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Roma e la sua storia. Dalla città all'impero - Giuffrida, Sintesi del corso di Storia Antica

Il manuale offre un profilo, sintetico ma rigoroso, della storia di Roma dalle origini al 476 d.C. sulla base dei risultati più recenti della ricerca scientifica, che per un verso confermano la sostanziale attendibilità delle fonti - letterarie, epigrafiche, numismatiche, papirologiche, archeologiche - e per un altro propongono una lettura dei dati secondo approcci esegetici innovativi. Seguendo una scansione cronologica degli eventi, l'esposizione si avvale di utili sussidi integrativi pensati.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 16/06/2020

SilviaBurato
SilviaBurato 🇮🇹

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Scarica Roma e la sua storia. Dalla città all'impero - Giuffrida e più Sintesi del corso in PDF di Storia Antica solo su Docsity! 1 ROMA E LA SUA STORIA PARTE PRIMA – LA MONARCHIA (754/753 – 510 a.C.) 1 – LA FONDAZIONE DELLA CITTA’ 1 – Criteri di datazione ed elementi di cronologia Nell’antica Roma i criteri di datazione furono tre: 1. Adoperato a partire dall’età repubblicana → si basò sulla menzione dei magistrati “eponimi” (= che danno il nome all’anno) 2. In uso fra tarda età repubblicana e prima età imperiale → fondato sul computo degli anni dalla fondazione di Roma (754/753 a.C.) 3. Nelle iscrizioni dell’età imperiale → uso di indicare il numero dei rinnovi annuali della potestà tribunizia (= propria di un tribuno) di ciascun imperatore Quindi, dal punto di vista della cronologia, non fu adoperato il sistema basato sull’indicazione della data in relazione a un evento preciso, cioè la nascita di Cristo. 2 – Dati onomastici essenziali Il cittadino romano era tale per nascita, in quanto figlio legittimo di padre dotato di piena cittadinanza. A partire dall’età tardorepubblicana → si generalizza l’uso dei tria nomina (= tre elementi onomastici) per individuare un cittadino di nascita libera: o Praenomen → nome personale o Nomen → riferimento alla gens (= gruppo più ampio entro il quale più famiglie individuano un capostipite comune) di appartenenza o Cognomen → tratto individuale connesso con una caratteristica fisica, con un’attività o con l’origine geografica Cittadine di nascita libera → portavano solo il nomen paterno al femminile: ciò costituisce un riflesso del carattere patriarcale della famiglia, con una netta supremazia dell’uomo sulla donna. Liberti (= individui non di nascita libera bensì di origine servile e in seguito liberati dal padrone) → recavano praenomen e nomen dell’ex padrone e come cognomen portavano il loro originario nome di schiavo. Schiavi → erano individuati attraverso il loro unico nome personale. 3 – Il problema delle fonti Diodoro Siculo, Dionigi di Alicarnasso e Tito Livio → offrono una narrazione continua degli eventi ma i loro resoconti risalgono a un’epoca di stesura molto distante dai fatti raccontati. D’altra parte, sono andati perdute le uniche registrazioni scritte dei principali eventi realizzate a cura dei pontefici (= collegio sacerdotale che annualmente provvedeva alla sintetica registrazione di notizie di pubblico interesse, poi archiviare nella Regia che fu però andata distrutta) → i documenti furono reintegrati e pubblicati in 80 libri con il nome di Annales Maximi intorno al 130 a.C. e costituirono la base delle opere redatte dagli annalisti (= storici che misero per iscritto i propri resoconti seguendo un’esposizione degli eventi anno per anno). Tuttavia, poiché anche gli scritti degli annalisti non ci sono pervenuti, i risultati delle campagne di scavo possono rappresentare un valido ausilio → devono essere confrontati e collegati con i testi letterati. 2 Un recente approccio valorizza taluni aspetti antropologici ricavabili da autori di antiquaria (es. Catone, Varrone) → attenti a miti di fondazione, feste religiose, cerimonie, culti e riti. Un ulteriore filone di ricerca sulla Roma delle origini è rappresentato dagli studi sul popolamento della penisola italica tra il 1100 e il 1000 a.C. → epoca che vide protagonisti in prevalenza gruppi indoeuropei che condividevano forme di cultura materiale. 4 – L’Italia preromana 700 a.C. → esistevano in tutta la penisola italica raggruppamenti etnici significativi: Liguri, Veneti, Umbri, Etruschi, Sabini, Latini, Osco-Sabelli, Greci italioti, Iapigi, Sicani, Elimi, Siculi, Sardi, Corsi. Il quadro linguistico si presentava fondamentalmente indoeuropeo → dialetti venetico, latino- falisco, osco-sabellico, greco. Tra 900 e 800 a.C. → prime tracce di insediamenti stabili sui Colli Esquilino e Palatino. Gli scavi hanno portato alla luce: o Pavimentazioni in terra battuta o Fori per l’alloggiamento di pali o Tracce di focolari I clan che risiedevano in questi insediamenti praticavano un’economia silvopastorale con sfruttamento del bosco e dei pascoli in un quadro di seminomadismo connesso per un verso con la natura provvisoria delle abitazioni e per un altro con i periodici spostamenti delle greggi. Pratiche agricole → appaiono limitate a forme di sussistenza connesse con la coltivazione di un unico cereale (farro: alimento base fino al 400 a.C.). Probabilmente non esisteva la proprietà privata → la società molto arcaica di quest’area era egualitaria. Organizzazione politica di questi insediamenti → veniva riconosciuto un ruolo di guida al “re del bosco” cioè un re-sacerdote, custode di un’area sacra a Diana presso il lago di Nemi. 5 – Il mito delle “origini”. Il Lazio arcaico e i sette colli Secondo Varrone → Roma sarebbe “nata” il 20-21/04/753 a.C. Abitazioni costituite da capanne a pianta ovale realizzare in legno e fango, sorrette da sostegni verticali e coperte da un tetto a due spioventi dotati di abbaino per consentire la fuoriuscita del fumo. 5 Ciascuna tribù era suddivisa in 10 curiae (= originariamente indicava un gruppo di uomini, poi passò a indicare anche la sede presso la quale essi si riunivano). In tempo di guerra ciascuna tribù forniva 100 cavalieri (una centuria) e 1000 fanti. Le curie non incidevano solo sull’organizzazione dell’esercito ma, riunite nei comitia curiata, potevano: o Deliberare sia sull’adozione di un capofamiglia e di conseguenza sull’accoglienza del suo clan all’interno di quello dell’adottante, sia su quei testamenti attraverso i quali il padre, in mancanza di figli maschi, designava il proprio erede o Esprimere il proprio parere in merito alla rinuncia ai culti gentilizi da parte di un individuo o Emanare ogni anno la lex curiata de imperio, attribuendo al re il supremo comando militare, e dare il proprio consenso alla designazione del nuovo re, anche se la facoltà dei comitia di approvare o respingere era limitata dalla mancanza di un’autonomia d’iniziativa politica I comitia curiata continueranno a esistere per tutta l’epoca repubblicana anche se perderanno progressivamente i propri poteri. Prime magistrature → potevano svolgere funzioni di supplenza del re (es. il praefectus urbi era incaricato di gestire Roma in assenza del sovrano e il magister populi era destinato a guidare l’esercito al posto del monarca). In merito alla suddivisione sociale fra patrizi e plebei sono state formulate diverse ipotesi: o Una di tipo sociale → i patrizi sarebbero stati i patroni dei clientes plebei o Una di tipo etnogeografico → i patrizi abitavano il Palatino mentre i plebei il Quirinale o Una di tipo economico → i patrizi sarebbero stati grandi proprietari terrieri mentre i plebei avrebbero rappresentato gli artigiani e i commercianti o Una di tipo etnico → patrizi etruschi e plebei latini o viceversa (due ipotesi contrastanti) o Una di tipo socioculturale → i plebei sarebbero stati cittadini privi di clan, confinati al ruolo di fanti, mentre i patrizi sarebbero stati prodi cavalieri aristocratici e grandi proprietari terrieri Il termine plebeo non deve essere connotato con “disprezzo” in quanto è vero che esistevano plebei privi di mezzi ma ce n’erano anche di ricchi. 2 – Romolo Già al tempo di Romolo (754-716 a.C.) Roma avrebbe manifestato la propria vocazione espansiva a spese dei centri vicini anche se, oltre alla politica aggressiva, il sovrano ne avrebbe condotto una di integrazione multietnica, concedendo il diritto d’asilo ai rifugiati. Ratto delle Sabine → è un racconto che conferma la fusione tra Sabini e Latini attraverso la pratica dei matrimoni misti. Questo processo di graduale integrazione fra etnie diverse trova in effetti conferma nei corredi funerari della seconda metà del 600 a.C. Alla morte di Romolo → il senato avrebbe istituito il primo interregno durante il quale un gruppo di 10 senatori avrebbe scelto al proprio interno un membro per convocare i comizi elettorali ed eleggere così i successori. 3 – Numa Pompilio Numa Pompilio (715-673 a.C.) → a lui è attribuita la decisione di lasciare aperto il tempio di Giano durante i periodi di guerra e di chiuderne le porte in tempo di pace, nonché l’istituzione dei più antichi sacerdozi: o Flamines → cui era affidato il culto delle divinità più importanti o Vestali → si occupavano del focolare della Regia e del tempio di Vesta o Pontefici 6 4 – Tullo Ostilio Tullo Ostilio (673-641 a.C.) → fu un re guerriero cui sono attribuiti la conquista di Alba Longa e il trasferimento forzato dei suoi abitanti nella città di Roma. 5 – Anco Marcio Anco Marcio (641-616 a.C.) → fondò la colonia di Ostia alla foce del Tevere, fece costruire lo scalo portuale presso il fiume e la via Ostiense allo scopo di ottenere il controllo dei commerci e delle saline. Fissò inoltre i compiti dei feziali (= collegio sacerdotale incaricato di celebrare i riti ritenuti necessari a propiziare gli dei nella conduzione di una guerra giusta). 3 – I RE ETRUSCHI 1 – Tarquinio Prisco Tarquinio Prisco (616-578 a.C.) → con lui ha inizio la fase etrusca della Monarchia a Roma basata non più sull’elezione del popolo e la ratifica del senato bensì su un principio ereditario. La presenza di Tarquinio Prisco sul trono di Roma rientra in quel processo di mobilità dei clan di etnia etrusca che si spostavano per occupare posizioni di prestigio in nuovi insediamenti. Egli, con il suo clan multietnico (mamma etrusca, papà greco, moglie etrusca) rappresenta l’introduzione a Roma di idee e tecniche nuove, di artigiani, costruttori, commercianti, medici e sacerdoti → tutte queste nuove conoscenze ebbero una ricaduta significativa sui modi di produzione, sull’urbanizzazione, sui riti. Al nome del primo sovrano etrusco si legano infatti: 1. Introduzione di nuove colture destinate ad affiancare e superare l’originaria economia silvopastorale 2. Bonifica dell’area paludosa ai piedi del Palatino dove fu realizzata una rete fognaria (Cloaca Maxima) 3. Bonifica dell’area tra Palatino e Aventino dove fu realizzato il Circo Massimo 4. Lastricatura della strada che conduceva dal Foro al Campidoglio (via Sacra) 5. Edificazione del Foro Boario (= mercato del bestiame) 6. Costruzione di dimore private in materiale non deperibile 7. Edificazione del tempio di Vesta presso il Foro e di altri templi ai piedi del Campidoglio 8. Progettazione di un tempio sul Campidoglio dedicato a Giove, Giunone e Minerva → l’enorme struttura richiese quasi 100 anni di lavori e venne inaugurata nel primo anno della Repubblica 9. Assunzione di simboli del potere autocratico (veste purpurea, trono, scettro con aquila, scorta dei littori) 10. Adozione del cerimoniale etrusco del trionfo, celebrato dal generale vittorioso che alla testa dell’esercito percorreva la via Sacra fino al tempio sul Campidoglio 11. Introduzione dell’aruspicina (= rito religioso attraverso il quale i sacerdoti per conoscere la volontà degli dei traevano gli auspicia, mediante procedure particolari come l’interpretazione dei fenomeni naturali o l’osservazione del volo degli uccelli oppure l’esame delle viscere degli animali sacrificati) 12. Adozione di un calendario segreto, noto soltanto ai re e ai sacerdoti incaricati di comunicare ai cittadini le principali scadenze della vita civica e religiosa e di conseguenza i giorni fasti (favorevoli alle attività) e quelli nefasti (sfavorevoli alle attività). 2 – Servio Tullio Servio Tullio (578-534 a.C.) → si sarebbe insediato sul trono di Roma senza aver prima ottenuto il consenso popolare e la ratifica da parte del senato. La tradizione gli attribuisce una consistente 7 attività riformatrice, anche se appare difficile far risalire una tale mole di provvedimenti al 500 a.C.; è più verosimile che le riforme siano posteriori ma che siano state retrodatate all’età di Servio per conferire loro una veste di “legittimità”: 1. Incremento del numero di senatori da 100 a 300 membri 2. Sostituzione delle 3 tribù istituite da Romolo con 4 tribù territoriali urbane, alle quali i cittadini erano iscritti non più sulla base della tribù del proprio padre ma a seconda della loro residenza 3. Costruzione delle mura “serviane” 4. Divisione del territorio in distretti rurali detti pagi 5. Riorganizzazione dell’esercito dal tipo pre-oplitico al tipo oplitico (= fanteria munita di armi pesanti e schierata a ranghi serrati: sinistra scudo in protezione del compagno, destra spada in offesa al nemico). Il cittadino-soldato doveva far fronte con il proprio patrimonio all’acquisto dell’armamento completo 6. Bipartizione dei cittadini maschi liberi su base patrimoniale fra soggetti arruolabili nella legione, in quanto capaci di procurarsi un armamento pesante e armati alla leggera, in quanto dotati di censo inferiore 7. Divisione dei cittadini soldati in 193 centurie (18 di cavalieri, 170 di fanti e 5 di inermes); le 170 centurie di fanti erano a loro volta divise in prima, seconda, terza, quarta e quinta classe a seconda della complessità e del costo dell’equipaggiamento; ogni classe comprendeva centurie di iuniores e di seniores, rispettivamente combattenti effettivi e soldati di riserva e di difesa della città 8. Censimento → volto a definire la capacità patrimoniale e dunque l’arruolabilità dei cittadini (questa riforma non sembra attribuibile a Servio anche se comunque in quest’epoca la comunità urbana probabilmente non era più organizzata sulla base di raggruppamenti legati alla nascita, bensì sulla base del censo e della ricchezza di ciascun cittadino) 9. Istituzione di una nuova assemblea popolare che si riuniva in Campo Marzio → era costituita dalla popolazione maschile in armi e prese il nome di comitia centuriata (= adunanza del popolo diviso per centurie); i comizi centuriati: − Eleggevano i magistrati supremi dotati di imperium (= supremo comando militare) − Confermavano i poteri dei censori − Deliberavano sulle dichiarazioni di guerra 10. Introduzione del culto di Diana sul colle Aventino, ubicato all’esterno della cinta urbana, allo scopo di creare una confederazione religiosa con le città latine, che nel santuario della dea avrebbero individuato un luogo sacro comunitario 3 – Tarquinio il Superbo Tarquinio il Superbo (534-509 a.C.) → era figlio di Tarquinio Prisco e uccise Servio Tullio. Tarquinio simboleggia lo stereotipo del tiranno, ostile nei confronti dell’aristocrazia, protetto da guardie del corpo e incline all’autocelebrazione attraverso la promozione di grandi opere pubbliche. Con questo re inizia: o Un lungo conflitto con i Volsci, antico popolo italico o L’avvio di relazioni diplomatiche con la città di Tuscolo o Un’alleanza con la città greca di Cuma o L’instaurazione di negoziati con Cartagine destinati a tradursi in un trattato di alleanza che fu siglato in realtà solo dopo la cacciata del monarca dalla città ossia nel 509 a.C. In quest’epoca prende corpo una nuova leggenda di fondazione greca tesa a nobilitare le origini della città, individuate non più nell’umile pastore latino Romolo bensì nell’eroe troiano Enea (figura in auge nella società etrusca). 10 prendeva parte alla vita religiosa della città e non forniva il proprio contributo nelle battaglie e nelle assemblee popolari. Prima tappa – Prima secessione (494 a.C.) → quando Sabini e Volsci minacciavano Roma: in quell’occasione Agrippa (patrizio) pronunciò un discorso nel quale paragonava la Repubblica al corpo umano, dove ogni organo contribuisce al mantenimento della buona salute generale. La plebe rientrò ma solo dopo aver ottenuto il diritto di riunirsi anch’essa in una propria assemblea (concilium plebis) le cui deliberazioni (plebiscita) avrebbero avuto valore vincolante, però, solo per i plebei. Questa assemblea: o eleggeva annualmente due edili plebei → per la cura dei templi o eleggeva annualmente due tribuni della plebe → magistrati che fungevano da filtro nelle relazioni fra patriziato e plebe, poiché potevano presentare proposte di legge e possedevano: − la sacrosanctitas (= inviolabilità): rendeva i tribuni intoccabili fisicamente e inattaccabili moralmente e legittimava chiunque a uccidere colui che avesse attentato all’incolumità di un tribuno − il ius auxilii (= diritto d’aiuto): permetteva ai tribuni di fornire assistenza giudiziaria contro gli abusi e le vessazioni dei magistrati patrizi − il ius intercessionis (= diritto di veto): consentiva ai tribuni di sospendere qualunque deliberazione di un magistrato patrizio o del senato o degli organi giudiziari, qualora essa fosse stata ritenuta lesiva degli interessi della plebe − il ius agendi cum plebe: legittimava il tribuno a riunire e presiedere il concilium plebis Seconda tappa – 471 a.C. → Volerone (tribuno della plebe) propose di modificare il funzionamento del concilium plebis che, assumendo come unità di voto le tribù territoriali, consentiva ai proprietari terrieri di ottenere la maggioranza ed era più egualitario rispetto alla classificazione in centurie. In questo modo si ebbero i concilia plebis tributa (che eleggevano tribuni ed edili plebei) e anche i tribuni della plebe aumentarono a quattro in relazione alle tribù territoriali urbane. Terza tappa – 451-450 a.C. → fu sospesa l’elezione dei magistrati ordinari e venne creato un decemvirato legislativo (= collegio di dieci magistrati patrizi incaricati di mettere per iscritto le norme vigenti, troppo spesso soggette ad abusi e interpretazioni arbitrarie da parte dei magistrati patrizi). Questi uomini pubblicarono 10 tavole di leggi nel 451 a.C. e altre due l’anno seguente. Le leggi delle XII Tavole furono le prime leggi votate e approvate dai comizi centuriati, nonché applicate a tutta la cittadinanza. La stesura di queste leggi costituisce un grande passo in avanti nel processo di parificazione. Quarta tappa – 445 a.C. → Canuleio (tribuno della plebe) propose all’assemblea dei plebei un plebiscito che rese legittimo il matrimonio misto e permise ai figli nati da nozze legittime di ottenere lo status paterno, mentre quelli nati da unioni irregolari avrebbero acquisito lo status materno. Ciò avrebbe portato a: o mistione di sangue o estensione dei plebei del diritto di trarre gli auspicia o poter accedere alle magistrature Quinta tappa – 444-367 a.C. → processo di parificazione attraverso l’istituzione di un collegio di tribuni militari con potere consolare al posto dei due consoli patrizi: la novità rilevante non era soltanto nel numero variabile ma anche e soprattutto nella possibilità che essi fossero pure plebei. 11 Questi tribuni, tuttavia, avevano poteri inferiori rispetto a quello dei consoli, dei quali erano una sorta di delegati. Nonostante i progressi compiuti, rimanevano le gravi difficoltà economiche della plebe povera → ci furono così alcune persone (sia patrizi che plebei) che cercarono con delle riforme o prestando soldi di risolvere queste difficoltà ma tutti furono accusati di voler aspirare alla tirannia e per questo furono uccisi. Il timore dell’instaurazione di un regime tirannico determinò la costituzione di un fronte compatto patrizio-plebeo, all’interno del quale tanto i senatori quanto i tribuni della plebe fecero mostra di nutrire gli stessi interessi. 3 – I tre pilastri della Repubblica: magistrature, assemblee popolari e senato Altre magistrature, oltre al consolato, erano: o quaestores → inizialmente due, sarebbero stati scelti dai consoli come collaboratori nelle attività finanziarie ma dal 449 a.C. sarebbero stati eletti dai comizi tributi: c’erano quelli che amministravano il tesoro dello Stato, che istruivano i processi per parricidium, che si occupavano del reato di alto tradimento o censura → istituita nel 443 a.C., era rivestita da ex consoli che rimanevano in carica 1 anno e mezzo. Essi celebravano un sacrificio espiatorio, stimavano il patrimonio dei cittadini, si occupavano di rivedere le liste dei senatori Senato → in origine era costituito da 300 membri e poi venne ampliato. Rappresentava un organo di governo e la roccaforte delle tendenze politiche conservatrici. Le sue decisioni, pur non avendo valore di legge, erano considerate vincolanti per i magistrati e il popolo. Entravano a far parte del senato con carica vitalizia gli ex magistrati superiori (pretori, consoli e censori) e successivamente anche gli ex edili, gli ex tribuni e gli ex questori. Il senato possedeva il diritto di ratifica nei confronti di tutti gli atti legislativi e dei risultati delle elezioni. Tutto ciò limitava la libertà delle assemblee popolari → per un verso dovevano essere convocate dai magistrati e per un altro non potevano modificare le proposte di legge ma soltanto respingerle o accoglierle. Costituzione romana → si caratterizza come “mista”: frutto di un proporzionato contemperamento di monarchia (consoli), aristocrazia (senato) e democrazia (assemblee popolari). 4 – I collegi sacerdotali Religione → elemento essenziale nella vita di Roma. Non vi era distinzione tra cariche religiose e politiche: la stessa persona poteva essere contemporaneamente sacerdote e magistrato. C’erano: o I flamines → sacerdoti più antichi destinati ciascuno a una divinità del pantheon romano o I pontefices → esperti del diritto sia religioso sia civile, garanti della condotta religiosa e della scelta dei tre flamines maggiori o Il pontifex maximus → la più importante autorità religiosa dello Stato, guidava i pontefices e sceglieva le vestali (= sacerdotesse votate alla verginità) o Gli augures → ristretto gruppo di esperti nell’interpretazione del volo degli uccelli, di tuoni e fulmini, incaricati di inaugurare o di sospendere pubbliche attività per motivazioni religiose o Gli haruspices → sacerdoti convocati in casi particolari per prestare la propria consulenza in caso di problemi di natura religiosa o di prodigi all’apparenza incomprensibili o Il collegio dei duoviri sacris faciundis (= due uomini addetti al compimento dei sacrifici)→ incaricato di custodire una raccolta di responsi oracolari attribuiti alla Sibilla di Cuma o Il collegio dei 20 fetiales → incaricato di compiere attentamente il complesso cerimoniale previsto in caso di dichiarazione di guerra e di ottenere per Roma il favore delle divinità. Tale collegio aveva un ruolo importante nelle attività diplomatiche 12 5 – I conflitti con Latini, Italici ed Etruschi Gli inizi del 400 a.C. → videro Roma da un lato soggetta a gravi carestie e dall’altro impegnata su vari fronti bellici con diverse popolazioni. Sabini → ostacolavano il commercio del sale lungo la via Salaria. Le città latine coalizzate in una Lega e guidate da Lavinio si contrapposero alle pretese egemoniche di Roma attraverso la fondazione di un santuario dedicato ai Dioscuri in contrapposizione con il tempio di Diana edificato da Servio Tullio. Scontro tra Romani e Latini giunse presso il lago Regillo nel 496 a.C. → vinsero i Romani perché il dittatore Albino, prima della battaglia, avrebbe compiuto il rito dell’evocatio, avrebbe cioè formulato la promessa di accoglienza nel proprio pantheon delle divinità del nemico, ossia i Dioscuri. Ne seguì un trattato di pace chiamato il patto di Cassio nel 493 a.C. → poneva Roma e i Latini su un piano perfettamente paritario dal punto di vista giuridico, con garanzie di reciprocità in caso di guerra e di spartizione del bottino. Volsci → impedivano i collegamenti con la Campania. Roma dovette fare i conti con Coriolano, esiliato dai Romani e accolto dai Volsci. Egli sarebbe giunto alle porte di Roma nel 491 a.C. ma avrebbe desistito dall’assedio. Dopo una fase di alleanza stretta con gli Ernici allo scopo di allentare la pressione congiunta di Sabini, Volsci ed Equi, Roma sconfisse Equi e Volsci presso il monte Algido nel 458 a.C. e nel 431 a.C. Roma fu costretta a misurarsi anche con la potente città etrusca di Veio → fu una lunga guerra (quasi 100 anni), divisa in tre fasi e connotata da varie interruzioni: 1. 483-474 a.C. → la guerra, scoppiata a causa del conflitto per il controllo di Fidene (ubicata sulla via Salaria), vide lo sterminio di 300 membri della gens dei Fabii presso il fiume Cremera 2. 437-426 a.C. → Roma conquistò Fidene e il territorio della città divenne di proprietà dello Stato 3. 406-396 a.C. → il dittatore romano Camillo espugnò Veio grazie ad una galleria sotterranea. Veio fu rasa al suolo e anche il suo territorio fu trasformato in terreno pubblico Per il sostentamento dei soldati durante la lunga guerra contro Veio fu necessario istituire il soldo; al fine di far fronte a queste spese militari venne introdotta una tassa straordinaria che gravava sulle centurie, chiamate a versare questa imposta in misura proporzionale alle proprie ricchezze. 6 – L’incendio gallico di Roma Inizi del 300 a.C. → bande di Celti (definiti Galli) penetrarono nell’area della Pianura Padana: alcuni si dedicarono alle attività agricole, altri alle razzie. Galli Senoni, guidati da Brenno → sconfiggono i Romani presso il fiume Allia nel 390 a.C. e tutta Roma, a eccezione del Campidoglio, fu occupata, saccheggiata e incendiata. Brenno si risolse ad abbandonare Roma solo dopo aver ricevuto un congruo riscatto in oro, poi recuperato dal dittatore Camillo (considerato il “secondo fondatore” di Roma dopo Romolo e prima di Ottaviano Augusto: ci sono 363 anni di differenza tra questi tre). L’evento si rivelò tanto traumatico da determinare nei Romani il panico ogniqualvolta si profilasse il rischio di un’ennesima invasione celtica. Roma si cinse di un perimetro difensivo, le cosiddette mura “serviane”. 7 – Occupazione del territorio e controllo delle popolazioni sottomesse A partire dalla seconda metà del 400 a.C. → Roma mette in atto una modalità di occupazione e controllo del territorio detta colonizzazione, che consisteva: 15 anche nelle tribù rustiche, consentendo ai cittadini di mescolarsi ai proprietari terrieri e di far sentire il proprio peso all’interno dei comizi tributi; costruì un nuovo acquedotto per il rifornimento idrico della città o Nel 304 a.C. furono rese pubbliche le procedure processuali a garanzia di un trattamento equanime per tutti i cittadini rispetto alle norme giudiziarie o Nel 300 a.C. ogni cittadino romano condannato alla pena capitale dal pretore aveva il diritto di appellarsi all’assemblea popolare o Nel 300 a.C. il pontificato e l’augurato furono resi accessibili ai plebei, così che anche costoro potessero prendere gli auspici o Nel 287 a.C. una legge stabilì che i plebisciti avessero valore per l’intera popolazione Riassumendo → i comizi tributi e i concilia plebis tributa dal 287 a.C. in poi ebbero uguali poteri e stesso sistema di voto (per tribù) ma: − I comizi tributi prevedevano la partecipazione di tutti i cittadini ed erano convocati e presieduti dai consoli o dai pretori − I concilia plebis tributa erano invece convocati e presieduti dai tribuni o dagli edili plebei Quindi dal 287 a.C. il conflitto patrizio-plebeo può considerarsi concluso. 3 – Una nuova oligarchia: la nobilitas patrizio-plebea Nel corso del 300 a.C. → si consolidò una nobilitas senatoria costituita da un gruppo dirigente di patrizi e plebei, un’élite non più chiusa ma aperta all’intraprendenza di chi sapesse percorrere le tappe della carriera politica ma anche intessere le relazioni giuste attraverso alleanze, matrimoni e adozioni. Diversamente, coloro che non appartenevano a queste famiglie altolocate e dunque non potevano contare su predecessori illustri erano i cosiddetti uomini nuovi, i quali avrebbero potuto ricoprire le magistrature solo con molte difficoltà e grazie a una solida base economica e ai necessari appoggi politici. Nobilis → era chi apparteneva a famiglie i cui membri avevano raggiunto il consolato Uomo nuovo → era colui che non poteva gloriarsi di ciò ma qualora avesse rivestito il consolato sarebbe divenuto un “nobile” 4 – Le guerre sannitiche e la guerra latina Il IV secolo a.C. fu il momento in cui si decise in Italia lo scontro fra monte e piano, tra allevamento e agricoltura. Roma scelse di schierarsi con gli insediamenti urbani di pianura contro le popolazioni di montagna. Emblema di questo conflitto furono le guerre sannitiche → lungo periodo di ostilità che abbraccia la seconda metà del 300 a.C. e gli inizi del 200 a.C. e che vide contrapposti i Romani e il popolo appenninico dei Sanniti. 1ª guerra sannitica (343-341 a.C.) → originò dalla richiesta di aiuto della città greca di Capua (a sua volta oggetto di una richiesta di aiuto da parte dei Sidicini, incalzati dai Sanniti) rivolta a Roma, la quale, però, essendo formalmente alleata dei Sanniti, non poteva intervenire; Roma, allora, ottenne l’obbligo fiduciario della città campana che acquisiva il diritto di essere tutelata e poté così considerare le incursioni dei Sanniti come una minaccia rivolta a sé stessa. La reazione romana fu dunque una guerra giusta combattuta al monte Gauro e Capua fu liberata dal pericolo incombente. Roma non poté continuare la campagna bellica e il trattato di pace concluso nel 341 a.C. lasciò ai Sanniti Teano e a Roma la Campania. 16 Grande guerra latina (340-338 a.C.) → Roma dovette affrontare una coalizione costituita dalle città della Lega latina e da tre popolazioni appenniniche degli Aurunci, dei Volsci e dei Sidicini. In una battaglia combattuta alle pendici del Vesuvio la vittoria arrise ai Romani e il loro controllo territoriale si estese sul Lazio aggiunto (comprendeva Etruria meridionale e Campania settentrionale). Lo scioglimento della Lega latina e il fallimento del patto di Cassio indussero Roma a sperimentare una nuova modalità di relazione giuridico-diplomatica, detta confederazione romanico-italica, in base alla quale la città “dominate” non siglò più un unico trattato con tutti i popoli sottomessi ma strinse relazioni individuali, dosando privilegi e obblighi a seconda della fedeltà e dell’infedeltà di volta in volta dimostrata. 2ª guerra sannitica (326-304 a.C.) → dopo un iniziale successo dei Romani, vide invece una clamorosa disfatta inflitta a Roma dal generale sannita Ponzio nel 321 a.C. nella valle di Claudio in Campania. Fu forse siglato un accordo in base al quale Roma cedeva ai sanniti la colonia di Fregelle. Però, la successiva vittoria romana a Boviano (Molise) spinse i Sanniti a chiedere la pace. Frattanto, nel 306 a.C., Roma aveva rinnovato per la terza volta il trattato di alleanza con Cartagine. La sconfitta subita dai Romani nella valle di Claudio rese necessaria una riforma dell’esercito volta a rendere più flessibile il rigido schieramento legionario (tattica oplitica) → il nuovo schieramento, detto “manipolare” prevedeva una suddivisione delle legioni sia in senso orizzontale (funzioni) che verticale (unità). Articolazione orizzontale → lo schieramento prevedeva soldati con funzioni diversificate: o 1200 fanti armati alla leggera (velites) o 1200 giovani con armatura completa (hastati) o 1200 soldati con armatura completa più maturi ed esperti (principes) o 600 veterani di provata esperienza come riserve (triarii) o 300 cavalieri disposti a sinistra e a destra dello schieramento (150 per parte) (equites) Articolazione verticale → le 3 linee orizzontali di giovani, soldati maturi e veterani furono suddivise in 10 manipoli; a queste 30 unità di combattimento fu affiancata la coorte (= unione di 3 manipoli, 1 per tipologia). Con questo sistema la legione poteva all’occorrenza diventare snella e adattarsi ai contesti geografici, a seconda che il segnale della tromba indicasse lo schieramento in linea orizzontale o verticale. 17 Oltre alle legioni esistevano truppe ausiliarie, fornite dalle colonie latine e dagli alleati italici, i quali recavano il proprio contributo in termini di fanti raggruppati in coorti e cavalieri organizzati in squadroni. Equipaggiamento fanteria pesante → spada, giavellotto, scudo rettangolare. 3ª guerra sannitica (298-290 a.C.) → a Sentino nel 295 a.C. ai Romani arrise la vittoria contro una coalizione di Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli Senoni guidati da Egnazio; i Romani vinsero anche ad Aquilonia nel 293 a.C. e il territorio di queste popolazioni fu confiscato come terreno pubblico. 5 – La guerra tarantina e lo scontro con Pirro Pochi anni dopo la 3ª guerra sannitica → Roma si trova a fronteggiare nuovamente gli Etruschi e poi Taranto e Pirro. Si ebbe con gli Etruschi un breve conflitto (284-282 a.C.) che vide la vittoria dei Romani presso il lago Vadimone ad opera di Dentato. Il secondo scontro ebbe anche protagonisti extraitalici → la città greca di Taranto, per difendersi dall’avanzare delle popolazioni italiche, si era rivolta presso la madrepatria Sparta (che aveva inviato prima Archidamo e poi Cleonimo). 302 a.C. → Taranto stringe un’alleanza antissanitica con Roma, la quale si era impegnata a non far navigare le proprie navi oltre il Capo Lacino; tuttavia Turi, colonia greca rivale di Taranto, chiese l’aiuto di Roma nel 285 a.C. e, allorché una flottiglia romana di 10 navi sconfinò nelle acque del golfo di Taranto, quest’ultima affondò 4 imbarcazioni e ne catturò una. I Tarantini poi espulsero da Turi la fazione aristocratica filoromana. Così il conflitto fu inevitabile. Guerra tarantina → Taranto chiese l’appoggio di Pirro, re dell’Epiro. I Romani per la prima volta affrontarono un esercito ellenistico, organizzato con schieramento a falange, costituito di mercenari e dotato di una poderosa cavalleria e di 20 elefanti. I Romani subirono due pesanti sconfitte ad Eraclea nel 280 a.C. e ad Ascoli Satriano nel 279 a.C. (ma anche Pirro subì gravissime perdite). Pirro, dopo Eraclea aveva inviato Cinea a Roma per trattare la pace ma Cieco era riuscito a convincere i Romani a resistere alle richieste. Sul proseguimento della guerra incise negativamente per Taranto e Pirro la continua richiesta di finanziamenti da parte del sovrano dei Molossi. Siracusa inoltre a causa di lotte interne non era capace di opporsi a Cartagine per imporre il dominio della Sicilia e chiese l’aiuto di Pirro il quale accettò l’invito considerandolo un’ottima occasione per accrescere il suo potere. Cartagine rinnovò il patto con Roma per la quarta e ultima volta nel 279 a.C. → la città punica e Roma si impegnavano a sostenersi a vicenda contro Pirro e a non trattare separatamente la pace con lui (questa fu un’alleanza militare dettata dalle preoccupazioni di entrambi). Pirro si traferì in Sicilia per contrastare i Cartaginesi ma non riuscì a conseguire risultati significativi. Quando Pirro tornò in Italia dovette scontrarsi con le legioni di Dentato e subì nel 275 a.C. una sconfitta a Maleventum e rientrò in patria. Roma strinse trattati di alleanza con vari centri magnogreci (tra cui Taranto) → la Repubblica era quindi ormai “padrona” di tutta l’Italia meridionale fino a Reggio. 6 – Cartagine I possedimenti di Cartagine comprendevano: o Africa settentrionale o Corsica o Sardegna 20 11 – La seconda guerra punica Espansione cartaginese in Spagna → destava la preoccupazione di Massalia (Marsiglia), la quale aveva interessi economici in Spagna e aveva stretto un’alleanza con i Romani ma anche della stessa Roma, con la quale Asdrubale aveva tuttavia siglato nel 226 a.C. il cosiddetto “trattato dell’Ebro”, fiume che avrebbe dovuto delimitare rispettivamente le sfere di competenza romana a nord e cartaginese a sud. Città di Sagunto → ubicata a sud del fiume ma alleata di Roma, fu attaccata da Annibale, figlio di Amilcare, e chiese aiuto ai Romani: nelle more delle decisioni Sagunto venne espugnata dai Cartaginesi. 2ª guerra punica (218-202 a.C.) → Annibale intraprese una marcia verso la penisola italica, valicando i Pirenei e le Alpi con un esercito composto non soltanto di fanti e cavalieri ma anche di elefanti. Annibale nel 218 a.C. inflisse pesanti sconfitte ai Romani presso il fiume Ticino e il fiume Trebbia; l’anno seguente presso il lago Trasimeno, Annibale annientò le legioni romane. L’unica strategia che Roma seppe attuare fu quella del logoramento e dell’attendismo, condotta da Massimo, detto appunto “temporeggiatore”, il quale non riuscì ad evitare che Roma subisse ulteriori sconfitte. Nel 216 a.C. i Romani furono nuovamente sconfitti presso Canne e Roma fu abbandonata dagli alleati dell’Italia meridionale e della Sicilia e Capua giunse persino ad accogliere Annibale, il quale intanto aveva stretto un’alleanza con Filippo V di Macedonia. Fedeli a Roma rimasero le città del centro e inoltre la strategia messa in atto da Massimo permise a Roma di riconquistare i territori del Meridione italico anche con arruolamenti eccezionali di schiavi, ai quali venne promessa la libertà. Calvo aveva raggiunto nel 217 a.C. in Spagna il fratello Scipione allo scopo di bloccare l’invio di aiuti ad Annibale ma entrambi morirono in battaglia nel 211 a.C. Sempre nel 211 a.C. Capua fu finalmente costretta alla resa e anche Siracusa venne recuperata da Marcello che abbandonò la città al saccheggio. Nel 209 a.C. Scipione (non quello morto prima, un altro) ristabilì il controllo sulla Spagna, sconfiggendo i Cartaginesi; nel 206 a.C. egli espulse i Cartaginesi dalla Spagna e l’anno seguente fu eletto console. Dopo i successi conseguiti in Spagna si spostò in Africa, dove, nel 203 a.C. rientrò anche Annibale. Scipione sconfisse i Cartaginesi e il re di Numidia: al suo posto fu insediato sul trono il numida filoromano Massinissa con la conseguenza che ad Annibale venne meno il contributo della cavalleria numidica. Scipione inflisse poi una sconfitta definitiva ai Cartaginesi presso Zama nel 202 a.C. e Cartagine fu costretta a subire condizioni di pace assai gravose. Annibale nel 196 a.C. lasciò Cartagine e trovò accoglienza presso il re di Siria, Antioco III. 12 – La prima guerra macedonica Alleanza tra Annibale e Filippo V nel 215 a.C. → porta alla 1ª guerra macedonica (215-205 a.C.) una sorta di conflitto parallelo alla seconda guerra punica. Roma poté contare sull’appoggio di una coalizione antimacedone costituita da Lega etolica, Messeni, Sparta e regno di Pergamo. Nel 214 a.C. Levino sconfisse ad Apollonia i Macedoni. La guerra si concluse nel 205 a.C. con la pace di Fenice che ratificò gli equilibri preesistenti allo scoppio del conflitto, dal momento che i Romani non avevano ancora risolto il problema grave e impellente rappresentato dalla seconda guerra punica. 21 13 – Il concetto di imperialismo Imperialismo → spinta espansionistica che connotò Roma nel III secolo a.C. quando i suoi interessi dalla penisola si spostarono gradualmente a un contesto extraitalico. La guerra aveva ormai assunto la funzione di strumento di arricchimento per tutta la comunità: o Classi dirigenti → acquisizione di prestigio politico, bottino di guerra e vaste clientele o Ceti medi → le conquiste comportavano la possibilità di sfruttare nuovi mercati per l’esportazione dei prodotti finiti e per l’importazione delle materie prime o Proletariato urbano e contadino → beneficiava del coinvolgimento in eventuali distribuzioni di terre e fondazioni di colonie o Alleati italici → pur essendo tenuti a fornire truppe ausiliarie erano ammessi a partecipare alla deduzione di colonie di diritto latino Quello dell’imperialismo romano è un problema antico. A porselo fu soprattutto Polibio che non dubitava del fatto che a partire dalla vittoria di Zama sui Cartaginesi, i Romani avessero elaborato il progetto unitario della conquista dell’egemonia mondiale. Il problema dell’imperialismo romano è stato anche oggetto di molteplici approcci interpretativi moderni che hanno dato origine a conclusioni talora molto differenti. Imperialismo offensivo Storici come Bossuet e Montesquieu → teoria di un imperialismo premeditato, volontario, offensivo, in base al quale il senato romano avrebbe architettato vasti piani espansionistici, procedendo di conquista in conquista con spirito di continuità e infallibile scienza politica. Questa teoria ha trovato dei sostenitori anche in storici più recenti come De Sanctis e Beloch → hanno attribuito le conquiste di Roma come il frutto di brutali gesti militareschi. Un altro sostenitore è Harris → ha ritenuto che le conquiste furono volute da tutte le parti sociali: dai senatori ma anche da cavalieri e persino da semplici cittadini (tutti spinti dal fatto che con le conquiste avrebbero potuto guadagnare qualcosa, chi potere politico, chi gloria, chi bottini e ricchezza). Tale teoria presenta tuttavia alcuni punti deboli: o Nella prima e seconda guerra illirica Roma si accontentò di conservare in Illiria solo dei semplici avamposti o Roma non si impadronì subito della Spagna ma creò le due province di Citerone e Ulteriore o Dopo la vittoria su Filippo V nel 197 a.C. Roma avrebbe potuto annettere la Grecia, eppure attese il 146 a.C. o In Africa, al termine della seconda guerra punica, i Romani avrebbero potuto annettere i territori di Cartagine ma ciò avvenne solo nel 146 a.C. o Roma avrebbe potuto annettere l’Egitto già nel 168 a.C. e invece esso divenne provincia romana solo nel 30 a.C. Imperialismo difensivo Secondo Mommsen → i Romani dopo le vittorie su Cartagine non avrebbero aspirato affatto a conquistare gli altri Stati mediterranei ma avrebbero dovuto rispondere agli attacchi subiti, o meglio, a guerre che erano state loro imposte: sarebbero stati indotti all’espansionismo da preoccupazioni difensive. Holleaux → il senato romano avrebbe agito di volta in volta in base alle necessità del momento. 22 Veyne → imperialismo romano come isolazionismo perseguito sotto gli effetti di una meccanica routine finalizzata non tanto alla conquista quanto alla sicurezza garantita dall’eliminazione dei propri possibili rivali e nemici. Imperialismo economico Guiraud, Colin, Hatzfeld, Musti → vedono nell’imperialismo romano esclusivamente motivazioni di arricchimento economico (bottini di guerra, esazione di indennità di guerra, imposizione di tributi). Teoria della negazione dell’imperialismo De Regibus → metodologicamente errato parlare di imperialismo romano, dal momento che l’iniziativa imperialistica sarebbe partita dai Greci intervenuti in Italia fin dai tempi di Pirro e dunque la teoria della difesa preventiva sarebbe stata semmai da applicare a Greci e Macedoni che miravano a salvaguardare la Magna Grecia dall’espansione degli Italici e la Macedonia dall’espansione romana in Adriatico. Teoria “sincronico-conciliativa” Giannelli → alla rapida formazione dell’Impero mediterraneo di Roma hanno contribuito in eguale misura tutti e tre i fattori: spirito militaristico, corsa al monopolio del capitale, politica di sicurezza. Linderski → l’imperialismo difensivo è stato in concreto un imperialismo molto aggressivo. Teoria “diacronico-tipologica” Le Glay, Voisin e Le Bohee, parlando di evoluzione delle mentalità, hanno individuato le fasi che seguono: 1. Imperialismo difensivo connesso con le conquiste dal 200 al 168 a.C. → in questa fase sono incluse la seconda e la terza guerra macedonica al termine della quale Roma si sarebbe comportata da sovrana inflessibile nei confronti della Grecia 2. Imperialismo economico (168-148 a.C.) → presenza di commercianti romani in Illiria, Tessaglia, Delfi, nelle Cicladi: questi beneficiarono della decisione del senato romano di rendere porto franco Delo, isola destinata a diventare la cerniera del traffico fra l’Oriente ellenistico e l’Occidente romano 3. Imperialismo offensivo e conquistatore (148-30 a.C.) → questa lunga fase vedrà la trasformazione del Mediterraneo in un “lago romano” Negli ultimi 15 anni si è tentato di riportare in auge la tesi dell’imperialismo difensivo alla quale vanno affiancati altri due approcci. Teoria “pericentrica” Champion → attenta riconsiderazione delle spinte all’intervento romano provenienti dall’esterno, dalle periferie appunto, nella forma, ad esempio di richieste di soccorso indirizzate al senato da parte di uno Stato minore contro l’aggressione di un’altra potenza, ossia di appelli che avrebbero portato alla costruzione di un Impero indipendentemente dalla volontà del senato stesso. Teoria “sistemica” (del sistema interstatale che comprende “metropoli” e “periferie”) Eckstein → ammette il carattere aggressivo di Roma ma ne contesta l’eccezionalità in quanto secondo lui Cartagine e la Macedonia non furono meno aggressive. Gli stati del Mediterraneo antico sarebbero stati tutti “sistematicamente” connotati da “anarchia multipolare” (assenza o scarsa efficienza di forme di legislazione internazionale, stati altamente militarizzati, fluido equilibrio di poteri). Ciò che ha permesso ai Romani di affermarsi sull’intero Mediterraneo è stata l’abile gestione delle alleanze che potevano culminare nella concessione della cittadinanza. Dunque, il tratto eccezionale di Roma è stato la sua apertura all’integrazione (e non il militarismo). 25 Dopo non molti anni dalla conclusione della seconda guerra punica, la romanizzazione della Spagna conobbe una tappa significativa nel 197 a.C. → furono istituite le due province di Spagna Citerione e Spagna Ulteriore. Si trattava di un territorio ricco di giacimenti minerari ma di difficile controllo per via dei frequenti episodi di guerriglia mossi contro gli invasori romani dalle tribù ispaniche. Catone nel 194 a.C. aveva condotto una campagna di repressione ma dai risultati non duraturi. 1ª guerra celtiberica → una prima fase di scontri che vide tra il 180 e il 178 a.C. l’intervento di Gracco (governatore della Spagna Citeriore), ispirato a una politica meno repressiva e destinato a concludersi con un accordo di pace. 2ª guerra celtiberica → ripresa delle ostilità contro Lusitani e Celtiberi da parte di Marcello; intorno al 150 a.C. Galba, sconfitto dai Lusitani si rese poi responsabile di un massacro nei confronti di questo popolo. A questo massacro era scampato Viriato il quale si mise alla testa dei Lusitani e dal 147 al 139 a.C. diede battaglia alle legioni romane. Viriato nel 140 a.C. siglò un trattato di pace che i Romani non rispettarono e fu ucciso a tradimento nel 139 a.C. 3ª guerra celtiberica → la guerra contro i Celtiberi continuò finché i Romani furono costretti in due occasioni (137 a.C.) a concludere trattati che Roma però non ratificò. Il console Mancino dopo aver fallito il tentativo di conquistare la città di Numanzia, si contentò di una trattativa ignominiosa condotta da Gracco. Mancino fu riconsegnato ai nemici e il comando fu affidato a Scipione Emiliano che nel 133 a.C. conquistò Numanzia i cui abitanti si suicidarono. La città fu distrutta. I postumi della guerra annibalica si fecero sentire anche in Italia settentrionale, dove, nel 200 a.C., Piacenza e Cremona furono attaccati dai Celti → Purpurione aveva ottenuto una vittoria a Cremona. Con i Galli a nord del Po furono stretti trattati di alleanza; mentre con quelli a sud del fiume Roma fu più dura (deportazioni, confische...). Furono dedotte la colonia latina di Bononia (Bologna) e Aquileia e quelle romane di Mutina (Modena) e Parma. In questo processo di consolidamento svolse un ruolo fondamentale anche il potenziamento della rete stradale con la creazione di alcune arterie. Roma intervenne anche contro i Celti d’Oltralpe → in Francia meridionale fondò le colonie di Aquae Sextiae e nel 121 a.C. la provincia della Gallia Transalpina, ridenominata Gallia Narbonese nel 118 a.C. Nel 123 a.C. Metello conquistò le isole Baleari e trionfò sugli Scordisci, tribù illirica della Dalmazia. 6 – Conseguenze sociali ed economiche della politica espansionistica di Roma Sul finire del 200 a.C. furono ammessi in senato Flaminio e Catone i quali avevano raggiunto il consolato attraverso legami stretti con gli esponenti dell’aristocrazia e anche grazie a una consistente disponibilità economica. Catone → agli inizi del 100 a.C. simboleggiò l’ala “tradizionalista” dell’aristocrazia senatoria: o Salvaguardare il mos maiorum o Sostenere l’agricoltura invece che il commercio o Contrastare le guerre d’espansione in Oriente o Contrastare la penetrazione a Roma della cultura greca Al polo opposto troviamo la famiglia degli Scipioni → rappresentanti di un’ala moderata e aperta al cambiamento e contro la quale si scagliò lo stesso Catone. 26 Il patrimonio della nobilitas patrizio-plebea derivava essenzialmente dai possedimenti terrieri, i cui prodotti, per effetto della lex Claudia del 218 a.C. non potevano essere commerciati ma dovevano esclusivamente assolvere a esigenze di autoconsumo → la legge fu approvata nonostante l’opposizione dei senatori. Legge Claudia → comportò una maggiore libertà di manovra a tutti coloro i quali potevano trarre profitto da attività mercantili e finanziarie, ossia i commercianti (fornivano approvvigionamenti alle truppe extraitaliche) e gli artigiani. Queste attività connesse con le guerre d’espansione contribuirono alla creazione e al consolidamento di un “ceto imprenditoriale”, ossia il nuovo ordine equestre che si andò affiancando a quello dell’aristocrazia senatoria. Il processo di formazione del nuovo ceto fu certamente connesso anche con la transizione di Roma verso un’economia monetaria nel corso del 200 a.C. → dopo una serie di monete, nel 211 a.C. fu coniato il denarius, una moneta argentea del valore di 10 assi, accompagnata anche da due sottomultipli, il quinario e il sesterzio. Questa transizione alla moneta vera e propria fu il risultato di un processo molto graduale (iniziato forse già nel corso del 400 a.C.). 7 – Senatori e cavalieri Nel 180 a.C. la lex Villa annalis → costituì un’importante tappa nella regolamentazione della successione delle cariche magistratuali, non solo quanto alla tipologia ma anche in riferimento all’età minima per la copertura di ciascuna carica e agli intervalli di tempo obbligatori fra una carica e l’altra. Le magistrature si dividevano in: o Inferiori: questura, tribunato della plebe, edilità curule e plebea − Questura e edilità curule eletti dai comizi tributi − Tribunato della plebe e edilità plebea eletti dai concilia plebis → erano senza comando, non potevano guidare gli eserciti né infliggere condanne ma possedevano competenze esclusivamente civili o Superiori: pretura, consolato, censura − Eletti dai comizi centuriati → disponevano del potere militare o Straordinaria: dittatura − Nominato dai consoli Carriera senatoria → occorreva il possesso di un censo minimo di 100.000 denarii e prevedeva un percorso a tappe: o Prima fase di apprendistato civile e militare − Vigintivirato: collegio di 20 uomini eletti dai comizi tributi e in carica per un anno (10 uomini per dirimere le contese, 3 uomini pre le condanne a morte, 3 uomini addetti alla monetazione, 4 uomini preposti alla manutenzione delle vie di Roma) − Tribunato militare laticlavio: era ricoperto da uno dei sei tribuni al comando di ciascuna legione; recava sulla propria vesta una banda purpurea larga e viveva nel praetorium o Seconda fase di assunzione di incarichi operativi all’interno di magistrature inferiori e superiori − Questura: aveva durata annuale e per ricoprirla era necessario avere compiuto almeno 25 anni; si occupavano di amministrare il tesoro dello stato custodito nel 27 tempio di Saturno, si curavano dell’archiviazione degli atti ivi depositati; altri questori collaboravano con i magistrati superiori nell’amministrazione finanziaria sia in occasione di spedizioni militari sia nella gestione delle finanze provinciali; chi ricopriva la questura poteva accedere al senato − Tribunato della plebe: bisognava aver compiuto 27 anni e due anni di intervallo dalla questura; era originariamente ricoperta da 2 individui, il cui numero crebbe fino a 10; era una magistratura plebea e i patrizi che avessero voluto assumerla avrebbero dovuto compiere il transito alla plebe − Edilità (magistratura ricoperta in alternativa al tribunato della plebe): bisognava aver compiuto 27 anni e che vi fossero due anni di intervallo dalla questura; erano originariamente 4 (due plebei e due curuli) ma poi si aggiunsero altri 2 edili plebei; gli edili sovrintendevano alla manutenzione di acquedotti e strade, alla prevenzione degli incendi, all’organizzazione dei giochi e all’approvvigionamento della città − Pretura: bisognava aver compiuto 30 anni e che vi fossero 3 anni di intervallo dal tribunato della plebe o dall’edilità; erano 16 e potevano porsi al comando di una o più legioni o governare le province attribuite loro in sorte prima dell’entrata in carica; c’erano pretori che amministravano la giustizia tra cittadini romani e altri che amministravano quella tra cittadini romani e stranieri; gli uni e gli altri, al momento dell’entrata in carica, emanavano un proprio editto nel quale definivano le norme che avrebbero applicato; in caso di processi penali potevano presiedere la quaestio, ossia un tribunale straordinario − Consolato: bisognava aver compiuto 33 anni e che vi fossero 2 anni di intervallo dalla pretura; erano 2 (collegialità), entravano in carica il 1° gennaio e ricoprivano la magistratura per un anno (annualità); possedevano il supremo comando militare; potevano convocare e presiedere senato, comizi centuriati e comizi tributi; potevano avanzare proposte di legge; il loro potere era limitato dai tribuni della plebe o dal loro stesso collega in carica; amministravano l’erario e dopo l’anno di carica divenivano proconsoli (= governatori di una provincia) − Censura: non esisteva età minimo o intervallo; erano 2 e provvedevano al censimento effettuando la revisione delle liste del senato e dei cavalieri; esercitavano la salvaguardia dei costumi e potevano far radiare un individuo dall’albo dei senatori o dei cavalieri; potevano controllare i conti e verificare la riscossione delle imposte nelle province Se l’accesso al senato era garantito da un censo calcolato su base fondiaria, altre fortune derivate dalla mercatura erano accumulate da un ceto che potremmo definire “imprenditoriale”, quello dei cavalieri → questo ceto: o Forniva beni e servizi richiesti dalle guerre di espansione o Suppliva alla carenza di un apparato burocratico, svolgendo attività finanziarie e funzioni amministrative quali: − La realizzazione di opere pubbliche − Lo sfruttamento minerario − La riscossione delle imposte nelle province Questo ceto fu formalmente riconosciuto con la lex reddendorum equorum del 129 a.C. → questo provvedimento ordinava ai 300 senatori che dallo Stato ricevevano un cavallo a titolo onorifico di restituire i 300 cavalli per assegnarli a 300 individui più ricchi esclusi dal senato, i quali assunsero la denominazione di equites equo publico (cavalieri dotati di cavallo dallo Stato). 30 La riforma incontrò la netta opposizione dei senatori e fu bloccata anche dal collega Ottavio (tribuno della plebe). Ma quando Ottavio fu deposto la legge agraria venne approvata. L’attuazione del progetto comportò: o Il finanziamento di opere di agrimensura per la quali Tiberio poté contare sull’eredità lasciata da Attalo III o L’istituzione di una commissione triumvirale composta da Tiberio, Gaio Gracco (fratello) e Claudio Pulcro (suocero) → incaricata di procedere alla confisca dell’ager publicus posseduto in eccesso e alla redistribuzione Tiberio poi propose la propria candidatura al tribunato della plebe anche per l’anno successivo → i nemici del tribuno lo accusarono di voler aspirare al potere personale e nei disordini che seguirono Tiberio fu ucciso. Nel 123 a.C. assunse la medesima carica il fratello Gaio Gracco → forte di una larga base di consenso propose e ispirò numerosi provvedimenti legislativi: o Lex agraria → riproposizione del progetto del fratello ma con l’aggiunta dell’onere per lo Stato di costruire una rete viaria che facilitasse gli spostamenti degli agricoltori o Lex Sempronia frumentaria → obbligava lo Stato a mensili distribuzioni di grano a prezzo politico alla popolazione di Roma o Lex Rubria → incentivava la deduzione di colonie o Legge militare → vietava l’arruolamento di giovani di età inferiore ai 17 anni e obbligava lo Stato alla fornitura dell’uniforme o Lex de provocatione → vietava la condanna a morte di un cittadino romano senza giudizio popolare o Lex indiciaria → fissò un albo dei giudici costituito da un congruo numero di cavalieri per limitare il potere dei senatori o Lex de provincia Asia → attribuiva alle societates publicanorum l’appalto per l’esazione delle imposte nella provincia istituita nell’antico regno di Pergamo o Lex Acilia → affidò ai soli cavalieri le quaestiones perpetuae de repetundis o Lex de capite civis Romani → vietava la formazione di corti criminali per senatus consultum e rinviava la decisione al popolo o Lex de provinciis consularibus → stabiliva che le due province consolari venissero dichiarate prima dell’elezione dei consoli stessi Gaio cercò di assumere per la terza volta nel 121 a.C. il tribunato della plebe (nel 122 a.C. era stato rieletto) ma non riuscì nel suo intento e perse l’inviolabilità. Il senato utilizzò per la prima volta il senatus consultum ultimum che consisteva nell’affidare ai consoli il potere di tutelare lo Stato in qualunque modo essi ritenessero necessario. Gaio si suicidò. L’opera riformatrice dei Gracchi andò incontro allo sfacelo e tutto ciò che i fratelli avevano introdotto (redistribuzione, canone d’affitto) venne abolito. Nel corso del 100 a.C. si introdusse gradualmente una novità sostanziale nell’espressione del voto poiché dal sistema per alzata di mano si passò alla pratica del voto segreto e scritto espresso attraverso una tabella sulla quale l’elettore esprimeva la propria volontà prima di introdurre la scheda nell’urna. 12 – Gaio Mario contro Giugurta e contro Cimbri e Teutoni Gaio Mario → era un uomo nuovo. Per volontà di Metello, Mario divenne legato nella guerra contro Giugurta in Numidia. Qui Micipsa lasciò il regno a Aderbale, Iempsale e Giugurta. 31 Giugurta → aveva assassinato Iempsale e messo in fuga Aderbale, il quale aveva chiesto aiuto a Roma. Nel 116 a.C. il senato aveva deciso la spartizione del regno: o Giugurta → parte occidentale (più ampia) o Adarbale → parte orientale (più florida) Giugurta, non contento, aveva preso d’assedio Cirta, città della Numidia orientale e centro commerciale di grande importanza. Roma si vide costretta a intervenire militarmente. La guerra contro Giugurta si prolungò per molti anni (111-105 a.C.) perché le legioni romane non riuscirono a sbaragliare il nemico in una battaglia decisiva. Gaio Mario presentò a Roma la propria candidatura al consolato nel 107 a.C. e, una volta eletto, ebbe accesso alla nobiltà senatoria; l’assemblea popolare gli affidò il comando della guerra in Numidia. Mario, con l’appoggio di Silla, riuscì a catturare il nemico e a consegnarlo nelle mani di Silla nel 105 a.C. Nel 107 a.C. Mario procedette a una vera e propria riforma dell’esercito: o Vennero arruolati i proletarii come volontari o Il salario e l’equipaggiamento furono a carico dello Stato o Venne garantita ai veterani una buonuscita (assegnazione di terra a fine servizio) o Fu rafforzata la disciplina, attraverso estenuanti esercitazioni o Si venne a creare un legame stretto tra il comandante e le sue truppe o Furono eliminati i velites, cioè gli armati alla leggera e al manipolo fu sostituita la coorte che riuniva i manipoli a tre a tre o Venne definitivamente scelta un’unica insegna per le legioni romane, ovvero l’aquila, simbolo identitario Nel 105 a.C. Mario fu rieletto console per l’anno 104 a.C. (circostanza decisamente irrituale). Tale conferimento tuttavia dipendeva dal profilarsi di una nuova minaccia, costituita dalle incursioni di Cimbri e Teutoni. Mario fu eletto console ininterrottamente dal 104 a.C. fino al 100 a.C. e riuscì a sbaragliare nel 102 a.C. i Teutoni ad Aquae Sextiae e nel 101 a.C. i Cimbri ai campi Raudii. L’ultimo anno di consolato di Mario fu turbolento: il tribuno della plebe Saturnino si era fatto promotore di iniziative decisamente filopopolari; sulla stessa linea si muoveva anche Glaucia il quale commissionò l’assassinio di Memmio, candidato al consolato per il 99 a.C. Il senato dichiarò Saturnino e Glaucia nemici pubblici ma Mario tentò di proteggerli: entrambi persero la vita e Mario stesso fu costretto a lasciare Roma. 13 – La cittadinanza agli Italici: il bellum sociale Alleati italici → disparità di trattamento rispetto ai cittadini romani, infatti: o Dovevano prestare servizio nelle truppe ausiliarie facendosi carico in proprio delle spese militari o Erano soggetti a disuguaglianze rispetto ai legionari Nel 95 a.C. con la lex Licinia Mucia era stato istituito un tribunale per giudicare i trasferimenti abusivi di residenza a Roma, messi in atto dagli Italici che ambivano a usufruire in maniera illecita delle frumentazioni. 32 Dopo vari tentativi, il tribuno della plebe Druso si fece promotore nel 91 a.C. della concessione della cittadinanza romana a tutti gli Italici ma trovò l’opposizione di senatori e cavalieri e fu ucciso. Oltre a questi provvedimenti, Druso ne propose altri ma tutti furono annullati. Gli alleati allora scesero in guerra contro Roma (bellum sociale = guerra degli alleati): o Uccisero i cittadini romani residenti ad Ascoli Piceno o Costituirono uno stato federale autonomo o Elessero consoli e pretori o Istituirono un senato o Fissarono la propria capitale presso Corfinium, rinominandola Italica o Emisero una moneta argentea assimilabile al denario romano La guerra impegnò Roma dal 91 all’89 a.C. con soldati perfettamente addestrati a combattere secondo le tecniche proprie dei Romani e per questa ragione riuscirono a ottenere una serie di concessioni giuridiche: o Legge Giulia sulla cittadinanza da concedere ai Latini e agli alleati → riconobbe la cittadinanza ai Latini e a tutti i socii che erano rimasti fedeli a Roma o Legge Calpurnia sulla cittadinanza degli alleati → conferì ai comandanti romani la facoltà di riconoscere la cittadinanza come premio agli alleati meritevoli o Lex Plautia Papiria de civitate sociis danda → riconobbe la cittadinanza romana a tutti i residenti in Italia che si fossero presentati dinanzi al censore entro 60 giorni o Lex Pompeia de Transpadanis → concesse la cittadinanza di diritto latino ai residenti transpadani e la cittadinanza romana agli ex magistrati di questo territorio Nonostante tutte queste concessioni, la guerra si protrasse ancora sia a nord con Strabone sia a sud con Silla. I ceti italici più elevati ponevano in questo modo le basi per la propria ascesa politica e sociale all’interno delle magistrature e per l’ingresso nel senato romano. 14 – La prima e seconda guerra mitridatica e la prima guerra civile fra Mario e Silla Nel 112 a.C. → divenne re del Ponto (regione dell’Asia Minore affacciata sul Mar Nero) Mitridate VI Eupatore che estese il proprio dominio su Paflagonia, Galazia, Bosforo Cimmerio, Colchide, Britinia e Cappadocia dove depose i re filoromani. Nel 111 a.C. una commissione guidata da Aquilio ristabilì Ariobarzane sul trono di Cappadocia e Nicomede su quello di Bitinia; quest’ultimo effettuò incursioni in Ponto e provocò la reazione di Mitridate. Il re pontico riconquistò la Bitinia, compì in Cilicia massacri di commercianti romani e italici e invase la Grecia nell’88 a.C. e qui poté contare sull’appoggio di molte città → era come se la grecità intera si ribellasse al governo romano. Sempre nell’88 a.C. Sulpicio (tribuno della plebe inizialmente vicino a Silla ma poi passato dalla parte di Mario) fece votare alcune leggi: o Richiamo in patria di coloro che erano stati esiliati con l’accusa di aver incitato gli Italici alla rivolta o Limite di 2000 denarii all’indebitamento dei senatori o Revoca del comando della guerra mitridatica (1ª guerra mitridatica) già affidata dal senato a Silla console e la sua assegnazione a Mario Silla allora marciò con le sue truppe su Roma e fece abrogare le leggi. Sulpicio fu assassinato, gli avversari di Silla furono dichiarati nemici pubblici e Mario fuggì in Africa. 35 Catilina (seguace di Silla) → si era invano candidato al consolato per il 65 a.C. ma era stato respinto per indegnità. Aveva ripresentato la propria candidatura nel 63 a.C. ma furono eletti Cicerone e Ibrida. Catilina tentò una terza volta nel 62 a.C. con un programma elettorale fondato sulla cancellazione dei debiti. Concepì allora un progetto sovversivo basato sull’omicidio di Cicerone e di numerosi senatori e sul supporto di un esercito. La congiura fu scoperta e Catilina fu dichiarato nemico pubblico e morì nel 62 a.C. combattendo presso Pistoia. Cicerone inoltre ottenne che i seguaci di Catilina fossero condannati senza essere sottoposti a regolare processo; nel 58 a.C. questo abuso di potere costò l’esilio a Cicerone per iniziativa di Clodio, il quale si fece promotore della lex Clodia che: o Disponeva frumentazioni gratuite per la plebe urbana o Limitava lo spazio d’intervento dei magistrati o Limitava il potere dei censori o Ristabilì le associazioni professionali → riunivano corporazioni di mestiere ma fungevano pure da confraternite religiose, divennero anche aggregazioni di natura politica in grado di mettere al servizio di Clodio delle bande armate In uno scontro fra bande, però, Clodio fu assassinato nel 52 a.C. e Cicerone venne richiamato a Roma già nel 57 a.C. a dimostrazione del diffuso sentimento di solidarietà nei suoi confronti. 18 – Il cosiddetto “primo” triumvirato: Cesare, Pompeo e Crasso Il clima ostile che Pompeo trovò rientrato da Roma fu dovuto al timore suscitato nei nobili dal suo crescente prestigio. Questa fase fu superata attraverso un’alleanza della quale fu regista Giulio Cesare → nel 60 a.C. fu stretto un accordo privato (primo triumvirato) fra Pompeo, Cesare e Crasso (uomo più ricco di Roma). Questo patto di durata quinquennale avrebbe procurato: o A Cesare il consolato per il 59 a.C. o A Pompeo l’accoglimento delle richieste a favore dei suoi veterani e la ratifica della riorganizzazione in Oriente o A Crasso vantaggi per i cavalieri e le societates publicanorum, a lui strettamente legati L’accordo fu rafforzato dalle nozze fra Pompeo e la figlia di Cesare, Giulia. Cesare nel 59 a.C. assegnò territori italici ai veterani di Pompeo reduci dall’Oriente e anche ai cittadini poveri con almeno 3 figli; agli appaltatori delle imposte nelle province d’Asia fu rimesso 1/3 della somma da loro dovuta; tutti gli atti compiuti da Pompeo in Oriente furono ratificati. Al termine del 59 a.C. la lex Vatinia affidò a Cesare per 5 anni il proconsolato della Gallia Cisalpina e dell’Illiria, 3 legioni e il diritto di fondare colonie e nominare legati; il senato affidò a Cesare anche la Gallia Narbonese per 5 anni e una quarta legione. Nel 57 a.C. una carestia causò sommosse a Roma e a sanare la situazione fu Pompeo, il quale ricevette su proposta dei consoli una cura annonae di durata di 5 anni (altro incarico di natura straordinaria). Il triumvirato fu rinnovato nel 56 a.C. a Lucca per i 5 anni successivi e comportò: o Il consolato per Pompeo e Crasso nel 55 a.C. → a Pompeo venne affidato il proconsolato delle due Spagne e a Crasso quello della Siria (atto illegale) o La proroga per altri 5 anni del comando in Gallia a Cesare 36 Nel 52 a.C. Pompeo rivestì nuovamente il consolato ma sine collega (= senza collega), in evidente violazione del fondamentale principio di collegialità della carica. 19 – Cesare in Gallia e le conquiste di Pompeo Carriera politica di Cesare → cominciata già nel 70 a.C. quando egli aveva rivestito la questura durante il consolato di Pompeo e Crasso. Fin dal suo esordio Cesare perseguì l’obiettivo di ridare lustro alla memoria di Mario e soprattutto mise a frutto il sostegno della sua clientela composta in parte dai provinciali e in parte dalla plebe, attraverso una serie di provvedimenti: o Organizzò cacce di bestie selvatiche e istituì banchetti pubblici per ingraziarsi la plebe urbana o Concesse la cittadinanza romana agli abitanti della Transpadania → questo accelerò il processo d’integrazione delle élite locali e favorì l’ammissione nel senato di Roma di numerosi provinciali o Riconobbe il diritto latino ai provinciali di Sicilia Il bacino clientelare cesariano comprendeva tuttavia un’altra fondamentale componente, ossia quella rappresentata dai soldati. Con queste truppe Cesare poté intraprendere una lunga campagna di conquista della Gallia. La campagna in Gallia Transalpina conobbe due fasi: 1. Dal 58 al 57 a.C. → Cesare sconfisse a Bibracte gli Elvezi, i quali minacciavano gli Edui, alleati di Roma e forse anche la provincia della Gallia Narbonese. I Sequani, che avevano ottenuto contro gli Edui l’appoggio del re degli Svevi (inizialmente amico del popolo romano), subirono una sconfitta a Vesonzio nel 58 a.C. e l’anno seguente anche i Belgi e i Nervi furono battuti da Cesare 2. Dal 56 al 51 a.C. → Cesare sconfisse prima le popolazioni della Bretagna e poi Usipeti e Tencteri nell’area renana. Nel 55 a.C. attraversò il canale della Manica e condusse una spedizione in Britannia con 5 legioni; l’anno seguente compì una seconda spedizione raggiungendo il fiume Tamigi: le tribù britanniche, tuttavia, non riconobbero l’imperium di Roma e non versarono mail il tributo imposto da Cesare. Nel 52 a.C. Cesare dovette affrontare una controffensiva celtica condotta dal capo degli Arverni il quale aveva saputo concentrare attorno a sé una vasta alleanza di diverse tribù. Il capo gallico fece strage di italici e sconfisse l’esercito romano a Gergovia. Lo scontro si spostò poi ad Alesia ma la città venne presa dai Romani e il capo gallico fu imprigionato e poi decapitato. 37 Cesare provvide a dare un primo ordinamento alla nuova provincia della Gallia Comata e consolidò il forte legame con i propri legionari, aumentandone il soldo, concedendo loro uno schiavo ciascuno e accordando la cittadinanza romana alla legione reclutata in Gallia. 20 – Cesare e Pompeo (seconda guerra civile) Crasso, che aveva ottenuto il comando provinciale della Siria, intraprese insieme al figlio Publio, una spedizione contro i Parti ma nella piana di Carre subì una sconfitta nel 53 a.C. → i nemici si impadronirono delle insegne militari, fecero molti prigionieri e sterminarono le truppe romane (Crasso e il figlio morirono). Il triumvirato veniva a perdere un elemento e creava le premesse di una collisione fra Cesare e Pompeo (intanto era venuto meno anche il legame di parentela in quanto la figlia di Cesare era morta di parto). Cesare → una volta scaduti i termini del comando proconsolare in Gallia sarebbe dovuto rientrare a Roma da privato cittadino, ma avanzò la propria candidatura al consolato senza presentarsi personalmente. Pompeo → nel 52 a.C. aveva fatto votare un provvedimento che prescriveva un intervallo di 5 anni fra magistratura e promagistratura ma si era fatto prorogare il suo imperium per altri 5 anni. In tal modo Pompeo avrebbe potuto disporre ancora di legioni mentre Cesare no. Nel 50 a.C. Curione (tribuno) propose che sia Pompeo sia Cesare deponessero i propri comandi straordinari ma soltanto Cesare mostrò la propria disponibilità. Così Cesare nel 49 a.C. dopo aver arruolato truppe nelle Gallie Cisalpina e Narbonese, oltrepassò alla testa dei suoi soldati il torrente Rubicone simbolo del confine pomeriale e dell’ingresso in armi nel territorio della città. Pompeo si diede alla fuga e salpò in direzione dell’Oriente. Cesare si preoccupò di imporre il proprio dominio sulle resistenze pompeiane in Spagna, conseguendo una vittoria a Ilerda nel 49 a.C.; tornato a Roma si fece nominare “dittatore per convocare i comizi” e in tal modo fu eletto console per il 48 a.C.; poi inseguì Pompeo e lo sconfisse nel 48 a.C. a Farsalo. Pompeo si rifugiò in Egitto ma non appena sbarcò fu assassinato. Cesare, giunto in Egitto, spodestò Tolomeo e riconobbe come sovrana legittima la sorella di lui, Cleopatra. Dalla relazione tra Cesare e Cleopatra nacque Tolomeo XV (detto Cesarione). Sempre nel 48 a.C. il tribuno della plebe Dolabella cercò di far approvare il suo programma di cancellazione totale dei debiti ma venne fermato con grande spargimento di sangue da Antonio, inviato da Cesare a Roma. Della guerra tra Cesare e Pompeo approfittò anche il figlio di Mitridate che tentò di recuperare i territori del padre ma venne sconfitto da Cesare nel 47 a.C. a Zela. Le ultime resistenze pompeiane furono soffocate nel 46 a.C. a Tapso (Tunisia) e nel 45 a.C. a Munda (Spagna). 21 – La dittatura di Cesare I poteri di Cesare (dal 49 al 44 a.C.) furono: o Nel 49 a.C. → dittatura straordinaria allo scopo di indire le elezioni consolari che videro egli stesso eletto per il 48 a.C. o Nel 48 a.C. → consolato e dittatura dal mese di ottobre per un anno; gli fu inoltre conferita la tribunicia potestas a vita, poi ampliata nel 45 a.C. anche all’esterno di Roma 40 Nel 42 a.C. Cesare fu divinizzato e Ottaviano divenne “figlio di un dio”, ossia la persona più legittimata a vendicare il cesaricidio → fu così che a Filippi (Macedonia) nel 42 a.C., in due battaglie morirono suicidi Cassio e Bruto (cesaricidi). Le province orientali sottratte a Bruto e Cassio furono affidate ad Antonio, a Lepido toccò l’Africa e a Ottaviano andarono le Spagne. 23 – Guerra contro Sesto Pompeo e accordi di Brindisi, Miseno e Taranto Si verificò a questo punto un primo tentativo di estromissione di Lepido dal triumvirato con l’accusa di complicità con Sesto Pompeo (figlio dell’altro Pompeo) il quale bloccava i rifornimenti trasportati dalle navi provenienti dall’Africa e diretti a Roma. Mentre Antonio si trovava in Oriente, il console in carica Lucio Antonio e Fulvia (fratello e moglie di Antonio) si fecero promotori di una protesta nei riguardi dell’operato di Ottaviano che favoriva più i suoi soldati rispetto a quelli di Antonio. Guerra di Perugia → Lucio Antonio fu assediato e sconfitto. Accordi di Brindisi → nel 40 a.C. Ottaviano e Antonio si trovarono a Brindisi allo scopo di ridefinire le aree di competenza che risultarono così ripartite: o Antonio → Oriente o Ottaviano → Occidente o Lepido → Africa o Sesto Pompeo → Sicilia e Sardegna L’accordo veniva suggellato con le nozze di Antonio (vedovo di Fulvia) con Ottavia, sorella di Ottaviano. Accordo di Miseno → nel 39 a.C. i triumviri si incontrarono a Capo Miseno per giungere a un compromesso con Sesto Pompeo al quale riconobbero anche la Corsica e il Peloponneso. Sesto, inoltre, veniva designato al consolato. Antonio tuttavia non consegnò il Peloponneso e Sesto Pompeo riprese le scorrerie. Ottaviano venne sconfitto da Sesto Pompeo nel 38 a.C. e chiese aiuto ad Antonio affinché quest’ultimo gli inviasse una flotta di 120 navi promettendogli in cambio l’invio di 20.000 legionari per la campagna partica che lo stesso Antonio si accingeva a intraprendere. Accordo di Taranto → fatto nel 37 a.C. per rinnovare il triumvirato. Le operazioni contro Sesto Pompeo vennero affidate da Ottaviano al suo fedele sostenitore Agrippa il quale conseguì una prima vittoria a Milazzo nel 36 a.C. e infine un ulteriore successo a Nauloco. Sesto fuggì in Oriente e fu ucciso l’anno seguente da Antonio. Lepido → aveva dato un contributo contro la sconfitta di Sesto e adesso rivendicava per sé il dominio dell’isola ma venne abbandonato dalle sue truppe ed estromesso da Ottaviano e costretto al ritiro dalla scena politica, pur mantenendo la carica di pontefice massimo. Ottaviano → una volta rientrato a Roma ottenne la sacrosanctitas dei tribuni della plebe e tra il 35 e il 34 a.C. si impegnò in una campagna militare in Pannonia e Dalmazia contro gli Illiri (4ª guerra illirica). 24 – Antonio e Ottaviano (terza guerra civile). La provincializzazione dell’Egitto Basso (luogotenente di Antonio) → nel 39 e nel 38 a.C. aveva sconfitto i nemici, senza però conseguire concreti ampliamenti territoriali. 41 Antonio mise insieme un consistente esercito anche se non poté contare sui legionari che Ottaviano gli aveva promesso precedentemente. Antonio intanto aveva intessuto con la regina Cleopatra una relazione dalla quale erano nati 3 figli, riconosciuti come figli legittimi nonostante egli avesse contratto nozze con Ottavia e per la legge non potesse sposare una donna straniera. Spedizione partica → non sortì i risultati sperati ma comportò gravi perdite e conseguì unicamente il modesto risultato della conquista dell’Armenia. Tuttavia, questa conquista fu celebrata ad Alessandria d’Egitto e Antonio assegnò, attraverso la cosiddetta “donazione di Alessandria”, alcune aree in Oriente alla moglie, ai suoi tre figli e a Cesarione. Antonio, inoltre, dichiarò la paternità di Cesarione ed espresse la volontà di essere seppellito ad Alessandria e non a Roma. Per di più egli aveva rimandato indietro nel 35 a.C. la moglie Ottavia → questo gesto fu agli occhi dell’opinione pubblica un vero e proprio affronto non soltanto perché si trattava del ripudio della moglie legittima e sorella di Ottaviano ma anche perché rappresentava un vero e proprio smacco al mos maiorum. 3ª guerra civile → Ottaviano (non più triumviro ma forte del giuramento di fedeltà da parte di tutta l’Italia) sconfisse nel 31 a.C. Cleopatra (ma in realtà Antonio) ad Azio in Epiro, grazie alla grande competenza di Agrippa. Nel 30 a.C.: o Ottaviano si impadronì di Alessandria o Antonio e Cleopatra si suicidarono o Cesarione venne eliminato o I figli di Antonio e Cleopatra vennero affidati a Ottavia o L’Egitto divenne una provincia romana Con questa vittoria Ottaviano divenne il padrone assoluto dello Stato romano. Ottaviano si affrettò ad eliminare anche un altro potenziale avversario, ossia Antillo, figlio di Antonio e Fulvia ma dovette ben presto fare i conti con una serie di difficoltà determinate sia dal passaggio di oltre 300 senatori dalla parte di Antonio sia dal malumore persistente dei soldati, molti dei quali congedati senza premi → questi problemi non furono del tutto risolti e spiegano almeno in parte le ostilità e il dissenso a più riprese manifestati nei confronti di Ottaviano, futuro Augusto. PARTE TERZA – L’IMPERO (27 a.C. – 476 d.C.) 7 – DA AUGUSTO AGLI ANTONINI 1 – Ottaviano diviene Augusto: la nascita del principato Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto (27 a.C. – 14 d.C.) Ritornato a Roma dall’Oriente, Ottaviano nel 29 a.C. celebrò un triplice trionfo (campagne dalmatiche, battaglia di Azio, sconfitta dell’Egitto) e assunse come prenome il titolo di imperator. Nel 28 a.C. assunse quello di priceps senatus fortemente allusivo al suo primato all’interno dello Stato repubblicano e abrogò le norme risalenti all’età triumvirale. Nel 27 a.C. egli procedette alla restituzione della Repubblica al senato e al popolo romano e successivamente gli venne conferito per decreto del senato il cognomen di Augustus (termine connotato da una forte valenza religiosa e cultuale connesso sia con il termine “accresco” sia con “autorevolezza, conseguente a una particolare predilezione divina”). Il culto di Augusto trovò accoglimento favorevole soprattutto in area micrasiatica, come documenta l’epistola di Massimo, proconsole d’Asia → il governatore aveva scritto all’assemblea provinciale 42 affinché venisse adottato il dies natalis (= giorno della nascita) augusteo, come giorno d’inizio dell’anno ufficiale della provincia: l’introduzione nella provincia d’Asia del calendario giuliano- asianico rivela l’aspetto più significativo del nuovo culto, ossia l’importanza ideologica del giorno natale dell’imperatore. Augusto → tentò fin da subito di veicolare un’immagine di sé e del proprio operato in perfetta sintonia con il passato repubblicano, immettendo tuttavia linfa nuova e trasformando l’assetto politico in una nuova forma di governo. Sull’effettiva sostanza monarchica non si possono avanzare dubbi, anche se taluni studiosi hanno preferito parlare di mascheramento ideologico, altri, invece, hanno colto un’opera costante di mediazione e compromesso tra due linee di tendenza fra loro contrapposte, l’una tradizionalista (propria degli esponenti delle gens repubblicane), l’altra innovatrice (ispirata a modelli autocratici ellenistici di tipo egiziano-asiano, condivisi dal popolo e dall’esercito ed espressi dalla linea antoniana della famiglia giulio-claudia). Dell’esperienza repubblicana, Augusto recuperò il mos maiorum; d’altro canto, però, egli sentì la necessità di giustificare attraverso il consensus universorum (= consenso unanime) la concentrazione nella propria persona di poteri normalmente ripartiti fra più magistrati, senza per questo ricoprire le magistrature. In altre parole, separò i poteri dalle cariche, così da rispettare formalmente i criteri fissati dal mos maiorum di collegialità, annualità ed eleggibilità. A questa linea di compromesso Augusto non esitò a sacrificare persino gli affetti familiari, pur mettendo d’accordo forze contrastanti allo scopo di scongiurare ed eventualmente contrastare gli inevitabili dissensi. 2 – I poteri di Augusto Fino al 32 a.C. Ottaviano aveva detenuto l’imperium triumvirale di durata decennale. Dal 31 al 23 a.C. ricoprì ininterrottamente la carica di console tenendo dunque l’imperium consulare. Nel 27 a.C. Ottaviano assunse il titolo di Augusto e in quell’anno rivestiva il consolato e nella stessa data gli fu attribuito un comando provinciale di durata decennale. Nel 23 a.C. si dimise dalla carica di console e per un verso assunse la potestà tribunizia vitalizia che garantì al principe le prerogative proprie dei tribuni della plebe e che veniva rinnovata ogni anno, per un altro ebbe il potere proconsolare rinnovabile a vita che costituì un’estensione del comando provinciale eccezionale ricevuto nel 27 a.C. e che si tradusse in un potere militare esteso a tutte le province dell’Impero, quindi superiore a quello degli altri governatori di provincia. Nel 12 a.C. assunse anche la carica di pontefice massimo. Questi tre poteri (potestà tribunizia vitalizia, potere proconsolare e pontefice massimo) unitamente all’auctoritas rendevano Augusto un princeps (“preso per primo” = imperatore), anche se questo primato diventerà una magistratura in senso proprio soltanto con l’avvento del Flavi. Ottaviano Augusto ha pragmaticamente seguito un percorso ispirato a una logica di base, ma soggetto in corso d’opera a continui e fluidi aggiustamenti, individuabili in 5 fasi principali: o 30-28 a.C. – impostazione del progetto ottavianeo → nel 30 a.C. viene affidata la carica di prefetto d’Egitto a Gallo e viene vietato l’accesso ai senatori nella ricca provincia egiziana; nel 29 a.C. ai senatori fu proibito di uscire dall’Italia senza permesso e sempre in quest’anno furono celebrati due trionfi; nel 28 a.C. Ottaviano divenne princeps senatus (= senatore) che “primo fra pari” aveva la facoltà di convocare e presiedere l’assemblea 45 − Governatore di una provincia del popolo di minore importanza 7. Consolato 8. Funzioni consolari (proprie dell’ex console) − Cura degli edifici sacri e delle opere e dei luoghi pubblici, cura delle sponde e del letto del Tevere e delle fogne, cura delle acque − Governatore di una provincia imperiale più importante − Governatore di una provincia del popolo più importante − Prefetto della città di Roma 9. Censura → magistratura ormai rivestita unicamente dagli imperatori e destinata a scomparire con Domiziano Appartenenza all’ordine equestre → non era ereditaria ma individuale e l’accesso era consentito a chi avesse un censo minimo di 400.00 sesterzi. Augusto gettò le basi per formalizzare una carriera parallela a quella dei senatori in vista di una composizione armonica fra senatori e cavalieri indispensabile per la stabilità stessa dello Stato. Questo particolare cursus honorum equestre si strutturò su tre successivi livelli di incarichi che offrirono ai cavalieri una basilare legittimazione politica: 1. Carriera militare, rappresentata dalle milizie equestri → apprendistato militare obbligatorio di durata almeno triennale articolata nelle seguenti tappe: − Prefettura coortale: comando di un reparto di fanteria ausiliaria − Tribunato militare angusticlavio: comando di un reparto legionario che traeva il nome dalla stretta banda purpurea della toga indossata dal tribuno come abito tradizionale − Prefettura alare: comando di un reparto di cavalleria ausiliaria 2. Carriera “burocratica”, rappresentata dalle procuratele → incarichi finanziari svolti dal procurator Augusti a Roma; funzioni amministrative e militari svolte dal procurator provinciae in alcune province imperiali; mansioni specifiche (sovrintendente delle biblioteche imperiali, incaricato delle petizioni per i procedimenti giudiziari da tenersi al cospetto dell’imperatore e della corrispondenza privata, preposto alla corrispondenza istituzionale e alle suppliche, preposto alle finanze) 3. Mansioni apicali → rappresentate dalle prefetture via via di livello sempre più prestigioso, le quali potevano consistere nel governo di piccole province, nel comando di una delle due flotte imperiali di Miseno e di Ravenna o delle sette coorti dei vigili, nella gestione dell’approvvigionamento cerealicolo, nel governo di Alessandria e dell’Egitto e nel comando delle coorti pretorie. La prefettura al pretorio poteva essere ricoperta talora da un singolo talaltra da più di un individuo. Nel 100 d.C. la carriera equestre arrivò a prevedere ben 150 incarichi militari e un centinaio di procuratele, tutte ben remunerate. Le curatele (nel cursus honorium senatorio), le procuratele (carriera equestre) e le prefetture ricoperte da esponenti di entrambi gli ordines rappresentano quei nova officia (= nuovi incarichi) di cui parla Svetonio e che per un verso depotenziavano le magistrature ordinarie, per un altro andavano a costituire il nucleo delle riforme amministrative augustee, a “burocratizzare”, cioè, le funzioni pubbliche, conducendo alla creazione e allo sviluppo di una sorta di “funzionariato”. Oltre a senatori e cavalieri la struttura sociale dell’impero annovera dei protagonisti d’eccezione, i liberti → ex schiavi poi liberati dai loro padroni e spesso dediti ad attività imprenditoriali particolarmente redditizie. Una legge vietò ai liberti l’accesso alle magistrature e ne condannò le frequenti usurpazioni di status a danno dei cavalieri. Una particolare categoria di liberti era costituita da quelli appartenenti alla domus imperiale, i quali conosceranno un momento di grande 46 potere e prestigio nell’epoca di Claudio; successivamente poi il loro ruolo verrà notevolmente ridimensionato e molte delle loro mansioni amministrative saranno trasferite alla “burocrazia” equestre. All’ultimo gradino della piramide sociale troviamo gli schiavi → il loro numero dovette progressivamente andare incontro a una riduzione (sia perché era stata debellata la pirateria, sia perché le guerre di espansione diminuirono) anche se il personale schiavile si autoalimentava attraverso la riproduzione all’interno delle case dei padroni, è tuttavia innegabile che per un verso la diffusione di correnti religiose come il cristianesimo e per un altro la necessità di modificare il sistema di coltivazione della terra attraverso l’impiego di contadini liberi comportarono un graduale decremento degli schiavi e una progressiva scomparsa del sistema repubblicano della villa schiavistica. Mobilità sociale → l’accesso al senato si estese a elementi provinciali (a partire dal 100 d.C.). Un altro canale di mobilità era rappresentato dall’ordine equestre attraverso la adlectio. Inoltre, l’ordine equestre possedeva un bacino di reclutamento all’interno di quello che potremmo definire un “terzo” ordo, quello dei decurioni (= strato degli esponenti dei singoli senati locali). Anche l’esercito rappresentava un ulteriore veicolo di mobilità sociale, dal momento che i peregrini, al termine del servizio militare, ottenevano la cittadinanza romana fondamentale strumento d’integrazione. La manomissione (liberazione di uno schiavo dalla sua condizione) offriva all’ex schiavo divenuto liberto opportunità non indifferenti di ascesa sociale. 4 – Roma, l’Italia e le province Augusto → manifestò in molte occasioni la propria gratitudine alla plebe urbana che in larga misura lo aveva sostenuto. Così si preoccupò di istituire alcune commissioni senatorie delegate alla sorveglianza e alla manutenzione degli argini del Tevere, ma soprattutto si profuse in gesti munifici, quali spettacoli di gladiatori, giochi, distribuzioni di denaro e grano (con il suo patrimonio). Roma conobbe un periodo di intensa attività edilizia → acquedotti, impianti termali, tempio per Cesare, Foro di Augusto, Pantheon, Mausoleo, pilastri bronzei con incise le Res gestae. Razionalizzazione dei servizi urbani → la situazione di emergenza emersa nel 22 a.C. in seguito a una carestia aveva messo in evidenza quanto fosse delicato il problema dell’approvvigionamento alimentare di una città grande come Roma: fu così che Augusto decide di creare un servizio stabile affidato a un equestre. L’altro punto debole della città era costituito dagli incendi, per fronteggiare i quali furono istituite le sette coorti di vigili del fuoco, anch’esse al comando di un equestre. Nel 7 a.C. la città fu ripartita in 14 circoscrizioni amministrative (regiones), suddivise a loro volta in quartieri, retti da magistri, eletti annualmente dai residenti. L’Italia venne invece divisa in 11 regiones allo scopo di agevolare le operazioni di censimento. Le province furono ripartite in due categorie: 1. Imperiali → province non pacificate e quindi non sicure; sede di uno o più distaccamenti legionari. Qui Augusto esercitava il proprio comando attraverso ex consoli o ex pretori di nomina imperiale. Non erano presenti questori ma solo procuratori di rango equestre incaricati dell’amministrazione dei beni fondiari imperiali, delle cave e miniere 2. Senatorie → province del popolo; prive di legioni. Erano governate da promagistrati (proconsoli o propretori) scelti mediante sorteggio, in carica per un anno con mansioni giurisdizionali e comando su piccole unità ausiliarie. Qui i questori svolgevano i loro compiti di natura finanziaria e i procuratori amministravano i beni imperiali. Augusto poteva comunque intervenire anche su queste province in virtù del suo imperium e della sua auctoritas. 47 Questa divisione in due gruppi non era statica, infatti province imperiali potevano passare sotto il controllo del senato e viceversa. Rispetto a questa bipartizione, l'Egitto, provincia ricchissima, ebbe invece uno statuto particolare, poiché fu affidato a un funzionario equestre di nomina imperiale, il prefetto d'Alessandria e d'Egitto; l'accesso alla provincia fu vietato ai senatori. Riscossione delle imposte nelle province → Augusto per un verso fece assegnare cospicui stipendi fissi ai governatori, per un altro stabilì attraverso periodici censimenti una connessione reale fra il ricavo fiscale della singola provincia e la sua concreta capacità contributiva. Due tasse principali → imposta personale pagata dalla singola persona fisica in età adulta e imposta fondiaria, versata da ciascun proprietario terriero a eccezione dei cittadini romani residenti a Roma. Le tasse riscosse nelle province imperiali confluivano nella cassa imperiale, quelle provenienti dalle province del popolo venivano incamerate nella cassa repubblicana, nella quale confluiva forse anche una tassa del 4% sul commercio degli schiavi. Augusto riorganizzò il sistema monetario → le monete d'oro e d'argento venivano emesse dell'imperatore; la coniazione di moneta in rame e in oricalco era invece riservata al senato. Istituzione del cursus publicus → servizio postale imperiale, basato sulla combinazione fra le reti viarie e la dislocazione strategica di luoghi di sosta, distinti in locande e stalle lungo la via allo scopo di garantire alloggio e cavalcature fresche ai corrieri imperiali. In ogni provincia si tenevano assemblee periodiche nelle quali i rappresentanti dei centri urbani provvedevano al culto di Roma e Augusto e discutevano problemi di interesse collettivo. 5 – La riorganizzazione dell'esercito e la politica estera Augusto istituì nel 6 d.C. il tesoro militare → per far fronte alle spese dell'esercito. Fu alimentato inizialmente dallo stesso principe e poi attraverso gli introiti derivanti da due tasse. Augusto procedette a una riforma totale dell'esercito, articolandolo in 6 fondamentali reparti: 1. Legioni → unità tattiche permanenti costituite da cittadini romani. Con Augusto furono ridotte a 25. Il legionario doveva rimanere in servizio per un ventennio, percepiva uno stipendio annuo di 225 denarii e doveva provvedere personalmente all'acquisto di viveri, abbigliamento e armi. Le legioni erano comandate dai legati Augusti (= governatori delle province imperiali) e dai loro diretti subordinati, i legati legionis. I veterani ricevevano al momento dell'uscita dal servizio una liquidazione da destinare all'acquisto di terre. Il principe vietò ai soldati in servizio di contrarre nozze (se fossero nati figli avrebbero dovuto arruolarsi per avere la cittadinanza). Inizialmente il reclutamento era solo tra gli italici, poi si iniziò ad arruolare persone delle province extraitaliche 2. Coorti pretorie → composte di cittadini romani residenti in prevalenza in Italia, arruolati allo scopo di militare nella guardia imperiale e di presidiare l'Italia, dove alle legioni era vietato lo stanziamento. I pretoriani rimanevano in servizio per 16 anni, guadagnavano il triplo dei legionari e anche la buonuscita era maggiore. Essi esercitarono nella storia imperiale un'influenza spesso decisiva, data anche la loro vicinanza fisica all’imperatore 3. Truppe ausiliarie → formate da elementi provinciali e costituite da coorti di fanti, cavalieri, arcieri e frombolieri. Al congedo potevano ottenere la cittadinanza 4. Flotte → erano 2 con sedi stabili a Ravenna e a Capo Miseno. I marinai della flotta rimanevano in servizio per 25 anni ed erano arruolati fra i provinciali e dunque non erano cittadini romani 50 Politica estera → Tiberio non si impegnò direttamente in spedizioni militari ma, sia sul fronte settentrionale sia su quello orientale, aveva delegato Germanico: o Sconfisse Arminio tra il 14 e il 16 d.C. o Gli fu attribuito il trionfo e l’imperium proconsolare in tutte le province orientali o Si fece promotore di una politica diplomatica con il re dei Parti imponendo sul trono armeno il filoromano Zenone o Furono istituite le nuove province di Commagene e Cappadocia o Parte della Cilicia venne annessa alla provincia di Siria o Domò le rivolte in Tracia e Gallia o Sconfisse il numida Tacfarinas in Africa settentrionale o Fece rimuovere dall’incarico nel 36 d.C. Ponzio Pilato, sotto il quale si erano verificate la predicazione e poi la crocifissione di Gesù di Nazareth Politica interna → Tiberio mostrò oculatezza nell’uso delle risorse pubbliche; rivolse particolare attenzione alle esigenze di molte province d’Asia danneggiate dai terremoti e tentò di rispettare il senato almeno fino al momento dell’eliminazione di Seiano; le assemblee popolari persero completamente la funzione elettiva dei magistrati superiori. Tiberio morì nel 37 d.C. all’età di 78 anni. Gaio Giulio Cesare Augusto Germanico, detto Caligola (37 – 41 d.C.) Il testamento di Tiberio indicava due eredi ufficiali: 1. Tiberio Gemello (figlio di Druso Minore) 2. Gaio (figlio di Germanico), soprannominato “Caligola” dal nome di una calzatura militare indossata da bambino quando era al seguito del padre negli accampamenti in Germania Caligola era avvantaggiato (sia sul piano della discendenza sia dal punto di vista del prestigio goduto dal padre) e infatti divenne imperatore. La successione di Caligola mostra per la prima volta l’intromissione dei pretoriani, la cui acclamazione precedette la ratifica da parte del senato. Caligola → in una prima brevissima fase di regno, l’imperatore sembrò voler cercare un’intesa con il senato. Nel 37 d.C., però, Caligola si ammalò e il prefetto al pretorio Macrone si adoperò per la successione di Tiberio Gemello: Caligola reagì con violenza inducendo al suicidio sia Tiberio Gemello sia Macrone. Da questo momento egli si guastò con i senatori. Nel 39 d.C. il governatore della Germania Superiore, Getulico, ordì una congiura, con l’intento di imporre come imperatore il figlio di Agrippina Enobardo (= futuro imperatore Nerone). Ma Getulico e i suoi colleghi cospiratori furono condannati. Politica estera → Caligola ripristinò dei regni clienti con la Commagene, l’Armenia Minore, il Ponto insieme al Bosforo Cimmerio, una parte della Tracia e la Palestina. Tra il 39 e il 40 d.C. Caligola tentò una vasta campagna di espansione in Britannia e vinse anche se l’impresa fu completata dal successore Claudio (futuro imperatore), il quale concluderà anche un’altra conquista ossia l’acquisizione della Mauretania. Politica interna → Caligola nel 40 d.C. accettò gli onori divini offertigli dal senato e l’istituzione di un culto in suo onore in un tempio sul Palatino; rivalutò il culto di Iside e giunse persino a progettare di far porre un simulacro di Giove con le proprie fattezze nel Tempio di Gerusalemme, determinando violenti contrasti con gli ebrei. Caligola perì vittima di una congiura organizzata dai pretoriani con la complicità dei senatori, cavalieri e liberti imperiali e subì la condanna della memoria (= cancellazione di ogni traccia dell’imperatore) in quanto dichiarato nemico dello Stato romano. 51 Tiberio Claudio Druso, poi Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico (41 – 54 d.C.) Alla morte di Caligola i pretoriani acclamarono Claudio (zio di Caligola) che rappresentava il giunto di collegamento fra la discendenza giulia e quella claudia ma non era mai stato adottato dai Giuli. Claudio → seppe trovare una mediazione, venendo incontro alle esigenze provenienti da tutti gli strati della società: o L’aristocrazia senatoria, attraverso la sospensione dei processi di lesa maestà e il rimpatrio degli esuli o I militari, grazie alla promozione di campagne di conquista o La plebe urbana, mediante la realizzazione di edifici di pubblica utilità o I cavalieri e i liberti, rispettivamente tramite l’incremento dei procuratores Caesaris e la riorganizzazione burocratica della domus Augusta Nel 42 d.C. completò la conquista della Mauretania e nel 43 d.C. portò a compimento una vittoriosa campagna nella Britannia sudoccidentale. Creò la provincia di Licia, provincializzò la Tracia e la Giudea ma restituì il regno di Commagene al suo sovrano. Opere pubbliche → ampliamento del porto di Ostia, due nuovi acquedotti, allestimento di spettacoli e concessione di numerose frumentationes. Modifica delle segreterie imperiali → trasferendo dal privato al pubblico la consuetudine propria delle grandi famiglie aristocratiche di affidare l’amministrazione della domus ai liberti: il tradizionale personale di servizio si trasformava in “funzionariato” statale nell’ufficio pubblico centrale gestito da potenti liberti. Le finanze furono affidate a Pallante, la corrispondenza istituzionale e le suppliche a Narcisso, le petizioni per i procedimenti giudiziari da tenersi al cospetto dell’imperatore e la corrispondenza privata a Polibio. Claudio → intervenne nel processo di integrazione dei provinciali già romanizzati attraverso la concessione della cittadinanza romana ad alcune popolazioni alpine. L’imperatore concesse anche l’ammissione in senato ai notabili della Gallia Comata. Claudio concesse la cittadinanza romana anche ai soldati che avevano prestato servizio onorevole negli auxilia. Le due ultime due mogli di Claudio condizionarono le sue scelte politiche: o Messalina → madre di Ottavia e Britannico. Cercando di assicurare al figlio la successione cercò l’appoggio dei liberti imperiali e contrasse matrimonio con un giovane console: la donna, l’amante e i figli furono condannati a morte o Agrippina Minore → madre di Enobardo. Ella fece in modo che suo figlio si fidanzasse con Ottavia e nel 50 d.C. impose al marito di adottare suo figlio, il quale nel 53 d.C. sposò Ottavia Nel 54 d.C. Claudio morì, ma il nome di Britannico compariva, nonostante tutto, su un piano paritario accanto a quello di Enobardo (Nerone) nelle disposizioni testamentarie dell’imperatore. Lucio Domizio Enobardo, poi Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico (54 – 68 d.C.) Britannico non fu tenuto in considerazione da pretoriani e senatori. Nerone sembrava garantire alcune “garanzie” poiché rappresentava un discendente di Germanico e nello stesso tempo simboleggiava una possibile convergenza di interessi fra senatori e pretoriani (rappresentati da due figure: Seneca e Burro). Dal 54 al 59 d.C. si parla di quinquennio fortunato perché effettivamente i rapporti fra senatori e pretoriani non furono conflittuali. 52 A partire dal 59 d.C., però, la condotta di Nerone cominciò a sfuggire progressivamente al pressante controllo della madre, del precettore e del prefetto al pretorio e ad assumere una deriva assolutistica di stampo teocratico. Nerone (sposato con Ottavia), strinse una relazione con una liberta e si invaghì di un’altra donna; fece assassinare sua madre, quando essa si oppose alla volontà del figlio di divorziare da Ottavia; poi uccise anche Ottavia; morì Burro e Seneca prese le distanze da ogni coinvolgimento politico. Si affacciavano così sulla scena la nuova moglie di Nerone, Poppea e i nuovi prefetti al pretorio, Tigellino e Rufo. Politica interna → organizzazione di spettacoli musicali, allestimento di nuove feste e di agoni ginnici, costruzione di un ginnasio e di terme a Roma. Nel 64 d.C. attuò una fondamentale riforma monetaria, consistente nella riduzione del peso e del fino della moneta d’oro e di quella d’argento: questa riforma consentì di coniare un numero maggiore di monete con la stessa quantità di metallo e quindi di aumentarne il volume circolante. Tale riforma determinò un cambio sfavorevole per i detentori di monete d’oro, tra cui anche i senatori, ma vantaggioso per i debitori e specialmente per i detentori di monete d’argento (commercianti, piccoli e medi proprietari, soldati e liberti). Politica estera → risultati significativi in Britannia (soffocata la rivolta di Boudicca, regina degli Iceni), in Armenia (composizione diplomatica del conflitto con i Parti) e in Giudea (sedata la rivolta degli Zeloti). Nel 64 d.C. uno spaventoso incendio distrusse 10 delle 14 regiones di Roma e la responsabilità fu da alcuni attribuita a Nerone e alle sue esigenze di spazio per l’edificazione del palazzo imperiale. Nerone, per allontanare da sé qualunque sospetto, scaricò ogni colpa sui cristiani, i quali subirono così la prima vera persecuzione. I culti stranieri furono particolarmente in auge con Nerone (Poppea era talmente vicina alla religione egizia che si fece imbalsamare). A causa dell’allontanamento dal mos maiorum e della sua “alternatività”, Nerone ebbe “cattiva stampa” (perversione, personalità narcisistica). Nel 65 d.C. fu ordinata la congiura dei Pisoni ma il complotto venne sventato e rimasero coinvolti il poeta Lucano, il filosofo Seneca, Rufo, Arbitro e il filosofo Peto. Nel 66 d.C. Nerone si recò in Grecia dove partecipò agli agoni, diede avvio al progetto del taglio dell’istmo di Corinto, concesse la libertà alla Grecia e l’esenzione dalle imposte ai suoi abitanti. Otone (governatore della Lusitania) e Galba (governatore della Spagna Terraconense), con il sostegno di Sabino, si sollevarono e Nerone fu dichiarato nemico pubblico dal senato. Nerone si suicidò e subì la condanna della memoria (cancellazione di ogni traccia dell’imperatore). 8 – I commerci con l’Oriente e il “drenaggio” dell’oro La grande espansione territoriale dell’Impero nell’arco di poco più di un secolo ebbe ripercussioni sull’ampliamento dei mercati. Oro, piombo, stagno, ferro, marmi, carbone, sale, bestiame, pellame, seta, spezie, pietre preziose → erano i prodotti di lusso che giungevano sia dalle aree mitteleuropee sia dall’Oriente asiatico. Accanto a questi esistevano beni di prima necessità come il frumento, importato da Egitto, Sicilia; l’olio dalla Spagna; il vino dalla Gallia; indispensabili per sopperire in particolare ai bisogni di una città come Roma (1.000.000 di persone). C’era un apposito magistrato di rango equestre, il prefetto dell’annona, incaricato del rifornimento e dell’immagazzinamento soprattutto di grano, olio, vino e carne suina. Anche la produzione di vino e di ceramica fine da mensa in Gallia era divenuta decisamente concorrenziale: così i manufatti italici di terra sigillata (vasellame fine da mensa) finirono 55 o Espansione in Britannia → condotta da Frontino (Nerva) e da Agricola (suocero di Tacito) o Annessione degli agri decumantes (= terreni sottoposti a decima) lungo il corso del Reno e del Danubio, allo scopo di creare una cintura difensiva o Occupazione del regno satellite della Commagene, incorporato nella provincia di Siria nel 72 d.C. o Annessione dell’Armenia Minore, inglobata nella provincia di Galazia-Cappadocia o Creazione della provincia unica di Licia e Panfilia nel 71-72 d.C. e la costituzione della provincia di Cilicia separata dalla Siria o Concessione a tutta la Spagna della cittadinanza di diritto latino e lo statuto municipale Politica interna → progressivo accentramento e accumulo delle cariche nella persone dell’imperatore e dei suoi figli; tentativo di risanare le casse statali, dissanguate da Nerone e dalla guerra civile: Vespasiano fu un imperatore parsimonioso sia perché cercò di risparmiare sia perché aumentò le tasse e ne inventò di nuove; i liberti presenti nella domus imperiale furono gradualmente sostituiti da funzionari appartenenti all’ordine equestre che venivano a svolgere un servizio pubblico nelle segreterie centrali; furono istituite due cattedre di retorica; venne edificato il Tempio della Pace nell’area dei Fori; l’Anfiteatro Flavio (Colosseo) costruito sotto Vespasiano, fu inaugurato durante il regno di Tito. Tito Flavio Vespasiano (79 – 81 d.C.) Alla morte del padre al nuovo imperatore erano stati conferiti i titoli di Augustus e pater patriae. La successione avvenne in un clima di relativa serenità anche se fu accolta con diffidenza la relazione dell’imperatore con la principessa giudaica Berenice la quale quindi fu allontanata da Roma dallo stesso Tito. Nonostante la sua responsabilità nella distruzione del Tempio di Gerusalemme, Tito ebbe comportamenti generosi in concomitanza con alcuni eventi calamitosi: o Eruzione del Vesuvio (79 d.C.) → Tito istituì i curatores restituendae Campaniae (= due consolari che avevano il compito di gestire i finanziamenti per la ricostruzione) o Epidemia di peste e incendio di Roma (80 d.C.) → ulteriori esborsi economici da parte di Tito Amore per la città → edificazione delle terme; completamento della ricostruzione del Tempio Capitolino; inaugurazione del Colosseo; celebrazione di giochi che garantirono a Tito grande benevolenza da parte degli strati sociali meno abbienti. L’imperatore morì di malattia poco più che quarantenne. Tito Flavio Domiziano (81 – 96 d.C.) Domiziano fu negativamente connotato come autocrate e pretese l’appellativo di dominus et deus. Politica interna → diede impulso alla riforma del funzionariato equestre all’interno della domus imperiale; ridimensionò il recupero dei subseciva voluto dal padre, al punto da consentire il pieno possesso in tutta Italia di quei terreni non ancora requisiti; con un editto nel 92 d.C. proibì l’incremento dei vigneti in Italia e impose lo smantellamento della metà di quelli presenti nelle province (potenziare la produzione cerealicola); politica di moralizzazione dei costumi, vietando l’evirazione e condannando il crimine di adulterio, le donne svergognate, la prostituzione minorile e le vestali fedifraghe insieme con i loro amanti. Politica estera → vittoriosa campagna militare contro i Catti (popolazione germanica); Agricola proseguì le conquiste già iniziate sotto Vespasiano in Britannia, sconfiggendo i Caledoni guidati da Calgaco nell’83 d.C.; nell’84-85 d.C. fu la volta della Dacia, qui il re Decebalo si rivelò un avversario tanto temibile che Domiziano fu costretto a concludere con lui un inglorioso trattato in 56 base al quale il sovrano accettava la dipendenza dall’Impero romano, ma riceveva in cambio una consistente somma di denaro. Però, contro Domiziano si coagulò un forte risentimento → l’imperatore morì in una congiura ordita dai prefetti al pretorio Secondo e Norbano e dalla ex moglie Domizia Longina. La congiura fu favorita dall’isolamento del princeps e dall’ostilità del senato che ne decretò la damnatio memoriae e proclamò imperatore Nerva. 12 – Nerva: la creazione del principato adottivo Marco Cocceio Nerva (96 – 98 d.C.) I senatori che avevano ordito la congiura contro Domiziano riuscirono ad imporre Nerva come imperatore (uomo di 66 anni, privo di discendenza, di salute cagionevole). La prima preoccupazione di Nerva fu il ritorno all’ordine interno attraverso una serie di provvedimenti nel segno dell’equilibrio, della continuità, della conciliazione e della moralizzazione: o Concessioni di donativa ai pretoriani devoti alla memoria di Domiziano o Richiamo degli esuli e restituzione dei beni confiscati o Approvazione in senato della damnatio memoriae del predecessore o Abolizione completa della tassa ai soli ebrei o Condanna della pratica della delazione (tradimento) o Sospensione dell’accusa di lesa maestà o Divieto dell’evirazione e concessione agli histriones di esibirsi pubblicamente o Divieto delle nozze tra zio e nipote Ristabilito l’ordine interno, l’imperatore si dedicò a provvedimenti di politica finanziaria, sociale e di pubblica utilità: o Costituzione di una commissione di 5 membri “per ridurre le spese pubbliche” o Diminuzione dell’imposta di successione per i nuovi cittadini o Introduzione di un praetor fiscalis per dirimere le contese tra fisco e privati o Esonero delle comunità italiche dal cursus publicus, il cui onere fu trasferito alla cassa imperiale o Assegnazione tramite lex agraria di lotti di terreno in Italia e in Africa a cittadini nullatenenti o Varo del programma di institutiones alimentariae → lo stato concedeva prestiti ai proprietari terrieri i quali da un canto mettevano a coltura i terreni e dall’altro versavano modici interessi nelle casse dei propri municipi locali o Riorganizzazione dell’approvvigionamento idrico di Roma Il breve principato di Nerva incontrò nel 97 d.C. un fronte di opposizione. Nerva, per evitare una guerra civile optò per una soluzione “meritocratica”, ossia scelse di adottare un uomo di origine spagnola di grande esperienza militare che era Traiano. Così quando Nerva morì la successione fu senza disordini. Il criterio dell’adozione del successore basato sulla “scelta del migliore” inaugurò una nuova fase del Principato destinata a durare fino al regno di Marco Aurelio. 13 – Gli imperatori adottivi e il cosiddetto impero “umanistico”: Traiano, Adriano, Antonino Pio, Marco Aurelio e Lucio Vero Marco Ulpio Traiano (98 – 117 d.C.) Primo principe di origine provinciale. Seppe armonizzare le proprie qualità di soldato con il gradimento da parte dell’ordine senatorio. Politica estera → caratterizzata da tre dati salienti: 57 1. Guerre di conquista: − Campagne daciche → due campagne (101-102 e 105-106 d.C.) che videro la sconfitta definitiva del re Decebalo, costretto al suicidio, la distruzione della capitale del regno e la provincializzazione della Dacia. Una rappresentazione iconografiche delle due guerre daciche è offerta dai pannelli che rivestono il fusto della colonna del grandioso Foro di Traiano − Annessione del regno dei Nebatei → venne conquistato nel 106 d.C. e vi istituita la provincia dell’Arabia Petraca: ciò comportò il controllo delle importanti città carovaniere di Bosra e Petra, fondamentale snodo della famosa “via delle spezie” attraverso la quale i prodotti esotici giungevano nel bacino del Mediterraneo − Spedizione partica → provincializzazione dell’Armenia nel 114 d.C., creazione della provincia di Mesopotamia nel 115 d.C. e conquista nel 116 d.C. della capitale partica di Ctesifonte. Le province costituite da Traiano ebbero una durata effimera 2. Scoppio di una rivolta ebraica → Traiano fu indotto ad abbandonare il teatro delle operazioni partiche a causa anche di una vasta rivolta delle comunità ebraiche della Diaspora (Egitto, Cirenaica, Cipro, Mesopotamia) 3. Gestione dei rapporti con i cristiani → moderato con i cristiani: non dovevano essere ricercati, non potevano essere puniti in presenza di denunce anonime, non dovevano essere perseguitati qualora avessero abiurato la propria fede e sacrificato agli dei pagani Politica interna → gli sforzi dell’imperatore furono rivolti al programma di: 1. Sussidi alimentari → sotto Traiano fu portato a termine il programma di sussidi alimentari già iniziato da Nerva 2. Infrastrutture → costruzione di un’istallazione artificiale in località Portus per agevolare l’attracco delle navi e posta in comunicazione sia con il mare sia con il Tevere; costruzione della via Traiana che collegava Benevento con Brindisi 3. Edilizia → edificazione di un complesso termale e di un nuovo acquedotto, realizzazione del Foro di Traiano 4. Amministrazione: − Potenziamento degli equites nel ruolo di funzionari, distinti sulla base delle classi stipendiali e investiti di numerose procuratele − Introduzione dei curatores rei publicae o curatores civitatis, supervisori delle finanze cittadine nelle relazioni fra centri urbani e cassa imperiale − Rafforzamento della guardia imperiale con 500 e in seguito 1000 equites singulares − Attività dei frumentarii, soldati destinati a sorvegliare le vettovaglie cerealicole ma anche a svolgere funzioni di spionaggio − Attività dei consilium principis, costituito da amici dell’imperatore, ossia dai suoi collaboratori più fidati − Abolizione della vicesima hereditatium per i parenti di primo e secondo grado e la diminuzione dell’entità della tassa per gli altri eredi Publio Elio Adriano (117 – 138 d.C.) Alla morte di Traiano, Adriano esibì un testamento in cui lo stesso imperatore appena deceduto ne proclamava l’adozione; le truppe confermarono tale successione con la propria acclamazione. Adriano era figlio di un cugino o di una cugina di Traiano, era dunque procugino del suo predecessore. Adriano inoltre aveva sposato la pronipote di Traiano. 60 Politica interna → interventi in ambito amministrativo e legislativo: o Ripristino dei 4 distretti istituiti da Adriano in Italia o Ampliamento del numero delle carriere procuratorie o Imposta sui giochi gladiatori o Vietate le nozze fra senatori e liberte o Istituzione del praetor tutelaris (= magistrato incaricato della scelta dei tutori d’ufficio per la gestione dei beni degli orfani impuberi) o Continua la politica dei sussidi alimentari a orfane italiche o Creazione ad Atene di cattedre di varie discipline sovvenzionate dal fisco imperiale Marco associò al potere come coreggente il figlio Commodo nel 177 d.C., facendogli conferire l’imperium e la tribunicia potestas → veniva meno il criterio fondato sulla scelta del “migliore” e si ritornava al principato dinastico basato sulla successione padre-figlio. Marco morì nel 180 d.C. e Commodo gli succedette nel segno di una perfetta continuità, ma sospese le attività belliche e condusse una politica di negoziati con i barbari. 14 – Commodo: il ritorno al principato dinastico Marco Aurelio Commodo Antonino (180 – 192 d.C.) Commodo fu affiancato per qualche anno dagli amici e dai consiglieri fidati del padre, ai quali preferì progressivamente delegare la gestione dell’Impero → questo atteggiamento di disinteresse ebbe come conseguenza per un verso lo strapotere dei prefetti al pretorio e per un altro le congiure di palazzo. Qualcuno tentò anche di uccidere Commodo. Molto tesi furono i rapporti fra il senato e l’imperatore, ritenuto colpevole di aver assunto una condotta autocratica inaccettabile → pretese di essere considerato come Hercules Romanus e di rifondare Roma con il nome di colonia Commodiana. Riscosse invece il consenso della plebe urbana, per la quale incrementò i giochi circensi, ma ciò non bastò a ridare credito all’immagine negativa di principe dispotico e sanguinario: il suo cadavere fu abbandonato fuori dalle mura di Roma e il senato decretò la damnatio memoriae. 15 – Centri urbani e comunità di villaggio: le città e le campagne di un Impero Le fondamentali tipologie insediative della prima età imperiale erano 3, classificabili sulla base del loro livello di integrazione nello Stato romano: 1. Civitates peregrinae (straniere) connotate da statuti giuridici differenti: − Stipendiariae → costrette a pagare un tributo a Roma − Liberae → beneficiarie di particolari concessioni da parte di Roma − Liberae et immunes → esentate dal tributo a Roma − Foederatae → autonome ma legate a Roma da un trattato su base paritaria 2. Municipia → civitates peregrinae alle quali era stato concesso il diritto latino o quello romano 3. Coloniae → città di nuova fondazione i cui abitanti erano cittadini romani, ma anche città preesistenti investite del privilegio onorario da parte di un imperatore Comunità cittadine → ruolo fondamentale di raccordo tra Roma e le disperse realtà locali dell’immensa compagine territoriale imperiale, attraverso la stretta collaborazione garantita al governo centrale da parte delle élite cittadine. 61 Senato locale → organo di governo delle città. Composto di 100 consiglieri chiamati decuriones e appartenenti all’ordo decurionum: essi, dietro pagamento di una somma iniziale erano assunti a vita, dovevano possedere un patrimonio intorno ai 100.000 sesterzi e avere un’età minima di 25/30 anni. Oltre al senato locale c’erano i magistrati supremi → chiamati duoviri nelle coloniae e quattroviri nei municipi, corrispondenti ai consoli di Roma. Questores → sovrintendevano la cassa pubblica. Comizi locali → dove si radunava la popolazione cittadina per l’elezione annuale dei magistrati. Presso le colonie e i municipi c’erano anche collegi di varia tipologia: sacerdotali, professionali e funeratici. I bilanci cittadini dipendevano in larga misura dalle prestazioni più o meno spontanee di privati e magistrati: rientra in questa modalità di funzionamento delle singole comunità cittadine il fenomeno dell’evergetismo (= atto di munificenza attraverso il quale un singolo individuo decideva di farsi carico delle necessità della propria città attraverso gesti di prodigalità che garantirono una perdurante prosperità alle città dell’Impero). L’urbanizzazione dell’Impero non presentava un aspetto uniforme → dalla gerarchia fra i diversi centri abitati si evince come il discrimine fosse determinato dal possesso o meno della cittadinanza romana (questo fino al 212 d.C. quando Caracalla concederà questo privilegio a tutti gli abitanti dell’Impero). La “storia urbana” non può essere scorporata dalla “vicenda” parallela e costante delle comunità di villaggio → agglomerati in genere attestati indipendentemente dalla “romanizzazione” anzi quasi sempre preesistenti alla stessa conquista romana. È sul piano giuridico-istituzionale che può scorgersi il fondamentale discrimine tra città e villaggi → esisteva una città laddove risiedevano i membri dell’ordo decurionum (100 consiglieri), dalla cui consistenza numerica dipendeva di fatto lo statuto urbano di un determinato sito. Comunque, le comunità di villaggio rivestirono un’importanza fondamentale in quanto anelli intermedi di raccordo fra la città e la campagna, strutture di base dell’economia agraria destinate a una lunghissima durata fino ai secoli della Tarda Antichità. 8 – IL III SECOLO 1 – Cinque imperatori in quattro mesi Publio Elvio Pertinace (192 – 193 d.C.) Marco Didio Salvio Giuliano (193 d.C.) Decimo Clodio Settimio Albino (195 – 197 d.C.) Gaio Pescennio Nigro (193 – 194 d.C.) Lucio Settimio Severo (193 – 211 d.C.) Alla morte di Commodo la preferenza fu accordata a Pertinace che fu attento alle esigenze del popolo e dell’esercito → concesse la sepoltura al cadavere di Commodo, tentò di incentivare lo sfruttamento agricolo, di contenere l’inflazione e di ridurre le spese ridimensionando i donativi ai pretoriani. Venne assassinato nel 193 d.C. dopo tre mesi di regno proprio a causa del suo ultimo intervento. 62 Alla sua morte l’Impero venne “messo all’asta” e assegnato a Didio Giuliano ma le legioni acclamarono contemporaneamente Clodio Albino in Britannia, Pescennio Nigro in Siria e Settimio Severo in Pannonia. Quest’ultimò riconobbe il titolo di Cesare a Clodio Albino e marciò su Roma. Qui uccise Didio Giuliano e si volse contro Pescennio Nigro che venne sconfitto nel 194 d.C. a Isso. Nel 197 d.C. Settimio Severo eliminò anche Clodio Albino e rimase a questo punto unico imperatore. 2 – La dinastia severiana, una monarchia militare: Settimio Severo, Caracalla e Geta, Elagabalo, Severo Alessandro Lucio Settimio Severo (193 – 211 d.C.) Era un africano privo di qualunque antenato di origine italica e avvertì ben presto l’esigenza di autolegittimazione, dichiarando nel 195 d.C. di essere figlio di Marco Aurelio e fratello di Commodo. Contrasse matrimonio con una donna orientale altolocata, Giulia Domna, e dal matrimonio nacquero due figli maschi: Caracalla e Geta. Tra il 197 e il 198 d.C. Settimio Severo condusse una seconda campagna partica a seguito della quale espugnò Ctesifonte e costituì la provincia di Mesopotamia, affidandola a un prefetto di rango equestre. Nel 208 d.C. condusse una spedizione in Britannia contro i Caledoni nel vano tentativo di riportare il confine al vallum Antonini ma lui morì e i figli conclusero una pace con i Caledoni. La dinastia severiana può essere considerata come una fase di “monarchia militare” dato il risalto conferito ai soldati, considerati strumenti imprescindibili del potere imperiale. Settimio Severo: o Ristrutturazione dell’esercito: − Incrementò il numero delle legioni − Aumentò la paga delle coorti pretorie, delle truppe ausiliarie e dei legionari − Concesse ai legionari il diritto di contrarre matrimonio già durante la leva − Consentì ai centurioni l’accesso diretto all’ordine equestre senza passare attraverso il primipilato (= rango più elevato dei centurioni all’interno di una legione) − Conferì ai cavalieri il comando delle tre legioni partiche di recente costituzione − Offrì la possibilità di organizzarsi in collegia nei campi militari − Concesse ai veterani l’immunità dai munera personalia (= oneri fiscali posti a carico di un singolo individuo) o Interventi in campo fiscale, monetario ed economico: − Istituì l’annonia militaris (= tassa in natura destinata ai bisogni dell’esercito) − Vietò l’aderazione (= conversione in denaro di una tassa dovuta allo Stato in natura) − Ridusse del 50% il contenuto di metallo fino nella moneta argentea − Promosse la messa a coltura di aree incolte, anche di proprietà imperiale Questi provvedimenti denotano autoritarismo, dirigismo e assolutismo: basti pensare da un lato all’enorme volume raggiunto dai beni personali dell’imperatore e dall’altro all’epurazione che colpì il prefetto al pretorio Plauziano, considerato un potenziale pericolo da Caracalla il quale lo fece uccidere con l’accusa di cospirazione contro l’imperatore. La prestigiosa carica della prefettura al pretorio fu ricoperta da uomini di fiducia dei Severi. 65 Egli avviò una politica di equilibrio fra gli interessi del senato e quelli dei soldati, alleviò la pressione fiscale e accentrò l’annona militaris nelle mani del prefetto al pretorio. Politica estera → la spedizione antipersiana iniziata nel 242 d.C. e connotata da qualche iniziale successo si concluse nel 244 d.C. con una clamorosa sconfitta dell’esercito romano e con la morte dell’imperatore a seguito delle ferite riportate nella decisiva battaglia di Misiche sull’Eufrate. Marco Giulio Filippo, detto l’Arabo (244 – 249 d.C.) Marco Giulio Severo Filippo II (244 – 249 d.C.) L’esercito acclamò imperatore Filippo l’Arabo il quale stipulò una pace disonorevole con i Sasanidi costata 500.000 aurei in cambio della Mesopotamia e proclamò Cesare e poi Augusto il figlio Filippo II. Nel 248 d.C. celebrò in maniera solenne il millenario di Roma. Pur essendo stati rintuzzati alcuni tentativi di usurpazione e nonostante taluni successi conseguiti prima contro i Carpi e poi contro i Goti, le legioni danubiane, tuttavia, acclamarono imperatore il prefetto urbano di Filippo, ossia Decio. Filippo fu sconfitto a Verona e il figlio assassinato. Gaio Messio Quinto Traiano Decio (249 – 251 d.C.) Quinto Erennio Etrusco Messio Decio (251 d.C.) Decio → due aspetti salienti: o Emanazione nel 250 d.C. di un editto che obbligava tutti i sudditi a dimostrare la propria fede pagana attraverso un’esplicita dichiarazione e a compiere pubblici sacrifici in onore degli dei. Si trattò di una persecuzione sistematica di tutti coloro che non avessero ricevuto il “certificato” attestante l’avvenuto sacrificio. Il terrore si scatenò tra i cristiani o Sforzi per contrastare i Goti guidati dal re Kniva, i quali avevano nuovamente invaso Mesia e Tracia. Lo scontro decisivo avvenne nel 251 d.C. ad Abritto dove persero la vita Decio e il figlio Erennio Etrusco frattanto nominato Augusto Gaio Vibio Treboniano Gallo (251 – 253 d.C.) Gaio Valente Ostiliano Messio Quinto (251 d.C.) Gaio Vibio Afinio Gallo Veldumniano Volusiano (251 – 253 d.C.) Marco Emilio Emiliano (253 d.C.) Treboniano Gallo fu acclamato imperatore e adottò Ostiliano e si associò il figlio Volusiano; stipulò la pace con i Goti dietro pagamento di un tributo. Sapore (sasanide) scatenò una seconda offensiva invadendo Siria e Cappadocia → Treboniano Gallo e Volusiano furono uccisi, le truppe della Mesia acclamarono imperatore Marco Emilio Emiliano mentre quelle della Rezia scelsero il senatore Valeriano. Publio Licinio Valeriano (253 – 260 d.C.) Publio Licinio Egnazio Gallieno (253 – 268 d.C.) Emiliano venne ucciso e fu confermato Valeriano, il quale associò al potere il figlio Gallieno affidandogli il compito di proteggere il settore occidentale dell’Impero e riservando per sé la difesa di quello orientale. L’assetto dinastico fu ulteriormente consolidato dal conferimento del titolo di Cesare e poi di Augusto ai due figli di Gallieno. 66 Nel 257 e nel 258 d.C. Valeriano emanò due nuovi editti anticristiani → il primo comminava l’esilio a coloro che non avrebbero sacrificato agli dei, ma continuato a frequentare i propri luoghi di culto; il secondo condannava a morte gli esponenti della gerarchia ecclesiastica recalcitranti, confiscava le proprietà ai senatori, agli egregii viri e ai cavalieri restii a sacrificare agli dei. Gallieno riuscì a respingere Franchi e Alamanni mentre Valeriano venne sconfitto a Edessa in Mesopotamia, cadde prigioniero dei Persiani e morì in cattività nel 260 d.C. Marco Cassiano Latinio Postumo (260 – 269 d.C.) Marco Piavonio Vittorino (268 – 271 d.C.) Gaio Pio Esuvio Tetrico (271 – 274 d.C.) Il primo fenomeno “indipendentista” fu la costituzione del cosiddetto imperium Galliarum che finì per comprendere le Gallie, la Britannia e parte della Spagna e durò dal 258 al 274 d.C. sotto la guida degli ufficiali Postumo, Vittorino e Tetrico → questa nuova realtà territoriale era politicamente autonoma ma sul piano istituzionale ambiva a rimanere romana, al punto da dotarsi di un senato e di consoli propri. Settimio Odenato (260 – 268 d.C.) Zenobia Settimia o Giulia Aurelia Zenobia (267 – 272 d.C.) Lucio Giulio Aurelio Settimio Vaballato Atenodoro (267 – 272 d.C.) Il secondo fenomeno “indipendentista” di verificò in Oriente dove Odenato era riuscito a contrastare i Sasanidi subito dopo la cattura di Valeriano e aveva ottenuto da Gallieno il titolo di governatore di tutto l’Oriente. La vedova di Odenato, Zenobia, assunse il titolo di Augusta e attribuì il titolo di Augusto al figlio Vaballato, conferendo al “regno palmireno” una veste decisamente antiromana ma anche trasformando Palmira in una corte di intellettuali di chiara fama, all’insegna del sincretismo religioso e culturale. La creazione di queste due distinte realtà politico-territoriali se per un verso parve momentaneamente spezzare l’Impero in tre “torsi” per un altro ne documenta non tanto la sua intrinseca fragilità quanto piuttosto la necessità da parte dell’imperatore di rinunciare al proprio potere o di delegarlo per garantire la sopravvivenza di aree molto estese: sia Postumo che Odenato si opposero non tanto a Roma quanto ai suoi nemici. Nel 260 d.C. Gallieno revocò gli editti paterni (Valeriano) inaugurando per la Chiesa cristiana una “tregua” quarantennale. Gallieno → alcune riforme in ambito militare, politico-amministrativo ed economico: o Potenziò le vexillationes, ossia i distaccamenti legionari di cavalleria o Tolse ai senatori il comando delle legioni per affidarlo ai cavalieri o Tolse al senato la prerogativa dell’emissione della moneta di rame La minaccia esterna giungeva nuovamente dai Goti → colpirono più volte i centri urbani della Grecia e dell’Anatolia, giungendo a saccheggiare nel 267 d.C. la città di Atene: Gallieno riuscì a sconfiggerli nel 268 d.C. ma dovette rientrare rapidamente a Milano per contrastare l’usurpazione di Aureolo. Gallieno venne eliminato e il governo fu assunto da un altro comandante della cavalleria, ovvero Claudio II “Gotico”. Marco Aurelio Flavio Valerio Claudio, detto Claudio II Gotico (268 – 270 d.C.) 67 Con Claudio II Gotico inizia la serie dei restitutores Illyrici, “restauratori” così chiamati per via della loro provenienza geografica. L’Illirio comprendeva la Venetia et Histria e le province di Pannonia e Dalmazia. Nel 269 d.C. Claudio II inflisse ai Goti una pesante sconfitta che gli valse il cognome Gothicus ma l’anno seguente morì di peste. Le truppe di Claudio acclamarono imperatore Aureliano, uno dei membri della congiura ordita contro Gallieno. Lucio Domizio Aureliano (270 – 275 d.C.) Politica estera → impegnato su più fronti con un successo che gli valse l’epiteto sulle monete di colui che “restituì” l’integrità territoriale all’Impero: o Bloccò un’incursione di Alamanni e Iutungi ma dovette rinunciare alla Dacia o Sconfisse ripetutamente l’esercito palmireno e fece prigioniera Zenobia o Si riappropriò dell’imperium Gallorum, ricevendo la resa da parte di Tetrico Politica interna → fu attivo in campo edilizio, economico e religioso: o Fece cingere Roma con un’imponente cerchia muraria o Inquadrò le associazioni professionali rendendola corpora coattivi alle dipendenze dello Stato o Riformò le distribuzioni gratuite di pane e di carne suina e garantì vino a prezzo politico o Punì i monetari di Roma, forse rei di aver adulterato le emissioni, con la chiusura temporanea della zecca della capitale o Introdusse una moneta di biglione del valore di 10 denarii o Consolidò il carisma imperiale attraverso l’introduzione del culto ufficiale del Sol invictus o Operò una fusione sincretistica fra divinità del mondo mediterraneo e dei tradizionali → regalità come dono di Dio (relazione tra Dio e il suo santo imperatore) Morì in una congiura di palazzo. Marco Claudio Tacito (275 – 276 d.C.) Marco Annio Floriano (276 d.C.) Tacito fu un nobile italico che alimentò l’illusione di un ritorno al costituzionalismo senatorio. Fu presto eliminato e a lui seguì il fratellastro Floriano. A quest’ultimo le truppe di Siria contrapposero Probo e tra i due Floriano ebbe la peggio. Marco Aurelio Probo (276 – 282 d.C.) Il regno di Probo fu connotato da una serie di successi militari non soltanto contro popolazioni esterne ma anche contro nemici interni e popoli nomadi. Egli cadde vittima di una congiura di palazzo e le truppe di Rezia acclamarono imperatore il prefetto al pretorio Caro. Marco Aurelio Caro (282 – 283 d.C.) Marco Aurelio Numeriano (282 – 284 d.C.) Marco Aurelio Carino (283 – 285 d.C.) Caro associò al potere i figli Carino (settore occidentale) e Numeriano (settore orientale). La campagna persiana fu coronata da un grande successo ma poco dopo Caro morì e l’anno seguente la stessa sorte toccò a Numeriano. 70 Tra i fattori di “crisi”: o Pestilenza che colpì l’Impero negli anni 250 – 270 d.C. e che fu all’origine di un forte spopolamento e di una riduzione della manodopera servile nelle campagne o Scaricare sulle classi meno abbienti tutto il peso delle enormi difficoltà economiche o Inflazione crescente o Svalutazione della moneta che finì per impoverire i ceti medi o Incremento e diffusione di nuovi culti, soprattutto di origine orientale come il cristianesimo La discussione sulla cosiddetta “crisi” del III secolo risale ad alcuni secoli fa. Gibbon → aveva sostenuto che l’intrinseca debolezza del corpo imperiale fosse strettamente connessa con la diffusione del cristianesimo e più in generale di dottrine misteriche, le quali avrebbero allentato inesorabilmente lo “spirito di servizio” tipico del pragmatismo romano. Rostovtzeff → formulò l’ipotesi che il declino delle città dell’Impero fosse da attribuire a un grave conflitto di classe fra la borghesia urbana da una parte e i contadini alleati con i soldati dall’altra. Storici marxisti → la “crisi” sarebbe stata da ricercare nel tracollo dell’economia servile e del modo di produzione schiavistico, causa della destrutturazione del mondo antico. Il vocabolo dominus usato al posto di princeps ha indotto alcuni studiosi moderni a definire “Dominato” l’epoca inaugurata da Diocleziano; altri invece, al posto di “Basso Impero” hanno invece preferito adoperare l’espressione “Tarda Antichità” per designare un lungo periodo di transizione verso il Medioevo. 9 – LA TARDA ANTICHITA’ 1 – Dissoluzione della tetrarchia e ascesa di Costantino Flavio Valerio Costantino (306 – 337 d.C.) Marco Aurelio Valerio Massenzio (306 – 312 d.C.) Valerio Liciniano Licinio (307 – 324 d.C.) A poco valsero l’accoglimento di Costantino in qualità di Cesare all’interno del collegio dei tetrarchi e la parallela elevazione di Severo al rango di Augusto: di lì a qualche mese, un altro erede legittimo rivendicava il potere imperiale, Massenzio, figlio di Massimiano Erculeo. Quest’ultimo ritornò sulla scena politica, riprendendo il titolo di Augusto e associandosi come Cesare il figlio: Severo fu eliminato, ma al suo posto gli altri tetrarchi nominarono Licinio. Frattanto Massimiano prese le distanze dal figlio Massenzio, il quale era di fatto padrone dell’Italia, dell’Africa e di parte della Spagna. Constatata la gravità della situazione, Diocleziano si risolse a intervenire e nel 308 d.C. si incontrò con Galerio in Pannonia dove venne costituita una nuova tetrarchia: o Due Augusti → Galerio in Oriente e Licinio in Occidente o Due Cesari → Massimino Daia e Costantino Rimaneva escluso Massenzio che alla morte di Massimiano nel 310 d.C. si autoproclamò Augusto. L’anno successivo morì anche Galerio e Massimino Daia estese il proprio dominio su tutto il settore orientale; d’altra parte erano Augusti Licinio nell’Illirico e Costantino in Spagna, Gallia e Britannia; Massenzio rimaneva in Italia e in Africa in veste di usurpatore. Costantino dopo aver sconfitto Massenzio a Torino e a Verona, lo eliminò definitivamente nel 312 d.C. presso Ponte Milvio. Si trattò di una battaglia epocale → alla vigilia del combattimento Costantino avrebbe avuto una visione (una croce luminosa) e la notte seguente gli sarebbe 71 apparso Cristo, il quale gli avrebbe ordinato di costruire un oggetto cruciforme a scopo di protezione di fronte ai nemici. Indipendentemente dalla veridicità della notizia, è stata la sincerità della conversione dell’imperatore a costituire il nodo centrale di un vasto dibattito storiografico che ha portato a conclusioni definitive. È certamente vero che un Costantino cristiano “da sempre” non dovette mai esistere (inizialmente credeva nel dio Sole). Costantino rappresentava la conversione dei suoi contemporanei al cristianesimo, religione che dava una risposta più semplice e immediata alla speranza di salvezza degli abitanti dell’Impero. Alcuni dati devono comunque essere tenuti in debita considerazione: o Già prima della battaglia di Ponte Milvio, ossia nel 310 d.C., a Costantino sarebbe apparso il dio Apollo/Sole che gli avrebbe porto la Vittoria e un’insegna con il numerale XXX circondato da una corona o Nel 313 d.C. Costantino e Licinio promulgarono l’editto di Milano → provvedimento che ribadiva la tolleranza verso ogni religione e la libertà di culto in tutto il territorio imperiale o Nel 314 d.C. l’imperatore convocò un concilio di 33 vescovi ad Arles nel tentativo di sanare la grave frattura creatasi fra i donatisti e i membri della Chiesa ufficiale, cioè fra i rigoristi intransigenti e i tolleranti moderati o Costantino dopo la battaglia di Ponte Milvio non ringraziò il dio Apollo ma preferì erigere nel 315 d.C. un arco a tre fornici, la cui iscrizione dedicatoria attribuisce la vittoria all’ispirazione di una divinità non meglio specificata, ma di certo non esplicitamente connotata come cristiana o Pur avendo espresso dal 323 d.C. divieto formale di compiere sacrifici pagani, l’imperatore ricoprì fino alla morte la carica di pontefice massimo e consentì alla comunità umbra di Spello di costruire un tempio dedicato alla gens Flavia e dunque al nume imperiale, a condizione che non si verificasse una pericolosa contaminazione pagana o Nel 325 d.C. Costantino convocò a Nicea un concilio, il primo “ecumenico” (= universale) allo scopo di mantenere unite le comunità cristiane, scosse da una grave controversia cristologica concernente la natura di Cristo (non Dio e Uomo ma soltanto Uomo) o Costantino procedette all’emanazione di una serie di atti normativi volti a favorire gli interessi economici e spirituali della Chiesa e del clero: − Restituzione dei beni confiscati − Gratuità del cursus publicus − Facoltà di ricevere legati testamentari − Riconoscimento di immunità − Conferimento di un potere giudiziario ai vescovi − Istituzione del riposo domenicale − Notevoli restrizioni in materia di divorzio e adulterio o Nel 337 d.C. presso Nicomedia, Costantino ricevette il battesimo in punto di morte Si comprende bene quanto sia difficile individuare il momento esatto di un’eventuale conversione. Il percorso di conversione dovette iniziare prima della battaglia di Ponte Milvio, ma dovette definirsi in maniera sempre più netta e comunque fu un percorso di lunga durata e si svolse nell’alveo della cultura del suo tempo, risentendo delle azioni e reazioni dei fenomeni di acculturazione che potrebbero spiegare alcune concessioni altrimenti impensabili. Flavio Claudio Costantino II (337 – 340 d.C.) Flavio Giulio Costante (337 – 350 d.C.) Flavio Giulio Costanzo II (337 – 361 d.C.) 72 Dopo la sconfitta di Massenzio, la triarchia costituita da Costantino, Licinio e Massimino ebbe breve durata → Licinio sconfisse Massimino nel 313 d.C. ad Adrianopoli. La triarchia diveniva così una diarchia: o Costantino → Occidente o Licinio → Oriente I due imperatori nel 317 d.C. stipularono un trattato che previde l’associazione al potere di tre Cesari: Crispo, Liciniano e Costantino II. L’accordo durò pochi anni poiché nel 324 d.C. Costantino si sbarazzò di Licinio divenendo così unico Augusto e ripristinando la “monarchia”. Dei tre Cesari del 317 d.C. rimase soltanto Costantino II al quale poi si aggiunsero Costanzo II e Costante. In stretta correlazione con il problema della dislocazione della residenza imperiale l’imperatore inaugurò nel 330 d.C. una “nuova Roma”, Costantinopoli, edificata sul sito dell’antica Bisanzio, a cavallo fra Occidente e Oriente e divenne il nuovo centro dell’Impero. Politica estera → Costantino fu impegnato su più fronti: o Nel 332 d.C. stipulò un trattato con i Goti, che erano obbligati a fornire soldati in caso di necessità ma ai quali era permesso commerciare e stabilirsi nei territori romani o Nel 334 d.C. il re d’Armenia chiese l’aiuto dell’imperatore, il quale inviò il nipote Annibaliano che ricevette il titolo di Re dei re e dei popoli pontici o Negli anni 335 – 336 d.C. l’imperatore si impegnò contro i Sarmati Costantino mentre progettava di intraprendere personalmente la campagna antipersiana, si ammalò e morì, senza lasciare indicazioni precise in merito alla successione. 2 – Economia del solidus aureo e società piramidale Costantino ridusse l’aureus di Diocleziano e creò una nuova moneta, il solidus, più leggera ma di diametro più largo e di spessore più sottile → graduale abbandono di un sistema fondato sul trimetallismo e il crescente predominio della moneta d’oro. Costantino → abbandonò la difesa del denario e dunque dei ceti più disagiati, non garantì il rapporto fisso tra la moneta di rame argentato e quella di metallo nobile, liberalizzò il prezzo dell’oro e a questo metallo nobile ancorò l’intero sistema monetario. La massa della popolazione costituita dagli humiliores andò incontro a un inevitabile processo di impoverimento, mentre una ristretta élite di honestiores detentrice della moneta d’oro occupava ormai i vertici della società: alla base di questa struttura piramidale si trovava l’afflicta paupertas mentre in cima stava l’imperatore e immediatamente al di sotto le massime autorità civili e militari. La rivalutazione della moneta d’oro rendeva d’altra parte assai ardua per la folla dei contribuenti la pratica dell’adaeratio (= conversione di denaro di un tributo dovuto in natura) e offriva ampio spazio di speculazione agli esattori sia al momento della conversione sia in occasione di requisizioni forzate: il contribuente perdeva non soltanto la differenza tra il prezzo pagato e quello di mercato ma anche quella tra il prezzo di mercato e quello di requisizione. Se ad esempio il contribuente avesse dovuto pagare un cavallo al prezzo di aderazione di 12 solidi egli avrebbe versato una quota superiore del 50% rispetto a quella necessaria, con l’aggravante del valore intrinseco del solidus. 3 – Riforme fiscali, militari e amministrative o Riforme fiscali: 75 o Promosse una restaurazione del paganesimo Giuliano → fu mal visto non solo dai cristiani ma anche dai pagani (rimproveravano una falsa austerità e un ipocrita atteggiamento da filosofo). In realtà l’imperatore fu attento alla difesa dei ceti meno abbienti, alla diminuzione della pressione fiscale, alla generale rivitalizzazione delle città attraverso la restituzione di terreni confiscati, l’alleggerimento delle tasse e la riduzione considerevole degli agentes in rebus. Si trovò inoltre a dover affrontare la questione della spedizione antipersiana → Giuliano si spinse in territorio nemico, all’inizio conseguì alcuni successi ma alla fine morì in battaglia (forse colpito da un Romano, sostenitore del “partito della pace” costituitosi all’insaputa dell’imperatore). Flavio Claudio Gioviano (363 – 364 d.C.) Alla morte di Giuliano i soldati acclamarono Gioviano, il quale abbandonò il progetto del suo predecessore di restaurazione del paganesimo e ripristinò i privilegi ecclesiastici; si affrettò a siglare una pace poco onorevole con i Persiani. È probabile che su questa ultima decisione abbia influito nuovamente il “partito della pace”. Gioviano morì nel 364 d.C. e suo successore fu Flavio Valentiniano I. 5 – Le trasformazioni della cultura Nel corso del V secolo d.C. l’immensa compagine imperiale mostra gli esiti evidenti di un processo che certamente rimonta a due secoli precedenti → riemergono culture mai del tutto sopite e assimilate alla cultura “sovranazionale” ellenistico-romana, riaffiorano culture indigene che si contrappongono all’involucro di quella dominante. Siamo in presenza di forme di “decolonizzazione” della cultura egemone o di “democratizzazione della cultura” → che significa espressione delle singole “nazioni” attraverso “la grande forza rivoluzionaria del cristianesimo”. Il graduale sfaldamento dell’unità imperiale presenta fattori sia di “reazione” sia di “catalisi”, termini adoperati per indicare la trasformazione di alcuni elementi, direttamente coinvolti nel processo, e la presenza di altri, che, pur dando luogo alla reazione stessa, tuttavia non vi prendono concretamente parte. Le visioni moderne su tale tema sono state alquanto varie e assai numerose: 1. Democratizzazione della cultura (Santo Mazzarino) → avrebbe dato luogo alla “riemersione” delle culture provinciali e il cristianesimo ne sarebbe stato il fattore di “catalisi” e il risultato più cospicuo. Esistenza di un rapporto fra le democrazie e gli ethne: se da un lato il carattere anticristico dell’Impero Romano prima di Costantino si sarebbe tradotto nel dominio sulle “nazioni”, dall’altro le “democrazie” sarebbero state “espressione di una rivoluzione discorde contro l’Impero” 2. Salvatore Calderone → i tempi di “metabolizzazione” del messaggio cristiano non possono essere considerati sempre facilmente decifrabili. Il lento processo di differenziazione del cristianesimo da forme pagane subì un’accelerazione dopo il 312 d.C.; il rapporto fra la suddivisione territoriale ecclesiastica e quella statale fu necessariamente sempre strettissimo 3. Glen Warren Bowersock → ha parlato di “processo di adattamento” e insistito sulla capacità di reazione dell’Hellenismos, in risposta agli stimoli del mondo “pagano” in cui esso era sorto e maturato 4. Mario Mazza → ha inteso per un verso “ribadire ulteriormente il ruolo maieutico del cristianesimo” ma per un altro “insistere sulla complessità dei processi di acculturazione 76 che questi fenomeni testimoniano”. Appare di centrale importanza il tema della “permanenza” e della “ripresa” delle culture locali, un revival che non può essere interpretato come semplice “rinascita” dell’elemento indigeno oppure “resistenza” di tipo nazionalistico e politico-religioso oppure ancora come “persistenza” o anche “sopravvivenza” delle culture locali. A differenza di Bowersock, il quale aveva ritenuto che la cultura dominante greca si fosse adattata a trasmettere anche contenuti cristiani e non soltanto pagani, Mazza, invece, ha colto nel cristianesimo il medium espressivo delle “nazioni” e ha posto l’accento sui processi di acculturazione e sulle culture “locali”, frutto di un articolato sistema di interazioni tra varie componenti. Mazza ha posto l’attenzione sulla multiformità e dinamicità dei processi di acculturazione che si intrecciano e spesso si risolvono “nel correlato e complementare processo di costruzione delle identità etniche. Processi suscitati dall’Ellenismo: ma che gli si distaccano e gli si possono anche volgere contro quando questo assume la maschera dell’egemonia” 5. Jacob Burckhardt → testi, ritratti, monete, epigrafi costituiscono gli “ingredienti” di una ricostruzione articolata dell’ascesa al potere da parte di Costantino, “in biblico” tra l’Occidente e la nuova Roma. È stato in tal modo sgombrato il campo sia dal trionfalismo cristiano sia dalla demonizzante opposizione pagana, è stata superata la parzialità di taluni seppur fecondi approcci, è stata adottata una prospettiva maggiormente sensibile al recupero della simbologia solare e ai fenomeni di acculturazione ed è stato sviluppato il rapporto fra cristianizzazione e religiosità orientale, da intendersi come fattore unificante incarnato da Costantino, nella cui figura si palesa il difficile avvicinamento di due universi culturali 6 – I valentiniani Flavio Valentiniano I (364 – 375 d.C.) Flavio Giulio Valente (364 – 378 d.C.) Flavio Graziano (367 – 383 d.C.) Flavio Valentiniano II (375 – 392 d.C.) Valentiniano I (di fede nicena) decise subito di associare al trono come Augusto il fratello Valente (di credo ariano), tenendo per sé il controllo dell’Occidente (sede a Milano) e affidando al collega il settore orientale (sede a Costantinopoli). Nel 367 d.C. Valentiniano, che era malato, insignì del titolo di Augusto il primogenito Graziano di soli 8 anni → questa scelta “dinastica” inaugura la serie di principes pueri (= imperatori fanciulli) ossia di figure-simbolo di un potere imperiale di fatto esercitato da tutori. Valentiniani → cercarono di perseguire gli abusi aderativi, di frenare l’inflazione e di tutelare gli interessi dei contribuenti. Tavola di Trinitapoli → provvedimento legislativo di Valentiniano I che mirava a disciplinare l’organizzazione del sistema tributario: il territorio delle campagne era suddiviso in villaggi e circoscrizioni rurali e distretti fiscali più ampi. Nel 375 d.C. Valentiniano I morì nel corso di una campagna contro i Quadi in Pannonia e le truppe acclamarono come Augusto l’altro figlio, Valentiniano II. L’Impero risultava suddiviso in 3 parti: 1. Graziano → Gallie 2. Valentiniano II → Italia, Africa, Illirico 3. Valente → Oriente 77 Ostrogoti e Visigoti (guerrieri nomadi di origine asiatica) cercarono rifugio all’interno del territorio imperiale e chiesero a Valente nel 376 d.C. di essere accolti in Mesia e Tracia in qualità di foederati. L’imperatore acconsentì ma l’accordo non funzionò perché i Romani non fornirono il vettovagliamento previsto e i Goti si diedero ai saccheggi. Valente incontrò inoltre una forte resistenza da parte dei proprietari terrieri e dei contadini, restii a cedere i propri coloni come soldati. Da una parte l’ostilità delle popolazioni locali, dall’altra le razzie dei barbari determinarono una vasta rivolta cui presero parte barbari e contadini → Valente nel 378 d.C. si risolse ad affrontare da solo i Goti in una battaglia campale ad Adrianopoli, dove subì una pesantissima sconfitta e trovò la morte. 7 – Teodosio I e la barbarizzazione dell’Impero Flavio Teodosio I (379 – 395 d.C.) Magno Clemente Massimo (383 – 388 d.C.) Flavio Eugenio (392 – 394 d.C.) Il vuoto lasciato dalla morte di Valente, costrinse a nominare un altro Augusto per la gestione dell’Oriente, e questo fu Teodosio I. Teodosio, come Graziano, rifiutò il pontificato massimo. Editto di Tessalonica, 380 d.C. → il cristianesimo nella versione nicena diveniva religione di Stato e quindi considerato come la fede unica e obbligatoria. Nel 381 d.C. si tenne a Costantinopoli il secondo concilio ecumenico → condanna di tutte le eresie. Nel 382 d.C. → provvedimento che vietava i culti degli dei e ordinava la rimozione degli oggetti sacri pagani. Nel 391 d.C. → proibiti i sacrifici, la celebrazione dei riti pagani e l’adorazione di statue. Politica estera → insediamento nel territorio imperiale di foederati: i Goti a seguito di un trattato stipulato nel 382 d.C. ricevettero terreni in Mesia e in Tracia; fu consentito loro di vivere in totale autonomia. Nel 383 d.C. sorse in Britannia un usurpatore, Magno Massimo, e Graziano fu sconfitto e ucciso. L’esercito gallico si schierò con Massimo. Teodosio e Valentiniano II dapprima riconobbero come collega l’usurpatore ma poi quando quest’ultimo invase l’Italia, Teodosio lo sconfisse nel 388 d.C. Nel 389 d.C. Teodosio stipulò una pace con i Persiani mentre Valentiniano II fu rimpiazzato dall’usurpatore Eugenio, sostenuto dal senato e acclamato Augusto → ancora una volta intervenì Teodosio che nel 394 d.C. sconfisse Eugenio e rimase unico imperatore per i pochi mesi prima della morte. 8 – La divisione dell’Impero e la tutela di Stilicone Flavio Arcadio (383 – 408 d.C.) Flavio Onorio (393 – 423 d.C.) Teodosio morì nel 395 d.C., egli aveva indicato come successori i figli Arcadio e Onorio, attribuendo loro rispettivamente la parte orientale e quella occidentale dell’Impero ma ponendo entrambi sotto la tutela di Stilicone (vandalo).
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