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Rivoluzione Industriale, la vita degli operai nel tempo, Slide di Storia

Le condizioni di vita degli operai dalla Prima Rivoluzione Industriale del 1700 ai giorni d'oggi

Tipologia: Slide

2022/2023

Caricato il 24/04/2023

CrisGue
CrisGue 🇮🇹

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Scarica Rivoluzione Industriale, la vita degli operai nel tempo e più Slide in PDF di Storia solo su Docsity! I L L A V O R O E L E C O N D I Z I O N I D I V I T A … I E R I E O G G I di Gabriele Alessandro Giulia Bonacquisti Edoardo Sirbu Joshua Amigo P R I M A R I V O L U Z I O N E I N D U S T R I A L E • Fra il 1760 e il 1830 si verificarono, prima di tutto in Inghilterra, mutamenti radicali nei processi produttivi del settore manifatturiero, che portarono in breve a una e vera e propria rivoluzione industriale che si diffuse ben presto nell’occidente europeo. • La rivoluzione industriale comportò cambiamenti anche nella società inglese interessando sia le strutture sociali sia le abitudini di vita, i rapporti fra le classi sociali, e anche l'aspetto delle città, soprattutto quelle più grandi. • Due sono le cause convergenti che determinarono questo fenomeno: l'aumento considerevole della popolazione (gli europei sono circa 180 milioni ad inizio secolo e arrivano a 470 milioni nel 1914) e l'attrazione esercitata dalle città. Le campagne sono diventate ovunque sovraffollate e la terra, anche per le trasformazioni in corso, non è in grado di assicurare la sussistenza a un numero crescente di persone. Spinti dalla povertà, molti contadini abbandonano le campagne e migrano oltreoceano o nelle città europee, attratti dalle maggiori possibilità di lavoro e di vita. • Secondo stime attendibili, fra il 1841 e il 1880, lasciano il vecchio continente 13 milioni di europei, soprattutto inglesi, irlandesi e tedeschi e tra il 1891 e il 1920, nel periodo di più alta emigrazione, partono oltre 900.000 europei all'anno, soprattutto provenienti dall'Europa meridionale e orientale, fra cui numerosissimi italiani. L E C O N D I Z I O N I D I L A V O R O N E L 1 8 0 0 • Il lavoro è strettamente vincolato alla macchina che giorno e notte deve essere continuamente alimentata; è organizzato e parcellizzato, svolto per segmenti assegnati sulla base di una crescente divisione del lavoro, con ritmi e tempi imposti; è semplificato, ripetitivo, scarsamente qualificato. In generale si può dire che la vita operaia è molto dura. • Fatica, lunghi orari (12-16 ore giornaliere), ritmi lavorativi estenuanti, turni continui, disoccupazione ricorrente, infortuni, malattie, epidemie di colera o tubercolosi, reddito insufficiente, assenza di ogni forma di tutela (indennità di disoccupazione, pensione, assicurazione...), ambienti malsani fuori e dentro la fabbrica caratterizzano un'esistenza operaia specificatamente segnata dalla precarietà e dallo sradicamento dai tradizionali riferimenti culturali e che oscilla fra la pura sopravvivenza e la miseria e l'indigenza più nere. • Nel nuovo mercato della manodopera occupano un posto rilevante le donne e i fanciulli la cui presenza in fabbrica, soprattutto nel settore tessile o in miniera, disegna il nostro immaginario collettivo sulla prima rivoluzione industriale. Verso il 1830, in Inghilterra le donne rappresentano quasi il 60% e i fanciulli o i ragazzi sotto i 18 anni il 46% dei lavoratori di fabbrica. Solo nel 1831 viene introdotta in Inghilterra una legge che limita la giornata lavorativa a 12 ore giornaliere per chi ha meno di 18 anni; è il faticoso inizio di una legislazione sociale che per lungo tempo più che modificare le disumane condizioni lavorative rivela i terribili costi sociali del sistema di fabbrica. L’ E V O L U Z I O N E D E L L E C I T TÀ • Nel tempo la città si evolve sempre in stretta relazione con gli sviluppi economico-produttivi: così a ogni fase storica sono associabili distinti, sebbene non esclusivi, ‘modelli’ di città. • Già nel corso del XIX secolo i complessi problemi connessi alla crescita rapida e senza regole delle città cominciano a essere affrontati, se non risolti, ameno in parte. In tempi diversi da città a città, vengono ad esempio costruite estese reti idriche e moderni sistemi fognari. In generale, la creazione di infrastrutture (strade, acqua, fogne, gas) e di servizi (dai trasporti ai teatri) riguarda inizialmente le grandi città e gli strati più alti della società, per poi, seppur lentamente, generalizzarsi (in Italia, la casa con servizi igienici interni è per i più una conquista successiva alla Seconda guerra mondiale). • La pressione urbanistica e gli interventi volti a risanare, costruire, abbattere, creano una nuova domanda di suolo urbano edificabile e un lucroso campo di transazioni e di affari, anche speculativi, che attira ingenti capitali e dove agiscono e si combinano interessi pubblici e privati. • Soprattutto nelle grandi città, si demolisce, si costruisce, si modifica la distribuzione spaziale delle funzioni economiche e sociali, e si disegna il volto della città della borghesia. La grande città si organizza in zone specializzate: il centro degli affari, le zone commerciali, amministrative e politiche, le aree di produzione e quelle ricreative, i quartieri abitativi distinti per strati sociali. L A C I T T À F O R D I S T A • Nel XX secolo la città cambia ancora volto e quando l’industria ottocentesca lascia il posto all’industria moderna, basata su imprese di grandi dimensioni e sulla produzione di beni di massa, nasce quella che viene definita «la città fordista». • Questa tipologia di città si caratterizza per la concentrazione delle attività industriali all’interno del tessuto urbano (in Italia un esempio è Torino con lo sviluppo della FIAT) con la forte presenza di operai (tute blu), per gli alti tassi di inurbamento di manodopera non professionalizzata, per la concentrazione e la crescente importanza di servizi e di infrastrutture (alloggi, strade, mezzi pubblici), per la progressiva crescita del ceto medio (colletti bianchi), per l'ampliamento progressivo delle funzioni dei governi locali come erogatori di servizi nei campi della sanità, dell'istruzione, dell'assistenza, dei trasporti pubblici. • Il processo di crescita delle città non si arresta mai, in particolar modo dalla fine della Seconda Guerra Mondiale fino agli anni ’70: le città così si ingrandiscono a dismisura, generando enormi periferie prive di connotazione e qualità. L A C I T TÀ M E T R O P O L I TA N A • La nuova città è gravata dai problemi di un'immigrazione massiccia, dal pendolarismo, dalla costruzione frettolosa di nuovi quartieri di bassa qualità. È anche la città dell'avvento del consumo di massa e di una crescente e forte conflittualità sociale. Nasce così una società urbana disciplinata da tempi e processi organizzativi rigidi e da una netta separazione fra luogo/tempo di lavoro (la fabbrica, l'ufficio) e luogo/tempo per le attività del tempo libero. • Dal punto di vista dell'organizzazione spaziale, dal secondo dopoguerra, le città industriali continuano a ingrandirsi e progressivamente perdono di compattezza. Crescono i quartieri operai nelle periferie per lo più ad alta intensità abitativa e a bassa qualità ambientale, ma nascono anche quartieri satellite, che si estendono nei comuni della prima cintura, inframmezzati alle grandi industrie (cinture industriali) e sono abitati prevalentemente da lavoratori occupati in città o nelle aree periferiche, dando luogo al fenomeno del pendolarismo. • Per definire questo insieme territoriale che si estende oltre la stretta area urbana si è imposto il concetto di area metropolitana. A differenza di quanto accaduto durante la formazione della città industriale nel XIX secolo, dunque, nella nuova configurazione cittadina i centri secondari non vengono inghiottiti da quelli più grandi, ma si sviluppano in modo concorrenziale e grandi spazi che prima erano campagna entrano a far parte del sistema urbano. D A L L A M E T R O P O L I A L L A C I T T À M O D E R N A • Oggi nessuna città europea è più segnata nel suo profilo dalle ciminiere o dagli altiforni degli impianti industriali. Le attività produttive, infatti, non hanno più bisogno di concentrarsi in città, ma di essere collegate da reti informatiche. • Le città si trasformano: da luogo di produzione in centri soprattutto di servizi e la crescita urbana continua là dove le economie locali sostituiscono alla fabbrica gli uffici pubblici e privati, soprattutto di tipo avanzato, legati all'innovazione tecnologica e culturale. • Questo nuovo processo di trasformazione si è avviato alla fine degli anni ’80 e soprattutto dopo il crollo del muro di Berlino (1989) quando si è modificato profondamente anche il sistema economico mondiale. Di fatto si è rotta la correlazione tra grande città e possibilità di lavoro e di fruizione dei servizi, è rallentata la crescita delle aree metropolitane e si è trasformato il panorama urbano. L A C I T TÀ M O D E R N A • Le città, inserite in un'economia che trascende la realtà locale e nazionale, non si contrappongono più al territorio circostante, ma compenetrano la campagna diffondendovi, complici i trasporti, la televisione, i cellulari e i computer, nuovi modelli di vita urbani. • Questo comporta però una diversa organizzazione del lavoro, basato più sulla velocità di comunicazione e di fruizione dei servizi che sulla dimensione statica dello stesso. E, nonostante le condizioni di lavoro siano generalmente migliorate, grazie anche all’intervento dei sindacati e ad una maggiore coscienza collettiva riguardo al rispetto dei diritti del lavoratore, emergono nuove figure professionali non sempre protette e riconosciute. • Restano infatti sacche di sfruttamento lavorativo, come avviene con gli immigrati, considerati professionalmente inferiori e quindi addetti a lavori più umili soprattutto in ambito agroalimentare, e anche con i riders.
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