenza, ricomprendendo tu'e le ipotesi in cui tali domande, proposte due volte, differiscano per il rispe?vo ogge'o e siano tra loro contrapposte, pur traendo origine dal medesimo rapporto giuridico. 55 giovedì 20 febbraio 2020 Sezione II: la connessione di cause La connessione in generale La connessione si realizza quando due o più domande hanno in comune uno o più elemen9 iden9fica9vi (sogge?, pe<tum, causa petendi) senza però essere iden<che. In ques< casi il legislatore perme'e e favorisce, seppure a determinate condizioni, il cumulo e la tra'azione congiunta delle diverse cause in un unico processo (simultaneus processus), per ragione di economia processuale e per evitare che le decisioni siano tra di esse contrastan9. Per favorire dunque il cumulo, il legislatore ha previsto una serie di deroghe agli ordinari criteri di competenza, sì da perme'ere a un unico giudice di conoscere di tu'e le cause pur quando, separatemene considerate, andrebbero proposte dinanzi ad uffici giudiziari differen<. La connessione meramente sogge;va Essa si verifica quando la connessione riguarda i soli sogge;, a? e passivi, delle domande. L’ART. 104,1 cpc stabilisce che “contro la stessa parte possono proporsi nel medesimo processo più domande anche non altrimen3 connesse, purché sia osservata la norma dell’ART. 10,2 (determinazione del valore->le domande proposte nello stesso processo contro la medesima persona si sommano tra loro, e gli interessi scadu3, le spese e i danni, anteriori alla proposizione si sommano con il capitale)”. In questa cosa si tra'a di un cumulo ogge;vo, riguardante più cause anche non connesse tra di loro, fra le stesse par<. De'a connessione in genere si realizza per ragioni di economia processuale e di comodità per le par9; proprio per questo mo<vo non è prevista alcuna deroga ai criteri ordinari di competenza, dire'a a favore il simultaneus processus. Quest’ul<mo dunque sarà a-uabile solamente quando uno stesso ufficio giudiziario risul< competente per tu'e le cause. E’ bene so'olineare che un cumulo ogge?vo si può a'uare anche per domande contrapposte delle par9. La connessione (ogge;va) impropria L’ART. 103,1 cpc stabilisce che si ha connessione ogge;va impropria quando la decisione di due o più cause dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di iden9che ques9oni. In questo caso vi è la possibilità che le cause, pur riguardando par< diverse, vengano cumulate in un unico processo, al fine di assicurare che le ques9oni comuni trovino una soluzione uniforme; come de'o si tra'a di una possibilità e non di una necessità pressante in quanto comunque le cause hanno pe<tum e causa petendi differen<. Proprio per questo mo<vo, anche in questo caso, il legislatore non ha previsto alcuna forma di deroga agli ordinari criteri di competenza, dunque il simultaneus processus è subordinato all’eventualità che vi sia un ufficio giudiziario competente per tu'e le cause. Le iden<che ques<oni possono essere: 1. Ques<oni di fa'o: in questo caso l’iden<tà dei fa? cos<tuivi può anche dar luogo ad una parziale iden<tà della causa petendi. 2. Ques<oni di diri'o; 56 giovedì 20 febbraio 2020 La connessione ogge;va (propria) semplice L’ART. 33 stabilisce infa? che “le cause contro più persone che a norma degli ARTS. 18-19 dovrebbero essere proposte davan9 a giudici diversi, se sono connesse per l’ogge7o o per il 9tolo possono essere proposte davan9 al giudice del luogo di residenza o di domicilio di una di esse”. De'o ar<colo fa riferimento alle sole ipotesi di più cause, riguardan< par< differen<, connesse per l’ogge'o o per il <tolo. Esso pone una deroga ai criteri ordinari della sola competenza territoriale e fa riferimento ai soli fori generali, lasciando intendere che la deroga è ammessa esclusivamente in danno del foro generale di un convenuto ed in favore del foro generale di un altro convenuto. Tu'avia nulla menziona sulle ipotesi in cui vi siano più cause tra le stesse par9 ed in questo è plausibile che il simultaneus processus possa instaurarsi anche dinanzi al foro speciale (esclusivo o facolta<vo) previsto per alcuna soltanto della cause, tenuto conto che il convenuto non ne subisce alcun concreto pregiudizio. Come già de'o la connessione ogge?va semplice può riguardare: 1. Ogge-o: in questo caso per ogge'o si deve intendere il pe9tum mediato, ossia il bene della vita di cui si chiede l’a-ribuzione; proprio per questa ragione l’iden<tà dell’ogge'o non deve intendersi in senso formale ed assoluto, bensì come equivalenza dell’obbie?vo cui le diverse domande tendono. Tale equivalenza cara'erizza le ipotesi del così de'o concorso di azioni, nelle quali più domande, pur basandosi su fa? cos<tu<vi diversi, mirano ad un risultato sostanzialmente coincidente, dunque il soddisfacimento del diri'o dedo'o da una parte es<nguerebbe il diri'o dedo'o dell’altra (vendita a catena). In questo caso la proposizione di più domande in un unico processo dà luogo a cumulo alterna9vo, per cui l’accoglimento dell’una domanda è incompa<bile con l’accoglimento dell’altra, in quanto è da considerare iden<co il rispe?vo ogge'o. 2. Titolo: in questo caso il legislatore ha stabilito che per <tolo non debba intendersi la mera causa petendi, ossia le ragioni della domanda (mai iden<che), bensì l’iden9tà del rapporto giuridico sostanziale rispe;vamente dedo-o in giudizio. Nel caso in cui la comunanza riguardi invece i singoli fa?, ossia la mera iden<tà di ques<oni di fa'o, si avrà connessione impropria, priva di ogni riflesso sulla competenza. La connessione potrebbe anche verificarsi sia riferita all’ogge-o sia al 9tolo e ciò quando viene dedo'o in giudizio un rapporto giuridico che il diri'o sostanziale mostra di reputare unitario ancorché plurisogge?vo (diri'o reale di cui sono <tolari più persone). La connessione qualificata e la pregiudizialità-dipendenza Il conce'o di connessione qualificata si riconduce a tu'e le ipotesi degli ARTS. 31-32-34-35-36 cpc, le quali sono anche ipotesi di connessione sogge?va. Esse sono connotate da un rapporto di subordinazione di una causa rispe-o all’altra e questa 57 giovedì 20 febbraio 2020 domanda. Dunque la decisione del giudice inerente alla ques<one pregiudiziale non può fare stato tra le par<. L’ogge-o del processo rimane sempre circoscri-o e non si estende alle ques<oni che pure ne condizioni la decisione. In ogni caso in conseguenza della richiesta di parte o nel caso in cui la legge lo richieda, il giudice è tenuto ha decidere con efficacia di giudicato sulla ques<one pregiudiziale, la quale diviene causa pregiudiziale e deve accumularsi a quella principale originaria. In questo caso dunque il giudice dovrà verificare che sia competente. La compensazione L’ART. 35 stabilisce che “quando è opposto in compensazione un credito che è contestato ed eccede la competenza per valore del giudice adito, ques3, se la domanda è fondata su un titolo non controverso o facilmente accertabile, può decidere su di essa e rime7ere le par9 al giudice competente per la decisione rela9va all’eccezione di compensazione, subordinando, quando occorre, l’esecuzione della sentenza alla prestazione di una cassazione; altrimen3 provvede a norma dell’ART. 34”. Nel caso in cui il convenuto alleghi, al solo fine di o'enere il rige'o della domanda, un fa-o es9n9vo del debito, questo si trasforma in eccezione e dunque non dovrebbe dar luogo all’es<nzione dell’ogge'o della causa. Tu'avia ciò è possibile nel caso in cui una delle par< avanzi un’esplicita domanda di accertamento incidentale, ai sensi dell’ART. 34. In questo caso l’ART. 35 stabilisce che se il contro-credito è contestato ed ecceda la competenza per valore del giudicato, il giudice inizialmente adito non potrà pronunciarsi, dovrà farlo il giudice superiore. Dunque se il contro-credito non è contestato, esso rimane un’eccezione, mentre nel caso in cui venga contestato, si trasforma in una causa pregiudiziale che si cumula a quella originaria e dunque amplia l’ogge'o del giudizio, potendo esorbitare dalla competenza del giudice adito. A questo riguardo la formulazione dell’ART. 35 parrebbe fare riferimento alla sola ipotesi in cui sia competente per valore un giudice superiore, per cui non è derogabile la competenza per materia o funzionale. La domanda riconvenzionale L’ART. 36 stabilisce che “il giudice competente per la causa principale conosce anche delle domande riconvenzionale che dipendono dal 9tolo dedo7o in giudizio dall’a?ore o da quello che già appar9ene alla causa come mezzo di eccezione, purché non eccedano la sua competenza per materia o valore; altrimen3 applica le disposizioni dei 2 ar3coli preceden3”. De'o ar<colo fa riferimento alle domande riconvenzionali, ossia le contro-domande del convenuto, il quale, non si limita a richiedere il rige'o della domanda dell’a'ore, ma ne formula nei confron< di quest’ul<mo, facendo così valere un diri'o diverso da quello ogge'o della domanda originaria e ad esso collegato. Il conce'o di riconvenzionale comprende: 1. Domande formulate dal convenuto nei confron< dell’a'ore; 2. Domande formulate dall’a'ore contro il convenuto (reconven<o reconven<onis); 60 giovedì 20 febbraio 2020 3. Domande formulate da taluno dei convenu< nei confron< di un altro convenuto; 4. Domande formulate da chi è già parte nel processo e dire'e contro un altro sogge'o- parte. La relazione tra domanda principale e quella riconvenzionale può essere di: • Incompa<bilità; • Compa<bilità; • Funzionale all’accoglimento della domanda principale. La giurisprudenza ri<ene che, ai fini dell’ammissibilità del cumulo, sia sufficiente un qualunque collegamento obbie;vo tra domanda principale e riconvenzionale. Le modalità di realizzazione del simultaneus processus: cause separatamente proposte davan9 ad uffici giudiziari diversi e cause separatamente proposte davan9 allo stesso ufficio giudiziario Nel caso in cui sia possibilità individuare un unico giudice competente per tu'e le cause connesse, il loro cumulo può realizzare in momen9 e con modalità differen9. Il cumulo può realizzarsi: 1. All’inizio del processo: in questo caso il cumulo può derivare da una scelta dell’a'ore (cumulo ogge?vo->formulazione di più domande contro lo stesso convenuto o cumulo sogge?vo->formulazione di una domanda contro una pluralità di sogge?); 2. Nel corso del processo: in questo caso il cumulo può essere conseguenza del sorgere di una nuova domanda (riconvenzionale) tra le par< stessi, oppure conseguenza dell’allargamento sogge?vo del giudizio (chiamata o intervento di un terzo). 3. Cause proposte in separa9 processi: • Pendenza dinanzi ad uffici giudiziari diversi (ART. 40): “se sono porose davan3 a giudici diversi più cause le quali, per ragioni di connessione, possono essere decise in un solo processo, il giudice fissa con ordinanza alle par9 un termine perentorio per la riassunzione della causa accessoria davan9 al giudice della causa principale e negli altri casi davan9 a quelle preven9vamente adito”. Ciò lascia intendere che a spogliarsi della causa debba essere il giudice della causa accessoria nell’ipotesi di cui all’ART. 31 e quello adito successivamente in tu? gli altri casi. L’ART. 40,2, stabilisce che “la connessione non può essere eccepita dalle par9 né rilevata d’ufficio dopo la prima udienza e la remissione non può essere ordinata quando lo stato della causa principale o preven3vamente proposta non consente l’esauriente tra?azione e decisione delle cause connesse”. Tale disciplina è estremamente infelice e lacunosa, in quanto non chiarisce se il simultaneus processus possa realizzarsi anche quando l’ufficio giudiziario (della causa principale o quello preven<vamente adito) non risul< competente rispe'o a tu'e le cause connesse e in par<colare: 61 giovedì 20 febbraio 2020 - Quando, tra'ando di una causa accessoria tra le stesse par<, il suo valore, sommato a quello della causa principale, esorbi< la competenza del giudice adito per quest’ul<ma; - Quando, negli altri casi di connessione, il giudice preven<vamente adito non sia quello superiore, competente per materia o per valore, dinanzi al quale si sarebbe potuto instaurare ab ini<o il cumulo delle cause connesse. In ques< casi l’ART. 40,6 stabilisce che “se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa con altra causa di competenza del tribunale, le rela3ve domande possono essere proposte dinanzi al tribunale affinché siano decise nello stesso processo”, mentre l’ART. 40,7 stabilisce che “le cause connesse sono proposte davan3 al giudice di pace e al tribunale, il giudice di pace deve pronunziare anche d’ufficio la connessione a favore del tribunale”. • Pendenza dinanzi al medesimo ufficio giudiziario: in questo caso la fusione delle cause si realizza semplicemente a'raverso la loro riunione che, a differenza di quella applicabile alle cause iden<che, è meramente facolta<va. Dunque il giudice che rileva la connessione ha sempre la possibilità di valutare se il simultaneus processus sia o no conveniente. L’ART. 274 dis<ngue tra: - Cause connesse penden9 dinanzi allo stesso giudice: in questo caso il giudice, anche d’ufficio può disporne la riunione. - Cause connesse penden9 dinanzi ad un giudice o ad una sanzione differente: il Presidente della sezione che abbia no<zia della pendenza di due cause connesse, sen<te le par<, ordina con decre< che le cause siano chiamate alla medesima udienza davan< allo stesso giudice o alla stessa sezione per i provvedimen< opportuni. E’ bene ricordare che vi è una disciplina speciale per le materie del lavoro, della previdenza e assistenza obbligatoria e per tu-e le controversie dinanzi al giudice di pace. L’ART. 151 disp. a'. prevede una duplice deroga all’ART. 274: • Riunione obbligatoria: essa si prevede, tranne quando renda troppo gravoso o comunque ritardi il processo, ogniqualvolta le cause si trovino nella stessa fase del processo; • Es9nzione della riunione alle cause connesse soltanto per connessione impropria. La connessione di cause sogge; a ri9 diversi L’ART. 40, 3-4 de'a una serie di criteri miran< a stabilire, per ogni possibile combinazione di ri9 differen9, quale sia quello prevalente da u<lizzare per tu'e le cause cumulate. E’ bene so'olineare che de? criteri possono essere applica< ai soli processi a cognizione piena, escludendo quelli sommari, e prendendo in considerazione la sola connessione qualificata, che dimostra che un rito è sempre derogabile in presenza di un legame par<colarmente intenso tra le par<. L’ART. 40 stabilisce che “nei casi previs3 negli ARTS. 31-32-34-35-36, le cause, cumula9vamente proposte o successivamente riunite, debbono essere tra?ate e decise: 1. In linea di principio, se una delle cause è sogge?a a rito ordinario, questo viene preferito e portano è u3lizzato anche nelle cause che sarebbero sogge?o ad un rito differente; 62 giovedì 20 febbraio 2020 1. Rappresentanza legale (ART. 75,2): de'o ar<colo fa riferimento alle ipotesi in cui determina< sogge;, incapaci o limitatamente incapaci, possono stare in giudizio solo nella persona del sogge'o cui la stessa legge a'ribuisce tale potere di agire nomine alieno. 2. Rappresentanza organica: (ART. 75,3-4): de? commi stabiliscono che “le persone giuridiche stanno in giudizio per mezzo di chi le rappresenta a norma della legge e dello statuto. Le associazioni e i comita9, che non sono persone giuridiche, stanno in giudizio per mezzo delle persone indicate negli ARTS. 36 e ss.” 3. Rappresentanza processuale volontaria: essa si fonda su una libera scelta del rappresentato, esercitata a-raverso il conferimento di un’apposita procura per iscri-o . In questo caso il codice non se ne occupa dire'amente, ma si limita a prendere in considerazione: • Rappresentanza processuale del procuratore generale; • Rappresentanza processuale dell’ins9tore (sogge'o preposto alla rappresentanza sostanziale, funzionale rispe'o al compimento di negozi giuridici). Riguardo ad essi, l’ART. 77 stabilisce che “essi non possono stare in giudizio per il preponente, quando questo potere non è stato loro conferito espressamente per iscri7o, tranne per gli aC urgen9 e per le misure cautelari. Tale potere si presume conferito al procuratore generale di chi non ha residenza o domicilio nello Stato e all’ins3tore.” La norma non dice altro, dunque si potrebbe pensare che un sogge'o potrebbe tranquillamente stare in giudizio in vece dell’a-ore o del convenuto, sempre conferendogli per iscri'o tale rappresentanza; tu-avia l’opinione dominante ri<ene che solo i sogge; muni9 di rappresentanza sul piano sostanziale, possano essere rappresentan9 processuali. Nella pra<ca l’inscindibilità della rappresentanza processuale da quella sostanziale rappresenta un limite tu'’altro che invalicabile, spesso aggirato mediante l’espediente di a'ribuire al delegato anche i poteri di rappresentanza sostanziale. In ogni caso, in tu? i casi di rappresentanza processuale, ci si trova dinanzi alla presenza di una parte complessa, comprendente sia il rappresentante (legi?mato processuale->parte in senso formale) sia il rappresentato (des<natario degli effe? del provvedimento del giudice) Il curatore speciale L’ART. 78 cpc stabilisce che “se manca la persona a cui spe7a la rappresentanza o l’assistenza, o vi sono ragioni d’urgenza, può essere nominato all’incapace, alla persona giuridica o all’associazione non riconosciuta un procuratore speciale che lo rappresen3 o assista finché subentri colui al quale spe?a la rappresentanza o l’assistenza. Si procede altresì alla nomina di un curatore speciale al rappresentato, quando vi è un confli7o di interessi con il rappresentante”. Al procuratore speciale, dunque, spe'a la rappresentanza processuale in luogo della parte oppure accanto ad essa. L’ART. 79 stabilisce i sogge; che possono richiedere la nomina del curatore speciale, ossia: • Pubblico ministero; • Persona che deve essere rappresentata o assis<ta, sebbene incapace; • Prossimi congiun<; 65 giovedì 20 febbraio 2020 • Rappresentante in caso di confli? d’interesse. Infine l’ART, 80 stabilisce che “l’istanza per la nomina del curatore speciale si propone al giudice di pace o al Presidente dell’ufficio giudiziario davan3 al quale d’intende proporre la causa. Il giudice, assunte le opportune informazioni e sen9te possibilmente le persone interessate, provvede con decreto. Questo è comunicato al pubblico ministero affinché provochi, quando occorre, i provvedimen3 per la cos3tuzione della normale rappresentanza o assistenza dell’incapace, della persona giuridica o dell’associazione non riconosciuta”. Il dife-o di legi;mazione processuale L’ART. 182,2 stabilisce che “quando rileva un dife7o di rappresentanza, di assistenza o di autorizzazione ovvero un vizio che determina la nullità della procura al difensore, il giudice assegna alle par3 un termine perentorio per la cos9tuzione della persona alla quale spe?a la rappresentanza o assistenza, per il rilascio delle necessarie autorizzazioni o per il rilascio della procura alle li3 o per la rinnovazione stessa. L’osservanza del termine sana i vizi ex tunc, e gli effe7 sostanziali e processuali della domanda si producono fin dal momento della prima no3ficazione”. Tu'avia, se la sanatoria non si verifica o interviene al di là del termine perentorio, il dife'o di legi?mazione processuale si consolida e diviene insanabile. Conseguenze: 1. Il dife-o di rappresentanza, assistenza o autorizzazione dell’a-ore incide sulla valida instaurazione del giudizio e impone la definizione di quest’ul<mo con una sentenza di mero rito, a causa della mancanza del presupposto processuale della capacità processuale. 2. Il dife'o di legi?mazione processuale del convenuto si rifle'e esclusivamente sulla cos9tuzione in giudizio del convenuto stesso e sulla validità degli a? da lui compiu<, sicché non può in nessun caso impedire la prosecuzione del processo. De'a disciplina è applicabile non solo ai vizi di rappresentanza legale ed organica, ma anche a quelli della rappresentanza volontaria, ossia all’ipotesi in cui una parte sia stata in giudizio tramite un falsus procurator. La rappresentanza e la difesa tecnica Nel nostro ordinamento la parte, dife-ando dello ius postulandi, deve avvalersi dell’opera di determina< sogge; professionalmente qualifica9. L’ART. 82 cpc stabilisce che: 1. “Davan9 al tribunale e alla corte d’appello: sempre necessario, salvo che la legge disponga altrimen3, che le par3 s3ano in giudizio col ministero di un procuratore legalmente esercente (iscri?o all’albo degli avvoca3). Casi in cui è consen3to di stare in giudizio personalmente: • Quando la parte è essa stessa un avvocato; • Quando si tra?a di una causa di lavoro dinanzi al tribunale, di valore non eccedente i 129,11 euro; • Quando si tra?a di giudizi di opposizione ad ordinanze-ingiunzione applica3ve di sanzioni amministra3ve e quelle in materia ele?orale. 66 giovedì 20 febbraio 2020 2. Dinanzi al giudice di pace: è ammessa la difesa personale nelle cause il cui valore non ecceda i 1100 euro, mentre negli altri casi sono richiesto il ministero o l’assistenza di un difensore, salvo che il giudice, in considerazione della natura e dell’en3tà della causa, autorizzi la parte a stare in giudizio di persona. 3. Davan9 alla Corte di cassazione: è prescri?o il ministero di un avvocato.” De'o ar<colo dis<ngue: 1. Ministero: il procuratore agisce in sos<tuzione della parte stessa, in forza di una procura che la parte gli ha conferito. De'a rappresentanza viene definita tecnica e cos<tuisce una forma sui generis per un duplice profilo: • Ogge'o: consiste nel compimento di tu? gli a? processuali occorren< in relazione ad una determinata azione oppure per resistere ad essa; • Contenuto della procura: esso è <pico e regolato dire'amente dalla legge. E’ bene so'olineare che il difensore gode di notevole discrezionalità nella scelta degli strumen< processuali e delle strategie di difesa. 2. Assistenza: l’assistente si affianca alla parte, oppure ad un altro difensore-procuratore, per fornire la propria consulenza giuridica e perorare le tesi difensive del patrocinato. Anch’egli opera in base ad un mandato, conferitogli dal cliente (no forme par<colari). Mentre in passato vi era una ne'a dis<nzione tra difensore-procuratore, con una qualificazione professionale modesta, e difensore-assistente, per il quale era richiesta la laurea in giurisprudenza e l’iscrizione all’albo; oggi (dal 1997) la dis<nzione è caduta. L’ordinamento della professione di avvocato (cenni) De'o ordinamento è stato riformato dalla legge n°247/2012,la quale ha previsto anche l’emanazione di alcuni regolamen<, che dovrebbero essere ado'a< con decreto del Ministero della gius<zia (entro 2 anni dall’entrata in vigore nel 2013), al fine di razionalizzare tu'a la materia. Entro il medesimo termine il Governo dovrebbe varare anche un testo unico di riordino della materia. Procedimento: 1. Laurea in giurisprudenza; 2. Tirocinio di 18 mesi: ciò implica la pra<ca presso uno studio legale e uffici giudiziari e la frequenza ad alcuni corsi di formazione; 3. Superamento dell’esame di Stato; 4. Iscrizione all’albo degli avvoca9: l’avvocato è tenuto ad iscriversi nell’albo del circondario del tribunale in cui si trova il suo domicilio professionale, coincidente con il luogo in cui svolge la sua professione in modo prevalente, ed è sogge'o alla vigilanza del consiglio dell’ordine locale. Al contempo può anche esercitare davan< a tu? gli uffici giudiziari della Repubblica. 5. Iscrizione ad apposito albo per le giurisdizioni superiori: • Esame; • Almeno 5 anni di iscrizione ad un ordine circondariale; 67 giovedì 20 febbraio 2020 Il li9sconsorzio facolta9vo (originario) L’ART. 103 cpc stabilisce che “più par9 possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esista connessione per l’ogge7o o per il 9tolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipenda, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di iden9che ques9oni”. In questo caso la facolta9vità dipende dalla genesi del cumulo sogge;vo, rimessa alla volontà dell’a-ore (o degli a-ori). E’ bene ricordare che un cumulo di cause tra par< diverse può a'uarsi anche nel corso del processo, a'raverso la chiamata o l’intervento volontario di terzi, i quali potrebbero essere des<natari o autori essi stessi di nuove domande. Il li9sconsorzio necessario L’ART. 102 cpc stabilisce che “se la decisione non può pronunciarsi che in confron9 di più par9, queste debbono agire o essere convenuto nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddi7orio in un termine perentorio (la cui scadenza conduce all’es3nzione del processo”. E’ bene so'olineare che de'a fa?specie è molto complessa, in quanto si tra'a di una norma in bianco che non specifica le ipotesi effe?ve in cui è necessario il li<sconsorzio. Tra l’altro in caso di violazione dell’ar<colato, de'a violazione può determinare conseguenze molto nega<ve per il processo svolto inter pauciores (tra soltanto alcuni di coloro che obbligatoriamente dovrebbero prendere parte al processo). Il codice regola solo alcune ipotesi in cui la necessità è espressamente prevista: 1. ART.784: impone di proporre le domande di divisione nei confron< di tu? gli eredi o condomini nonché degli eventuali creditori opponen<; 2. ARTS.247: riguarda l’azione di disconoscimento di paternità; 3. ART. 2900 cc: azione surrogatoria; 4. ART. 1012 cc: confessoria o negatoria servitu<s esercitata dall’usufru'uario; 5. ART. 144 dlgs n° 209/2005: riguarda l’azione dire'a dal danneggiato nei confron< dell’assicuratore di responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore e natan<. Il li9sconsorzio necessario determinato dalla deduzione di un rapporto (unico) plurisogge;vo: la ra9o Le fa?specie del li<sconsorzio necessario che danno maggiori dubbi sono quelle in cui la necessità si ri<ene discendere da ragioni sostanziali, ossia dalla circostanza che il processo ha ad ogge-o un rapporto giuridico unico ma plurisogge;vo. E’ bene so'olineare che la mera deduzione in giudizio di un rapporto giuridico unico con pluralità di par< non è sufficiente, di per sé, a rendere necessaria la partecipazione di tu? i suoi con<tolari. Ciò è confermato anche dalla disciplina delle obbligazioni solidali, basata sulla possibilità che ciascuno dei condebitori sia chiamato ad adempiere autonomamente per l’intero o, viceversa, che ciascuno dei co-creditori agisca per esigere autonomamente 70 giovedì 20 febbraio 2020 l’adempimento dell’intera obbligazione. Si nega altresì che l’ART. 102 rappresen< una mera applicazione del principio del contraddi-orio (ART. 101) e che sia dunque preordinato a tutelare i diri? di difesa dei li<sconsor< necessari. Difa? l’ART. 2909 cc, concernente i limi< sogge?vi del giudicato, esclude che la sentenza possa fare stato nei confron9 dei li9sconsor9 pretermessi (estranei al processo). Dunque la necessità ha bisogno, per sussistere, di 2 condizioni: 1. Causa vertente su un rapporto plurisogge;vo; 2. Ogge;va u9lità: nel caso in cui gli effe? del provvedimento richiesto al giudice non possono prodursi se non, congiuntamente, per tu? i con<tolari del rapporto plurisogge?vo dedo'o in giudizio quale causa petendi, pena l’assoluta inu<lità della decisione. Proprio in base alla necessità di ques< due elemen<, de'a fa?specie viene definita del li9sconsorzio necessario secundum tenorem ra9onis. La sentenza, pronunciata nei confron< di alcuni soltanto dei li<sconsor< necessari è definita inu9liter data. Le fa;specie La concreta individuazione delle ipotesi di li9sconsorzio necessario non è molto agevole, sopra'u'o perché l’ogge?va u<lità della sentenza non è sempre una condizione apprezzabile e chiara. La giurisprudenza ha dunque prospe'ato delle soluzioni: 1. Azioni cos9tu9ve: esse, avendo come obbie?vo una modificazione giuridica, esigono sempre la partecipazione al processo di tu; i co-9tolari del rapporto sul quale tale modificazione dovrebbe operare. Difa? non è concepibile che gli effe? lato sensu cos<tu<vi del provvedimento perseguito dall’a'ore si producano per alcuni soltanto dei co-<tolari. Dunque il LCN si ha ogniqualvolta venga proposta una domanda cos<tu<va rela<vamente ad un rapporto plurisogge?vo (domanda di cos<tuzione di servitù coa?va a carico di un fondo appartenente pro indiviso a più proprietari). 2. Azioni di condanna: esse non possono dar luogo a ipotesi di LCN, se non nei casi in cui l’esecuzione del provvedimento richiesto, avendo ad ogge'o una prestazione indivisibile, dovrebbe operare in pregiudizio di un diri-o reale inscindibilmente comune a più sogge? (demolizione di un manufa'o ogge'o di comunione). 3. Azioni di mero accertamento: in questo caso l’obbie'o unico è quello di fare certezza circa l’esistenza o l’inesistenza del diri'o dedo'o in giudizio, dunque non dovrebbe esservi la possibilità che la domanda, riguardan< un rapporto plurisogge?vo, sia rivolta esclusivamente nei confron< dell’autore dell’indebita contestazione o vanto stragiudiziale. Vi sono tu'avia casi in cui l’orientamento giurisprudenziale è differente: • Azione confessoria e negatoria: si; • Accertamento del diri'o di proprietà su immobili: si; • Azione di simulazione, assoluta o rela<va: si; • Azione di nullità: no. 71 giovedì 20 febbraio 2020 Li9sconsorzio necessario connesso ad ipotesi di legi;mazione straordinaria Altra ipotesi in cui si ri<ene che il li<sconsorzio sia necessario è l’ipotesi di legi;mazione straordinario. Esempi emblema<ci: 1. Azione surrogatoria (ART. 2900 cc): prevede che il creditore, qualora agisca giudizialmente nei confron< dei debitor debitoris (debitore del debitore), debba obbligatoriamente citare anche il debitore al quale intende surrogarsi. 2. Azione confessoria o negatoria servitu9s: deve chiamare in giudizio anche il proprietario del fondo. Secondo de'o principio generale, ogniqualvolta agisca un sogge'o inves<to di legi?mazione straordinaria, è da considerare li9sconsorte necessario anche il legi;mato ordinario, vero <tolare del rapporto dedo'o in giudizio dal sos<tuto processuale. In questo caso non è in gioco l’u<lità della sentenza, bensì l’interesse del convenuto ad o-enere un giudicato che faccia stato anche nei confron9 del legi;mato ordinario (sos9tuto). Li9sconsorzio necessario determinato da ragioni di mera opportunità Altra ipotesi riguarda i casi in cui è imposta la partecipazione al processo dei sogge; 9tolari di un rapporto giuridico diverso da quello ogge-o del giudizio, ma ad esso stre-amente collegato, per pregiudizialità.dipendenza. Si tra'a di rappor< giuridici dis<n<, facen< capo a par< diverse, per la partecipazione di tu? i rispe?vi <tolari discende da ragioni di mera opportunità, tanto è che il LCN è definito propter opportunitatem. Esempi: 1. Azione dire-a del danneggiato nei confron9 dell’assicuratore di responsabilità civile: obbligo di far partecipare anche il responsabile del danno; 2. Azione di opposizione alla divisione (ART. 784); 3. Disconoscimento della paternità. In questo caso si tra'a di ipotesi <piche e tassa<ve. La disciplina processuale del li9sconsorzio necessario e la sentenza resa a contraddi-orio non integro Qualora il giudice si arroga che il processo non si è instaurato nei confron< di tu? i li<sconsor< necessari, è tenuto ad ordinare alle par< l’integrazione del contraddi-orio, ossia la citazione dei li<sconsor< pretermessi, fissando un termine perentorio. Nel caso in cui il termine non venisse rispe'ato, il giudice dichiarerà l’es<nzione del processo. Si può dunque concludere che l’integrazione del contraddi'orio produce una sanatoria retroa?va del processo, per cui gli effe? sostanziali e processuali della domanda giudiziale si produrranno fin dal primo momento nei confron< di tu? i li<sconsor<. Ciò implica che, per evitare il maturare di prescrizioni o decadenze del diri'o dedo'o in giudizio, è sufficiente che quest’ul<mo venga fa'o tempes<vamente valere nei confron< di alcuno soltanto dei li<sconsor< necessari. 72 giovedì 20 febbraio 2020 L’intervento coa-o: il presupposto della comunanza di causa Gli ARTS. 106 e 107 regolano l’intervento su istanza di parte e per ordine del giudice nel caso in cui la causa sia comune anche al terzo. Tu'avia il legislatore non ha stabilito l’ambito a'ribuibile alle nozione di causa comune e dunque si discute se essa possa riferissi a tu'e le ipotesi di connessione propria o solo ad alcune. La soluzione preferibile è quella più estensiva. L’intervento coa-o deve dunque ritenersi u<lizzabile quando: 1. In presenza di una connessione per alterna9vità e/o incompa9bilità tra il rapporto giuridico ogge'o del giudizio e quello di cui sarebbe <tolare il terzo, la fondatezza della domanda proponibile dall’interveniente o nei suoi confron< escluderebbe la fondatezza della domanda originaria, essendo sostanzialmente iden<co il pe<tum. 2. Quando il terzo sia indicato quale co-9tolare del rapporto plurisogge;vo già ogge'o del processo, sì che le par< originarie potrebbero avere interesse ad estendere nei suoi confron< gli effe? del futuro giudicato. 3. Quando il terzo sia 9tolare di un rapporto giuridico dipendente da quello ogge-o del processo: in ques< casi l’intervento coa'o potrebbero rappresentare uno strumento di tutela del terzo o un messo per estendere nei suoi confron< l’efficacia riflessa della sentenza. Nei primi due casi tale intervento deve rendere possibile un allargamento ogge?vo del processo che conduca il giudice a decidere anche sul rapporto facente capo al terzo. A questo punto è necessario stabilire se a tal fine sia necessaria la proposizione di un’apposita domanda e si ri<ene che, per una sentenza di condanna del terzo o a favore di esso, questa sia indispensabile. L’intervento coa-o: in par9colare, l’intervento per ordine del giudice L’ART. 107 cpc stabilisce che “il giudice, quando ri3ene opportuno che il processo si svolga in confron3 di un terzo al quale la causa è comune, ne ordina l’intervento”. In questo caso è bene so'olineare che il legislatore ha omesso di indicare quali elemen9 debba valutare il giudice a tal fine. La do'rina ha ritenuto che si tra? due potere del tu-o discrezionale del giudice e non censurabile in sede d’impugnazione. In ogni caso, però, è raro che sia il giudice a ordinare l’intervento di un terzo, in genere è una delle par< a richiederlo. Sezione III: lo svolgimento del processo li9sconsor9le Scindibilità o inscindibilità del cumulo sogge;vo di cause. Il li9sconsorzio unitario e il li9sconsorzio necessario processuale Uno dei problemi maggiormente rilevan< all’interno di un processo li<sconsor<le concerne la natura scindibile o inscindibile del cumulo sogge-o di cause ogge'o del processo li<sconsor<le; si tra'a di stabilire se, al di fuori dei casi di li<sconsorzio necessario, suscitano altre situazione in cui la decisione debba essere unica rispe-o a tu; i li9sconsor9. Esempi: 75 giovedì 20 febbraio 2020 1. Li9sconsorzio necessario unitario (ART. 2378,5 cc): tu'e le impugnazioni rela<ve alla medesima deliberazione, anche se separatamente proposte, devono essere istruite congiuntamente e decise con un’unica sentenza. Dunque quantunque nulla imponga che al processo di impugnazione della delibera partecipino tu? i soci, è necessario però, laddove più soci abbiano impugnato, che le più cause confluiscano in un unico giudizio, che deve avere una tra'azione ed una decisione unitaria. Si tra'a di li<sconsorzio quasi necessari, cara'erizzato dall’essere facolta<vo dal punto di vista gene<co, ma necessario una volta che, avendo agito più co-<tolari del rapporto, il cumulo sia stato concretamente realizzato. Alcuni ritengo che de'o ar<cola possa essere estensivamente applicato a tu'e le fa?specie in cui, al di fuori del li<sconsorzio necessario, siano proposte in un unico processo, da diverse par<, più domande connesse per iden<tà dell’ogge'o e del <tolo, in quanto basate su un medesimo rapporto plurisogge?vo, che egualmente non tollererebbero un provvedimento di separazione. 2. Li9sconsorzio necessario processuale: • Ipotesi in cui, essendo morta una delle par<, la causa debba essere proseguita da o nei confron< dei suoi eredi, li<sconsor< necessari nel successivo corso del giudizio, indipendentemente dal <po di diri'o in esso dedo'o: soluzione corre'a; • Ipotesi di chiamata in causa di un terzo per ordine del giudice, che instaurerebbe sempre e comunque una causa inscindibile: ipotesi errata. Le interferenze tra le a;vità processuali dei singoli li9sconsor9 Altro problema <pico del processo li<sconsor<le è quello di stabilire quale influenza e quali conseguenze possa avere l’a;vità processuali di uno dei li9sconsor9 nei confron< degli altri. Per comprendere ciò è necessario dis<nguere tra: 1. Li9sconsorzio necessario o unitario: in questo caso la causa deve essere decisa in modo uniforme rispe'o a tu'e le par<, per cui è inevitabile che gli effe? dell’a;vità del singolo li9sconsorte si comunichino agli altri. 2. Cumulo scindibile: in questo caso alla pluralità di par< corrisponde una pluralità di cause, le quali, nonostante la formale unicità del processo, restano dis<nte provviste di una sostanziale autonomia, dunque gli effe; dell’a;vità del singolo li9sconsorte dovrebbero prodursi esclusivamente rispe-o alla causa di cui egli è parte. Tu'avia le interferenze reciproche sono inevitabili, tenuto conto anche del fa'o che il cumulo presuppone sempre un’istru'oria unitaria ed un accertamento dei fa? omogeneo rispe'o a tu'e le cause. 76 giovedì 20 febbraio 2020 Capitolo X: le modificazioni riguardan9 le par9 Sezione I: l’estromissione L’estromissione di una parte dal processo Con il termine estromissione si iden<ficano una serie di vicende processuali cara'erizzate dall’effe'o di determinare l’uscita di una parte dal processo, il quale con<nua tra le altre par<. Nel codice manca una disciplina generale, vi sono solo alcune disposizioni specifiche: 1. ART. 108: il giudice può estrome'ere, con ordinanza, il garan<to, allorché il garante, intervenuto o chiamato nel processo, acce? di assumere la causa in suo luogo e le altre par< non si oppongano; 2. ART. 109: nel caso in cui nel processo si discuta a quali par< spe? una certa prestazione, ossia quale sia il reale <tolare del diri'o controverso, se l’obbligato si dichiara pronto ad eseguire la prestazione a favore di chi ne ha diri'o, il giudice può ordinare il deposito della cosa o della somma dovuta e conseguentemente estrome'ere l’obbligato; 3. ART. 11,3: nel caso in cui il successore a <tolo par<colare intervenga o sia chiamato nel processo, il giudice può estrome'ere la parte originaria. In tu? ques< casi la sentenza pronunciata spiegherà i suoi effe; anche nei confron< della parte estromessa. In ogni caso si considera estromissione ogniqualvolta un giudizio con una pluralità di par9 venga definito, con sentenza, nei confron9 di una soltanto di esse; tu'avia in ques< casi la sentenza non farà stato per estromesso. Sezione II: la successione nel processo La successione universale L’ART. 110 cpc stabilisce che “quando la parte viene meno per morte o per altra causa, il processo è proseguito dal successore universale o nei suoi confron9”. De'o ar<colo anzitu'o menziona i 2 presuppos9 applica<vi della norma: • Es9nzione di una parte avvenuta nel corso del processo; • Verificarsi di un fenomeno di successione universale (in universum ius), coinvolgente tu? i rappor< giuridici, sostanziali e processuali. A riguardo vi sono differen< <pi di fa;specie: 1. Morte della parte-persona fisica (o dichiarazione di morte presunta): in questo caso il processo è proseguito da o nei confron< degli eredi (o meglio, dei chiama< all’eredità, che potrebbero non averla ancora acce'ata). 2. Venir meno per altra causa/es9nzione degli en9: in questo caso la disciplina è controversa in quanto spesso le modificazioni riguardan< un ente, pubblico o privato, fuoriescono dallo schema dell’ART. 110, in quanto determinano il trasferimento di taluni 77 giovedì 20 febbraio 2020 pronuncia di un provvedimento giurisprudenziale. Essi sono dunque strumentali al provvedimento e proprio per questo nella maggior parte dei casi non hanno una loro propria autonomia funzionale; sebbene nel processo vi siano ipotesi in cui si creano dei sub- procedimen< al suo interno. La nozione di a'o processuale può dunque abbracciare tu; gli a; che si inseriscono in questa sequela, determinando gli effe; (cos<tu<vi, modifica<vi o es<n<vi) nel processo di poteri, oneri e doveri schie'amente processuali aven9 ad ogge-o il compimento di altri a; processuali. Per tu? gli a? del processo il legislatore de'a regole puntuali per quanto riguarda i requisi9 di forma e di contenuto. A questo punto dunque è bene stabilire che cosa si intenda per forma; essa non deve essere considerata in senso stre'o, intesa come modalità di estrinsecazione dell’a'o, in quanto in mol< casi è consen<to il compimento in forma orale, poi trascri'o in processo verbale. Inoltre con la riforma del 2005 è stato introdo'o il processo telema<co che prevede la possibilità di porre in essere gli a? del processi come documen< informa<ci (nei procedimen< civili dinanzi al tribunale il deposito degli a? processuali e dei documen< da parte dei difensori delle par< precedentemente cos<tuite ha luogo esclusivamente con modalità telema<che). Dunque il conce'o di forma deve essere inteso con una portata più ampia, riferendosi ai rela<vi elemen9 contenu9s9ci (forma-contenuto). Secondo un’accezione ancora più amplia la forma inves<rebbe anche le prescrizioni di natura temporale riguardan< il compimento degli a? processuali, col risultato di poter ricollegare alla violazione di quelle prescrizioni i principi propri della materia delle invalidità formali. In conclusione proprio la puntuale regolamentazione formale degli a? processuali esclude ogni possibile rilevanza dei vizi di volontà, salvo i casi in cui manchi la volontarietà nel compimento dell’a'o. Le regole generali concernen9 la forma degli a; Gli ARTS. 121 ss stabiliscono alcune disposizioni generali ineren< sia alla forma in senso stre'o (modalità di estrinsecazione degli a;) sia agli elemen< essenziali che deve contenere (forma-contenuto). In par<colare: 1. ART. 121 (libertà di forme): “gli a7 del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate possono essere compiu3 nella forma più idonea al raggiungimento del loro scopo”. In questo caso con il termine scopo non si intende quello perseguito dall’a'ore, bensì la funzione ogge?va che l’a'o stesso assolve nel processo. Si dovrebbe dunque parlare non tanto di liberà delle forme, quanto piu'osto di strumentalità, anche se in concreto i margini di applicabilità di questo principio sono assai modes< in quanto il legislatore ha de'ato una disciplina piu'osto rigida a riguardo. 2. ART. 122: uso della lingua italiana e nomina dell’interprete; 3. ART. 123: nomina del tradu'ore; 4. ART. 124: interrogazione del sordo o del muto; 80 giovedì 20 febbraio 2020 5. ART. 125 (contenuto e so-oscrizione degli a; di parte): “salvo che la legge disponga altrimen3, la citazione, il ricorso, la comparsa, il contro-ricorso e il prece?o debbono indicare: • Ufficio giudiziario; • Par3; • Ogge?o; • Ragioni della domanda e conclusioni o istanza. Tanto nell’originale quanto nelle copie da no3ficare debbono essere so7oscriC dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale. Il difensore deve altresì indicare il numero del proprio fax. La procura al difensore dell’a?ore può essere rilasciata in data posteriore alla no3ficazione dell’a?o, purché anteriormente alla cos3tuzione della parte rappresentata. La disposizione precedente non si applica quando la legge richiede che la citazione sia so?oscri?a da difensore munito di mandato speciale”. 6. ART. 126 (contenuto del processo verbale): “il processo verbale deve contenere l’indicazione delle persone intervenute e delle circostanze di luogo e di tempo nelle quali gli a7 che documenta sono compiu3; deve inoltre contenere la descrizione delle aCvità svolte e delle rivelazioni fa7e, nonché delle dichiarazioni ricevute. Il processo verbale è so?oscri?o dal cancelliere. Se vi sono altri intervenu3, il cancelliere, quando la legge non dispone altrimen3, dà loro le?ura del processo verbale”. 7. ART. 127 (direzione dell’udienza): il codice prevede che il processo si snodi tra un’udienza e l’altra e il legislatore assicura la pubblicità, a pena di nullità, della sola udienza di discussione (ARTS. 128-129). Nelle altre udienze sono ammessi solo i difensori, le par< stesse, le quali possono interloquire solo con l’autorizzazione del giudice. Per ogni udienza è poi prescri'a la stesura di un apposito verbale da parte del cancelliere, so'o direzione del giudice, che lo so'oscrive unitamente al cancelliere. In de'o verbale le par< possono de'are dire'amente le loro deduzioni, solo se autorizzate dal giudice. La trasmissione degli a; processuali a mezzo di telefax Il principio secondo cui tu; gli a; processuali devono recare la so-oscrizione autografa della parte o del difensore da cui provengono trova parziale deroga nella legge n°183/1993, che consente, a determinate condizioni, di u9lizzare, in luogo dell’originale, copie foto- riprodo-e di a; del processo trasmessi a distanza da un avvocato ad un altro. La copia in ques< casi conterrà solamente una riproduzione fotografica della so'oscrizione apposta sull’originale e ciò è u<le nel caso contenga, in calce o a margine, la procura ad litem, la cui so'oscrizione sia cer<ficata come autografa della stesso avvocato che ha reda'o o so'oscri'o l’originale. Perché questa copia sia conforme ed equivalente all’originale è necessario che: 1. La procura sia stata conferita tanto all’avvocato che ha reda'o e trasmesso l’a'o quanto a quello che lo ha ricevuto; 81 giovedì 20 febbraio 2020 2. L’originale rechi l’indicazione e la so'oscrizione leggibile dell’avvocato estensore e che tali elemen< risul< anche nella copia; 3. L’originale sia stato dichiarato conforme all’a'o trasmesso da parte dell’avvocato che l’ha reda'o e trasmesso; 4. La copia sia so'oscri'a dall’avvocato ricevente. Se l’a'o con<ene la procura ad litem, è richiesto inoltre che dalla copia risul<no l’apposizione della procura medesima sull’originale nonché le so'oscrizione leggibili della parte e del difensore che ha cer<ficato l’autografia della firma della parte. La medesima legge consente la trasmissione di un provvedimento del giudice, la cui copia così o'enuta si considera conforme all’a'o trasmesso, nel caso in cui ricorrano le condizioni 3 e 4. Sezione II: i termini I termini processuali e le preclusioni All’interno del processo, per poter regolare il complesso di a? tra loro coordina< e preordina< alla decisione finale, il legislatore ha introdo'o una serie di cadenze e di limitazioni temporali, sì da disciplinare le a;vità delle par9 e dell’ufficio giudiziario. A tale scopo sono sta< introdo?: 1. Preclusioni: esse riguardano le sole a;vità delle par9 e determinano la perdita di un potere processuale. Alla parte dunque rimane precluso il compimento dell’a?vità ogge'o del potere es<ntosi, pena l’invalidità degli a? pos< in essere in violazione della preclusione. 2. Termini: essi possono riguardare sia l’a;vità delle par9 sia quella dell’ufficio (giudice, cancelliere, ufficiale giudiziario o consulente tecnico) e possono determinare, una volta scadu<, la decadenza dal potere di compiere certe a;vità processuali (preclusione) o conseguenze ancora diverse. Si dis<nguono: • Termini legali (ART. 152): previs< dire'amente dalla legge; • Termini giudiziali (ART. 152): stabili< dal giudice nei soli casi espressamente previs< dalla legge; • Termini acceleratori: mirano a far sì che una determinata a?vità venga compiuta entro un certo momento; • Termini dilatori: mirano a far sì che una determinata a?vità venga compiuta non prima di un determinato momento. L’inosservanza di un termine dilatorio rende invalido l’a'o intempes<vo, mentre l’inosservanza di un termine acceleratori no. • Termini perentori (ART. 153,1): essi sono stabili< a pena di decadenza e non possono essere proroga< o abbrevia<; • Termini ordinatori: essi possono essere abbrevia< o proroga<, anche f’ufficio, purché prima della scadenza. In ques< casi la proroga non può avere una durata superiore al termine originario ed è ammessa una sola volta, salvo per mo<vi par<colarmente 82 giovedì 20 febbraio 2020 la scelta dovrà ricadere nell’ambito dei 3 modelli, in quanto si esclude la possibilità di creare forme a<piche. Per quanto riguarda i provvedimen9 collegiali, l’ART. 131 prevedeva che nel caso in cui uno dei giudici fosse stato dissidente rispe'o ad una decisione del collegio (responsabilità civile del giudice), sarebbe stato necessario redigerne un sommario processo verbale. Ora la Corte cos<tuzionale ha trasformato de'o ordine in un mero adempimento facolta<vo. La sentenza Essa è il provvedimento decisorio normalmente prescri'o dal legislatore ogniqualvolta si debba decidere su una domanda e dunque sull’esistenza o meno del diri'o o status dedo'o in giudizio, oppure su qualunque ques<one, a?nente al merito della causa, dalla quale potrebbe derivare la definizione del processo medesimo. A riguardo è bene dis9nguere tra: 1. Sentenze di merito: sono quelle che pronunciano sulla fondatezza della domanda, accogliendola o rige'andola. 2. Sentenze processuali: sono quelle che vertono solamente su ques9oni a;nen9 al processo. Altra dis<nzione è tra: 1. Sentenze defini9ve: sono defini<ve quelle sentenze, di merito o processuali, che concludono il processo dinanzi al giudice adito (sentenza di accoglimento o rige'o, sentenza declinatoria di giurisdizione). 2. Sentenze non defini9ve: non sono defini<ve quelle che non concludono il processo dinanzi al giudice adito (sentenza di accoglimento o rige'o di solo alcune delle domande cumulate nel processo). In ogni caso la peculiarità delle sentenze è data dal loro regime di stabilità per cui, una volta pronunciate, esse vincolano immediatamente anche lo stesso giudice e non può più essere annullata o modificata se non a'raverso le impugnazioni. Inoltre nel caso delle sentenze di merito, esse fanno stato a ogni effe-o tra le par9, i loro eredi e aven9 causa (ART. 2909 cc). Come ben si può comprendere, la sentenza è dunque il provvedimento del giudice più complesso, che deve contenere (ART. 132 cpc): • Indicazione del giudice (ufficio giudiziario) che l’ha pronunciata; • Indicazione delle par9 e dei rispe?vi difensori; • Conclusioni del PM e delle par9: queste dovrebbe servire a valutare se il giudice abbia avuto presen< e chiare le effe?ve richieste delle par<, anche in relazione al principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato; • Concisa esposizione delle ragioni di fa-o e di diri-o della decisione (mo9vazione): essa perme'e di ricostruire l’iter logico a'raverso il quale il giudice è pervenuto a determinare le conclusioni. In essa il giudice deve anche indicare le norme di legge e i principi di diri'o applica<. • Disposi<vo (decisum); • Data della decisione in collegio; 85 giovedì 20 febbraio 2020 • So-oscrizione del giudice: per quanto riguarda le cause che debbono essere decide collegialmente, si prevede che a so'oscrivere la sentenza siano il Presidente e l’estensore, ossia il magistrato incaricato della redazione della mo<vazione. Nel caso in cui uno di essi non possa so'oscrivere la sentenza per morte o altro impedimento, nel caso in cui manchi il Presidente, so'oscriveranno la sentenza l’estensore e il magistrato più anziano; mentre nel caso in cui manchi l’estensore basterà la so'oscrizione del Presidente. In ogni caso de'o impedimento dovrà essere menzionato nella sentenza. E’ bene ricordare che la sentenza acquisisce rilevanza giuridica dal giorno della sua pubblicazione, ossia dallo svolgimento dell’a?vità combinata del giudice, il quale deposita la sentenza in cancelleria, e del cancelliere, che deve dare a'o del deposito in calce alla sentenza, apponendovi data e firma, e deve informare le par< cos<tuite, entro 5 giorni, mediante un biglie'o di cancelleria contenete il testo integrale del provvedimento. La pubblicazione è dunque un elemento formale che segna il momento in cui la sentenza diviene immodificabile. Prima di tale momento, essa rileva solo come un a'o meramente interno, tanto che in caso di mo<vazione legisla<va o di un intervento della Corte cos<tuzionale, il giudice ha il potere-dovere di adeguarla. L’ART. 281-sex9es prevede che il giudice monocra9co possa pronunciare sentenza già al termine della discussione orale della causa, dando le'ura in udienza del disposi<vo e della mo<vazione. La sentenza si intende pubblicata con la semplice so'oscrizione di tale verbale, senza che siano necessari tu? gli altri elemen<. L’ordinanza e il decreto: il regime formale 1. Contenuto dell’ordinanza (ART. 134): • Deve essere succintamente mo9vata; • Se viene pronunciata in udienza, è inserita poi nel processo verbale, il che esclude la necessità di altre indicazioni; • Se viene pronunciata fuori dall’udienza, può essere egualmente scri-a in calce al verbale dell’udienza, oppure su un foglio separato, che dovrà indicare la data del provvedimento e gli ulteriori elemen< indispensabili (ufficio giudiziario, numero di ruolo del procedimen< e nomi delle par<) indispensabili per l’individuazione della causa. Il cancelliere poi ne dà comunicazione alle par<, nel caso in cui non sia richiesta la no<ficazione. • Deve essere so-oscri-a, in caso di decisione collegiale, dal solo Presidente. Per quanto riguarda il regime di stabilità, la regola si basa sulla revocabilità e modificabilità ad opera dello stesso giudice che l’ha pronunciata, sebbene vi siano numerose eccezioni (ART. 177,3->ordinanze per le quali la legge predispone uno speciale mezzo di reclamo). 2. Contenuto del decreto (ART. 135): • Può pronunciarsi tanto d’ufficio quanto su istanza anche verbale di parte; • Può stendersi in calce al ricorso della parte, oppure, quando l’istanza sia stata proposta oralmente, inserirsi nel medesimo verbale; 86 giovedì 20 febbraio 2020 • Non necessita mo9vazione, salvo nei casi previs< dalla legge; • Deve essere munito di data e so-oscri-o, quando è reso da un giudice collegiale, dal solo Presidente. Per quanto riguarda il regime di stabilità, sono previste revocabilità e modificabilità del provvedimento. Mentre per la sentenza il legislatore ha previsto un complesso di impugnazioni, per l’ordinanza e il decreto non sono previs< rimedi analoghi, tu'avia non mancano ipotesi di provvedimen< assogge'a< ad impugnazioni di cara'ere generale (es: reclamo), che hanno for< analogie con l’appello previsto per le sentenze. Inoltre l’ordinanza è impugnabile, salvo che non promani dal giudice di pace, mediante regolamento di competenza. Per quanto riguarda la funzione, è bene so'olineare la dis<nzione tra i vari provvedimen<: 1. Ordinanza: ha ad ogge'o la direzione, latu sensu, del processo e viene applicata per i provvedimen< resi nel contraddi'orio tra le par<. 2. Decreto: ha ad ogge'o l’organizzazione dell’ufficio giudiziario e si applica per i provvedimen< resi in audita altera parte. Vi sono tu'avia casi in cui il legislatore u<lizza l’ordinanza o il decreto per: • Ques<oni controverse tra le par9 (ammissibilità e rilevanza dei mezzi di prova): - Per so'rarli all’impugnazione; - Per perme'ere al giudice di poterci ripensare. • Pronuncia di provvedimen9 decisori, sia interni sia idonei a definire il giudizio (definizione dei provvedimen< in Camera di Consiglio): - Per so'rarli all’impugnazione; - Per perme'ere provvedimen< sommari e lasciare spazio al giudice per un ripensamento. • Pronuncia per ques9oni di competenza: l’ordinanza acquista la stabilità <pica della sentenza. Sezione IV: le comunicazioni e le no9ficazioni Le comunicazioni Si tra'a di un’a;vità a'raverso la quale il cancelliere da no9zia a determina< sogge? (par<, PM, tes<moni o consulente tecnico) di un certo a-o o fa-o del processo o di un provvedimento del giudice mediante consegna dire'a o indire'a do una copia del biglie'o di cancelleria, recante le indicazioni prescri'o dall’ART. 45 delle disposizioni a'ua<ve. L’ART. 136,2 cpc prescrive le modalità di consegna della comunicazione per cui “il biglie7o è consegnato dal cancelliere al des3natario, che ne rilascia ricevuta, ovvero trasmesso a mezzo di posta ele?ronica cer3ficata, nel rispe?o della norma3va, anche regolamentare concernente la so?oscrizione, trasmissione e la ricezione dei documen3 informa3ci”. La comunicazione deve essere dis9nta dalla no9ficazione secondo 2 profili: 87 giovedì 20 febbraio 2020 anche questo ignoto, nel comune di domicilio(art. 139 ult. comma). Nell’ambito dei possibili des<natari, l’ufficiale giudiziario deve preferire una “persona di famiglia” oppure, se estranea, “adde'a alla casa, all’ufficio o all’azienda”,che non sia minore di 14 anni o palesemente incapace, o ancora in palese confli'o di interessi col des<natario. Se non vi è alcuna di qst persone o esse rifiutano l’a'o, la copia dev’essere consegnata al por<ere dello stabile o, in mancanza di questo, “ad un vicino di casa che acce? di riceverla”. Ipotesi par<colari sono poi contemplate dagli ART. 139 comma V e 146, rispe?vamente nel caso in cui il des<natario “vive abitualmente a bordo di una nave mercan<le”(in tal caso, la no<fica può avvenire anche tramite consegna dell’a'o al capitano della nave o a chi ne fa le veci),e x quello in cui si tra? di un “militare in a?vità di servizio”(in tal caso, se la no<fica non avviene in mani proprie del des<natario, è prescri'o che la consegna della copia ad uno dei sogge? indica< dall’art. 139 sia seguita dalla consegna di una seconda copia al pm, che dovrà farla pervenire al comandante del corpo al quale il militare appar<ene). 3. No9ficazione in caso di irreperibilità o rifiuto di ricevere la copia: quando non sia possibile provvedere alla no<fica con le modalità indicate dall’art. 139 c.p.c.,poiché l’ufficiale giudiziario non trova nei prede? luoghi alcun possibile consegnatario oppure perché quelli trova< sono palesemente incapaci o rifiutano di ricevere l’a'o, l’art. 140 c.p.c. prevede che la no<fica si esegua mediante una triplice formalità: • Deposito della copia nella casa comunale; • Affissione dell’avviso di tale deposito alla porta dell’abitazione, dell’ufficio o dell’azienda presso cui si è tentata senza successo la no<fica; • Spedizione al des<natario di una raccomandata con avviso di ricevimento, al fine di informarlo dell’avvenuto deposito della copia. 4. No9ficazione presso il domiciliatario: è una forma di no<ficazione consen<ta, salvo espresso divieto norma<vo, dall’art. 141 c.p.c.. Qnd il des<natario abbia ele'o domicilio “presso una persona o un ufficio”,la no<fica può effe'uarsi presso tale luogo, o a'raverso consegna dire'a della copia nelle mani della persona o del capo dell’ufficio(che equivale a consegna nelle mani proprie del des<natario),o nelle mani di uno dei sogge? indica< dall’art. 139 c.p.c.. Di regola, la no<ficazione presso il domiciliatario rappresenta una mera facoltà x il no<ficante, salvo che, tra'andosi di elezioni di domicilio inserite in un contra'o, sia il contra'o stesso a prescriverla(art. 141 comma II c.p.c.):in realtà però, vi sono diverse disposizioni in cui, a tutela dell’interesse del des<natario, la no<fica presso il domicilio ele'o è prevista come obbligatoria. Non di rado inoltre, l’elezione di domicilio, nell’ambito del processo, rappresenta un vero e proprio onere, dalla cui inosservanza consegue una sorta di domiciliazione ex lege, ossia la possibilità di effe'uare la no<ficazione presso la cancelleria del giudice adito. 5. No9ficazione all’estero: l’art. 142 c.p.c. prevede che al des<natario non avente residenza né domicilio(anche solo ele?vo)o dimora nel territorio della Repubblica, che non vi abbia cos<tuito un procuratore autorizzato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c.,la no<ficazione possa effe'uarsi a'raverso una duplice formalità:la spedizione di una copia del’’a'o al des<natario a mezzo posta con raccomandata, e la consegna di una seconda copia(accompagnata dalla nota di cui all’art. 49 dicp. a'.)al pm, affinchè ques< 90 giovedì 20 febbraio 2020 ne curi la trasmissione al ministero degli esteri x il recapito al des<natario. Una volta compiute tali formalità, la no<fica “si ha x eseguita nel 20° giorno successivo”(art. 143 comma III c.p.c.), indipendentemente dalla prova dell’effe?va ricezione dell’a'o da parte dell’interessato. Il comma II precisa tu'avia che tale disciplina trova applicazione “soltanto nei casi in cui risulta impossibile eseguire la no3ficazione in uno dei modi consen33 dalle convenzioni internazionali”: se ne deduce pertanto che la procedura descri'a ha assunto un cara'ere meramente residuale, poiché non è certo frequente il caso in cui manchino convenzioni internazionali che consentano+affidabili modalità di no<fica e, nel contempo, non sia neppure possibile effe'uare la no<fica x via consolare a norma del D.P.R. 200/67. Nell’ambito dell’UE inoltre, la materia è disciplinata dal regolamento CE 1393/2007 concernente ogni a'o giudiziario o stragiudiziale in materia civile o commerciale che “deve essere trasmesso in un altro Stato membro x essere no<ficato o comunicato al suo des<natario”. Il sistema ado'ato da tale regolamento può sinte<zzarsi come segue: • Ciascuno Stato membro designa i propri “organi mi'en<”ai quali compete la trasmissione degli a? da no<ficare in altro Stato membro e quelli “riceven<”,cui spe'a ricevere le richieste di no<fica provenien< da altro Stato membro; nonché una “autorità centrale”incaricata di fornire informazioni agli organi mi'en< degli altri Sta< e di ricercare soluzioni x le eventuali difficoltà sorte in occasione della trasmissione degli a? da no<ficare. • L’a'o trasmesso x la no<fica dev’essere corredato di una domanda reda'a su un apposito modulo compilato nella lingua dello Stato richiesto o in altra lingua che esso abbia dichiarato di poter acce'are. 3)entro 7 giorni dalla sua ricezione, l’organo ricevente deve trasme'erne apposita ricevuta all’organo mi'ente e deve poi provvedere, entro un mese dalla ricezione, alle formalità occorren< x l’esecuzione della no<fica, “secondo la legge dello Stato membro richiesto oppure secondo una modalità par<colare richiesta dall’organo mi'ente, purchè tale modalità sia compa<bile con la legge di quello Stato membro”. 6. No9ficazione al des9natario irreperibile: quando siano sconosciu< residenza, dimora e domicilio del des<natario, e ques< non abbia un procuratore abilitato a stare in giudizio a norma dell’art. 77 c.p.c.,l’art. 143 c.p.c. consente, a condizione che il no<ficante abbia inu<lmente esperito le indagini suggerite dall’ordinaria diligenza e che di esse si dia conto nella relazione dell’ufficiale giudiziario, di eseguire la no<ficazione a'raverso il deposito di una copia dell’a'o nella casa del comune dell’ul<ma residenza del des<natario oppure, qnd qst sia ignota, nella casa del comune del suo luogo di nascita. In subordine, qualora non si conosca neppure il luogo di nascita, la copia viene consegnata(insieme alla nota prevista dall’art. 49 disp. a'.)al pm, il quale, sebbene la legge non lo precisi, dovrebbe tentare di farla pervenire al des<natario. Come nell’ipotesi dell’art. 142, il legislatore prevede, a garanzia del des<natario, che la no<ficazione “si ha x eseguita nel 20°giorno successivo a quello in cui sono compiute le formalità prescri'e”. 7. No9ficazione alle PA: l’art. 144 comma I c.p.c. rinvia espressamente alle “disposizioni delle legge speciali che prescrivono la no<ficazione presso gli uffici dell’Avvocatura dello Stato”e dunque in par<colare all’art. 11 r.d. 1611/1933, in base al quale gli a? introdu?vi di giudizi promossi nei confron< di un’amministrazione dello Stato devono essere no<fica< all’amministrazione medesima, nella persona del ministro competente, 91 giovedì 20 febbraio 2020 “presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distre'o ha sede l’autorità giudiziaria innanzi alla quale è portata la causa”(l’Avvocatura generale qnd si tra? di ricorso x Cassazione);la medesima regola vale x gli altri a? processuali, incluse le sentenze, che devono essere no<fica< “presso l’ufficio dell’Avvocatura dello Stato nel cui distre'o ha sede l’autorità giudiziaria presso cui pende la causa o che ha pronunciato la sentenza”. L’Avvocatura dello Stato può considerarsi dunque domiciliata ria ex lege di tu'e le no<ficazioni formalmente dire'e ad amministrazioni dello Stato. L’art. 11 prevede la nullità, rilevabile anche d’ufficio, della no<ficazione che non sia stata eseguita presso la competente Avvocatura dello Stato:ma il vizio deve considerarsi sanabile con effe? retroa?vi o a'raverso la cos<tuzione in giudizio dell’amministrazione o a'raverso la rinnovazione della no<ficazione stessa. Qualora si tra? invece di altre PA,e cmq qnd non trovino applicazione le disposizioni sopra descri'e, le no<fiche si eseguono dire'amente ,presso l’amministrazione des<nataria, a chi la rappresenta nel luogo in cui si procede, mediante consegna di una copia dell’a'o, nella sede dell’ufficio, al <tolare o ad una delle altre persone indicate nell’art. 145. 8. No9ficazione a sogge; diversi dalla persona fisica: l’art. 145 c.p.c. prevede che la no<ficazione alle persone giuridiche, alle società prive di personalità giuridica, alle associazioni non riconosciute e ai comita< si esegua, di regola, nella loro sede mediante consegna della copia “al rappresentante o alla persona incaricata di ricevere le no<ficazioni o, in mancanza, ad altra persona adde'a alla sede stessa ovvero al por<ere dello stabile in cui è la sede”. Se poi nell’a'o da no<ficare sono indicate le generalità(nonché la residenza, il domicilio e la dimora)della persona fisica cui compete la rappresentanza dell’ente, possono liberamente u<lizzarsi anche le modalità contemplate dagli ar'. 138-139-141. In subordine, qualora nessuna di tali modalità risul< pra<cabile, l’art. 145 consente di eseguire la no<fica, al rappresentante dell’ente nomina<vamente indicato nell’a'o, “a norma degli ar'. 140 e 143”(ossia con le formalità previste x le ipotesi in cui, tra'andosi di no<ficare ad una persona fisica, non sia possibile effe'uare materialmente la consegna presso la residenza, domicilio o dimora, oppure ques< ul<mi siano semplicemente igno<). In caso non sia neanche concretamente individuabile la persona fisica cui compete la rappresentanza dell’ente, bisogna supporre che la no<fica possa effe'uarsi anche presso la sede dell’ente. 9. No9ficazione a mezzo del servizio postale: essa è disciplinata dall’art. 149 c.p.c. e, molto più anali<camente, dalla legge 890/198. Ha sempre incontrato il favore del legislatore, in considerazione del rido?ssimo impegno che essa richiede all’ufficiale giudiziario:ciò spiega perchè qst’ul<mo, quando si avvale del servizio postale, non incontra alcuna limitazione territoriale. Un tempo vi erano remore circa la sua u<lizzazione in qnt aveva come inconveniente quello, legato ai possibili disservizi postali, di non offrire alcuna certezza circa il tempo occorrente x l’esecuzione della no<fica: oggi, l’art. 149 prevede che tale no<fica si perfezioni, x il sogge'o no<ficante, “fin dal momento della consegna del plico all’ufficiale giudiziario”. Il ricorso a qst forma di no<ficazione è obbligatorio, x l’ufficiale giudiziario, qnt agli a? da no<ficare fuori del comune in cui ha sede il proprio ufficio, e facolta<va negli altri casi:a meno che non sia la parte a chiedere espressamente, ovvero sia l’autorità giudiziaria a disporre, che la no<fica sia eseguita di persona(art. 1 legge 890/1982). Le incombenze dell’ufficiale giudiziario si riducono, in qst procedimento, alla scri'ura della relazione di no<ficazione, in cui dev’essere menzionato l’ufficio postale a'raverso il quale avviene la spedizione della copia, e alla presentazione a tale ufficio della copia dell’a'o da no<ficare, in una busta chiusa sulla quale vengono appos<, oltre alle indicazioni concernen< il 92 giovedì 20 febbraio 2020 • Nullità formali: riguardan< un vizio di forma in senso lato, comprensivo dunque della forma- contenuto e dei presuppos<(anche temporali)richies< x il suo compimento; • Nullità extra-formali: tu'e deriva< da un dife'o di legi?mazione in senso ampio del sogge'o da cui promana l’a'o(dife'o che potrebbe inerire, ad es.,alla capacità della parte o al potere rappresenta<vo del difensore) La disciplina codicis<ca delle nullità, risultante (limitatamente ai profili generali)dagli ar'. 156 ss. c.p.c. parrebbe prendere in considerazione essenzialmente le nullità formali, ma i principi in essa racchiusi sono in larga misura ada'abili anche a quelle non formali:tanto+che lo stesso legislatore, nell’art. 158, fa espresso riferimento ad una nullità(quella derivate da vizi di cos<tuzione del giudice)che ha natura extra-formale. I principi in materia di nullità L’art. 156 c.p.c.,rubricato “rilevanza della nullità”,stabilisce che: 1. Comma I: “Non può essere pronunciata la nullità x inosservanza di forme di alcun a'o del processo, se la nullità non è comminata dalla legge”. Qst significa che le fa?specie di nullità sono in linea di principio tassa<ve e circoscri'e alle ipotesi in cui il legislatore ha espressamente previsto che dalla mancanza di un determinato requisito scaturisca la nullità dell’a'o. In ogni altro caso invece, il vizio sarà(sempre in linea di principio)mo<vo di mera irregolarità, emendabile a'raverso l’inizia<va delle par< o dello stesso giudice(vedi ad es. l’art. 182 comma I circa l’irregolarità di a? e documen<). Il principio di tassa<vità appena descri'o subisce tu'avia 2 rilevan< deroghe, di segno opposto fra loro, nei 2 commi successivi dell’art. 156. 2. Comma II: “può tu?avia essere pronunciata qnd l’a?o manca dei requisi3 formali indispensabili x il raggiungimento dello scopo”. Si consente quindi che la nullità sia pronunciata qnd il vizio, pur non essendo espressamente contemplato dalla legge come mo<vo di nullità, consista nella mancanza di requisi< formali indispensabili x il raggiungimento dello scopo dell’a'o. In qst casi, si tra'a di stabilire quale sia lo scopo dell’a'o, inteso come funzione che esso ogge?vamente svolge nel processo(ad es.,la no<ficazione serve a portare un determinato a'o nella conoscenza legale del des<natario),x poi verificare, con un giudizio ex ante, se l’elemento che manca sia o meno essenziale x il conseguimento di tale scopo. 3. Comma III: “La nullità non può mai essere pronunciata se l’a?o ha raggiunto lo scopo a cui è des3nato”. Tale comma opera quindi in un senso diametralmente opposto al comma II, escludendo che la nullità, pur prevista dalla legge, possa mai essere pronunciata qnd l’a'o ha realizzato l’obie?vo cui era preordinato all’interno del processo:è la cd. sanatoria x la convalidazione ogge?va(così, ad es.,la nullità di una no<ficazione resta superata qnd il des<natario della stessa ponga in essere un’a?vità processuale che presuppone necessariamente la conoscenza integrale dell’a'o irritualmente no<ficato). L’insieme di tali principi deve ritenersi applicabile alle sole nullità formali, giacchè il dife'o di legi?mazione del sogge'o che pone in essere un a'o processuale non può non incidere in ogni caso ,invece, sull’efficacia e sulla validità dell’a'o, sebbene la legge non abbia 95 giovedì 20 febbraio 2020 espressamente previsto che il vizio(non formale)sia causa di nullità. Per quel che concerne il regime di rilevabilità e sanatoria della nullità, l’art. 157 comma I c.p.c. stabilisce che la nullità è di regola rela<va, ossia è pronunciabile solo su istanza di parte, se la legge non dispone che sia pronunciata d’ufficio. Legi?mata a tale istanza non è una parte qualunque bensì soltanto quella nel cui interesse è stabilito il requisito dalla cui mancanza deriva la nullità, apparendo del tu'o logico che essa sia l’unica a potersi dolere del vizio; a condizione che lo faccia “nella prima istanza o difesa successiva all’a'o o alla no<fica di esso”(art. 157 comma II). In mancanza di tempes<va eccezione infa?, la nullità rimarrebbe defini<vamente sanata(in qst caso si parla di convalidazione sogge?va, poiché deriva dall’inerzia della parte legi?mata al rilievo del vizio). A norma dell’art. 157 comma III inoltre, la nullità non può mai essere fa'a valere dalla parte che vi abbia dato causa né da quella che, seppure tacitamente, abbia rinunciato ad eccepirla. Per nullità assoluta si intende quella che può essere pronunciata d’ufficio dal giudice. Dalla le'era dell’art. 157 comma I, parrebbe ricavarsi che il rilievo d’ufficio è consen<to solo qnd la legge espressamente lo preveda; in realtà però, deve amme'ersi che in qlc caso esso discenda dalla natura stessa del vizio:ciò vale in par<colare x le nullità che incidano sulla regolarità del contraddi'orio(se l’art. 101, infa?, impedisce al giudice di decidere qnd la parte contro la quale la domanda è proposta “non è stata regolarmente citata e non è comparsa”,se ne deve dedurre, pur qnd manchi una disposizione ad hoc, che i vizi del contraddi'orio sono normalmente rilevabili d’ufficio, almeno fino a qnd il contraddi'orio stesso non sia stato regolarizzato). Per quel che concerne i limi< temporali entro cui può essere dichiarata una nullità assoluta, non sembra possibile indicare una regola generale:in alcuni casi il legislatore amme'e che essa venga rilevata in ogni stato e grado del processo(è il caso dell’art 37 rela<vo al dife'o di giurisdizione),mentre in molte altre ipotesi si limita a discorrere di rilevabilità d’ufficio senza altra precisazione:e allora sarà l’interprete a dover verificare se un determinato vizio esaurisca o meno le proprie conseguenze nega<ve all’interno del grado del processo in cui si è prodo'o. Quel che è certo, è che anche le nullità assolute divengono irrilevan< col passaggio in giudicato della sentenza che abbia definito il processo. Le conseguenze della nullità La circostanza che gli a? processuali siano normalmente tra loro concatena<, fa sì che spesso la nullità di un determinato a'o si trasme'a ad altri a? e infine alla stessa decisione. Il principio fondamentale, qnt all’ “estensione”della nullità, è quello formulato nell’art. 159 comma I c.p.c.: “La nullità di un a'o non importa quella degli a? preceden<, né di quelli successivi che ne sono indipenden<”. Da ciò si desume, in posi<vo, che essa si propaga ai soli a? successivi dipenden< dall’a'o nullo(a quelli cioè sui quali l’a'o nullo può aver concretamente influito). Se poi il giudice rileva(su istanza di parte o, laddove gli sia consen<to, d’ufficio)una nullità, è tenuto a disporre, qnd sia possibile, la rinnovazione non soltanto dell’a'o nullo, ma pure degli altri a? cui la nullità si estende(art. 162 comma I c.p.c.):ciò al fine di evitare che essa si riverberi sulla decisione, che inevitabilmente dipende dagli a? che la precedono(a meno che non si tra? di a? provvis< di una propria autonomia funzionale). Qst disposizione è assai importante giacchè sta a dimostrare che il rilievo di una nullità, di regola, non può mai condurre di x sé alla definizione del processo in rito(ossia, ad una pronuncia cd. di absolu<o ab instan<a),ma deve sempre porsi come obie?vo la riparazione del vizio, a'raverso la ripe<zione degli a? invalidamente compiu<. Deve ritenersi che l’inciso “qnd sia possibile”si 96 giovedì 20 febbraio 2020 riferisca non ad eventuali termini di decadenza già scadu<, bensì alle sole ipotesi in cui la rinnovazione non sarebbe materialmente+possibile(si pensi ad es. al caso in cui fosse andato nel fra'empo distru'o il bene sul quale era stata compiuta un’ispezione giudiziale). Le uniche deroghe devono amme'ersi qnd la nullità riguardi un a'o d’impulso del processo(ad es.,quello introdu?vo)ed il vizio non sia sanabile, oppure sia cmq spirato il termine u<le x la sua sanatoria. Il legislatore ha stabilito anche, in applicazione del principio u<le x inu<le non vi<atur: 1. Che la nullità di una parte di un a'o(evidentemente complesso)non colpisce le altre par< che ne siano indipenden<(art. 159 comma II); 2. Che,laddove il vizio impedisca un determinato effe'o dell’a'o,qst’ul<mo può tu'avia produrre gli altri effe? ai quali sia idoneo(art. 159 comma III). L’invalidità delle sentenze ed il principio di conversione dei mo9vi di nullità in mo9vi di impugnazione Il provvedimento del giudice, solitamente la sentenza, può essere nullo tanto x vizi propri, formali o non formali(ad es., rispe?vamente, alla sentenza priva della mo<vazione e a quella resa dal giudice incompetente)qnt x vizi di a? ad essa anteriori dai quali dipende(ossia, x estensione della nullità ai sensi dell’art. 159 comma I). In relazione ad entrambe le ipotesi, l’art. 161 comma I c.p.c.,seppure con riferimento alle sole sentenze, enuncia che: “La nullità delle sentenze sogge'e ad appello o a ricorso x Cassazione può essere fa'a valere soltanto nei limi< e secondo le regole proprie di qst mezzi di impugnazione”:è qst il principio noto come conversione dei mo<vi di nullità in mo<vi di impugnazione(altrimen< de'o principio di assorbimento dell’invalidità nell’impugnazione). Il significato dell’art. 161 comma I è appunto che la nullità della sentenza non è deducibile a'raverso rimedi ad hoc, bensì può essere fa'a valere, al pari di ogni altro possibile vizio della decisione, a'raverso le impugnazioni ordinarie, rispe'ando i limi<(anche temporali)e le regole proprie di qst ul<me. In concreto, ciò significa che, una volta che siano scadu< i termini x l’impugnazione ordinaria e che pertanto la sentenza sia passata in giudicato, nessuna nullità, ancorchè assoluta, è+rilevabile: sicchè può anche affermarsi che il giudicato opera come la+potente e generale forma di sanatoria delle nullità e che, nell’ambito del processo, anche la nullità assoluta viene tra'ata come mera annullabilità. Secondo l’opinione prevalente, il principio ora considerato ha una portata ancora+vasta e generale di qnt potrebbe desumersi dalla formulazione dell’art. 161 dovendosi esso estendere: • Tanto alle sentenze non sogge'e né ad appello né a ricorso x Cassazione(che oggi si iden<ficano con le sole sentenze rese dalla Corte Suprema, essendo tu'e le altre sogge'e almeno a ricorso x Cassazione, ai sensi dell’art. 111 comma VII Cost.) • Quanto agli altri provvedimen< del giudice, nel senso che anche la nullità dell’ordinanza o del decreto(nei casi in cui tale sia la forma del provvedimento che definisce il processo)può essere dedo'a solo a'raverso le impugnazioni o cmq i rimedi espressamente accorda< dal legislatore(in mancanza dei quali il vizio rimarrebbe irrilevante) 97
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