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Riassuntu Pragmatica Cognitiva, Appunti di Psicologia Generale

Riassunto del libro Pragmatica cognitiva

Tipologia: Appunti

2015/2016

Caricato il 28/12/2016

Tales_Of.Nerds
Tales_Of.Nerds 🇮🇹

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Scarica Riassuntu Pragmatica Cognitiva e più Appunti in PDF di Psicologia Generale solo su Docsity! Pragmatica cognitiva 1. TASSONOMIA DELLA COMUNICAZIONE La pragmatica cognitiva è lo studio degli stati mentali delle persone impegnate in un'attività comunicativa. Requisiti perché si possa parlare di comunicazione: 1. Almeno due attori. 2. Il significato globale dell'interazione è concordato tra i partecipanti (gioco comportamentale). 3. Gli agenti devono esplicitare la propria intenzione consapevole di partecipare all'interazione. Ci sono intenzioni inconsce, ma non intenzioni comunicative inconsce. 4. Il messaggio deve contrastare l'entropia crescente e costituire un cambiamento perché sia recepito. Interazione sociale Avviene ogni volta che 2+ persone entrano in una situazione di reciproco scambio. Comunanza spaziale, temporale o entrambe. 1. Estrazione di informazione. a) un indicatore (cue) è un attributo sempre attivo (on) collegato al fenotipo, da cui gli altri animali possono inferire qualcosa. b) un segno (sign) è un parametro, separato dall'organismo, che può assumere diversi valori. Le tracce lasciate da un elefante. c) un segnale (signal) è un atto comunicativo rivolto ad altri animali. Può essere (on/off), comporta un costo, può essere mostrato direttamente o essere separato dall'individuo. 2. Comunicazione umana. Intenzionale e simbolica. a) messaggio extralinguistico b) messaggio linguistico Teoria di Shannon. Il bit è la quantità di informazione necessaria per distinguere tra due alternative equiprobabili. Il contenuto informativo di un messaggio corrisponde al logaritmo in base 2 del numero di alternative possibili. La quantità di informazione in un messaggio è misurata dal logaritmo negativo in base 2 della probabilità del messaggio. Il valore delle varie componenti di un messaggio è legato alla loro novità. Il messaggio è un campione estratto da un insieme statistico di messaggi generabili da una sorgente, e il suo contenuto di informazione è legato alla probabilità che venga emesso dalla sorgente stessa. Il messaggio contiente tanta più informazione quanto più è improbabile. Perché non applicabile alla com.umana: 1. Perché questa è quantitativa 2. Non tiene conto degli adattamenti reciproci tra interlocutori (modello a pacco postale) Bateson (1972) si pose in un'ottica di ecologia globale: elaborare una teoria generale della comunicazione valida per tutti i sistemi, viventi e non. Bateson allarga il concetto di comunicazione alla "comunicazione ostensiva" in cui ogni gesto, intenzionale o non, diventa comunicativo. La scuola di Palo Alto ha ripreso Bateson con il famigerato assioma: "non si può non comunicare". Manca la distinzione tra comunicazione ed estrazione di informazione. In quest'ultimo caso si parla di significato naturale (Grice). Solo l'autore della comunicazione sa se la com. è intenzionale o meno. Grice. A vuole dire che q, mediante un enunciato x, se A intende: 1. Enunciando x, provocare una certa reazione nell'ascoltatore B (che B creda che A pensi che q) 2. Che B riconosca, almeno in parte dall'enunciazione di x, che A intende provocare questa reazione 3. Che il conformarsi all'intenzione menzionata in 2 sia almeno in parte la ragione per cui B si conforma all'intenzione menzionata in 1. Nella com.umana linguistico, paralinguistico ed extralinguistico sono costantemente mescolati. Atto comunicativo. Qualunque azione, linguistica e non, che è intesa come comunicativa dall'attore ed è riconosciuta come comunicativa dal partner. Paralinguistico. Quell'aspetto della comunicazione che ne modifica il significato in modo tipicamente emozionale, spesso non consapevole, ma congruente ai fini dell'interazione. La struttura paralinguistica più importante è la prosodia. Permanenza/impermanenza. E' permanente un atto comunicativo che si prolunga oltre la durata strettamente necessaria per la sua emissione. Una distinzione graduale. Differenze principali tra comunicazione scritta e parlata: il mezzo acustico, un contesto extralinguistico comune e la copresenza di parlante e interlocutore. Relevance theory (teoria della pertinenza) Basata sul principio cognitivo: "La cognizione umana tende a essere correlata con la memorizzazione della pertinenza". Da cui deriva il principio comunicativo: "Ogni atto di comunicazione ostensiva comunica la presunzione della propria pertinenza ottimale". Con il fatto di comunicare si afferma la presunzione di avere qualcosa di pertinente da comunicare. Un atto comunicativo è costruito in modo da attirare l'attenzione e ridurre lo sforzo cognitivo della comprensione. Per giustificare il principio di pertinenza è necessario postulare l'esistenza di una logica mentale. Dunque la teoria cade con il prevalere della teoria dei modelli mentali. La teoria ha il merito di aver evidenziato l'importanza dell'apparato inferenziale. Com. linguistica Consiste nell'uso comunicativo di un sistema di simboli. Il linguaggio è scomponibile in contenuti significativi autonomi. La com. extralinguistico consiste nell'uso comunicativo di un insieme di simboli. Il linguaggio è un insieme di sintassi, semantica e pragmatica. Differenza essenziale tra semantica e pragmatica: "Cosa vuol dire x?" di contro a "Cosa vuoi dire con x?". E poi la distinzione tra frase ed enunciato. Com extralinguistica Gesti non verbali usati con intenzione comunicativa. Si svolge tra due estremi: Segnale convenzionale. Modo di agire culturalmente stabile, riconoscibile da tutti i membri di quella cultura, portatore di un significato autonomo, comprensibile indipendentemente dal contesto. Segnale non convenzionale. Un'azione completamente inscritta nei circuiti cerebrali per quanto riguarda modalità espressiva e possibilità di riconoscimento. Attivano una doppia reazione: la prima legata a meccanismi di risposta automatici, la seconda legata al significato simbolico del segnale (es. carezza). Dunque nella com extralinguistica, prima c'è la reazione automatica, e dopo l'interpretazione simbolica. Nella com. linguistica, l'eventuale reazione fisiologica avviene dopo l'interpretazione simbolica. Anche i segnali extralinguistici possono essere permanenti o impermanenti; questi ultimi sono divisi tra azioni focalizzate sul corpo degli agenti e azioni focalizzate sull'ambiente. [N.P: Analizzare la validità del concetto di intenzionalità e la sua inevitabile sfumatura]. La differenza tra linguistico ed extralinguistico è un processo, non un dato. I due tipi di comunicazione sono diversi per il modo in cui elaborano i dati, indipendentemente da come i dati sono codificati. Lo stesso input si presta dunque a un'analisi linguistica ed extralinguistica. Differenze tra comunicazione linguistica e extra-linguistica La comunicazione linguistica è definita come l'uso comunicativo di un sistema di simboli assemblati in un linguaggio composizionale. Sintassi arbitraria, produttiva e composizionale. La composizionalità determina: 1. Sistematicità. Le frasi non sono arbitrariamente componibili. Chi comprende determinate frasi, è in grado di comprendere e generare un numero infinito di frasi analoghe. 2. Produttività. La competenza linguistica permette di generare e comprendere un numero infinito di costrutti linguistici. 3. Displacement. La referenza spazio-temporale può essere differente rispetto al discorso. La comunicazione extralinguistica è non composizionale, fatta di parti e non dii costituenti. Blocchi molecolari dotati di significato intrinseco. Carratteristiche: 1. Associabilità. Il significato di una sequenza di atti extralinguistici è dato per associazione semplice fra i diversi simboli elementari. Cambiando l'ordine degli atti il significato resta lo stesso. 2. Produttività limitata. Virtualmente la produttività sarebbe illimitata, ma nella pratica essa incontra spesso come ostacolo la capacità di memoria e la potenza dei meccanismi di apprendimento. I segnali extralinguistici si limitano dunque a poche centinaia. 3. Dislocazione irrealizzabile. I singoli gesti con significato pre-concordato sono un caso particolare di linguaggio. Giochi comportamentali Competenza comunicativa: caratteristica generale della mente umana. Giochi comportamentali: schemi stereotipati di interazione che danno senso pragmatico agli enunciati. Chiamiamo gioco comportamentale tra x e y un piano d'azione condiviso da x e y. La condivisione di conoscenza legata al gioco comportamentale può essere sia tacita sia esplicita. I piani sono alberi di intenzioni. I giochi comportamentali comprendono anche le condizioni di validità, che specificano le condizioni in cui il gioco può essere giocato (tempo e luogo). Inoltre un gioco è giocabile solo se la relazione fra i partecipanti lo permette. Una relazione è l'insieme di giochi comportamentali giocabili tra due persone. E' possibile, ma non necessario, che gli attori possiedano una rappresentazione esplicita del gioco. Il gioco è uno schema da impararsi, contrattabile e rifiutabile. Non è innato. Classificazione per estensione: 1. Giochi culturali 2. Giochi di gruppo 3. Giochi di coppia Condizioni per giocare: a) che il gioco sia giocabile, b) che si sia motivati a farlo. Condizioni di validità: 1. Tempo. 2. Luogo. 3. Altre. Mosse di gioco Garantite le condizioni di validità, un gioco dev'essere contrattato e poi svolto fino alla naturale conclusione. Apertura (bidding). Atto comunicativo che menzioni il gioco stesso. I giocatori riconfermano periodicamente il significato da attribuire alle loro azioni. Spesso viene contrattata anche la chiusura, e ci si deve mettere d'accordo almeno sulla correttezza delle procedure. Mossa. Vincolare il meno possibile gli attori a un'unica modalità di esecuzione. Rottura. L'attore che si ritira è sottoposto a una sanzione proporzionale all'importanza che il gioco ha per la comunità. Fallimento di conoscenza. L'attore non sa cosa ci si attende, ed esegue una mossa sbagliata o fuori luogo. Relazione fra giocatori La relazione è definita dal tipo di giochi che due persone mutualmente riconoscono come giocabili. I giochi mutualmente conosciuti, e quelli mutualmente giocabili, sono definiti dai gruppi di appartenenza. Bateson ha riconosciuto che la comunicazione avviene a due livelli: uno su cui viaggia il contenuto informativo specifico, e uno su cui viaggia il messaggio relazionale. La relazione è uno degli elementi primari che vengono presi in considerazione per stabilire se una proposta di gioco è accettabile o meno. INTERAZIONI LIBERE Non sempre possono svilupparsi i giochi comportamentali. A volte vi sono giochi comuni, ma manca l'intenzione di attivarli. Altre volte gli attori possono non avere uno schema comune di comportamento a cui riferirsi. Perché si dia un'interazione libera, l'attività di cooperazione non deve essere stereotipata. Pianificazione congiunta. I giochi sono inventati direttamente dagli attori. A volte si può discutere e disegnare un gioco al metalivello. I giochi si formano lentamente, per raggiungere una stabilità notevole e una pesante resistenza al cambiamento. E' più facile sostituire un gioco con un altro piuttosto che modificarlo. Evoluzione del gioco. Inizia con il format (Bruner, 1983) precursore dei giochi comportamentali. Ambiente di sviluppo del linguaggio e veicolo culturale per imparare le regole implicite della cultura. I format sono strutture stereotipe di comportamento, idealizzati e strettamente definiti. Sono idealizzati perché sono costitutivi e autosufficienti. Sono convenzionali e non naturali. Hanno una struttura profonda (far scomparire e riapparire un oggetto) che deve restare rigida, e una struttura superficiale (legata alle condizioni effettive di esecuzione) da variare per creare sorpresa. Il format prevede che il bambino colga e rispetti l'alternanza dei turni. I ruoli sono intercambiabili. Focalizza l'attenzione su una sequenza ordinata di eventi. GIOCO CONVERSAZIONALE Insieme di compiti che ciascun partecipante alla conversazione deve eseguire in una data sequenza. In ciascuna fase il compito associato è eseguito grazie a una serie di regole base. L'intero gioco è un insieme di metaregole che definiscono il compito di ciascuna fase. La metaregola detta ciò che dev'essere fatto sia nel caso in cui il compito sia stato eseguito, sia nel caso contrario. Il gioco conversazionale genera il dialogo, che è una sequenza di atti linguistici. La struttura globale determina il flusso della conversazione, e organizza il concatenarsi delle frasi del dialogo in sequenze. La struttura locale del dialogo è costituita dall'alternanza dei turni. Ciascun turno può essere composto da più atti linguistici, tutti collegati coerentemente. La struttura globale dei dialoghi deriva dalla mutua conoscenza di un piano d'azione. Dunque non deriva da regole linguistiche, ma da giochi comportamentali. Il gioco comportamentale gestisce l'interazione nella sua globalità, il gioco conversazionale si occupa di uno sviluppo locale armonico del dialogo. 4. GENERAZIONE E COMPRENSIONE DI ATTI COMUNICATIVI L'attrice A produce un enunciato per il partner B. Cinque fasi nei processi mentali di B: 1. Atto espressivo. Lo stato mentale espresso da A è ricostruito da B. 2. Significato inteso dal parlante. B ricostruisce le intenzioni comunicative di A. 3. Effetto comunicativo: a) attribuzione: B attribuisce ad A stati mentali privati b) aggiustamento: gli stati mentali di B relativi al dominio del discorso possono essere modificati in conseguenza dell'enunciato di A 4. Reazione. B produce le intenzioni che comunicherà nella risposta. 5. Risposta. B realizza concretamente una risposta comunicativa. Se una di queste fasi fallisce, si va direttamente alla fase 4. 1. Riconoscimento dell'atto espressivo. A esprime al partner B lo stato mentale s. Riconoscere l'atto espressivo dell'attore. Principali forze illocutorie letterali: assertive, interrogative e direttive. Distinti dagli atti performativi (vi dichiaro marito e moglie). Eseguire atti illocutori che fa parte di un ben definito gioco comportamentale: enunciato del gioco. La frase "piacere di conoscerla" ha un ruolo nel gioco comportamentale, ma non esprime alcuno stato mentale. Viceversa, per esprimere il proprio stato mentale, bisogna evitare enunciati standardizzati. Le dichiarazioni non sono considerate comunicazione: a) perché si fondano su complesse procedure istituzionali e b) perché sono efficaci anche se il partner non le comprende ("ti ordino di lasciare la città"). 2. Significato inteso dal parlante. a) le inferenze sono effettuate all'interno dello spazio delle credenze condivise b) il punto di partenza è il significato letterale riconosciuto c) il risultato è il riconoscimento delle intenzioni comunicative dell'autore d) per una piena comprensione del contenuto comunicativo dell'enunciato, è necessario identificare il gioco comportamentale, riferito esplicitamente o implicitamente Si può affermare che l'attore comunica solo ciò che può essere derivato dal significato letterale del suo enunciato, attraverso inferenze che siano conversazionalmente pertinenti e rilevanti. Secondo Bara & al. la pertinenza deve essere definita nei termini delle strutture cognitive specifiche della comunicazione. L'enunciato è eseguito come: 1. Mossa di gioco 2. Offerta di gioco Atti linguistici indiretti. Esprimere un atto illocutorio primario attraverso un altro atto illocutorio letterale. "E' meglio se mi telefoni tu". Ugualmente la risposta "Senz'altro" è un atto linguistico indiretto inteso come promessa di telefonare. Come faccio a comprendere questi atti? Per la pragmatica cognitiva, una volta identificato il gioco, inferire la mossa che l'attore sta chiedendo non presenta maggiore difficoltà per gli atti illocutori indiretti rispetto a quelli diretti. Dato un qualunque enunciato, si tratta di risalire al gioco di riferimento. Gli indiretti semplici rimandano direttamente al gioco, gli indiretti complessi necessitano che l'interlocutore effettui una serie di inferenze prima di collegare l'enunciato a una specifica mossa nel gioco comportamentale. In tutte le culture gli interlocutori distinguono il gioco sottostante dalla forma degli enunciati e agiscono di conseguenza. 3. Effetto comunicativo La cooperazione richiede che il partner elabori tutte le intenzioni comunicate da A, prendendo posizione su ciascuna di esse. B deve decidere se accettare o meno di partecipare al gioco proposto da A. L'effetto comunicativo è l'insieme di tutti gli stati mentali acquisiti o modificati in conseguenza delle intenzioni comunicative espresse dall'attore. E' necessario che questi stati mentali siano causati dall'intenzione comunicativa: il fatto che qualcuno mi chieda una data cosa dev'essere una delle ragioni per cui lo faccio. Qui non si tratta più di riconoscimento (che avviene nello spazio condiviso) ma su conoscenza privata e motivazioni individuali. Capire che A mi chiede un prestito è questione di conoscenza sociale e linguistica condivisa; decidere se concederlo è una faccenda personale. Schema generale dell'effetto comunicativo: 1. L'input è l'insieme delle intenzioni comunicative dell'attore riconosciute dal partner. 2. L'output è l'insieme degli stati mentali del partner collegati ai tipi di intenzioni comunicative dell'attore. 3. Il processo è una catena inferenziale resa possibile da condizioni collaterali che possono essere stabilite dal partner sulla base sia delle sue conoscenze e motivazioni private, sia degli stati mentali da lui attribuiti all'attore. 2 processi: 1. Attribuzione. Il partner inferisce gli stati mentali privati dell'attore. 2. Aggiustamento. Gli stati mentali del partner relativi al dominio del discorso possono modificarsi in conseguenza dell'enunciato emesso dall'attore. Effetto ricercato dall'attore: che il partner condivida un gioco comportamentale; che il partner compia un'azione; che il partner condivida una credenza. 4. Relazione Produrre un'intenzione comunicativa che rappresenta l'input della fase di generazione della risposta. Deve includere informazioni riguardo agli effetti sulla mente del partner del tentato effetto comunicativo. Le regole di base cercando di evitare che un fallimento specifico venga interpretato come un rifiuto a giocare il gioco globale. La reazione è pianificata secondo 3 elementi: 1. Le intenzioni conversazionali definite dal metalivello 2. L'effetto comunicativo dell'atto linguistico prodotto dall'attore 3. Gli obiettivi privati che il partner intende raggiungere con la sua risposta Convincere l'altro che gli stati mentali sono stati condivisi. Generare intenzioni comunicative dirette verso l'attore, ed esprimerle in un'adeguata forma linguistica. 6. L'unico tratto distintivo del gioco conversazionale è l'intenzionalità comunicativa. 5. Risposta Input: intenzioni comunicative prodotte dalla fase di reazione. Output: generare una risposta effettiva. Due processi: il primo pianifica le espressioni di alcuni stati mentali in funzione delle intenzioni comunicative; il secondo realizza tali espressioni di stati mentali attraverso la rappresentazione di comportamenti linguistici ed extralinguistici. 6. Motivazione La motivazione è un generatore di intenzioni. E' una struttura a soglia: raggiunta la soglia minima di attivazione, genera una serie di intenzioni. In uno dei due agenti deve scattare un'autonoma motivazione che attivi l'intenzione di giocare quel determinato gioco con quel determinato partner. L'intenzione generata deve poi vincere la competizione con altre intenzioni nel sistema. SE 1. Le condizioni di validità del gioco proposto sono verificate 2. B è in grado di giocare il gioco G 3. B considera A un partner accettable per il gioco G 4. Lo stato interno di B è compatibile con lo svolgimento del gioco ALLORA: La motivazione di B genera l'intenzione di giocare G con A. sei volte quello dei mammiferi. In particolare è la corteccia cerebrale che accresce il suo volume. Ma l'incremento non è puramente quantitativo; si accompagna a una riorganizzazione funzionale della micro-architettura. Bara cerca di dimostrare che l'uomo moderno ha una capacità intellettuale oltre 200 volte superiore a quella di uno scimpanzé. In sostanza, la riorganizzazione cerebrale spinge la cerescita del cervello verso rapporti moltiplicativi, non semplicemente addittivi. Questo è dovuto al fatto che oltre al crescere delle singole capacità cognitive, cresce anche la capacità di gestire e integrare le nuove aggiunte. Sviluppo cerebrale ed evoluzione del linguaggio Alla nascita il cervello è molto immaturo e molto plastico. Ai 24 mesi abbiamo il 150 % di sinapsi, e a 4 anni il picco metabolico a livello cerebrale. Dopo quest'anno inizia il declino. Ipotesi della continuità linguistica (Piaget). Il linguaggio si sviluppa senza salti dalla capacità extralinguistica e motoria. Ipotesi della discontinuità linguistica (Chomsky). Al linguaggio non può essere applicato il principio di selezione naturale. Il linguaggio non si è evoluto, ma è arrivato di colpo come sistema completo. Pinker e altri criticano Chomsky, affermando che il protolinguaggio sarebbe l'anello intermedio per la comunicazione sintattica. Simile al pidgin, presente già nell'Homo erectus, ed evolutivamente vantaggioso di per sé. Ipotesi della continuità extralinguistica e della discontinuità linguistica. I primati possiedono caratteristiche simili alla comunicazione umana non verbale: a) gradualità del segnale (segni non discreti) b) scarso bisogno di apprendimento c) capacità informativa alta per stati interni, bassa per il mondo d) controllo volontario incompleto e) mancanza di produttività f) impossibilità di dislocazione nello spazio-tempo Ipotesi della discontinuità cognitiva. La neocorteccia incrementa enormemente l'intelligenza generale, rendendo le capacità comunicative umane non più compatibili con quelle di altri primati. A quel punto le micromutazioni che favoriscono il linguaggio vengono mantenute. La crescita del linguaggio favorisce la crescita del pensiero e viceversa. I processi cognitivi bilanciano l'emergere del linguaggio con le capacità interattive extra-linguistiche ereditate dai mammiferi. In seguito la capacità linguistica e quella manuale concorrono nel creare strutture linguistiche permanenti (scrittura). I tre salti qualitativi sono dunque: cognitivo, linguistico e culturale. I giochi comportamentali sono basati sulla dislocazione spazio-temporale, e quindi necessitano di linguaggio simbolico (Homo sapiens). L'emergere della competenza comunicativa La competenza comunicativa si sviluppa sul binario linguistico ed extralinguistico. Collocati in aree cerebrali differenti; hanno una maturazione non contemporanea. Le competenze extralinguistiche giungono a maturazione tra il 2° e il 3° anno. La competenza linguistica inizia a maturare dopo il primo anno e si stabilizza dopo i 2 anni. Continua a maturare oltre i 10 anni. Non c'è nessuna prova che le strutture linguisticeh abbiano precursori motori o comunicativi extralinguistici. Le strutture linguistica ed extralinguistica, pur essendo entrambe finalizzate all comunicazione, e pur essendo entrambe modellate dalle stesse forze sociali e culturali, hanno un'indipendenza di origine. Evoluzione convergente. Primitive della comunicazione La teoria è che il bambino possieda una competenza pragmatica innata che si esprime prima in via extralinguistica, e poi per via linguistica. Attenzione comune. Entro l'anno i bambini sviluppano pienamente l'attenzione condivisa. Intenzionalità comunicativa. La madre attribuisce sempre intenzionalità come-se al bambino. I bambini di età inferiore a 12 mesi esprimono sequenzialmente la duplice informazione: che manifestano le proprie intenzioni, e che le stanno comunicando. La richiesta è la prima intenzione comunicativa ad emergere. Poi compaiono gli assertivi. Poi l'olofrase, atti linguistici primitivi che rimandano a un gioco comportamentale. Stadi dell'intenzione comunicativa (Camaioni): a) il bambino usa l'adulto come mezzo per arrivare all'oggetto b) il bambino usa l'adulto come agente per arrivare all'oggetto c) il bambino usa l'oggetto come mezzo per interagire con l'adulto Conoscenza condivisa. E' innato. Se questa primitiva dovesse essere gestita da catene logiche, non apparirebbe prima dei 12-13 anni. Teoria della mente. Innata. Si sviluppa pienamente tra i 3-5 anni. Cooperazione. Le norme di cooperazione sono culturali e vanno apprese. L'unica ecezione è il rispetto del turno. Dipendenza dal contesto. Dai 18 mesi in poi il bambino può utilizzare modalità paralinguistiche nei contesti appropriati. Non solo i genitori si adattano al linguaggio del bambino (baby talk) ma i bambini regolano il loro linguaggio a seconda dell'interlocutore (aduto o bambino più piccolo). Fra i 3 e i 5 anni i bambini iniziano i giochi di ruolo, pieno sviluppo dell'imitazione e della teoria mentale. Lo sviluppo della comunicazione si basa sullo sviluppo parallelo della comprensione letterale dell'atto comunicativo, e della conoscenza dei giochi comportamentali. In questo senso gli atti semplici (mosse convenzionali che rimandano direttamente a un gioco) sono molto più facilmente comprensibili degli atti complessi, che richiedono catene inferenziali. Assunti teorici di Bara, Bosco et al: 1. Differenti atti linguistici semplici presentano la medesima difficoltà di comprensione 2. Atti comunicativi standard, sia semplici che complessi, sono più facili rispetto ad atti non standard (ironia e inganno) 3. Gradiente di difficoltà: atti semplici, atti complessi, ironia, comprensione dell'ingRelaanno, pianificazione dell'inganno. 4. Relazione stretta tra l'abilità a svolgere compiti pragmatici e l'abilità a risolvere compiti di teoria della mente. L'esperimento ha verificato questi assunti. A 1;7 anni i bambini comprendono le richieste indirette con la stessa facilità di quelle dirette. I bambini comprendono gli inganni semplici a partire dai 3;5 anni. Diventano bravi a ingannare intorno ai 7 anni. L'ironia è più difficile da riconoscere dell'inganno. Neuropragmatica Studio della correlazione tra processi mentali della comunicazione e aree cerebrali di cui quei processi sono funzione. Il linguaggio è normalmente situato nell'emisfero controlaterale alla mano dominante. Non c'è un modulo specifico per la pragmatica. Secondo Kasher, c'è una competenza pragmatica centrale, sintetica, fondata sulla cognizione in senso lato, e basta nell'emisfero destro; e una competenza pragmatica puramente linguistica, analitica, basata nell'emisfero sinistro. La competenza pragmatica centrale è diffusa su tutta la corteccia e richiede il concorso di tutte le capacità cognitive. I processi periferici sono localizzati e potrebbero essere selettivamente danneggiati, ma questo inficerebbe la prestazione e non la competenza. Il decadimento delle prestazioni pragmatiche può essere fisiologico, degenerativo e traumatico. Il decadimento fisiologico sembra toccare poco la competenza pragmatica, eccetto l'ironia. Il decadimento del morbo di Alzheimer segue il processo inverso a quello osservat onell'emergere della competenza comunicativa. Lesioni frontali. La pragmatica cognitiva prevede che i pazienti danneggiati diffusamente a livello frontale mostreranno difficoltà nel gioco comportamentale, ovvero nell'attivare inferenze specifiche quando lo svolgimento di default fallisce. Perciò dovrebbero avere minore difficoltà al livello base della comunicazione e maggiori ogni volta che si è in presenza di atti non standard (ironia e inganno). Gli esperimenti hanno confermato queste previsioni. Inoltre, togliendo il canale linguistico, i pazienti hanno più difficoltà, perché si appesantisce il carico inferenziale. Lesioni emisferiche sinistre. In caso di afasia il paziente sa cosa vuole dire ma non riesce a formularlo: il problema è al livello dell'esecuzione, mentre la pragmatica è gestita efficacemente, e può controllare altri canali linguistici. Neuropragmatica evolutiva La sovrabbondanza infantile di connessioni permette ai bambini di recuperarsi da lesioni che per gli adulti sono permanenti. L'intero cervello partecipa all'acquisizione del linguaggio, anche se certe aree sono più coinvolte. Autismo. Caratterizzato universalmente come difficoltà di dominio della pragmatica. Linguistico ed extra-linguistico sono limitati in egual misura. I bambini autistici non presentano gestualità comunicativa: attrarre l'attenzione su un punto di interesse. Una spiegazione che gli autistici abbiano un disturbo dell'attenzione che non gli consente di tenere contemporaneamente alla mente diversi stati di cose, o diversi stati mentali. A livello di competenza non hanno nessun problema, ma la competenza non si attiva per questo motivo. Aggirate le carenze attentive ed emotive, i bambini autistici non presentano prestazioni differenti nell'ambito della comunicazione! 7. PRAGMATICA CLINICA Comunicazione terapeutica. Gli atti linguistici del medico accompagnano e potenziano il fattore curante di tipo fisico. Il paziente deve mostrare acquisizione e compliance; il medico deve conquistarsi fiducia e rispetto. Inoltre i due devono concordare su ciò che verrà considerato guarigione o miglioramento. Modelli di comportamento del medico: 1. Paternalistico. Il medico si assume completa responsabilità. Rapporto direttivo. Non tiene conto delle intenzioni e della conoscenza del paziente. 2. Informativo. Il paziente stabilisce le mete e pianifica la terapia. 3. Interpretativo. Medico e paziente decidono insieme meta e passaggi. Responsabilità condivisa. Il paziente potrebbe affidarsi in toto alle decisioni del medico. 4. Deliberativo. Medico e paziente costruiscono il significato della malattia. La meta è che l'intervento medico realizzi i valori del paziente. Il medico può cercare di persuadere, mai di imporsi. Contesti specifici massimizzano l'importanza di un modello piuttosto che di un altro. Il medico deve indurre il paziente ad assumere il farmaco nel modo giusto. Deve gestire, ad esempio, gli effetti collaterali, con la possibilità di interpretarli come un segno di guarigione. L'efficacia soggettiva di un farmaco si misura, infine, dalla percezione della guarigione, sia da parte del medico che da parte del paziente. Psicoterapia Il terapeuta insegna un gioco comportamentale al paziente. Alleanza terapeutica: il paziente assume che il terapeuta agisce esclusivamente al fine del suo benessere. E' il vissuto la parte cruciale della terapia. Mostrare direttamente un tipo di verso di relazione. Il terapeuta spiega al paziente i suoi giochi e gliene fa sperimentare di nuovi. Il setting terapeutico come palestra emotiva. In seguito il paziente cerca di applicare i giochi che ha appreso nel mondo esterno. Per capire i giochi paziente e terapeuta devono impostare una metalettura del lavoro clinico. Sintomo come comunicazione Si può considerare un sintomo come una comunicazione dal paziente al terapeuta, che quest'ultimo è tenuto a comprendere e spiegare al paziente. Il sintomo è un comportamento stereotipato, rigido, incontrollabile, egodistonico, che attiva reazioni peculiari nelle altre persone. Quest'ultimo fattore determina il fattore di profezie auto-avverantesi dei sintomi. I sintomi non sono comunicazione perché manca la componente intenzionale. Ma lo psicoterapeuta, attraverso l'attribuzione di significato (interpretazione), attribuisce un carattere di piena intenzionalità comunicativa al comportamento del paziente. Aspetti dell'interpretazione: Contesto. Soltanto nel setting terapeutico il paziente concede al terapeuta il permesso di andare oltre le proprie intenzioni non deliberate. Solo qui si può parlare di interpretazione. Contenuto. L'interpretazione si applica a due ambiti: proposizionale (contenuto specifico dell'atto comunicativo) e
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