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Rito e liturgia - approfondimento, Schemi e mappe concettuali di Scienza delle religioni

Laboratorio di scienze delle religioni II - lezione 8

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 16/07/2023

gabriella-castagnolo
gabriella-castagnolo 🇮🇹

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Scarica Rito e liturgia - approfondimento e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Scienza delle religioni solo su Docsity! Laboratorio II Lezione 7 Rito e liturgia La parola rito è meno religiosamente connotato, per cui è da preferire. Cerimonia è la rappresentazione esteriore del rito. La parola centrale è rito. Il rito è una parola che deriva dal sanscrito, dalla radice rta, significa “cosa ordinata, programmata”. Per Nicolotti, un rito è “una azione formalizzata, individuale o collettiva, compiuta in un determinato tempo e spazio, differente dalle azioni della vita ordinaria e distinta dal comportamento comune, avente una natura essenzialmente simbolica ed espressiva e una logica non puramente empirica e che si svolge con un supporto corporeo secondo regole e procedure predeterminate, stereotipate e ridondanti”. - Formalizzata: deve avere regole che la indirizzano, non può essere casuale - Compiuti in determinati tempo e spazio: ha un inizio e una fine e un luogo in cui si realizza, più o meno definito, può anche essere cambiato ogni volta (luogo rituale) - Distinta dal comportamento comune: lavorare in una catena di montaggio non è un rito, perché è ordinario; il rito è qualcosa di distaccato dalla vita comune - Simbolica ed espressiva: - Logica non puramente empirica: l’atto non è stato immaginato per svolgere un compito empirico, fare qualcosa nella maniera più semplice possibile (es. accendere candele non è un rito, accenderle in una sequenza precisa può esserlo) - Si svolge con un supporto corporeo: non ci sono riti mentali, incorporei - Stereotipate e ridondanti: sono quelle e riconoscibile, sono eccessive rispetto al bisogno richiesto da quell’atto In ambito cattolico, si può incensare un altare e andare via e non è un rito, invece farlo secondo la regola di Pio V è un rito, perché ti dice come devi fare. Il rito messo in atto è visibilmente regolamentato, non fatto a caso. Le norme non sono di per se evidenti ma devono essere stabilite e spesso discendono da un principio di autorità: le regole le fa l’autorità superiore (tradizione, antenati, papa, sciamano ecc). Non importa chi le fa, è importante che siano sentite come vincolanti per il fatto di essere state pensate da qualcuno che ha l’autorità di pensarlo. L’esecutore non può cambiarle, a meno che non abbia l’autorità per farlo (abuso liturgiche): il rito sovrasta il vescovo che vuole cambiare il rito. Questo perché il rito deve essere percepito come qualcosa che viene dal superiore. L’attore del rito deve imparare le regole, che possono essere trascritte o tramandate oralmente. Le norme non devono per forza essere riconoscibili nella loro sensatezza. Proprio perché queste leggi riguardano spazi e momenti predefiniti alcune volte sono comportamenti strani e inusuali, che nella vita comune possono essere realizzati mai (es. grida, nudità…). Questo ha un effetto su di noi: tutto quello che facciamo ha effetto sul cervello. Il rito mette in moto una serie di meccanismi che danno risultati di appagamento, eccitamento, calma o rabbia. È scientificamente provato che il rito porti a modificare la propria condizione, almeno durante il rito. Poi questo effetto va a scemare ed è per questo che i riti si ripetono con scadenze. L’interpretazione dei riti può esserci, anche se non è necessario in quanto l’interpretazione è data dall’autorità, ma non è detto che sia la verità. Spesso vengono interpretate simbolicamente dopo la creazione e questo dimostra che il rito vive per sé e non è strumentale. Nella liturgia cristiana questo è molto evidente, per cui ai riti si da un interpretazione simbolica che spesso è falsa: i liturgisti medievali volevano giustificare tutto, ma non era la verità. Ci sono orazioni delle parti dell’abito liturgico del sacerdote, come se fosse stato modellato in base al significato simbolico, ma in realtà è viceversa. L’abito del sacerdote era già presente in periodo tardo antico, poi è stato preso in prestito dalla Chiesa diventando oggetto rituale; significato simbolico per giustificare l’esistenza della cosa. Es. Vedi Amitto – si diceva fosse l’elmo della salvezza e simbologia l’elmo cristiano in battaglia. A quell’abito hanno dato quel significato. La spiegazione simbolica c’è, non è per forza vera. Conoscere il significato del rito non è richiesto per forza, perché il rito non ha bisogno di essere capito, perché di per sé potente. Non essere compreso è caratteristica del rito e più lo si comprende, più lo si depotenzia. Categorie: - Simboliche - Ritualistiche e basta Spazio: - Definito (piazza, via, sala, Chiesa, prato, tempio ecc.) - Riconosciuto - In esso ci sono: o Attori o Spettatori (anche loro intervengono tramite i sensi: vista – guardare cosa succede ma anche la scelta cromatica, ogni luce e colore è un simbolo - udito, olfatto, gusto – esistono pasti rituali) ▪ Per questo è uno spettacolo il rito. Tempo: - Inizio - Fine o Non è eterno - Ripetitivo (annuale, settimanale.) La preghiera di per sé non è rituale, ma se prevede tempi, ritmi ecc. può diventarlo. Dire il rosario non è un rito, la liturgia delle ore è un rito. Il rito può essere sia collettivo sia individuale. Dalla ritualità possiamo trarre elementi caratteristici che possiamo ricavare da fonti storiche e a cui possiamo anche dare una interpretazione. Lo scopo essenziale del rito, compreso o non compreso, è quello di coinvolgere attore e spettatore in una situazione emotivamente attiva, psicologicamente effervescente, in modo da creare una condizione di attenzione, interesse e emozione. Il rito deve essere emozionante. In una situazione collettiva, l’emozione si propaga —> coinvolgimento. Il rito ha effetto anche su oggetti inanimati: può amplificare o diminuire un oggetto. L’incensazione dell’altare o una processione, una reliquia esalta l’oggetto; il rito di degradazione di un soldato lo abbassa. Questo può continuare anche dopo il rito (es. consacrazione di un vescovo), oppure no (es.reliquia, che è il tipico oggetto che in genere non ha valore, però dentro un reliquiario venerato ha un valore simbolico e economico inestimabile). È il rito che da valore alla reliquia, la sua esposizione: fuori dai riti le reliquie sono trattate come oggetti ordinari. L’oggetto non ha valore, ma il valore è dato da una persona durante il rito. Il re ha due corpi: uno reale e caduco, l’altro è
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