Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Robson - La prima guerra modniale, Sintesi del corso di Storia Contemporanea

Libro che si concentra soprattutto sulla descrizione delle battaglie principali che hanno segnato la storia del primo conflitto mondiale. Centrale la narrazione particolareggiata della battaglia di Verdun.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 11/12/2019

aron-supernothing-aroldi
aron-supernothing-aroldi 🇮🇹

4.5

(141)

23 documenti

1 / 35

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Robson - La prima guerra modniale e più Sintesi del corso in PDF di Storia Contemporanea solo su Docsity! Introduzione - Guerra reale e guerra immaginata  La guerra vista dai civili Il primo conflitto mondiale ebbe inizio il 3 agosto del 1914, quando la Germania dichiarò guerra alla Francia e invase il Belgio. La contrapposizione di Germania e Austria-Ungheria alla coalizione formata da Russia, Francia, Inghilterra, Italia e Stati Uniti scaturì dalla crisi originatasi quando lo studente serbo Gravilo Princip assassinò l’arciduca Francesco Ferdinando e la moglie a Sarajevo. L’Austria cercò dunque di punire la Serbia per aver appoggiato il terrorismo e la Germania intervenne a fianco del suo alleato. La Russia difese il suo alleato serbo e così fece la Francia difendendo la Russia. Una serie di patti informali sembrarono al governo inglese un invito a scendere a fianco della Francia. Le popolazioni accettarono il conflitto quasi ovunque di buon grado, nella convinzione di una guerra breve. Alla fine della guerra, i sopravvissuti arrivarono a rappresentare come un’età dell’oro il periodo precedente la guerra. Di tutti i miti, quello della lunga pace fu il più duro a morire, ma anche il meno realistico. Le persone del 1914 ritenevano la pace una condizione normale, anche se, di fatto, mancava in Europa dal 1850. Ma fino ad allora i conflitti erano qualcosa di lontano e di periferico ed era stata percepita come misura della forza morale di individui e nazioni, non tanto della forza di uno stato. La modernizzazione arrivò dopo il 1870 in un’epoca definita di trasformazione (Stone). I popoli erano in movimento, cosa voleva dire essere uomo in questa epoca? Importante, addirittura, era in Inghilterra il recupero dei miti cavallereschi, l’aiuto e l’assistenza agli altri. La guerra, in quest’ottica, era la verifica del carattere, poiché in essa il guerriero gentiluomo metteva in gioco la sua vita per difendere il suo onore. Gli uomini facevano la guerra e la guerra la facevano gli uomini. L’uomo proteggeva la donna, la quale stava a casa ad aspettarlo. Al gentiluomo spettava una buona morte. La guerra era inoltre vista come un’espiazione, come l’opposto della pace e pertanto immune dai vizi che la contraddistinguevano: individualismo, cinismo, materialismo, irrisolutezza.  La guerra vista dai professionisti Rispetto ai civili, le previsioni dei militari sulle dimensioni reali della guerra furono assennate fino ad un certo punto. Nel 1914 molti di tenevano conto delle nuove tecnologie e della realtà sociale, rendendosi conto che l’incremento della potenza di fuoco e l’invenzione di nuove armi avrebbe significato un aumento delle vittime. Si aspettavano perciò un conflitto difficile, ma comunque breve e all’insegna della mobilità. Ugualmente lo concepivano come una prova di carattere. Non si rendevano inoltre conto che ciò che avrebbe fatto la differenza non sarebbe stata tanto la rinnovata capacità offensiva, ma quella difensiva, poiché chi si difendeva beneficiava di posizioni trincerate, mentre chi attaccava doveva muoversi allo scoperto. Il modo di fare la guerra era molto cambiato rispetto all’800. La rivoluzione francese aveva portato il concetto della nazione in armi, ponendo l’economia al servizio dello sforzo bellico. La rivoluzione industriale aveva accresciuto la potenza di fuoco soprattutto dell’artiglieria. Gli eserciti in passato erano stati di dimensioni limitate per le difficoltà di coordinare grandi masse per via della disciplina e del rifornimento. L’addestramento e l’organizzazione gerarchica consentirono di superare almeno il primo dei problemi, anche se le comunicazioni restarono problematiche. Lo stesso accadde per i rifornimenti, calcolati per eccesso in modo da stimolare la produzione per soddisfare l’esercito. Tutte le principali potenze risolsero il problema con l’arruolamento obbligatorio. Nel 1914, tutte le potenze disponevano di eserciti di milioni di uomini formati da giovani nelle prime linee e di soldati esperti ed addestrati nelle riserve.  Piani di guerra Prima dell’inizio della guerra i tedeschi avevano già progettato un piano di attacco. Sentendosi accerchiati dalla Triplice Intesa, si aspettavano che la guerra arrivasse inevitabilmente entro il 1916. Il successore del generale bismarkiano von Moltke era Alfred von Schliffen: nel caso di una guerra su due fronti prevedeva la ricerca della vittoria ad ogni costo. La soluzione che escogitò prevedeva che l’esercito si riversasse nei Paesi Bassi per entrare nella Francia settentrionale, puntando ad ovest su Parigi. Prevedendo che, come nel 18771, le truppe francesi si sarebbero mosse nel territorio di Alsazia e Lorena, i tedeschi pensavano così di coglierle alle spalle. In sei settimane la Germania avrebbe raggiunto la vittoria. Il nipote di Moltke, suo omonimo, fu successore di Schliffen. Quando la Russia, dopo la sua sconfitta contro il Giappone ne 9105, iniziò a costruire ferrovie in Polonia, iniziò a dubitare del successo del piano. La Russia poteva arrivare ai confini orientali ben prima che la Francia fosse sconfitta. La contromossa consistette in un potenziamento dell’esercito. E le altre potenze? Nel 1914, l’Austria-Ungheria voleva la guerra, ma mirava a un conflitto limitato solo contro la Serbia, per contrastare il nazionalismo balcanico. La Germania era favorevole anche a sostenere l’eventuale interventi russo nella regione. I francesi, dopo la sconfitta del 1871, avevano messo a punto il Piano XVII, il quale prevedeva ciecamente che l’esercito francese conquistasse Alsazia e Lorena, mentre teneva a bada le limitate forze tedesche in Belgio. Un piano russo che prevedesse un attacco preventivo fu abbandonato per l’incapacità di allestirlo: le forze russe su erano riprese dal massacro del 1905, ma no vi era ancora uno stato maggiore competente. Anche la Russia, comunque, non prevedeva di prendere parte ad una guerra europea totale. Gli inglesi, invece, non avevano un piano di guerra vero e proprio, eccetto quello di saldare un ridotto corpo di spedizione britannico (BEF) alle forze francesi adeguandosi ai piani dell’alleato. Il governo inglese non era legato da alcun trattato a quello francese, ma sentì l’obbligo morale di intervenire. Per l’Italia, la Triplice Alleanza aveva carattere difensivo. In età crispina lo Stato maggiore aveva elaborato piani per l’invio di una forza a sostegno della Germania sul fronte del Reno per contrastare i francesi. Ma il punto debole era la tensione tra l’Italia e l’altro alleato, l’Austria-Ungheria. Tuttavia, non ci si preoccupò di preparare una guerra su fronte nord-orientale.  La competizione navale A difesa dei suoi interessi vitali, la Gran Bretagna aveva fatto affidamento sul lungo tempo alla Royal Navy e sul suo piccolo esercito di professionisti. Perciò, una volta che la Germania iniziò a costruire una flotta imperiale, l’Inghilterra spese moltissime risorse per mantenere la supremazia. L’ammiraglio tedesco von Tirpitz voleva una flotta da guerra al pari di quella inglese. Ad ogni modo, una volta che l’ammiraglio inglese John Fisher riorganizzò la marina inglese per concentrarla nelle acque territoriali, introdusse molte riforme nel’addestramento degli ufficiali e nell’armamento delle navi, esempio della quali fu la Dreadnought, varata nel 1906. Gli inglesi possedevano ben 24 navi da guerra della medesima classe, a fronte delle 13 tedesche, più 13 navi in cantiere a fronte delle 10 tedesche. Fu di nuovo il BEF ad approfittarne, infilandosi nel vuoto lasciato. Tuttavia, i tedeschi tennero: la 5a armata, ora comandata da d’Esperey, era stata ricacciata, così come la 9a del generale Foch. Il 9 settembre Bulow, vacillando, ordinò alle sue truppe di ritirarsi, non lasciando a Kluck altra scelta se non di adeguarsi, spostando la ritirata verso Soissons, ripiegando dunque verso nord. L’unico motivo per il cui la ritirata tedesca non si trasformò in un fallimento fu che gli Alleati erano troppo esausti per inseguirli. Così finì la battaglia della Marna. Non significò il collasso del piano Schliffen, poiché l’indecisione di Moltke e l’improvvisazione di Kluck l’avevano già fatto a pezzi. La virtù principale di Joffre fu l’imperturbabilità nonostante il disastro che si stava delineando. In ogni caso, i tedeschi riuscirono a respingere l’attacco francese al fianco del nemico. Ciò che risultò significativo, poi, fu ciò che i tedeschi ebbero paura che sarebbe potuto accadere. Le loro paure non erano del tutto infondate, poiché il BEF avrebbe potuto sfruttare meglio il varco creatosi e Joffre avrebbe potuto ordinare un attacco verso la linea sinistra verso est, invece che lungo tutto il fronte. In quel caso, l’esercito tedesco sarebbe stato davvero messo in rotta.  La prima battaglia di Ypres La battaglia della Marna risultò una vittoria strategica per Francia e Gran Bretagna. Le aspettative tedesche di guerra lampo erano tramontate subito. Era chiaro ormai che era meglio evitare attacchi frontali, aggirando invece il nemico. Ritirandosi verso l’Aisne, la 1a armata inviò a costruire le prime trincee, dando iniziò ad una vera a propria “corsa al mare”. Dopo la Marna, Joffre acconsentì alla richieste di French, il quale chiedeva che il BEF combattesse su posizioni più vicine alla sua base sulla Manica, dislocandolo quindi nelle Fiandre. A inizio ottobre, i tedeschi presero finalmente Anversa, decidendo di utilizzare quindi i cinque corpi d’armata liberatisi per attaccare il nemico da nord presso Ypres. A quell’epoca il capo dell’OHL (Quartier generale dell’esercito tedesco) era Erich von Falkenhyn,dopo che Moltke era stata vittima di un crollo nervoso. Questi era più un politico che un militare, ma incarnava perfettamente la figura del tipico generale prussiano, per la sua capacità di decidere a sangue freddo. Per facilitare l’avanzata ricorse a divisioni di rimpiazzi, per supplire anche alle perdite. Alla fine della battaglia, circa 40 mila di questi uomini erano morti. Nella minoranza che ne uscì illesa ci fu anche un membro del 16o reggimento della riserva bavarese: Adolf Hitler. Il BEF, invece, aveva perso solo un terzo del Corpo originario. Tanto i tedeschi quanto gli inglesi operarono, senza successo, alcuni sfondamenti, ma le truppe di trincea chiamarono i rinforzi in tempo. Il momento decisivo dei combattimenti, al quale il Kaiser presenziò in prima persona, fu quando i tedeschi sfondarono a Gheluvelt e gli inglese contrattaccarono, riuscendo a respingerli indietro. Dopo che un attacco delle guardie prussiane, élite dell’esercito, fallì, il combattimento si esaurì. Tenendo Ypres, gli inglesi, con 50 mila morti, avevano guadagnato un pezzo di fronte dei tedeschi, che avevano registrato il doppio di morti.  Il fronte orientale: da Tannenberg a Lemberg Anche sul fronte orientale, i piano fallirono. Nulla sapendo del piano Schliffen, i russi non avevano attaccato la Germania per sei settimane, senza lanciare le due enormi armate nella Prussia orientale. La prima, comandata da Rennenkampf, avanzò a est in direzione di Konigsberg. La seconda, di Samsonov, risalì da sud. Erano mal equipaggiate e mal comandate, ma travolsero le difese tedesche per forza del numero. A quel punto, il comandate del fronte, von Prittwitz, implorò Moltke per dei rinforzi, i quali arrivarono, ma nel frattempo i nuovi comandanti, Hindenburg e Luddendorff, avevano già ribaltato le forze dello scontro con le sole forze a loro disposizione. Il piano da loro seguito era quello istituito da Hoffman, comandante dell’8 a armata. Egli si era reso conto che, avanzando verso la città di Tannenberg, l’armata di Rennenkampf aveva perso i contatti con quella di Samsonov, sia per incapacità di comando sia perché i due generali si detestavano. Inoltre i russi non criptavano i loro messaggi radio, il che lasciò campo libero alle intercettazioni. Il cervello era Luddendorff: prima di puntare ad est, aveva comandato personalmente l’attacco alla fortezza di Liegi, nel rango di generale del commissariato della 2a armata. Il 26 agosto, i tedeschi, inferiori in numero, attaccarono la 2a armata presso Tannenberg, conducendo alla disfatta delle truppe russe in soli tre giorni. Lo stesso Samsonov si suicidò, mentre gran parte dei suoi soldati cadeva prigioniero. Luddendorff spostò rapidamente l’8a armata contro la 1a russa, sul difficile terreno presso i laghi Masuri. L’11 settembre Rennenkampf era costretto a ritirarsi in Russia, dopo aver perso 125 mila uomini lui e 200 mila il suo collega. Lo stesso giorno l’offensiva austroungarica in Galizia, iniziata con la conquista di Krasnik e Komarow nella Polonia russa, si interruppe quando il generale dell’8a armata, Brusilov, piombò sul fianco destro dell’offensiva. Hotzendorf, capo dello stato maggiore austriaco, si era già preparato ad un attacco solo contro la Serbia, ma all’ultimo ricevette istruzioni da Moltke perché si muovesse contro la Russia. Il tentativo di muovere un attaccò in due direzioni terminò in una disfatta: i russi presero Lemberg, costringendo l’esercito austroungarico alla ritirata,che si trasformò in una vera e propria rotta, con 350 mila uomini persi. In settembre, inoltre, i serbi respinsero l’invasione nel loro paese. Capitolo 2 - Il punto della situazione  I soldati La situazione di stallo non era dunque stata prevista dai vertici militari, ma il suo presentarsi richiese il rendersi conto della nuova situazione. Esistevano solo due maniere per ritornare alla situazione di guerra aperta La prima era lanciare l’attacco prima di permettere a chi si difendeva di trincerarsi, ma ciò dipendeva essenzialmente dalla velocità, che era uguale per entrambi gli schieramenti, dato che entrambi utilizzavano le ferrovie. Quanto allo spazio, delle 457 miglia di fronte, ben poche erano adatte ad un attacco, soprattutto a sud di Verdun. Nelle aree pianeggianti, la potenza di fuoco dei due eserciti era tale da concentrare più di quanto fosse necessario per tenete le posizioni. Le trincee moderne, poi, erano molto più di semplici buche nel terreno. Si aggiunga poi che, alla fine del 1914, si era già a corto di munizioni. Fu infatti necessario trasformare l’economia dei propri paesi in economia di guerra per sostenere lo sforzo bellico. Più novità erano introdotte, più però tutto restava uguale, avendo entrambe le parti la medesima tecnologia.  I politici A guardare le cose con obiettività, le potenze avevano ancora una serie di alternative. Dal punto di vista soggettivo, invece, nessuna si trovò ad affrontare una situazione diversa. I francesi avevano poca scelta, o arrendersi o combattere. I tedeschi potevano scegliere il fronte su cui concentrarsi, difendendosi poi ad occidente ed attaccando ad est la Russia. Luddendorff avrebbe voluto impegnarsi a fondo su questo fronte, ma Flakenhayn non pensava di avere risorse sufficienti. Avrebbe preferito combinare pressione militare e mosse diplomatiche. Accadde invece che ad est le vittorie tedesche fossero così schiaccianti e le concessioni allo zar troppo limitate per togliere ai russi la voglia di combattere. L’Inghilterra aveva le scelte maggiori: il suo esercito era in allestimento. Si riteneva che si fosse giunti ad una fase di impasse, tanto che Lloyd George, ministro del Tesoro e non disponibile a sostenere ogni spesa di guerra, era convinto che l’impegno inglese si sarebbe dovuto concentrare nei Balcani. Combattere altrove, però, significava sfuggire alla ragione principale per la quale l’Inghilterra era entrata in guerra: sconfiggere la Germania. La scelta si riduceva dunque a quella della Francia: vedersela sul fronte occidentale o arrendersi.  I civili e la sospensione della politica di parte All’inizio della guerra i responsabili civili temevano che l’opinione pubblica considerasse la guerra una calamità: quando invece le masse accolsero la guerra con entusiasmo, i politici ne furono sollevati. In Germania, Theobald von Bethmann Hollweg era stato cancelliere dal 1909. Egli aveva sperato di dedicarsi solo di questioni interne ma finì col mettere al centro della sua azione di governo proprio la guerra. Nel 1914 pare si fosse convinto dell’inevitabilità della guerra e si preoccupò solo di garantire che la Germania fosse pronta per il suo inizio. Fondamentale era tenere d’occhio l’opposizione della SPD, che si era rifiutata di appoggiare qualsiasi guerra capitalista. Ma poiché Hollweg aveva ritardato l’azione fino alla mobilitazione dei russi, parve che la Germania fosse vittima dell’aggressione zarista. La guerra allora venne appoggiata da tutti: il Kaiser, in agosto, dichiarava che per lui non vi erano più partiti, ma solo tedeschi. Lo “spirito d’agosto” non fu tipico di un solo paese. La Francia, in risposta alla sospensione dell’attività politica tedesca con il Burgfriden, rispose con la Union sacre. L’impero austroungarico era troppo frammentato per trovare unità. La Russia aveva ben poca politica civile da sospendere. In Inghilterra, il governo liberale si trovo nelle condizione di giungere alla tregua, poiché sia il movimento suffragista sia gli unionisti si unirono sotto l’ala del governo. Ben diversa era la situazione in Italia.  La Polonia russa, la seconda battaglia di Ypres La scarsa chiarezza sulle finalità belliche si rifletteva nella confusione regnante nella conduzione della guerra stessa. La Germania non era riuscita a portare a termine il piano Schliffen: Falkenhayn aveva il vantaggio, però, di avere a disposizione una riserva di truppe che era in grado di spostare a suo piacimento grazie al sistema ferroviario tedesco. Il successo di Brusilov a settembre lo indusse a pensare che l’Austria-Ungheria fosse troppo debole per essere lasciata sola a fronteggiare la Russia: dunque spostò le sue truppe di riserva da ovest ad est, utilizzando un attacco con i gas ad Ypres il 22 aprile per coprire il ritiro di ben 11 divisioni e per verificare anche l’efficacia di questa nuova arma. Il gas al cloro calò sui soldati algerini e francesi che caddero immediatamente. La 1a divisione canadese tenne le posizioni e aiutò tre divisioni britanniche a tamponare la falla, a costo di molte perdite. Nonostante i tedeschi avessero utilizzato il gas in via sperimentale e avessero intenzione di passare ad una strategia difensiva sul fronte occidentale, non furono in grado di sfruttare questo iniziale successo. Gli Alleati apprestarono maschere antigas. I gas entrarono a far parte delle armi belliche, limitati però all’uso a seconda del vento e del tipo di terreno. Sul fronte orientale Falkenhayn allestì un’offensiva, coordinato con il generale August von Mackensen al comando delle truppe austrogermaniche in Galizia, mentre Hindenburg attaccava a nord verso Kaunas. Luddendorff continuava ad operare sotto di lui, mentre Hans von Seeckt era il capo dello Stato maggiore austriaco. Seectk schierò le sue truppe d’assalto senza dare notizia ai russi dell’attacco: il breve ma intenso bombardamento aggiunse confusione tra le file nemiche. La prima ondata sferrò l’attacco il 2 maggio con l’ordine di procedere aggirando le resistenze invece di tenersi in posizioni fisse. I russi cedettero, permettendo così di riconquistare la città di Lemberg il 22 giugno. Poi Falkenhayn ordinò a Mackensen di procedere verso nord: Varsavia cadde il 4 agosto, seguita dalla città di Brest-Litovsk, mentre a nord Hindenburg si impadroniva di Kaunas. Al momento della fine della campagna, le forze tedesche e austriache erano avanzate di 300 miglia, infliggendo un milioni di morti ai russi. Lo zar Nicola II perse moltissimo prestigio e dovette sostituire come comandante dell’esercito il granduca Nikola, nonostante egli fosse inetto come comandante. Il piano di Falkenhayn non era di spingersi entro la Russia, ma di infliggere al nemico una sconfitta di tali proporzioni da spingere lo zar a chiedere la pace separata. L’umiliazione, invece, finì col sollecitare l’ostinazione dello zar e non solo la sua, dal momento che la perdita della Polonia diede ai patrioti russi qualcosa per cui combattere.  Il sistema delle trincee e il codice del fronte Il numero inferiore di uomini diede al combattimento sul fronte orientale il carattere di guerra di movimento. Ad ovest, invece, fu una cosa diversa: apparvero le trincee, che non erano però una novità. Sin dalla prima apparizione dei fucili a canna rigata, più precisi, la fanteria aveva iniziato a trincerarsi per proteggersi. Il sistema delle trincee, nell’inverno del 14-15, era nato come un sistema temporaneo, per collegare i forti. Vennero poi rafforzate con sacchi di sabbia e terrapieni. Davanti alle trincee, i due eserciti posizionarono filo spinato affilatissimo, che veniva poi tagliato dai guastatori per costruire varchi. Ogni esercito aveva la sua tipologia di trincea. Gli inglesi nelle Fiandre dovevano costruire sul terreno più che scavare, a causa delle falde acquifere. Il loro sistema si articolava in tre linee:  Prima linea: conteneva la trincea di fuoco e quella di comando. Quella di fuoco aveva un andamento spezzato e irregolare, con contrafforti che isolavano le postazioni di tiro. Quella di comando, poco più indietro, conteneva i rifugi e le latrine.  Seconda linea: trincea d’appoggio  Terza linea: trincea di riserva I francesi utilizzavano solo le prime due linee, mentre i tedeschi, che occupavano un terreno più elevato, costruirono un sistema di trincee profondo oltre quattro chilometri, con bunker per proteggere le riserve a grande profondità nel terreno. I tedeschi divennero più pratici in questo tipo di guerra rispetto agli Alleati. Sul fronte occidentale decisero di stare sulla difensiva, in modo da trarre vantaggio dalla loro posizione per concentrare più potenza di fuoco. In questa fase gli Alleati erano ancora occupati sulle esigenze d’attacco, lasciando i dettagli delle elaborazioni tattiche ai comandanti sul campo. In pochi sapevano che nulla sarebbe stato provvisorio. La metafora del labirinto (Leed) esprime bene la realtà dell’esperienza bellica. Il modello delle trincee era infatti modificato costantemente dai bombardamenti e dai rifacimenti continui. I soldati erano in continuo movimento, eccetto quando si trovavano in una trincea di fuoco alla prima luce del giorno. Con l’evolversi della guerra la trincea divenne un mito: i giovani andavano in guerra pieni di innocenza e di ideali, ma venivano poi uccisi in massa. Seguiva dunque un amaro disincanto. Il mito della guerra sgorgò in parte dall’esperienza di pochi soldati al fronte provenienti da famiglie colte e fu una specie di “guerra letteraria”: la stragrande maggioranza, invece, veniva da famiglie contadine o di classi medio basse urbane. Questa gente meno istruita non ha lasciato traccia di sé. Nel complesso, comunque, concepivano la guerra come un lavoro da compiere in squadra. Secondo il mito, i soldati comuni erano condannati al loro destino. Nella realtà, il soldato aveva qualche scelta a sua disposizione, comunque non molte. Con l’affermarsi del sistema delle trincee, i soldati al fronte esercitarono la prima delle opzioni a loro disposizione, ovvero stringendo apertamente accordi di pace. L’Alto comando non gradì e dal momento che il suo controllo sulla guerra si faceva sempre più stretto, i soldati al fronte elaborarono un’altra strategia, l’inerzia: si rifiutarono invero di combattere contro chi era in condizione di replicare. Ancora una volta, l’Alto comando impose delle norme per assicurarsi che gli uomini mantenessero il corretto spirito. Unità specializzate vennero spedite al fronte con lo scopo di usare armi speciali per costringere il nemico alla resa. La truppa si rifiutò ancora di accettare e usò la terza risposta: la ritualizzazione. Essendo soggetti agli ordini, gli uomini erano costretti ad agire, ma lo fecero in modo che le loro azioni non fossero letali. Gli artiglieri sparavano nella stessa ora e negli stessi punti, ad esempio. Il vero nemico era ora diventato chi non si trovava al fronte, ovvero gli ufficiali di Stato maggiore e i civili. Così la violenza divenne rituale e il nemico venne a identificarsi come “l’altra parte”, come nello sport insomma. Come mai allora morirono 31 milioni di uomini? Ciò fu possibile perché la gran parte di uccisioni avvenne a distanza, in forma meccanizzata e impersonale piuttosto che in scontri corpo a corpo. I fanti erano vittime, non assassini.  Neuve Chapelle, Champagne, Artois e Lois Gli inglesi scoprirono la potenza delle difese tedesche quando attaccarono a Neuve Chapelle il 10 marzo. Gli inglesi fecero ampio uso dell’artiglieria, con ben 340 cannoni. I Royal Flying Corps fornirono dettagliate foto aeree della zona e l’artiglieria poté così sparare secondo un piano preciso e coordinato. Infine, la fanteria mantenne segrete le sue intenzioni, in modo da poter contare sull’effetto sorpresa. Il piano sarebbe dovuto essere un successo. Il primo assalto britannico avanzò di ben un chilometro e prese il villaggio di Neuve Chapelle, fallendo però nel tentativo di far passare l’intera 1a armata attraverso il villaggio. La seconda ondata fu intralciata dalla prima e il generale Henry Rawlinson, a capo del quarto corpo d’armata, non fu lesto al punto da muovere le riserve per tempo. Appena gli inglesi persero lo slancio, i tedeschi ne approfittarono per ricomporre le difese. Qualità essenziale della difesa è di rafforzarsi consentendo a chi si difende di superare le situazioni di svantaggio dove si è colti di sorpresa o in inferiorità numerica. La potenza di fuoco dell’artiglieria inglese poi era necessario fosse ben diretta. Rawlinson era convinto che gli unici attacchi a dare risultati fossero quelli “mordi e resta”. I cannoni avevano il compito di mordere, designando il raggio d’azione che la fanteria poteva prendere e occupare. In questo era nel giusto: perché lui e gli altri responsabili del comando non ne tennero conto? Forse i successi iniziali incoraggiarono ad andare oltre. Non una carenza di immaginazione, piuttosto l’eccesso. Joffre continuò a nutrire assoluta fiducia nella possibilità di accerchiare il fronte tedesco. La due vie di accesso con terreno favorevole erano ad Arras e nel distretto della Champagne. La prima offensiva francese si ebbe a maggio, quando 18 divisioni attaccarono vicino ad Arras. L’attacco andò a finire nel mezzo del complesso di trincee tedesche e si impantanò. Per niente scoraggiato, Joffre dichiarò che il suo obiettivo era di logorare i tedeschi, non di sfondare. Progettò poi la più grande offensiva della guerra di movimento, ovvero un attacco con 35 divisioni nella regione della Champagne con un attacco di supporto nell’Artois, inclusa un'altra incursione a Vimy. Dopo 3 giorni di bombardamenti non si riuscì comunque a far breccia nel filo spinato. Lo schema di quant accaduto agli inglesi si ripeté: successo il primo giorno che apre la strada ad azioni locali prive di coordinamento e poi, dieci giorni dopo, attacco contro le seconde linee tedesche. Per sole 2 miglia di territorio nemico, i francesi persero 145 mila uomini. A nord, ad Artois, gli Alleati stavano andando anche peggio. Joffre aveva fatto pressioni su French perché attaccasse l’area a nord di Lens. Haigh, che doveva guidare l’attacco, fece notare che l’area era fortificata e priva di valore. Dopo un lieve bombardamento, gli inglesi presero il villaggio di Loons e si spinsero avanti per sfondare le seconde linee nemiche nei pressi di Lens. Liberarono gas al cloro che uccise qualche centinaio di tedeschi ma che, al mutare del vento, mise fuori combattimento anche parecchi inglesi. French aveva tenuto le riserve a 16 miglia nel retroterra, così che, quando esse raggiunsero la zona di battaglia, i tedeschi avevano già chiuso la breccia. Nella confusione, la seconda linea inglese avanzò nel mezzo del fuoco della mitragliatrici tedesche. Quando French decise di fermare l’offensiva, 8 mila inglesi giacevano sul terreno, riuscendo a conquistare solo un altro inutile saliente. Fu qui, a Loons, che si manifestarono nei soldati più giovani le prime manifestazioni di isteria. In un dispaccio ufficiale French addossò ad Haigh le colpe del ritardo delle riserva, ma i migliori appoggi di quest’ultimo fecero si che divenne nel dicembre comandante in capo del BEF.  Gallipoli Lord Kitchener sosteneva invece che quanto stava verificandosi non era una guerra e che personalmente non sapeva cosa fare. Alla fine del 1914 il Consiglio di guerra si mostrò d’accordo con lui, ma senza essere in grado di offrire alcuna alternativa sul fronte occidentale. L’ammiragliato, a inizio dl 1915, propose una spedizione navale per bombardare la penisola di Gallipoli, avendo come obiettivo Costantinopoli. All’estremo limite del Mediterraneo, gli stretti dei Dardanelli conducevano al Mar della Marmara, dove si trovava Costantinopoli. La penisola di Gallipoli era il lembo di costa settentrionale, la Turchia asiatica la costa meridionale. Per attraversare gli stretti, la Royal Navy doveva distruggere i fortini posti sulle coste e neutralizzare i campi minati. Il bombardamento navale inizio il 19 gennaio. Le fortificazioni non furono danneggiate così tanto, ma la tabella di marcia imponeva agli inglesi di procedere. Kitchener decise di mandare inoltre una divisione regolare, la 29a, a Gallipoli, ma anche con l’aggiunta di questa e delle divisioni australiane e neozelandesi, il totale di militari arrivava alla metà del totale promesso.7 Il bombardamento navale era nel frattempo fallito. Il comandante fu sostituito dall’ammiraglio de Robeck che portò avanti il piano originario, ovvero un attacco in pieno giorno il 18 marzo, utilizzando sedici vecchie navi da guerra per colpire i forti ottomani. Alcune mine impreviste affondarono tre navi e ne misero altre tre fuori combattimento, mentre i dragamine non arrivarono mai sul posto. De Robeck allora si ritirò, promettendo di tornare appoggiato da mezzi anfibi. Lo sbarco andava delineandosi all’insegna dell’approssimazione. Il generale Ian Hamilton, privo di stato maggiore, ebbe solo sei settimane per decidere dove e come effettuarlo. Scelse capo Helles, all’estremità della penisola, e Gaba Tepe, nel mezzo della costa settentrionale. Lo sbarco partì il 25 aprile, giorno noto come “ANZAC Day” a celebrare il battesimo di fuoco dei Dominions australiano e neozelandese. I soldati dell’ANZAC non riuscirono mai ad arrivare sulla spiaggia di Gaba Tebe e scesero su una più piccola, riuscendo comunque a superare le difese turche, trincerandosi ad ANZAC Cove. Lo sbarco a capo Helles, invece, ebbe risultati incerti. Le truppe travolsero le difese sulle spiagge e si trincerarono li. La Royal Navy a quel punto aveva rinunciato a dare supporto, mentre Kitchener si era rifiutato di togliere altre truppe al frotne occidentale. A luglio l’unico punto dove le cose sembravano andare bene era dove era stanziato l’ANZAC, dal momento che su capo Helles gli attacchi alle postazioni nemiche erano falliti. Per garantirsi la sorpresa, Hamilton tentò di attaccare di notte: ancora una volta però l’attacco si arenò. Il 6 agosto, Hamilton fece sbarcare le sue truppe del nuovo esercito nella baia di Suvla, a nord di ANZAC Cove e ottenendo un successo già a fine della prima giornata. Ma, essendo ad un passo dalla vittoria, non la seppero sfruttare, in quanto il comandante delle operazioni sbarcò le truppe in disordine, dando il tempo ai turchi di riorganizzarsi. A settembre, la calura estiva e la delusione avevano logorato tutti. Hamilton fu rimosso in ottobre. Per coprire il fallimento si istituì a Londra una commissione di guerra sui Dardanelli. Dopo essersi recato a Gallipoli per un sopralluogo, Kitchener fu d’accordo sull’evacuazione. Dal momento che i turchi erano ben Per spiegare i fallimenti di Neuve Chapelle e Loos, French addossò la colpa alla carenza di munizioni. Il governo, a sua volta, se la prese con gli addetti alla produzione bellica. I pub vennero chiusi al pomeriggio perché le persone si concentrassero più nel lavoro. Il BEF soffrì sì di carenza di munizioni, difettose inoltre e del tipo sbagliato, senza adeguato rifornimento di proiettili ed esplosivi. Ma ciò valeva per tutti gli eserciti nel 1915. Dal momento però che la capacità di pianificazione era maggiore in Francia e in Germania, furono questi stati a muoversi per primi verso un’economia dedicata alla guerra  Finalità e strumenti bellici in Germania: i sottomarini In Germania il Burgfriden continuava, anche se l’entusiasmo scemava. Il cancellerie deteneva ancora la fiducia. L’ala sinistra della socialdemocrazia era scettica sulla giustezza della causa tedesca, i nazional- liberali era molto diviso ancora prima del conflitto e accentuò la frattura, i conservatori e i liberali conservatori erano favorevoli ad una conclusione vittoria della guerra. I partiti della Destra costituirono nel 1915 una maggioranza con il fine di chiedere al governo una conclusione veloce del conflitto. A minacciare l’opera di Bethmann Hollweg erano più i mezzi che le finalità della guerra. Con la grandissima supremazia marittima, l’Inghilterra aveva ben modesto interesse per sviluppare un’arma sottomarina. Era la Germania che ne era invece interessata. Gli inglesi fissarono nel Mare del Nord una supremazia militare in cui proteggere le rotte commerciali per le navi neutrali che dovevano procedere sotto scorta britannica. Fu dichiarato che tutti i beni diretti in Germania erano merce di contrabbando passibile di confisca. Era dunque una guerra economica. Per via diplomatica i tedeschi non raccolsero nulla. Avevano però già previsto i sottomarini come risoluzione del blocco, facendo comunque fatica a denunciare i metodi che loro stessi avrebbero usato. Erano però con le spalle al muro. Alla fine del 1914 i tedeschi minacciarono di usare i sottomarini per rompere il blocco,ma si trattava di un’ostentazione, dal momento che il Kaiser si opponeva in maniera decisa. Il Kaiser riteneva che far annegare civili innocenti era spaventoso, ma perché il contro blocco tedesco doveva risultare più orrendo del blocco inglese? Servendosi di mezzi di superficie, gli inglesi accostavano le navi neutrali, le controllavano e le confiscavano. I sottomarini agivano diversamente: attaccavano in superficie, usando i siluri e i cannoni per affondare le navi, con distruzione e annegamento del personale. I tedeschi si arrovellarono per mesi sul problema. I paesi neutrali, inoltre, non prendevano sul serio le intenzioni della Germania, la quale possedeva solo 22 sottomarini, un terzo dei quali era in grado di pattugliare solo le zone di guerra. Ma nel febbraio del 1915 i tedeschi diedero il via alla guerra sottomarina, dichiarando che qualsiasi imbarcazione al largo delle coste britanniche sarebbe colata a picco. Avrebbero si risparmiato le navi neutrali, ma era meglio tenersi comunque al largo, data l’abitudine degli inglesi di navigare con bandiere neutrali. Il capo della marina, l’ammiraglio Pohl, era già dell’idea di attaccare comunque qualsiasi nave neutrale a vista, ma il Kaiser e il cancelliere, preoccupati per un’eventuale intervento americano, lo frenarono. La dichiarazione fornì agli inglesi il pretesto per generalizzare il blocco delle coste tedesche, bloccando qualsiasi scambio attraverso i porti neutrali. Il presidente Wilson scatenò una forte protesta, affermando che avrebbe ritenuto la Germania responsabile per qualsiasi attacco a navi statunitensi e che sarebbe sceso in guerra per tutelare la libertà di navigazione. Il 7 maggio 1915 un sottomarino tedesco affondò il Lusitania, nave di linea della Cunrad al largo delle coste irlandesi. Soltanto 128 delle 1.200 vittime erano americane. Il tentativo di spaventare i paesi neutrali sii ritorse così contro la Germania, dal momento che in America si diffuse la convinzione che ad affondare fosse stata la Mayflower. Wilson ribadì l’illegalità della guerra sottomarina, dal momento che anche quando un sottomarino era in superficie, non era in grado di soccorrere i superstiti. I tedeschi, affermava Wilson in una nota nel luglio, potevano limitare la loro guerra ad un’intercettazione di superficie, sostenendo che l’America sarebbe intervenuta in guerra se i tedeschi fossero passati al terrorismo. La Germania fece un passo indietro e dotò i sottomarini di cannoni sul ponte, in modo da poter emergere, controllare le imbarcazioni neutrali e in caso, evacuare il personale prima di affondarla. Il metodo funzionò. In agosto un sottomarino affondò una nave britannica di linea, la Arabic, nonostante l’esplicito invito del Kaiser di risparmiare le navi con passeggeri. Di nuovo si levò la protesta di Wilson e questa volta, i leader civili in Germania ebbero la maglio su quelli militari così che i sommergibili ebbero l’ordine di non attaccare le navi di linea nemiche senza preavviso. Tripitz denunciò la debolezza di questa linea e venne sostituito. Sul finire del 1915, i mesi di crisi sulla guerra sottomarina erano finiti, segnando una distensione tra i rapporti. Se e quando gli ammiragli tedeschi fossero riusciti a mettere a punto una flotta di U-Boote efficiente quanto bastava per operare un contro blocco a quello inglese, le preoccupazione per una reazione americana sarebbero state più tiepide, di fronte ad un’arma così vincente. Capitolo 5 - 1916: il logoramento e i disastri ben pianificati Nel terzo anno di guerra si assistette a lotte spietate che non portarono a nulla. I soldati maturarono la sensazione di essere stati abbandonati. Sul fronte interno la stanchezza sempre maggiore nei confronti della guerra si mutò in disfattismo o in cupa determinazione a non cedere. A questo punto, i disastri ben pianificati, portarono ad un punto di svolta: all’affermazione vera e propria della guerra.  Lo Jutland La prima battaglia esemplare della situazione di stallo si ebbe sul mare. Il 31 maggio 1916, la flotta oceanica tedesca comandata da Reinhard Scheer partì da Wilhelmshaven per annientare quella britannica. Pur accusando di inferiorità numerica, il piano era di attirare gli incrociatori inglesi con quelli tedeschi nel raggio di fuoco del grosso della flotta tedesca. Gli inglesi si mossero con la stessa idea di tattica. La battaglia, durata sei ore, rispose più alle aspettative inglesi, la quale per ben due volte andò ad incrociare a T la flotta tedesca. Gli inglesi avevano però una difficoltà nel controllare gli incendi sugli incrociatori, i quali se non domati potevano raggiungere i depositi di munizioni. I sistemi di sicurezza erano stati disattivati per accelerare il trasporto dei proiettili verso i cannoni. Ciò provocò l’esplosione di ben tre incrociatori all’altezza della penisola dello Jutland. Per di più la flotta inglese era carente nel sistema di segnalazioni, inferiore di dotazioni di munizione e la gestione totale era orientata verso la prudenza. Tuttavia, nonostante la propaganda tedesca riportò la vittoria, il Kaiser sapeva bene che il dominio dei mari apparteneva agli inglesi. La flotta tedesca fece ritorno in porto alle 4,30 del primo giugno e vi restò da quel momento in avanti.  Verdun Alla fine del 1915 la Francia aveva perduto la metà degli ufficiali regolari e tanti soldati quanti ne avrebbe persi l’Inghilterra nel corso dell’intero conflitto. Joffre restava comunque imperturbabile. Quando il 6 dicembre i comandanti alleati si riunirono a Chantilly, dichiarò che le offensive dell’Artois e della Champagne avevano portato brillanti risultati. Soltanto le avverse condizioni climatiche e la carenza di munizioni avevano impedito di chiudere la partita. Joffre era dunque intenzionato a riprendere la tattica degli attacchi frontali, dato che la produzione bellica era in crescita. I russi avrebbero dovuto attaccare gli austro- ungheresi sul fronte orientale, mentre gli italiani avrebbero fatto lo stesso da sud. Anche Falkenhayn stava allestendo i suoi piani per il 1916. Egli era portato ad una maggiore franchezza analitica. Egli sosteneva che un attacco a Verdun avrebbe attirato l’esercito francese nel raggio dei cannoni tedeschi e l’avrebbe ridotto allo stremo, presentando un altissimo costo al vero nemico, ovvero l’Inghilterra. Il 20 dicembre il Kaiser accettò la proposta e cominciarono i preparativi per l’operazione “Gericht”, la più lunga battaglia della storia. La scelta terreno sembrava giusta sulla carta. Verdun era una città fortificata d’epoca romana e nel 1914 gli ingegneri l’avevano trasformata nella postazione difensiva più formidabile del mondo. Il fronte occidentale inoltre si sviluppava tutto intorno a Verdun. Sul crinale delle colline esterne c’erano fortificazioni, quasi una sessantina. La città era attraversata dalla Mosa, tagliandola in due parti: sulla riva sinistra c’erano due linee fortificate, tre su quella di destra, dove Falkenhayn aveva intenzione di attaccare. Quel che i tedeschi non sapevano era che lo Stato maggiore francese aveva deciso di rinunciare alle fortificazioni fisse, convinti che l’esperienza di Liegi fosse bastata. La città era così privata dei suoi cannoni e di gran parte della sua guarnigione. Alcuni soldati francesi sul posto nutrivano sospetti di un attacco imminente, ma Joffre giudicò i rapporti troppo allarmistici. Il segreto con il quale i tedeschi prepararono l’operazione fu avvantaggiato dalla sordità di Joffre. Per la prima volta i tedeschi utilizzarono l’aviazione per avere copertura dall’alto. Inoltre, i francesi erano all’oscuro delle miglia di nuove tratte ferroviarie allestite per trasportare munizioni e rifornimenti per i 140 mila uomini della 5a armata previsti per l’attacco. La Germania dispiegò 850 cannoni e numerosi lanciafiamme da poco utilizzati nel conflitto. I francesi potevano opporre solo 270 cannoni e 34 battaglioni, a fronte dei 72 tedeschi. antigas e avevano ingannato i tedeschi. Solo pochi soldati tedeschi riuscirono a giungere a Fort Souville e videro Verdun, ma non c’era nessuno a seguirli. Furono uccisi o catturati. Dopo un mese di vani sforzi, il fratello del Kaiser riuscì a convincerlo a rimuovere Knoblesdorf. Inoltre, l’ingresso della Romania a fianco dell’Intesa convinse il Kaiser a togliere di mezzo anche Falkenhayn, nemico di Bethmann Hollweg. Subentrarono a loro Hidenburg e Luddendorff, la cui prima reazione, una volta giunti a Verdun, fu di incredulità per l’utilizzo di un numero così ampio di forze per una così insulsa. Ci fu un atto conclusivo del dramma di Verdun. Petain aveva voglia di attaccare. Ciò che non concepiva erano gli attacchi improvvisati, con forze insufficienti su un fronte troppo ristretto. Egli preferiva l’attacco in grande stile, quello risolutivo. Così, quando la pressione tedesca si allentò, Petain si preparò a riprendersi Douamont e tutti il terreno perduto in febbraio. La collaborazione con Nivelle funzionò bene: il fuoco di sbarramento fu micidiale. Quando i francesi in ottobre sferrarono l’attacco tutto andò per il meglio. Quando Fort Douamont cadde nelle mani dei francesi era vuoto, come i tedeschi l’avevano trovato l’anno prima. Dopo un attacco che costò 47 mila morti, anche Fort Vaux tornò nelle mani dei francesi. Le due parti, nell’insieme, perdettero circa 700 mila uomini, mentre nel’arco della guerra ne persero un milione e mezzo. Lo scopo? Falkenhayn non voleva prendere Verdun, ma solo tenere impegnati i francesi nella sua difesa. Petain non voleva difenderla, ma dovette farlo. In migliaia morirono per difendere postazioni decisive per l’accesso a Verdun, ma invano. Verdun cambiò però la storia del mondo: cosa sarebbe successo se, a giugno, i tedeschi avessero preso Verdun? Un rovescio simile, avrebbe sicuramente staccato la Francia dall’Intesa. La Germania forse non si sarebbe dovuta rifugiare nella guerra sottomarina e forse non sarebbero intervenuti nel conflitto gli Stati Uniti. Se i tedeschi, inoltre, avessero negoziato con i russi invece di travolgerli, il disastro militare russo del 1916 non avrebbe alimentato la politica antizarista. Forse i tedeschi avrebbero vinto la guerra nel giugno del 1916, risparmiando la dose di guerra totale che il mondo incassò. I mali della guerra vi erano già prima di Verdun: ma nello stallo di questa lunga battaglia emersero contemporaneamente. 1. La Somme Quando i comandanti alleati si erano riuniti a Chantilly nel 1915, l’attacco congiunto proposto da Joffre nella valle della Somme prevedeva 40 divisioni francesi con l’appoggio di 29 inglesi. Attestarsi e combattere nella Somme non aveva alcun valore strategico per i tedeschi: ma proprio li si incrociava il fronte francese con quello britannico. Nel momento però in cui Falkenhayn attaccò a Verdun, le divisioni francesi si ridussero fino a 5, a fronte delle 14 britanniche. Il primo marzo la 1a armata francese si spostava in direzione di Verdun, mentre la 1a e la 3a inglese marciavano verso la Somme. La 4a fu istituita sotto il comando di Rawlinson, responsabile della programmazione. Vennero costruite nuove strade e ferrovie per trasportare l’occorrente, si scavò per interrare i fili telefonici e si crearono depositi. Rawlinson non aveva però le idee chiare su come agire. L’obiettivo tattico era chiaro. La valle della Somme era dominata dai monti Pozieres e intersecava obliquamente il fronte. A nord il crinale era inglese, ma nel punto in cui il fiume Ancre incrociava il fronte, esso passava sotto il controllo tedesco. Da questo punto la cresta zizagva lungo la valle dell’Ancre per 15 miglia, finché il fiume si riversava nella Somme. Obiettivo sarebbe stato il crinale a sud del villaggio di Thiepval. Dopo una riflessione, però, si decise che sarebbe stato meglio attaccare le 11 miglia di crinale che correvano dalla Somme alla collina detta la Serre. Rawlinson comunicò ad Haigh il suo piano, ammettendo che scopo principale era logorare il nemico subendo il minor numero di perdite. Il problema era che un attacco lungo la Somme sarebbe stato comunque privo di obiettivi strategici, poiché l’unico vero obiettivo era l’esercito tedesco in sé. Venne deciso un breve bombardamento preliminare, poiché dato che i tedeschi controllavano le valli dall’alto, non ci sarebbe stato alcun effetto sorpresa. Tutto dipendeva dall’artiglieria, per gli inglesi. La 4a armata disponeva di 1.300 cannoni per le 15 miglia del fronte. Era previsto lanciassero un fuoco preliminare e mantenessero poi la copertura per tenere inchiodato il nemico. Il piano si basava sulla gittata dei cannoni, che si presumeva fosse di circa 4 chilometri. Ogni singolo componente tedesco entro quel raggio sarebbe stato distrutto. L’ipotesi si rivelò sbagliata: con solo 400 cannoni pesanti agli inglesi mancava la capacità distruttiva necessaria. Del milione di proiettili esplosi nei dieci giorni di bombardamento, la maggioranza quasi assoluta erano shrapnel, granate a frammentazione, inutili contro il filo spinato e le difese ben corazzate. Un’alta percentuale di proiettili poi fece cilecca, gli artiglieri non erano precisi e avevano un margine d’errore di almeno 25 metri. Nessuno voleva perdere il volume di bocche di fuoco e proiettili pesanti che sarebbero serviti. Ogni battaglia, dopo il 1916, segnò la crescita esponenziale dei cannoni pesanti. Senza di questi, la grande guerra diventa uno scontro tra fanti. Gli ufficiali quindi si ingannarono credendo che dieci giorni di bombardamento avrebbero distrutto le difese tedesche. La tattica della fanteria fu mantenuta semplice. Ogni compagnia d’assalto doveva uscire allo scoperto alle 7 e 30 del mattino e disporsi in file, ogni uomo a 2 o 3 metri dall’altro. Ci volevano quattro linee in tutto, da 50/100 metri l’una dall’altra. Le file dovevano avanzare nei varchi del filo spinato inglese e tedesco. Ogni soldato aveva in spalla circa 30 chili di materiale. Dei 60 battaglioni inglesi usati alla prima ondata, 20 furono distrutti completamente. Dei 120 mila uomini che parteciparono all’attacco, la metà di loro risultò morta, ferita o dispersa. La battaglia della Somme si protrasse però ancora per 139 giorni, nel corso dei quali 600 mila sarebbero state le perdite inglesi e analogo numero tra i tedeschi, in onore della rigida politica dei contrattacchi. A causa delle perdite sbalorditive, l’esercito inglese fece appello all’impero per rifornirsi di divisioni scelte d’assalto. Gli australiani scesero in battaglia a luglio, i canadesi in settembre, quando Haigh, per la pria volta, usò i carri armati. Capitolo 6 - Organizzarsi per vincere  Luddendorff assume il comando in Germani Ricevendo insieme a Hindenburg il comando supremo delle operazioni belliche con il mandato di vincere la guerra, Luddendorff si rese conto che per vincerlo era necessario modificare la natura stessa del conflitto. Un attacco ad ovest era fuori discussione. Un po’ per volta, si convertì ad un atteggiamento difensivo. Al culmine del suo sistema, avrebbe creato 3 o 4 diverse zone difensive. La prima era occupata da poche truppe, avamposti collegati tra loro che funzionavano da ammortizzatori in caso di assalto. La zona di combattimento principale era il sistema di trincee propriamente detto, mentre la zona ultima serviva da base per il contrattacco o per lo sbarramento d’artiglieria. Questa soluzione tattica si risolse nella “linea Sigfrido”, che correva dalla Somme fino a Soissons, dove il fronte piegava a Verdun, profonda anche 10 miglia in alcuni punti. Luddendorff si rendeva conto che stando sulla difensiva ad occidente si guadagnava tempo, ma non si arrivava però alla vittoria. La guerra sottomarina era ora l’unica soluzione. Nel 1916 arrivò a riconoscere la nascita di un regno di Polonia indipendente, realizzato però nella Polonia russa, annullando di fatto qualsiasi possibilità per una pace con la Russia. In questo modo, egli, decideva di attaccare ad est, con l’aiuto della Polonia ad ogni costo.  Guerra sottomarina illimitata La questione che portò allo scoperto il dibattito sulle finalità della guerra furono i sommergibili. La maggioranza delle forze politiche era dalla parte della marina, mentre una minoranza si stringeva attorno al cancelliere per la pace negoziata. Tripitz, dopo aver dato le dimissioni dall’ammiragliato, si mise a capo nel 1916 del Partito patriottico, promotore di un programma che prevedeva l’utilizzo dei sottomarini come unica arma per giungere alla vittoria. Nell’ottobre dello stesso anno il Reichstag approvò una risoluzione del Partito di centro cattolico in base alla quale il cancelliere doveva piegarsi di fronte ai giudizi dell’Alto comando in materia di uso dei sottomarini. Il Partito era convinto che non fosse possibile vincere la guerra solo con le forze di terra. Bethmann Hollweg cominciò a dubitare della sua opposizione alla guerra sottomarina illimitata. Con una guerra del genere, forse era possibile mettere in ginocchi l’Inghilterra in soli sei mesi. Se anche poi l’America fosse entrata nel conflitto, come avrebbe potuto raggiungere l’Europa con uno sbarramento di sottomarini tedeschi? Il cancelliere decise però di non dare il via libera agli avversari senza prima aver tentato la soluzione diplomatica.  Proposte di pace Bethmann Hollweg non era il solo leader politico che voleva la pace. In Inghilterra, lord Lansdowne, ex ministro degli Esteri, fece circolare una lettere in cui nel novembre del 1916 invocava una pace incondizionata. Le proposte di pace avevano una duplice funzione: fermare la guerra prima che divenisse globale e di giustificare la guerra in caso di totale fallimento. A pregiudicare la riuscita di trattare la pace non furono le motivazioni addotte, ma l’ambiguità di proporre la pace nel bel mezzo del conflitto. Va osservato che, tra gli alleati, si finisce per perdere sempre la fiducia negli altri, così che la parte che per prima lancia la proposta di negoziati può anche puntare ad indebolire l’altra coalizione facendo proposte che favoriscano uno dei suoi membri. I suoi alleati si sentiranno così traditi. Chi fa la proposta può appellarsi direttamente all’opinione pubblica, scavalcando il governo. La pace fu un’ulteriore illusione da esibire prima che la realtà disincantata della guerra totale potesse mostrare i suoi orrori. Il cancelliere tedesco continuava a tener d’occhio i socialdemocratici. Nel marzo dell’anno precedente, una minoranza radicale era uscita dal partito e la sua tesi era che la guerra imperiale stesse facendo guadagnare consensi al governo nella classe lavoratrice. Altra preoccupazione per Bethmann Hollweg era Wilson, rieletto presidente nel 1916. Egli sapeva che la promessa del presidente americano di tenersi neutrale nel conflitto era propaganda.  Una soluzione tecnologica? Guerra aerea e carri armati La guerra aerea: l’opera degli aviatori era di fungere da occhio nel cielo per scorgere i movimenti dei nemici, individuandone l’artiglieria. Lo sviluppo dei caccia si ebbe come espediente per impedire al nemico l’avvistamento dall’alto. All’inizio i piloti disponevano solo di una pistola, dato che non vi era posto sui velivoli per una mitragliatrice troppo pesante e con buona visuale. Furono gli aviatori stessi ad escogitare delle soluzioni. Il pilota francese Roland Garros, nel 1915, usò una mitragliatrice di prua per abbattere un ricognitore tedesco. L’arma era sincronizzata con l’elica e per deviare i proiettili fuori sincronia, adattò alle pale delle fasce metalliche. Quando Garros andò a schiantarsi dietro le linee nemiche, Anthony Fokker scoprì la chiave del suo successo, migliorando le tecniche del francese. Egli pensava ad una sorte di timer capace di garantire che i proiettili passassero attraverso il raggio d’azione dell’elica nell’intervallo tra una pala e l’altra. Il primo pilota ad adottare questa nuova arma fu Oswald Boelcke, il quale utilizzò l’Eindecker, velivolo monoplano sul quale Fokker aveva installato l’arma. Max Immelmann fu il primo pilota da caccia, avendo migliorato ulteriormente questa nuova tecnologia. Già nel 1916 gli Alleati avevano copiato la tecnologia tedesca e messo fine al flagello degli aerei di Fokker. A differenza dell’aviazione tedesca, la Royal Flying Corps (RFC) non puntava ad un vantaggio tattico momentaneo, ma voleva il dominio permanente dello spazio aereo sulle linee del fronte tedesco. La motivazione era il continuo bisogno di ricognitori spia, ma vi era anche un’esigenza strettamente morale. La potenza aerea inglese veniva concentrata in unità mobili che potevano spostarsi rapidamente verso settori sottoposti ad attacco, aiutando con azioni di difesa o contrattacco. Tale vantaggio passò nella prima fase del 1917 nelle mani dei tedeschi e della loro serie di caccia Albatros, culminante nell’aprile di sangue, quando gli inglesi incrementarono del 30% le loro perdite durante la copertura nell’attacco ad Arras. Con l’introduzione dei caccia serie SE5, prodotti a Bristol, gli inglesi riottennero il primato, a costo di aumentare il numero di velivoli e di piloti. Gli scontri aerei si limitavano alla caccia ai ricognitori o ai palloni aerostatici. Il concetto di “asso” iniziò proprio allora a identificare il miglior pilota all’intero di un gruppo, per poi passare all’opinione pubblica. Alla fine del 1917, i primi assi (Guynemer, Immelmann) erano tutti morti. A loro subentrò il famoso “Barone rosso”, ovvero il tedesco Manfred von Richtofen. A fine guerra, l’unico asso sopravvissuto era il canadese Billy Bishop. Furono i piloti stessi ad elaborare nuove tattiche di combattimento aereo. La chiave del successo di uno scontro non stava tanto nelle virate strette, ma nella velocità. La tecnica migliore era quella di piombare giù dall’alto sull’avversario e poi scomparire. Ben presto la caccia singola venne abbandonata per passare alla caccia in formazioni tattiche. L’intervento degli aerei in maniera indiretta nei bombardamenti cominciò solo come teoria. Nel maggio del 1915, i tedeschi inviarono gli Zeppelin a bombardare Londra. Ma quando l’eccitazione si spense e i risultati si mostrarono limitati, passarono ai bombardieri “più pesanti dell’aria”. La campagna dei cosiddetti bombardieri Gotha, che ebbe inizio nel 1917, attirò l’attenzione della stampa e del parlamento inglese, al punto da spingere il governo a incaricare il feldmaresciallo Jan Smuts di studiare la potenza aerea tedesca. Frutto della sua indagine fu la Royal Air Force (RAF), creata per fusione della RFC e della Royal Naval Air Service. Ci si impegnò a bombardare la Germania, ma i risultati furono modesti e alterni, ma le due parti in conflitto ormai si erano incamminate su una strada che avrebbe condotto a Hiroshima. Carri armati: il carro armato è la dimostrazione di quanto la concorrenza spinse al cambiamento su direttrici diverse. I carri restarono per tuta la guerra un’esclusiva degli Alleati, dato che i tedeschi avevano concentrato i loro sforzi sulla guerra chimica. L’idea del carro armato venne in mente a molti nel 1915, nel momento in cui la guerra si fossilizzò nelle trincee. Il più grande sostenitore fu il colonnello Ernest Swinton. Churchill si dimostrò interessato e istituì un comitato presso il ministero della Marina con il compito di elaborare l’idea. I mezzi cingolati erano superiori a quelli su ruote: presto venne prodotto il “Little Willie”, uno scatolone rettangolare con cingoli su entrambi i lati. Da questo prodotto derivò ben presto il primo modello operativo, il Mark I, con due versioni, una con cannoni e una con mitragliatrici. Aveva una corazza spessa 12 millimetri, un peso di 28 tonnellate e una velocità media di 6 chilometri orari. L’equipaggio era di 8 soldati, 4 dei quali si occupavano di manovrarlo. Il colonnello Jean Estienne, ispirato dai trattori Holt con i quali gli inglesi movimentavano l’artiglieria, convinse l’Alto comando francese a dare inizio alla programmazione dei carri armati. Per quanto i veicoli furono simili all’inizio, diverso era il loro utilizzo. Swinton voleva dei mezzi a sostegno della fanteria, usati per sfondare il fronte, prima di artiglieria e fanteria. Invece, il colonnello Fuller riteneva dovessero avere un ruolo autonomo rispetto alla fanteria. Pare che Haigh, invece, trascurasse completamente l’argomento, ma ciò è dovuto ai risultati alterni del loro utilizzo. Il primo attacco coordinato di carri armati si ebbe a Cambrai il 20 novembre 1917. Sotto un grandissimo fuoco di sbarramento e la copertura di 300 caccia, gli inglesi fecero avanzare 378 carri armati insieme a 8 divisioni di fanteria. Fuller decise che i carri dovevano attraversare i reticolati e le trincee nemiche: il risultato fu un avanzamento di ben 8 chilometri su un fronte di 11, con solo 1.500 perdite. Tuttavia metà dei carri caddero sotto il fuoco tedesco, sicché l’attacco si arenò permettendo il prevedibile contrattacco. I carri ebbero però un ruolo decisivo egli attacchi Alleati e degli americani. Furono gli australiani a perfezionarne l’utilizzo con un maggiore coordinamento di fanteria e carri. Ad ogni modo, questi primi mezzi erano troppo lenti, fragili e inclini a rompersi per rappresentar qualcosa di più di un semplice appoggio alla fanteria.  Una soluzione tattica? Arras, Vimy e l’offensiva di Nivelle Che ne era stato della tattica? Nel 1917, gli eserciti contrapposti si resero conto del problema che avevano davanti e si applicarono a innovare sia la tecnica che la tattica. I tedeschi utilizzarono il fronte orientale come laboratorio per nuovi metodi. Falkenhayn, dopo essere stato privato del comando supremo, assunse il comando della campagna contro la Romania, ottenendo una vittoria lampo. In questa campagna venne utilizzata la tecnica del fuoco di sbarramento a rullo, che vedeva la fanteria muoversi subito dopo lo sbarramento dei cannoni. I francesi considerarono a fondo la tattica quando andarono all’assalto di Verdun nell’autunno del 1916. I miglioramenti trovarono riscontro nel rapporto del generale Arthur Currie della 1a divisione canadese, il quale riconobbe quattro elementi essenziali per un attacco di fanteria ben riuscito. Primo fra tutti, la necessità di operare sopralluoghi per perlustrare e raccogliere informazioni. Egli preferiva le foto aeree delle posizioni nemiche. In secondo luogo, egli considerava la necessità di avere obiettivi appropriati. Importante era anche l’addestramento all’attacco con preparazioni di combattimenti simulati. Ultimo elemento era l’importanza del plotone, unità fondamentale della milizia canadese fin da prima del 1914. In questo modo, dalle grandi divisioni, l’esercito si divise in compagnie e plotoni, a loro volta suddivisi in squadre di granatieri, fucilieri e mitraglieri. All’attacco si poteva dare nuovo slancio se si assegnava la responsabilità di prendere le decisioni in tempo reale al livello più basso possibile, lasciando che le truppe d’assalto aggirassero le resistenze avversarie, eliminandole al momento successivo. Capitolo 8 - 1917: una pena indescrivibile I nuovi metodi furono messi alla prova quando gli inglesi attaccarono ad Arras a sostegno della principale offensiva francese. Forte del limitato successo a Verdun, Nivelle si aspettava di sfondare le difese tedesche. Il suo segreto consisteva nel simulare la formula utilizzata a Douamont: ampliare il fronte d’attacco, in modo che i tedeschi non potessero pungere sui fianchi con le riserve, aumentare il numero di truppe della prima ondata e proteggere l’avanzata con il fuoco di sbarramento progressivo. Lloyd George decise segretamente di affidare l’esercito inglese alle direttive di Nivelle, che diede ai soldati un rinnovato spirito offensivo. Lo spostamento dello sforzo bellico dalla Somme all’Aisne comportò lo slittamento dell’offensiva principale da febbraio ad aprile, dando tempo ai tedeschi di completare la “linea Hindenburg”. Inoltr, alle orecchie dei tedeschi, giunsero voci dell’imminente attacco. I dubbi su Nivelle crescevano: Petain mostrava scetticismo nei piani in grande stile e liquidò quello di Nivelle. Il generale Micheler, comandante dell’attacco, aveva gli stessi dubbi di Petain. Alexandre Ribot, grande sostenitore di Nivelle, cadde in marzo e il nuovo gabinetto, gestito da Painlevé, si mostrò meno entusiasta, non riuscendo però a tenere a freno Nivelle. Gli inglesi aprirono le ostilità con un attacco diversivo ad Arras. La seconda linea tedesca cadde in tre giorni grazie all’uso delle nuove tecnologie. Tutto l’essenziale andò secondo i piani: il fuoco dell’artiglieria eliminò l’83% di quella nemica e i nuovi ordigni che esplodevano a livello del terreno permisero di eliminare così il filo spinato. L’addestramento preparatorio inoltre diede ai soldati una chiara immagine di quanto sarebbe accaduto, suggerendo mosse alternative per raggiungere gli obiettivi. Nonostant ciò, più di 40 mila tra inglesi e canadesi perirono nell’attacco. Infatti, non si trovò il modo di alimentare l’offensiva, al punto che Arras si risolse in una serie di mischie caotiche dopo che gli obiettivi erano stati raggiunti., lasciando la fanteria al di la della copertura dell’artiglieria. Il modesto successo era comunque meglio di quanto accadde ai francesi.  L’offensiva di Nivelle e gli ammutinamenti: aprile-giugno 1917 I francesi attaccarono il 16 aprile su un fronte lungo quasi 30 miglia tra Soissons e Reims. Consapevoli dell’attacco i tedeschi avevano aumentato le divisioni nel settore da 9 a 40, tenendole fuori dalla portata dei 7 mila cannoni francesi. Un milione di soldati francesi uscì dalle trincee convinti che i generali avessero fatto i calcoli corretti, ma si sbagliavano: a ovest e ad est le truppe avanzarono senza trovare resistenza, ma incapparono ben presto sulla “linea Hindenburg”. Tutti i piani di Nivelle fallirono: il bombardamento non tranciò i reticolati, il fuoco di sbarramento cadde nel mezzo delle linee francesi, le fortificazioni tedesche erano ancora intatte. Al secondo giorno dell’attacco le perdite francesi ammontavano a più di 100 mila morti, ma Nivelle restò fedele al suo piano, ma cominciarono gli ammutinamenti. Di questi ammutinamenti si sa ben poco, poiché l’esercito coprì ben presto l’accaduto. Si trattò, a quanto pare, di uno sciopero di massa contro la conduzione della guerra. Furono le retrovie che tornavano al fronte a ribellarsi, con lamentele o aperte proteste. Comparvero bandiere rosse e canti rivoluzionari. Il primo ammutinamento si ebbe a Reims, dopo un battaglione si rifiutò di tornare al fronte dopo cinque giorni di riposo. Tra la fine di aprile e la metà di giugno l’ammutinamento raggiunse il suo apice. I capi della rivolta furono sommariamente passati per le armi o mandati ai lavori forzati. Il 4 maggio la fanteria del settore dello Chemin des Dames disertò: il 120o reggimento si rifiutò di combattere e lo stesso accadde al 128o. per la terza settimana di magio ci furono casi di aggressione agli ufficiali. A fine maggio poi, 8 intere divisioni di questo settore si rifiutarono di combattere. Con il progredire dell’offensiva di Nivelle si moltiplicarono le rivolte: a inizio giugno ne erano coinvolte 55 divisioni. La spontaneità delle rivolte si manifestava in tutto il fronte. Infine, Nivelle fu sostituito e Petain riuscì a rimettere in sesto l’esercito, gestendo gli ammutinamenti. Si recò a far visita di persona alle 90 divisioni e a ciascuna spiegò che non ci sarebbero più state offensive dissennate. Ci sarebbero stati degli attacchi, ma rapidi e limitati, solo per allarmare i tedeschi. Parlò con i singoli soldati e ne ascoltò le lamentele riferite alla mancanza di organizzazione per le licenze, per il vitto pessimo e sull’indifferenza dei generali per le sofferenze dell’esercito. Egli ne tenne conto: organizzò un sistema di licenze, ordinò l’installazione di latrine, docce e dormitori, addestrò dei cuochi a cucinare, aumentò le razioni di vino e usò il pugno di ferro contro gli abusi alcolici. I tribunali militari francesi emisero sentenze contro 3.427 soldati, 50 delle quali furono eseguite come capitali. Nel 198 la guerra sembrava giunta ad una condizione permanente. La stanchezza nei suoi confronti si sentiva ovunque dando luogo a correnti pacifiste o rivoluzionarie, ma anche all’ostinazione a continuarla. Lloyd George pronunciò una dichiarazione sulle finalità belliche, sperando in una risposta positiva da parte tedesca, che potesse magari aprire la strada ad una risoluzione pacifica di compromesso. Luddendorff mostrò di disprezzare il gesto di Lloyd George: sapeva bene cos’era una pace conveniente e ne diede prova nella pace con i bolscevichi a Brest-Litovsk. Il trattato che ne seguì sottrasse alla Russia i territori dell’Ucraina, dei paesi baltici e della Polonia. Il trattato rivelava quel che la guerra aveva creato: una dittatura militare incline a creare un impero ad est su una scala che poi sarebbe servita come precedente a Hitler.  Luddendorff scatena l’offensiva ad ovest Con la Russia fuori dal conflitto e l’Italia vacillante, il fronte occidentale il luogo della decisione finale. Dopo la cessazione delle attività per l’inverno, 168 divisioni alleate si fronteggiavano alle 171 tedesche. Su questo versante, Luddendorff si trovava davanti a quattro alternative. Accettare la situazione di stallo sul fronte e dare a Lloyd George risposta positiva sulla pace di compromesso. La seconda alternativa, irrealistica, era la resa senza condizioni. La terza era la più interessante: dopo aver spostato ad ovest le truppe liberatesi ad est, egli poteva schierare le truppe in assetto difensivo e offrire proposte di pace che solo una delle due potenze alleate poteva trovare interessante, spaccando così la coalizione nemica. A togliere questo pensiero dalla mente di Luddendorff ci il blocco inglese e il fattore americano. A lungo termine, ogni tentativo degli Alleati di sfondare le difese tedesche avrebbe tolto loro l’ottimismo che nutrivano da tempo di vincere la guerra, a beneficio della Germania. La minaccia di un attacco a ovest doveva essere più di un bluff per spaventare gli Alleati: doveva riuscire nonostante tutti gli ostacoli. Fu scelta quindi la quarta opzione, ovvero l’attacco. Luddendorff aveva la sensazione di avere anche i mezzi necessari per vincere: una volta disimpegnato il fronte orientale, spostò ad occidente coloro i quali avevano reso possibile la vittoria sui russi. Il generale Hutier rilevò la 18a armata, mentre Geyer addestrò meticolosamente squadre scelte di fanti per penetrare le linee nemiche. Queste squadre, gli Sturmtruppen, erano addestrate per spostarsi autonomamente senza bisogno di copertura sui fianchi o di artiglieria. Ogni volta che incontravano resistenza, doveva oltrepassarla e andare avanti. Altro vantaggio che Luddendorff credeva di avere era l’artiglieria e le bombe a gas. Non erano tecniche nuove, anche i britannici le avevano, ma erano nuovi metodi su questo fronte. Invece di sconvolgere il terreno, rivelando il tempo e il luogo dell’attacco, il nuovo fuoco di sbarramento aveva l’obiettivo di mettere fuori gioco l’artiglieria nemica. Il successo per un attacco ben riuscito non era pertanto un segreto, ma solo una migliore applicazione delle tecnologie già esistenti. Era solo necessario coordinare bene fanteria e artiglieria Il luogo scelto da Luddendorff fu Saint Quentin, dove la 5a armata britannica stava allestendo un luogo di difesa. Dalle armate controllate dal Kronprinz Rupprechtr doveva staccarsi la 17a per dirigersi verso Bapaume e la 2a verso Peronne, salvo poi puntare a nord e aggirare le linee britanniche. La 18a di Hutier doveva irrompere a Saint Quentin e sorvegliare il fianco alle altre due. Il fronte di attacco era di circa 80 chilometri: Luddendorff sperava così di aprire la strada alla spallata principale. Quando il fronte fosse caduto nel punto di giunzione tra inglesi e francesi, i primi avrebbero dovuto ripiegare verso le Fiandre e il mare, mentre i secondi in direzione opposta verso Parigi. Le porte della Francia sarebbero così state aperte. Non c’era bisogno di pianificare nulla, si sarebbe solo dovuto sfruttare il successo. Se gli inglesi avessero risposto come lui sperava, poteva vincere. Se invece avessero scelto di stare in attesa?  L’offensiva di primavera: la strada della sconfitta I risultati della prima giornata di battaglia, il 21 marzo, furono una conferma dei piani di Luddendorff. Aveva ripristinato la guerra di movimento. Alle 11 gli inglesi avevano perso 47 battaglioni, un quinto della loro forza d’attacco sul fronte. A mezzogiorno cominciavano a sgretolarsi, soprattutto nel settore della 5a armata. A fine giornata i tedeschi avevano conquistato 150 chilometri quadrati di fronte, infliggendo 7.500 morti, facendo 19.000 prigionieri, perdendo però 40.000 uomini. Gli inglesi, però, invece di arretrare dopo una resistenza iniziale, scelsero di combattere all’ultimo sangue, arrendendosi dopo aver salvato l’onore. La nebbia del mattino, poi, fu favorevole ai tedeschi, almeno fino a fine luglio. Sul fronte, gli inglesi disponevano di 2 mila mitragliatrici e di 4 mila nella zona di combattimento, ma non riuscirono a fermare l’attacco tedesco come sulla Somme a causa delle bombe a gas e della nebbia, condizioni che consentirono agli Sturmtruppen di aggirare le mitragliatrici nemiche. Per quanti i tedeschi avessero avuto successo, nella zona di combattimento britannica erano arrivati sino al settore meridionale. Luddendorff si era impegnato ad aggirare le sacche di resistenza, ma non poteva tatticamente permettersi un tale opportunismo. Suo scopo era di puntare ad est, inchiodare gli inglesi tra la Manica e il suo esercito, ma la 3a armata inglese resistette e ciò rallentò l’avanzata della 17a e della 2a tedesche. Nel momento in cui Luddendorff decise di sfruttare il successo di Hutier sui francesi, disimpegnò gli inglesi dalla battaglia. La 18a tedesca, in effetti, sfondò e attraversò la Marna, ma le linee arretrate non cedettero. Quando poi decise di spostare gli attacchi nelle Fiandre, frazionò la sua forza. L’offensiva di primavera stava perdendo di intensità, nonostante stesse avanzando. Si apriva la strada alla sconfitta. Nella loro avanzata, le truppe tedesche attraversavano i campi di battaglia del 1916, terreni che favorivano chi si difendeva e impedivano ai rifornimenti di tenere il passo con l’attacco. Le truppe di linea si muovevano inoltre in campo aperto, prive di copertura, avendo la tentazione, spesso, di fermarsi e trincerarsi. Inoltre, le forze aeree alleate mitragliavano a bassa quota con isolate batterie di cannoni, rallentando ulteriormente i tedeschi. Per tutta la primavera e l’inizio dell’estate, Luddendorff continuò a lanciare nuovi attacchi disperati nel tentativo di avere ragione del nemico, ma non riuscì a riprendere in mano l’iniziativa iniziale. Gli Alleati ressero il colpo. Tutto ciò che i tedeschi fecero fu di scoprirsi sempre di più i fianchi, procurandosi sempre più tragici problemi di rifornimento e allungando il fronte. Luddendorff attaccò i francesi a Reims, per sconfiggere le loro riserve lontano dai britannici e dare la possibilità alle truppe tedesche nelle Fiandre di riprendere l’attacco contro gli inglesi. Ma Petain resse l’attacco senza ricorrere alle riserve. Luddendorff allora riprese l’attacco nelle Fiandre come diversivo.  Il contrattacco alleato Il 4 luglio, gli australiani al comando del generale John Monash conquistarono un successo attaccando con i carri a Hamel. Il 18, 15 divisioni francesi e 4 americane con 500 carri sfondarono il fronte tedesco a Villers- Cotterets facendo arretrare di 10 chilometri i tedeschi. Il peggio doveva ancora venire. L’8 agosto, Rawlinson, con 8 divisioni, sfondò la 2a armata vicino ad Amiens, costringendo i tedeschi ad una ritirata precipitosa. Luddendorff definì l’8 agosto “la giornata nera dell’esercito tedesco nella storia del conflitto”.  Il crollo di Luddendorff Il 13 agosto, quando Luddendorff incontrò il Kaiser riconobbe che la guerra era perduta e offrì le dimissioni. Il Kaiser respinse la proposta. Luddendorff era angosciato: sull’offensiva aveva puntato tutto e quando fallì sentì che la fortuna lo aveva abbandonato. A rendere a sua posizione più intollerabile fu la sua vulnerabilità personale e sociale. Per uno come Luddendorff, la sconfitta era difficile da accettare, era un’umiliazione. Nonostante non lo ostentò per nulla, rimase al comando, ma non fu in grado di venire a capo della situazione che lui stesso aveva contribuito a creare. Non riuscì a dare al governo una risposta sulle possibilità di una vittoria militare: era ancora possibile una guerra difensiva? Egli non sapeva accettare l’atteggiamento difensivo ripico dei perdenti. Così, la Germania perse ogni speranza di organizzare una solida difesa sulla linea Hindenburg o di avviare sondaggi di pace negoziata. Cominciarono a formarsi nell’Alto comando delle fazioni: il colonnello Max Bauer si rese conto che il suo superiore stava cedendo alla pressione e incaricò un giovane ufficiale di occuparsi parte del lavoro burocratico. Egli era il colonnello Wihlem Heye, cruciale nelle manovre per escludere Luddendorff e per far toccare con mano la situazione al Kaiser e al governo. Il 25 settembre, Luddendorff ordinò alle sue truppe di non arretrare di un pollice. Heye ignorò l’ordine. Il giorno dopo lui e i suoi collegi decisero di agire: il delegato del ministero degli Esteri al quartier generale, Kurt von Lersner, telefonò al ministro degli Esteri Hintze per comunicargli che la situazione militare era critica. L’azione bellica ristagnava in attesa della comunicazione dell’OHL che la situazione era grave. Occorreva agire prima che tale ammissione minasse il morale degli uomini. Ormai, Hintze era convinto che la rivoluzione era inevitabile. Si fidava delle sue fonti e dubitava del quadro ottimistico disegnatogli da Luddendorff. il suo dubbio era se la rivoluzione sarebbe arrivata dal basso o dall’alto. Nel messaggio di Lersner lesse qualcosa di diverso da quanto dichiarato: pensò che lo Stato maggiore volesse informarlo di un rovescio militare appena veirifcatosi o sul punto di verificarsi. Si precipitò dunque dal cancelliere e lo implorò di recarsi a Spa per vedere cosa stava accadendo. Davanti al su rifiuto, Hindenburg decise di andarci lui. All’ultimo momento, però, Hertling cambiò idea e decise di andarci insieme a lui. Il cambio di parere era dovuto al fatto che il vice cancelliere lo aveva informato che il comitato di coordinamento della maggioranza di sinistra aveva deciso per una sua sostituzione con un governo che si impegnasse per la pace e le riforme. Ma proprio quando Hertling era deciso ad adattarsi e a dimettersi, gli arrivò la notizia da Spa che il quartier generale aveva intenzione di discutere con lui per formare un nuovo governo. Nessuno, a Berlino, si rese conto che Luddendorff aveva deciso che la partita era chiusa. I parlamentari erano le persone giuste su cui scaricare le colpe della disfatta. Cosa era successo il 28 settembre per convincere Luddendorff ad ammettere pubblicamente ciò che aveva nascosto per 6 settimane? Un attacco francese era andato a buon fine sulle Argonne il 26, mentre il giorno dopo le truppe canadesi avevano forzato il Canal du Nord che aveva bloccato i rifornimenti per Cambrai. Il 28 la Bulgaria aveva chiesto la pace, aprendo alle truppe alleate la strada per Salonicco verso il bacino del Danubio. L’attacco principale degli inglesi, poi, sfondò la linea Hindenburg, fermato da Luddendorff indebolendo solo le sue forze su altri fronti. Era di fronte a una totale sconfitta. Eppure, i tedeschi occupavano una porzione di territorio maggiore di quella dell’anno precedente e disponevano ancora di un forte e ben addestrato esercito. Non si era ancora manifestata alcuna generale avanzata degli Alleati. Ciò che serviva era una strategia di difesa e una cauta azione diplomatica, condizioni impossibili da parte del comando militare, privo di nervi saldi. Il 28 Luddendorff crollò. Si scagliò contro i suoi subordinati, accusando il Kaiser di non avere fegato, che era colpa della marina, che era circondato da traditori. Ebbe un attacco isterico: alle 4 del pomeriggio ebbe un collasso. Intorno alle 6 si era ripreso e si recò da Hindenburg. Riferì del crollo nei Balcani e della convinzione che le difese tedesche fossero sul punto di cedere. Il governo doveva avviare i negoziati di pace e Hindenburg era d’accordo. Il 29 si incontrarono con Heye e Hintze, il quale esordì con numerose mosse preliminari da effettuarsi per avviare una mediazione attraverso l’Olanda. Luddendorff insistette che un armistizio era inevitabile. Hintze pensò ancora che Luddendorff affermasse di una catastrofe sul fronte occidentale come quella che pensava gli volesse riferire Lersner. In verità ci fu un fraintendimento. Luddendorff riteneva che solo un armistizio avrebbe impedito la catastrofe. Hintze pensava che l’armistizio fosse una conseguenza della catastrofe avvenuta. Giunto a Spa, si ritrovò a dover avviare subito delle negoziazioni per la pace. Hintze accompagnò Luddendorff e Hindenburg dal Kaiser che si era recato a Spa senza alcun sospetto di ciò che accadeva. Incassò senza battere ciglio la proposta di pace e approvò la proposta di sostituire Hertling, ma fu del parere che la richiesta di armistizio potesse attendere qualche giorno. Hintze gli fece presente che l’esercito non poteva attendere: a malincuore, il Kaiser firmò un decreto dove annunciava un nuovo governo parlamentare. Buona parte della confusione dopo la riunione del 29 settembre derivò da un’ambiguità di linguaggio. Hindenburg e Luddendorff ritenevano di aver chiesto un appello immediato per un armistizio eventuale. Quasi tutti gli altri e il Kaiser, ritennero che fosse stato chiesto un appello eventuale per un armistizio immediato. A peggiorare il caos c’era il fatto che l’appello dovesse partire dal nuovo governo di rimpasto. Il problema era grave: la maggioranza del Reichstag non aveva nessun candidato pronto a diventare cancelliere ed avviare i negoziati. Fu presentato il principe Max Baden, cugino del Kaiser. Una volta nominato, il principe credette che il suo primo compito fosse quello di sollecitare un cessate il fuoco alle condizioni poste
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved