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La Rivoluzione Francese: La Transformazione Politica Straordinaria di Francia, Appunti di Storia Moderna

Storia europeaRivoluzione FranceseStoria della Francia

La rivoluzione francese (1789-1799) fu un evento storico di grande importanza. Inizialmente una monarchia assoluta, la Francia era divisa in tre ceti: clero, nobiltà e terzo stato. La crisi si intensificò quando Necker propose di ridurre i privilegi della nobiltà e del clero, ma non fu ascoltato. Gli stati generali si trasformarono in assemblea nazionale costituente, rappresentante l'intera nazione. La rivoluzione portò alla dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, alla costituzione civile del clero e a nuovi rapporti con la chiesa cattolica. Luigi XVI perse il sostegno del popolo, fuggì nel 1791, ma fu catturato e costretto a giurare sulla nuova costituzione. La rivoluzione portò alla proclamazione della repubblica francese e alla morte di Luigi XVI, aprendo una nuova fase.

Cosa imparerai

  • Che eventi portarono alla convocazione degli Stati generali in Francia?
  • Come la Rivoluzione francese influenzò la società francese?
  • Come la Rivoluzione francese cambiò i rapporti tra la Francia e la Chiesa cattolica?

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 30/04/2022

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nicole-mameli-2 🇮🇹

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Scarica La Rivoluzione Francese: La Transformazione Politica Straordinaria di Francia e più Appunti in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! CAP. 26: LA RIVOLUZIONE FRANCESE Nel decennio compreso tra il 1789 e il 1799 la Francia conosce la più straordinaria trasformazione politica mai realizzatasi fino a quel momento nella storia dell’Europa occidentale. Questo perché, in quegli anni ci fu la Rivoluzione Francese che eliminò l’antico regime e fece affermare una società idealmente egualitaria e democratica in cui il potere non era più monarchico ma repubblicano. La Rivoluzione francese è uno degli eventi più importanti della Storia perché fu la prima rivoluzione che portò risultati che rimasero stabili per un periodo di tempo considerevole. Quando scoppiò, lo Stato era una monarchia assoluta in cui il sovrano era Luigi XV, e la società francese una tipica società dell’Antico Regime, che era quindi divisa in ceti sociali che non comunicavano tra loro, ossia il clero, la nobiltà e il terzo stato. I primi due godevano di molti privilegi: non pagavano le tasse, venivano giudicati solo dai loro pari e, spesso, i tribunali di fronte a cui dovevano rispondere applicavano solo multe in denaro; il terzo stato, invece, era formato dal popolo ed era quello che invece doveva pagare le tasse. Nel corso del 700, la Francia si era ricoperta di debiti per finanziare le guerre che aveva combattuto, ossia tutte e tre le guerre di successione e la guerra dei sette anni in cui era stata sconfitta dall’Inghilterra. Le casse statali erano sempre più vuote, anche perché il 20% delle entrate annuali veniva speso per mantenere i 15 mila nobili che affollavano la Reggia di Versailler che Re Sole aveva fatto costruire, e il doppio di quella somma serviva per pagare gli interessi sui debiti accumulati. Inoltre, si poteva far conto solo delle tasse che pagava il Terzo Stato e, quindi, ministri come Necker proposero di ridurre i privilegi della nobiltà e del clero ma non vennero ascoltati e tra il 1786 e il 1788 la crisi divenne ancora più grave e Necker insistette sul fatto che anche clero e nobiltà avrebbero dovuto pagare le tasse. A questo punto, i nobili e gli ecclesiastici, appoggiati dalla regina Maria Antonietta, reclamarono la convocazione degli Stati generali per affossare le riforme proposte da Necker e alla fine il re Luigi XVI acconsentì a convocarli senza immaginare quali conseguenze avrebbe avuto questa sua scelta. Infatti, per tradizione, in quell’assemblea si sarebbe dovuto votare per ordine e, quindi, in automatico avrebbero vinto insieme i nobili e il clero contro il terzo stato, ma il terzo stato chiese che si votasse per testa in modo che ogni deputato avrebbe potuto votare. Alla fine, il terzo stato decise di convocare la propria assemblea invitando i rappresentanti degli altri due Stati a unirsi a loro, e a quest’esortazione risposero molti parroci e nessun nobile. In breve tempo la situazione cambiò perché il 17 giugno il Terzo stato e il basso clero si dichiararono Assemblea nazionale costituente e, quindi, affermarono di rappresentare non più solo uno degli ordini del regno ma l’intera nazione a cui volevano dare una Costituzione. Il re fece sbarrare il locale dove si riuniva l’assemblea, ma il terzo stato si radunò in un’altra sala in cui i nobili di Versailles giocavano alla pallacorda e lì, il 20 giugno, dichiararono che non si sarebbero separati finché la Francia non avesse avuto una nazione. A essi si aggiunse la maggioranza del Clero e, dopo qualche giorno, il re, dopo aver cercato di far sciogliere l’Assemblea, ordinò alla nobiltà e alla minoranza del clero di unirsi al terzo stato ma, dopo circa dieci giorni, il re licenziò il ministro Necker e fece affluire truppe su Versailles e Parigi. A questo punto, il popolo presagì che le tante speranze riposte negli Stati generali si sarebbero dissolte e il 14 luglio la ribellione divampò apertamente nel momento in cui i parigini assalirono la Bastiglia, cioè l’antica fortezza in cui erano stati rinchiusi gli oppositori politici della monarchia e, dopo una breve battaglia, la conquistarono rubando tutte le armi e liberando i pochi prigionieri che c’erano. Sempre nel 1789, venne proclamato il documento più solenne della Rivoluzione, ossia la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, in un periodo in cui l’assemblea stava ancora elaborando una nuova Costituzione. Questo documento nacque prima della costituzione proprio perché aveva lo scopo di affermare che l’umanità possiede dei diritti naturali che nessun potere e nessuno Stato può cancellare o sospendere, come il diritto alla libertà, alla proprietà, alla sicurezza e all’uguaglianza di fronte alla legge. Con la presa della Bastiglia, si era manifestato quello che poi fu uno degli aspetti più caratteristici della rivoluzione: il protagonismo popolare. Infatti, da quel momento le discussioni dell’Assemblea vennero rese pubbliche e si creò così un sistema politico formato da tre fuochi: l’Assemblea che svolgeva un lavoro legislativo che mirava a eliminare l’antico regime per costruire un nuovo equilibrio costituzionale; la corte e, infine, la folla popolare che voleva difendere la rivoluzione e imparò a influenzare con la propria azione, ad esempio attraverso manifestazioni, il quadro politico. Una di queste manifestazioni della folla popolare, ricordata tra le cosiddette giornate rivoluzionarie, fu la marcia del popolo su Versailles che costrinse il re a recarsi a Parigi. Successivamente l’Assemblea, che aveva operato in un clima di sostanziale concordia fino a quel momento, comincia a dividersi per quanto riguarda alcune scelte, come quella sul ruolo del sovrano nella nuova costituzione e il provvedimento della confisca dei beni del clero per risanare la grave situazione finanziaria dello Stato. A questo proposito, la Rivoluzione francese ridisegnò anche i rapporti con la Chiesa cattolica, che in Francia era sempre stata al servizio della monarchia e, infatti, i vescovi francesi erano abituati a obbedire al re prima che al papa, anche perché era lui a nominarli e il papa poteva solo confermare la loro nomina. Il 12 luglio del 1790 l’Assemblea Nazionale approvò una legge davvero rivoluzionaria, ossia la Costituzione civile del clero, in base alla quale lo Stato avrebbe confiscato i beni ecclesiastici per venderli e pagare tutti i debiti accumulati dalla corona francese negli ultimi decenni, in cambio di un regolare stipendio ai parroci se questi avessero giurato fedeltà alla Rivoluzione. Inoltre, i vescovi sarebbero stati nominati direttamente dai cittadini senza l’investitura del papa. Gli ecclesiastici che rifiutarono di prestare giuramento decisero di emigrare e vennero riconosciuti come “refrattari”; in opposizione, vi erano gli ecclesiastici “costituzionali”. Di fronte a questi eventi, il re si comportò in modo ambiguo e per via di questo suo comportamento e del suo chiaro desiderio di difendere i privilegi della corona e della nobiltà, perse il sostegno del popolo e peggiorò la situazione quando, nel 1791, decise di abbandonare di nascosto la Francia, insieme alla sua famiglia, per ritornarvi in armi: in un primo momento riuscì a fuggire ma, poi, la sua carrozza venne riconosciuta e bloccata a Varennes. In seguito, l’Assemblea proclamò la Costituzione facendo della Francia una monarchia costituzionale in cui al sovrano spettava il potere esecutivo e a una camera eletta spettava quello legislativo. Dopodiché, Luigi XVI fu sottoposto agli arresti domiciliari ma, ufficialmente, restava il monarca costituzionale e, in questa veste, giurò sulla nuova costituzione non più solo per grazia di Dio o per volontà della nazione, ma come re dei francesi. Gli eventi francesi preoccupavano le varie monarchie europee perché temevano che la scintilla rivoluzionaria si sarebbe diffusa anche nei loro paesi e, nel 1791, Austria e Prussia si coalizzarono e minacciarono l’intervento militare. Il timore di un’aggressione dall’esterno compattò i girondini e i giacobini, che non erano partiti politici in senso moderno ma erano raggruppamenti sorti dai tanti circoli e società popolari presenti a Parigi e in molte città della Francia dal 1789 in poi, che volevano difendere la Rivoluzione. Il 20 aprile, la Francia dichiarò guerra all’Austria e alla Prussia e fu una decisione che appoggiò anche il re perché sperava di vincere e di riottenere così il potere che aveva perso ma, mentre gli eserciti imperiale e prussiano invadono la Francia, la rivoluzione sembrava sul punto di essere spazzata via e, a questo punto, ancora una volta è la piazza a determinare un’accelerazione al processo rivoluzionario perché la folla di Parigi, il 10 agosto 1792 assalì il palazzo reale delle Tuileries e costringe l’Assemblea
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