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ritratto della malinconia, Appunti di Filosofia morale

analisi dell'opera di romano guardini sulla sua visione della malinconia

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 02/01/2019

ml-123
ml-123 🇮🇹

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Scarica ritratto della malinconia e più Appunti in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! “Ritratto della Malinconia” 1928 è dedicata a Kierkegaard (anche se in fondo scrive di sé) Approfondisce il tema della malinconia, che sostiene essere l’inquietudine dell’uomo che avverte la vicinanza dell’infinito Una qualche dose di malinconia non è negativa poiché permette di conoscere la profondità della vita, la vera condizione dell’uomo. Confrontarsi con le emozioni negative serve per uscire dalla superficialità e di addentrarsi nel tema dell’esistenza nel suo vero significato. Con la malinconia si rivela la criticità della condizione umana, si apre la possibilità verso la trascendenza o verso la più radicale immanenza, dunque verso la possibilità dell’essere o del nulla. L’esistenza è una duplice tensione verso l’ordine o verso il caos. L’uno è forma, logos, significato comprensibile, l’altro è irrazionalità, informalità, disordine. Ma per comprendere il significato dell’esistenza non basta l’ordine e il significato più comprensibile, serve infatti addentrarsi anche nell’irrazionale. La vita si muove verso entrambi i poli, quello dell’immanenza e quello della trascendenza. L’uomo si deve destreggiare fra questi due poli, se tende troppo verso l’immanenza scade nella superficialità, e se tende verso la trascendenza rischia di chiudersi in sé stesso, di avvilupparsi in un mondo parallelo creato da lui, di chiudersi nel bozzolo dell’anima. La vita deve muoversi fra questi due poli senza assolutizzarne uno. In tutto ciò la malinconia tende verso il polo dell’interiorità, rischiando appunto di sprofondare nel proprio io, inizialmente la propria interiorità fa sentire bene, al sicuro, ma poi può diventare una malattia. La malinconia può degenerare nel Nichilismo (è una radicalizzazione della malinconia, che diventa autodistruttiva, viene percepita la vita come effimera, non eterna e quindi non ha senso vivere, anche se questa è una deduzione scorretta). La tensione dei poli è tipica dei romantici, i poli si allontanano e richiamano in un regresso infinito, l’uno ha bisogno dell’altro, quando ci si avvicina troppo a un polo subentra uno stato di disagio che porta inesorabilmente all’avvicinarsi al polo opposto. L’io dei romantici è vacillante, non rimane mai uguale, cambia continuamente senza trovare una definizione di sé, anche se il motivo di questo movimento è proprio la ricerca di certezze. L’io è in uno stato di inconsistenza, vorrebbe essere grande, fare la storia di essere qualcuno, ma non ha il terreno sotto i piedi. Si strugge per essere qualcuno, di trovare una definizione, però non appena gli si presenta una forma, non riesce a sostenerla, e afflitti dalla delusione ritornano in quello stato di incertezza agognanti di una nuova forma. Vuole la forma per uscire dallo stato caotico in cui si trova perché non ne può più della propria inconsistenza, necessita di certezze, ma appena gliene si presenta una non riesce a sostenerla e la “scansa” in nome di una libertà e della sperimentazione mantenendosi perciò oscillante (anche se non è l’accumularsi delle esperienze che aumenta la consapevolezza della vita). I romantici vogliono allo stesso tempo tutto, e niente, ricercano continuamente quella forma in grado di definirli e di tirarli fuori da quell’incertezza, ma appena trovata, la rifiutano annoiati, nostalgici di quella libertà che li rende però inconsistenti. È infatti una libertà assoluta e astratta. Vive nella possibilità della scelta, di tutte le scelte, non prendendo mai posizione, può fare tutto. L’io cambia ogni giorno. Lo stesso vale per l’amore libertino, espresso dal Don Giovanni, che passa da una donna a l’altra senza mai innamorarsi veramente e fino in fondo, non si lascia mai incastrare da una sola donna, perché vuole spaziare, si può dire che sia innamorato dell’amore in generale. Qui Romano Guardini mette in un singolare contatto Kierkegaard e Nietzsche, poiché per lui entrambi sono romantici perché accumunati dal fondo segreto della malinconia. Il malinconico è sensibile ai valori, ma questi possono diventare distruttivi per il soggetto, diventano come una condanna perché assolutizzati, si sente infatti inadeguato e invece di realizzarsi con loro, si distrugge, in questo rovesciamento il malinconico può tendere al nichilismo. Ma nella malinconia può realizzarsi la vera grandezza poiché da consistenza e valore alle cose le quali, essendo effimere, devono essere vissute finché si può. Le cose nella malinconia possono sprofondare verso il vuoto o prendere peso. Il malinconico è sensibile al mondo, nasce dall’eros, dall’amore, e desidera la bellezza e l’amore, ama l’amore e il bello, anche se sono finiti, dunque a fianco dell’amore e della bellezza c’è la morte. Nonostante ciò a fianco dell’amore c’è anche un presagio dell’eterno, si ama infatti non per un momento, ma per sempre, nonostante le cose che sia amano siano finite. Dunque la malinconia può essere sia il trampolino di lancio per la grandezza oppure un’arma che si rivolge verso sé stessi, è beatitudine e
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