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Roberto Bizzocchi “Guida allo studio della Storia Moderna”, Sintesi del corso di Storia Moderna

Sintesi di Roberto Bizzocchi “Guida allo studio della Storia Moderna”. Testo fondamentale per avere un primo approccio con questo complesso periodo storico seguendo le linee fondamentali (struttura sociale, economia, forze di coercizione, religione). Esame di Elementi e Fonti della Storia Moderna sostenuto in Unige con votazione di 30 e lode.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 13/01/2021

AntonioE.
AntonioE. 🇮🇹

4.5

(54)

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Scarica Roberto Bizzocchi “Guida allo studio della Storia Moderna” e più Sintesi del corso in PDF di Storia Moderna solo su Docsity! APPUNTI STORIA MODERNA 1. Dal libro di Roberto Bizzocchi “Guida allo studio della Storia Moderna” Concetto, periodizzazione, problemi Per Bizzocchi le due date periodizzanti sono 1492 per segnare l’inizio della Storia Moderna e 1815 per segnarne a fine. Il 1492 con la scoperta dell’America segna l’inizio della prima globalizzazione, cioè, nei fatti della proiezione dell’Europa fuori dall’Europa. Altri mutamenti fondamentali furono il 1517 con la rottura dell’unità cristiana dell’Europa che si lega alla “rivoluzione inavvertita della stampa” (definizione di Elizabeth Eisestein) iniziata nel 1455 con Gutemberg poiché la stampa fu decisiva nella diffusione delle idee luterane. Per quanto concerne la fine del periodo denominato Storia Moderna sono fondamentali le due date del 1789 con la Rivoluzione Francese e la fine della società cetuale e degli elementi residui della feudalità ed il 1815 che chiude il periodo rivoluzionario francese comprendendo la fase autoritaria napoleonica. E poi ovviamente la Rivoluzione Industriale, la serializzazione della produzione che cambierà in maniera irreversibile le modalità di produzione, la disponibilità dei beni ed anche il rapporto uomo-natura. La concezione classica della Storia Moderna, una concezione che conferisce a questo periodo una concezione positiva, di uscita dall’oscurantismo, la si deve agli illuministi ed in primo luogo a Voltaire che costruirono le basi per il superamento della storia vista come un continuum dall’incarnazione di Cristo al percorso verso la salvezza. Concezione positiva che ritroviamo in Guizot, liberal-conservatore titolare della prima cattedra (1812) di Storia Moderna alla Sorbona. Da un punto di vista liberale ma anche democratico- progressista infatti la Storia moderna rappresenta la fine del “vecchio” e l’inizio del “nuovo”. Questa concezione classica, l’attribuzione al termine “moderno” di un valore positivo, viene messa in discussione alla luce delle tragedie del Novecento che ci suggeriscono come non esista nessuna marcia trionfale verso il progresso ma che ci possono essere marce indietro anche sul terreno dei diritti civili, della tolleranza religiosa etc. Una rivoluzione in campo storiografico avviene con la rivista degli Annales che iniziò le pubblicazioni nel 1929 e che ruppe con la “histoire evenementielle” per dedicare spazio ai processi sociali, alla cultura materiale, dell’abitare, del cibo, dei ceti e dei classi che si trovavano al fondo delle società europee. Altro aspetto fondamentale è l’attenzione per “l’infrastruttura” cioè il clima, l’ambiente naturale (come ad esempio nella Mediterraneé di Brodel). Questa nuova concezione storiografica ha portato a mettere in discussione una periodizzazione rigida, ad esempio da un punto di vista demografico ‘400 e ‘500 sono meno periodizzanti del ‘300 con la peste che segnò una mutazione demografica profondissima in Europa. Altro elemento fondamentale che mette in dubbio l’esistenza di una netta cesura tra Medioevo ed Età Moderna è, ad esempio, la sacralizzazione del re (il re taumaturgo) un qualcosa che pur essendo totalmente antimoderno fa però parte pienamente di quella che definiamo Storia Moderna. Dunque anche in un’epoca di indubbia modernizzazione della vita degli uomini permangono elementi di primitività spiegabili con la riflessione antropologica. Dunque la costruzione di una burocrazia efficiente convive con il re taumaturgo così come la creazione di eserciti moderni convive con i valori di coraggio di cui si faceva interprete la nobiltà medievale etc. La rivoluzione economica avvenuta a partire dalla seconda metà del ‘700 chiude invece l’Età Moderna. La borghesia, nuova classe egemone, rompe la feudalità in ogni suo aspetto (dai vincoli alla produzione imposti dal modello corporativo al monopolio del potere politico che era riservato alla nobiltà). La borghesia è stata capace di subordinare la campagna alla città, di dar vita al più grande fenomeno di urbanizzazione di tutta la storia dell’umanità, di asservire la totalità dei popoli tecnologicamente impreparati al proprio dominio imponendo il proprio modello di sviluppo. La borghesia inoltre ha piegato le forze della natura: per la prima volta le macchine sono centrali nel processo di trasformazione ed utilizzo dell’ambiente naturale. La rivoluzione economica fu possibile però soltanto grazie alla rivoluzione scientifica del ‘600. L’industrializzazione affonda le proprie radici nella proto-industria, nei lavori a domicilio commissionati da mercanti-imprenditori ma, concentrando la produzione e trasformando gli artigiani, formalmente indipendenti, in salariati modifica la demografia ingigantendo le città e creando le condizioni per l’affermazione della famiglia nucleare come modello prevalente. Questo processo di rivoluzione economica si accompagnò con la rivoluzione politica. Il primo esempio di rivoluzione politica nella fase terminale dell’Età Moderna è la Rivoluzione Americana (1776-1783) nella quale si affermò il principio del “no taxation without representation” e dunque la rottura da ogni obbligo di fedeltà in mancanza di una rappresentanza ritenuta adeguata. L’altra grande rivoluzione fu quella francese (1789) le cui idee vennero portate con le armi in gran parte dell’Europa ma che riuscirono ad influenzare anche l’America Latina che nei primi decenni dell’Ottocento si rese indipendente dalla Spagna nella quasi totalità. La rivoluzione francese scardinando la società cetuale, il vecchio regime, dal punto di vista giuridico (rompendo i legami di fedeltà personali di tipo vassallatico, i dazi interni etc.) permise poi l’espandersi del modello produttivo di cui la borghesia si faceva portatrice. Per quanto concerne l’accentramento amministrativo invece la Rivoluzione francese si pose su un terreno di continuità con la politica monarchica precedente. Questo processo di modernizzazione istituzionale venne da Alexis de Toqueville ricondotto alla politica di accentramento di Luigi XIV e Toqueville auspicava un modello monarchico temperato. L’innovazione della rivoluzione francese fu l’introduzione della democrazia politica, di un processo di legittimazione del potere: la delega è sempre temporanea e va conquistata con il consenso. Dunque non più un re divino ma un contratto sociale (Rousseau). L’ingegnerizzazione dell’economia prodotta dal capitalismo generò, nell’analisi marxiana, i fenomeni di alienazione cioè lo straniamento determinato dall’assenza di controllo della produzione da parte dell’operaio. L’età moderna è poi anche l’epoca nella quale il controllo e la disciplina esercitata dai poteri costituiti, laici e religiosi, si fa sempre più forte e conduce all’internamento dei folli così come dei poveri (aspetto sul quale ha ragionato Focault). Le grandi questioni Cristianità divisa e libertà religiosa Il primo aspetto da sottolineare è che con la modernità diminuisce il potere regolatore della Chiesa all’interno della società. La Chiesa in epoca Medievale regolava aspetti nei quali era assente il potere centrale (spesso i vescovi erano responsabili della manutenzione delle mura della città ad esempio). Con il rafforzarsi del potere dello Stato la fede si individualizza maggiormente perdendo parte del suo carattere comunitario. Nell’ambito del cattolicesimo, per opera del Cardinal Borromeo Lo Stato, cioè l’organismo che esercita il monopolio del potere in maniera impersonale, che prescinde dal detentore pro tempore di quel potere, è frutto di un processo storico molto lento. Dovunque in Europa vi furono, per secoli, sacche di giurisdizione affidate ad esempio alla Chiesa, privilegi locali insopprimibili (i fueros spagnoli vennero aboliti soltanto nel ‘700 e la loro abolizione è poi all’origine del nazionalismo periferico in Spagna) oppure interi settori dell’agire umano sottratti alla giurisdizione dello Stato. Chiesa cattolica, Corporazioni, Nobiltà, Statuti cittadini rappresentavano una concorrenza di potere economico, fiscale, giudiziario rispetto al potere dello Stato. A livello centrale, al fine di affermare il monopolio dello Stato nell’esercizio del potere si ricorse spesso, soprattutto in Francia, ad un qualcosa che ha origine nel Medioevo e che contrasta con la razionalità: la sacralizzazione della figura del re che arrivava ad un qualcosa di paradossale, cioè la credenza che il re guarisse la scrofola. Sarà soltanto con l’affermarsi dell’efficienza come valore indiscutibile che si avranno cambiamenti poi in ambito penale: non più il supplizio esemplare, cruento ma episodico ma bensì una giustizia meno cruenta ma più capillarmente diffusa e tendenzialmente a-cetuale. L’Illuminismo Esso nasce con la messa in crisi del principio di autorità della Bibbia ma anche con la ridicolizzazione delle credenze magiche, oracolari diffusissime in Europa fino al ‘700. Si negò, in particolare con il calvinista Pierre Bayle, l’idea che qualcuno potesse possedere il monopolio della verità e che le tradizioni non potessero essere messe in discussione (Cesare Beccaria all’inizio del suo trattato demolisce in poche righe la tradizione giuridica europea). Dunque: ostilità verso la religione rivelata; apertura verso la scienza; atteggiamento critico verso il passato; furono le caratteristiche fondamentali del movimento illuminista. L’illuminismo poi, a differenza dei libertini seicenteschi, potè beneficiare della diffusione ampia delle proprie idee tramite la nascita di giornalisti, riviste, stamperie, circoli di discussione etc. Culmine di questo lavoro fu l’Enciclopedia che, nonostante il costo elevato, fu venduta in alcune decine di migliaia di copie nella sua prima edizione. Il lavoro degli illuministi ebbe in alcuni Stati anche un risvolto immediatamente politico. In Russia, in Prussia, in Austria ed in alcuni Stati Italiani come il Granducato di Toscana, tutti Paesi dominati da despoti molti forti, molto più forti dei loro corpi intermedi, alcuni pensatori illuministi divennero burocrati ed uomini di governo. Il caso a noi più noto è quello di Maria Teresa d’Austria con la quale collaborò Cesare Beccaria. Fu in questo clima culturale che si realizzarono interventi decisivi a favore della libertà religiosa, dell’abolizione delle più cruente pratiche penali, della impersonalità della burocrazia. L’individuo Il cammino verso la modernità è contrassegnato anche dalla crescita dello spazio per l’individuo e dall’affievolirsi dei legami comunitari. E’ un percorso che parte dal modo di vivere la religione che anche nel cattolicesimo fu contrassegnato da un maggiore spazio per il legame diretto tra l’uomo e dio. Ed è un percorso che poi ha attraversato la storia del liberalismo del ‘600 che affermò l’esistenza nell’uomo di uno Stato di Natura precedente alla vita sociale e politica e dunque l’esistenza di diritti insopprimibili da qualcosa che viene dopo questo stato di natura (lo Stato). L’individualismo, all’origine del pensiero borghese colpirà anche la famiglia (anche quella costruzione sociale): non è un caso che per Cesare Beccaria la famiglia sia un luogo di schiavitù. Proprio Beccaria è un esempio di libertà nella sua vita personale, infatti sposò la donna che amava ma contro il volere del padre. E’ una rivoluzione quella della scelta del partner che muta il precedente regime patrimoniale che prevedeva per le famiglie nobili la non frazionabilità del patrimonio, la non alienabilità della terra, e la combinazione di matrimoni che era soprattutto lo sposalizio di due patrimoni familiari. Con la libertà matrimoniale è l’interesse e l’aspirazione dell’individuo che si afferma sull’interesse e sull’aspirazione del gruppo (famiglia, lignaggio, clan). A partire dal ‘700, ed a partire da alcuni Stati più avanzati, vennero via via abolite le normative come il fedecommesso, il maggiorascato e cioè quelle norme che impedivano l’alienabilità del patrimonio e che creavano diseguaglianze nell’eredità. Anche per le classi subalterne il fenomeno dell’inurbamento o dell’emigrazione all’estero (o nelle colonie) favorì comportamenti più liberi nella scelta del partner. Queste nuove modalità di organizzazione familiare aumentarono l’affettività e dell’intimità (domesticity così è chiamato il fenomeno dagli storici anglosassoni) all’interno delle famiglie e portarono ad una crescita del sentimentalismo nella cultura europea. Queste cose nella letteratura le troviamo in Giulia e nel trattato pedagogico Emilio di Rousseau. Per quanto concerneva la condizione della donna non vi fu però, nonostante alcune leggi sicuramente positive che obbligavano padri e fratelli a costituire la dote per le figlie e sorelle, un processo di parificazione. Rimaneva invariato l’obbligo di fedeltà e castità unicamente per la donna così come la proibizione del divorzio. Inoltre lo spazio pubblico era esclusivo del maschio. Come ebbe a riflettere Engles: la liberazione della donna dal suo ruolo tradizionale non poteva fondarsi unicamente sul sentimentalismo borghese ma doveva avere una base di indipendenza economica. Anche la famiglia borghese era dunque tutt’altro che liberata ed aveva obblighi e proibizioni magari diversi dal passato ma li aveva. LE FONTI Senza fonti non si fa storia: la loro ricerca, individuazione e le modalità del loro utilizzo costruiscono il discorso storico. E’ a partire dal positivismo che si pose l’accento su una scrittura storica che avesse solide basi e che la avvicinasse per quanto possibile alle scienze esatte. Fonti: primarie (documenti di archivio, manufatti, paesaggi) o secondarie (opere di altri storici) ma è una definizione che non è netta. Il rispetto per le fonti inizia non dalla storia ma dalla letteratura: gli umanisti, a partire da Petrarca, esprimevano un desiderio di conoscenza della classicità autentica, liberata dalle incrostazioni medievali. Fondamentale fu il lavoro di Lorenzo Valla, alla base di quella che definiamo filologia, nello smascherare la Donazione di Costantino (nel 1440). Sia Lorenza Valla e poi qualche decennio dopo Erasmo da Rotterdam si cimentarono nel compiere un lavoro filologico sul Vecchio Testamento per creare un “originale greco” di quel testo. Questo lavoro, portato a compimento da Ersamo nel 1516 venne condannato dalla Chiesa che nei secoli aveva costruito una complessa, e per aspetti astrusa, dottrina cristologica e che vedeva inoltre il proprio monopolio di interpretazione della parola Dio minacciato dai laici. Fu con gli eruditi del ‘500 che nacque la distinzione tra fonti primarie e fonti secondarie. Fondamentale fu lo smascheramento dei falsi (in epoca medievale ed in epoca umanistica se ne produssero moltissimi soprattutto per attribuirsi titoli, proprietà o antenati illustri). Oltre ai falsi lo storico ha come problema sé stesso, non soltanto le proprie passioni, opinioni ed inclinazioni personali ma anche le sue scelte nella selezione delle fonti, nella loro esposizione possono portare a ricerche storiche con risultati anche diametralmente opposti. Inoltre le fonti non sono mai del tutto esaustive, non coprono al 100% la conoscenza di un fatto (anche quando sono relativamente abbondanti), né le fonti sono sempre veritiere: colui che le ha prodotte può aver scritto, consapevolmente o inconsapevolmente il falso. Le fonti possono essere inoltre andare distrutte delle volte intenzionalmente (perché magari compromettenti). Un’altra distinzione importante è tra le fonti volontarie (come ad esempio un’autobiografia data alle stampe) e quelle involontarie (documentazione fiscale conservata inizialmente a quell’unico scopo). Altra distinzione può essere quella tra fonti scritte e fonti non scritte (racconti orali, fonti figurative etc.). Le fonti archivistiche Sono tra le principali fonti dello storico. I principali sono ovviamente gli archivi di Stato dove confluiscono anche le carte notarili dopo un certo numero di anni, ma ogni ente, aziende, vescovado ha dei propri archivi. Le fonti a stampa Luogo principale di conservazione è in genere la biblioteca. Nel caso delle fonti letterarie esse sono interessanti anche per i dati che forniscono al di là del contenuto dell’opera, come ad esempio la tiratura, la cura nella realizzazione del manufatto libro etc. La stampa fu fondamentale nella diffusione delle idee protestanti ma anche la Controriforma ne capì le potenzialità dando vita alla stampa dei Breviari così come delle vite dei santi etc. Le nuove fonti della Storia Moderna Sono fonti che nascono con l’Età Moderna e che si costruiscono a partire dalle esigenze di riorganizzazione della Chiesa e dello Stato. Per quanto concerne la Chiesa a partire dal Concilio di Trento essa aumenta la propria pervasività nelle società dell’Europa meridionale e ci ha lasciato accurati registri battesimali, matrimoniali e gli “Stati delle anime” (cioè degli elenchi che servivano ad assicurarsi che tutti i residenti nel territorio della parrocchia si confessassero prima della Pasqua). Per quanto concerne lo Stato il crescere delle funzioni da esso acquisite (ad esempio in ambito giudiziario) nonché le necessità fiscali derivanti da eserciti regi sempre più grandi e costosi portò alla realizzazione di un alto numero di catasti e censimenti. Sempre per quanto concerne lo Stato abbiamo una crescita esponenziale delle relazioni e carte diplomatiche che sono conseguenza della nascita di strutture diplomatiche fisse (soprattutto dopo la Pace di Westfalia del 1648). Per quanto concerne le fonti private, che nascono come private ma che oggi sono in massima parte negli archivi di Stato, abbiamo poi gli atti notarili che certificavano transazioni commerciali, accordi tra le famiglie, contratti matrimoniali etc. e che aiutano a ricostruire soprattutto i processi economici di una comunità. Le fonti non scritte Ci dicono anch’esse moltissimo: i manufatti di vario tipo, gli abiti, le case, i quadri, così come il paesaggio (che può essere esaminato nel suo mutare utilizzando le fonti artistiche). Sempre per quanto concerne la pittura, quella olandese del ‘600 ci ha permesso di capire quando e dove avvenne la mutazione genetica che portò le carote (che prima erano viola a causa delle antocianine) a diventare arancioni (a causa del betacarotene). Così come le fonti letterarie sia per il
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