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Roma antica. Storia e documenti. Cresci Marrone, Rohr Vio, Calvelli - riassunto completo, Sintesi del corso di Storia Romana

Roma antica Cresci Marrone - riassunto completo cap 1-23

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

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Scarica Roma antica. Storia e documenti. Cresci Marrone, Rohr Vio, Calvelli - riassunto completo e più Sintesi del corso in PDF di Storia Romana solo su Docsity! ROMA ANTICA - Storia e documenti CAPITOLO I - LA ROMADELLE ORIGINI 1. Una “storia” difficile La ricostruzione della storia di Roma arcaica presenta notevoli difficoltà → fonti di diverso tipo e di difficile interpretazione. Necessità di un arduo lavoro di comparazione e di critica. 1) Fonti storiografiche. Un tempo l’attenzione degli studiosi si rivolgeva principalmente a esse; tuttavia queste fonti risultano compromesse. La storiografia si lega ai nomi di Tito Livio, Diodoro Siculo e Dionigi di Alicarnasso, tre storici antichi che riferiscono gli eventi in forma estesa e continuativa. Essi operarono in età cesariano-augustea, dunque a molti secoli di distanza dagli eventi narrati. I fatti sono supportati da fonti non anteriori al III sec a.C., dato che i romani affidarono a lungo la loro memoria alla trasmissione orale. Tabulae dealbatae → uniche registrazioni scritte dei principali eventi pubblici. Sono registrazioni curate dal collegio sacerdotale dei pontefici: ogni anno trascrivevano sinteticamente su una tavola bianca le notizie di interesse collettivo. Questi documenti vennero poi trascritti e conservati in un edificio, “la Regia”, distrutto nel 390 a.C. dall’incursione di guerrieri celtici. Gli Annali vennero poi ricompilati e pubblicati in 80 libri come “Annali Massimi” cura del pontefice Mucio Scevola. Gli Annali sono la fonte usata dagli storici latini, detti per l’appunto “annalisti”. La ricostruzione degli annali precedenti al 390 a.C. è stata probabilmente alterata, con inserzione di eventi eroici o retrodatazioni, volte es. a legittimare l’introduzione di nuove istituzioni grazie a precedenti illustri, ma anche di travestimenti ellenizzanti (eventi deformati sulla base di celebri episodi della storia greca), di aneddoti edificanti e atti di eroismo volti a colmare l’assenza di informazioni. 2) Fonti archeologiche. Le indagini antropologiche sono ostacolate dalla continuità insediativa plurisecolare di Roma, che ha impedito la realizzazione di campagne di scavo estensive. A fine ‘800 gli scavi si sono concentrati nell’area del Foro e del Colle Palatino. Dal 1980 → importanti scavi tra i colli Palatino e Velia. 3) Fonti antropologiche. L’evoluzione degli studi antropologici ci dà una valida chiave di lettura per miti, saghe e leggende → recupero e alla valorizzazione di notizie provenienti dall’”Antiquaria” (opere di autori es. Catone, Aulo Gellio… che a partire dal II sec a.C. raccolgono e trasmettono le info relative a feste, cerimonie, culti ecc). Funzioni della leggenda → facilitare la memorizzazione di eventi trascorsi; costruire un passato comune per le diverse componenti etniche della Roma arcaica. 4) Fonti relative al popolamento dell’Italia antica. Tra il II e il I millennio a.C. la nostra penisola comprende molti gruppi umani, perlopiù appartenenti al ceppo indoeuropeo, ma anche popoli di diversa provenienza (es. etruschi). GLI ANNALI Le modalità di confezione di queste registrazioni ci vengono illustrate da Servio. Ogni anno il Pontefice Massimo aveva a disposizione una tavola bianca, nella cui intestazione menzionava consoli e altri magistrati, poi passava ad annotare giorno per giorno i fatti salienti. Tito Livio nella sua trama narrativa menziona spesso il testo di queste registrazioni. 1 Le informazioni cmq riguardavano eventi di argomento religiosi, militare e giudiziario, stesi in forma sintetica. 2. Roma prima di Roma: storia preurbana in area laziale X-IX sec a.C. → transizione tra età del bronzo ed età del ferro. Le prime tracce di stabili insediamenti umani nel sito della futura città di Roma appartengono a micro comunità stanziate sui colli Palatino ed Esquilino. Queste le caratteristiche: - Etnia paleo-latina, ramo della grande famiglia indoeuropea diffusasi in Italia durante la seconda metà del II millennio a.C. - Abitati con caratteristiche simili a quelli presenti nel “Lazio Antico”, cioè area tra appennini, foce del Tevere e promontorio del Circeo - Piccoli insediamenti tra 5 e 10 ettari, posti a 5/10 km di distanza l’uno dall’altro. Collocati in altura → mancavano modalità di canalizzazione delle acque, quindi le pianure erano paludose - Struttura delle abitazioni → ricostruibile dagli scavi che hanno portato alla luce pavimenti in terra battuta e fori di pali compatibili con capanne in legno, fango e frasche, di forma ovale, rette da sostegni verticali e con tetto spiovente. Questa forma è comprovata da numerose urne sepolcrali “a capanna” → la scelta di rappresentare la casa nell’urna rinvia al legame col proprio gruppo familiare. Questi popoli avevano un’economia di tipo silvo pastorale. Lo spazio privilegiato era il bosco (alle cui denominazioni sono legati miti, leggende e nomi di istituzioni, es. rex nemorensis” = re del bosco, custode di un’area sacra a Diana presso Nemi). Emerge un quadro di seminomadismo → spostamenti legati allo sfruttamento periodico dei pascoli; a ciò si lega la natura precaria delle abitazioni, idonee a smontaggio e trasporto. Praticavano un’agricoltura di sussistenza: veniva coltivato solo il farro, compatibile con terreni paludosi e dotato di buoni valori nutrizionali. Il farro fu alla base dell’alimentazione romana fino al V sec a.C. Per la società arcaica si ipotizza l’assenza di proprietà privata (soprattutto per i terreni), con una società egualitaria da cui probabilmente derivano l’”ager publicus" e l’”ager compascuus". Per quanto riguarda l’organizz. politica, probabilmente esisteva una regalità pre statale connessa all’aspetto sacro (re sacerdote del bosco sacro a Diana presso il lago di Nemi). 3. La fondazione di Roma 3.1 Un problema di cronologia Le fonti storiografiche collocano la fondazione di Roma all’VIII sec a.C.; solo Timeo di Taormina la colloca nell’814 a.C. per farla coincidere con quella di Cartagine. Cincio Alimento individuò il 728 a.C. come momento fondativo. In età imperiale si affermò però la cronologia dell’erudito Marco Terenzio Varrone, che colloca la fondazione nella notte tra il 20 e il 21 aprile 753 a.C., notte in cui ci fu la contesa tra Romolo e Remo. Per tutti gli storici antichi Roma nacque come nuovo insediamento; per decidere nome e luogo i due gemelli si sarebbero affidati al responso divino. 1) Remo scelseil Colle Aventino e il nome Remonia; segnalò poi il volo di 6 avvoltoi 2) Romolo scelse il Palatino e il nome Roma; segnalò il volo di 12 avvoltoi. Rimando al tema del doppio, presenza costante nel mito delle origini 2 Si tratta di un cippo in tufo rastremato verso l’alto e privo della metà superiore. Fu rinvenuto da Giacomo Boni nel 1899; presenta un testo bustrofedico1 in alfabeto arcaico, di difficile interpretazione. Probabilmente contiene una legge redatta in versi che disciplinava l’accesso all’area del santuario. Vi troviamo: - “Recei”, linea 5 - “kalatorem”, r.8/9 → mediatore vocale tra il re e il popolo. Fonte 2 → Dimora dei primi re di Roma. Si trova sul Palatino, in’area adiacente al Foro, vicino al santuario di Vesta. L’edificio occupava una superficie di 350m2, di cui 240 di giardino. Il riconoscimento come casa di Romolo si deve a: - posizione strategica - re di Roma era l’unico a poter vivere nel santuario di Vesta - articolazione planimetrica diversa rispetto alle altre case dell’epoca → sala centrale con balcone ligneo e due colonne sulla facciata. Secondo la tradizione Roma ebbe 7 SOVRANI (8 con Tito Tazio, il re sabino con cui Romolo condivise il regno dopo il Ratto delle Sabine). ROMOLO NUMA POMPILIO TULLO OSTILIO ANCOMARCIO TARQUINIO PRISCO SERVIO TULLIO TARQUINIO IL SUPERBO →ma→ si è a lungo discusso sulla storicità di queste figure regali. - Pro: Onomastica (nella saga romulea ci sono nomi unici, i re successivi invece hanno formula binomia per evitare omonimie o confusioni); No appartenenza a famiglie con importanti ruoli politici (non ci sono sospetti di manipolazioni a fini celebrativi di una certa famiglia). - Contro: Eccessiva longevità dei sovrani (media di 35 anni di regno, probabilmente sono state escluse le figure regali meno significative); tipizzazione delle prime figure regali (Romolo fondatore delle istituzioni civili, Tullo Ostilio re guerriero, Numa inventore dei fondamenti religiosi) → qui si può leggere una trasposizione mitica della nascita della monarchia come istituzione aggregatrice dei poteri legislativo, religioso e militare. Quali erano le competenze dei re? 1) Funzioni religiose → mediatore tra uomini e dei. Ruolo cruciale poiché la religione romana era fondata sul rispetto scrupoloso delle prescrizioni rituali, le sole in grado di garantire la pax deorum, cioè la concordia. Gli dei romani richiedevano un culto fatto di sacrifici, feste, processioni e invocazioni → religione contrattualistica che era il fondamento della società romana. La società aveva valori condivisi, cioè il “mos maiorum” → es. Pietas, cioè rispetto per gli dei, i genitori, i parenti e i concittadini. 2) Funzioni militari → a lui spettava il comando dell’esercito in virtù dell’imperium (potere militare da esercitare in guerra) 1 Bustrofedico: imita il percorso dei buoi durante l’aratura 5 3) Funzioni giudiziarie → giudicava e decretava sanzioni disciplinari. Il re poteva decidere della vita o della morte degli imputati e poteva concedere che l’imputato si appellasse al popolo per ricevere la grazia (prerogativa del solo popolo sovrano) La monarchia romana era una carica vitalizia ma non ereditaria → alla morte del Re il potere ritornava a Senato e Popolo, ovvero le altre due componenti della vita pubblica. 2. Strutture politiche nella Roma monarchica - SENATO: assemblea ristretta presente sin dalla fondazione di Roma. Il senato era composto da 100 membri, cioè i capi delle famiglie, detti “patres”. Il senato aveva la funzione di consiglio del Re. I compiti non sono definiti con chiarezza, ma probabilmente non potevano promuovere autonome iniziative politiche. L’assenso del senato agli atti del re era necessario nel caso di campagne militari. Il senato inoltre interveniva alla morte del sovrano, nominando ad estrazione un interrex (monarca temporaneo, per 5 gg). Il consiglio dei capi famiglia (senatus) e il popolo avevano il potere di deliberare sulle proposte del re → il re non aveva potere di deliberare le leggi, ma doveva sottoporre la proposta al senato e consultare il popolo. - POPOLO: diviso in tre tribù gentilizie (partizioni di tipo gentilizio, il figlio apparteneva alla stessa tribù del padre) che operavano come base di reclutamento e unità di combattimento. L’origine di queste partizioni non è chiara → per quanto riguarda i nomi delle tribù, il biografo greco Plutarco (I/II d.C.) ipotizza questa derivazione: - Ramnes, da Romolo - Tities, da Tazio - Luceres, a causa del bosco verso il quale erano fuggiti gli Etruschi prima che gli fosse concesso il diritto d’asilo. Per quanto concerne la popolazione maschile, ogni tribù era suddivisa in 10 curie, per un totale di 30 unità. I membri delle curie prendevano il nome di “Quiriti”e costituirono il corpo civico dei romani. Quirino era il loro protettore; ogni curia partecipava alla festa dei Fornacalia in onore di Giunone Quirita. La divisione in tribù aveva ripercussioni sull’assetto militare→ in caso di guerra ogni tribù doveva fornire una centuria di cavalieri, “celeres” (100 uomini) e 100 fanti, “pedites”. La somma delle curie costituiva i comizi curiati. Era la più antica assemblea romana: aveva potere di decidere in materia di diritto familiare, soprattutto per ciò che riguardava adozioni e testamenti (ambito civile). Avevano poi poteri in campo religiosi (es. rinuncia del singolo ai culti familiari) e in campo politico (potere di approvare o contestare le proposte del re). I comizi curiati erano quindi un organismo deliberativo ma senza autonomia di proposta. Il compito più importante era l’emanazione annuale della legge con cui le curie investivano il re del comando militare. Tale assemblea non verrà mai abolita ma perderà progressivamente i suoi poteri, mantenendo solo la veste formale. Ogni curia delegherà poi a un littore il compito di rappresentarla e i 30 littori si riuniranno una volta l’anno per emettere la legge curiata con cui conferire il potere militare. 6 Nel corso dell'età regia comparvero le primemagistrature → compito di supplenza del re → es. se il re era impegnato a combattere fuori dalla città, indicava un prefetto per sostituirlo. Se era impegnato a Roma, invece, inviava a combattere un capo del popolo in armi. 3. VIII - VI sec a.C.: Roma “città aperta” Roma nacque sotto il segno della multietnicità e della vocazione espansiva → già al fondatore sono attribuiti i primi successi militari a spese delle comunità vicine (es. Cenina e Fidene), poi i successori fondarono colonie (es. Ostia) e trasferirono forzosamente in Roma gli abitanti di villaggi vicini (es. Alba Longa e Ficana). A ciò si aggiunga la progressiva inclusione nella comunità civica di gruppi di etnie diverse → Romolo per popolare la nascente città concedette il diritto d’asilo, cioè la possibilità per i rifugiati di risiedere a Roma, condividendo a pieno titolo i diritti politici. Il luogo sacro designato da Romolo per dare accoglienza ai rifugiati è posto alle fonti del Campidoglio. Anche l'episodio del Ratto delle Sabine ci mostra come dalla guerra si passi alla fusione tra Latini e Sabini mediante la pratica dei matrimoni misti → il riconoscimento della parità tra le due etnie è rappresentata dall’affiancamento a Romolo del Re Tito Tazio; l’unione is tradusse anche nell’alternanza tra re latini e re sabini. La città si va quindi caratterizzando come “città aperta”. Nel VII sec a.C. si assiste allo spostamento di interi clan di etnie diverse (greca, etrusca, sabina, latina) da una città all’altra in cerca di posizioni di dominio → si tratta di una mobilità orizzontale testimoniata da tombe principesche i cui titolari presentano nomi di provenienza esterna. Fonte 6 → numerosi casi di soggetti esterni trapiantati con successo in altre città, come dimostrano i nomi rinvenuti sui loro corredi funerari. Es. Tito il Latino a Veio, Rutilio Ippocrate a Tarquinia. Il quinto re di Roma, Tarquinio Prisco, venne scelto come sovrano dal popolo e la sua nomina fu ratificata dal Senato, nonostante fossero ancora vivi i figli del predecessore Anco Marcio. Tarquinio Prisco (“il vecchio”, per distinguerlo dall’ultimo re) era figlio di una donna etrusca e di Demarato; emigra a Tarquinia alla testa di un gruppo di artigiani. 4. La grande Roma dei Tarquini L’ascesa al regno di Tarquinio nel 616 a.C. segna l’inizio della dominazione etrusca a Roma, che si protrasse fino alla cacciata dei Re nel 509 a.C. Gli ultimi tre Re costituirono una vera e propria dinastia → a Tarquinio Prisco (616-578 a.C.) seguì il genero Servio Tullio (578-534 a.C.; quest’ultimo fu poi ucciso dal genero, Tarquinio il Superbo (534-509 a.C.). Nella parte finale della monarchia quindi si affermò il principio ereditario a scapito di quello elettivo → popolo e senato non ebbero più la possibilità di scegliere il nuovo sovrano. Tarquinio Prisco fu artefice di una vera e propria rivoluzione tecnologica, dato che introdusse nuovi saperi derivanti dal suo clan etnicamente composito. Giunsero a Roma numerosi gruppi familiari etruschi (artigiani, medici, mercanti, esperti in materie religiose) → il profilo multietnico di Roma ne uscì rafforzato; per circa un secolo la città fu caratterizzata da bigrafismo e bilinguismo → la lingua latina convive con quella etrusca. Fonte 7 → placchetta d’avorio a forma di leoncino rinvenuta nell’area di Sant’Omobono e probabilmente scambiata come segno di reciproca ospitalità. Datata tra il 580 e il 560 a.C. reca un’iscrizione etrusca di andamento retrogrado che nomina un personaggio esponente della dirigenza formatasi a Roma attorno a Tarquinio Prisco. 7 Il sovrano quindi ripartì la popolazione maschile libera in: - soggetti non arruolabili, anche detti proletari poiché possedevano solo la prole - soggetti arruolabili, anche detti classis→ costituivano la legione. Sulla base delle loro capacità patrimoniale i cittadini furono divisi in 193 unità, le centurie: - 170 di fanti - 18 di cavalieri - 5 di corpi senza armi (fabbri, carpentieri, trombettieri, inservienti) Ogni centuria comprendeva iuniores (combattenti 17-46 anni) e seniores (46-60 anni, che rimanevano di presidio in città). Ogni centuria era divisa in 5 classi a seconda della complessità dell’armamento → i combattenti della prima classe dovevano avere l’armamento oplitico completo; quelli di 4 e 5 combattevano a distanza con lance e pietre. Fonte 10 → Tito Livio illustra il meccanismo di reclutamento dell’esercito serviano → in un’economia premonetale la ricchezza si valutava sulla base di parametri quali capi di bestiame e proprietà terriere, ma anche possesso di metallo valutato a peso. Sulla storicità delle riforme serviane gli storici divergono → pro e contro. Pro: successi militari che Roma registrò nel VI sec a.C. dovuti alla nuova tattica bellica Contro: mancato rinvenimento di set completi di armamento di fanteria riferibili a un’epoca tanto arcaica. Inoltre la descrizione di una battaglia del 477 a.C. contro gli abitanti di Veio sembra riportare uno scontro sostenuto su base gentilizia, con clan dei Fabii a cavallo → ma → resoconto riportato dall’annalista Fabio Pittore che potrebbe aver alterato gli eventi per far risaltare la sua famiglia. Per quantificare il patrimonio di ogni cittadino, Servio Tullio attuò il censimento dei cittadini e adottò un’unità di misura con cui registrare il patrimonio di ognuno → pane di bronzo su cui era impresso un segno (ramo secco) che ne garantiva il peso (fonte 11, Plinio il Vecchio). Riforma dei comizi centuriati → la corrispondenza tra impegno bellico e peso politico venne suggellata dalla creazione dei comizi centuriati, nuova assemblea che si riuniva nel campo Marzio, al di fuori del Pomerio. Vi si partecipava divisi in centurie e ogni centuria era un’unità di voto → ma → non si trattava quindi di un’assemblea democratica, bensì timocrarica, dato che i cittadini abbienti erano distribuiti in più centurie e il loro voto pesava di più. → fonte 12, Tito Livio ci testimonia la natura timocratica dei comizi centuriati → furono stabiliti dei gradi in modo che nessuno fosse in apparenza escluso dal voto, ma nella pratica tutto il potere politico era nelle mani dei cittadini più abbienti → i cavalieri erano i primi a votare, poi seguivano le centurie della prima classe; solo se tra questi vi era disaccordo venivano chiamati quelli di seconda classe. I comizi centuriati avevano potere decisionale in fatto di guerra ed eleggevano i magistrati supremi dotati di potere militare (imperium). → di fatto i comizi centuriati sottrassero potere ai comizi curiati e rimasero fino all’età augustea. Culto della dea Diana → promosse il culto della dea Diana sul colle Aventino: lo scopo era quello di tradurre in ambito religioso l’egemonia sulle città che orbitavano nella sfera dell’influenza romana, convincendo tali popolazioni a stabilire nel tempio della dea il loro santuario comunitario. 10 6. Tarquinio il Superbo e la cacciata dei Re Tarquinio il Superbo (534-509 a.C.) fu l’ultimo re di Roma. Aveva sposato la figlia del Re Servio Tullio e si rese poi responsabile dell’uccisione di quest’ultimo. La tradizione sul personaggio risulta molto inquinata → il soprannome “il superbo” ne denuncia la negatività; a lui inoltre si ricollegano tutti i luoghi comuni che la tradizione riserva ai regimi dispotici → creazione di una guardia del corpo armata, ostilità nei confronti dell’aristocrazia, politica di grandi lavori pubblici tesa a celebrare le sue gesta. Nonostante ciò è innegabile che durante il suo regno Roma conobbe avanzamenti nel controllo militare e nelle relazioni diplomatiche. Il Re riportò un significativo successo bellico nel conflitto contro i Volsci; estese poi la sua influenza sulla città di Tuscolo grazie al matrimonio stretto con la figlia del capo di questa città; siglò rapporti di alleanza con la città greca di Cuma e con la città fenicia di Cartagine. In questo periodo Roma forgiò una seconda leggenda di fondazione, più nobilitante della prima → individuava il suo fondatore nell’eroe troiano Enea, molto popolare in Etruria. Col tempo le due tradizioni si accordano: Enea fonda la città di Lavinio e il figlio Ascanio fondò Alba Longa, città genitrice di Roma fondata da Romolo. Durante il regno fu completato il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio → cittadini sottoposti a corvées, cioè prestazioni gratuite che gli attirarono ostilità. L’inaugurazione avvenne però dopo il 509 a.C. La cacciata del Re e la fine della monarchia a Roma → gli avvenimenti che determinarono la fine del regno di Tarquinio il Superbo e la cacciata del suo clan da Roma sono descritti nella tradizione letteraria → es. Tito Livio ci narra di come nel 509 a.C. la matrona romana Lucrezia, moglie del cugino del Re, subisse violenza da Sesto, figlio di Tarquinio il Superbo, dandosi poi a morte per il disonore. Lo sdegno provocò una rivolta guidata dal marito di Lucrezia (Collatino) e da Lucio Giunio Bruto, nipote del Superbo → supportati da due esponenti di clan latini (Publio Valerio Publicola e Marco Orazio) provocarono l’allontanamento dei Tarquini dalla città e la caduta della monarchia. Fu un evento epocale per l’intera comunità, tanto da segnare la nuova data di inizio per la conta degli anni, post reges exactos. La memoria degli avvenimenti risulta però influenzata da due episodi: - contemporanea cacciata da Atene dei tiranni Ippia e Ipparco - assassinio di Giulio Cesare, di molto successivo ma cmq presentato come una congiura per uccidere il tiranno. Sembra cmq che i Tarquini trovarono riparo a Tuscolo e che Tarquinio il Superbo morì nel 495 a.C. senza essere riuscito a rientrare in città nonostante vari tentativi → prima si alleò con Lars Porsenna, re di Chiusi, che marciò contro Roma, ma desistette di fronte agli atti di eroismo dei cittadini romani, es. Muzio Scevola che bruciò la mano destra colpevole di non aver ucciso il re nemico. Nonostante la rinuncia di Porsenna, il figlio di Tarquinio il Superbo, Arrunte, riuscì nel 508 a.C. a impossessarsi di Roma, che tornò sotto egemonia etrusca per brevissimo tempo → le città latine animarono una reazione anti-etrusca e si allearono con Aristodemo di Cuma, tiranno greco che già aveva cacciato gli Etruschi dalla Campania → sconfitta di Arrunte nella battaglia di Aricia→ 507 a.C. Roma torna definitivamente latina. CAPITOLO III - LA TRANSIZIONE TRAMONARCHIA E REPUBBLICA 11 1. Il nuovo scenario internazionale La cacciata dei Tarquini portò a un radicale cambiamento politico e all’abbandono del regime monarchico. Il nuovo assetto prevedeva una costituzione repubblicana in cui l’imperium (potere militare) fu affidato ai consoli, due nuovi magistrati di durata annuale eletti dai comizi centuriati. I primi consoli furono Lucio Giunio Bruto e Marco Orazio (cui segue Publio Valerio Publicola). La tradizione letteraria legittimizza questo nuovo assetto retrodatandolo ai Commentarii di Servio Tullio → ma → probabilmente si trattò di un percorso di transizione di lunga durata. Le fonti archeologiche e epigrafiche ci permettono di delineare a grandi linee il contesto internazionale di quel periodo. Nel VI sec a.C. nel Mediterraneo occidentale vi fu una lotta per il controllo della rotta commerciale tirrenica tra tre elementi etnici: - etrusco - fenicio-punico - greco Gli Etruschi soccombono e iniziano a ritirarsi dalla Campania e dal Lazio meridionale. I dati archeologici ci mostrano strategie d’alleanza messe in atto dagli Etruschi x mantenere il controllo delle percorrenze marittime utili al transito di materie prime → tre laminette d’oro di Pirgi documentano il patto tra l’etrusca Cere e la fenicia Cartagine per arginare la forza militare greca. → Pirgi era uno dei porti sul Tirreno della potente città etrusca di Cere (Cerveteri) → qui furono trovate tre laminette d’oro, due scritte in etrusco e una in fenicio, contenenti dediche sacre approntate dal lucumone (re) della città. Databili 500 a.C. Anche Roma si schierò nel conflitto → il suo ultimo re Tarquinio il Superbo decise di stringere un trattato interstatale con Cartagine che però venne siglato solo nel 509 a.C. Il testo del trattato è conservato dallo storico greco Polibio, che nel 150 a.C. agì nel circolo degli Scipioni. Il testo, che verrà rinnovato in più occasioni, dimostra la creazione di sfere di influenza → Roma vedeva riconosciuto il suo controllo sul territorio del Lazio antico, ma rinunciava all'espansione nel mar Tirreno. 2. Ordinamento repubblicano: profili istituzionali Nel VI sec a.C. → profondo rimescolamento etnico entro la Roma etrusca → si verificò una nuova immigrazione di clan appartenenti a etnie e città diverse, es. trasferimento in Roma del sabino Atto Clauso (latinizzato in Appio Claudio) assieme a 5000 clienti. La saga di Mastarna attesta invece la conflittualità consumatasi nel VI sec a.C. entro alcune città etrusche che coinvolse sia i Tarquini che esponenti di Vulci e di Faleri. → le vicende legate alla cacciata dei Tarquini quindi sembrano legate non tanto a una vicenda privata interna alla dinastia etrusca, quanto alla riacquisizione di potere da parte dell’elemento latino → si produsse infatti un moto di ribellione contro le recenti immigrazioni che causò un lungo e graduale processo di de-etruschizzazione animato dai clan di origine latino-sabina. Tra questi troviamo Publio Valerio Publicola, la cui storicità è attestata da un documento epigrafico, la Pietra di Satrico. La Pietra di Satrico è stata rinvenuta nel 1977 nel Lazio meridionale. Si tratta della base di un donario monumentale datata 500 a.C., che reca un’iscrizione in latino arcaico. Il reperto sembra documentare la storicità di Publio Valerio Publicola, primo console della Repubblica nel 509 a.C. 12 a) Scontro decisivo contro una coalizione di città latine, che mostrarono maggiore insofferenza verso l’egemonia di Roma. Entro la Lega Latina la città di Lavinio mirava alla supremazia in chiave antiromana; per legittimarla allestì un santuario dedicato ai gemelli dioscuri Castore e Polluce, in competizione col tempio federale di Diana fondato da Servio Tullio. Fonte 9 → santuario dei Dioscuri a Lavinio. La titolarità è documentata da una lamina bronzea della lunghezza di un piede romano (29,7 cm) incisa in andamento retrogrado e contenente una dedica pubblica ai gemelli Castore e Polluce. Inoltre Lavinio rivendicava la propria fondazione a opera dell’eroe troiano Enea. Roma affrontò la rivolta dei Latini in una battaglia campale presso il Lago Regillo nel 496 a.C.; le fonti conservano resoconto dello scontro, apertosi con una solenne preghiera del comandante alle divinità del nemico (Dioscuri) promettendogli culto a Roma se fossero passati dalla parte romana → evocatio. Vittoria dei romani, ai Dioscuri viene innalzato un tempio nel foro. L’evocatio sarà una pratica costante nella politica bellica romana. Dopo la battaglia → trattato di Cassio, siglato da Furio Cassio nel 493 a.C. Fonte 10 → Dionigi di Alicarnasso testimonia il testo del trattato. Secondo la fonte, il trattato si configurerebbe come paritario poiché prevedeva reciprocità tra le parti contraenti. → ma → Roma nel V sec a.C. riconquisterà un ruolo egemonico entro la Lega Latina. b) Episodi bellici contro Sabini e Volsci, con alternarsi di vittorie e sconfitte. In questo ambito ritroviamo il romano Gneo Marcio che, frustrato nelle sue ambizioni dai compatrioti, divenne il comandante dei nemici e li guidò in due attacchi fin sotto le mura di Roma. Solo l’intervento della madre e della moglie lo trattenne dall’assalire Roma. A causa delle ripetute minacce Roma si dotò di mura difensive attribuite a Servio Tullio (tra il 490 e il 470 a.C.). 486 a.C. → patto di alleanza con il popolo degli Ernici, poi nel 431 a.C. Roma sconfisse Equi e Volsci nella battaglia del Monte Algido. c) Guerra con Veio, potente città stato etrusca sita a 20 km a nord di Roma, in una posizione strategica su un’altura. Veio ingaggiò uno scontro accanito contro l’Urbe → le incursioni dei Volsci, interrompendo le vie verso la Campania, avevano precluso a Veio i mercati magnogreci. La causa del conflitto fu rappresentata dal controllo della cittadina di Fidene, contesa da Veio e Roma poiché si trovava sulla via Salaria, in posizione strategica per lo smercio dei prodotti verso il centro Italia. La guerra iniziò nel 480 a.C. → tre fasi: 1) 480/477→esercito romano sterminato presso il fiume Cremera 2) 437/426→dopo una lunga pausa lo scontro riprende. Roma conquista Fidene 3) 406/396 aC→espugnazione di Veio da parte dei romani dopo un assedio decennale. → nella guerra contro Veio emerge il dittatore Marco Furio Camillo, che espugnò Veio grazie a una galleria sotterranea che gli permise di passare entro le mura. 15 Fonte 11 → Livio ci dice che prima dello scontro finale, Camillo invitò la divinità protettrice della città, Uni, a passare a Roma, dove sarebbe stata venerata come Giunone Regina. Rientrato a Roma Maro Furio Camillo sfilò come trionfatore → ciò fu interpretato come aspirazione alla divinizzazione → esiliato. Veio fu poi rasa al suolo → il suo territorio divenne ager publicus e venne distribuito ai cittadini romani in lotti i sette iugeri (1,75 ettari). Gli abitanti vennero censiti in una nuova tribù territoriale, Tromentina. La sconfitta segnò per gli Etruschi un’ulteriore tappa del declino. → alla fine del V sec a.C. Roma riesce a ribaltare la difficile situazione del secolo precedente. CAPITOLO IV - CONFLITTI INTERNI NELLA ROMADELLA PRIMA REPUBBLICA 1.L’organizzazione sociale della Roma arcaica A partire dal V sec a.C. si consumò un’aspra lotta tra patrizi e plebei → conflitto che li contrappose per due secoli e che attuò un processo di trasformazione della struttura sociale e statale romana, che in età arcaica era contrassegnata dal ruolo centrale della famiglia. La famiglia era un’entità religiosa, sociale ed economica → moglie, figli, nipoti, schiavi e patrimonio sotto il controllo del pater familias che estendeva su tutto la sua patria potestas. Egli officiava il culto degli antenati ed esercitava diritto di vita e morte sui membri della sua famiglia, es. poteva vendere i suoi figli come schiavi. I discendenti da uno stesso progenitore costituivano un clan detto “gens” → membri accomunati dal gentilizio, ovvero il nomen che si trasmetteva dal padre ai figli. Ogni gens aveva un capoclan che la rappresentava in Senato, cioè nel consiglio degli anziani che comprendeva due distinte categorie di patres: maiores gentes (esponenti dei clan più importanti e antichi) e minores gentes o pater conscripti. Le info relative alla componente femminile sono scarse; questo perché le donne erano escluse dalla vita pubblica. Le donne si occupavano della casa e della famiglia; la maternità era la funzione sociale primaria della donna, chiamata a generare eredi al marito. La matrona doveva essere pudica, moderata e riservata → abbigliamento che non esponesse il corpo né attirasse l’attenzione, gestualità ed eloquio dovevano essere moderati. La donna doveva essere devota nei confronti del marito e degli dei. Il matrimonio di solito stabilizzava accordi tra gentes ed era deciso dai pater familias degli sposi. Sotto il profilo giuridico le donne erano sottoposte all’autorità del pater familias e in alcune circostanze del marito. Fonte 1 → il “Togato Barberini” rappresenta il pater familias assieme ai busti degli antenati, che venivano esposti nell’atrio della dimora familiare. Testimonia l’importanza delle tradizioni familiari nella mentalità romana. Dal pv sociale e giuridico le famiglie erano organizzate in tre livelli: - Nati liberi 16 - Schiavi → in età arcaica erano presenti in misura minoritaria e spesso transitoria. Il servo era considerato proprietà del padrone, oggetto di acquist e di vendita, privo di diritti personali. Gli schiavi potevano essere: 1) figli venduti dal capofamiglia 2) servi per debiti (nexi) → un tempo liberi, danno la propria persona a garanzia presso il creditore. 3) prigionieri di guerra 4) schiavi nati in casa da altri servi (vernae) - Liberti → gli schiavi potevano essere liberati dal padrone mediante la procedura della “manomissione”. Una volta liberati mantenevano cmq stretti rapporti col patrono, cui dovevano rispetto e solidarietà. Troviamo poi la clientela, il legame sociale che più contraddistingue la società romana. Si tratta di un rapporto volontario e non paritario contratto da due soggetti liberi i nascita e basato sulla reciproca fides → il contraente di maggior autorità (patrono) esercita patrocinio offrendo al cliente sostentamento economico e assistenza giudiziaria, in cambio di obbedienza morale e politica. I clienti venivano impiegati in attività economiche, rurali e commerciali per conto del patrono. La clientela arcaica declinò nel IV sec a.C.; tornerà in nuove forme in età tardo repubblicana. Fonte 2 → La salutatio matutina era una cerimonia tipica della clientela → incontro che si svolgeva a inizio giornata nella casa del patrono. Il protetto giungeva con una borsa, dava ossequio al patrono che lo riceveva e, ascoltate le sue necessità, gli consegnava dazioni. 2. Lo scontro tra patrizi e plebei: la strategia dell’alterità. 494 a.C. esplose a Roma un forte conflitto interno tra patrizi e plebei. I patrizi avevano alcuni privilegi: - unici a poter prendere gli auspici, cioè consultare gli dei circa la loro disposizione riguardo a iniziative che lo stato voleva intraprendere - erano gli unici a poter accedere alle magistrature repubblicane - nella spartizione dei bottini di guerra ottenevano quote superiori a quelle dei plebei - come creditori, i patrizi potevano assoggettare più schiavi per debiti (nexi). Gli studiosi cmq non sono concordi circa la composizione delle due classi. Per alcuni i patrizi erano i cavalieri e i plebei i fanti; secondo altri i patrizi erano coloro che svolgevano attività militare, i plebei erano coloro che ne erano esentati in quanto proletari. In ogni caso, cmq, non si tratò di una mera distinzione di censo → c’erano plebei ricchi (artigiani e commercianti), plebei poveri e plebei di censo medio. La loro forza fu quella di fare causa comune al di là del patrimonio. All’inizio del V sec a.C. aumentò il numero di plebei nel nuovo esercito di fanteria pesante → plebei → proposte volte a migliorare le loro condizioni di vita. Si battevano per: - Abolizione del nexum (schiavitù per debiti) - Equa spartizione dei bottini di guerra - Ammissione alle magistrature, che interessava soprattutto i plebei ricchi. La lotta contro i patrizi può essere divisa in due fasi: 17 al nemico. In questo modo si crea maggior disponibilità di terre da dare ai ceti subalterni. - Magistrature → si ripristina il consolato, ma uno dei due consoli deve essere plebeo. Il primo console plebeo in carica fu Lucio Sestio Laterano. Fonte 8 → Tito Livio riporta il contenuto delle leggi Licinie Sestie; ritiene che x compensare i patrizi della rinuncia al monopolio del consolato venne istituita la carica di pretore urbano, magistrato incaricato dell’amministrazione della giustizia e dotato di imperium. Tito Livio testimonia anche la creazione nel 367 a.C. degli Edili Curuli → allestimento dei giochi in occasione delle festività; responsabilità dell’approvvigionamento alimentare di Roma. Da questo momento → numerose leggi per la parificazione dei plebei. - 356 a.C. → accesso alla dittatura - 351 a.C. → accesso alla censura - 337 a.C. → accesso alla pretura. Ciò è legato ad alcuni fenomeni del IV sec a.C. tra cui la contrazione demografica dei patrizi. L’annessione di nuovi territori, poi, portò alla distribuzione di terre a proletari anche plebei, contribuendo a dar sollievo alla piaga dei debiti. 326 a.C. → legge Petelia Papiria che stabilì l’abolizione del nexum (schiavitù per debito). Legge con valore retroattivo: i nexi vennero tutti messi in libertà. Fonte 9 → Tito Livio celebra enfaticamente la decisione di abolire la schiavitù per debiti → “gli schiavi per debiti furono liberati e fu stabilito che non potesse esserci in avvenire soggezione personale per i debiti”. 312 a.C. → Censura di Appio Claudio Cieco, rivoluzionaria poiché inserì per la prima volta nell’albo dei senatori alcuni plebei e perfino figli di liberti, procedendo all’abolizione della distinzione tra senatori ordinari (patres) e senatori aggiunti (conscripti). Coi fondi dell’erario si fece promotore di una serie di opere pubbliche: - Costruzione di un nuovo acquedotto, l’Aqua Appia, per garantire un costante rifornimento idrico ai nuovi quartieri cittadini - Costruzione del tempio di Bellona, divinità della guerra e della vittoria - Costruzione della Via Appia che collegava Roma a Capua (in Magna Grecia) → fu una delle prime strade lastricate, con pavimentazione durevole che contribuì al veloce spostamento degli eserciti e a un più facile transito di merci, uomini e idee. Fonte 10 → la tradizione si mostra critica nei confronti delll’azione del censore che avrebbe operato in contrasto col costume degli antenati, ma al fine di agire per il bene comune. Diodoro riporta l’azione di Appio Claudio, che “cambiò molte leggi degli avi, favorendo il popolo e non tenendo in alcuna considerazione il senato”. Attinse infatti molto denaro pubblico per costruire la via Appia, ma non consultò il senato. L’azione del censore Appio Claudio fu completata daGneo Flavio, che apparteneva alla sua clientela. Nel 304 a.C. → Ius Flavianum, con cui rese pubbliche le procedure processuali, sapere giuridico custodito dai pontefici e pubblicò il calendario, assicurando norme omogenee per il trattamento di tutti i cittadini. 20 300 a.C. → Legge Valeria sul diritto d’appello → ogni cittadino condannato a morte dal pretore aveva il diritto di appellarsi all’assemblea popolare 300 a.C. → Legge Ogulnia → apre ai plebei l’accesso al pontificato e all’augurato, le più impo cariche religiose. I pontefici passarono da 5 a 9; i plebei hanno accesso agli auspici. 287 a.C. → Legge Ortensia → stabilisce che le delibere dei plebei (i plebisciti) siano valide anche per i patrizi. Fonte 11 → Gaio, giurista del II sec d.C. descrive le conseguenze della legge Ortensia, che “prescrisse che i plebisciti dovevano valere per l’intero popolo”. → Nel IV sec a.C. si consolidò una stratificazione sociale con al vertice un gruppo dirigente formato sia da patrizi che da plebei, che costituivano la nobiltà senatoria. In teoria si trattava di un’élite aperta in cui bastava percorrere con successo la carriera politica fino al vertice; in pratica le magistrature tendevano a rimanere sempre nelle mani delle stesse famiglie. Per coloro che non avevano predecessori che avevano già ricoperto le cariche (homines novi) era difficile farsi strada → dovevano raggiungere una soglia patrimoniale adeguata e ottenere l'appoggio della nobiltà. CAPITOLO V - LA POLITICA ESTERA NEL IV SEC a.C. 1. Il primo sacco di Roma Il IV sec a.C. era iniziato per Roma con un importante successo militare, cioè con la conquista della città etrusca di Veio. Nel 390 però Roma fu occupata da un contingente diGalli Senoni guidato dal capo Brenno. Quando la notizia dell’incursione giunse in città, l’esercito si attivò ma fu sbaragliato il 18 luglio presso il fiume Allia (18 luglio = dies Alliensis). Gli abitanti furono evacuati a Veio, i simboli sacri della città trovarono rifugio nell’alleata Cere e la città fu tutta occupata ad eccezione del Campidoglio. La tradizione riporta saccheggi e incendi (es. alla Regia). Brenno lasciò Roma solo in cambio di un cospicuo riscatto in oro. Il sacco di Roma va inserito entro un complesso di vicende di ordine internazionale. I Galli erano alleati del tiranno greco di Siracusa Dionigi I, come ci testimonia lo storico Pompeo Trogo in età augustea (fonte 3 → probabilmente Roma divenne obiettivo dei Galli a causa della sua alleanza con Cere e con Cartagine). Fonte 1 → Polibio descrive la progressiva occupazione dell’Italia settentrionale da parte delle tribù celtiche → i Celti li assalirono improvvisamente con un grande esercito. Fonte 2 → Polibio ricorda la resistenza romana sul colle Campidoglio. A Roma il trauma dell’occupazione si tradusse per i cittadini nell’incubo collettivo di un nuovo episodio → a ogni annuncio della possibilità di invasione celtica venivano adottati appositi riti a scopo apotropaico → sacrificio di due Galli e due Greci. Cmq → gli archeologi oggi tendono a ridurre gli effetti distruttivi del sacco di Roma, poiché sul terreno non riscontrano grandi affetti di devastazione (ad eccezione del sito della Regia). 21 Conseguenza immediata fu la crisi dell’alleanza tra Romani e Latini, che si erano astenuti dall’intervenire disattendendo la prima clausola del trattato di Spurio Cassio. All’indomani del sacco di Roma si procedette alla costruzione di una cinta muraria in tufo di Veio →Mura Serviane. 2. La colonizzazione: una modalità di controllo del territorio Con la crisi della Lega Latina, Roma perse egemonia sul Lazio Antico →Roma adottò uno strumento di dominio e di espansione militare sperimentato occasionalmente in età precedente, ovvero la colonizzazione. In conseguenza dell’occupazione del territorio nemico, lo Stato poteva procedere con: - Assegnazione degli appezzamenti a cittadini romani → restavano sotto la giurisdizione e l’amministrazione di Roma - Fondazione di una nuova città auto amministrata, con un proprio centro civico → colonia. I nuovi insediamenti erano concepiti come guarnigioni ubicate in punti vulnerabili della costa o dell’interno. Fonte 4 → Cicerone non manca di sottolineare l’aspetto strategico con cui venivano scelti i nuovi insediamenti → “situarono le colonie in posizioni così adatte a proteggere dal pericolo che esse non sembravano semplicemente città dell’Italia, ma baluardi dell’impero”. La colonizzazione del IV sec a.C. allontanò da Roma il proletariato indigente, che grazie all’assegnazione di lotti di terra diventava idoneo al servizio militare → ampliamento delle forze da utilizzare in guerre che avrebbero portato potenzialmente a nuove spartizioni terriere → sistema circolare che stava alla base dell’espansionismo romano. Le colonie potevano sorgere sia in luoghi non abitati in precedenza, sia su centri preesistenti e ristrutturati in modo conforme alle nuove esigenze. Una volta assunta la decisione della fondazione, l’attuazione pratica era responsabilità del senato. Una commissione di tre membri sovrintendeva alla fondazione, delimitava i confini e assegnava per sorteggio i lotti ai coloni. I tre commissari erano rivestiti di imperium. Ogni colonizzazione era accompagnata da disboscamento e bonifica delle aree di pianura e dalla creazione di una rete viaria. I romani perfezionarono le tecniche di bonifica etrusche. Su una tavola di bronzo veniva incisa la copia della pianta dell’insediamento e della legge istitutiva della colonia → tavola di bronzo esposta nel foro della città. Coi riti di purificazione della comunità si poneva fine alle procedure di colonizzazione. Fonte 5 → protagonista del lavoro di bonifica era la groma, una croce sostenuta da un’asta ai cui quattro bracci erano appesi fili a piombo → serviva per tracciare sul terreno linee e angoli che davano vita a una griglia chiamata centuriazione → ogni tassello quadrato, detto centuria, corrispondeva a 100 lotti da due iugeri. Le centurie erano separate da linee confinarie (es. canali, fossi, filari di alberi) che potevano essere di due tipi: cardini (direzione N-S) e decumani (direzione E-W). Nel foro della nuova città si intersecano gli assi centrali della centuriazione detti cardine massimo e decumano massimo. 340-338 a.C. → nuova guerra latina affrontata dall’Urbe per recuperare egemonia sul Lazio. A Roma si oppose una coalizione che riuniva le città della Lega Latina e tre popoli appenninici: Volsci, Aurunci e Sidicini. 22 Fonte 7 → lo schieramento manipolare. Fino alla metà del III sec a.C. la leva legionaria fu di 18.000 uomini articolati in 4 legioni da 4.500 → 1200 astati, 1200 principi, 600 tirari, 1200 veliti e 300 cavalieri. Con la riforma manipolare la legione acquistò anche una divisione verticale → ogni linea (astati, principi e triari) fu frazionata in 10 manipoli. Fu poi aggiunta la coorte (unione di un manipolo di astati, uno di principi e uno di triari) → La legione poteva dividersi in articolazioni autonome capaci di fronteggiare la guerriglia in montagna. Linea di comando della legione: - Consoli guidavano due legioni ciascuno - Tribuni dei soldati, 6 per legione; coadiuvati dai centurioni, che avevano una posizione intermedia tra ufficiali e sottufficiali, scelti tra i soldati e mantenuti in carica a vita. Il centurione della prima coorte era detto primipilo. A fianco delle legioni combattevano le truppe ausiliarie, fornite dalle colonie latine e dagli alleati italici. CAPITOLO VI - L’ESPANSIONE DEL III SEC a.C. 1.L’imperialismo romano Gli strumenti di conquuista sperimentati da Roma vennero ulteriormente perfezionati nel III sec a.C. → grande impulso espansionistico di Roma in contesto italico ed extraitalico → imperialismo romano. I ceti dirigenti romani perseguirono una programmatica volontà di espansione: la guerra si configurava come strumento di arricchimento per tutta la comunità, dalle classi dirigenti al proletariato contadino. Le classi dirigenti ricavavano dalla politica espansionistica un rafforzamento della loro posizione, un aumento del bottino e del numero di clienti. Nel caso di esito positivo della campagna militare il senato conferiva al comandante e al suo esercito l’onore del trionfo, che assicuravano al vincitore grande popolarità ed autorevolezza. Il generale vittorioso proponeva al senato come utilizzare il bottino di guerra → una parte era devoluta a scopo votivo alla divinità che aveva permesso la vittoria. Il comandante decideva anche quale trattamento riservare ai vinti. Fonte 1 → Polibio individua nella prassi politica romana due principali momenti pedagogici: il trionfo e i funerali, dove i giovani apprendevano i valori della patria. Tra gli onori tributati ai vincitori troviamo la Colonna rostrata elevata per Gaio Duilio vincitore nel 260 a.C. di una battaglia navale contro i Cartaginesi. Sulla base presenta un’iscrizione con elogio del vincitore e resoconto delle sue gesta; per forma delle lettere e tipo di marmo sembra databile in età imperiale, quindi probabilmente si tratta di un restauro o sostituzione dell’originale. Anche il ceto medio era interessato ai profitti della guerra → consentiva di aprire nuovi mercati in cui esportare i prodotti finiti e da cui esportare materie prime. Fonte 2 → testimonianza di Plauto, che nelle sue commedie mette alla berlina i vizi della società contemporanea (III-II sec a.C.) → le parole dello schiavo Epidico dimostrano quanto gli interessi economici guidassero le risoluzioni belliche. 25 Anche il proletariato urbano e cittadino faceva sentire la sua voce mediante il rapporto clientelare → vantaggi delle guerre erano legati alla distribuzione di terre e alla fondazione di colonie. Fonte 3 → Polibio ci parla dell’azione politica svolta nel 232 a.C. dal tribuno della plebe Gaio Flaminio, che propose di impiegare le terre sottratte ai Galli Senoni distribuendo i terreni ai proletari che ne avessero fatto richiesta. Polibio la descrive negativamente come espressione di una politica demagogica. Anche gli alleati traevano vantaggi dalle conquiste militari romane → fornivano leve militari e quindi potevano partecipare alla deduzione di colonie di tipo latino. 2. L’espansione romana nell’Italia centro-meridionale - 284-282 a.C. → Guerra contro gli Etruschi (controllavano Toscana e Lazio settentrionale), che si erano alleati coi Galli (tribù dei Boi). La battaglia decisiva si tenne nel 283 a.C. presso il Lago Vadimone e segnò la fine dell’indipendenza etrusca. Vennero fondate due nuove colonie: Rimini e Luni. - 282-275 a.C. → Guerra contro Taranto, la più impo città magnogreca, che da tempo cercava di salvaguardare il suo ruolo egemonico sulle altre colonie greche d’Italia. A tale scopo era ricorsa a varie alleanze con re stranieri, poi nel 302 a.C. si allea con Roma in funzione anti-sannitica. La città di Turi chiese soccorso a Roma, che inviò truppe; questo fu visto da Taranto come un’invasione nella propria zona d’influenza, ma la situa precipitò quando Roma penetrò - forse per errore - nel golfo di Taranto. La città di Taranto poteva contare sull’appoggio di Pirro, re dell’Epiro. → per la prima volta Roma si trovò ad affrontare un esercito di stampo ellenistico, erede delle tattiche di Alessandro Magno, con contingenti di mercenari e addirittura elefanti. Fonte 4 → Gli elefanti erano sconosciuti ai Romani e questo gettò compiglio tra le schiere della cavalleria. La soluzione adottata fu di addestrare drappelli di soldati addetti a tagliare i garretti degli animali azzoppandoli. 280 a.C. i Romani subiscono una pesante sconfitta ad Eraclea. Pirro va a Roma per trattare la resa, ma il senato rifiuta. 279 a.C. i Romani vengono sconfitti ad Ascoli Satriano, ma la lotta proseguì anche a causa della pressione di Cartagine su Roma → flotta punica in soccorso. Pirro decise di trasferirsi in Sicilia per farsi promotore della lotta contro i Cartaginesi; questo consente a Roma di riorganizzare l’esercito. 275 a.C. Roma vittoriosa a Malevento, che cambia nome in Benevento. Taranto costretta a riconsegnare gli ostaggi e ad accogliere un presidio romano; mantennero però il loro ordinamento poiché i romani avevano grande stima per la tradizione culturale greca. 3. Roma sul mare: la prima guerra punica La disponibiltà di flotte navali comporta per Roma un radicale cambiamento nelle strategie espansive; fino ad allora aveva sempre optato per conquiste via terra. Le rotte marittime erano sempre state monopolio dell’alleata Cartagine, ma ora che Roma aveva le navi iniziava a esserci una collisione di interessi. Cartagine era una grande potenza commerciale e 26 controllava le coste dell’Africa settentrionale, la Spagna meridionale, Sardegna, Corsica e parte occidentale della Sicilia. → 264-241 a.C. → prima guerra punica. Estenuante guerra di logoramento contro Cartagine derivata da una scelta che il senato lascia in mano alla comunità romana. Messina, città greca, aveva chiesto aiuto a Roma poiché era stata occupata da mercenari campani detti mamertini. Fonte 5 → Polibio ci parla dei Mamertini, guerrieri campani devoti al dio osco Mamers che erano passati al soldo dei Cartaginesi al tempo della guerra contro Pirro. Polibio ci dice che fu la prospettiva di un ricco bottino a convincere la maggioranza dei comizi alla guerra, infrangendo il trattato con Cartagine. Si trattò di un conflitto di lunga durata che si giocò su diversi fronti, per terra e per mare. Nonostante i primi successi ottenuti in Sicilia, fu presto chiaro che Roma dovesse dotarsi di una flotta che fu costruita sul modello delle navi cartaginesi. I Romani introdussero una novità, i “corvi”, ovvero passerelle mobili dotate di arpioni che agganciavano le navi nemiche e consentivano il passaggio a un combattimento corpo a corpo. Fonte 6 → Polibio ci descrive la funzione dei corvi. Grazie a questo espediente il console Gaio Duilio vinse la flotta cartaginese a Milazzo nel 260 a.C.= primo trionfo navale di Roma. Nel 256 a.C. il console Gaio Attilio Regolo decise di aprire un fronte di combattimento in Africa, ma fu sconfitto. Battaglia decisiva → 241 a.C. presso le Isole Egadi. I Romani, guidati da Gaio Lutazio Catulo ebbero la meglio; le condizioni di pace offerte dal console furono inasprite dal popolo romano, che auspicava a una cospicua remunerazione. Fonte 7 → Polibio riporta i termini del trattato che pose fine alla prima guerra punica. Due le conseguenze della prima guerra punica: - Roma iniziò a conseguire dominio sul Mediterraneo - Attivazione di una politica di provincializzazione, con annessione della Sicilia abbandonata dai cartaginesi. 4. Nuovi vettori di espansione: Roma sull’altra sponda e sul fronte cisalpino Il progetto egemonico di Roma sulle rotte marittime si estendeva anche all’area adriatica. Sulla sponda italica aveva tre colonie: Rimini, Senigallia e Brindisi. Decise di schierarsi contro gli Illiri, insediati sulla sponda orientale dell’Adriatico → condizionavano i commerci e i traffici per mare, operando ruberie e imponendo dazi a danno dei mercanti italici. Il pretesto per la guerra si ebbe quando la regina Teuta fece uccidere un inviato romano.Due guerre illiriche, campagne vittoriose: - 230/229 a.C. - 219 a.C. Furono impiegate sia truppe navali che di terra. → guerre che portarono alla conquista di parte della costa dell’attuale Albania. Per la prima volta Roma si trovava sull’altra sponda, inaugurando la direttrice che l’avrebbe portata verso l’Oriente e il mondo ellenistico. Le guerre avevano assorbito molte energie della repubblica, e dei successi avevano gioito soprattutto i ceti dediti all’artigianato e al commercio, con apertura di nuovi mercati. Questo aveva però portato a una momentanea sospensione nella deduzione di colonie e 27 1. Le guerre in Oriente Dopo la sconfitta di Annibale l’esercito romano affrontò la seconda guerra macedonica. Nel 215 a.C. le legioni romane ripresero il mare alla volta dell’Oriente, dove vi erano le grandi potenze del tempo, eredi dell’impero di Alessandro Magno. Durante la II guerra punica Annibale aveva aperto molti fronti di guerra per fiaccare le forze dell’Urbe → a tal fine il generale cartaginese Annibale si era alleato con Filippo V, re di Macedonia. → Prima guerra macedonica (215-205 a.C) → appendice del conflitto punico. L’efficacia del piano di Annibale fu inficiata dalla fortunosa intercettazione da parte dei Romani della nave su cui viaggiava il testo dell’accordo → Roma ebbe modo di organizzarsi e valorizzò le sue relazioni diplomatiche in ottica anti macedone → Lega Etolica, coalizione ostile a Filippo V di cui facevano parte anche Atene e il regno di Pergamo. Nel 200 a.C. → pace di Fenice, che riconosce gli equilibri di forze precedenti al conflitto → Roma non voleva protrarre le ostilità dato che era ancora in corso la guerra contro Cartagine. Si trattò di una pace transitoria → le ambizioni espansionistiche di Filippo V determinarono ben presto tensioni che coinvolsero anche comunità come Pergamo e Rodi, che avevano dato a Roma il loro sostegno → nel 200 a.C. ciò costrinse l’Urbe a un’azione diretta. Il senato inviò un ultimatum a Filippo V, anche se i comizi avevano già deciso per la guerra → ma → permette a Roma di entrare nel conflitto come “liberatori della Grecia” di fronte alla minaccia nemica. La decisione generò a Roma varie discussioni, anche perché non ci si era ancora ripresi dal conflitto annibalico → ma → il timore di una nuova invasione spinge all’invio dell’esercito. La guerra in Oriente si preannunciava come fonte di notevoli introiti. → Seconda guerra macedonica (200-197 a.C.) I Romani varcano l’Adriatico sotto il comando del console Publio Sulpicio Galba, ma per due anni non ci furono eventi decisivi. Nel 198 a.C. la gestione del conflitto venne affidata al console Tito Quinzio Flaminino, che portò avanti una gestione propagandistica del conflitto rimarcando il ruolo di Roma come liberatrice della Grecia, determinando l’adesione alla causa anti-macedone anche della Lega Achea, tradizionale alleata della Macedonia. 197 a.C. Battaglia di Cinocefale in Tessaglia → Roma sbaraglia le truppe macedoni. Siglata una pace dai costi altissimi per Filippo V, che doveva rinunciare alla sua flotta, ritirarsi dalla Grecia e pagare un’importante indennità di guerra. Nel 196 a.C. a Corinto, Flaminino proclamò la libertà della Grecia → guarnigioni Romane a presidio dei territori. →Guerra romano-siriaca (192-189 a.C.) I nuovi equilibri lasciavano insoddisfatta la lega Etolica, che aveva contribuito al successo di Roma ma non aveva ottenuto l’ampliamento territoriale sperato e dovuto dagli accordi. Gli Etoli si alleano con il re di Siria Antioco III e originano un asse anti-romano. Antioco contestava l’ingerenza dell’Urbe in Asia minore, area che era di sua competenza. Nel 192 a.C., forte dell’appoggio Etolico, mosse guerra a Roma. LaMacedonia sostenne la causa romana. 191 a.C. Roma vince alle Termopili; dopo numerosi scontri vittoriosi i Romani sconfissero definitivamente gli eserciti siriaci nel 189 a.C. a Magnesia sul Sipilo. La pace fu siglata nel 188 a.C. ad Apamea → distruzione della flotta siriaca, pagamento di un’indennità di guerra e sgombero dei territori a ovest e nord della catena del Tauro. 30 179 a.C. muore Filippo V di Macedonia e sale al trono Perseo → volontà di rivalsa contro Roma che non aveva soddisfatto le ambizioni espansionistiche della Macedonia. Perseo sollecitò la reazione anti-romana di comunità che avvertivano l’ingerenza dell’Urbe. Fonte 3 → Tito Livio testimonia che il re di Macedonia sollecitava i Greci all’unità contro Roma, vista come nemica della libertà → inviava ambascerie o lettere chiedendo che fossero dimenticate le liti avute con Filippo V in nome di una nuova libertà. →Terza guerra macedonica (171-168 a.C.) 168 a.C. scontro decisivo a Pidna → trionfo del console Lucio Emilio Paolo. Ebbe fine il regno di Macedonia. Il territorio venne diviso in quattro distretti indipendenti, ciascuno tenuto a versare un tributo alla repubblica. Perseo fu condotto prigioniero a Roma. Rodi fu privata dei territori che aveva acquisito in seguito alla guerra siriaca e perse molti introiti perché Roma creò il porto franco di Delo, dove i traffici commerciali non erano soggetti a dazio. L’Illiria, principale partner della macedonia, venne divisa in 3 repubbliche. L’influenza di Roma divenne sempre più forte al di là dell’Adriatico. Nel 148 a.C. Andrisco, figlio di Perseo, si fece promotore di una riunificazione della Macedonia, ma fu vinto da Quinto Cecilio Metello e da Lucio Emilio Paolo. Nel 146 a.C. la Lega Achea mosse guerra a Roma, ma fu sconfitta. Corinto, città più importante della Lega, fu rasa al suolo. Fu istituita poi la provincia di Macedonia e Acaia. 2. La resa di Cartagine → Terza guerra punica (149-146 a.C.) Nel 149 a.C. i Romani aprirono un nuovo fronte di guerra e riportarono le legioni sul suolo africano al fine di estirpare definitivamente la minaccia cartaginese. Cartagine aveva ripreso la propria politica espansionistica → relativa vicinanza all’Urbe spinge i comizi alla guerra. Casus belli→ tensioni tra Cartagine e il regno di Numidia. La guerra fu difficile. Nel 147 a.C. le truppe romane furono affidate al giovane Publio Cornelio Scipione Emiliano. L’anno successivo Cartagine cedette e fu saccheggiata e rasa al suolo. Il suo territorio fu acquisito dallo stato Romano, che creò la provincia d’Africa. L’annientamento di Cartagine segna una svolta nella storia romana. Ebbe fine il metus hostilis, cioè la paura del nemico, che secondo la classe dirigente aveva salvaguardato la città dal dilagare della corruzione dei costumi. Dal 146 a.C. → avvio del degrado morale che avrebbe poi portato alla crisi della repubblica. Fonte 4 → Sallustio imputa alla caduta di Cartagine l’inizio della degenerazione dei costumi che portò alla corruzione dei senatori romani → “il timore dei nemici manteneva i cittadini in comportamenti corretti. Ma quando quella paura svanì, allora vi penetrarono quei mali che la prosperità comporta: la dissolutezza e la superbia”. (Bellum Iugurthinum) 3. La Spagna provincia di Roma Nel II sec a.C. Roma impegnò le sue legioni anche in occidente. Nel 197 a.C. furono istituite le province di Spagna Citeriore e Spagna Ulteriore → affidate all’amministrazione di due pretori. La penisola iberica rimase a lungo terreno di scontri → solo in età augustea si ebbe la 31 romanizzazione dell’intero territorio, cui i romani ambivano per le risorse minerarie della regione, ricca di giacimenti d’oro, argento e altri minerali. Difficoltà incontrate dai romani: - ampia estensione della regione - configurazione geomorfologica inadatta agli scontri in campo aperto - tribù ispaniche ricorrevano alla guerriglia anziché a scontri risolutivi - genti da sottomettere divise in tribù Le tattiche usate dai romani contro la resistenza ispanica furono di vario tipo, talvolta repressive, talvolta aperte al dialogo. Nel 137 a.C. i Romani → assedio di Numanzia. Dopo un tentativo di conquista fallito, il console Gaio Ostilio Mancino accettò una pace disonorevole che però non venne accettata dal Senato. Il comando dell’esercito fu conferito a Publio Cornelio Scipione Emiliano che, console per la seconda volta, conquistò Numanzia e la rase al suolo nel 133 a.C. 4. L’egemonia nell’Italia settentrionale Fin dall’inizio del II sec a.C. Roma aveva dovuto affrontare il problema del consolidamento dell’egemonia nell’Italia Settentrionale. Le tribù a nord del Po decisero di siglare dei trattati di alleanza con Roma e mantennero la loro autonomia. Verso le tribù a sud del fiume (Liguri e Celti cispadani) Roma adottò la strategia della durezza e procedette a confische, deportazioni e stermini di massa. I territori vennero requisiti e centuriati, divenendo meta di coloni provenienti dall’Italia centro meridionale. Il console Marco Emilio Lepido tracciò la via Emilia, da Rimini a Piacenza, e lungo essa dedusse la colonia latina di Bologna e le colonie romane diModena e Parma. Nel 181 a.C. fu fondata la colonia latina di Aquileia, che funse da caposaldo degli interessi militari ed economici dei romani → Aquileia divenne il terminale di nuovi assi viari → Via Postumia (148 a.C., da Genova), Via Annia e Via Popillia (da Rimini). Sorse Firenze. Nel 120 a.C. fu fondata la colonia di Tortona, capolinea della via consolare Emilia Scauri. Roma inviò i propri eserciti anche nella Francia meridionale→ dedusse le colonie di Aix en Provence (122 a.C.) eNarbonne (118 a.C.). Nel 121 a.C. venne istituita la provincia di Gallia Transalpina che cambiò nome in Gallia Narborense a seguito della fondazione della colonia di Narbonne (118 a.C.). → II sec a.C. = periodo faticoso per Roma, che condusse un’espansione volta all’annientamento definitivo del nemico. 32 all’intero bacino mediterraneo. → Repubblica incapace di risolvere conflitti innsescati dai profondi cambiamenti sociali.⇒ mutamenti e contrasti a partire dai vertici → Aristocrazia senatoria Aspro scontro tra due componenti di questo gruppo sociale: - Componente tradizionalista, guidata da Marco Porcio Catone. Volontà di tutelare le antiche tradizioni, sostegno dell’agricoltura come valore primario. Patrocinava il ceto dei piccoli e medi proprietari terrieri, dimostrandosi ostile alle guerre in Oriente. - Componente aperta al cambiamento, capeggiata dalla famiglia degli Scipioni. Favorevole all’espansione in Oriente, all’apertura di nuovi mercati, all’incremento del ceto artigiano-commericale e alla penetrazione della cultura ellenica in Roma. Duro scontro di programmi che si svolse prevalentemente nei tribunali. Una sorta di composizione del conflitto si ebbe nel 180 a.C. con l’approvazione della legge Villia Annuale, che rappresentò un compromesso tra le parti. → legge che regolamenta la successione delle cariche politiche, definendo il cursus honorum → volontà di disciplinare l’accesso alle magistrature in modo tale da impedire il protagonismo di alcuni personaggi. Fonte 9 → Tito Livio ci dice che la legge fu presentata da L.Villio tribuno della plebe. La nuova legge regolamenta tre aspetti: 1) Ordine di successione delle magistrature 2) Intervalli obbligatori tra una carica e l’altra 3) Età minima richiesta per ogni carica. Le cariche erano divise in: a) INFERIORI (Questura, Tribunato della Plebe, Edilità curule e plebea), elette dai comizi tributi. Erano sine imperio (no possibilità di guidare eserciti) b) SUPERIORI (Pretura, Consolato, Censura), conferite per elezione dai comizi centuriati. Prevedevano l’imperium. c) STRAORDINARIA (Dittatura) nominata dai Consoli. L’accesso alle cariche doveva essere preceduto da un apprendistato civile e militare → bisognava ricoprire per un anno un incarico all’interno del vigintivirato, un collegio di 20 individui eletti dai comizi tributi. Il vigintivirato aveva 4 collegi minori (10 addetti a dirimere le liti, 3 preposti alle esecuzioni capitali, 3 monetali e 4 curatori delle strade). Dopo il vigintivirato si poteva concorrere al tribunato militare laticlavio → uno dei sei tribuni al comando di ogni legione. Aveva funzioni amministrative, viveva nella tenda del comandante e imparava il funzionamento della legione, ma senza assumere incarichi operativi. Era un primo contatto coi campi di battaglia. I membri della classe dirigente dovevano avere competenze sia di carattere civile che militare. Dopo questa fase inziava il vero e proprio CURSUS HONORUM. 1) QUESTURA. Durata annuale, età minima 25 anni. Incarico di natura amministrativo/finanziaria esercitato presso il senato o nelle province. I due questori più importanti dovevano amministrare il tesoro dello stato e avevano anche funzione di archivisti. Gli altri questori (con Cesare divennero 40) collaboravano coi magistrati 35 superiori. Per entrare a far parte dell’ordine senatorio era necessario aver ricoperto almeno questa prima carica. 2) TRIBUNATO DELLA PLEBE/EDILITÀ. Età minima 27 anni, bisognava aver ricoperto la questura da almeno due anni. I TRIBUNI erano originariamente due, poi salirono a 10. Si trattava di una magistratura esclusivamente plebea: i patrizi che volevano assumerla dovevano compiere il passaggio dal patriziato alla plebe Gli EDILI erano quattro: 2 edili plebei e 2 edili curuli, a cui nel 46 a.C. si aggiunsero due edili cereali incaricati alla distribuzione del grano. Incaricati di provvedere all’approvvigionamento della città, si occupavano della costruzione e della cura degli uffici pubblici, della manutenzione di strade e acquedotti. Presiedevano l’organizzazione di giochi in onore della divinità. 3) PRETURA. Età minima 30 anni; dovevano essere trascorsi almeno 3 anni dal tribunato o dall’edilità. Il loro numero aumentò negli anni fino ad arrivare a 16 (incremento delle mansioni a seguito delle conquiste). I pretori detenevano l’imperium e potevano guidare una o più legioni; spesso venivano usati come comandanti nelle spedizioni militari o diventavano governatori delle province. Avevano facoltà di convocare il senato e i comizi e di presentare proposte di legge. Ruolo principale era l’amministrazione della giustizia: - pretore urbano, che amministrava la giustizia tra i cittadini - pretore peregrino, che amministrava la giustizia tra cittadini e stranieri Al momento della loro entrata in carica emanavano un editto con le regole che avrebbero applicato durante la loro carica. 4) CONSOLATO. Età minima 33 anni e aver ricoperto da 2 la pretura. Era la magistratura più importante dello stato romano e con essa si aveva accesso alla nobiltà senatoria. I consoli erano due e di solito la carica era "privilegio" di circa 25 famiglie dell’alta aristocrazia. Fonte 10 → Sallustio, parlando della carriera politica dell’homo novus Gaio Mario, ci mostra gli atteggiamenti di ostilità dell’aristocrazia nei confronti della sua ascesa. I consoli esercitavano il comando militare supremo e governavano la città in tutte le questioni civili. Potevano arruolare truppe, nominare ufficiali, imporre contributi per le esigenze militari. In città convocavano e presiedevano il Senato, i comizi centuriati e i comizi tributi. Potevano proporre leggi. Amministravano l’erario e il patrimonio pubblico e avevano anche funzioni di polizia. 5) CENSURA. No limiti d’età, ma vi si poteva accedere dopo il consolato. Col tempo l’importanza della censura aumentò → divenne il grado supremo nella carriera di un magistrato. I censori erano 2 → procedevano al censimento, revisionavano le liste del senato e dei cavalieri. Avevano la responsabilità dei costumi (potevano radiare un senatore dall’assemblea o un cavaliere dall’albo → infliggevano una nota di biasimo detta nota censoria, che veniva scritta accanto al nome del cittadino. Es. sanzioni per infrazioni alla disciplina militare, per abusi di potere dei magistrati, eccessi di lusso o frequenti divorzi. → cittadini colpiti potevano addirittura essere privati dei diritti politici, di voto e di eleggibilità). I Censori avevano anche competenze di tipo finanziario: verificavano i conti e gestivano gli appalti, si occupavano della cura delle strade e delle opere pubbliche. 36 La classe dirigente romana si giovava di un’eccezionale formazione che veniva impartita all’interno della famiglia dal capoclan → si imparavano le lingue e si familiarizzava con usi e costumi dei popoli sottomessi. Requisito per accedere al senato → censo minimo di 100.000 denarii, conteggiato esclusivamente sulla base della proprietà fondiaria, come stabilito dalla Legge Claudia. Il nuovo ordine equestre Dal II sec a.C. si consolidò in Italia un ceto imprenditoriale di forte peso → molte famiglie si erano arricchite col commercio e con altre attività collegate alle guerre d’espansione (es. forniture militari ed esportazione di prodotti in nuovi mercati). Per supplire alle carenze di uno stato privo di un efficiente apparato burocratico si creano le “società di pubblicani” → consorzi di privati cittadini che concorrevano alle gare d’appalto bandite dallo stato per la realizzazione di opere pubbliche, per la conduzione di miniere o esazione delle imposte. Gli appalti avevano durata quinquennale e consentivano ai pubblicani di accumulare molta ricchezza. → anche metodi estorsivi violando la legge. Fonte 11 → Tito Livio ci dice che la classe dirigente romana tardò ad accorgersi della gravità della situazione. Il senato tentò di abolire la gestione amministrativa tramite appalto, ma lo stato romano faticava a trovare una soluzione alternativa → non c’era un apparato burocratico efficiente in grado di svolgere le mansioni delegate ai pubblicani. Cmq → grazie a tali attività molti imprenditori accumularono ingente patrimonio, ma non potevano dedicarsi alla carriera politica (ricchezze mobiliari). Lo stato riconobbe l’importanza di questo nuovo ceto con la legge sulla restituzione dei cavalli, che nel 129 a.C. sancì la nascita dell’Ordine dei Cavalieri. → dirigenza economica dello stato romano. La loro presenza contribuì a riabilitare nella mentalità comune le attività commerciali, cui si iniziano a riconoscere dignità e rispetto. Fonte 12 → Cicerone documenta nel I sec a.C l’evoluzione del pensiero sul tema del commercio. Possibilità per i detentori di tradurre le ricchezze mobiliari in beni fondiari, rientrando così nella legge Claudia e potendo aspirare a incarichi politici. CAPITOLO IX - LA CRISI DELLA REPUBBLICA 1. I problemi in campo Il 133 a.C. segna l’inizio di una lunga fase di trasformazioni politiche e sociali che condurranno alla crisi dell’assetto repubblicano e alla nascita del principato nel 27 a.C. In quest’epoca troviamo veri e propri conflitti tra le diverse componenti sociali: L’esercito romano aveva garantito a Roma una straordinaria espansione, ma palesò gravi mancanze, che si mostrarono nell’assedio di Numanzia e nella guerra contro Giugurta in Africa.Per la capitolazione di Numanzia fu determinante l’apporto assicurato all’esercito romano dai reparti di cavalleria numidica con il giovane Giugurta a comando; quest’ultimo sarebbe poi diventato nemico di Roma nella guerra che si tenne dal 112 al 105 a.C. L’esito del conflitto contro Giugurta, favorevole a Roma, si dovette alla riorganizzazione dell’esercito ad opera di Gaio Mario e all’astuto intervento di Silla, che catturò Giugurta con l’inganno. 37 4. Le leggi tabellarie L’approvazione delle leggi tabellarie (139 a.C.) portò a una profonda trasformazione nelle dinamiche politiche → innovazioni nell’espressione del voto entro le assemblee popolari. Alla votazione per alzata di mano si sostituì la pratica del voto segreto → scheda cerata (tabella) nella quale il cittadino elettore esprime la sua volontà validando una delle opzioni già espresse. Le tabelle furono introdotte nelle assemblee preposte alle elezioni di magistrati, nelle assemblee legislative ecc. Fonte 4 → Denario emesso nel 63 a.C. che reca l’immagine di un uomo togato che inserisce una tavoletta elettorale nell’urna. La pratica del voto segreto compromise il controllo esercitato sul popolo dai membri della classe dirigente attraverso la clientela → necessità di guadagnarsi il consenso degli elettori attraverso la stesura di programmi politici e attraverso efficaci strategie di propaganda. 5. L’azione riformatrice di Gaio Sempronio Gracco Fratello minore di Tiberio, venne eletto nel 123 a.C. al tribunato della plebe. Nel 123 .C. ottenne la legittimazione dell’iterazione delle magistrature, tanto che nel 122 a.C. si candidò per una seconda volta al tribunato della plebe, al fine di garantire l’attuazione delle sue riforme. Gaio Gracco aveva sostenitori molto diversificati quanto ad appartenenza sociale: da membri dell’aristocrazia senatoria ad ampi settori della plebe → egli propose un programma articolato e innovativo che si proponeva di risolvere le criticità emerse negli ultimi decenni. → 17 provvedimenti che ottennero tutti l’approvazione, tranne quello relativo all’equiparazione giuridica tra alleati italici e cittadini romani. Fonte 5 → Plutarco riassume i provvedimenti principali proposti da Gaio Sempronio Gracco. - Legge agraria. Riproponeva l’iniziativa di Tiberio che mirava a ricostruire il ceto dei medi e piccoli proprietari terrieri. Innovazione → costruzione di nuove strade x agevolare gli agricoltori nella vendita dei prodotti presso i mercati cittadini - Legge Sempronia frumentaria. Amministrazione centrale doveva provvedere mensilmente a distribuzioni di grano a prezzo politico alla plebe della città. Lo stato si sostituiva ai patroni, garanti del soddisfacimento alimentare dei propri clienti - Legge Rubria. Riavvio della politica di deduzioni coloniarie, che consente la fondazione di nuove colonie e l’esodo da Roma di numerose famiglie proletarie. - Legge militare. No reclutamento di giovani sotto i 17 anni. Lo stato si impegna a fornire almeno l’uniforme, che prima rientrava tra le spese a carico del soldato. - Legge sulla pratica giudiziaria. Un cittadino romano può subire la condanna alla pena capitale solo in seguito a un pronunciamento popolare - Legge sulla provincia d’Asia. Attribuisce ai pubblicani l’appalto per la riscossione delle tasse nella provincia istituita con lascito testamentario di Attalo III (133 a.C.). I provinciali furono vittime di questo provvedimento x avidità degli appaltatori. - Legge Acilia. Interviene nella composizione del tribunale permanente incaricato di giudicare i governatori accusati di malversazione → maggioranza della giuria viene attribuita a membri dell’ordine equestre. - NO APPROV - legge sulla concessione della cittadinanza romana ai latini e del diritto latino agli alleati italici. → la plebe urbana temeva di essere privata di parte 40 dei privilegi precedentemente acquisiti, che avrebbe dovuto dividere con un numero consistente di nuovi cittadini. Gaio Gracco venne poi screditato in una politica di delegittimazione attuata dal collega tribuno Marco Livio Druso, che propose iniziative di carattere ancor più demagogico. Nel 121 a.C. Gaio non riuscì ad assumere per la terza volta il tribunato della plebe → privo dell’inviolabilità, Gaio fu esposto alle ritorsioni di quanti avevano subito danni dalle sue leggi. Il senato emanò un provvedimento che permetteva di entrare nella città con le armi e di placare sommosse con la forza.Gaio muore. La riforma dei fratelli Gracchi fallì → nel 121 a.C. si stabilì che gli assegnatari potevano vendere le loro terre e nel 111 a.C. si abolì il canone d’affitto per i lotti distribuiti → si diffuse nuovamente il latifondo e si tornò alla situa di partenza. 6. Ottimati e popolari In seguito all’esperienza graccana, nell’aristocrazia senatoria si hanno due schieramenti: 1) OTTIMATI. Rappresentavano gli interessi dell’oligarchia conservatrice e delle sue clientele. Obiettivo di consolidare i privilegi acquisiti nei secoli e di mantenere la situazione politica, economica e sociale esistente. 2) POPOLARI. Rappresentavano gli interessi del popolo e favorivano la plebe urbana, che incideva molto nelle dinamiche politiche. Tutelano anche l'ordine equestre e gli alleati italici, che rivendicavano il diritto a un nuovo ruolo. Gli esponenti della fazione popolare elaborarono un programma volto alla trasformazione della repubblica → provvedimenti a favore degli italici, definizione della questione agraria, attivazione di una politica di frumentazioni al fine di emancipare le masse popolari dalla stretta della fame. I tribuni promotori di questi provvedimenti saranno esposti a gravi pericoli. Lucio Apuleio Saturnino viene ucciso nel 100 a.C., Marco Livio Druso nel 91 a.C. CAPITOLO X - LA SOLUZIONE AI PROBLEMI DELLA TARDA REPUBBLICA 1.L’esercito Il fallimento delle riforme dei Gracchi riattualizza la questione dell’esercito. La soluzione è legata a un provvedimento di emergenza di Gaio Mario, che si rifà a Scipione Emiliano. Gaio Mario era un uomo nuovo: nessuno dei suoi parenti aveva ricoperto magistrature. Al successo della sua carriera contribuirono: - legame clientelare stretto con la famiglia dei Cecilii Metelli - matrimonio contratto nel 110 a.C. con Giulia, appartenente a una delle più antiche e prestigiose famiglie patrizie - straordinarie capacità militari, necessarie in un periodo di forti antagonismi. La sua carriera prese avvio nel 134 a.C. a Numanzia sotto la guida di Scipione Emiliano, poi le sue doti si confermarono nel governatorato della Spagna Ulteriore. L’opportunità di consacrazione sulla scena politica fu la guerra giugurtina. Il console Quinto Cecilio Metello lo volle come legato nella campagna contro Giugurta → la ripartizione della 41 Numidia assegnava la parte orientale, economicamente più prospera, al cugino Aderbale, l’altra a Giugurta. Aderbale chiede l’aiuto dei Romani. Nel 112 a.C. Giugurta aveva assediato il cugino Aderbale a Cirta e aveva sterminato anche i Romani e gli Italici che vi risiedevano per motivi commerciali. La guerra iniziò nel 112 a.C.; non ci furono risultati decisivi fino al 109 a.C., quando il comando passò a Quinto Cecilio Metello che, coadiuvato da Gaio Mario, ottenne buoni risultati. Nel 108 a.C. Mario si candidò al consolato → fu eletto e l’assemblea popolare gli affidò la conduzione della guerra in Africa. Nel 107 a.C. Mario raggiunge l’Africa; suo questore era Silla. Giugurta cadde vittima di un raggiro orchestrato dal suocero. Nel 104 a.C. Giugurta venne fatto sfilare nel trionfo di Mario e poi fu giustiziato. → Successo legato anche alla riforma dell’esercito. Mario si ricollega all’esperienza di Numanzia → lì Scipione Emiliano si rese conto che sarebbe stato più proficuo disporre di soldati motivati, più che costretti alla leva → fece ricorso a un esercito di volontari stipendiati; in tal modo il proletariato urbano e rurale poteva considerare il servizio militare come occasione di riscatto sociale. Mario procedette a sua volta all’arruolamento di volontari. Con Scipione Emiliano si era reso conto che i fallimenti erano dovuti a indisciplina → massacranti esercitazioni. Con Gaio Mario quindi l’esercito romano si proletarizza: i legionari sono soldati di professione → servizio nelle milizie inteso come mestiere da cui trarre sostentamento grazie allo stipendio e all’eventuale bottino di guerra. Abolizione del limite censitario → lo stato provvede all’equipaggiamento e al salario dei soldati. Inoltre → necessità di fornire ai veterani una buonuscita che consentisse la sopravvivenza dopo il servizio militare → lotto di terra. Si affermò la clientela militare → la spedizione bellica inizia a essere affidata a un solo comandante → si crea quindi un rapporto personale tra il comandante e le sue truppe: al ritorno in patria il comandante si faceva garante politico della distribuzione di terre ai suoi veterani, che costituivano la base politica del suo consenso. Inoltre → innovazioni tecnico-tattiche. L’unità strategica, che prima era data dal manipolo, diventa ora la coorte. Mario accorpò i 30 manipoli della legione in 10 coorti → ognuna di esse contava 5/600 uomini e poteva operare autonomamente. Nel 105 a.C., quando ancora si trovava in Africa, Mario venne eletto per un secondo consolato. → circostanza strana, la legge prescriveva un intervallo decennale. Decisione dovuta a un’emergenza → minaccia di una nuova invasione di Cimbri e Teutoni. Non erano clan guerrieri bensì popolazioni intere comprensive di uomini combattenti ma anche anziani, donne e bambini. Gli eserciti romani avevano già subito numerose sconfitte, ma Mario, console dal 104 al 100 a.C., salvò la situazione. Nel 102 a.C. sconfisse i Teutoni presso Aix en Provence, nel 101 a.C. sconfisse i Cimbri. I Tigurini ritornarono oltralpe. Riconfermato al consolato nel 100 a.C., Mario dovette impegnarsi sulla scena politica. La questione più delicata era legata al tribuno Saturnino che, di parte popolare, proponeva provvedimenti di tipo graccano. Sulla scena c’era anche il pretore Gaucia, filopopolare. Glaucia si candida al consolato che però va a Gaio Memmio → Glaucia e Saturnino commissionano l’assassinio di Memmio. Il senato dichiarò Glaucia e Saturnino nemici 42 avevano combattuto nelle truppe ausiliarie al loro fianco → l’Urbe dvette affidare il comando delle legioni ai generali più capaci del tempo (Mario, Silla e Pompeo Strabone). Non si riusciva a giungere a uno scontro decisivo → i romani promossero una serie di concessioni sul piano giuridico che di fattto segnarono il successo degli alleati: - 90 a.C. legge Giulia accordò la cittadinanza a tutti gli alleati che non si erano ribellati - 89 a.C. Legge Plauzia Papiria → cittad. a tutti i ribelli che avevano deposto le armi - 89 a.C. Legge Pompeia sui Transpadani → cittadinanza a chi risiedeva a nord del Po → dall’89 a.C. tutta la penisola e le colonie latine della Cisalpina ebbero il diritto romano. → ma → nuovi cittadini iscritti inizialmente in 10 sole tribù: in tal modo nei comuzi l’aristocrazia continuava a esercitare la sua supremazia. 3. Le guerre servili Tre guerre servili legate all’utilizzo intensivo di manodopera servile: 1) 135-132 a.C. Prima guerra servile, in Sicilia. Parte da schiavi-pastori ribelli che raggiunsero le 200k unità, conquistarono alcune città e sconfissero 4 pretori romani. → poi → console Publio Rupilio uccide i capi dei rivoltosi 2) 104-101 a.C. Seconda guerra servile, in Sicilia. A chi aveva militato nell’esercito di Mario era stata promessa l’emancipazione: il senato aveva dato l’ok ma i proprietari non la concedevano. Gli schiavi insorsero; il console Manio Aquilio soffocò la rivolta. 3) 74-71 a.C. Terza guerra servile capeggiata dal trace Spartaco, che riunì 120k uomini, sia schiavi che liberi ma in condiziome disagiata. Fecero razzie tra Campania e Lucania; qui nel 71 a.C. Spartaco perse la vita. I superstiti vennero crocifissi lungo la via Appia e i pochi fuggitivi sterminati. → Fonte 8: Appiano ne dà testimonianza. Le guerre non portarono alll’abolizione della schiavitù, ma i proprietari si resero conto che lo sfruttamento spietato era antieconomico → incremento delle emancipazioni e ripensamento degli ergastula. In seguito non si verificarono più ribellioni così forti. 4. L’amministrazione delle province Tra II e I sec a.C. la classe dirigente si dedicò alla regolamentazione nell’amministrazione delle province, che erao state sistematicamente saccheggiate. Queste azioni ripetute portarono alla ribellione delle comunità extraitaliche, che inviarono delegazioni presso i loro patroni a Roma al fine di far valere i loro diritti. Con la Legge Calpurnia (149 a.C.) fu istituito un tribunale per giudicare i governatori accusati di concussione. La giuria era composta da senatori; la legge stabiliva che i provinciali non potessero ricorrere in proprio, ma dovessero presentare le istanze attraverso patroni, che in alcuni casi erano anch’essi dell’ordine senatorio → spesso i patroni atuavano una tattica processuale funzionale agli interessi dei loro colleghi e, dopo lunga attesa, i provinciali desistevano. In caso di condanna, il governatore era tenuto al solo risarcimento. Nel 123 a.C. fu emanata la Legge Acilia. La giuria era composta da cavalieri, i provinciali potevano ricorrere in proprio e la pena in caso di condanna era il doppio di quanto estorto. Nel 70 a.C. fu emanata la legge Aurelia Giudiziaria, da Lucio Aurelio Cotta. La giuria doveva presentare composizione mista (⅓ cavalieri, ⅓ senatori, ⅓ tribuni erari) 45 Nel 46 a.C. Giulio Cesare rimise mano alla questione → Legge Giulia sulla concussione. La giuria doveva essere formata da cavalieri e senatori, ai governatori fu fatto divieto di ricevere doni e di imporre a propria discrezione tributi alla provincia. I colpevoli dovevano versare il quadruplo di quanto sottratto; il debito passava agli eredi se non assolto. Colpevoli radiati dal snato. Cesare era la figura più eminente dei popolari, che sentivano l’esigenza di porre rimedio allo sfruttamento dei provinciali. Anche Cesare stesso, durante la sua ditttura, emise alcuni provvedimenti a favore della provincia d’Asia → la riscossione delle imposte venne sottratta ai pubblicani e affidata allo stato; l’entità delle tasse venne ridotta di un terzo. Accanto ai numerosi episodi di cattiva amministrazione delle province, cmq, c’erano anche casi di governo esemplare. Fonte 10 → Diodoro ci testimonia l'ottima amministrazione dell’Asia da parte di Mucio Scevola nel 94 a.C. CAPITOLO XI - LA CRISI DELLE ISTITUZIONI REPUBBLICANE 1. Le rinnovate modalità della politica Tra la fine del II e il I sec a.C. emerse l’inadeguatezza delle istituzioni repubblicane, che si manifestò con infrazioni alla normativa vigente, es alla legge Villia annale che dal 180 a.C. disciplinava la successione delle cariche. Le violazioni erano da un lato legate alla necessità di rispondere alle diverse esigenze gestionali dello stato; dall’altro miravano a ridefinire gli equilibri di potere entro la classe dirigente. In pochi decenni si manifestò una notevole mobilità sociale che portò a un rimpasto della classe dirigente. Il ceto senatorio e l’ordine equestre subirono pesanti ridimensionamenti di organico. Silla nell’82 a.C. e i triumviri cesariani nel 43 a.C. ricorsero alle proscrizioni eliminando migliaia di avversari. Parallelamente a tale contrazione, prima Silla e poi Giulio Cesare ampliarono il numero dei senatori, facendolo passare rispettivamente a 600 e 900. Le élite italiche e delle province occidentali iniziarono ad avere opportunità di carriera a Roma, con immissione nell’ordine dei cavalieri o con l’accesso al senato. L’integrazione delle élite italiche nella classe dirigente romana era legata a: - accresciuto peso ei loro affari nelle dinamiche economiche della Repubblica - ruolo sempre maggiore negli scontri militari → acquisirono dunque la possibilità di divenir homini novi. In tal modo il disporre di antenati autorevoli non rappresentava più un criterio vincolante. Si riconosceva valore crescente alle capacità individuali e alle doti militari. 1.1 Le violazioni istituzionali In conseguenza di questa novità la vita politica romana subì profonde trasformazioni. Il consolato venne conferito alla stessa persona anche per cinque anni di seguito (es. Gaio Mario) senza rispettare l’intervallo previsto; talvolta fu anche conferito a una sola persona e non a una coppia (Pompeo console sine collega nel 52 a.C.). Furono stretti accordi tra leader politici per la gestione dell stato a vantaggio personale → triumvirato del 60 a.C. e del 43 a.C. 46 Si consentì anche ai governatori di amministrare la provincia in absentia, rimanendo a Roma e delegando ai propri legati (es. Pompeo fu proconsole della Spagna, ma non vi soggiornò). La dittatura venne usata in una forma nuova → nell’ordinamento repubblicano nasceva come magistratura eccezionale, di durata semestrale e attivata solo in caso di emergenze. Nel I sec a.C. cambia volto: fu auto conferita e solo successivamente legalizzata dai comizi. Durò molto più di sei mesi (Silla fu dittatore dall’82 al 79 a.C., Cesare ebbe durata vitalizia) → giustificata con necessità di un riassetto istituzionale (per riscrivere le leggi dello stato). 1.2 L’affermarsi di grandi personalità Le violazioni istituzionali furono accettate poiché mutò l’ideologia romana. Nella visione tradizionaleRoma agiva come una collettività che si esprimeva mediante organismi ad ampia partecipazione (assemblee popolari e senato). Nella tarda età repubblicana invece la politica fu gestita da grandi personalità che - attraverso rapporti clientelari o mediante accordi privati - si assicuravano un ruolo di potere. La nobiltà senatoria, che per secoli aveva amministrato collettivamente lo stato mediante il senato, perse gradualmente anche il controllo delle truppe. Dopo la professionalizzazione degli eserciti attuata da Gaio Mario, le truppe divennero di fatto milizie personali degli esponenti politici. Dopo aver sostenuto Silla, l’aristocrazia individuò il proprio leader in Pompeo → funzione anticesariana: sia Cesare che Pompeo perseguivano un progetto autocratico, ma le clientele del primo appartenevano alla fazione dei popolari. 1.3 Episodi di eversione Il clima di illegittimità e di disordine istituzionale portò alcuni personaggi politici a perseguire la propria affermazione mediante progetti sovversivi → Lucio Sergio Catilina; Publio Clodio Pulcro → esiti fallimentari. Lucio Sergio Catilina, ex partigiano di Silla, nel 63 a.C. riunì attorno a sé una clientela composita e subalterna: schiavi fuggitivi, plebe rurale e inurbata, veterani ma anche giovani nobili in difficoltà economica. Catilina mirava ad acquisire una posizione di potere nello stato. Inizialmente aveva seguito la via istituzionale, si era candidato per il consolato nel 65 a.C. ma fu respinto; si ripresentò poi nel 64 e 63 a.C. → dopo il secondo insuccesso elettorale aveva optato per la via dell’illegalità → azione eversiva volta all’uccisione del console Marco Tullio Cicerone e di numerosi senatori. Scoperta la congiura, Cicerone ottenne il senatusconsultum ultimum: Catilina fu dichiarato nemico pubblico e morì in battaglia nei pressi di Pistoia nel 62 a.C. → Cicerone fece giustiziare i complici di Catilina senza sottoporli a regolare processo. Abuso di potere → fu esiliato nel 58 a.C. da Publio Clodio Pulcro. Costui individuò nella strumentalizzazione delle masse popolari il mezzo per la propria affermazione politica. Dalla prestigiosa famiglia Claudia cui apparteneva transitò alla plebe (cambiò il nome in Clodio) così da poter aderire al tribunato e disporre dell’iniziativa legislativa → venne eletto nel 58 a.C. e propose numerose leggi filo popolari. Legge Clodia → distribuzione gratuita di grano alla plebe urbana, sottraendo il popolo dalla dipendenza dalle clientele aristocratiche. Inoltre → abrogazione del decreto che aveva sciolto tutte le associazioni professionali. I collegia erano confraternite di mestiere ma anche cellule associative di carattere religioso. Clodio di fatto sancì la rinascita di tali corporazioni → Clodio si avvalse di tali cellule come 47 Fin dalla sua prima carica (questura, 70 a.C.), attuò un recupero della memoria di Mario. Due obiettivi: - affermazione della linea politica dei popolari (vs ottimati) - successo personale Per raggiungere tale scopo: - acquisì solide basi economiche per attivare un’incisiva campagna elettorale; dapprima fruì di cospicui prestiti, poi valorizzò bottini di guerra e usò le risorse finanziare dello stato - alleanza con uomini potenti → in questa prospettiva creò il primo triumvirato - si garantì il comando di un esercito forte, numeroso e fedele - estese e diversificò il proprio bacino clientelare → raccolse attorno a sé clientele composite ampliando la tradizionale base di consenso dei popolari. I provinciali ebbero un ruolo centrale → Cesare seppe guadagnarsi il loro consenso e li ricompensò in vari modi, es. all’intera Sicilia, che fino ad allora era stata provincia, fu riconosciuto il diritto latino; la Transpadana ottenne la piena cittadinanza romana. Nel bacino clientelare c’era ovviamente la plebe → Cesare organizzò giochi, spettacoli, banchetti pubblici ecc x guadagnarsi favore presso la plebe urbana. Vi troviamo poi i soldati, fondamentali x imporsi sui campi di battaglia. Cesare seppe guadagnarsi la fedeltà di un esercito: instaurò un legame particolare coi suoi soldati, condividendo con loro le fatiche e i pericoli. Lunga guerra combattuta da Cesare in Gallia → volontà di beneficiare del consenso di un cospicuo esercito. La scelta della Gallia non era casuale → garantiva un importante ritorno di immagine. Gaio Mario vi aveva vittoriosamente combattuto e il ricordo di quelle imprese era ancora vivo nell’opinione pubblica. L’operazione in Gallia era anche legata alla questione della Transpadana → Cesare si era fatto paladino della richiesta di equiparazione giuridica dei Transpadani. Un proconsolato in Gallia inoltre avrebbe permesso a Cesare di ampliare la sua base clientelare. La campagna per la conquista della Gallia si concluse 10 anni dopo con un successo, ma costrinse Cesare a fronteggiare una forte opposizione nel senato di Roma. Le attività militari presero avvio come intervento preventivo in una regione popolata da tribù celtiche in costante antagonismo. → Cesare attaccò gli Elvezi, che si stavano spingendo verso ovest e minacciavano gli Edui, alleati di Roma; Cesare vinse ma a costo di gravi perdite. I Sequani confinavano con gli Edui e temevano un loro rafforzamento → chiamarono in aiuto la tribù germanica dei Suevi di Ariovisto. Ariovisto - benché fosse “re amico del popolo romano - mosse guerra a Cesare, sconfiggendolo a Vesonzio nel 58 a.C. Nella nuova campagna del 57 a.C. Cesare sconfisse i Belgi. Rientrato dall’Italia (dove aveva rinnovato il contratto triumvirale con Crasso e Pompeo) sconfisse le popolazioni della Britannia in rivolta e poi, lungo il Reno, sconfisse Usipeti e Tencteri → plauso dell’opinione pubblica. Fece costruire un ponte sul fiume Reno e nel 55 a.C. avviò un’azione intimidatoria nel territorio germanico; nell’estate passò la Manica per minacciare le popolazioni celtiche che davano man forte alla Gallia e ai Galli della costa. Nel 54 a.C. Cesare guidò una seconda campagna in Britannia. 50 Nel 53 a.C. fu consolidata la presenza romana in Gallia, ma diverse tribù locali riuscirono a dar vita a una vistosa alleanza con a capo Vercingetorige, capo degli Arverni. Sconfitta degli Italici a Cenabo, poi Cesare rientrò dalla Cisalpina e assediò Gergovia, senza ottenere il successo sperato. Insieme a Tito Labieno (legato che poi nella guerra civile lo tradirà per schierarsi con Pompeo), Cesare inseguì Vercingetorige che si asserragliò ad Alesia. Cinta d’assedio la città, Cesare fece costruire una cinta muraria per l’aggressione all’insediamento nemico e un secondo anello a protezione delle truppe assedianti. Alesia cadde, Vercingetorige si arrese e fu condotto a Roma, dove sfilò nel trionfo di Cesare prima di essere decapitato. Con la campagna gallica Cesare riuscì a conciliare gli interessi dello stato romano coi suoi. Aveva accumulato un ingente bottino, una forza economica non comune ed era riuscito ad addestrare un grande esercito di cui si era assicurato la devozione. Ricompensò in vario modo i legionari → concesse a ogni soldato uno schiavo come preda di guerra. Al rientro dalla Gallia, Cesare dovette combattere un’impegnativa guerra civile. Gli accordi di Lucca avevano previsto per Pompeo il comando delle Spagne e per Crasso quello della Siria → ma → Crasso morì assieme al figlio nella spedizione contro i Parti, presso Piana di Carre, 53 a.C. → i Parti sterminarono le legioni romane e catturarono molti prigionieri. La scomparsa di Crasso trasformò il triumvirato in diarchia; nel 54 a.C. inoltre era morta di parto Giulia, figlia di Cesare data in sposa a Pompeo come suggello. Nel 52 a.C. a Roma era stato assassinato Clodio → il senato aveva affidato a Pompeo il compito di sedare i disordini di piazza nominandolo console sine collega. Cesare seguì la via del compromesso → provò a concorrere per il consolato senza presentare personalmente la sua candidatura : il suo scopo era di evitare di rientrare a Roma come privato cittadino dopo la scadenza del potere proconsolare in Gallia → avere una magistratura lo avrebbe salvaguardato dai processi intentati dagli avversari politici. Pompeo però aveva ribadito la presenza dei candidati a Roma, senza deroghe → Cesare propose altre soluzioni; nel frattempo i rappresentanti di Cesare e Pompeo si facevano guerra nelle sedi istituzionali. Scontro ormai inevitabile. Guerra civile → Cesare intraprese la via estrema tentata già da Silla. L’11 gennaio 49 a.C. oltrepassò il Rubicone: valicando il confine pomeriale alla testa di un’armata si poneva nell’illegalità; qui si pronunciò la famosa frase “Alea iacta est”, “il dado è tratto”. Pompeo colto impreparato fuggì dall’Italia, salpando da Brindisi e dirigendosi in Oriente per riunire un grande esercito. Cesare non riuscì a raggiungerlo e dovette rinunciare all’attacco immediato che aveva pianificato. Cesare cercò di riunire un grande esercito, assicurandsi il controllo delle piazzeforti pompeiane in Spagna. Il pretore e futuro triumviro Marco Emilio Lepido gli fece conferire la carica di dittatore. Fonte 6 → lo storico CAssio Dione sottolinea l’illegittimità dell’iniziativa del pretore, che si sostituiva di fatto ai consoli; ci dice cmq che forse la nomina di Cesare dittatore fu ratificata da un’assemblea popolare. La 1^ dittatura di Cesare ebbe breve durata → deposta nel 48 a.C. quando divenne console. 51 Nel 48 a.C. a Farsalo gli eserciti di Cesare si scontrarono con quelli di Pompeo. Cesare ne uscì vittorioso; Pompeo fuggì in Egitto pensando di contare sugli accordi stretti col padre del re Tolomeo XIII → maa → Pompeo ucciso a tradimento dai dignitari di corte. Giunto in Egitto, Cesare intervenne nella crisi dinastica che si era aperta tra il re Tolomeo e la sorella Cleopatra VII → per punire Tolomeo di aver ordinato l’assassinio di Pompeo, Cesare riconobbe Cleopatra come sovrano legittimo. Scontro con gli Alessandrini; in questo frangente fu anche incendiata la biblioteca di Alessandria. Cesare→relazione con Cleopatra. → ma → la morte di Pompeo non aveva portato alla fine della guerra civile→ forti nuclei di resistenza filopompeiana in Africa e Spagna (relazioni clientelari). Nell’aprile 46 a.C. a Tapso sconfisse le armate degli ottimati; ad agosto del 45 a.C. a Munda (Spagna) sconfisse i figli di Pompeo Magno. Rientrato a Roma Cesare celebrò 4 trionfi; adoperò una soluzione politica favorevole per buona parte dell’opinione pubblica e della classe dirigente. Fece ricorso al perdono, reintegrando nello stato anche persone che avevano preso le armi contro di lui → alcuni avrebbero poi organizzato la congiura. Cesare fu promotore di riforme per dare nuovo vigore allo stato: - numero dei senatori passa da 600 a 900 - concessione della cittadinanza alla Transpadana (49 a.C.) - aumento del numero di magistrati x rendere più efficiente l’organizzazione dello stato, ma anche per garantire l’accesso al senato a numerosi individui, es dell’ordine equestre - il numero dei questori passa da 20 a 40; edili passano da 4 a 6; pretori da 8 a 16. - definì la durata dei governatorati provinciali (1 anno propretori, 2 anni proconsoli) - Ridusse il numero di beneficiari delle frumentazioni - La plebe urbana e rustica fu cmq sostenuta → Cesare realizzò coi bottini di guerra degli ambiziosi progetti edilizi (es. Foro Giulio, stadio nel Campo Marzio…) ciò assicurò lavoro alle maestranze cittadine. - Nuova politica di colonizzazione e di distribuzioni di terre → direzionate a cittadini in difficoltà economica e ai veterani delle sue campagne di conquista. - Cesare nelle funzioni di pontefice massimo attuò una riforma del calendario → calendario giuliano → adottato in tutto l’impero ed esportato anche dalla cristianità. Restò in vigore fino al 1582, quando fu sostituito col calendario gregoriano. 12 mesi, di cui 1 con 28 gg, 4 con 30 e 7 con 31 → anno bisestile a cadenze non prestabilite. Il primo anno bisestile fu il 45 a.C. - Interventi in ambito economico: fece coniare monete d’oro di altissimo valore e fece rappresentare il suo busto sulle monete, sul modello dei sovrani ellenistici. Dopo la vittoria di Farsalo Cesare fu nuovamente nominato dittatore e ottenne altri onori. Nel 46 a.C. ottenne il suo terzo mandato da console. Ad agosto fu riconfermata a Cesare anche la carica di dittatore → aveva durata decennale ma richiedeva rinnovo annuale. Assunse anche la sovrintendenza sui costumi, ruolo dei censori. Nel 52 a.C. fu nominato Console senza collega → nel 44 a.C. fu nominato dittatore perpetuo. Fonte 9 → libro 116 di Livio ci riporta la carica di dittatore perpetuo di Cesare. La dittatura perpetua è attestata anche in alcune legende monetali. 52 Una delle prime iniziative → emanazione di liste di procrizione sul modello sillano → uccisione di 300 senatori e 2000 cavalieri, con confisca dei beni. Ne fu vittima anche Cicerone. Si trattò di una soluzione cruenta attuata per far uscire di scena gli avversari dei triumviri ma anche per incamerare patrimoni necessari per la futura guerra in Oriente, dove si erano trasferiti i Cesaricidi al fine di raccogliere denaro e un forte esercito per lo scontro finale. Ottaviano, figlio adottivo di Cesare, si presentò come l’unico legittimato a compiere la vendetta per il cesaricidio → vendetta necessaria dato che era stato assassinato a tradimento → era un sacrilegio dato che Cesare rivestiva il consolato e il pontificato massimo. Nel gennaio 42 a.C. cesare venne divinizzato → Ottaviano poté quindi definirsi divi filius. La vendetta si attuò a Filippi (Macedonia) nell’ottobre 42 a.C.; la campagna fu condotta da Antonio e Ottaviano mentre Lepido rimase in Italia a presidio delle sedi della politica. Nelle due battaglie di Filippi morirono suicidi sia Bruto che Cassio. Sul campo vinse Antonio, ma il vendicatore di Cesare fu Ottaviano. Antonio e Ottaviano acquisirono le province orientali → spartizione del potere con primo tentativo di estromettere Lepido e trasformare il triumvirato in diarchia. Lepido veniva accusato di aver sostenuto Sesto Pompeo, che aveva accolto i proscritti e costituito una flotta con cui dalla Sicilia bloccava le navi annonarie. Si decise che Ottaviano rientrasse in Italia per occuparsi dell’assegnazione di tere promesse ai soldati come premio per la vittoria. Antonio rimase in Oriente per riorganizzare un territorio che era stato a lungo nelle mani dei cesaricidi. Antonio e Ottaviano si rincontrarono a Brindisi per una ridefinizione dei loro rapporti → mentre Antonio si trovava in Oriente, tra 41 e 40 a.C. era scoppiata in Italia la guerra di Perugia. Il fratello e la moglie di Antonio (Lucio Antonio, console in carica, e Fulvia) contestavano le modalità di reperimento e assegnazione di terre ai veterani da parte di Ottaviano. Lucio e Fulvia erano stati sconfitti; Antonio raggiunse l’Italia per ristabilire le reciproche posizioni col collega. Brindisi, 40 a.C. → il territorio romano viene ripartito nelle due province di Occidente (Ottaviano) e Oriente (Antonio) →confine nella città di Scodra (Albania). L’Africa resta a Lepido. A suggello della spartizione → Antonio sposa Ottavia, sorella di Ottaviano. 39 a.C. → i triumviri si incontrano a Capo Miseno per giungere a un accordo con Sesto Pompeo → volontà di risolvere il problema dell’approvvigionamento annonario dell’Urbe. Concessero a Sesto di controllare Sicilia, Sardegna, Corsica e Peloponneso → ma →vita breve: Antonio non gli consegna il Peloponneso e Ottaviano ottiene Corsica e Sardegna. Ottaviano incontrò molte difficoltà nella conquista della Sicilia → Aveva sposato Scribonia, parente di Sesto Pompeo, per evitare che Antonio giungesse ad accordi separati col figlio del Magno e per poter costituire assieme a Sesto Pompeo un eventuale asse antiantoniano. Il deteriorarsi del rapporto tra Sesto e i triumviri lo porta ad altre soluzioni → ripudia Scribonia e sposa Livia Drusilla, figlia di un esponente di parte repubblicana e già moglie di Tiberio Claudio Nerone, che aveva acconsentito alle seconde nozze della moglie → 55 attraverso questa scelta Tiberio Claudio Nerone mostra il favore suo e della parte repubblicana nei confronti di Ottaviano. 31 dic 38 a.C. Si conclude il primo quinquennio del triumvirato, che fu rinnovato per altri 5 anni a Taranto. 36 a.C. si chiude la partita con Sesto Pompeo → Marco Vipsanio Agrippa, amico di Ottaviano, allestì una flotta e affrontò Sesto Pompeo, sconfiggendolo a Nauloco. Sesto fuggì in Oriente, dove morì per ordine di Antonio. Lepido rivendicò l’acquisizione della Sicilia dato che aveva concorso alla sconfitta delle truppe pompeiane nell’isola → ma → Ottaviano non accettò; colse l’occasione per emarginarlo dal potere. Lepido si ritirò presso il Promontorio del Circeo, ma mantenne fino alla morte la carica di Pontefice Massimo, acquisita dopo l’uccisione di Cesare. Ottaviano rientrò a Roma → conferita la sacrosantitas, prerogativa dei tribuni della plebe che lo rendeva inviolabile. Esigenza di consolidare la sua fama di condottiero militare → campagna contro gli Illiri (35-34 a.C.) sconfitti con l’aiuto di Marco Agrippa. Intanto Antonio aveva avviato una campagna contro i Parti per vendicare Crasso → il suo luogotenente aveva già sconfitto i Parti, ma ciò non aveva portato ad annessioni territoriali né annientato la minaccia. Antonio → fitta rete di alleanze coi sovrani locali → particolare legame con Cleopatra regina d’Egitto (relazione amorosa oltre che politica). Conosciamo l’azione di Antonio grazie alla propaganda di Ottaviano, che presenta l’azione di Antonio in Oriente come tradimento dei costumi romani → ma → in realtà Antonio operò con acume politico, acquisendo costumi orientali al fine di dialogare con le élite e le popolazioni locali. Antonio raccolse un forte esercito e nel 36 a.C. prese avvio la sua spedizione → dall’Armenia raggiunse Fraata, poi si ritirò per le ingenti perdite. Nel 34 a.C. riprese l’iniziativa, conquistò l’Armenia e celebrò il trionfo. Per Ottaviano, Antonio era ormai passato da collega a nemico. Agli occhi dell’opinione pubblica occidentale, Antonio aveva abbandonato il mos maiorum romano → evidente al suo testamento, dove chiese di essere sepolto ad Alessandria e lascia ai figli avuti da Cleopatra dei territori appartenenti a Roma (donazione di Alessandria). Aveva rimandato la moglie Ottavia in Occidente → interpretato come rifiuto della moglie legittima. L’occidente giura fedeltà ad Ottaviano (coniuratio totius Italiae). Fonte 7 → Le Res Gestae Divi Augusti, lunghissima iscrizione fatta incidere da Augusto nel 14 d.C. su lastre bronzee, testimoniano un episodio di grande importanza per la nascita del principato → Coniuratio Totius Italiae, giuramento che permette a Ottaviano di superare il senato e di avere un'investitura plebiscitaria. 2 settembre 31 a.C. → nelle acque di Azio si ebbe lo scontro decisivo (Ottaviano non dichiarò guerra ad Antonio, bensì a Cleopatra → scontro interno travestito da guerra esterna). Vittoria della flotta di Ottaviano grazie all’azione di Marco Vipsanio Agrippa. 56 Antonio e Cleopatra raggiunsero l’Egitto, ma → nel 30 a.C. Alessandria cadde nelle mani di Ottaviano→ i due si tolsero la vita e Cesarione (figlio naturale di Antonio) fu ucciso. Egitto diventa proprietà privata di Ottaviano. CAPITOLO XIII - LA RINASCITA DI ROMA: IL PRINCIPATO AUGUSTEO 1. La restaurazione della Repubblica Dal 27 a.C. Ottaviano fu chiamato Augusto. La sua azione politica si divide in due: - prima di Azio → scontro tra le clientele dell’aristocrazia oligarchica e la clientela interclassista riunita da Ottaviano - dopo Azio → instaurazione del principato. Per superare la crisi fu necessario trasformare l’assetto politico dello stato → nuova modalità di governo. Cambiamento che si attuò in tempi lunghi, mediante sperimentalismo costante. Augusto confezionò un’immagine del nuovo governo come prosecuzione dell’esperienza repubblicana e rivitalizzazione del mos maiorum, cioè del costume degli antenati. Giustificò la sua posizione (tutti i poteri nelle sue mani) attraverso il favore dell’opinione pubblica, che derivava dall’esigenza di una pace stabile dopo decenni di guerre civili, anche a costo della rinuncia alla libertà politica. Accorta azione di propaganda mediante diversi vettori → iconografia, oralità, scrittura letteraria/epigrafica. Nel 28 a.C. Ottaviano abrogò le norme di età triumvirale → poi → 27 a.C. restitutio rei publicae: riconsegnò i poteri eccezionali conferitigli per lo scontro con Antonio. Per decreto del Senato a Ottaviano fu conferito il titolo di Augustus → titolo che sottolinea la magnificenza del su detentore. Già nel 40 a.C. aveva ottenuto il titolo militare di Imperator, che gli riconosceva una potenziale capacità di vincere. Nel 28 a.C. acquisì il titolo di Princeps→ qualificazione per l'uomo più eminente del senato, ma il suo significato si evolsve fino ad indicare un primato generalizzato nella repubblica. Nel 2 a.C. → titolo di Pater Patriae→ indica il ruolo esercitato nella salvezza dello Stato. Fonte 1 → nel 34 libro delle Res Gestae Augusto giustifica il proprio ruolo politico e ricorda i principali onori a lui concessi. 2. I poteri di Augusto Nonostante la restaurazione delle istituzioni repubblicane, Augusto mantenne il consolato deponendolo solo nel 23 a.C. Nel 27 a.C. fu attribuito al principe x 10 anni un esteso comando provinciale (Gallie, Spagne, Siria, Cilicia e Cipro) → ma → divisione delle province in due categorie: - province non pacificate, sede di reparti legionari perché ancora prive di confini sicuri. Ne era proconsole Augusto stesso, che vi esercitava il proprio comando e agiva per mezzo di legati di rango pretorio e da lui stesso nominati. - province pacificate, prive di eserciti alloro interno. Furono affidate alla gestione del Senato, definite “pubbliche del popolo romano”. 57 peculio castrense → il soldato entrava in possesso di stipendio e buonuscita anche se il pater familias era ancora in vita → prima infrazione alla patria potestà. - Istituì i Pretoriani → in origine guardie del corpo. Organizzati in 9 coorti da 1000 soldati: tre stanziate a Roma e sei in Italia. Prestavano servizio per 16 anni e ricevevano uno stipendio triplo rispetto ai legionari. Dovevano garantire la sicurezza dell’imperatore, ma esercitarono anche la loro influenza sulla politica dell’impero. - Ali ausiliarie: fornite da comunità provinciali. Erano usate soprattutto come cavalleria. Al congedo ottenevano la cittadinanza. - Istituì 2 flotte stabili. I marinai non erano cittadini romani ma sudditi delle province. - A Roma: due corpi di polizia abilitati all’uso delle armi nel Pomerio: vigili e urbaniciani. La creazione di questi corpi venne a lungo osteggiata dal senato; timore di uso a fini di spionaggio politico. 5. Gli equestri nell’organigramma statale: la burocrazia imperiale Il ceto equestre aveva largamente contribuito all’affermazione politica di Augusto → ma → necessità di conciliare gli interessi degli equestri con quelli dei provinciali. Gestione delle miniere, cura delle opere pubbliche, esazione delle imposte nelle province imperiali → si passa dal sistema dell’appalto alla gestione diretta da parte di personale stipendiato. ⇒ nasce il primo nucleo di un apparato burocratico (di cui Roma era priva). Augusto reclutò i nuovi funzionari proprio tra gli equestri (ricompensa x lo smantellamento delle società di pubblicani). Nasce anche una carriera equestre → tre successivi livelli di incarichi: 1) Milizie equestri. Periodo di min. 3 anni in cui il cavaliere svolgeva funzioni di ufficiale nell’esercito. Apprendistato militare obbligatorio anche per chi voleva intraprendere una carriera civile. Incarico che garantiva al cavalier una grande esperienza sul campo. 2) Accesso alla carriera burocratica → Procura→ procuratori. Diversi incarichi 3) Prefettura. Il cavaliere si trovava all’apice della carriera e poteva assumere mansioni diverse: prefettura di piccole province, incarico di praefectus classis, prefetto delle coorti dei vigili o delle coorti pretoriane ecc. → Augusto aprì ai cavalieri delle prospettive professionali nuove e prestigiose; inoltre concesse loro anche una legittimazione politica. 6. Gli interventi in favore della plebe Anche la plebe urbana aveva contribuito al successo di Augusto → sostegno della plebe transitò dalla fazione dei popolari alla clientela di Cesare, infine, a quella del figlio adottivo. In cambio del supporto il principe avviò una serie di iniziative → es. beneficenza pubblica. Istituì commissioni senatorie per la sorveglianza degli acquedotti, per la manutenzione delle banchine del Tevere e per la costruzione di edifici pubblici, sia religiosi che civili. I funzionari che se ne occupavano prendevano il nome di “curatori”. Augusto allestì spettacoli gladiatori, feste e giochi pubblici; predispose distribuzioni di doni in denaro e di grano. Le frumentazioni però erano appena sufficienti per il fabbisogno di pane di un uomo e della moglie, quindi tutti erano cmq costretti a lavorare. Augusto attuò un vasto programma di edilizia di pubblica utilità (terme e acquedotti) ma anche volto all’abbellimento di Roma→ finanziato soprattutto coi bottini di guerra. 60 L’opera più rappresentativa fu il Foro di Augusto, inaugurato nel 2 a.C. Fonte 8 → Foro di Augusto. Nel 43 a.C., partendo per la campagna che avrebbe portato alla morte di Bruto e Cassio, Ottaviano promise a Marte l’edificazione di un tempio in caso di vendetta del cesaricidio. Nel 2 a.C. inaugurò il tempio consacrato al dio. Apparato figurativo che rappresenta la trasposizione di un trionfo celebrato da Augusto sul mondo intero → volontà di tramandare la figura del Principe come il più grande conquistatore mai esistito. Roma, fino ad allora città di mattoni, divenne una città di marmo. La città si riempie di statue di Augusto e di iscrizioni che celebravano il principe, soffermandosi sulla sua ascendenza divina da Giulio Cesare e sulla sua fortuna militare. Per la plebe rustica fu avviato un piano di deduzioni coloniarie in Italia e nelle province, di cui beneficiarono anche i veterani → si avviò un processo di urbanizzazione su vasta scala. NB: il principe non divenne oggetto di culto per evitare di essere associato ad esperienze di regalità ellenistica → permetteva solo il culto delle divinità della sua famiglia. ⇒ culto imperiale che si sviluppò ampiamente in Italia e nelle province. 7. La politica a vantaggio dei provinciali I provinciali giovarono di numerosi provvedimenti augustei. Ai governatori delle province vennero assegnati stipendi fissi e molto elevati per evitare estorsioni ai popoli da loro amministrati; Augusto stabilì che i reati di concussione venissero giudicati da un’apposita corte di giustizia da lui presidiata. Nuovo assetto delle imposte: 1) Testatico, tributo pagato dalle persone in età adulta 2) Imposta fondiaria, corrisposta dai proprietari terrieri. Il principe incamerava le tasse provenienti dalle province sottoposte al suo comando; nell’erario dello stato confluivano le imposte delle province del popolo romano. Per agevolare le comunicazioni tra i governatori e Roma fu istituito un servizio di posta detto “cursus publicus”. Si ampliò il sistema di grandi arterie stradali e se ne curò la manutenzione; lungo le strade vennero create locande in cui i corrieri imperiali potessero alloggiare, ma anche stazioni di cambio di carri e cavalli. Province→teatro di una forte spinta all’urbanizzazione→efficace vettore di romanizzazione. 8. La riorganizzazione di Roma e dell’Italia Augusto ricompensò largamente la sua clientela → ma anche → tutela della proprietà dei ceti abbienti, che temevano sovvertimenti sociali. Risarcì coloro a cui erano state sottratte terre in favore dei veterani, restituì gli schiavi fuggitivi ai legittimi padroni. Procedette a una nuova ripartizione amministrativa di Roma e dell’Italia. Confermata la centralità dell’Urbe nell’impero → nonostante le ripetute campagne militari che portavano il principe fuori città, era chiaro che la sede del potere fosse Roma, cui Augusto prestò grande attenzione → dispendiosa politica urbanistica, sollecitudine per ordine pubblico e sicurezza, realizzazione di infrastrutture, riorganizzazione interna. → Roma fu suddivisa a livello amministrativo in 14 distretti (regiones) divisi al loro interno in quartieri (vici). 61 L’Italia fu divisa in 11 regioni al fine di agevolare il censimento e l’esazione fiscale. Fonte 9 → l’organizzazione dell’Italia augustea ci viene tramandata da Plinio il Vecchio. CAPITOLO XIV - IL CONSOLIDAMENTO DEL PRINCIPATO DI AUGUSTO 1. La pace di Augusto Dopo quasi un secolo di guerre civili l’opinione pubblica romana aveva bisogno di pace; le diverse componenti della società erano disposte ad accettare anche un ridimensionamento della libertà politica, in nome della sicurezza e della stabilità interna. Augusto, con un’abile strategia comunicativa, si presentò come il garante dell’ordine ritrovato e riuscì a far accettare la sua posizione di preminenza nello stato. Il tema della “pace ritrovata” fu usato da Augusto nella politica estera, nella gestione del dissenso interno e nell’elaborazione di successioni dinastiche. Nelle Res Gestae Augusto si presenta come colui che seppe garantire la pace. Ma → pace ≠ assenza di guerra → quella di Augusto è una pace garantita dalla guerra. Per l’impero è l’assenza di guerre civili (con concomitante politica espansionistica) a garantire la pace → le campagne di conquista assicurano l’introito di ricchezza e la possibilità di ripartirla tra i diversi stati sociali. → Pace di Augusto (parta victoriis pax) = pace garantita da una fortunata politica estera. Fonte 1 → Augusto pacificatore. Augusto delinea la sua immagine di pacificatore facendo un confronto tra la sua azione e ciò che era avvenuto prima nella storia di Roma. Pace esemplificata dalla chiusura del tempio di Giano, che veniva tenuto aperto in caso di guerra. 1.1 Una pace che nasce dalle vittorie Principato augusteo → notevole spinta espansionistica. - Vittoria su Antonio e Cleopatra → nel 30 a.C. Ottaviano annette l’Egitto, territorio prezioso quanto a posizione strategica e produzione cerealicola - Legioni impegnate nella Spagna nord occidentale dal 27 al 19 a.C. → alle due province di Spagna Citeriore e Ulteriore vennero sostituite le tre nuove province di Tarraconense, Betica e Lusitania. - 25 a.C. → annessione delle Alpi occidentali; 15 a.C. Alpi centrali e orientali. Tra il 14 e il 9 a.C. fu annessa la Pannonia. → conquiste che assicuravano collegamenti con l’Europa settentrionale e con l’area illirica. - 12/7 a.C.: conquista della regione renana della Germania (territori fino al fiume Elba) - 25 a.C. conquista della Galazia Nonostante la molteplicità dei vettori espansionistici, possiamo riscontrare due contesti in cui le legioni non furono un efficace strumento di conquista: 1) Oriente controllato dai Parti Dopo la disfatta di Marco Licinio Crasso a Carre (53 a.C) e agli insuccessi del governatore della Siria e del triumviro Marco Antonio, in età augustea il regno dei Parti era ancora una minaccia concreta che ostacolava sia l’influenza romana nelle regioni orientali, sia il commercio. I Romani avevano più volte pianificato campagne di vendetta → Ventidio Basso, generale di Antonio, si era imposto sul campo e, pur avendo celebrato un trionfo, non ottenne annessioni territoriali né bottino. Augusto invece optò per la soluzione diplomatica. 62 pressioni del ramo claudio, favorevoli all’ascesa di Tiberio, dovettero aver avuto successo sul principe. Agrippa fu esiliato e assassinato nel 14 d.C. → Adozione e conferimento dei poteri fondamentali (potestà tribunizia e potere proconsolare) furono le modalità con cui Augusto preparò la sua successione. Augusto giustificò la politica dinastica in nome della pace → così come Augusto era garanzia di pace nel presente, così lo sarebbero stati i suoi discendenti nel futuro. Fonte 6 → L’Ara Pacis di Augusto: è il documento che più di tutti esemplifica il messaggio augusteo. Altare dedicato alla pace → edificazione varata dal senato nel 13 a.C.; fu poi inaugurato nel 9 a.C. nel quadrante settentrionale del Campo Marzio → area cui il principe volle attribuire grande valore simbolico: vi aveva edificato il suo mausoleo e aveva costruito l’Horologium Augusti, la più grande meridiana mai realizzata. Si tratta quindi di un complesso architettonico unitario, volto alla celebrazione di Augusto e della sua famiglia. L’Ara Pacis è costituita da un recinto perimetrale che racchiude un altare x il sacrificio. I rilievi raffigurano una processione guidata da Augusto Pontefice massimo, seguito da sacerdoti e membri della casa imperiale. Obiettivo: assicurare che la pace garantita da Augusto sarebbe stata assicurata anche dai suoi successori. CAPITOLO XV - LA DINASTIA GIULIO-CLAUDIA 1. Il principato di TIBERIO: un claudio alla guida dell’impero (14-37 d.C) Con Tiberio si apre la dinastia Giulio Claudia → esponenti Giuli (consanguinei di Augusto) e Claudi (che discendevano da sua moglie Livia). Il ruolo delle donne nella famiglia imperiale era quello di dare eredi al principe. Livia non diede figli ad Augusto → viene adottata da Augusto stesso. Tiberio, figlio biologico di Livia, era già stato designato come successore. Adottando la madre di Tiberio, quindi, Augusto ne legittima la successione. Tiberio salì al potere nel 14 d.C. e dovette subito affrontare una serie di minacce al suo primato. Il senato discuteva circa l’opportunità di una successione dinastica del potere, tanto che si pensò anche di far guidare lo stato da un organismo collegiale. A Roma alcuni senatori e cavalieri sostennero Clemente, schiavo di Agrippa Postumo, che assunse l’identità del suo padrone rivitalizzando l’ipotesi di una successione giulia → ma → catturato e ucciso. Continuarono però a verificarsi minacce e congiure ai danni del principe. Le truppe Germaniche premevano per conferire il potere a Germanico, erede futuro indicato da Augusto e figlio adottivo di Tiberio → riuniva in sé il sangue di Giuli e Claudi; il giovane però dichiarò fedeltà a Tiberio (suo padre adottivo) → presto i tumulti cessarono. Nel 19 d.C. però Germanico morì in Oriente, dove era stato inviato dall’imperatore per dirimere delle controversie coi Parti. Nel corso della malattia che lo portò alla morte, Germanico accusò per avvelenamento Gneo Calpurnio Pisone, governatore della Siria. Dopo il decesso di GErmanico si svolse in Senato il processo contro Pisone, che si suicidò per non avere un verdetto. Questi fatti ci sono testimoniati da una serie di documenti epigrafici: - Tabula Hebana. per onorare Germanico il numero delle centurie preposte alla selezione dei candidati per pretura e consolato fu esteso a 15. - Tabula Siarensis. Ricorda gli onori decisi da popolo e senato per la morte di Germanico. Iscrizione mutila rinvenuta negli anni 80 in Spagna. 65 - Senatusconsultum de Cnaeo Pisone Patre. Verbale del processo contro Pisone + sentenza di colpevolezza a suo carico. Tavola bronzea trovata a Siviglia. Dopo la morte di Germanico fu designato Druso Minore (unico figlio dell’imperatore), ma morì nel 23 d.C. → la via della successione sembrò aprirsi a un personaggio esterno, membro del ceto equestre: Lucio Elio Seiano. Nel 27 d.C. Tiberio fissò la sua residenza a Capri e di fatto lasciò Roma alla gestione di Seiano. Seiano aveva consolidato la sua posizione attraverso legami con importanti esponenti della famiglia imperiale → relazione con Livilla, figlia di Druso Maggiore e Antonia e moglie di Druso Minore. → ma → Seiano intendeva eliminare quanti potessero ambire alla successione, in primis la moglie e i figli maggiori di Germanico (esiliati/imprigionati nel 25 d.C.). → ma → 31 d.C. Tiberio decretò la condanna a morte di Seiano. Fonte 1: lo storico ebreo Flavio Giuseppe testimonia l’attività eversiva e la morte di Seiano. In politica estera Tiberio non promosse campagne di conquista. Sul fronte settentrionale inviò Germanico, anche se il confine non venne più riportato lungo il fiume Elba. Il giovane sconfisse sul campo Arminio, ma Tiberio decise per un arretramento del confine lungo la linea del Reno. In Oriente - sempre mediante Germanico - fu artefice di una politica di consolidamento dell’egemonia romana attraverso la strategia dei regni-clienti. Vennero istituite nuove province: la Commagene (attuale Turchia sudorientale) e la Cappadocia (Turchia centrale). Parte della Cilicia (attuale Turchia costiera) fu annessa alla provincia di Siria. La politica interna di Tiberio è stata fortemente criticata da storici e biografi, soprattutto in ragione dell’ipocrisia del principe. Molte fonti lo disegnano cmq come un buon amministratore. Usò con oculatezza le risorse pubbliche, assunse provvedimenti in favore dei debitori. Perseguì inoltre una politica di confronto dialettico col Senato, confronto che tuttavia venne meno negli ultimi anni, dopo la fine di Seiano, quando il principe intensificò la pratica dei processi. Morì di morte naturale nel 37 d.C. 2. CALIGOLA: verso un principato autocratico (37-41 a.C.) Anche la successione di Tiberio fu turbolenta: aveva indicato come eredi il nipote Tiberio Gemello e Gaio, figlio di Germanico e Agrippina, soprannominato Caligola per via delle calzature indossate da bambino quando accompagnava il padre negli accampamenti militari. La discendenza dai Claudi e dai Giuli privilegiava Caligola, che godeva di ampi consensi presso pretoriani, plebe e aristocrazia grazie alla memoria del padre Germanico. → ottenne la porpora pur non essendo stato adottato da Tiberio né aver condiviso con lui la potestà tribunizia e il potere proconsolare. Per la prima volta si registrò l’interferenza dei pretoriani nella successione → individuarono l’erede a loro gradito (Caligola) e lo nominarono imperatore; solo in un secondo momento si ebbe la ratifica senatoria. Il principio dinastico cmq non veniva messo in discussione, dato che il nuovo principe era espressione della famiglia di Augusto. Caligola valorizzò la componente Giulia della famiglia imperiale, riportando a Roma, nel mausoleo di Augusto, le ceneri della madre Agrippina. La gestione del potere da parte di Caligola seguì due orientamenti: 66 1) Inizialmente → politica di concertazione e accordo col senato. Manovre: abolizione dei processi per lesa maestà, perdono di coloro che erano stati esiliati. 2) 38 d.C. → svolta. Caligola fu colpito da una grave malattia e il prefetto del pretorio Macrone predispose la successione di Tiberio Gemello. Questa iniziativa fu interpretata da Caligola come una prevaricazione → designò erede il cognato Lepido. Si avviò quindi una prima lacerazione dei rapporti col senato. Gemello fu eliminato, Macrone e i suoi complici furono indotti al suicidio. Caligola governò sostenuto da popolo e cavalieri, clientele che ricompensò ampiamente. L’ordine dei cavalieri venne rinvigorito con l’immissione di uomini nuovi; dalle liste di cavalieri vennero esclusi personaggi indegni. La storiografia - espressione dell’ala senatoria - ci mostra (strumentalmente) Caligola come uomo instabile → l’accusa di pazzia sarà il più comune aspetto di delegittimazione di imperatori che si fecero promotori di iniziative “ostili” all’ordine senatorio. Fonte 3 → Cassio Dione testimonia la politica munifica di Caligola nei confronti delle classi subalterne, base fondamentale a sostegno del suo potere. 39 d.C. → Caligola sfuggì a una congiura → promotori a lui molto vicini: cognato Lepido, sorelle Agrippina Minore e Livilla → obiettivo: imporre un nuovo successore; la scelta era caduta sul figlio di Agrippina, Lucio Domizio Enobarbo. Cospirazione sventata → congiurati messi a morte; Agrippina e Livilla furono esiliate. Nuova frattura → l’imperatore escluse i suoi familiari dal potere. Caligola promosse campagne militari per ostentare il legame col defunto Germanico → ma → risultati modesti. 39/40 d.C. → campagna per la sottomissione della Britannia, che però non portò ad alcun ampliamento dei confini dell’impero. La spedizione fu cmq celebrata come una grande vittoria → ottenne il trionfo; si presentò come erede di Alessandro Magno. Politica religiosa: si discostò da quella dei predecessori. Il senato gli offrì più volte onori divini che Caligola rifiutò fino al 40 d.C. → poi → accettò l’istituzione di un suo culto celebrato in un tempio sul Palatino e affidato a un collegio sacerdotale. 41 d.C. → Caligola assassinato. Congiura organizzata da un tribuno di corte dei pretoriani, ma vi aderirono anche senatori, cavalieri, liberti ecc. → DAMNATIO MEMORIAE → condanna all’oblio, Caligola decretato nemico di Roma. 3. Claudio: una nuova fase espansiva (41-54 d.C.) Alla morte di Caligola il potere passò nelle mani di Claudio → apparteneva alla famiglia imperiale e aveva sangue sia giulio che claudio. Era sfuggito alle epurazioni compiute da Seiano ai danni della famiglia imperiale solo perché estraneo alla vita politica → accentuata balbuzie che gli impediva l’oratoria; andatura claudicante ostacolava il servizio militare. Era interessato all’ambito storico-letterario → più un intellettuale che un politico. Anche in questo caso furono i pretoriani a caldeggiare la sua salita al potere → discendenza da Augusto, morte prematura degli altri successori possibili, volontà di evitare la salita di un candidato conservatore. Claudio si impegnò per rispondere alle sollecitazioni delle diverse componenti sociali e riuscì a migliorare l’efficienza dello stato. 67 Vindice (governatore della Gallia) si ribellò; stessa cosa Servio Sulpicio Galba (Spagna Tarraconense), Marco Salvio Otone (Lusitania). Il senato dichiarò Nerone nemico pubblico; il principe si tolse la vita il 9 giugno 68. Con la sua scomparsa → fine della dinastia giulio-claudia. Nerone non lasciava eredi → si sperimenta una nuova modalità di successione: il principe poteva essere scelto fuori Roma e al di fuori della dinastia regnante. CAPITOLO XVI - LA GUERRA CIVILE DEL 68-69 d.C. E LA DINASTIA FLAVIA 1. Il cosiddetto “anno dei quattro imperatori” (68-69 d.C.) Sin dall’età augustea il principato si era configurato non come carica tipica dell’ordinamento istituzionale romano, bensì come somma di prerogative magistratuali (potestà tribunizia, potere proconsolare, pontificato massimo), imperniate sull’auctoritas del principe. Nel 68 il problema del potere imperiale si pose in termini nuovi: lo stato romano fu sconvolto da nuove guerre civili. I governatori delle province occidentali negarono obbedienza a Nerone e nominarono imperatore Galba, anziano consolare. Con lui si schierarono eserciti, province e un prefetto del pretorio→il Senato proclamò Nerone nemico pubblico e riconobbeGalba come principe. La scelta del senato fu accettata da tutte le province; va ricordato che in epoca giulio-claudia il senato era stato estromesso dalla scelta del potere (ratifica in seguito alla nomina). Galba adottò Lucio Calpurnio Pisone, designandolo come suo successore → ma → la scelta non fu accettata dai pretoriani, che linciarono Galba e nominarono al suo posto Otone, governatore della Lusitania e membro dell’ordine equestre. Qualche giorno prima le legioni sul Reno erano insorte e avevano nominato imperatore Vitellio, governatore della Germania inferiore e fedele di Nerone. Vitellio scese in Italia coi suoi seguaci → ebbe la meglio su Otone che, sconfitto, si suicidò. Vitellio affrontò presto un altro usurpatore, Vespasiano → proclamato imperatore dalle legioni orientali nel luglio del 69. Il prevalere dei flaviani sui vitelliani si deve alle vittorie riportate nelle battaglie del 69 presso Bedriaco e Saxa Rubra. Vitellio cercò di organizzare una resistenza estrema nella capitale → Flavio Sabino (fratello di Vespasiano) fu ucciso, mentre Domiziano, suo figlio minore, si salvò travestito da sacerdote di Iside. La collina fu data alle fiamme → incendio che distrusse il tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio, colle in cui si erano asserragliati. Nel 69 avviene la completa conquista di Roma da parte dei sostenitori di Vespasiano → Vitellio morì linciato dalla folla nel Foro. Il senato emanò un decreto che riconosceva ufficialmente Vespasiano imperatore. Fonte 2 → Tacito nel “Dialogo sull'oratoria" definisce il 69 d.C. “lungo e insolito anno”. 70 2. Vespasiano (69-79 d.C.): il principe magistrato Alla fine della guerra civile la posizione di Vespasiano fu consolidata da una legge che indicava gli ambiti di competenza dell’imperatore → tramandata da un documento epigrafico inciso su bronzo. Lex de imperio Vespasianii→ testo più importante dell’epigrafia giuridica romana. Ci è giunta l'ultima tavola di questa legge. Ovviamente il testo, pur presentandosi come espressione della volontà popolare, rispecchia la connotazione che Vespasiano stesso voleva dare al suo potere. Vespasiano fu il primo imperatore esterno ai giulio-claudi, quindi dovette legittimare la propria posizione, che esulava da criteri dinastici. Vespasiano non apparteneva all’aristocrazia senatoria → era un “uomo nuovo”, figlio di un pubblicano e proveniente dalla Sabina (da Rieti). → sotto Vespasiano la figura del principe si istituzionalizza → diventa una sorta di magistratura con ruoli e ambiti d’azione definiti. La Lex de imperio Vespasianii è un documento chiave x capire l’evoluzione delle istituzioni in epoca imperiale. Le fonti letterarie però non la menzionano → riprova della necessità di ricostruire la storia sulla base di tutte le fonti disponibili, non solo quelle letterarie. Politica estera: Vespasiano consolidò i territori dello stato romano. 70 d.C. → suo figlio Tito sedò la rivolta giudaica → assedio di Gerusalemme e diaspora ebraica. Nel 71 celebrò assieme al padre il trionfo sui Giudei. Fonte 6 → Arco di Tito, eretto alle pendici del Palatino a memoria della conquista romana della Giudea. Al centro della volta è rappresentata l’apoteosi di Tito. Sotto Vespasiano la Spagna, uno dei territori di più antica romanizzazione, ricevette la cittadinanza di diritto latino (ius Latii); in questo periodo la Spagna si distingueva per il suo dinamismo economico e per la preminenza in ambito letterario, culturale e filosofico (Seneca, Lucano, Marziale e Quintiliano ne erano originari). Vespasiano celebrò il raggiungimento della pace, intesa come fine delle guerre civili e conseguimento di vittorie esterne → nell’area dei Fori fece erigere un nuovo complesso → Tempio della Pace. Serie di interventi edilizi → avvio dell’Anfiteatro flavio o Colosseo. 3. Tito (79-81 d.C.) e Domiziano (81-96 d.C.): i principi fratelli Durante la guerra civile l’ascesa di Vespasiano fu favorita anche dal fatto che aveva due figli maschi, cui si guardava in ottica di successione dinastica → desiderio di stabilità x l’impero. Dal 71 d.C. Tito fu associato al padre → ricevette potere proconsolare, potestà tribunizia, titoli di Augusto e di padre della patria. Alla morte di Vespasiano, nel 79, gli succedette Tito. In quell’anno → eruzione del Vesuvio; catastrofico evento che consentì al principe di mostrare la sua munificenza → elargizioni, edificazione di terme a Roma a lui intitolate, giochi organizzati per l’inaugurazione del Colosseo (80 d.C.) → manovre che gli assicurarono il sostegno degli strati più umili. Fonte 7 → Nuova data per la distruzione di Pompei. Nel 2018 gli archeologi hanno trovato una nuova iscrizione nella “casa del giardino” a Pompei → testo scirtto a carboncino su un muro di un edificio → vi è la data del 16* gg prima delle calende di novembre, cioè 17 ottobre. L’anno non è indicato ma molti studiosi l’hanno ricondtta al 79 d.C. → nel caso 71 significherebbe che l’eruzione non era ancora avvenuta. Solitamente l’eruzione è datata 24 agosto 79 d.C. sulla base di una lettera scritta da Plinio il Giovane a Tacito. A Pompei sono state inoltre trovate tracce di melograni freschi, che maturano in autunno, nonché bacche proprie di quella stagione. 81 d.C. → Tito morì improvvisamente per una febbre. Gli subentrò Domiziano, acclamato dai pretoriani e riconosciuto dal senato. La sua condotta divenne via via sempre più autocratica → si guadagnò l’ostilità dei circoli filosofici stoici, dell’aristocrazia senatoria e della storiografia tradizionale. Il suo operato però non va visto esclusivamente in chiave negativa: garantì allo stato romano una buona amministrazione → interventi in ambito economico; valorizzazione del ceto questre nell’ambito della burocrazia imperiale. Successi alterni in politica estera → sul fronte germanico riportò vittorie sui catti; nell’area basso-danubiana dovette stipulare una pace poco conveniente. Si distinse cmq per un’equilibrata amministrazione provinciale. Negli anni del suo potere ci furono numerose cospirazioni nei suoi confronti, affiancate da rivolte militari. Si sviluppò un clima di terrore, con delazioni e confische → vicende che hanno spesso offuscato gli aspetti positivi nell’ambito della storiografia. Fu uccciso nel 96 d.C. in una congiura di palazzo → il senato, ormai ostile, attribuì a Domiziano la damnatio memoriae. (testimoniata dalle biografie di Svetonio). CAPITOLO XVII - IL PRINCIPATO ADOTTIVO E LA DINASTIA DEGLI ANTONINI 1. Nerva (96-98 d.C.): il principe del senato I cospiratori che avevano provocato la morte di Domiziano favorirono l’ascesa al trono di Nerva, anziano consolare che divenne principe per designazione senaoria. Egli evitò lo scoppio di una nuova guerra civile garantendosi il sostegno delle legioni e cercando di tenere a bada i pretoriani, che volevano punire gli assassini di Domiziano. Per contrastare militarmente i pretoriani Nerva adottò il generale Traiano, appartenente a una famiglia provinciale di rango senatorio→ mediante l’adozione, Nerva attuò il principio della “scelta del migliore”. Venne così a crearsi una dinastia fittizia che, pur riconoscendo Nerva come capostipite, era legata da un vincolo privato di natura giuridica → adozione, non consanguineità. Questa stirpe viene indicata come “dinastia degli Antonini”, anche se a essa appartennero solo gli ultimi esponenti (Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio Vero, Commodo). 2. Traiano (98-17 d.C.): l’ottimo principe Traiano apparteneva alla gens Ulia → origine italica (forse umbra); famiglia da tempo trasferitasi nella Spagna meridionale. Il padre aveva avuto presto accesso al senato. ù Traiano si era distinto per valore militare, per la popolarità presso i soldati e per i successi nel quadrante germanico → la scelta di Nerva fu lungimirante: Traiano univa in sé la stima di diversi gruppi di potere e proveniva da una delle zone più floride dell’impero. Alla morte di Nerva, Traiano si trovava in Germania → fu riconosciuto come imperatore, ma si dedicò dapprima al consolidamento del confine renano → giunse a Roma nel 100, accolto trionfalmente. → Durante una seduta del senato, Plinio il Giovane pronunciò un panegirico 72 Nel 145 Marco Aurelio sposò Faustina minore, figlia di Antonino → legami rinsaldati; posizione di maggior preminenza rispetto a Lucio Vero. 5. Marco Aurelio (161-180 d.C.) e Lucio Vero (161-169 d.C.): i principi colleghi Nel 161 alla morte di Antonino Pio l’impero passò nelle mani di Marco Aurelio, che volle che il senato gli associasse - su un piano di parità - il fratello adottivo Lucio Vero. Prima volta che il principato veniva condiviso da due augusti. Nacque una forma di diarchia (richiamo al “principato doppio” di Augusto e Agrippa). I due si ripartirono gli ambiti di intervento: - 161/166 Lucio Vero si spostò in Oriente e mosse guerra all’impero Partico. I Parti avevano insediato sul trono d’Armenia un membro della propria dinastia, suscitando l’ira dei romani. Le legioni riportarono buoni successi, ma nel frattempo sul fronte danubiano i Quadi e i Marcomanni, popolazioni germaniche, avevano infranto le difese ed erano dilagati nelle province di Pannonia, Rezia e Norico. Lucio Vero fu costretto ad abbandonare l’impresa in Oriente per fronteggiare questo problema. Le popolazioni germaniche attraversarono le Alpi Giulie e passarono anche nell’Italia nord orientale, assediando Aquileia (167). Evento epocale per Roma → evidente debolezza del confine settentrionale e irruzione di popoli germanici richiamava la paura del nemico collegata al sacco di Roma del 390 a.C. → ma → la calata di Quadi e Marcomanni ebbe conseguenze nefaste; portarono con sé una terribile epidemia nota come peste antonina, che decimò la popolazione. Nel 169 morì anche Lucio Vero. - Marco Aurelio, rimasto solo, riuscì a cacciare le tribù germaniche; le vittorie dell’imperatore vennero immortalate nei fregi di una nuova colonna istoriata, la Colonna Antonina, eretta in Campo Marzio. Nella politica interna Marco Aurelio seguì i precetti dello Stoicismo (definito spesso “imperatore filosofo”); i suoi Ricordi sono una delle opere letterarie di un principe romano a noi giunte → qui espose i suoi dubbi ma anche una solida concezione del dovere e dei principi di uguaglianza e libertà. Fu eclettico nel campo della religione → la credenza in un principio razionale di matrici storiche fu affiancata paradossalmente dalla fede per maghi e indovini. Fonte 5 → Statua equestre di Marco Aurelio, conservata nei musei capitolini di Roma. Principe raffigurato col braccio alzato, a simboleggiare clemenza. Principe raffigurato senza armi né armature, nonostante le guerre svolte durante il suo principato → volontà di essere rappresentato come portatore di pace. Ultimi anni di regno di Marco Aurelio → uno dei primi casi documentati di persecuzione locale contro i cristiani→ a Lione furono linciati decine di credenti, tra cui il vescovo. Fonte 6 → lo scrittore cristiano Eusebio di Cesarea, che visse tra III e IV sec d.C. riporta la descrizione delle persecuzioni cristiane del 177 d.C. Marco Aurelio si associò nell’ultima fase il figlio Lucio Aurelio Commodo → principio dinastico torna a prevalere su quello meritocratico. Marco Aurelio morì nel 180. 75 6. Commodo (180-192 d.C.): il principe “gladiatore” Il nuovo principe stipulò un trattato di pace con le popolazioni germaniche → questo vanificava gli sforzi compiuti da Marco Aurelio sul fronte settentrionale. Le aree precedentemente conquistate a nord del Danubio furono abbandonate; il confine venne consolidato sfruttando il corso naturale del fiume. La condotta di Commodo divenne ben presto invisa al senato di Roma → Commodo si disinteressò all’amministrazione della città e favorì di fatto l’ascesa di personaggi cruenti e dispotici. Furono anni di crescente corruzione dei costumi e della politica, ma anche di negligenza. Il consenso della plebe urbana venne garantito dall’incremento di spettacoli e giochi circensi, cui partecipava il principe in prima persona. Il senato cerca di censurare la svolta autocratica di Commodo → culmine = volontà di farsi considerare una divinità vivente, detta Ercole Romano. Durante il suo principato vi furono varie congiure di palazzo. L’ultima fu ordita daMarcia, cugina dell’imperatore, che lo avvelenò e lo fece strangolare. Il suo cadavere fu abbandonato fuori dalle mura di Roma, e il senato emise il provvedimento della Damnatio Memoriae, che già aveva colpito gli ultimi esponenti delle altre dinastie (Nerone per i Giulio Claudi e Domiziano per i Flavi). CAPITOLO XVIII - ECONOMIA, SOCIETA’ ED ESERCITO NELL’ALTO IMPERO 1. Lo sviluppo economico nei diversi settori produttivi Nel periodo compreso tra I e II sec d.C. si ebbe una grande fioritura della vita economica in tutte le zone dell’impero. L’economia romana continuava a reggersi su una vocazione prevalentemente agricola, retta dal lavoro schiavile → ma → si svilupparono anche altri settori produttivi. Infatti → incremento della produzione di manufatti e commercio a largo raggio → circolazione dei beni su larga scala. Il progresso era reso evidente dall’aumento della presenza umana sulla terra → l’uomo aveva addomesticato il paesaggio per le sue esigenze. I secoli del principato furono caratterizzati da una sostanziale pace civile e questo accrebbe il mito della pax romana. Le condizioni favorevoli garantite dall’ordine interno consentirono anche il perfezionamento del sistema viario romano, sempre più capillare ed efficace. Tra i diversi settori economici, l’agricoltura continuò a svolgere un ruolo di spicco → in molte zone furono messe a coltura terre precedentemente boschive, dando vita a veri episodi di deforestazione. Furono inoltre introdotti metodi di coltivazione più redditizi e si diffusero proprietà fondiare di dimensioni medio-grandi → le grandi aziende agricole integravano l’impiego della manodopera schiavile, con ricorso al lavoro stagionale di contadini liberi. I contadini di stato libero subirono un graduale deterioramento delle condizioni di vita a partire dal I sec d.C. → si affermò il colonato, sistema che divenne prevalente nelle grandi proprietà fondiarie imperiali e che prevedeva la stipula di contratti tra proprietari terrieri e lavoratori liberi. Il fittavolo riceveva in affitto una piccola parte della proprietà, la coltivava e versava al proprietario una parte di denaro o di raccolto. Dall’età di Augusto iniziò ad espandersi l’industria mineraria → furono sfruttati nuovi giacimenti di materie prime; sotto Nerone vennero scoperti grandi giacimenti d’oro in Dalmazia. In tutto il bacino del mediterraneo si diffuse l’estrazione della pietra e dei marmi 76 colorati; tra questi ebbe molta importanza il porfido, chiamata “pietra degli imperatori” perché era color porpora. Le miniere di metalli erano gestite direttamente dall’amministrazione statale; per la gestione veniva impiegata manodopera schiavile, con condizioni di lavoro disumane. Durante il principato fiorì anche la produzione artigianale → ciò dipese da un aumento della domanda conseguente alla crescita demografica e alla fondazione di nuove città. Anche le esigenze dell’esercito divennero più regolari → necessità di produzioni seriali di buon livello, eseguite in grandi officine dove lavoravano operai specializzati. I manufatti erano perlopiù realizzati in materiali deperibili, che non si sono conservati fino ai giorni nostri. Si sono invece conservati i reperti fittili, ovvero in terracotta → produzione realizzata in serie e commercializzata in tutto l’impero, come confermano numerosi ritrovamenti archeologici. Un esempio è dato dalle lucerne di terracotta, necessarie per l’illuminazione domestica → conobbero una grande diffusione, erano spesso decorate con disegni a rilievo. Negli anni del principato è largamente attestata anche la ceramica da mensa a vernice rossa, cioè la terra sigillata → prodotta dapprima in Etruria, poi imitata in varie province. La terra sigillata rappresenta uno status symbol delle borghesie provinciali e municipali, desiderose di mostrare la propria romanizzazione. I manufatti ceramici circolavano anche in virtù del loro contenuto → es anfore. Quindi → tra I e II sec d.C. → grande espansione del commercio di breve e lungo raggio, con conseguente diffusione in tutto l’impero di un’economia monetaria, basata sul denario. L’intensità degli scambi è testimoniata anche dalla diffusione delle compagnie di navigazione per traffici marittimi e fluviali → si occupavano dell’approvvigionamento alimentare degli eserciti e dei grandi centri urbani, es. Roma. → si consolidarono le premesse per un sistema economico nuovo, con una serie di condizioni paleo-capitalistiche. Non si realizzò però la spinta a una vera e propria rivoluzione industriale → motivi ideologici: le autorità preferirono evitare la diffusione di innovazioni tecnologiche per mantenere il controllo delle masse lavoratrici. Fonte 2 → Svetonio attesta che Vespasiano proibì l’uso di nuovi macchinari al fine di impedire un calo occupazionale che avrebbe generato malcontento nella plebe. 2. L’intervento dello stato nell'economia: gli alimenta Nel I sec d.C. gli imperatori adottarono un atteggiamento liberista → evitarono di intervenire nei processi produttivi. Le varie zone dell’impero facevano parte di un unico sistema economico più o meno in equilibrio. → ma → lo sviluppo delle colture specializzate in ambito provinciale iniziò a contrastare il primato di Roma e della Penisola in campo economico, determinando un crollo delle importazioni dall’Italia. A fronte di questi squilibri, le autorità imperiali attuarono una politica dirigista → es. Domiziano ordinò la distruzione di buona parte dei vigneti provinciali. In epoca antonina Traiano elaborò un sofisticato piano di riequilibrio economico → progetto incentrato sulla rivalutazione del suolo italico e sulla parallela diminuzione della 77 Vi erano inoltre i seviri augustali, addetti al culto imperiale. Troviamo poi collegi di natura professionale, che riunivano coloro che esercitavano lo stesso mestiere. Vi erano poi i collegi cultuali e funeratici→ scopo era di fornire degna sepoltura. La città intera sceglieva poi i patroni urbici → personaggi di rango senatorio o equestre che si dovevano impegnare a sostenere gli interessi della comunità presso il governo centrale. Il bilancio economico delle città era modesto → no introiti di casse locali. Le comunità traevano perlopiù beneficio da prestazioni e contribuzioni volontarie devolute da cittadini privati e magistrati al fine di costruire edifici pubblici, finanziare svaghi ecc. Elemento chiave nel funzionamento della città → evergetismo→ libera offerta di prestazioni materiali da parte di singoli a favore della propria comunità. 4. La struttura sociale Nel complesso durante il principato la struttura sociale romana rimase invariata → troviamo però alcune innovazioni. Alla piramide sociale fu sovrapposta la figura dell’imperatore, dal quale dipendevano per designazione tutte le cariche senatorie ed equestri. Fonte 8 → Piramide di Alfoldy. Géza Alfoldy è stato uno dei maggiori studiosi di storia romana; ha individuato nella società imperiale una struttura piramidale con al vertice il principe e la sua famiglia (domus). Durante il principato si riscontra anche un’integrazione progressiva dei provinciali nella compagine statale → la popolazione delle province fu integrata mediante: introduzione di un'amministrazione unitaria, costruzione di una efficace rete viaria, impiego nel servizio militare, accelerazione del processo di urbanizzazione e concessione della cittadinanza. Dal II sec d.C. si impose una bipartizione del corpo sociale: - Honestiores, membri delle classi dirigenti - Humiliores, membri dei ceti subalterni. L’appartenenza agli ordini sociali era sostanzialmente ereditaria. L'ordine senatorio conobbe un grande ricambio → da Vespasiano in poi gli uomini nuovi, figli di cavalieri benemeriti, costituirono la maggioranza di membri del senato. Si diffuse sempre di più la pratica del suffettato → consiste nel far subentrare ai consoli ordinari una o più coppie di consoli sostituiti→ si ebbero fino a 10/12 consoli in un anno. Questa prassi ci mostra come le magistrature fossero ormai svuotate di ogni valenza politica→ usate solo in quanto indicatrici del raggiungimento di un certo prestigio sociale. Censo minimo per accedere all’ordine senatorio→ 1 milione di sesterzi. le proprietà agrarie restano cmq la principale fonte di guadagno dei senatori. L’appartenenza al ceto equestre era invece volontaria, non ereditaria. Il censo minimo era di 400.000 sesterzi. Molti cavalieri si dedicavano ad attività professionali private, es commercio, artigianato e sfruttamento delle proprietà terriere. Molti cavalieri si impegnavano nell’ufficialità dell’esercito o ricoprivano mansioni burocratiche al servizio dello stato → 80 stipendio elevato. I cavalieri più ambiziosi coronavano la propria carriera civile o militare raggiungendo una (o più) delle 5 prefetture equestri (annona, vigili, pretorio, flotta, Egitto). I liberti furono i veri protagonisti della mobilità sociale del II secolo d.C. All'inizio essi erano praticamente esclusi dalla società, dato che nella concezione romana gli schiavi erano oggetti di proprietà Dopo l’emancipazione svolsero ruoli di responsabilità alle dipendenze degli ex-padroni, oppure si dedicavano all’ambito imprenditoriale/commerciale. Esemplificativo è il caso di Trimalchione. In particolare i liberti della casa imperiale avevano un ruolo di preminenza → insieme agli schiavi del principe costituivano la “familia caesaris”. I liberti della casa imperiale furono talvolta chiamati a ricoprire incarichi di spicco nell’amministrazione centrale dell’impero. La presenza dei liberti fu cospicua anche negli ambiti italici e provinciali. Questo ceto in ascesa era caratterizzato dall’autorappresentazione: i liberti si dedicarono alla costruzione di opere private e pubbliche la cui componente decorativa/epigrafica legittimava la loro posizione all’interno della comunità cittadina o locale. Schiavitù→ col progredire dell’età imperiale subisce una contrazioe numerica. Diminuzione di annessioni territoriali = diminuzione di approvvigionamento di schiavi. la sciavitù continuò quindi a perpetuarsi solo per riproduzione entro le famiglie servili. A questa contrazione contribuì anche la diffusione di idee filosofiche o religiose antischiavistiche → progressiva diffusione delle emancipazioni. In campagna questo portò alla graduale scomparsa del sistema delle ville schiavistiche. 5. L’esercito Nei primi due secoli dell’impero l’esercito mantenne un ruolo di centralità → garantire la sicurezza sui confini e l’ordine pubblico nei territori imperiali. Continuò anche a essere un fattore di mobilità sociale dato che la carriera militare consentiva possibilità di ascesa. L’esercito fu anche un importante fattore di romanizzazione delle aree periferiche → la dislocazione delle legioni prevedeva che per anni le truppe romane risiedessero nelle province. La struttura dell’esercito restò di fatto quella fissata da Augusto, se non per l’aumento di effettivi. Nei primi secoli dell’età imperiale l'espansionismo non fu molto ingente; i problemi iniziarono nella tarda età antonina con l’infiltrazione di Quadi e Marcomanni, che mise in luce l’inadeguatezza del sistema difensivo romano. Tra I e II sec d.C. → innovazioni. - Sedentarizzazione dell’esercito. Gli accampamenti iniziano a diventare stabili. Con Claudio le basi romane sul Reno vennero costruite non più in legno bensì in pietra, monumentalizzate. L’accampamento romano era una struttura ortogonale corredata da una serie di servizi, es. ospedale, terme, anfiteatro. La rinuncia all’espansione portò all’adozione di due modalità difensive: - Controllo diretto→modalità adottata lungo i confini occidentali dell’impero, che divennero stabili. Ciò comportò la creazione di opere fisse di difesa, es. Vallo di Adriano in britannia, lungo 120 km → segnava il confine tra il territorio romano e quello dei Caledoni, abitanti dell’odierna Scozia. 81 Lungo il Reno e il Danubio troviamo il sistema del limes (confine fortificato) che aveva lo scopo di assicurare l’esazione di dazi e imposte - Controllo indiretto → adottato lungo il confine orientale; prevedeva il rafforzamento di un’area centrale ampiamente militarizzata. Nell’età del principato → tendenza al reclutamento locale. I legionari erano di norma cittadini romani, mentre le truppe ausiliarie venivano arruolate tra i provinciali → ma → dal I sec d.C. i legionari iniziarono ad essere reclutati anche nelle province di più antica romanizzazione, es. Spagna, Gallia Narbonense e Asia minore. Fonte 11 → diploma militare. veniva consegnato a ogni soldato di ordine provinciale che aveva concluso con onore il servizio militare. Attestato ufficiale inciso su due sottili lastre di bronzo; la formula prevedeva la cittadinanza (estesa ai figli naturali). L’esercito si affermò come strumento di scelta dell’imperatore nei momenti di crisi → i primi ad affermare il loro potere furono i pretoriani. CAPITOLO XIX - TRA EQUILIBRIO E CRISI: LA DINASTIA DEI SEVERI 1. Una nuova guerra civile (193-197 d.C.) Dopo l’uccisione di Commodo il potere imperiale venne gestito per un periodo dall’ordine senatorio. La scelta dei senatori ricadde poi su un anziano consolare, Publio Elvio PERTINACE, ma il suo governo, iniziato nel 193, durò solo tre mesi → i pretoriani, scontenti della designazione, lo uccisero e misero all’asta il soglio imperiale. Il potere venne assegnato al ricchissimo senatore DIDIO GIULIANO→ ma → le legioni stanziate in varie parti dell’impero acclamarono contemporaneamente tre usurpatori: CLODIO ALBINO (Britannia), SETTIMIO SEVERO (Pannonia), PESCENNIO NIGRO (Siria). Ebbe così inizio una nuova guerra civile che durò per quattro anni. Settimio Severo, forte del sostegno dei soldati danubiani, scese verso Roma e riuscì a sbarazzarsi di Didio Giuliano. Nel 194 Severo sconfisse in Oriente anche Pescennio Nigro, che aveva cercato di rafforzare la sua posizione alleandosi col regno partico. Successivamente → Clodio Albino sbarca in Gallia: Severo e Clodio Albino si scontrarono nel 197 d.C. a Lione→ sanguinosa battaglia che vide fronteggiarsi migliaia di romani. 2. La monarchia militare dei Severi (193-235 d.C.) 2.1 Settimio Severo (193-211): l’imperatore africano Acclamato al soglio imperiale nel 193 d.C. Settimio Severo era originario di Leptis Magna, Non vantava alcuna ascendenza italica → proveniva da una famiglia equestre di origine africana che aveva raggiunto il rango senatorio solo all’epoca di Marco Aurelio; anche per questo motivo Severo sentì il bisogno di legittimare la sua posizione → ricorse a un espediente e asserì di essere stato adottato da Marco Aurelio → si proclamò così come suo figlio e come fratello di Commodo, la cui memoria fu riabilitata. Fonte 1 → Cassio Dione ci racconta le circostanze dell'auto-adozione postuma di Severo. Le origini di Severo vennero occultate; egli inoltre si legò alla dinastia precedente. Associò al potere i suoi due figli: 82 lunghi periodi di pace. ora però i Parti si erano indeboliti a causa di conflitti interni. Nel 224 la dinastia degli Arsacidi fu sconfitta da quella dei Sassanidi → fondarono un nuovo impero persiano; l’iniziatore fu Ardashir I (Artaserse I) → egli si prefisse come obiettivo uno sbocco sul Mediterraneo e attaccò i Romani sul confine orientale. Alessandro Severo riuscì ad arginare l’aggressione. → ma → pericolo sul fronte settentrionale: popolazioni germaniche varcano il limes, dilagando nella Gallia e nell’Illirico. L’imperatore rientrò quindi in occidente → ma →morì nel 235 per un’insurrezione delle truppe a Magonza. 3. La cosiddetta crisi del III secolo d.C.: ipotesi a confronto Il III sec d.C. rappresenta tradizionalmente il secolo del “collasso”, verificatosi soprattutto a livello economico. Numerose fonti attestano penuria di generi alimentari, diffusione di carestie e pestilenze, crescita diffusa dei prezzi. Aumentarono le incursioni e i tentativi di invasione da parte di popolazioni esterne. Ipotesi della critica storiografica per motivare questa crisi: 1) Debolezza dovuta a motivi etico-religiosi: il diffondersi del cristianesimo, il crollo dei valori tradizionali e l’affermarsi di dottrine soteriologiche “allentarono” lo spirito di servizio dei romani verso lo stato. Tale tendenza fu probabilmente incentivata anche da diffusione di religioni misteriche (es. dionisismo, culti di Cibele, Iside e Serapide) 2) Conflitto tra la borghesia urbana e le masse popolari rurali, alleate con l’esercito. Questo conflitto si risolse nella crisi delle città e nella loro decadenza 3) Storici di scuola marxista → crisi legata al crollo dell’economia servile, verificatosi a seguito della cessazione dell’espansionismo(→no afflusso di grandi masse di schiavi) In realtà è inesatto individuare una sola causa. Le più recenti interpretazioni storiografiche tendono a collocare i primi segnali della crisi già nel periodo di Marco Aurelio, si pensi alla peste antonina portata in Occidente dagli eserciti di Lucio Vero. Anche le invasioni di Quadi e Marcomanni ebbero gravi ripercussioni sull’impero. Per contrastare il pericolo alle frontiere vennero rafforzati i presidi militari → tendenza che aumentò coi Severi, i quali moltiplicarono gli effettivi dell’esercito e lo stipendio die militari. Ciò provocò ovviamente un’impennata delle spese militari all’interno del bilancio dello stato. Anche la ripresa della politica edilizia a Roma e nelle province causò nuove ingenti uscite per le casse pubbliche. I Severi cercarono di supplire a tali necessità finanziarie in diversi modi: - Confische nei confronti di chi si era schierato contro di loro nella guerra civile dle 193 - Bottini ingenti a seguito delle campagne partiche Ma → le risorse incamerate non bastarono, quindi ricorsero a nuovi espedienti: - Svalutazione del denario. Il tradizionale sistema monetario romano prevedeva che il valore nominale della moneta d’argento corrispondesse al suo contenuto di metallo prezioso → ma → già a partire da Nerone molti imperatori ridussero il titolo, spesso impercettibilmente. Settimio Severo - anche per l’esaurimento di alcune miniere - ridusse del 50% il contenuto di argento nel denario. Questa mossa ebbe successo in un primo momento, ma ben presto risultò controproducente: i prezzi iniziarono ad aumentare e le monete migliori venivano messe da parte e sparivano dai mercati. 85 - Caracalla coniò una nuova moneta, detta Antoniniano, di poco più pesante del denario ma che ufficialmente valeva il doppio. La nuova moneta andò sostituendo il denario. - Aumento delle imposte gravanti sui cittadini romani → es. Constitutio antoniniana come manovra fiscale. - Necessità di sopperire alle esigenze dell’esercito → il governo imperiale procedette a requizioni di prodotti alimentari, materie prime ecc. Nel campo privato si registrò una grande carenza di manodopera → determinata dalla crisi demografica da epidemie, carestie, guerre e aumento del reclutamento militare. A ciò si aggiunga la progressiva scomparsa della schiavitù, che aveva ino ad allora costituito la principale forza lavoro. (Scomparsa della schiavitù → esaurirsi dell’espansionismo romano; aumento delle manomissioni anche per effetto della diffusione del cristianesimo). Un concorso di cause interne ed esterne portò alla percezione diffusa di una grave crisi, che risparmiò solo alcuni settori dell’impero, es. provincia d’Africa che visse un periodo florido. CAPITOLO XX - IL CINQUANTENNIO DELL’ANARCHIAMILITARE Alla morte di Alessandro Severo, ultimo esponente dei Severi, l’instabilità politica si fece più forte → ebbe inizio un periodo di circa 50 anni (dal 235 al 284) che viene definito come periodo di “anarchia militare”. In questa fase si succedettero circa 25 imperatori (“signori della guerra”) → di norma acclamati in contesti di conflitto civile, restarono al potere per poco tempo e vennero assassinati da altri pretendenti. Le stesse fonti stentano a ricostruire l'esatta successione degli imperatori → ma → si possono individuare alcuni gruppi che rispecchiano diversi orientamenti politici Nel III sec d.C. la politica di Roma verso i barbari fu duplice: oscillò tra l’accoglienza (patrocinata dai senatori per l’insediamento di gruppi allogeni in terre disabitate dell’impero) e il rifiuto sostenuto dai militari e da membri del ceto equestre. Questa disparità di vedute produsse un’accentuata opposizione tra i diversi membri dell’apparato militare e i detentori di incarichi civili. 1. Gruppi di potere in lotta per il comando dello stato: l’alternanza tra imperatori cavalieri e imperatori senatori (235-253 d.C.) I soldati renani, che avevano spodestato e ucciso Alessandro Severo, acclamarono nel 235 MASSIMINO IL TRACE→ secondo le fonti era mixobarbaros, di etnia semi barbarica e figlio di pastori. Era la prima volta che un uomo di così basso rango diventava imperatore. A riprova della sua vocazione militare, Massimino il Trace procedette a una serie di offensive belliche con cui sconfisse gli Alemanni in Germania e i Sarmati nell’area balcanica. Ciò portò però a un aumento delle spese militari nel bilancio dello stato → si cercò di tamponare con un incremento della pressione fiscale, che generò l’immediato malcontento della popolazione, soprattutto di quei senatori che possedevano latifondi in aree geografiche lontane → contro Massimino il Trace insorse la provincia proconsolare d’Africa, seguita poi dalle regioni più ricche dell’impero. 86 Il conflitto portò vari sovrani a contendere il potere a Massimino. Quest’ultimo fu dichiarato nemico pubblico → scese con le sue truppe verso l’Italia per reprimere la rivolta ma fu ucciso nel 238 ad Aquileia dai suoi stessi soldati. A lui succedette il giovane GORDIANO III che, ancora minorenne, fu guidato dal suocero Timesiteo. Fu artefice di una politica di equilibrio tra gli interessi del senato e dell’esercito. I Romani riportarono un successo sui Carpi, ma sul fronte Orientale il nuovo sovrano sassanide Shapur I (Sapore I) inflisse una severa sconfitta all’esercito di Gordiano III, che morì per le numerose ferite riportate nella battaglia di Misiche, nel 244 d.C. L’esercito acclamò il prefetto del pretorio Marco Giulio FILIPPO, detto L’ARABO poiché nativo della provincia d’Arabia. Egli dovette accettare una resa disonorevole coi persiani, cui i romani dovettero pagare un ingente tributo. Fonte 1 → l’episodio del tributo imposto dai Persiani è narrato da una fonte epigrafica, le Res gestae divi Saporis, iscrizione trilingue in persiano, partico e greco. Si tratta di un testo celebrativo di parte avversa composto attorno al 260 d.C. Nel 248 fu celebrato il millenario della fondazione dell’impero → 1000 anni dal Natale di Roma, che Varrone fa risalire al 21 aprile 753 a.C. Secondo le fonti l’imperatore avrebbe personalmente aderito al cristianesimo → primo imperatore cristiano. Ma → a livello ufficiale continuò a celebrare i culti pagani e a ricoprire magistrature tradizionali come il pontificato massimo. Nel 249 Filippo l’Arabo fu spodestato dal senatore DECIO, acclamato imperatore dale legioni danubiane. Godeva di un’ampia base di consenso. Nel 250 per rafforzare l’omologazione dei sudditi, Decio emanò un editto che li obbligava a dichiarare la propria adesione a paganesimo, religione ufficiale dello stato romano. Provvedimento concepito come manovra a favore dei culti tradizionali → ma → si configurava di fatto come la prima persecuzione di stato attuata contro i Cristiani. L’editto prevedeva che tutti i cittadini si recassero a compiere in un determinato giorno i sacrifici pubblici: chi adempiva riceveva un certificato (libellus). Molti cristiani preferirono morire, divenendo così martiri della propria fede; altri - per paura o convenienza - si attennero alle prescrizioni imperiali. Quando poi la persecuzione si esaurì, i cristiani si posero il problema dei lapsi, coloro che avevano abiurato → si decise che essi, dopo penitenza pubblica, potevano essere riammessi nella comunità cristiana. Decio non riuscì a risolvere i problemi alle frontiere: fronteggiò i Goti, ma rimase ucciso nella clamorosa sconfitta romana del 251 d.C. ad Arbitto, nella Mesia inferiore. → Prima volta che un imperatore romano moriva in battaglia contro i barbari. Dopo di lui → TREBONIANO GALLO ed EMILIANO, si avvicendarono uno dopo l’altro nel giro di un biennio. Provenivano entrambi dalla Mesia inferiore. 253 d.C. → fu acclamato imperatore il senatore VALERIANO, che riuscì a restare al potere per più anni. 2. Il ritorno del principio dinastico tra incursioni e separatismi (253-268) Durante il regno di Valeriano → intensificazione ulteriore dei problemi alle frontiere. 87 4. La trasformazione della struttura sociale A seguito della crisi del III secolo la società romana andò incontro a mutamenti radicali . I ceti superiori, gli Honestiores, si differenziarono ulteriormente al loro interno. I ceti subalterni, gli Humiliores, registrarono invece un appiattimento della loro condizione. La disgregazione del tradizionale ordinamento sociale fu contraddittoria: la parte più elevata si differenziò ancora, mentre le classi inferiori divennero sempre più omogenee. 4.1 Gli honestiores 1) Al vertice della società resta l’ordine senatorio, i cui membri sono chiamati dalle fonti “uomini illustrissimi”. Nel senato aumentano i provinciali a scapito degli Italici. Durante il III sec notiamo tuttavia una progressiva estromissione del ceto senatorio dalla vita politica attiva → crebbe l’importanza della burocrazia equestre e del gabinetto imperiale; inoltre i principali incarichi amministrativi e i comandi militari transitarono dai senatori ai cavalieri. I senatori infatti non possedevano più un’adeguata pratica nel campo delle armi → la soluzione fu affidare il comando dell’esercito al ceto equestre, che godeva di maggior esperienza in ambito bellico. 2) L’ordine equestre seguiva al rango senatorio per ricchezza e prestigio. Gli equestri furono i veri protagonisti del III sec d.C. → strato sociale più attivo e col maggior potere sia in ambito militare che politico. Divennero il sostegno più importante dello stato → molti imperatori provenivano ormai dal ceto equestre: vedi periodo degli imperatori illirici → i legionari acclamavano come imperatori i propri comandanti. Il ceto equestre ebbe un ruolo chiave anche nell’ambito degli incarichi amministrativi: crebbe la necessità di personale specializzato di rango equestre. La classe dei cavalieri divenne quindi un ceto di funzionari statali, stipendiati nella burocrazia e nell’esercito. Nel III sec. l’ordine equestre si differenziò al suo interno. Partendo dal vertice: - Uomini eminentissimi (principali prefetture dei cavalieri, soprattutto del pretorio) - Uomini perfettissimi (titolari di procuratele e ufficiali dell’esercito) - Uomini eccellenti (cavalieri non stipendiati dallo stato, ma impegnati in commercio, industria e artigianato. Vissero un periodo di crisi, oppressi da imposizioni fiscali) 3) Decurioni, ceti dirigenti delle città dell'impero. A esso appartenevano i medi proprietari terrieri, i ricchi artigiani e commercianti dei contesti municipali e commerciali. Furono tra i soggetti più penalizzati dalla recessione, dato che attingevano ricchezze da settori ormai in crisi. Il lavoro dei decurioni era normato dallo stato. Dovevano occuparsi di: approvvigionamento di generi alimentari e acqua potabile per le città, restauro delle strade, riscaldamento delle terme, organizzazione dei giochi pubblici, avvocatura. Queste prestazioni erano un tempo ricoperte per libera scelta → ma → iniziano ad evitarle, quindi lo stato decise di rendere ereditario il rango di decurione. Scomparvero quasi del tutto i ricchi liberti imperiali, ceto precedentemente in ascesa: furono i più esposti nel periodo di recessione economica. 4) Esercito, ruolo chiave nel III secolo. Non solo comandanti, ufficiali e centurioni, ma anche soldati semplici. Essi costituirono un gruppo sociale omogeneo dotato di influenza politica, prestigio e privilegi. Avevano anche una posizione economica favorevole → erano stipendiati dallo stato e, sin dai tempi di Augusto, ricevevano 90 una paga annua e una buonuscita in denaro al termine del servizio di leva. Al momento del congedo i veterani ricevevano anche un appezzamento di terra. Nel III sec l’esercito fu impegnato sua sulle frontiere, sia nei conflitti interni per la corsa alla carica di imperatore → infatti → le legioni erano ormai la forza decisiva nella scelta del sovrano. L’instabilità diffusa portò poi alla necessità di rafforzare i reparti di cavalleria → creazione di vessillazioni, cioè reparti mobili volti all’intercettazione delle incursioni di popolazioni esterne. 4.2 Gli Humiliores Le principali vittime della crisi del III sec furono le masse lavoratrici di città e campagne, oberate dal peso fiscale e dall’aumento dei prezzi dovuto all’inflazione. Nel corso del secolo però caddero alcune discriminazioni sociali. - 212 editto di Caracalla che concesse la cittadinanza a tutti gli abitanti dell’impero - netta diminuzione della schiavitù → ma → iniziò a diffondersi la pratica del colonato, che si basava sullo sfruttamento dei contadini di stato libero (coloni) vincolati alla terra da contratti vessatori. Si diffusero inoltre gruppi di banditi che mettevano a repentaglio la sicurezza pubblica. In conclusione → nel III sec la mobilità sociale interna continuò ad esistere, ma fu più settoriale. Nel periodo dell’anarchia militare le opportunità di avanzamento si concentrarono soprattutto nell’esercito e nella burocrazia imperiale. Al contempo aumentano i vettori di declassamento → a causa di guerre, recessione economica, incursioni e repressione di rivolte interne. CAPITOLO XXI - TRA DIOCLEZIANO E COSTANTINO: LO STATO RIFORMATO 1.L’avvento del dominato: Diocleziano e lo sperimentalismo tetrarchico (284-305 d.C.) Alla fine del III sec d.C. l’organizzazione dell’impero subì una notevole trasformazione: nuovo ordinamento istituzionale definito “dominato” → da dominus, padrone. Il rapporto subalterni/padrone regola anche le relazioni dell'imperatore con i suoi sudditi. I documenti dell'epoca definiscono il sovrano come “dominus noster” → rivendicazione di potere estrema, tanto che ai cittadini veniva chiesta dedizione totale. Epoca definita “tardoantica” → ma → la storiografia moderna non la considera tanto un’epoca di decadenza quanto di transizione verso il mondo medievale. La svolta autocratica si intuiva già ai tempi della monarchia assoluta dei Severi e si accentuò con l’affermazione degli eserciti come strumento di scelta del principe, con la contrazione della libertà personale e della capacità di iniziativa dei singoli cittadini. Il passaggio al dominato, quindi, non fu repentino ma ebbe una lunga sperimentazione istituzionale → si pensi alla prima condivisione del potere di Marco Aurelio e Lucio Vero. Due i problemi che da tempo turbavano l’equilibrio nel mondo romano: - regolamentazione della successione imperiale → la soluzione escogitata da Augusto, che aveva nascosto la monarchia sotto la maschera di una restaurazione della repubblica, non aveva consentito di delineare la procedura da svolgere alla morte di ciascun principe. Mai proceduto ad alcun tipo di codificazione. 91 - sicurezza delle frontiere → gli sconfinamenti di popoli barbarici entro il territorio romano avevano dimostrato la fragilità dei confini ma anche di zone pacificate. Diocleziano→ per fronteggiare i problemi dell’impero bisognava suddividere il potere. Dal 285 si associò Massimiano, al quale dopo un anno conferì il titolo di Augusto rendendolo a tutti gli effetti un co-imperatore. - Diocleziano: parte orientale - Massimiano: parte occidentale. Nel 293 ciascun augusto nominò un cesare → Diocleziano scelseGalerio, Massimiano scelse Costanzo Cloro. → i quattro erano tutti ufficiali illirici di umili origini ma di comprovato valore militare. I due augusti adottarono i rispettivi cesari; Galerio sposò Valeria, figlia di Diocleziano, mentre Costanzo sposò Valeria figliastra di Massimiano. Si venne quindi a creare una vera e propria famiglia, rinsaldata dall’adozione e dal matrimonio. Nacque la tetrarchia, che permise di tenere sotto controllo le spinte centrifughe del III sec. La tetrarchia funzionò perché i 4 erano legati da una lealtà personale e professionale: si fidavano l’uno dell’altro. Fonte 2 → Gruppo scultoreo dei Tetrarchi testimonia la coesione tra i quattro. La statua fu realizzata in porfido, pietra che richiama la porpora degli imperatori. Dal pv militare gli effetti della suddivisione del potere furono strepitosi. I 4 imperatori riportarono vittorie su tutti i fronti. La necessità di intervenire prontamente portò i tetrarchi a scegliere come residenza dei centri fortificati collocati entro la loro area di pertinenza. Tra questi troviamo le tradizionali quattro capitali tetrarchiche: - Nicomedia, scelta da Diocleziano. Consentiva di raggiungere facilmente sia la sponda europea che il fronte orientale. - Sirmio, nel cuore dei Balcani, scelta da Galerio come base da cui intervenire sul medio e basso Danubio. - Milano, scelta da Massimiano per il controllo dell’alto Danubio - Treviri, nell’odierna Germania, scelta da Costanzo Cloro per gestire il fronte renano Tra le 4 città tetrarchiche non troviamo Roma, esclusa sia per ragioni geografiche sia per evitare che uno dei quattro co-reggenti prevalesse sugli altri. Ciò provocò un processo di deromanizzazione, con graduale passaggio dell’asse economico dall’area mediterranea a quella settentrionale e orientale. Diocleziano diede subito al suo potere un’impronta teocratica, con valorizzazione della religione tradizionale → rinvigorì in particolar modo il culto di Giove Ottimo Massimo, divinità principale del pantheon romano, che Diocleziano scelse come nume tutelare. Massimiano scelse Ercole → epiteti “Giovio” ed “Erculeo”. Galerio aderì al culto di Marte; Costanzo Cloro a quello del Sole. La politica religiosa quindi fu duplice: da un lato fu fortemente conservativa (privilegiava le divinità tradizionali del pantheon romano), dall’altro si cercò di sottolineare la condizione di semi divinità dei tetrarchi. Ciò si scontrò con la sensibilità della comunità cristiana → il cristianesimo aveva ormai raggiunto una diffusione capillare nell’impero: il conflitto coi tetrarchi fu inevitabile. 92 Negli ultimi anni Costantino sconfisse i Goti sul basso Danubio e stipulò con loro un accordo che li obbligava a fornire truppe per l’esercito romano. Preparò truppe per una campagna contro i Persiani → ma → si ammalò . Nel 337, morente, Costantino ricevette il battesimo da Eusebio, vescovo di Nicomedia. Costantino detenne il potere imperiale per 31 anni → secondo solo ad Augusto. 3. Le riforme militari, fiscali, monetarie e amministrative A cavallo tra III e IV sec ci furono una serie di azioni riformatrici. Diocleziano riorganizzò l’esercito, con unità mobili da affiancare alle guarnigioni fisse di frontiera. I nuovi distaccamenti erano formati da vessillazioni, reparti di cavalleria che agivano come unità di pronto intervento. Questi reparti erano uniti a coorti di fanteria → l’insieme formava i comitatensi, che accompagnavano gli spostamenti dell’imperatore. Lungo i confini rimanevano le unità stabili dette limitanei (da limes), guarnigioni di prima linea che dovevano intercettare e bloccare le infiltrazioni nemiche. La distinzione tra unità stabili e mobili portò a un aumento dei soldati effettivi. Costantino seguì la stessa strada, ampliando ancora il numero degli effettivi. Dopo la vittoria di Ponte Milvio abolì definitivamente le truppe di pretoriani, che potevano facilmente sfuggire al controllo; inoltre la loro presenza a Roma era ingiustificata, dato che i sovrani non risiedevano più lì. Al loro posto Costantino creò i palatini “guardiani di palazzo”, che seguivano l'imperatore nei suoi spostamenti. I palatini erano perlopiù soldati non romani → progressivo imbarbarimento delle truppe → soldati non romani presenti sia nelle truppe ausiliarie che in ruoli di ufficialità e nei reparti scelti dell’esercito. Ma → rafforzamento delle spese militari → maggiore onere finanziario → riforme fiscali. Diocleziano coniò un nuovo metodo universale per la riscossione dei tributi, esteso a tutto l’impero. Il nuovo meccanismo si basava su unità astratte (capita) calcolate per ogni contribuente stimando tutti i suoi beni tassabili (terreni, manodopera, donne, schiavi, animali ecc) → imposta che consentiva al governo di conoscere meglio le risorse dell’impero. Alle imposte ordinarie furono aggiunte altre tasse da pagare in momenti particolari → anniversario della proclamazione dell'imperatore ecc. Lo stato riscuoteva alcune imposte anche come servizi → es. le comunità che ospitavano accampamenti erano obbligate a foraggiare le truppe e a fornire manodopera gratuita. Anche Costantino → nuove tasse. Introdusse il crisargiro, tassa dell’oro e dell’argento, riscossa ogni 5 anni. A ciò si associarono anche le riforme monetarie al fine di bloccare le spirali inflazionistiche. Diocleziano coniò una nuova moneta d’oro caratterizzata da un titolo molto elevato → ma → Costantino la svalutò di ⅕ e questa nuova moneta venne chiamata solido. Per contenere l’inflazione, Diocleziano emanò nel 301 un Editto dei Prezzi con cui fissò il costo massimo di una vasta gamma di prodotti e servizi. → il retore cristiano Lattanzio criticò questa iniziativa sostenendo che portò al trionfo della borsa nera. Inoltre si attuò una riforma amministrativo-territoriale. L’impero fu diviso in province più piccole di quelle augustee, regionalmente divise in distretti detti diocesi. A capo di ogni diocesi c’era un funzionario. Anche l’Italia fu divisa in province; le province italiane furono raggruppate in due vicariati: - Italia Annonaria 95 - Italia Suburbicaria (centro sud, prossimo a Roma, cioè l’Urbs). All’inizio del IV sec l’impero risultava diviso in 12 diocesi e circa un centinaio di province. Costantino poi raggruppò le diocesi in 4 prefetture del pretorio → pur avendo abolito i pretoriani, si mantenne la carica di prefetto del pretorio (n.4, uno per ogni prefettura) → perdono il potere militare e acquisiscono quello civile. I prefetti del pretorio non provengono più dal ceto equestre ma da quello senatorio → il ceto equestre sparì nel corso del IV sec. Cmq → la nuova organizzazione amministrativa portò al proliferare della burocrazia. Inoltre → la vita della corte imperiale subì mutamenti. La concezione dello stato divenne sempre più autocratica e questo portò a un’orientalizzazione ideologica. I palazzi si riempirono di personale subalterno; furono elaborate cerimonie sempre più complesse (es. adorazione della porpora, con genuflessione dei sudditi davanti all’imperatore). Il consiglio ufficiale di stato cambiò nome e divenne il concistoro. Il linguaggio ufficiale si riempì di espressioni formulari → imperatori diventano l’incarnazione di virtù astratte → Nostra Serenità, Nostra Maestà, Nostra Eternità. CAPITOLO XXII - VERSO LA DIVISIONE: L’IMPERO NEL IV SEC D.C. 1. I discendenti di Costantino (337-363) Nel 337 Costantino morì e gli succedettero i tre figli → ottennero il titolo di augusti e si ripartirono l’impero: - Costantino II ricevette le province più occidentali (Britannia, Gallia, Spagna) - Costante ricevette Italia, Africa e Pannonia - Costanzo II si insediò in Oriente. Si mantenne quindi il governo collegiale proprio del sistema tetrarchico → ma → abbandono del criterio del merito militare e ritorno del criterio dinastico. Itre figli di Costantino promossero lo sterminio dei parenti maschi che potevano ambire all’usurpazione del potere. I soldati di costantinopoli avviarono un vero e proprio bagno di sangue → si salvarono solo due giovanissimi nipoti di Costantino: Gallo e Giuliano. Presto però tra i tre scoppiò l’ostilità → nel 340 Costantino II mosse guerra a Costante, ma fu ucciso in un’imboscata vicino Aquileia e condannato alla damnatio memoriae. Costanzo II e Costante avevano posizioni diverse in ambito religioso. Costante sosteneva la dottrina stabilita dal concilio di Nicea; Costanzo II seguiva l’eresia ariana. I due si trovarono però in accordo nel contrasto ai culti pagani → adepti vengono perseguitati ufficialmente. Fonte 1 → Editto del 346 (riportato nel Codice teodosiano) imponeva la chiusura dei templi pagani e proibiva i sacrifici. 350 → Costante fu assassinato a seguito di una tentata usurpazione ad opera di Magnenzio, ufficiale della Gallia che godeva di ampio consenso tra gli eserciti. Poi → scontro tra le truppe di Magnenzio e quelle di Costanzo II → 351 a Mursa. Sanguinosa battaglia che si concluse con la vittoria di Costanzo II. Costanzo II restò imperatore unico, ma per provvedere alla successione si associò l’ultimo superstite della sua famiglia. Il cugino Giuliano fu nominato cesare e ricevette il governo della Gallia. Giuliano riportò una vittoria sugli Alemanni. Nel 360 le sue truppe lo acclamarono augusto → scontro inevitabile con Costanzo II, che però morì improvvisamente nel 361, riconoscendo Giuliano come legittimo successore. 96 Giuliano era cresciuto nella corte ed ebbe come precettori intellettuali pagani di spicco. Disgustato dalle lotte fratricide dei costantini, Giuliano maturò un graduale distacco dal cristianesimo → soprannome “apostata”, che ha abbandonato la religione cristiana. L’imperatore Giuliano cercò di ripristinare gli antichi culti politeistici → non perseguitò i cristiani ma li estromise da esercito, burocrazia e insegnamento (apparato statale). I numerosi scritti di Giuliano ci mostrano che la sua adesione al paganesimo deriva da una vivace curiosità intellettuale → si avvicina alla filosofia neoplatonica e al culto del dio Sole. Il suo operato fu rivolto alla filantropia → riduzione di eccessi di corte e condotta irreprensibile. Ma → restaurazione breve. Nel 363 dovette affrontare la questione orientale, dato che i Persiani stavano cercando di riconquistare il settore mesopotamico. Organizzò una controffensiva militare e assediò la capitale nemica → ma → fu costretto alla ritirata durante la quale morì colpito da una freccia (363). 2. La dinastia valentiniana e Teodosio (364-395) Alla morte di Giuliano le truppe acclamarono Gioviano, che restò al potere solo 8 mesi; in questo periodo firmò una resa coi Persiani e abbandonò ogni tentativo di ripristino del paganesimo. Nel 364 gli successe Valentiniano I (364-375) ufficiale della Pannoni che si associò sin da subito, come augusto, il fratello Valente. - Valentiniano → settore occidentale - Valente → settore orientale Valentiniano era di fede cattolica nicena; Valente era seguace dell’arianesimo → questa bipartizione religiosa si verificò anche a livello territoriale. Valentiniano fu estremamente tollerante, Valente perseguitò pagani e cattolici ortodossi. I due furono fortemente impegnati nella gestione delle frontiere, dato che le incursioni esterne erano generalizzate. Le minacce lungo i confini li indussero a incrementare ancora la spesa militare → questo portò alla crescita della pressione fiscale e a grande malcontento. 375 → Valentiniano morì durante la campagna contro i Quadi. Le truppe riconobbero imperatori d’Occidente i due figli Graziano (già augusto dal 367) e Valentiniano II, di 4 anni. Erano entrambi minorenni, quindi il potere effettivo era nelle mani di ufficiali dell’esercito. Sul fronte orientale la situazione precipitò. Gli Unni, popolo nomade e guerriero di origine asiatica, oltrepassarono il fiume Don e invasero la Scizia (odierna Ucraina) prima occupata dai Goti → cercarono rifugio nell’impero, chiedendo di essere accolti come alleati (foederati) nelle province di Mesia e Tracia. Valente acconsentì, ma l’accordo non funzionò. I romani non fornirono il vettovagliamento previsto e i Goti reagirono con saccheggi e rapine. A ciò seguì una crudele repressione e, successivamente, una vasta rivolta. Nel 378 l'esercito romano fu annientato in Tracia, Adrianopoli→Valente muore sul campo. Si ebbe quindi un vuoto di potere nel settore orientale dell’impero, afflitto da vari problemi. Graziano, che inizialmente resse anche i territori di Valente, decise di affiancarsi come augusto Teodosio, esperto comandante militare. Teodosio evitò lo scontro coi barbari e cercò di istigarli gli uni contro gli altri. Nel 382 i Goti ricevettero nuovi terreni in Mesia e Tracia, dove poterono vivere in un regime di totale autonomia → la presenza di barbari nei territori imperiali era un’assoluta novità. Si può parlare di Goti foederati→ erano ormai diventati una sorta di “stato nello stato”. 97
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