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Rivoluzioni e Rivolte in Inghilterra durante la Dinastia Stuart: Giacomo I e Carlo I, Sintesi del corso di Storia Moderna

La situazione politica e finanziaria in Inghilterra durante il regno di Giacomo I e Carlo I Stuart. Il documento tratta dei problemi religiosi e finanziari che resero difficili i rapporti tra corona e Parlamento, e della guerra contro la Spagna e la sua influenza sulla situazione economica. Vengono descritte le richieste dei puritani per una riforma della Chiesa d’Inghilterra, la situazione finanziaria difficile creata dalla guerra, e la crescente opposizione del Parlamento alla politica della corona. Il documento inoltre descrive il regno di Carlo I, il suo conflitto con il Parlamento e la sua sconfitta, la vittoria del Parlamento e la creazione della Repubblica unita di Inghilterra, Scozia e Irlanda.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 30/01/2020

Giorgia9098
Giorgia9098 🇮🇹

4.7

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Scarica Rivoluzioni e Rivolte in Inghilterra durante la Dinastia Stuart: Giacomo I e Carlo I e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! Rivoluzioni e rivolte L’Inghilterra sotto la dinastia Stuart Giacomo I Stuart era già re di Scozia, con il nome di Giacomo VI, quando succedette sul trono inglese alla regina Elisabetta, che era rimasta nubile e non lasciava eredi diretti. Diversi fattori dovevano rendere impopolare il nuovo sovrano presso gli inglesi. L’origine straniera, le inclinazioni omosessuali, le prodigalità nei confronti di favoriti avidi e inetti, e quel misto di pedanteria e di volubilità che caratterizzava la sua condotta. Fin dai primi anni del regno di Giacomo I si ripresentarono le due questioni che già negli ultimi tempi di Elisabetta avevano reso difficili i rapporti tra corona e Parlamento: la questione religiosa e la questione finanziaria. La legislazione contro i cattolici si inasprì dopo la scoperta di una congiura che mirava a far saltare in aria il primo Parlamento convocato da Giacomo; non ebbero soddisfazione le richieste dei puritani per una più radicale riforma della Chiesa d’Inghilterra, che eliminasse dal culto le vestigia di papismo. Nei primi decenni del XVII secolo il puritanesimo, inteso come stile di vita e atteggiamento morale piuttosto che come sistema teologico, si venne diffondendo sempre di più tra la gentry e tra i ceti mercantili e artigianali delle città. Molti furono coloro che, disperando della possibilità di realizzare in patria le loro aspirazioni, decisero di emigrare nell’America settentrionale: tra questi i padri pellegrini che nel 1620, a bordo della nave Mayflower, attraversarono l’oceano e andarono a fondare la colonia del Massachusetts. I costi della guerra contro la Spagna avevano creato una situazione finanziaria difficile che neanche la pace stipulata da Giacomo I nel 1604 riuscì ad alleviare. Ai problemi di natura religiosa e finanziaria si aggiunsero, dal secondo decennio del secolo, le ripercussioni di una congiuntura economica negativa. Da una parte la popolazione inglese continuò ad aumentare fino al 1650, quando raggiunse la cifra di cinque milioni di abitanti; e più spettacolare fu la crescita di Londra. Tra il 1620 e il 1650 l’incremento demografico non fu più accompagnato da un parallelo sviluppo delle attività produttive: l’esportazione di pannilani si dimezzò in pochi anni anche a causa dello sconvolgimento delle tradizionali correnti di traffico determinato dallo scoppio della guerra dei Trent’anni. Sotto il successore Carlo I, gli effetti di una serie di cattive annate agricole accrebbero la miseria dei ceti inferiori, già colpiti dal divario tra i prezzi e i salari e, in molte località, dal movimento delle recinzioni. I quattro successivi Parlamenti convocati da Giacomo si rifiutarono di soddisfare se non in modo parziale e provvisorio, le richieste finanziarie della corona e denunciarono i fenomeni di corruzione e gli sprechi presenti nella corte e nel governo. Il problema finanziario così diventava, per la monarchia inglese, un problema politico. Per turare le falle del bilancio e soddisfare le brame dei cortigiani, il monarca e i suoi ministri erano indotti a fare continuo ricorso a espedienti che gettavano un maggiore discredito sulla corte: prestiti forzosi, concessione di privilegi economici in cambio di sovvenzioni o compartecipazioni agli utili, vendite di uffici e di titoli nobiliari. In questo modo il numero dei lord fu più che raddoppiato nel corso di pochi decenni, e nel 1611 fu creato un nuovo titolo, quello di baronetto, appositamente per essere venduto. Il regno di Carlo I e lo scontro tra corona e Parlamento Il generale malcontento fu accresciuto, negli ultimi anni di Giacomo I, dall’ascendente acquistato a corte dal giovane e vanitoso favorito del re, il duca di Buckingham. Il figlio e successore di Giacomo, Carlo I, uomo colto e non privo di intelligenza, ma di carattere debole, si vide negare dal Parlamento, alla sua ascesa al trono, la tradizionale concessione vitalizia della facoltà di riscuotere i dazi doganali sulle importazioni di vino e di altri articoli. Per cercare di guadagnare il sostegno dei puritani, Carlo dichiarò guerra alla Spagna e organizzò una spedizione navale per soccorrere gli ugonotti di La Rochelle. Il disastroso fallimento di queste operazioni militari, intraprese senza i mezzi e senza adeguata preparazione, convinse i più che del nuovo re e del duca di Buckingham, che continuava a spadroneggiare a corte, non ci si poteva fidare. Il Parlamento fu convocato nel 1628 e condizionò ogni votazione di ulteriori sussidi all’accettazione da parte del re di un documento in quattro punti, chiamato Petizione di diritto, che dichiarava illegali le tasse imposte senza il consenso del Parlamento stesso, gli arresti 1 arbitrari, il ricorso alla legge marziale e l’acquartieramento forzoso di soldati in case private. Il re sottoscrisse la petizione però l’anno successivo aggiornò il Parlamento. Nell’agosto del 1628 il duca di Buckingham fu pugnalato a morte da un ufficiale di marina: e quando le sedute ripresero, Carlo I decise di scioglierlo definitivamente. Una scena drammatica concluse l’ultima seduta, allorché lo speaker fu trattenuto sulla sua sedia a forza mentre veniva letta una dura protesta in tre punti. Da quel momento e per undici anni, ovvero fino al 1640, Carlo I governò senza Parlamento, appoggiandosi al Consiglio privato della corona e all’azione dei tribunali regi che giudicavano i reati di lesa maestà. Due consiglieri riscossero la sua fiducia in questo periodo: Thomas Wentworth e William Laud. Non mancarono negli anni del governo personale di Carlo utili riforme, che eliminarono parte delle inefficienze e degli sprechi ereditati dal regno di Giacomo I. grazie a queste misure e alla pace conclusa con la Francia e la Spagna alla fine degli anni Venti, le spese poterono essere contenute, mentre le entrate beneficiarono non solo di una più oculata amministrazione, ma anche del reperimento di nuovi cespiti, primo tra tutti quello relativo all’estensione a tutto il Paese della Ship money, un contributo per la costruzione di navi da guerra. In parallelo Laud procedeva a riorganizzare la Chiesa d’Inghilterra secondo linee gerarchiche e autoritarie. Erano preferiti per i seggi vescovili i seguaci della dottrina arminiana, erano rimesse in onore pratiche di devozione e forme liturgiche proprie della Chiesa cattolica, erano perseguitati dai tribunali ecclesiastici i predicatori puritani. Il sospetto che si volesse così preparare un ritorno al cattolicesimo era alimentato dall’ascendente che su Carlo I esercitava la moglie francese Enrichetta Maria, che professava il culto cattolico e si circondava di gesuiti e di emissari della Chiesa di Roma. Alla fine degli anni Trenta poteva sembrare che anche l’Inghilterra degli Stuart, come la Francia di Richelieu e la Spagna di Olivares, si avviasse verso un regime di tipo assolutistico. A questo disegno si opponeva la fragilità dell’apparato militare, burocratico e finanziario su cui la monarchia poteva contare. Le novità religiose imposte da Laud nel 1638 suscitarono una rivolta nella Scozia presbiteriana. Falliti i tentativi di conciliazione, Carlo I si decise nell’aprile del 1640 a convocare un nuovo Parlamento per ottenere i mezzi necessari a condurre la guerra contro gli scozzesi. Questo Parlamento viene chiamato Breve Parlamento, perché Carlo I lo sciolse poche settimane dopo. L’esercito raccogliticcio messo insieme con grandi sforzi dal monarca e dal conte di Strafford fu messo in rotta dagli scozzesi. In questa situazione non rimase a Carlo I altra via che convocare di nuovo la rappresentanza della nazione. Il Parlamento che si aprì a Westminster il 3 novembre 1640 è passato alla storia con il nome di Lungo Parlamento perché rimase in carica fino al 1653. Nella Camera dei Comuni erano in netta maggioranza gli avversari della politica assolutistica del sovrano. I Comuni seppero intimidire e trascinare la Camera dei Lord e in pochi mesi procedettero a smantellare tutti i capisaldi del potere regio: Strafford e Laud furono accusati di tradimento e imprigionati; furono soppressi i tribunali sottoposti all’influenza diretta del monarca, iniziando dalla camera stellata, e fu decretata l’inamovibilità dei giudici; furono dichiarate illegali e abolite la Ship money e le altre imposte introdotte nell’ultimo decennio; i vescovi furono estromessi dalla Camera dei Lord, e il re fu privato del diritto di sciogliere il Parlamento senza il consenso di quest’ultimo. Alla fine del 1641 lo scoppio di un’insurrezione cattolica in Irlanda pose il delicato problema di chi dovesse condurre la repressione: il Parlamento intendeva costringere il monarca a cedere il controllo delle forze armate, che tradizionalmente gli spettava. Lo Stuart ritenne giunto il momento di reagire, e il 5 gennaio 1642 si presentò in Parlamento con un drappello di armati per arrestare i capi dell’opposizione; ma il colpo andò a vuoto perché questi ultimi, avvertiti in tempo, si erano messi in salvo. Il Parlamento si trasferì nella City, tra grandi manifestazioni popolari di sostegno, mentre il re lasciò la capitale, deciso a risolvere con la forza la partita, e chiamò a raccolta i sudditi a lui fedeli. La guerra civile. Cromwell e la vittoria del Parlamento La guerra civile vera e propria ebbe inizio nell’estate del 1642, e in un primo tempo sembrava volgere a favore del re. Però il protrarsi delle ostilità doveva far pendere la bilancia dalla parte del parlamento, che poteva contare sul sostegno finanziario della City e sulla maggiore capacità contributiva delle contee sud-orientali, oltre sull’alleanza con gli scozzesi, sancita nel 1643 da un patto solenne. 2
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