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Risposte domande sulle CROCIATE - esame STORIA MEDIEVALE I A (prof. Antonio Musarra), Sintesi del corso di Storia Medievale

In questo documento troverai TUTTE le risposte alle domande che il prof. Musarra fa all'esame; in particolare, quelle sulla parte riguardante il suo libro (Le crociate. L'idea, la storia, il mito). Le risposte sono sintetiche ma dettagliate, utilissime da tenere sott'occhio mentre si ripete o mentre si studia il libro. Le risposte fanno riferimento SOLO alla parte dell'esame sulle crociate; quelle relative al manuale di storia medievale le trovate sempre qui sul mio profilo. Buona fortuna per l'esame! =)

Tipologia: Sintesi del corso

2023/2024

In vendita dal 24/01/2024

Federico2604
Federico2604 🇮🇹

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Scarica Risposte domande sulle CROCIATE - esame STORIA MEDIEVALE I A (prof. Antonio Musarra) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! DOMANDE ESAME STORIA MEDIEVALE (LIBRO SULLE CROCIATE) Prof. Antonio Musarra 1) Definisci il concetto di crociata; dai delle definizioni Con il termine “crociata” si intendono le guerre volute dal papato, volte ad allargare il nome cristiano e tramutatesi poi, fra XIV e XVIII secolo, in guerre di difesa dal pericolo turco. La crociata nasce come “pellegrinaggio armato in Terrasanta” con lo scopo di riconquistare la città di Gerusalemme, ma non fu raro che la guerra venisse rivolta anche ad eretici, pagani, scismatici o nemici politici del papato. Queste guerre secondarie venivano giustificate come propedeutiche alla crociata da condursi contro gli infedeli. Non si può però parlare di “guerra santa”, in quanto nessuno osò mai santificare una guerra. Si tratta quindi di guerre legittime, ma mai sante. 2) Spiega la distinzione tra crociata-movimento e crociata-istituzione 1) Crociata-movimento Fu costituita dal complesso di miti e rappresentazioni strettamente legato alla pratica della “peregrinatio” e all’idea di redenzione, che sedusse per lungo tempo il laicato cristiano, affiancandosi alla “crociata-istituzione” tesa a disciplinarne le caratteristiche. La prima crociata si era configurata tanto come “iter”, viaggio militare volto alla difesa dei cristiani orientali, quanto come “peregrinatio” penitenziale verso i luoghi santi, assumendo le forme del pellegrinaggio armato. 2) Crociata-istituzione Tale concettualizzazione, presente negli scritti di Urbano II, avrebbe favorito l’inserimento del primo “iter” gerosolimitano nel quadro di una vera e propria “teologia della storia”. La conquista di Gerusalemme nel 1099, e l’instaurarsi di un regno in quel luogo, concorsero ulteriormente a canonizzare l’idea. Nonostante ciò, per lungo tempo la crociata rimase un oggetto informe, privo di nome e malleabile, legato più alla pratica che alla teoria. Inizialmente il papato si preoccupò solamente di disciplinarne la pratica: prendere la croce significava combattere in nome della Chiesa, dopo aver pronunciato un voto, cui erano annesse determinate indulgenze, in caso di adempimento, o sanzioni, in caso contrario. Urbano II si occupò anche di imporre una limitazione alle partenze indiscriminate, ma nonostante ciò la “crociata popolare” rimase a lungo pratica comune. 3) Spiega la distinzione tra crux cismarina e crux transmarina Con il termine “crux transmarina” si intende una crociata condotta al di là del mare, in Terrasanta, mentre con quello di “crux cismarina” si intende una spedizione (nei confini europei) volta a contrastare i nemici politici e religiosi del papato (e della cristianità in generale).. Attorno alla crociata si concentrarono gli sforzi di teologi e canonisti, volti a definire l’apparato dei voti e delle decime, oltre che a giustificare l’idea stessa di una guerra condotta contro gli infedeli. Fra i primi a promuovere una riflessione in merito vi fu Innocenzo III, ma bisognerà attendere l’Apparatus di Innocenzo IV per giungere a una elaborazione canonistica. Secondo lui, non era possibile convertire con la forza gli infedeli: la crociata era legittima perché tutte le “res sanctae” appartenevano a Dio e a questi erano state sottratte. I saraceni inoltre si erano macchiati di profonde ingiustizie ed erano ostinati a professare la loro religione pagana: per questo l’uso della forza contro di loro era giustificato. Una posizione simile fu presa dal cardinale Ostiense, secondo il quale, avendo la Chiesa il diritto di governare sulla comunità universale, ogni crociata diveniva lecita in quanto obbligava gli infedeli a riconoscerne la sovranità. Egli ammetteva inoltre la possibilità di agire militarmente anche contro eretici e scismatici, rei di una colpa ancora più grave dei saraceni, in quanto capaci di dividere la Cristianità stessa. Spettava quindi alla chiesa stabilire di volta in volta gli obiettivi della crociata. Ciò giustificò il bando di crociate contro lo scismatico imperatore di Costantinopoli, gli eretici (catari), i pagani, molteplici oppositori politici (come Federico II) e famiglie poco gradite al papa (tipo i Colonna). Ogni operazione volta a difendere l’integrità della chiesa o ad ampliare i confini della “Christianitas” iniziò così ad essere presentata come completamento dell’iter gerosolimitano e la “crux cismarina” si rivelò quanto mai necessaria per permettere alla “crux transmarina” di svolgersi correttamente. Secondo la costituzione “Excommunicamus” (Gregorio IX), fra i testi basilari della legislazione crociata, coloro che si fossero armati per lo sterminio degli eretici avrebbero goduto delle stesse indulgenze e dei privilegi concessi a chi si recava in soccorso della Terrasanta. Di conseguenza la crociata iniziò ad assumere i caratteri di una macchinosa operazione politica ed economica, funzionale all’affermazione teocratica del papato stesso. La Terrasanta poteva essere sostituita con una meta più urgente, mantenendo gli stessi privilegi spirituali e temporali. Era possibile anche riscattare il voto versando alla Chiesa una certa quantità di denaro tramite il quale finanziare la partenza di un combattente. 4) Descrivi la differenza tra passagium generale e passagium particulare A partire dalla terza crociata, e nel corso del 1200, la crociata conobbe un crescente moto di pianificazione evidente in molti campi, a partire dal mezzo scelto per la sua conduzione: la “navis”. Ciò facilitava il trasporto delle ingenti truppe necessarie a sostenere le spedizioni. A tale urgenza andò legandosi la necessità di pianificazione che spinse il papato, deciso a sostituirsi ai principi nella guida dell’operazione, a richiedere consigli in forma scritta presso chi conosceva direttamente la situazione orientale. Un trattato domenicano sosteneva inoltre che non si dovesse riporre speranza in una conversione degli infedeli e che fosse necessario inviare in Terrasanta un esercito permanente. Altri vedevano il fallimento delle imprese precedenti come conseguenza dei peccati della cristianità, puntando il dito sulla brama di potere degli ordini militari e sull’inefficienza dell’esercito e al contempo venivano condannati gli abusi connessi alla raccolta delle decime e alla pratica del riscatto del voto crociato tramite versamenti in denaro. Si può supporre che tali predicazioni, oltre a puntare l’attenzione sulla necessità di difendere la cristianità, possedessero un forte carattere penitenziale, centrato sull’imitazione delle sofferenze di Cristo. L’incremento dell’attività predicatoria avrebbe spinto all’elaborazione di sermoni e di veri e propri trattati di predicazione, tesi a delineare la figura del crociato ideale. In tali testi la crociata è descritta nei termini di una guerra legittima, che risulta inserita nel novero delle attività penitenziali, tramite le quali era possibile stabilire un rapporto speciale con l’Altissimo: il crociato era legato a Dio da obblighi feudali, in cambio dei quali riceveva l’indulgenza. I predicatori fornivano anche considerazioni in merito alla logistica di ciascuna spedizione, senza però perdere di vista l’inquadramento e l’obiettivo: la realizzazione di una nuova “societas Christiana”. 9) Parla del finanziamento delle crociate Per rendere possibili nuove spedizioni iniziò un’opera di affinamento dei mezzi necessari per garantirne economicamente la realizzazione. L’organizzazione del viaggio era infatti molto costosa. Si rese quindi necessario tesaurizzare le risorse, ad esempio persuadendo il cristiano in punto di morte a destinare parte dei beni all’organizzazione di una crociata in suffragio della propria anima e a sconto dei propri peccati. Nel 1147 Luigi VII ricorse ad un prelievo apposito imposto ai propri sudditi, sia ecclesiastici che laici, volto esplicitamente a sostenere la partenza della seconda crociata. Allo stesso tempo, per finanziare la spedizione iberica, i genovesi procedettero ad appaltare alcune gabelle. Nel 1166 Enrico II impose un tributo in tutta l’Inghilterra, in previsione di una nuova spedizione, istituendo un’imposta del 10% sui redditi e sui beni immobili. A raccogliere il denaro era il clero locale, che faceva riferimento al vescovo. Chi avesse voluto partecipare alla spedizione poteva evitare il pagamento. Fu la Chiesa a muoversi perché tale pratica divenisse comune, imponendo nei decenni a venire la cosiddetta “decima apostolica”. Nel 1199 Innocenzo III impose la prima tassazione diretta sui redditi del clero: un prelievo di un quarantesimo, mutato poi in un trentesimo. Il quarto concilio lateranense pose le basi affinché il prelievo divenisse regolare e socialmente accettato, grazie all’efficienza della macchina propagandistica papale. 10) Parla del ruolo delle masse La crociata mantenne sempre un elemento fondamentale, anche quando alle spedizioni prenderanno parte per lo più mercenari e eserciti di professione: la capacità di colpire l’immaginario, di sovvertire il quotidiano, di convogliare verso un obiettivo comune il desiderio delle masse di partecipare alla scrittura della storia. La crociata fu soprattutto un fattore di aggregazione, di unità e di definizione fra i più carismatici che la Cristianità abbia mai conosciuto. Lo straordinario esordio della prima crociata rappresentò un momento di svolta per il laicato cristiano: per la prima volta le masse si fanno protagoniste, segnando uno spartiacque nella storia dell’Europa. Esse prendono coscienza della propria unità, associandosi nel compimento di un’impresa comune. L’aspirazione del pellegrino e il desiderio del “miles” di mettersi al servizio della Chiesa trovano nella crociata uno sbocco comune. 11) Parla del rapporto tra idee cristiane e guerra L’origine del connubio fra guerra e religione è stata variamente ricercata dagli storici nel cristianesimo marziale di matrice bizantina, in quello sacrale dell’età carolingia e, più in generale, nell’affermazione di un Cristianesimo d’impronta vetero-testamentaria, particolarmente consono all’universo alto-medievale, la cui società era fondamentalmente guerriera. La riflessione circa la liceità per il battezzato di imbracciare le armi risale agli albori dell’era cristiana. Quando, fra II e V secolo, la funzione degli eserciti romani si fece anzitutto difensiva, non fu troppo arduo conciliare la fede cristiana e il suo possente anelito alla pace con il servizio militare. Un gran numero di cristiani popolava i ranghi legionari, ma parte della cristianità del tempo si trovava a disagio nell’esercizio delle armi. A partire dal tempo di Costantino, la diffusione della fede cristiana avrebbe favorito un progressivo mutamento d’opinione in merito alla guerra. In particolare a seguito dell’editto di Tessalonica, iniziò a farsi strada l’idea per cui, giacché l’imperatore era cristiano, combattere per lui era da ritenersi moralmente lecito, col fine di contribuire al mantenimento dell’ordine che Dio aveva impresso alla società. Nel frattempo si andò delineando la possibilità che l’astensione dal sangue fosse una prerogativa solo di chi era deputato ai mestieri divini e di chi aveva scelto la vita monastica; agli altri spettava la difesa dell’impero e della Chiesa. 12) Parla di Sant’Agostino e del concetto di «bellum iustum» Tra IV e V secolo si iniziò a riflettere sistematicamente sulla guerra, in particolare, sul concetto di “bellum iustum”, ereditato da Aristotele (ne aveva discusso nella “Politica”). Secondo il filosofo ateniese, imbracciare le armi non doveva essere fine a sé stesso: era lecito in caso di difesa o per prevenire l’asservimento della cosa pubblica, ma anche per conquistare un impero e asservire quelle popolazioni meritevoli di schiavitù, oltre che in vista della pace. Tali istanze furono riprese da Agostino d’Ippona che, al principio del V secolo, sottolineando la minaccia apportata dai “barbari” all’impero e dagli eretici alla Chiesa, giustificava il ricorso alle armi, anche se in determinate condizioni. La guerra era senza dubbio un male, ma talvolta era un male necessario, volto a evitare una sventura maggiore o a riparare un’ingiustizia. Lo “iustum bellum” rientrava nelle attività legittimate direttamente da Dio, anche se a certe condizioni. Una guerra poteva ritenersi “legale” se dichiarata dall’autorità del “princeps”. Queste istanze furono ampiamente riprese dalla tradizione canonistica successiva: nella prima metà del Duecento si sarebbe ribadita la necessità che fossero i laici a imbracciare le armi, sotto l’autorità del “princeps” e della Chiesa e che la guerra fosse indirizzata a recuperare beni sottratti, a difendersi da un’aggressione o a ripristinare la pace. Il contributo più importante sarebbe giunto da Tommaso d’Aquino: autorità legittima, giusta causa e retta intenzione dovevano guidare il cristiano e la guerra, benché rimanesse frutto del peccato, poteva volgersi in promotrice di virtù, fino a trasfigurarsi in un vero e proprio atto di carità, se combattuta a vantaggio delle vittime di un’ingiustizia. 13) Parla dell’incontro latino germanico e la sacralizzazione del guerriero; Carlo Magno 1) Commistione tra cultura germanica e religione cristiana Un elemento rilevante, capace di fornire alla società cristiana una spinta decisiva verso la sacralizzazione stessa della guerra, era stato fornito dalla progressiva integrazione tra romani e barbari fra III e VI secolo, che aveva costretto le Chiese a confrontarsi con una mentalità nuova, prettamente bellica. I germani riservavano alla guerra un posto peculiare, ammantandola di tratti sacrali. La conversione al Cristianesimo portò i germani a un lento processo di acculturazione, che si accostò al tentativo di cristianizzare pratiche e costumi. 2) Il contributo dei franchi Il connubio fra universo germanico e mondo cristiano aveva caratterizzato particolarmente la Gallia dei franchi: era già evidente al tempo dei Merovingi e, a maggior ragione, con i Pipinidi e i Carolingi. Con questi ultimi era andata sviluppandosi una stretta alleanza, cementata dalla riproposizione, sotto Carlo Magno, dell’impero di Roma nella sua “facies” cristiana. La "renovatio imperii” aveva accresciuto il valore dell’idea di una guerra legalizzata, proclamata da un’autorità legittimata a farlo, il cui volere rispecchiava quello divino. La figura dell’imperatore, da questo momento in poi, aveva iniziato ad assolvere a un duplice compito: difendere l’impero e la sua Chiesa. La Chiesa però non avrebbe mai teorizzato la liceità di tali guerre. L’idea di remissione dei peccati è un elemento nuovo, che si affermò in particolare nell’Europa post-carolingia a seguito di un lungo processo, e che giunse a maturazione nel clima di incertezza e frammentazione caratteristico del periodo. 14) La difesa delle chiese Nel X secolo saraceni, ungari e normanni colpivano principalmente i monasteri, nei quali si concentrava il grado maggiore di ricchezza e il livello minore di difesa. tempo i riformatori inaugurarono una politica assai rigida dal punto di vista dogmatico: la stessa a cui è da imputare lo scisma del 1054 con la chiesa d’Oriente. la “lotta per le investiture”, di cui fu protagonista papa Gregorio VII. 18) Parla del ruolo dei normanni La riforma della Chiesa creò una netta divisione tra clero e laicato, e la superiorità del primo sul secondo. L’“ordo” clericale si era ormai istituzionalizzato e modellato su forme di impronta monastica. Gli altri corpi della società costituivano funzioni accessorie, ma necessarie per il mantenimento dell’ordine sociale. Al clero spettava il completo monopolio del sacro, ma il papato necessitava di braccia armate. Bisognava trovare quindi il modo di legare a sé le masnade cavalleresche, uniche a poter sostenere il conflitto con l’impero. Fu papa Leone IX ad agire per primo in questo senso, definendo martiri i caduti nella battaglia di Civitate, combattuta nel 1053 contro i normanni nel meridione italico. Qualche tempo dopo Bonizone, vescovo di Sutri, annovererà chi aveva combattuto in difesa del papato fra i santi. Nel 1090 Bruno di Segni, abate di Montecassino li apostroferà con l’espressione di “Christi milites”. Concedendo il “vexillum Sancti Petri” a Guglielmo di Normandia, agli Altavilla, ai principi castigliani e aragonesi e alla flotta pisano-genovese, i papi legittimavano degli atti di sopraffazione. Il complesso movimento di riforma si tradusse per numerosi “milites” in un’occasione di “conversio”, ottenibile senza abbandonare le armi. Ben presto i papi si resero conto di poter fare affidamento sui normanni, la cui fedeltà era acquistabile tramite la legittimazione delle loro conquiste. Fra di loro sarebbero emerse le due famiglie degli Altavilla e dei Drengot. Nel 1052, preoccupato per i progressi da loro effettuati, papa Leone IX rivolse a Enrico III (imperatore) per ottenere un aiuto militare, che arrivò in misura ridotta. L’anno successivo, confidando nel sostegno di alcuni principi longobardi, Leone IX in persona si mise alla testa di un esercito, con lo scopo di affrontare in battaglia le arcate normanne. I normanni riportarono una netta vittoria a Civitate, riuscendo a catturare lo stesso papa che, nel corso dei mesi di prigionia, comprese che valeva la pena di allearsi con quella grande potenza. Leone riconobbe quindi il dominio normanno nel meridione, ricevendo in cambio dagli Altavilla l’impegno a proteggere la Chiesa e a recuperare i “regalia Sancti Petri” in Puglia e Basilicata. 19) Pre-crociate? Civitate, Barbastro, Al-Mahdia I decenni a cavallo fra l’XI e il XII secolo videro l’instaurarsi di tre regni, frutto di conquista: quello d’Inghilterra, quello di Gerusalemme e quello di Sicilia. Nel pensiero di Urbano II il completamento dell’occupazione della Sicilia da parte dei normanni si lega al dinamismo dei potentati cristiani nella penisola iberica e alla spedizione in Oriente, conclusasi con la conquista di Gerusalemme. Diversi storici hanno letto nella conquista della Sicilia (battaglia di Civitate) da parte dei normanni, così come in alcuni episodi della conquista cristiana del suolo iberico, come l’assedio di Barbastro nel 1064, sostenuto da papa Alessandro II, e in determinate azioni pisano genovesi condotte fra tirreno e le coste africane, con particolare riguardo alla presa di al-Mahdiyya nel 1087, delle “pre-crociate”. In realtà non si può parlare di crociate dell’XI secolo: esistevano i “crucesegnati”, ma dietro le loro spedizioni vi era più che altro la volontà di affermare le proprie prerogative. Non siamo davanti a guerre di religione, come dimostrano le alleanze trasversali stipulate fra cristiani e saraceni in più di un’occasione. Il carattere di tali imprese deriva piuttosto dall’inquadramento papale: si delinea uno scontro frontale fra mondi mediterranei confinanti, patrocinate dal papa. 20) Parla di Urbano II: pensieri e viaggi Il legame fra il papato riformatore e l’universo normanno avrà un ruolo importante nel definire l’orizzonte di senso di Urbano II. Originario di Chatillon, egli apparteneva a una modesta famiglia di milites. Tra 1079 e 1080 l’abate lo inviò a Roma a fronte della richiesta di Gregorio VII di circondarsi di consiglieri per essere coadiuvato nella propria opera riformatrice. Entrato nelle grazie del papa, fu nominato da quest’ultimo cardinale vescovo di Ostia. La morte di Gregorio VII nel 1085 era stata seguita dall’elezione di Vittore III, che scomparve poco dopo la salita al soglio pontificio. Ciò favorì la nomina e l’elezione di Urbano II. Una volta eletto il nuovo papa era riuscito a rientrare a Roma, costretto però a stare sull’isola tiberina. Urbano pensò così di rivolgersi ai normanni, spostandosi nel meridione e investì Ruggero, figlio del Guiscardo, del titolo di duca di Puglia e Calabria. Il papa concesse al clero greco-meridionale di conservare il proprio rito, in cambio del riconoscimento della propria autorità. In breve tempo, forte del sostegno di personalità importanti, il papa guadagnò ampi consensi, continuando ad affermare i principi della riforma in diversi concili. Compì poi altri due viaggi nel meridione e iniziò a guardare all’Italia settentrionale, favorito dalla rottura fra Enrico IV e il figlio Corrado. Nel 1093 Urbano II rientrò a Roma, del Laterano impadronendosi l’anno successivo. Nell’estate del 1094 intraprese un lungo viaggio in “longobardiam”: sostò a Pisa, a Pistoia, a Firenze, a Cremona, a Piacenza, dove in un concilio condannò nuovamente prelati simoniaci e nicolaisti e accolse alcuni messi di Alessio Comneno, richiedenti aiuto per contrastare i turchi. In seguito tornò a Cremona, ricevendo l’omaggio di Corrado, poi sostò a Milano e ad Asti. Poi passò in Francia, dove lanciò il bando del concilio di Clermont (1095), nel corso del quale oltre a confermare la scomunica di Filippo I re di Francia, proclamò l’iter che l’avrebbe reso celebre. Nel corso dell’assise furono riconfermati i canoni riguardanti la disciplina del clero e le investiture, interdicendo a tutti i chierici di prestare omaggio ai laici. A ciò si accompagnò l’invito a intraprendere una “peregrinatio” armata in Oriente. Le tappe del viaggio di ritorno in Italia risultato molto importanti: il 9 settembre Urbano si trovava ad Asti; sostò poi a Pavia, incitando chi avesse potuto a prendere la croce per guadagnare le indulgenze promesse; si trovò poi a Milano, dove pronunciò un sermone riguardante gli stessi temi. L’iter orientale si andava rivelando un valido strumento per affermare l’autorità papale. Bisognava però assicurarsi che lo schieramento riformatore non rimanesse troppo sguarnito: il papa si incontrò a Lucca con le schiere franco-normanne, procedendo alla volta di Roma, da cui erano stati scacciati i seguaci di Clemente III. Nel gennaio del 1097 Urbano celebrò un concilio in Laterano, tornando ad occuparsi dell’iter in corso. In una lettera inviata al clero di Lucca è contenuto un accenno alla decisione del papa di disporsi personalmente a partire per la Terrasanta. Sarebbe poi tornato sulla spedizione in un nuovo concilio nel 1099. Urbano non farà in tempo a godere dei risultati della sua predicazione, in quanto morì il 29 luglio dello stesso anno, poco dopo la presa di Gerusalemme. 21) Spiega cosa si intende per “crociata dei pauperes” Urbano II ebbe l’effetto di mobilitare decine di migliaia di persone. Si trattava di “milites” e di ingenti masse di “pauperes” (“poveri”, “cittadini comuni”). Si trattava di un messaggio profondamente evocativo, cui diede ascolto parte del cavalierato e la turba agitata delle masse. Al seguito chierici e agitatori religiosi sensibili alla causa del papato riformatore. L'iter dei grandi sarebbe stato preceduto dalla “peregrinatio” dei piccoli, i “pauperes”. Ad accompagnarli vi era un grande gruppo di cavalieri appartenenti alla nobiltà minore, decisi ad ergersi a paladini dell’inesperta marmaglia per guadagnarsi gloria e onore. 22) Prima crociata: da Antiochia a Gerusalemme Le schiere raggiunsero presto Costantinopoli, causando preoccupazione alla corte imperiale, soprattutto dopo i disordini creati dai “pauperes”. Non era disciplinato il comportamento delle schiere, come non erano chiare le loro intenzioni. Il “basileus” Alessio Comneno li colmò di onori e doni, facendo intendere di considerarli al proprio servizio, costringendoli a prestargli omaggio tramite un giuramento di fedeltà che prevedeva la restituzione delle terre eventualmente conquistate, un tempo appartenute all’impero. Non tutti accolsero favorevolmente la proposta, come ad esempio Goffredo di Buglione. Anche i normanni erano divisi nel tentativo di ricucire i rapporti con l’imperatore. Dopo varie vittorie della cavalleria pesante europea e la conquista di Nicea si fece chiaro il fatto che si dovesse puntare su Antiochia, nonostante i rifornimenti divenissero sempre più complessi da fornire. L’assedio della città si rivelò difficoltoso. Il mancato aiuto bizantino alle truppe assedianti segnò la fine di ogni possibilità di riconciliazione fra le parti. La disfatta degli eserciti nemici sembrò a molti un miracolo: la carica frontale della cavalleria europea si rivelò devastante. La strada per Gerusalemme sembrava ormai spianata, ma iniziarono a sorgere rivalità fra i principi e i baroni presenti. Nel 1099 i crociati scorsero in lontananza Gerusalemme, in mano ai fatimidi egiziani; iniziò così l’assedio della città. Dopo una serie di combattimenti si riuscirono ad oltrepassare le mura e la città cadde nel giro di poche ore. 23) Parla del ruolo delle città marinare e dei lombardi durante la prima crociata La diocesi lombarda necessitava di pacificazione, a seguito delle lotte fra la pataria e i suoi molti avversari. L’arcivescovo Anselmo IV partì nel 1100 alla testa di diverse migliaia di “crucesignati” dall’area padana. Nel marzo 1101 la schiera giunse a Costantinopoli, dove si diede alle solite violenze; giungendo addirittura ad assaltare il palazzo imperiale. Alessio li traghettò quindi al di là del Bosforo e si accamparono a Nicomedia. Decisero quindi di Saladino al Cairo si assicurò la lealtà dei mamelucchi, e alla morte del califfo si appropriò dei suoi beni. In pochi anni il Saladino sarebbe riuscito a imporsi sul dinamismo crociato. La battaglia di Hattin (1187) segnò un vero e proprio punto di svolta, svelando tutte le debolezze del regno. Il Saladino marciò così alla volta di Acri, consegnata senza combattere, ed occupò altre piazzeforti, incontrando una debole resistenza. L’intera fascia costiera, a eccezione di Tripoli e Tiro, era ormai in mano musulmana. Gerusalemme fu posta poi sotto assedio. Per la resa i cavalieri del Tempio e gli Ospedalieri furono costretti a sborsare cifre ingenti. Il Saladino si comportò con liberalità nelle terre conquistate, ordinandone la parziale liberazione. La notizia della caduta di Gerusalemme arrivò in Occidente poco prima della morte di papa Urbano III. Il primo atto del suo successore, Gregorio VIII, fu l’emanazione della bolla “Audita tremendi”, con cui si bandiva una nuova spedizione. Il primo a rispondere all’appello fu Guglielmo II, re di Sicilia, che inviò una flotta Oltremare, ma che aumentò solamente la confusione. Poi Inghilterra e Francia si decisero a prendere la croce, scegliendo la via marittima. Risolti alcuni contrasti interni alle truppe crociate, esse ripresero il mare. La spedizione iniziò quindi nel peggiore dei modi. 28) La terza crociata 1) Casus belli Battaglia di hattin, conquista di Gerusalemme da parte di Saladino 2) La terza crociata Le rivalità influenzarono la conduzione dell’assedio: le operazioni belliche ne risultarono rallentate. Mancava a questo punto solo Federico Barbarossa, che aveva preso la croce nel 1188. Egli durante la marcia alla volta di Acri, morì. La crociata tedesca poteva dirsi così conclusa. Nel frattempo l’assedio di Acri procedeva senza sosta. La città fu eletta capitale del “Secondo Regno”. Riccardo Cuor di Leone non voleva venir meno all’impegno preso di riconquistare Gerusalemme: cercò quindi di negoziare con Saladino, ma il fallimento delle trattative lo portò a muoversi da Acri per raggiungere Giaffa, e poi assalire Gerusalemme penetrando nell’interno. Nel corso del tragitto le truppe di Riccardo subirono numerose incursioni da parte della cavalleria musulmana. Il sovrano decise quindi di cambiare strategia, ordinando a tutto l’esercito di caricare compatto. La misura risultò vincente e la vittoria riaccese gli animi dell’esercito, che poté raggiungere Giaffa. Saladino pensò a questo punto di passare dalle armi alla diplomazia. Riccardo pretese la restituzione di Gerusalemme, ma la proposta fu rifiutata. Il sovrano poi, preoccupato per le notizie che giungevano dall’Inghilterra, convocò un concilio nel quale annunciò ai baroni che sarebbe presto ripartito, lasciando in Terrasanta un congruo contingente. Alcuni messi firmarono in vece di Riccardo una tregua di tre anni: Gerusalemme sarebbe rimasta in mano musulmana, ma i cristiani avrebbero potuto visitarla liberamente. Riccardo fece quindi ritorno in Europa. Il Saladino poté presentarsi come il vero vincitore, avendo riconquistato Gerusalemme e avendo lasciato i principati franchi fortemente debilitati. 29) Parla della quarta crociata La quarta crociata nacque proprio allo scopo di porre rimedio al fallimento della precedente. Fu Innocenzo III a richiedere una nuova spedizione che riportasse Gerusalemme in mani cristiane. La spedizione si sarebbe però tramutata in una questione del tutto veneziana. Da tempo la fratture tra Venezia e Costantinopoli erano evidenti: i veneziani furono anche cacciati da Costantinopoli. La capitale bizantina aveva concesso a Venezia, in cambio dell’aiuto prestato per contrastare i normanni, tre crisobolle (bolle d'oro bizantine) che reintegravano i veneziani del loro quartiere e rinsaldavano i vincoli reciproci. Il nuovo imperatore decretò l’interruzione dei pagamenti pattuiti e la concessione di favori ai genovesi . Questi elementi avrebbero avuto un ruolo importante nell’accettazione da parte di Venezia della proposta di partecipare a una nuova crociata. Nel 1201 il nuovo comandante firmò un contratto con il doge veneziano per il trasporto di armi e pellegrini, in cambio del diritto di incamerare la metà esatta di ogni conquista o del profitto derivato dalla spedizione. Il doge stesso prese la croce. Giunti nei pressi di Zara, il doge propose ai crociati di pagare parte del debito aiutandolo a sottomettere l’Isola, recentemente ribellatasi alla sua autorità. Il sacco di una città di sede romana provocò l’indignazione del papa, che scomunicò i veneziani, ma non i crociati, per non compromettere la spedizione. Proprio a Zara l’esercito fu raggiunto dal principe bizantino. Egli chiese aiuto ai crociati per sconfiggere l’usurpatore promettendo in cambio del denaro e la riunione delle Chiese. I crociati giunsero a Costantinopoli, riuscendo a restaurare sul trono l’imperatore deposto. La permanenza latina in città provocò però la sollevazione di parte della cittadinanza. I crociati risposero dando fuoco alla città, sottoposta a un duro saccheggio, e imponendo sul trono un imperatore latino. Ebbe così inizio la vicenda dell’impero latino d’Oriente: le terre imperiali furono spartite. Un terzo andò al nuovo sovrano, e gli altri due rispettivamente a crociati e veneziani. L’intera carta del Mediterraneo ne risultò rivoluzionata, tra veneziani e genovesi fu subito guerra. 30) Parla della quinta crociata Nel corso del ‘200 l’obiettivo principale della “crux transmarina” fu la conquista dell’Egitto. Alla morte del Saladino avevano preso il sopravvento le ragioni del commercio: tra il 1215 e il 1216, alla vigilia della quinta crociata, potevano contarsi in Egitto circa tremila cristiani occidentali, impegnati in attività commerciali. Nel 1211 procedettero all’estensione della tregua in corso per ulteriori sei anni. Nel frattempo in Occidente Innocenzo III era tornato a chiedere con insistenza il recupero di Gerusalemme. La spedizione fu progettata nel 1213 e avrebbe avuto come obiettivo principale la conquista del cuore del dominio Ayyubide: l’Egitto. Non si sarebbe trattato di tenere testa a eserciti ingenti, quanto piuttosto di contrastare arrivi discontinui, sottoposti a un comando frammentario. Un manipolo di crociati sbarcò ad Acri nel 1217. Poco dopo gli eserciti ripresero la strada di casa, senza aver concluso nulla. Ben presto però fu chiaro che l’obiettivo principale era l’Egitto. Venne ordinato di abbattere le mura di Gerusalemme, così da rendere la città indifendibile in caso fosse caduta in mani latine. Questo fatto è da connettersi con la richiesta di una tregua che comprendeva la cessione ai franchi della Città Santa. Queste proposte trovarono come contraltare un pressante invito alla conversione ricevuto da parte di Francesco d’Assisi. Ogni tentativo di riconciliazione cadde però nel vuoto. A questo punto i capi crociati decisero di aspettare l’arrivo di Federico II di Svevia, in procinto di essere nominato imperatore, ma, nonostante il voto crociato, Federico non arrivò, ma inviò un magro e bellicoso contingente. Fu negoziata una tregue di 8 anni nel 1221 fra le due parti. 31) Parla della “crociata” di Federico II Di fronte alla possibile alleanza dei suoi nemici, il sultano chiese aiuto ai franchi, favorito dall’assunzione della corona gerosolimitana da parte di Federico II. In breve tempo i saraceni e i franchi sarebbero quindi diventati alleati. Il sultano invitò Federico a recarsi ad Acri, promettendogli il controllo di Gerusalemme e tutto pareva convergere verso una normalizzazione dei rapporti in vista di un’alleanza vantaggiosa. La crociata di Federico II fu l’unica ad essere risolta per vie diplomatiche e, soprattutto, a riguadagnare la Città Santa. L’imperatore si rendeva conto di quanto il “negotium crucis” fosse ormai uno strumento politico nelle mani del papato, e ne rivendicava la guida. Gregorio IX avanzò così una scomunica nei suoi confronti nel 1227. L’avvicinamento tra Federico e il Sultano fu favorito dalle notizie provenienti dal regno di Sicilia, in procinto di essere invaso dall’esercito papale. Nel 1229 i due conclusero un trattato che contemplava la restituzione di Gerusalemme ai cristiani e la possibilità di riedificarne le mura. In cambio l’imperatore avrebbe dovuto dissuadere i franchi e gli altri nemici del sultano dal portare guerra nei suoi territori, prestandogli, se necessario, il proprio aiuto. L’accordo suscitò scandalo fra gli ecclesiastici e nel mondo musulmano. 32) Parla della settima crociata (“crociata dei baroni”) La morte del Sultano che trattò con Federico II nel 1238 fu seguita da una nuova lotta di potere. Nel frattempo l’Occidente viveva un momento difficile: lo scontro fra papato e impero entrava nella sua fase più dura. Gregorio IX si era mosso subito per organizzare una nuova crociata. I crociati ricevettero indicazioni accurate, cioè procedere affinché la tregua fosse rispettata, ma nel corso di una marcia verso sud alcune frange fuori controllo lanciarono un attacco. La reazione fu violenta: il drappello di uomini fu disperso, ma la tregua era ormai rotta; i musulmani ne approfittarono per occupare Gerusalemme. A questo punto Federico II rispose energicamente inviando una flotta e intimando la restituzione della Città Santa. Si giunse così a un nuovo accordo che riportava i confini del regno di Gerusalemme a quelli precedenti alle conquiste del Saladino. Si trattò di un risultato importante, nuovamente figlio della diplomazia. Il governo sultaniale era particolarmente debole. 33) Le crociate di Luigi IX I grandi dibattiti successivi alla caduta di Acri segnarono un passo fondamentale nel processo di ridefinizione dell’idea di crociata. Un capo tribale turco sottopose il confine bizantino a frequenti incursioni. L’attivismo ottomano rappresentava una minaccia reale. Il rinnovato dinamismo turco andava amalgamandosi con il risorgere del vecchio progetto di conquista di Costantinopoli. L’interesse per la capitale imperiale era giustificato dalla strategia per il recupero della terrasanta espressa in molti trattati: le isole Egee appartenenti al territorio imperiale costituivano un’eccellente base di partenza per realizzare il blocco economico dell’Egitto mamelucco. Fu Clemente V a muoversi per una nuova crociata, giustificandola con la necessità di unificare le due chiese e palesando il pericolo che Costantinopoli cadesse in mani turche. La crociata non avrebbe però avuto luogo: parte dei fondi fu distratta verso obiettivi più vicini. Clemente V proclamò nel 1308 un “passagium particulare” volto alla difesa di Cipro e del regno armeno di Cilicia. Il finanziamento provenne per tre quarti dalle casse papali, mentre per il restante quarto dal re di Francia, che si ergeva così a paladino dell’impresa. Il “passagium particulare” si era dunque trasformato in un’operazione di conquista. 39) Le crociate nel Trecento: Smirne, Alessandria, al-Mahdia, Nicopoli 1) Smirne Il papa ordinò di predicare una nuova crociata in aiuto di Smirne, volta a bloccare l’espansione turca. La flotta fece partenza verso Smirne, riuscendo ad occupare la città bassa. Lo scoppio dell’epidemia di peste avrebbe portato ad una rapida risoluzione del conflitto, che si tradusse nella vittoria sulla flotta turca. 2) Alessandria Nata dall’idea di sostenere un “passagium particulare”, che preludesse a un più ampio “passagium generale”, bandito dal papa. I crociati giunsero in vista del porto di Alessandria: fu avanzato un poderoso assalto e la città fu conquistata in circa un giorno. La spedizione si risolse però in un nulla di fatto: la conquista non poteva essere mantenuta, né si poteva sostenere l’urto dei mamelucchi. Alessandria fu dunque evacuata e la rappresaglia fu immediata, colpendo in particolare i mercati latini con un blocco dei commerci. 3) Al-Mahdia Nel 1390 fu bandita una crociata contro il porto di al-Mahdiyya, originata dalla necessità di fornire una risposta alla guerra lungo la costa nordafricana. Fu Genova a fornire nuovamente le navi necessarie, puntando ad acquisire un porto che consentisse di controllare il commercio dei prodotti africani. Si trattò di una spedizione imponente, l’ultima del suo genere. Fu elaborato un piano di attacco, decidendo di porre al-Mahdiyya sotto assedio, così da colpire il cuore dell’economia della zona. Le malattie e la carenza d'acqua e di cibo convinsero molti a ripartire, a cominciare dai genovesi. Furono avviati dunque i negoziati, che si chiusero con il pagamento di un’importante indennità da parte del sultano. I crociati quindi si ritirarono in un clima di generale malcontento 4) Nicopoli Alle soglie del Quattrocento il dominio ottomano era ormai giunto a lambire l’Adriatico. La marcia proseguì fino a Nicopoli, che fu velocemente posta sotto assedio, ma allora ci si accorse della carenza di macchine da guerra. La città resisteva ostinatamente ed ebbe luogo una sanguinosa battaglia, dalla quale l’armata crociata uscì pesantemente sconfitta. L’esito della battaglia lasciò ai turchi campo libero e nel 1399 essi posero Costantinopoli sotto assedio. Ma una grande difesa costrinse i turchi a levare le tende. Il ritiro dei crociati si doveva anche al khan mongolo, che riaccese le speranze cristiane di un’alleanza volta a sconfiggere la potenza ottomana. 40) Le crociate nel Quattrocento: Varna, Belgrado, Otranto 1) Varna Dopo l’assedio di Costantinopoli il basileus si convinse che solo l’appoggio europeo avrebbe consentito di mettere in salvo ciò che restava dell’impero. In cambio, decise di offrire ai latini l’unione delle Chiese. Così nel 1437 intraprese un viaggio in Europa, che portò nel 1439 alla chiusura dello scisma, proclamato in concilio a Firenze, che però si concluse senza alcun impegno concreto. Nella primavera del 1438 i turchi ripresero l’offensiva assediando Belgrado, le cui difese seppero resistere all’urto. Il re e i signori di Polonia e Ungheria decisero di compiere assieme lo sforzo decisivo per cacciare i turchi dall’Europa. Nei pressi di Varna l’esercito crociato subì una violenta sconfitta. 2) Belgrado La conquista di Costantinopoli nel 1453 fu seguita da un nuovo entusiasmo crociato. Il Papa si rivolse alle potenze italiane cercando di creare un fronte comune. Dai Balcani giungevano inoltre notizie incoraggianti. Nel frattempo riprendeva l’offensiva turca. Un contributo alla difesa venne dalla predicazione, che riuscì a mettere insieme qualche migliaio di poveri, contadini, frati e chierici. Il risultato fu una doppia vittoria cristiana. Nonostante ciò il momento restava grave. 3) Otranto Otranto fu presa d’assalto e sottoposta a un duro saccheggio. La maggior parte della popolazione fu massacrata e la strage provocò ampia apprensione. Si formò così una lega che comprendeva Firenze, l’Ungheria, papa Sisto IV e il re di Napoli. Nel frattempo le contese per la successione di Maometto II contribuirono ad allentare la pressione. I primi attacchi andarono a vuoto e la perdita di numerosi uomini consigliò ad Alfonso d’Aragona la via diplomatica. Egli si accordò quindi con i turchi, ottenendo la liberazione della città. 41) Le crociate nel Cinquecento Nel Cinquecento il conflitto tra mondo ottomano e latino si sarebbe ulteriormente acuito, conoscendo però dinamiche diverse. Allo scontro frontale si sarebbe sostituita una strisciante guerra di costa cui le potenze marinare avrebbero efficacemente risposto. L’idea di riunire l’Europa cristiana si concretizzò nella costituzione di un esercito fatto di lanzichenecchi tedeschi, spagnoli, cavalieri borgognoni e condottieri italiani. Il secolo compreso fra la Battaglia di Lepanto (1571) e l’assedio di Vienna (1683) vide la passione crociata spegnersi progressivamente. L’Europa andava incontro a problemi interni, ma l’impero ottomano restava tuttavia una questione da risolvere. Dopo aver stipulato una tregua con l’impero ottomano, venne promessa la tutela di pellegrini e mercanti diretti in Terrasanta. La notizia della presa di Famagosta nel 1571 raggiunse velocemente l’Occidente, favorendo la formazione di una “santa lega” che comprendeva Spagna, Venezia, Malta, il papa, il ducato di Savoia e il granducato di Toscana. Un mese più tardi una flotta imponente salpava da Messina, riportando una grande vittoria a largo delle coste di Lepanto, destinata a rinverdire i sogni crociati. La vittoria non fu però sfruttata, lasciando il tempo ai turchi di riorganizzare una flotta. Venezia non poté quindi fare altro che trattare la pace, conclusa l’anno successivo: il successo ottomano era quindi completo. Pio V nel 1572 aveva concesso a tutti coloro che avrebbero preso parte alla guerra contro i turchi la stessa indulgenza che i suoi predecessori avevano accordato ai “crucesignati”. 42) Le fonti della prima crociata Nei racconti storia e mito andarono velocemente intrecciandosi. I resoconti più antichi non sono tramandati da cronache, ma da alcune lettere inviate in Europa nel corso della marcia verso oriente. Mittenti e destinatari sono di tutto riguardo: Alessio Comneno, Urbano II ecc. Il contenuto è vario: in alcuni casi troviamo testi informativi, in altri il modello è quello degli “excitatoria”, destinati a smuovere gli animi. Non mancano passi controversi della cui autenticità si è discusso a lungo. Ogni cronaca era dunque attraversata da allusioni bibliche, come i paralleli fra coloro che avevano preso parte all’impresa e gli Israeliti in cammino verso la Terra Promessa. La prima crociata sarebbe stata quindi letta e narrata all’interno di un quadro provvidenzialistico, che avrebbe influenzato enormemente la riflessione posteriore. Di conseguenza il fallimento delle spedizioni successive fu spiegato facendo ricorso al motivo del “nostris peccatis exigentibus". La maggior parte delle narrazioni mescolava al sacro l’esaltazione di valori prettamente cavallereschi, adottando un linguaggio cortese. Tali istanze furono raccolte da un’ampia letteratura in volgare, sviluppatasi in particolare in area francofona. La diffusione di un’epica crociata fu accompagnata da molte critiche, prevalentemente di radice monastica: lo scopo del monaco fedele doveva essere quello di cercare la Gerusalemme celeste e non quella terrena. 43) Privilegi commerciali Nel corso del XII secolo il suolo siro-palestinese fu raggiunto da un flusso crescente di uomini e merci. Il calcolo economico giocò un ruolo considerevole nel richiamare in Terrasanta comunità molteplici, tre cui si distinsero quelle italiane: genovesi, pisani e Si ribadiva l’idea per cui la crociata era una distorsione del Cristianesimo operata dal papato, nella quale si riversavano tutti i motivi che avevano portato alla Riforma. 49) L’’illuminismo francese L’avvento dei lumi segnò una svolta importante nell’elaborazione del mito. Uomini come Diderot e Gibbon avrebbero visto nella crociata null’altro che il frutto del fanatismo religioso e il simbolo del dispotismo clericale. La crociata diventava dunque un obiettivo polemico, rientrando a pieno nella discussione sul tema della tolleranza. L’universo orientale assurgeva a simbolo di poesia, raffinatezza e sensualità, tramutandosi in un vero e proprio mito culturale. Il confronto fra la barbarie latina e la raffinata cultura islamica, contro cui la crociata si era volta, risultava impietoso, come mostrava la rivalutazione della figura del Saladino, in cui rifulgevano sia le virtù cavalleresche, sia i nuovi ideali di tolleranza e solidarietà, che ne facevano il prototipo del sovrano illuminato. Montesquieu nell’ “Esprit de lois” si limitava a svalutare il fenomeno, ritenendolo frutto del fanatismo, capace unicamente di recare in Europa la lebbra, mentre Voltaire vi prestava maggior attenzione. Egli, nella sua breve “Histoire des croisades”, considera le crociate come il prodotto di un’età oscura, da rilegare nel museo degli orrori della storia, come l’esito di una malattia epidemica, frutto di credenze illogiche e superstizioni, del tutto opposte alla civiltà tipica del mondo greco e arabo. La sua critica, in particolare alla prima crociata, si rivelava favorevole nei confronti di alcuni personaggi: Alessio Comneno, Federico Barbarossa, Federico II, e Luigi IX. Di essi tuttavia ammirava, più che la “pietas” religiosa, l’intelligenza politica. La crociata dunque era stata un’azione inutile, incapace di fornire all’Europa un processo di civiltà. Diderot invece forniva nell’ "Encyclopédie" una visione meno edulcorata: la crociata non era stata altro che un miscuglio di odi e falsità, capaci di portare l’Europa al declino, spopolando le contrade, arrestando il progresso agricolo, arricchendo chiese e monasteri. 50) L’illuminismo inglese La crociata si appropriava al contempo della tradizione empirista inglese, che avrebbe fornito un’interpretazione più equilibrata del fenomeno. Nel 1769 William Robertson in un lungo testo intitolato “View of the Progress of Society in Europe” interpretava la crociata come tappa importante del progresso della civiltà. Essa era stata capace non solo di scuotere l’Europa dal letargo cui era piombata a seguito delle “invasioni barbariche”, ma anche di contribuire al rinnovamento dei costumi, e ne riduceva la genesi alla pratica del pellegrinaggio. Egli tuttavia non esitava a condannare gli orrori, associandoli al fanatismo e all’avidità delle schiere crociate. Criticava inoltre l’atteggiamento dei “philosophes” francesi, incapaci di comprendere il sincero desiderio religioso. Anticipando temi e problemi tipici del Romanticismo, egli forniva una visione positiva della crociata, implicita nell’allargamento degli scambi commerciali e nel disgregamento dei legami feudali. Il sorgere delle autonomie cittadine e il costituirsi delle monarchie nazionali avrebbero costituito il frutto della partecipazione alla crociata di molti europei. L’opera di Robertson fornì una base importante per la riflessione di Gibbon, venata di forti accenti etici. Egli si domandava innanzitutto se la guerra condotta a fini religiosi potesse ritenersi lecita, osservando come la crociata rientrasse nei canoni di legittimità del proprio tempo. La crociata andava dunque intesa nell’ambito delle categorie del tempo in cui si era realizzata. Nonostante ciò, era sottoposta a una critica serrata, improntata sulla tolleranza e condita di antipapismo. Gibbon era però disposto ad ammettere qualche merito: in particolare la capacità di aprire agli europei nuovi orizzonti commerciali e manifatturieri. Egli mostrava inoltre una fine sensibilità storiografica nel tentativo di comprenderne le cause: l’origine della spedizione si doveva alle richieste di aiuto all’Occidente da parte di Alessio Comneno. L’opera spostava quindi indirettamente l’attenzione dal piano dell’etica, per collocare la crociata nel proprio contesto. Nella sua brutalità, la crociata restava uno dei grandi avvenimenti della storia, da cui la stessa Europa aveva avuto inizio. Il progressivo affermarsi del Romanticismo avrebbe considerato la crociata quasi come fulcro dell’età di mezzo, esaltando il sentimento delle masse. 51) Un immaginario reazionario Gli scritti dei “philosophes” istituirono un forte nesso tra crociata e fanatismo religioso, frutto di un’epoca barbara. La religione e il dogmatismo rappresentavano un ostacolo al progresso della civiltà: la Rivoluzione Francese sarebbe cresciuta in questo clima culturale, leggendo nella crociata il segno dell’intolleranza. Era naturale quindi per i controrivoluzionari assumere toni esattamente opposti, alzando la crociata a modello sino a promuoverne l’identificazione con un’ipotetica “guerra santa”. La rivolta scoppiata in Vandea (1793) avrebbe contribuito a semplificare il quadro, adottando il linguaggio della crociata e l’estetica della guerra per la fede, in senso lato politico, quanto metafisico. Al contempo i giacobini avrebbero scorto nei vandeani quella massa criminale di cui Voltaire aveva parlato a lungo. La crociata ne usciva dunque trasfigurata, piegata tanto agli ideali rivoluzionari che al loro contrario. Essa mostrava così tutta la sua malleabilità di idea-forza. A procedere in questa direzione erano anche l’Italia cattolica e la Spagna, caratterizzate dall’adozione di moduli simili, improntati alla difesa della fede che si credeva sotto attacco. 52) Il Romanticismo Un vero e proprio “revival” della crociata fu favorito, fra la mitizzazione illuminista e quella reazionaria, da intenti puramente propagandistici. Napoleone ad esempio mostrava di non disdegnare le gesta dei “crucesignati”, rivendicate platealmente quale espressione del genio del proprio popolo. La rivalutazione romantica del medioevo portò a una lettura della crociata come culmine di un’estetica nuova, nella convinzione che il cristianesimo, autentico stigma dell’epoca, avesse assicurato un reale progresso. La nuova sensibilità romantica trovava nella crociata tutto ciò che stava cercando: l’esotismo, l’eroismo, l’erotismo, la religiosità pura, l’irrazionale e il senso del mistero. Tale sensibilità si riscontra anche in Walter Scott e la sua fortuna si deve al fatto che i motivi romantici erano alla portata di tutti, e in particolare del ceto borghese. Il romanzo storico si incontrava quindi con lo spirito del tempo. 53) La storiografia crociata nell’Ottocento: Heeren, Riant La riscoperta romantica della crociata si sarebbe accompagnata a un profondo rinnovamento degli studi, che avrebbe gettato le basi della crociatistica odierna. Nei decenni successivi la storiografia francese avrebbe prodotto lavori di fondamentale importanza. Venne bandito un concorso saggistico dai connotati precisi: “esaminare l’influenza delle crociate sulla libertà civile dei popoli europei”. Il saggio vincitore fu quello di Heeren, e con esso si inaugurò una nuova stagione. Heeren riassunse tutto ciò che era stato detto sulla crociata nel corso del secolo da autori come Gibbon e Robertson, tutti protestanti e illuministi moderati. Tuttavia egli accentuava gli aspetti positivi: la rinascita della società urbana, lo sviluppo del commercio e l’apporto della civiltà bizantina, islamica e latino-cristiana. Le crociate avevano dunque avuto effetti positivi, ma il progresso che ne era derivato andava attribuito al loro fallimento, più che al fanatismo dei partecipanti. Pertanto si affrettava a ribadire come a trionfare fosse stata in fondo la ragione, capace di orientare la volontà umana. In questo modo poneva fine all’ideologismo illuminista, muovendosi in un campo tendenzialmente storicista. L’Ottocento avrebbe dunque riscoperto il carattere sacrale della crociata, e contemporaneamente ne avrebbe avviato lo studio critico. Nel corso del secolo, Francia, Germania e Italia avrebbero conosciuto l’affermarsi di vere e proprie tradizioni storiografiche, capaci di influenzare la posteriore crociatistica sino a tempi molto recenti. 54) La storiografia crociata nel Novecento: Iorga, Atiya, Runciman, Tyerman Il Novecento raccoglieva un’eredità assai varia. Al principio del secolo una serie di orientalisti, economisti e studiosi della storia del pensiero e delle istituzioni religiose si sarebbe occupata del problema. L’attenzione tornava a concentrarsi su Bisanzio, con lo studio di testi e documenti centrati su l'avanzata turca nei Balcani. A seguito della prima guerra mondiale si sviluppò un nuovo rigoglio di studi che fornivano il meglio di sé nell’ampiezza degli orizzonti e nella ricchezza analitica della narrazione.
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