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Riforma Agricola in Russia: La Liberazione dei Contadini e la Terra, Guide, Progetti e Ricerche di Storia della Russia

Nel documento viene descritta la situazione dell'agricoltura in russia nel primo quarto del xix secolo e la successiva riforma agraria del 1861. La riforma, che aboliva la servitù della gleba, consentiva ai contadini di acquistare terre e di esercitare attività commerciali e industriali. Tuttavia, i contadini rimanevano vincolati ai proprietari terrieri attraverso obblighi onerosi. In dettaglio la condizione dei contadini dopo la riforma e le diverse forme di affitto che si svilupparono. Inoltre, vengono trattati i contrasti tra i sostenitori e gli avversari della proprietà comunitaria e le controversie tra i popolisti e i marxisti. La politica predatoria dello zarismo riaccese le insurrezioni contadine, che portarono a nuove riforme agrarie.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2018/2019

Caricato il 31/08/2021

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4.6

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Scarica Riforma Agricola in Russia: La Liberazione dei Contadini e la Terra e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Storia della Russia solo su Docsity! Riforma agricola Nella prima metà del XIX secolo la situazione dell’agricoltura russa versava in una condizione di degrado statico: il miglioramento poteva avvenire solo se progredivano i metodi di coltivazione dei contadini; ma in questi anni i progressi furono trascurabili (i contadini non erano in possesso delle credenziali per migliorare le colture e il governo non si prodigava per aiutarli). Il governo era interessato a far della Russia una grande potenza e nel mondo moderno si riteneva che uno Stato non potesse essere considerato una grande potenza a meno di essere industrializzato, pertanto gli interessi vertevano sull’industrializzazione (paradossalmente i contadini dovevano pagare tasse e tariffe doganali per aiutare il governo a favorire l'industria). In tutta la Russia vigeva il metodo della rotazione ternaria (così facendo si lasciava un terzo della terra arabile praticamente incolto). Il 19 febbraio 1861 Alessandro Il firmò gli atti legislativi sui “contadini usciti dalla condizione di dipendenza feudale” e, contemporaneamente, il Manifesto sull’abolizione della servitù della gleba. Poco tempo prima della loro approvazione, nel corso della discussione del progetto di riforma in seno al Consiglio di Stato, Alessandro Il aveva dichiarato: «Tutto ciò che era possibile fare per garantire i privilegi dei pomeSCiki (proprietari terrieri) è stato fatto». In effetti, la riforma non andava ad intaccare gli interessi dei latifondisti, pur privandoli del diritto di disporre della persona dei contadini, cioè di venderli o regalarli, mentre quest'ultimi, dal canto loro, ottenevano il diritto di acquistare a proprio nome beni immobili, di esercitare attività commerciali o industriali ecc. L'abolizione della dipendenza personale dei contadini dai pomeStiki, benché pagata a caro prezzo(il compenso per la “liberazione” personale fu di fatto incluso nell’ammontare complessivo che ai contadini fu imposto di pagare per il riscatto della terra), costituì un passo avanti senza il quale sarebbe stato impensabile qualsiasi sviluppo progressivo del paese. Ciononostante le riforme degli anni ‘60 lasciarono i contadini in uno stato di miseria, d’oppressione, d’ignoranza e sottomissione ai proprietari terrieri feudali in tutti i campi del sociale. La riforma del 19 febbraio partiva dal presupposto che il diritto di proprietà sulla totalità della terra appartenesse ai pomeSciki e, sebbene ai contadini fosse concessa in usufrutto permanente una determinata estensione di terra coltivabile, costoro, in cambio di questi appezzamenti (nadeli),dovevano assolvere servigi assai gravosi sotto forma di otrabotki(prestazioni di lavoro gratuite obbligatorie) o di obrok (imposta in denaro), rimanendo nella condizione giuridica di “temporaneamente vincolati”. Solo dopo la stipulazione col pomestik del contratto di riscatto della terra aveva termine la condizione di dipendenza temporanea dei contadini (con l’avvio del procedimento di riscatto, il diritto d’uso della terra diventava diritto di proprietà). Tuttavia, il contratto di riscatto poteva essere stipulato se vi era il consenso del proprietario terriero, che aveva il potere di ritardarne la stipula ad libitum, nonché d’imporre condizioni di riscatto molto onerose. Di conseguenza, ancora vent'anni dopo la riforma del 1861, quasi un settimo dei contadini - ex servi della gleba di proprietà dei pomeSCiki- benché “giuridicamente liberi”, erano strozzati da obblighi capestro. Intorno al 1880 il totale delle terre in mano ai contadini ammontava a circa i due terzi della terra arabile. Ma ciò non era sufficiente a coprire le necessità dei contadini (terra o mezzi di sostentamento) considerando anche il fattore della sovrappopolazione, pertanto una delle soluzioni adottate dai contadini fu quella di prendere in affitto le terre dei proprietari nobili: la richiesta di terre tendeva progressivamente a far lievitare il prezzo degli affitti, e i contadini erano costretti a spremere dal suolo fin l’ultima libbra di raccolto con in mezzi primitivi di cui disponevano. Vi erano diversi tipi di affittanze: i contadini pagavano talvolta in contanti talvolta con parte del raccolto (fittavoli poveri) e spesso sembrava che fra questo sistema dell'affitto in lavoro (otraboténaja sistema) e il vecchio sistema della barstina al tempo della servitù della gleba non vi fosse differenza; un altro metodo di pagamento era adoperato dai contadini poveri e consisteva nel dare in affitto tutta la terra ad un vicino più ricco andando a vivere come salariati nell’agricoltura o nell’industria; l’altro metodo consisteva nel prendere in affitto ampi appezzamenti di terra dai proprietari e coltivarli assieme ai loro cospicui poderi. Negli anni ‘90 e all’inizio del ‘900 la Banca contadina e la Banca dei nobili - già fondate negli anni ‘80 - svilupparono una vivace attività. La Banca dei nobili veniva in soccorso dei pomeStiki concedendo loro crediti a bassi interessi, mentre la Banca contadina, intervenendo come intermediario nelle vendite fondiarie, consentiva ai proprietari terrieri di ottenere condizioni più vantaggiose. Verso la fine del secolo riemersero le controversie tra i fautori e gli avversari della proprietà comunitaria: populisti e funzionari del Ministero dell'Interno erano favorevoli (con la comune si assicurava la terra a tutti i suoi membri ed era una sorta di garanzia contro la formazione del proletariato) mentre i marxisti e funzionari delle Finanze erano avversi (si avrebbe avuto un progresso solamente sostenendo l'iniziativa individuale del contadino. La politica predatrice dell’autocrazia zarista non fece altro che riaccendere in modo
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