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L'Età delle Rivoluzioni I: La Rivoluzione Industriale e Americana, Dispense di Storia

La rivoluzione industriale e americana, due tra le più importanti rivoluzioni della storia. La prima, iniziata in inghilterra alla metà del xviii secolo, ha radicalmente modificato le dinamiche economiche, sociali e politiche. La seconda, iniziata con la colonizzazione del nord america, ha portato all'indipendenza statunitense e alla nascita di una nuova potenza mondiale. Il testo illustra come le innovazioni tecnologiche, la disponibilità di risorse naturali e la stabilità politica hanno contribuito alla crescita economica e alla trasformazione sociale.

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 11/07/2019

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Scarica L'Età delle Rivoluzioni I: La Rivoluzione Industriale e Americana e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! UD 3 L'Età delle Rivoluzioni I - Rivoluzione industriale e americana INTRODUZIONE Il mondo in cui viviamo è in gran parte il frutto degli enormi cambiamenti ‘rivoluzionari’, di natura politica ed economica, che maturarono sul finire del XVIII secolo: una vera e propria età delle Rivoluzioni’. E’ in questo contesto che s’impose una dimensione destinata a connotare in modo strutturale l’età contemporanea: la “massa”. In questo modulo sono trattate la Rivoluzione industriale e la Rivoluzione americana. La prima, in particolare, a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, aumentò la capacità produttiva dell’uomo più di quanto fatto in tutti secoli precedenti messi insieme, provocando enormi mutamenti a livello demografico, sociale, economico e, ovviamente, anche politico. Essa innescò inoltre una trasformazione irreversibile degli stessi luoghi in cui gli esseri umani avevano da sempre vissuto. SPIEGAZIONE 1. LA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE Immagine 1: Questo famosissimo quadro, Mr and Mrs Andrews, del pittore inglese Thomas Gainsborough rappresenta un tipico esponente della gentry inglese, cioè di quella classe di proprietari terrieri che sono stati fondamentali per l’accumulo di capitali nell’Inghilterra pre-industriale. La quercia presso cui posano i coniugi Andrews è un simbolo di prosperità e stabilità economica. Fonte: National Gallery, Londra. La Rivoluzione industriale consiste in una serie di cambiamenti nella modalità di produzione dei beni in grado di modificare in maniera radicale ed irreversibile tutte le dinamiche economiche, sociali, politiche delle società coinvolte. L’inizio di tali trasformazioni si pone in Inghilterra alla metà circa del XVIII secolo; qui infatti esiste un’agricoltura intensiva e capitalistica, volta al commercio e gestita da una borghesia capace di accumulare i capitali necessari agli investimenti in campo industriale. Inoltre l’Inghilterra può contare su efficaci vie di comunicazione interne (strade ma soprattutto fiumi e canali navigabili) ed esterne, grazie alla più forte marina commerciale del mondo. Un vasto impero coloniale permette di accedere con relativa facilità alle materie prime non reperibili in patria, mentre un settore finanziario già sviluppato, per i notevoli investimenti nelle imprese commerciali non fatica a convertirsi in favore dell’imprenditoria industriale. Tuttavia sarebbe sbagliato sottovalutare l’importanza della stabilità politica della monarchia costituzionale inglese ed il clima di libertà intellettuale favorevole alla sperimentazione e all’iniziativa privata. 2: Due diverse versioni del telaio di Arkwright. Come si può notare si tratta all’inizio di perfezionamenti di attrezzature artigianali che però, poco alla volta, portano ad una sempre maggiore meccanizzazione della produzione. Fonte: Bravo, Foa, Scaraffia, I fili della memoria, Laterza Il processo di industrializzazione è graduale e prende il via dal settore tessile dove all’inizio del Settecento sono presenti delle “manifatture” cioè delle produzioni delocalizzate di filati e tessuti di lana che vengono commissionate da mercanti-imprenditori. È tuttavia il cotone, più resistente, adatto ai trattamenti meccanizzati e meno costoso, a favorire il decollo dell’industrializzazione. In sostanza, grazie all’ingegnosa opera di abili meccanici-artigiani, s’introducono macchine utili a rendere più rapide e produttive le singole fasi della lavorazione. Una volta reso più veloce un passaggio produttivo si è stimolati a cercare analoghe soluzioni per i successivi passaggi, al fine di non rallentare la produzione. In questo modo all’inizio dell’Ottocento un singolo operaio è in grado di produrre il filo di duecento operai d’inizio Settecento. Decisiva è poi l’introduzione della forza vapore applicata alla meccanizzazione, in sostituzione di quella idraulica o animale. Dopo i primi esperimenti di inizio Settecento, assai poco efficaci, è l’inglese James Watt nel 1769 ad inventare una macchina con condensatore separato dal cilindro, più semplice da utilizzare e molto più efficiente. La sua invenzione e i successivi aggiustamenti trovano immediata applicazione in tutti i campi: dal settore tessile a quello minerario, dove le pompe a vapore per il drenaggio dell’acqua permettono di spingersi molto più in profondità alla ricerca del carbone. Immagine 3: L’illustrazione mostra l’utilizzo delle macchine a vapore nelle miniere. Grazie alle pompe azionate in questo modo era possibile scavare molto più in profondità attingendo a giacimenti di carbone prima inutilizzabili. V. Calvani, Spazio storia 2, Mondadori. Il carbone, di cui l’Inghilterra è ricca, sta infatti diventando una materia prima fondamentale soprattutto in campo siderurgico, dove sono importanti le alte temperature per produrre la ghisa negli altiforni. L’introduzione della raffinazione del carbone ed il perfezionamento dei processi produttivi ad opera di Henry Cort (1783) permettono il decollo della produzione siderurgica che quadruplica tra il 1790 ed il 1806. Immagini 4:due diversi utilizzi della meccanizzazione. In alto un grande stabilimento tessili inglese in cui sono in funzione centinaia di telai alimentati dalla forza vapore. La seconda immagine rappresenta il gigantesco maglio di una fonderia utilizzato per modellare enormi barre di metallo.Fonte: Bravo, Foa, Scaraffia, i fili della memoria, Laterza. Nel 1773 una decisione particolarmente odiosa impone il monopolio di una compagnia inglese sulle importazioni di tè nelle colonie e porta la situazione ad un punto di non ritorno. Il 16 dicembre 1773 nel porto di Boston un gruppo di coloni getta in mare il carico di tè di alcune navi della compagnia (Boston Tea Party). Il governo inglese reagisce in modo durissimo, revocando tutte le autonomie del Massachusetts e imponendo un risarcimento per la merce andata perduta. Di fronte alla reazione inglese i delegati delle colonie americane cominciano a riunirsi in appositi Congressi; dopo un primo tentativo di mediazione del congresso del 1774, il secondo congresso di Filadelfia del 1775 prende atto dell’impossibilità di sanare la situazione e motiva l’opposizione armata dei coloni alle pretese inglesi. Mentre si moltiplicano gli scontri con le truppe inglesi, comincia a farsi strada l’idea di staccarsi dalla madrepatria (decisamente respinta solo due anni prima) ed il 4 luglio 1776 i delegati nuovamente riuniti a Filadelfia rendono pubblica la famosa “Dichiarazione di indipendenza” in cui vengono esplicitati alcuni principi fondamentali quali l’uguaglianza degli uomini, la presenza di diritti inalienabili come la vita, la libertà ed il diritto dell’uomo a perseguire le proprie aspirazioni (la famosa “ricerca della felicità” che è tuttora un punto fondante della mentalità del cittadino statunitense). L’alto grado di consapevolezza politica mostrata dai delegati americani dà conto in maniera evidente di quanto l’Inghilterra abbia sottovalutato lo sviluppo non solo economico ma anche e soprattutto culturale di gran parte della classe dirigente americana, cresciuta in ambienti dove la libertà di stampa e di pensiero sono considerati patrimonio comune ed insofferente ad imposizioni e gerarchie di carattere europeo. Immagine 9: Questa stampa illustra i fatti del 16 dicembre 1773 quando un gruppo di coloni travestiti da indiani buttano in mare il carico di tè di una nave inglese provocando la durissima reazione inglese. Fonte: V. Calvani, Spazio storia 2, Mondadori. Il forte stato di conflittualità che si è così generato sfocia nello scontro armato. I coloni affidano il comando delle operazioni militari ad un ricco possidente della Virginia, George Washington (1732-1799). L’esercito inglese, più organizzato, coglie all’inizio importanti successi ma sul lungo periodo le truppe dei coloni riescono a mettere in difficoltà il nemico sfibrandolo con attacchi a sorpresa. Fondamentale risulta l’aiuto delle altre potenze europee: Olanda, Spagna e soprattutto Francia concedono prestiti, vendono armi e rompono l’accerchiamento navale che gli inglesi hanno operato nei confronti dei porti americani. A partire dal 1780 gli inglesi incontrano crescenti difficoltà e nel 1781 a Yorktown vengono sconfitti dalle forze congiunte americane e francesi. L’Inghilterra, in considerazione anche delle enormi spese che la guerra sta comportando, accetta di cominciare le trattative per la pace che viene firmata a Parigi il 3 settembre 1783 riconoscendo l’indipendenza delle colonie che hanno preso a definirsi Stati Uniti d’America. Immagine 10: Questo quadro è stato realizzato nel 1875 dal pittore americano Archibald MacNeal Willard in occasione dell’esposizione dedicata al centenario dell’indipendenza americana e rappresenta la fierezza del popolo americano che combatte contro gli inglesi. Fonte: Fossati, Luppi, Zanette, Passato e presente 2, Bruno Mondadori.
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