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Rivoluzione industriale e rivoluzione americana, Appunti di Storia

Rivoluzione industriale e rivoluzione americana appunti dettagliati

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 11/02/2022

Luca20042004
Luca20042004 🇮🇹

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Scarica Rivoluzione industriale e rivoluzione americana e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! POPOLAZIONE E RISORSE NELL’EUROPA DEL 700 La rivoluzione demografica Europa, grande ripresa in campo economico dal momento che ci fu un ingente incremento demografico. Questo aumento della popolazione fu talmente grande che questo evento fu nominato “rivoluzione demografica”, anche dal momento che mai si è vista una crescita demografica costante (senza interruzioni) per più di 200 anni, infatti la “rivoluzione demografica durò dal 700 a buona parte del 900. Aumento della popolazione europea del 66% circa (crescita non uniforme in tutto il continente) → meno evidente nelle aree più sviluppate economicamente (occidente) a parte la Gran Bretagna => crescita maggiore nell’Europa centro-orientale. Le cause - calo tasso di mortalità (causa:no pandemie come la peste e miglioramento delle pratiche igieniche (sapone e indumenti di cotone meno costosi e più facili da lavare => + numerosi => + semplice cambiarli) che combattono malattie più comuni) evoluzione tecniche di costruzione (strutture di mattone e non di paglia => - proliferazione insetti e batteri) sviluppo economico del settore agrario(si limitò l’impatto delle carestie e si diffuse una dieta + varia) - aumento del tasso di natalità (mutamento nelle abitudini matrimoniali → abbassamento dell’età media per sposarsi => allungato il periodo di fecondità) Nelle città Urbanizzazione=sancisce il piano regolatore della città, i servizi, il tasso di occupazione, il processo di sviluppo dei centri urbani Urbanesimo=tendenza della popolazione di insediarsi nei grandi centri urbani L’incremento demografico riguardò sia le grandi città di più antica urbanizzazione e sia le piccole città di recente popolamento. Questo dal momento che ci fu un elevato numero di persone che si spostò dalle campagne ai centri urbani (urbanesimo) per motivi economici (+attività commerciali) Città come Londra, Napoli e Parigi furono soggette a questo incremento demografico Conseguenze nell’amministrazione locale di ogni città: - problemi nel necessario approvvigionamento alimentare - problemi nel mantenimento dell’ordine pubblico: la popolazione delle grandi città continuava ad essere costituita da moltissimi poveri (individui ritenuti pericolosi che in precedenza venivano curati negli ospedali e nelle chiese, ma con l’aumento della popolazione questi organi non riuscirono a controllarli tutti => workhouses) Workhouses: edifici dove i poveri venivano rinchiusi e obbligati a svolgere lavori forzati che quindi permettevano alla città di avere manodopera poco qualificata ma a basso costo. Produzione agricola Nel corso del 700 si riuscì a migliorare la produzione agricola delle campagne per soddisfare i nuovi standard di richieste. SI riuscì grazie all’ampliamento delle superfici coltivabili grazie a opere di bonifica e disboscamento e a nuovi e più efficienti sistemi di irrigazione => senza modificare i metodi di coltivazione. Questo fu il caso della Russia che poteva permettersi l’ampliamento delle superfici coltivabili e di una rilevante manodopera. La rivoluzione agraria In altre nazioni fu diverso il sistema adottato per incrementare la produzione agraria, ad esempio in Italia, in Gran Bretagna e in Olanda. Si adottò un sistema più intensivo di sfruttamento dei terreni, tramite - nuovi sistemi di coltivazione - nuovi prodotti agricoli - nuovi metodi di organizzazione delle proprietà - nuove strutture agrarie Un nuovo cambiamento ci fu per quanto riguarda i sistemi colturali: la rotazione triennale lasciò il posto a quella quadriennale o continua che portò ad una maggiore produzione ma ad una minore qualità del terreno poiché venne abolito il periodo di maggese. Vennero introdotte le piante foraggere per il bestiame, legumi, tuberi da avvicendare ai cereali. =>maggiore quantità e maggiore varietà di prodotti. Infine l'allevamento bovino e ovino fu in grado di vendere sul mercato sia carne che derivati del latte (non sono più considerati alimento da ricchi e sono fonte di proteine) Le nuove colture Due piante importate del Nuovo Mondo: il mais e la patata —> diventarono alimento base della dieta popolare. Il mais si diffuse in aree dal clima mite e mediterraneo e dalla disponibilità di acqua per l’irrigazione. In Veneto si usò per la polenta che divenne il cibo principale dei contadini. Effetti collaterali di un’assunzione persistente della polenta (monofagismo) furono alterazioni negli equilibri nutrizionali e malattie (ad es. la pellagra: carenza di vitamine) La patata ha il vantaggio di crescere a qualsiasi abitudine, prima considerata dannosa per la salute umana, poi venne usata come cibo principale del ceto popolare in Europa centro-settentrionale. Altre colture: tabacco e riso Il caso inglese:recinzioni e capitalismo agrario Due tipi di terreni agricoli: i campi di proprietà individuale, lasciati aperti (open fields) e le terre comuni a uso collettivo. Dalla 2 metà del Seicento vennero introdotte le recinzioni (enclosures) al fine di accorpare le proprietà private e di privatizzare le terre comuni. Conseguenze —> scomparsa della piccola proprietà e l’affermarsi di grandi aziende agricole capitaliste controllate da imprenditori i quali disponevano di capitali per gestire i terreni e per pagare la manodopera (piccoli proprietari contadini). IL COMMERCIO INTERNAZIONALE COLONIE E COMMERCIO MONDIALE ● Nel 700 l’europa è il continente più ricco e potente Molte nazioni europee avevano territori coloniali sparsi per il mondo con cui avevano relazioni commerciali ● Tra gli stati coloniali, UK (superiorità navale) e Francia, miravano al controllo totale delle materie prime e lo smercio in europa L’ECONOMIA-MONDO ● Nella seconda metà del ‘700 nascita del “economia-mondo” grazie allo sviluppo del commercio marittimo internazionale L'industria rurale a domicilio, a causa del fenomeno dell'incremento demografico, non riesce a sostenere una domanda di prodotti sempre maggiore. ... all'industria meccanizzata del cotone Per rispondere al problema della continua crescita della domanda gli addetti del settore tessile elaborarono innovazioni tecnologiche in grado di meccanizzare la produzione incrementandola e abbattendone i costi. • La prima innovazione fu brevettata nel 1733 da John Kay ed è la “spoletta volante” un congegno che autorizza in parte la fase della tessitura raddoppiando il rendimento dei telai e consentendo la realizzazione di stoffe di dimensioni più grandi. • Nel 1764, per adeguare i ritmi produttivi della filatura a quelli della tessitura, viene inventata da James Hargreaves una filatrice meccanica molto veloce “ spinning jenny” capace di far funzionare più fusi simultaneamente. • Successivamente nel 1779 Samuel Crompton ideò il “mule jenny”, un filatoio a lavoro intermittente in grado di produrre un filo di notevole finezza e robustezza. • Infine nel 1785 Edmund Cartwright costruisce il primo telaio interamente meccanico che riduce drasticamente le difficoltà e i tempi di esecuzione del lavoro. Il nuovo sistema si rivela un successo tanto grande da spingere alcuni imprenditori del settore cotoniero a investire nelle fabbriche, con macchine che funzionano sfruttando l'energia idraulica. Al centro di questo sistema produttivo denominato factory system vi è il cotone, materiale più resistente ed economico della lana che gli imprenditori potevano importare dalle colonie nordamericane . La macchina a vapore Inventata dallo scozzese James Watt Trasforma l’energia termica data dal riscaldamento dell’acqua in energia meccanica continua utilizzabile in molteplici applicazioni Adottata nelle fabbriche tessili per azionare i telai Il Settore Siderurgico: La macchina a vapore di Watt viene usata anche nel settore estrattivo. L’industria del ferro si stava espandendo e la domanda di metalli per la costruzione di nuovi macchinari incrementò. Largo impiego del carbone per formare la ghisa e l’acciaio; prima carbone di legna, poi carbone fossile e coke (derivato dal carbone). Importanti innovazioni: forno a riverbero e “puddellaggio” (mischiare diversi metalli fusi). Gran Bretagna diventa paese esportatore del ferro e derivati. Geografia Industriale e Vie di Comunicazione: Le fabbriche sorgono nei pressi di bacini carboniferi e di miniere di ferro e si crea un’efficace rete di comunicazione. Ottocento: prima locomotiva a vapore e prima tratta ferroviaria. L’organizzazione del Processo Produttivo Idea: maggior numero di prodotti nel minor tempo possibile. Processo produttivo diviso in fasi e lavoro controllato da rigidi sorveglianti. Lavoro ripetitivo per 12 o 16 ore. No pensione o tutela in caso di malattia o infortunio. Usati donne e bambini per basso costo Le Conseguenze Sociali dell’Industrializzazione: Le città ospitano gli impianti industriali per la presenza di vie di comunicazione e offerta di manodopera a basso costo. Quartieri operai e case malsane e sovraffollate, si diffondono le epidemie, stipendio basso. Le Prime Forme di Protesta Operaia: il Luddismo Proteste organizzate contro le macchine e aumento dei salari. Luddismo: Ned Ludd: personaggio probabilmente leggendario che si sarebbe ribellato al proprio datore di lavoro distruggendo il telaio a cui stava lavorando. Azioni di sabotaggio contro le macchine. Luddisti ricevettero la dura repressione del Parlamento che introdussero la pena di morte per i Luddisti. Vennero create le “società di mutuo soccorso”: libere associazioni di operai che si impegnavano ad aiutarsi reciprocamente in caso di malattia o perdita del lavoro. Sviluppo e crisi del sistema coloniale La colonizzazione del Nord America La colonizzazione britannica del Nord America aveva avuto inizio nel XVII secolo. La sua nascita è rappresentata dalle concessioni commerciali accordate dal sovrano inglese a compagnie di mercanti e a gruppi di cittadini che si erano trasferiti nel nuovo mondo. Le colonie diedero vita a forme di autogoverno, eleggendo assemblee e consigli rappresentativi dotati di forti poteri locali. Nel 1732 le colonie nordamericane erano diventate in tutto 13. Durante il XVIII secolo ci fu un’ampia crescita demografica ed economica. La vita economica era regolata primariamente dal monopolio commerciale britannico. Le colonie, cioè, dovevano intrattenere scambi unicamente con la Gran Bretagna; non potevano inoltre produrre da sé ciò che potevano acquistare dalla madrepatria. Gli americani, tuttavia, non rispettavano rigidamente i divieti della madrepatria: il contrabbando era infatti diffuso e spesso tollerato dalle autorità inglesi. La realtà eterogenea delle colonie Le colonie nordamericane costituivano un mondo affatto compatto e omogeneo. Colonie del Sud: Organizzate intorno all'economia delle grandi piantagioni, coltivate mediante la manodopera schiavile e la classe dirigente era un'aristocrazia terriera, molto simile a quella della madre patria. Sul piano religioso era indiscussa la chiesa anglicana. Colonie del centro: Qui si trovavano le città e i porti più importanti del Nord America. La popolazione era composta oltre che dagli inglesi, anche da altri immigrati. Ciò significa ovviamente un pluralismo religioso. Colonie del Nord: Esse costituivano la nuova Inghilterra, in cui dominavano la piccola proprietà e la presenza di attività manifatturiere. Le città erano economicamente e commercialmente molto vivaci e il fatto che avevano piccoli e grandi porti favorì lo sviluppo della cantieristica navale e della pesca. Poiché la popolazione era prevalentemente di origine inglese, sul piano religioso diceva la tradizione puritana. La consapevolezza dell'identità americana Già all'inizio del 700 i colori iniziarono a sentirsi accomunati dall'essere americani. Fin dal 600 l'america era stata da loro considerata un dono della provvidenza divina. I protestanti consideravano infatti l'america come una terra promessa e definivano se stessi "il popolo di dio" destinato a condurre in America la missione cristiana di cui si sentivano investiti. I coloni col tempo iniziarono a sentirsi come una società autonoma, seppur la popolazione fosse multietnica. Il solco sempre più profondo tra colonie e madrepatria I principali motivi di scontento dei coloni furono dovuti inizialmente al movimento del Grande Risveglio, movimento di rinnovamento religioso con predicatori che esortavano il mantenimento dell’identità Americana e mostravano come ideale una vita laboriosa e frugale. Questo allontanò il popolo americano dai coloni, che vennero esclusi da questo sentimento di unione patriottica. Inoltre, in seguito alla guerra dei sette anni, si vide a formarsi un senso di coesione tra i coloni, dominati da sentimenti anticattolici e pieni di dolore reciproco per il comportamento della madrepatria nei loro confronti che gli impedì’ di espandersi verso ovest, conquistando i nativi americani, per la scarsa fiducia nutrita nelle loro capacità in guerra. Vi fu poi il fattore della politica fiscale: date le ingenti spese per la guerra dei sette anni, la Gran Bretagna alzò le imposte nei confronti dei coloni, che fino a quel momento avevano subito una tassazione agevolata rispetto alla madrepatria. Dalla protesta fiscale allo scontro aperto Nel 1764 fu approvato uno Sugar act che abbassava il dazio sul prodotto, ma al contempo ne sanzionava il commercio illegale. l'anno seguente, lo Stamp act introdusse l'obbligo dell'applicazione di una marca da bollo sui giornali e sugli atti legali. La protesta da parte dei coloni nordamericani fu subito violentissima. La giustificazione della decisione da parte e la madrepatria era chiara: la Guerra dei Sette Anni era stata combattuta anche per favorire gli ingressi delle colonie, e ora queste dovevano contribuire alle finanze pubbliche britanniche. Per protesta nelle città nordamericane si diffuse l'efficace e significativo slogan ” no taxation without representation”,Ovvero, nessuna tassazione senza rappresentanza.Il più importante paladino della polemica costituzionale fu l'avvocato virginiano Patrick Henry, il quale volle che l'assemblea coloniale della Virginia detenesse ufficialmente di detenere in esclusiva il potere di imporre tasse ai propri cittadini. Ci fu quindi l'approvazione di un Declaratory Act, con il quale il Parlamento inglese confermava la propria sovranità sui territori nordamericani. Questo portò al rinnovamento e all’inasprimento dei risentimenti dei coloni. La Guerra di indipendenza Dal massacro di Boston alla guerra di liberazione A Boston nel 1770 alcuni ragazzi lanciano palle di neve contro una sentinella inglese: inizia uno scontro tra bostoniani e la truppa inglese, che uccide 4 persone e ne ferisce altre. La stampa battezza l’accaduto come massacro di Boston. Le posizioni indipendentiste si rafforzano, fino a che nel 1773, quando viene stipulato il Tea Act, che consentiva agevolazioni alla Compagnia delle Indie Orientali, così in grado di vendere il prodotto alle colonie ad un prezzo talmente basso da non consentirne neanche il contrabbando e riconoscendole il monopolio. In seguito a ciò vennero prese forti misure di protesta, tra cui il Boston Tea Party, in cui tonnellate di casse di tè vennero gettate in mare. La madrepatria pone allora delle leggi repressive (Intolerable Acts). Le colonie convocano un loro congresso a Filadelfia, nel 1774, primo congresso continentale in cui erano presenti tutte e 13, in cui le sanzioni non vengono riconosciute. Chiedono inoltre alla madrepatria autonomia fiscale e amministrativa e ribadiscono l’importanza dell’aiuto reciproco tra colonie. La Gran Bretagna invia le truppe inglesi nel 1775 e iniziano scontri armati. George Washington e l’inizio della guerra Nel 1775 si riunisce il secondo congresso continentale e organizza un proprio esercito (Continental Army), guidato da George Washington, proprietario terriero che si era distinto contro i Francesi. Dopo che re Giorgio III dichiara i coloni ribelli, inizia la guerra di indipendenza. Nonostante l’esercito dei coloni fosse debole e male organizzato, Washington si dimostrò un ottimo motivatore, le truppe Britanniche avevano difficoltà nel controllare quei territori lontani e l’opinione pubblica gli era contro. Le basi ideologiche della rivoluzione In questo periodo vengono pubblicati numerosi articoli e pamphlet, tra cui l’opuscolo di Thomas Paine, dal titolo Common Sense, che sosteneva il fatto che la madrepatria avesse violato il patto sociale dei coloni, privandoli del loro diritto naturale. “Ordinanza del Nord-Ovest”: si stabiliva la colonizzazione delle terre a occidente degli Stati settentrionali. Una volta raggiunto un certo numero di abitanti, potevano chiedere di aderire all’Unione con pieno autogoverno. Federalisti e repubblicani Una volta messe le basi dello Stato federale in politica vi sono due visioni molto diverse che finiscono per formare due partiti: Federalisti(partito repubblicano) guidati da Alexander Hamilton che desiderano un forte governo centrale capace di sostenere lo sviluppo economico della giovane nazione. Antifederalista(oggi democratico) guidato da Thomas Jefferson secondo il quale la repubblica ,fondata dalle ex colonie britanniche, doveva essere una società di uomini liberi con l’assenza di un potere centrale forte. I sostenitori di Hamilton sono perlopiù gruppi sociali urbani delle città settentrionali che seguono un obiettivo anti europeo e che sognano di vedere gli Stati Uniti diventare una moderna nazione industriale. Davano molta importanza al ruolo del governo federale in quanto doveva sostenere lo sviluppo manifatturiero istituzionali, finanziari e fiscali. Gli hamiltoniani pongono così le basi della successiva nascita a metà dell’ 800 del moderno Partito repubblicano. I Jeffersoniani vengono rappresentati dalle società rurali meridionali che ambiscono ad una piena autonomia nell’ espandersi a ovest e ad una massima libertà di mercato per i prodotti agricoli. La differenza più forte e rilevante con l’altro partito è quella di voler impiegare lo sfruttamento della schiavitù. Essi pongono invece le basi al futuro Partito democratico nato alla fine degli anni venti dell’Ottocento e incentrato sulla difesa delle libertà individuale e di quelle dei singoli Stati e sull’opposizione all’espansione del potere federale. Ancora oggi a contendersi il potere sono il Partito repubblicano e quello democratico che nel corso del tempo hanno subito profondi cambiamenti. La presidenza di Washington e l’egemonia federalista Nel 1789 viene eletto primo presidente degli Stati Uniti George Washington, sostenitore dei federalisti. Inizia così l’età federalista caratterizzata da un forte potere centrale con Hamilton segretario al Tesoro, ossia promotore del ruolo centrale della banca degli Stati Uniti in materia finanziaria, e Jefferson segretario di stato ( Ministro degli Esteri). TUTTAVIA In questo periodo riscuotono successo anche i jeffersoniani in quanto riescono a far approvare i 10 emendamenti alla Costituzione federale, che prendono il nome di Dichiarazione dei diritti ( Bill of rights, 1789). In esse vengono specificate le libertà che non possono essere private dal governo ai cittadini (libertà di parola, di stampa, di riunione e di religione) e il diritto a possedere e portare armi. Washington si ritira nel 1797 con il Discorso di addio nel quale ribadisce la necessità di distaccarsi dalle questioni politiche europee per rimanere sani. A succedergli John Adams, con il quale prosegue l’egemonia dei federalisti e la Costituzione delle istituzioni federali. Il cambiamento radicale avviene nel 1800 quando Thomas Jefferson diventa presidente e ovviamente si impegna verso un forte contenimento dei poteri centrali. La Storia che Vive: 1) Democratici e Repubblicani: 2009 eletto presidente democratico Barack Obama nel pieno di una crisi economica e finanziaria (alta disoccupazione). Obama seguì le scelte del presidente democratico Roosevelt (che arginò la crisi del 1929): intervenire in economia imponendo regole al mercato e aiutando le imprese. Obama criticato dai repubblicani perché secondo loro aveva tradito gli autentici valori americani: autonomia dell’individuo e libertà di iniziativa. 2) Centralismo contro Libertà: Il dibattito riprende quello tra “hamiltoniani” (Stato federale forte) e “jeffersoniani” (contrari al centralismo statale). Hamilton: repubblicani; Jefferson: democratici. Partito Democratico: è quello progressista ispirato al liberalismo americano, giustizia sociale, è quello che presta maggiore attenzione alle esigenze delle persone che vivono meno agiatamente rispetto ai cosiddetti “ricchi”; ed è anche quello sostenitore del concetto di uguaglianza a livello sociale. Il Partito Repubblicano, invece, è quello conservatore di centro-destra che ritrova i suoi valori nella “famiglia tradizionale” e non è quasi mai a favore degli interventi che fa lo Stato per l’economia del Paese (favorisce i ricchi).
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