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Rivoluzione Scientifica Filosofia, Appunti di Filosofia

Appunti dettagliati del pensiero e della vita con anche analisi delle opere

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 16/09/2023

daniele-rampinelli
daniele-rampinelli 🇮🇹

4.7

(3)

37 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Rivoluzione Scientifica Filosofia e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA Per “rivoluzione scientifica” si intende il periodo che seguì il dominio del modello aristotelico di interpretazione dell’universo fisico e che offrì una nuova concezione dell’universo ed un nuovo metodo di indagine. Tale passaggio travagliato, poiché erano in molti ad intendere valido il modello aristotelico, e i protagonisti della rivoluzione scientifica dovettero combattere una battaglia culturale per affermare la scienza anti-aristotelica. Tra il 1543, anno in cui Copernico pubblicò il “De revolutionibus orbium coelestium”, ed il 1687, quando Newton pubblicò “Philosophiae naturalis principia mathematica”. Si possono riscontrare alcune affinità tra le due concezioni scientifiche, come il fatto che entrambe indicano il punto di partenza dell’indagine scientifica nell’osservazione della realtà, per cui lo scienziato deve osservare i fenomeni e cercare di spiegarli. Nonostante ciò, ci sono anche moltissime divergenze: ● L’uso della matematica: Aristotele vietava tassativamente l’uso dei concetti matematici nello studio del mondo fisico, sia per un motivo di principio (Aristotele distinse gli ambiti del sapere, ognuno dei quali gode di una specificità, dei propri principi e oggetti) sia per un motivo pratico ed intuitivo (la matematica ci dà una spiegazione rigida ed astratta, non applicabile alla realtà fisica, concreta e irregolare). La fisica moderna nacque dalla decisione di applicare la matematica alla fisica (platonismo). ● Metodo di spiegazione dei fenomeni→ due modelli: per Aristotele, spiegare un fenomeno significava individuarne la causa profonda, che risiede nella natura del fenomeno studiato (un esempio è quello della caduta dei gravi: cercare la causa profonda nella loro stessa natura, la quale è la materia: terra); la scienza moderna si limita a descrivere il comportamento servendosi di un linguaggio matematico. ● Rapporto tra scienza (intesa come fisica) e tecnica: per Aristotele i due momenti sono separati (abbiamo le scienze teoretiche, pratiche e polietiche: quelle teoretiche studiano la realtà indipendente da noi, come la metafisica, la matematica e la fisica; quelle pratiche studiano le azioni umane, come l’etica e la politica; le scienze polietiche spiegano come produrre un oggetto distinto, la falegnameria o la poetica); nella scienza moderna questi due aspetti sono legati tra di loro, quindi l’indagine scientifica avviene attraverso strumenti tecnici (il cannocchiale, il laboratorio), e inoltre lo studio del mondo naturale non è più fine a se stesso, ma ha il fine di dominare la natura attraverso la tecnica. NICOLÒ COPERNICO Prima la visione del cosmo era quella aristotelico-tolemaica, che considerava la Terra come il centro dell’universo e vedeva il cosmo finito (da un punto di vista aristotelico l’infinito è solo potenziale, mai è in atto, reale), chiuso (all’interno della sfera delle stelle fisse) e gerarchico (distingue il mondo celeste perfetto da quello terrestre imperfetto). COSMOLOGIA ELIOCENTRICA Nel 1543 pubblicò il “De revolutionibus orbium coelestium”, permettendo il passaggio dalla cosmologia geocentrica a quella eliocentrica e discutendo il modello aristotelico-tolemaico. Tuttavia, non fu il primo a tentare in questa impresa: già Aristarco di Samo ipotizzò questa teoria, che fu però scartata. Quindi il merito di Copernico è quello di aver dato forza a quell’antica ipotesi. Copernico sostiene che ogni mutamento nello spazio può essere spiegato in tre modi: come conseguenza del movimento della cosa osservata, come conseguenza del movimento dell’osservatore o come conseguenza del movimento di entrambi. Il metodo attraverso cui scegliere i modelli è quello di semplicità (“rasoio Ockham”). Seguendo questa linea, ragiona sul fatto che è difficile pensare che un cielo così grande ruoti attorno alla piccola Terra in così poco tempo, è più facile pensare il contrario. A portare Copernico a ritenere più semplice il modello eliocentrico c’è anche un altro motivo: un problema che affliggeva tutti gli scienziati, il movimento dei pianeti. Chi osserva il cielo, infatti, non vede i pianeti sempre alla stessa distanza e con la stessa luminosità, ma li vede capaci di muoversi in maniera diversa (moto retrogrado dei pianeti). La soluzione che fu proposta dal sistema aristotelico-tolemaico era rappresentata dal sistema epiciclo-deferente, secondo il quale gli altri pianeti si muovono lungo una circonferenza (deferente), e si muovono attorno ad un’altra circonferenza (epiciclo) che ruota attorno alla prima. Secondo Copernico, dunque, questo modello è “antieconomico”: ritiene il moto retrogrado dei pianeti non essere un problema qualora si ammetta che non c’è la Terra al centro dell’universo. Essa è mobile, compie un moto di rotazione sull’asse e di rivoluzione attorno al sole. Il carattere dirompente dell’opera fu, comunque, mitigato dalla prefazione: questa, infatti, fu scritta a sua insaputa da Andreas Osiander, un teologo luterano che spiegò che la teoria proposta da Copernico non fosse una dimostrazione fisica quanto più un calcolo matematico, un’ipotesi. Altri fattori che mitigarono indirettamente il carattere dirompente furono le mancate risposte alle seguenti obiezioni: ● se la Terra si muovesse, gli oggetti sarebbero lanciati lontano dalla superficie terrestre; ● se la Terra si muovesse, ci sarebbe un vento fortissimo; ● se la Terra si muovesse, un grave lanciato da una torre non cadrebbe ai suoi piedi. GIORDANO BRUNO Lo scienziato Giordano Bruno si confrontò con l’opera di Copernico, apprezzandone il carattere rivoluzionario ed affermando che la sua non fosse una semplice ipotesi matematica, (contestando Osiander), anche se risulta essere troppo legato alla vecchia visione del cosmo. Bruno spiega che l’universo è infinito in quanto la sua causa (Dio) è infinita, perché se così non fosse si limiterebbe la sua potenza, e dunque il cosmo non ha un centro, e dunque ci sono infiniti mondi ed universi. A causa della sua tesi fu processato e condannato dall'inquisizione: morì il 17 febbraio del 1600, bruciato al rogo. (fu poi eretta una statua come gesto di provocazione) GALILEO GALILEI LA VITA [1564-1642] Galileo Galilei nacque a Pisa, nel 1564, e compì i suoi primi studi sulle opere di biologia di Aristotele. Insoddisfatto, intraprese quelli sulla geometria Euclidea. Fece poi l’insegnante privato e il professore universitario di matematica a Pisa e a Padova. Il periodo padovano fu il più fecondo per la sua maturazione, estese i propri interessi verso la fisica e l’astronomia, e le tesi anti-aristoteliche di Copernico, e proprio a Padova costruì il suo primo laboratorio. Fece ritorno a Firenze nel 1610 grazie a Cosimo II De’ Medici. La sua vita non fu soltanto quella del professore, ma fu anche caratterizzata dalla battaglia contro la cultura aristotelica: a causa delle sue idee fu processato e subì un’ammonizione dal cardinale Bellarmino, ma, a differenza di Giordano Bruno, le rinnegò, e non fu condannato a morte. “SIDEREUS NUNCIUS” [1610] Furono significative le sue osservazioni compiute con il cannocchiale (che lui perfezionò) che furono raccolte nel “Sidereus Nuncius”. Osservazioni che smentirono la visione tolemaica: ● la luna, osservò le irregolarità della sua superficie, che ricordavano quelle della Terra (secondo la visione tolemaica dell’universo, la luna era una sfera perfetta, e smentì la distinzione tra corpi terrestri imperfetti e corpi celesti perfetti); ● il sole, notando la presenza delle macchie scure (macchie solari) che si muovevano, dimostrando che il sole non è perfetto ma presenta delle irregolarità; ● la Via Lattea, la quale non si presentava come una nebulosa ma come un ammasso di stelle lontane dalla Terra, confermando l’idea di un cosmo più grande di quello pensato da Aristotele; ● guardò i satelliti di Giove, i satelliti medicei (in onore della famiglia de’Medici), confermando l’esistenza di un altro pianeta al quale ruotano attorno dei satelliti; ● Venere e le sue “fasi”, osservando fasi che erano state previste dal modello copernicano ma non da quello tolemaico, ciò non poteva avvenire se era il sole a ruotare attorno alla Terra. La comunità scientifica reagì rifiutando e opponendosi alle sue scoperte, ci fu chi decise di rifiutare per principio di non utilizzare il cannocchiale (come Cesare Cremonini). Per questi scienziati, gli organi di senso, opera di Dio, non avevano bisogno di essere potenziati, in quanto già perfetti, e quindi si andrebbe ad alterarli. CONTRO I PILASTRI DELLA CULTURA TRADIZIONALE Galileo notò che la sua battaglia non doveva essere combattuta solamente sul piano scientifico ma anche su quello culturale, al fine di scardinare i pilastri della cultura tradizionale, che sono: 1. principio di autorità, abitudine di risolvere le controversie scientifiche ricorrendo all’autorità del passato (Aristotele), senza ricorrere ad esperimenti per confermare o smentire una tesi: Galileo rigettò ciò, in quanto la scienza doveva basarsi sulle osservazioni della natura e fece notare la contraddittorietà; 2. finalismo antropocentrico, ovvero che tutto ciò che esiste nell’universo è finalizzato ad un bene, l’uomo, ma secondo Galileo, porta a pensare alla Terra come il centro dell'universo; 3. Sacre Scritture ed il loro rapporto con la ricerca scientifica, in quanto sono presenti passi che lasciano intendere che la Terra sia situata al centro dell’universo (nel libro di Giosuè, egli chiese di fermare il sole, dunque esso sarebbe in moto): l’autorità delle Sacre Scritture ostacolano la scienza, e Galileo trattò questo nelle “lettere copernicane” (1613-1616) ed espresse la necessità che la ricerca scientifica fosse autonoma rispetto ad ogni criterio di giudizio esterno ad essa (Galileo credeva nelle Sacre Scritture, ma sosteneva che il loro significato non fosse letterale ma bensì allegorico, e dunque in caso di contrasto tra una scoperta scientifica e le Sacre Scritture bisognava concludere che fossero state interpretate male le Scritture): il contrasto è apparente, e Galileo rigettò la dottrina della doppia verità, la discordanza derivava da una cattiva interpretazione delle Scritture. Galileo fece anche notare come il grande argomento della Bibbia non fosse la natura quanto la salvezza dell’anima ed il comportamento morale. METODO INDUTTIVO Così come per Aristotele, anche per Bacone la scienza è conoscenza delle cause, ma vi sono molte differenze. Anzitutto, Aristotele individua quattro cause, mentre Bacone intende solo la causa formale (il modo in cui si presentano in natura i fenomeni, la norma che regola il comportamento dei fenomeni naturali). Poi vi è il fatto che alla conoscenza delle cause ci si arriva per induzione, dalla moltitudine dei casi particolari offerti dalla natura alla regola generale, e gli aristotelici commettevano l’errore di non prestare prudenza. Questo metodo richiede enorme cautela e gli strumenti adatti a procedere con prudenza sono le “Tavole”: lo scienziato deve raccogliere ciò che osserva in tre tipi di tavole: ● della presenza (individuare tutte le situazioni in cui è presente il fenomeno studiato), ● delle assenze in contiguità (individuare le situazioni dove però è assente il fenomeno studiato) ● dei gradi (dove lo scienziato indica le situazioni in cui il fenomeno si presenta con intensità diversa). Sulla base delle tre tavole lo scienziato elabora una prima ipotesi di legge fisica e di causa formale (il calore è un particolare tipo di movimento, espansivo, verso l’alto, rapido, che coinvolge le particelle piccole dei corpi). Questa legge potrebbe essere sbagliata, bisogna metterla alla prova essa attraverso i “Sostegni”, che possono essere sostegni dei sensi, come microscopio e telescopio, o sostegni dell’intelletto, come l’istanza della croce, o esperimento cruciale, in cui Bacone ha in mente un bivio, in cui il passante deve scegliere una strada attraverso, l’esperimento cruciale, che ci consente di escludere una delle due possibili spiegazioni. ● esempio: i gravi cadono a terra, e le due spiegazioni sono che ciò accade è per via della loro conformazione interna (natura) o per via della forza di gravità (attrazione della massa terrestre). Bacone dice allora di prendere due orologi, uno con un meccanismo che funziona tramite una ruota di ferro, l’altro tramite un sistema di contrappesi di piombo; essi vanno sincronizzati, poi va preso il secondo e portato il più in alto possibile, va poi osservato il suo comportamento; se è corretta la prima spiegazione l’orologio rimane sincronizzato, se è vera la seconda rallenta e va indietro. Allora bisogna portarlo in una grotta profonda, in essa l’orologio andrà molto più velocemente, essendo più vicino al centro della Terra e quindi più attratto dalla forza di gravità, se fosse giusta la seconda ipotesi. RENATO CARTESIO [1596-1650] La nuova visione della natura proposta dalla scienza moderna ha due caratteristiche principali: la natura descritta da Galileo è quantitativa, ed è doveroso usare la matematica, dato che il linguaggio della natura è quantitativo; la natura è anche meccanica, in natura non esistono fini o scopi ma solo cause, escludendo il concetto di fine, al contrario della concezione aristotelica, e ogni fenomeno ha una causa antecedente e sono legati da nessi di causa ed effetto. I fenomeni sono legati da nessi causali, avvengono in vista di una causa antecedente. CONCEZIONE FILOSOFICA Cartesio nota che quello che dice Galileo sulla natura è corretto, ma non è stato in grado di dimostrare le sue affermazioni circa la nuova immagine della natura e non ha fornito una giustificazione dal punto di vista dei principi primi (della metafisica). La fisica di Aristotele era sbagliata ma aveva un fondamento, una base metafisica. Priva di essa la nuova fisica risulta debole, e solo quando avrà una base metafisica capace di giustificarla sarà corretta. Questo problema viene esposto tramite un paragone tra il sapere umano ed un albero di cui le radici rappresentano la metafisica, il tronco la fisica e i rami altri saperi: Galileo ha sostituito il tronco ma non ha fornito nuove radici. Il suo progetto è fornire una base metafisica alla nuova scienza. Nel fare questo Cartesio compie un'operazione caratteristica di tutta la riflessione filosofica moderna: prima di indagare la realtà ritiene di dover elaborare e definire il metodo dell'indagine stessa. Egli nota che ogni scuola filosofica ha utilizzato un certo metodo, per questo si ha un susseguirsi di concezioni diverse e discordanti tra loro. Ma la verità è una sola, il metodo corretto da individuare è uno solo, e solo allora si potrà interpretare la realtà. “DISCORSO SUL METODO e LE SUE REGOLE” [p.220] Cartesio espone questo discorso nel manifesto della filosofia moderna, il “discorso sul metodo, del 1637. Questa non è un'opera autonoma, è l'introduzione a tre trattati di scienza: “Diottrica” (ha come oggetto l'ottica, sia teorica che pratica, per esempio le leggi della rifrazione e spiega come intagliare le lenti), “Meteore” (indaga i fenomeni sub-lunari) e “Geometria” (dove pone le basi della geometria analitica). Nel discorso sul metodo, Cartesio è guidato da un'intuizione: nella storia una sola disciplina ha raggiunto risultati sicuri, la matematica, che parte da proposizioni evidenti e da qui svolge le sue argomentazioni dimostrative. Quando parla di matematica egli ha in mente l'opera di Euclide "Elementi", nella quale ci sono proposizioni evidenti e su di esse vengono dimostrate altre proposizioni, o teoremi, i quali sono punto di partenza di dimostrazione di nuovi teoremi, e così via. Questo sapere oggettivo, la matematica, e il metodo che utilizza va applicato ad ogni ambito del sapere per avere un sapere rigoroso. “MEDITAZIONI METAFISICHE” [p.232 (T1), 234 (T2), 235 (T3)] IL DUBBIO “Meditazioni metafisiche” è l’opera in cui Cartesio tratta il tema della nuova fisica ed elabora la sua metafisica, e risale al 1641. Cartesio è consapevole di star iniziando una battaglia culturale, ed è per questo che deve muoversi con estrema cautela. Nel 1633 elaborò un piccolo scritto di fisica, "Il Mondo", ma sceglie di non pubblicarlo per prudenza, poiché abbraccia la nuova scienza galileiana, nonostante non parli espressamente dell’eliocentrismo. Egli ritiene che il libro sarebbe stato letto in maniera pregiudiziale. In una lettera inviata a Marsèn chiede che non venisse detto che questa metafisica era volta a distruggere i p rincipi di Aristotele. Il bersaglio della metafisica cartesiana non è solo Aristotele ma anche lo scetticismo, la filosofia del dubbio, e sostiene l'impossibilità di una conoscenza oggettiva. Questa corrente filosofica nacque in età ellenistica e nel 500 conobbe una rinascita. A contribuire a questa diffusione furono cinque avvenimenti: 1492 (scoperta dell'America) 1517 (riforma protestante) e 1543 (rivoluzione copernicana). Queste tre date furono così importanti poichè smentirono le credenze geografiche e culturali: la scoperta dell’America fu uno shock culturale; la riforma protestante fa cadere l’idea di un’Europa unita dal punto di vista religioso; la rivoluzione copernicana fa crollare la credenza geocentrica. Tutto ciò provocò un forte sentimento di smarrimento e orientando alla negazione dell'esistenza di queste certezze. L'esponente più importante di questa corrente fu il filosofo Michel de Montaigne. Secondo lui tutte le nostre conoscenze provengono dagli organi di senso, ma i nostri sensi sono inaffidabili, quindi queste conoscenze non saranno mai affidabili. L’uomo è un essere finito, limitato, non avrà mai una conoscenza certa della realtà e di conseguenza chi pretende di conoscere la verità ha un atteggiamento presuntuoso. Cartesio deve sconfiggere lo scetticismo per far prevalere la nuova scienza. Partì usando una strategia argomentativa: Cartesio, nel confronto con lo scetticismo, accetta le regole del gioco, sceglie di usare il dubbio. Ma lo radicalizza e lo porta alle estreme conseguenze, arrivando quindi a formulare dubbi ancora più radicali di quelli fatti dagli scettici. Il motivo è la ricerca di un fondamento solido per la nuova scienza che non può essere rintracciato nelle opinioni ritenute vere per abitudine o trasmesse per tali, ma bisogna mettere in dubbio ogni conoscenza per cercare un nucleo di proposizioni indubitabili su cui ricostruire il sapere. Infatti, se rimanesse una certezza ancora in piedi, si deciderà di partire da quella certezza, essendo quella una verità indubitabile. L’opera Meditazioni metafisiche è divisa in sei parti, ciascuna delle quali ha come argomento una meditazione. La prima è dedicata all’esercizio del dubbio: metodico (la pars destruens, volta a far crollare le certezze), sistematico (i dubbi non arrivano spontaneamente) ed iperbolico (“esagerato”, dato che mette tutto in dubbio). Cartesio ritiene di poter dubitare di tutto, tranne del fatto di stare dubitando (di esistere) “Ego cogito, Ego sum”. Si pone una domanda: partendo dalla constatazione che lui è, essendo che pensa, si chiede che cosa è. Per rispondere deve fare riferimento a ciò che di noi sappiamo tramite il pensiero e che ci appare evidente, non a ciò che prescinde dai nostri sensi, dato che ci potrebbero ingannare. Ciò che di lui sa tramite il pensiero è il fatto che pensa. Dunque è una sostanza che pensa, o “res cogitans”. Queste sue tesi furono subito oggetto di obiezioni. Gassendi, riteneva che “Ego cogito, Ego sum” fosse la conclusione di un ragionamento sillogistico: “tutto ciò che pensa esiste (premessa maggiore), io penso (premessa minore), quindi io esisto (conclusione)”. Dunque la certezza del cogito non sarebbe una certezza immediata ma avrebbe dei presupposti, questa obiezione risulta essere abbastanza severa. La risposta di Cartesio: il cogito non è il frutto di un ragionamento sillogistico, ma è bensì una verità intuitiva, un’intuizione immediata della mente. Un’altra importante obiezione fu mossa da Hobbes al fatto che siamo cose pensanti (res cogitans): Cartesio ha avuto ragione nel dire che l’io, in quanto pensa, esiste; ma ciò che trova di sbagliato è che dal fatto che l’io pensa non si può dire che l’io sia sostanza ed anima pensante. Per lui, Cartesio espone la sua tesi come chi dice “io sto passeggiando, quindi sono una passeggiata”, e quindi da quanto detto da Renato posso solo concludere che pensiamo, e niente di più. Per Hobbes, noi siamo solo materia, e i nostri pensieri vengono dai movimenti di quella materia che è il nostro cervello. Anche qui, non mancò la risposta di Cartesio, il quale affermò che io passeggio ogni tanto, mentre l’atto di pensare lo compio sempre, e quindi il pensiero è la mia essenza, e dunque sono sostanza pensante. Cartesio si chiese perché la certezza del cogito dovesse essere considerata tale: perché si presenta come qualcosa di chiaro e distinto (caratteristiche evidenti). Afferma quindi che la certezza del cogito è evidente. DIMOSTRAZIONE DI DIO [p.235 (T3)] Finchè non avremo superato l’idea del Dio ingannatore non potremo trovare altre certezze. Dalla terza delle Meditazioni metafisiche cerca di dimostrare l’esistenza di Dio: se fosse riuscito nell’impresa, avrebbe eliminato definitivamente l’ipotesi di un Dio ingannatore, in quanto, essendo Dio buono, non inganna l’uomo. Il fulcro del ragionamento sta nel partire dalla constatazione che in mente ho l’idea di Dio, ed il raggiungimento della conclusione secondo cui ciò è possibile unicamente a condizione che Dio esiste. La sua dimostrazione a priori parte dal cogito e dall’analisi dei contenuti del pensiero: esamina le “idee”, termine che ha il significato di “contenuto del pensiero” e “rappresentazioni delle cose” mentre prima di Cartesio significava “forma delle cose”. ● innate, abbiamo sin dalla nascita; ● avventizie, derivano dall’esperienza; ● fattizie, derivano dalle cose sensibili e si basano su un nostro atto creatore, tramite unione di idee. Le idee sono atti del pensiero e cambiano dal punto di vista della realtà oggettiva (contenuto rappresentativo): sono contenuti del pensiero che rappresentano le cose, a variare è il grado di questo contenuto rappresentativo. In Aristotele vi era una netta distinzione tra sostanza ed accidente. L’idea dell’accidente ha minore contenuto rappresentativo di quella di sostanza, e allo stesso modo l’idea di sostanza finita ha meno realtà oggettiva di quella di sostanza infinita. Dio è l’idea di sostanza infinita che si trova nella nostra mente, e torniamo alla domanda circa chi abbia messo questa idea nella nostra mente. Si appoggia ad un principio che secondo Cartesio è evidente, quello secondo cui nella causa deve essere contenuta almeno tanta realtà di quanta non ne sia contenuta nell’oggetto che rappresenta. La causa dell’idea infinita di Dio dovrà essere quindi infinita, e quindi non potrà essere che Dio: l’unico modo per spiegare l’idea di Dio è ammetterne l’esistenza. Queste prove suscitarono numerose critiche; l’accusa di circolo vizioso mossa da Arnauld: Cartesio ha bisogno di dimostrare l’esistenza di un Dio buono come garante del fatto che ciò che ci appare evidente essere vero sia anche vero (l’evidenza sia sintomo di verità) pretende di dimostrare l’esistenza di Dio sulla base del criterio dell’evidenza, ma garantendo l’evidenza grazie al ricorso all’esistenza di un Dio che non inganna l’uomo. Cartesio rispose che Dio è garante di cose che apparivano evidenti in passato, ma non di quelle evidenti. Un’altra critica fu mossa da Gassendi: nella nostra mente non c’è un’idea infinita, ma bensì l’idea di qualcosa di infinito, e questa idea potrebbe essere qualcosa di finito, e intende Dio come ente infinito frutto dell’educazione. Nonostante ciò, Cartesio è sicuro di aver dimostrato l’esistenza di Dio. Si pone come domanda che cosa sia il mondo corporeo. Per rispondere, devo scartare che so tramite i sensi. I corpi che occupano uno spazio, sono cose estese (res extensa). Quindi, sono sostanza pensante, mentre i corpi sono cose estese. Per quanto riguarda le loro caratteristiche, attribuisce alle cose estese solo l’evidenza (non, dunque, colori, sapori, odori), ovvero le proprietà quantitative (lunghezza, larghezza, profondità, numero). Cartesio ritiene di essere riuscito a dare una base alla fisica galileiana, garantendo una netta distinzione tra la res cogita e la res extensa che gli permette di descrivere il mondo fisico come fa la scienza moderna. La res cogita è inestesa, dotata di consapevolezza e libera (esiste in virtù di fini che si prefigge), mentre la res extensa è estesa ed ha proprietà quantitative. Inoltre, Galileo aveva descritto la natura in modo meccanicistica, descrivendo la natura come un insieme di fenomeni legati da nessi di causa ed effetto, non ci sono quindi dei fini. La res extensa è qualcosa a cui non appartengono fini, appartengono solo alla res cogita. MONDO FISICO Dunque, questa distinzione tra il piano del pensiero e quello dell’estensione gli permise di giustificare la visione del mondo della scienza moderna, la quale possiede una concezione quantitativa e meccanicista (Cartesio afferma che il mondo ha qualità quantitative, e da esso mette fuori gioco le caratteristiche umane, ovvero le libertà e i fini: offre una interpretazione meccanicistica della natura, a differenza di Aristotele, che attribuì al mondo anche le cause finali, proiettando di fatto sulla natura le caratteristiche umane). La natura viene da Cartesio interpretata come pura estensione, uno spazio geometrico mentre lo spazio naturale è infinito, non ha limiti (negando l’esistenza del vuoto) ed è infinitamente divisibile (critica la visione atomistica). Solo una caratteristica distingue lo spazio naturale da quello geometrico, l’impenetrabilità dei corpi: nello spazio geometrico due figure si possono sovrapporre, mentre in quello fisico no. La negazione dell’esistenza del vuoto lo portò ad esporre nel “Il mondo” la teoria dei vortici: per gli atomisti il vuoto esiste al fine di spiegare il moto dei corpi; Cartesio deve dunque spiegare in un altro modo il movimento dei corpi, e arriva a sostenere che quando un corpo si sposta deve prendere il posto di un altro corpo, venendosi così a formare dei circoli detti, vortici, che avvolgono ciascun corpo. La distinzione tra la res cogitans e la res extensa causò un problema, rapporto tra la mente ed il corpo. Mentre Tommaso spiega ciò grazie alla forma sostanziale, Cartesio lo fa grazie all’esistenza della ghiandola pineale, una terminazione nervosa posta alla base del cervello così sensibile da recepire le intenzioni della mente e trasmetterle al corpo. Questa teoria “ridicola” sposta il problema, dato che la ghiandola è fisica.
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