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Manzoni e la poesia romantica: l'evoluzione della letteratura italiana, Dispense di Italiano

La poesia romantica e della sua evoluzione nella letteratura italiana, attraverso l'analisi di opere di alessandro manzoni, uno dei più importanti scrittori italiani del xix secolo. La visione cristiana della vita che caratterizza la poesia romantica, e la dimensione spirituale e malinconica che è tipica di essa. Vengono analizzate le prime opere di manzoni, scritte tra il 1801 e il 1804, e la sua nuova concezione della letteratura, che sintetizza nella formula 'l'utile per iscopo, il vero per soggetto e l'interessante per mezzo'. Vengono inoltre esaminate le tragedie di manzoni, come 'adelchi' e 'i promessi sposi', e la loro importanza nella storia della letteratura italiana. Il documento conclude con un'analisi della conclusione del romanzo 'i promessi sposi' e della sua importanza nella rappresentazione della condizione umana.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 06/06/2024

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Scarica Manzoni e la poesia romantica: l'evoluzione della letteratura italiana e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Alessandro Manzoni IL ROMANTICISMO Il Romanticismo è un movimento culturale nato in Germania alla fine del Settecento e diffusosi in Europa nella prima metà dell'Ottocento. Rappresentò una svolta fondamentale nella sensibilità e nell'arte e trasformò radicalmente la concezione dell’uomo e della vita. Il termine "romantico" non compare per la prima volta nell’Ottocento, ma era già usato in Inghilterra, con il termine romantic, per designare, in modo negativo, temi strani e lontani dal modo comune di rappresentare la realtà. Sempre in accezione negativa, corrispondeva a temi, atmosfere e forme narrative contrarie alla ragione ed eccessivamente sentimentali. Quando in Germania verso la fine del Settecento vennero rivalutati il sentimento, la fantasia, l'irrazionalità e la tradizione letteraria medievale, il termine assunse un valore positivo, diventando l'espressione di una nuova sensibilità e di un nuovo movimento letterario. Le date prese come punto di riferimento iniziale del movimento romantico sono quelle relative alla costituzione delle diverse scuole nazionali, che si proclamano romantiche. In Germania tra il 1798 e il 1804, attorno alla rivista “Athenaeum”, e a scrittori e filosofi trai quali Schlegel, Fitche e Schelling, si costituisce il primo gruppo di romantici. Quasi negli stessi anni si forma la scuola romantica inglese, con la pubblicazione delle Lyrical Ballads di Wordsworth e Coleridge, seguiti da poeti come Byron, Shelley e Keats. Si parla invece di romanticismo francese a partire dal 1813, anno della pubblicazione di un saggio della baronessa de Staël, De l'Allemagne. In Italia il 1816 segna l'inizio della polemica tra classicisti e romantici, suscitata da un articolo della de Staël, e il 1818 vede il costituirsi del gruppo del "Conciliatore”. Le radici del romanticismo si trovano nelle manifestazioni preromantiche della cultura e della letteratura dei paesi nordici: la poesia sepolcrale inglese, che introdusse quella del malinconico ripiegamento interiore e della solitudine, e i Canti di Ossian dello scrittore scozzese James Macpherson, in cui domina un senso del fantastico, un mondo di passioni rudi e una natura selvaggia e malinconica. I membri del gruppo tedesco dello Sturm und Drang esaltavano il valore delle passioni e si facevano portavoce di un ideale eroico di vita, capace di sfidare la società e le sue convinzioni. Erano in parte vicini a certe posizioni dell'illuminista francese Rousseau, che mostra una concezione introspettiva e soggettivistica dell'uomo e difende la libertà dell'io. In Italia la presenza di spunti e suggestioni preromantiche si lega soprattutto alla figura di Vittorio Alfieri, esempio di sensibilità preromantica per il carattere passionale, l'inquietudine e l’insoddisfazione spirituale, l'ansia di libertà e gli slanci ideali. Egli abbandona la carriera militare per una vita avventurosa, viaggiando per l’Europa. Ritornato in Italia si dedica al teatro e passa il resto della vita in Toscana, dedicandosi agli studi, alla poesia e alla saggistica politica e polemica. È nelle sue opere che si possono trovare quelle componenti concettuali e artistiche che anticipano lo spirito romantico: dall'idea della poesia come frutto delle passioni, al contrasto tra ideale e reale, all'individualismo eroico che affronta tutto. La svolta nella sensibilità e nel gusto che il romanticismo introduce in ambito letterario si fonda su un cambiamento degli orientamenti culturali, filosofici e religiosi, che si configura come una reazione antilluministica. Il romanticismo rivaluta la spiritualità e la religiosità e individua nelle ragioni del sentimento, della fantasia e del cuore le spinte essenziali dell'agire umano, costruendo un nuovo "mito umano". L'eroe romantico è un uomo appassionato, che conduce un'esistenza sregolata, è quindi il contrario dell'uomo controllato che costituiva il modello della cultura classica e che anche il Rinascimento aveva valorizzato. Il romanticismo sviluppa una concezione storicistica, che comporta una rivalutazione delle epoche passate, in particolare del Medioevo, che l'illuminismo aveva condannato come età di barbarie e oppressione religiosa. Al contrario, per i romantici, è visto come il momento storico della nascita delle nazioni europee ed è l'epoca in cui la civiltà cristiana afferma i suoi valori. In età romantica si sostituisce al cosmopolitismo settecentesco la coscienza della nazionalità, la "religione della patria", che porta all'affermazione del diritto-dovere di ogni popolo alla propria libertà. In Italia questa ideologia sarà il fondamento del moto risorgimentale. In ambito letterario i romantici si contrappongono soprattutto ai fenomeni di imitazione delle letterature classiche prodotti in età moderna. La poetica romantica sottolinea la storicità dell'arte e della soggettività del gusto artistico, diverso a seconda delle differenti epoche. Non esistono, dunque, per i romantici, criteri artistici validi in assoluto, come non esiste un'arte perfetta che rappresenti un indiscutibile modello. I romantici si oppongono al principio classicistico di imitazione, fondato sull'opinione che gli antichi abbiano prodotto l'arte perfetta e che la poesia valida sia solo quella "originale". Affermano inoltre la variabilità geografica dell'arte e il carattere "nazionale" di essa, in quanto, oltre che nel tempo, muta anche a seconda dei paesi. I romantici sostengono l'idea della modernità dell'arte e della rispondenza della poesia alle esigenze dei tempi. La poesia romantica nasce dalla visione cristiana della vita, e in questo senso tipica di essa è la dimensione spirituale e malinconica. Per questa inquietudine la poesia romantica si contrappone alla ingenuità della poesia classica e pagana. Di conseguenza la poetica romantica rifiuta la mitologia classica, respinta anche perché estranea alla tradizione nazionale e perché pagana. Oltre che moderna e nazionale la poesia romantica deve essere popolare, adeguata alle esigenze del nuovo pubblico. Per i romantici il popolo coincide con la borghesia, del cui gusto la nuova letteratura è l'espressione. Da qui deriva la predilezione dei romantici per forme poetiche come le ballate o le romanze, per metri meno raffinati e più orecchiabili. Le fonti della poesia sono per i romantici l'intuizione e la fantasia, in contrapposizione all'idea della razionalità dell'arte del classicismo. Rispetto alla letteratura classicistica, quella romantica afferma la libertà dell'artista e della sua fantasia, si rifiutano quindi le norme dello scrivere formulate nel corso dei secoli, perché la libertà espressiva e fantastica non deve essere limitata. IL ROMANTICISMO ITALIANO Il romanticismo italiano è un movimento che si presenta vario e assume caratteri differenti a seconda dei paesi. In Italia si arriva a un compromesso con gli ideali illuministi e classicistici, e si mettono in secondo piano le componenti irrazionalistiche e il culto del fantastico per sottolineare l'impegno civile e politico e l'adesione al vero storico e morale. Nasce ufficialmente con la polemica tra classicisti e difensori del romanticismo, che trae la sua origine dalla pubblicazione nel gennaio del 1816, sulla “Biblioteca italiana”, di un articolo di Madame de Staël, Sulla maniera e l'utilità delle traduzioni, nel quale la scrittrice invitava gli italiani a tradurre le opere e invitava a cooperare al rinnovamento culturale e letterario. Le reazioni dei letterati classicisti furono immediate, molti interventi si limitarono al sarcasmo, mentre altri formularono una replica prima all'articolo della de Staël e poi alle prese di posizione dei romantici italiani. Sosteneva che l'arte, in quanto imitazione della natura è immutabile, quindi altrettanto devono essere le regole e i principi di essa. Ammesso che la poesia romantica sia grande poesia, potrà andar bene per le popolazioni del Nord, ma non per l'Italia che possiede un'altra tradizione. Furono numerosi gli articoli e i saggi romantici prima in difesa della de Staël, e poi dei principi romantici, fra i più importanti le Avventure letterarie di’un giorno di Pietro Borsieri, la Lettera semiseria di Giovanni Burchet, il Giaurro di Ludovico di Breme le Idee elementari sulla poesia romantica di Ermes Visconti. I romantici di fronte alle posizioni dei classicisti enunciavano il principio della storicità dell'arte, e quindi della necessità di un ammodernamento culturale e letterario per rispondere all'esigenza dei tempi nuovi. Del romanticismo sottolineavano soprattutto l'interesse alla realtà del proprio tempo, l'attenzione per un nuovo pubblico e l'ideale di una letteratura nazionale. Lo stretto legame con il Risorgimento è evidente in quasi tutti i generi letterari praticati dai romantici, sia in quelli più tradizionale come la lirica, sia nei generi nuovi, tra cui è particolarmente importante la prosa memorialistica. Grande fortuna ebbe in Italia il romanzo storico, sviluppatasi per l'influenza dei Promessi sposi. Le vicende narrate sono ambientate nel passato, ma si tratta di un passato riletto attraverso il filtro del presente, così che emergano lo spirito patriottico dei lettori e le loro posizioni ideologiche all'interno del dibattito politico risorgimentale. Già verso la metà del secolo il romanzo storico appare esaurito e si prospettano nuove strade, come testimonia il romanzo di Ippolito Nievo Le confessioni di un italiano, in cui la memorialistica e il romanzo storico appaiono fusi in modo nuovo. LA VITA Alessandro Manzoni nasce a Milano nel 1785, dal conte Pietro e da Giulia Beccaria, figlia di Cesare Beccaria. Viene educato in scuole rette da religiosi, dove riceve la tradizionale formazione classica. A sedici anni si inserisce nell'ambiente culturale milanese del periodo napoleonico e frequenta poeti famosi. Si dedica anche passa poi al servizio di Venezia e sconfigge l'esercito milanese nella battaglia di Maclodio, in seguito però i veneziani lo accusano di tradimento per la sua clemenza verso i prigionieri, e per questo viene condannato a morte. La tragedia è incentrata sul conflitto tra l'uomo d'animo generoso e puro e la ragion di Stato. L'opera affronta un tema centrale del pensiero di Manzoni, cioè la storia umana come trionfo del male, a cui si contrappongono invano individui onesti, destinati alla sconfitta. L'ADELCHI Lo stesso conflitto è anche al centro della tragedia Adelchi, del 1822, che mette in scena il crollo del regno longobardo in Italia nell'VIII secolo, sotto l'avanzata dei Franchi di Carlo Magno. Manzoni è affascinato da quel periodo storico e dalla sorte del popolo latino, oppresso dai Longobardi e poi dai Franchi. Le ricerche storiche da lui compiute nuovo anche un saggio storico, il Discorso sopra alcuni punti della storia longobardica in Italia, in cui prende in esame i popoli vinti e gli oppressi. Ermengarda, figlia di Desiderio re dei Longobardi, ripudiata dal marito Carlo Magno, torna dal padre e dal fratello Adelchi. Carlo Magno impone a Desiderio la restituzione delle terre sottratte al papa: il principe Adelchi cerca di convincere il padre ad accettare la richiesta, ma il re rifiuta e scoppia la guerra, che si risolve a favore dei Franchi per il tradimento dei duchi longobardi. Ermengarda, nel frattempo in convento per dimenticare l'amore per il marito, alla notizia delle nuove nozze di Carlo è assalita dal delirio e muore. Nel finale, Adelchi, ferito a morte, chiede al vincitore di essere pietoso verso il padre prigioniero. I PROMESSI SPOSI La più compiuta realizzazione della nuova concezione della letteratura si trova nel capolavoro di Manzoni: I promessi sposi. Anche se la tradizione classicistica riteneva il romanzo un genere inferiore, per Manzoni rappresenta il mezzo ideale per rinnovare la cultura italiana, perché si rivolge a un pubblico molto vasto, grazie alla forma narrativa e al linguaggio accessibile, perché si presta all'esposizione di notizie storiche, ideali politici e di valori morali, favorendo il progresso civile, e perché permette di rappresentare la realtà senza dover rispettare le regole stabilite dalla tradizione classica. Tra le norme del classicismo, Manzoni intende trasgredire la "separazione degli stili", secondo cui gli argomenti seri ed elevati dovevano essere affrontati solo in uno stile sublime e attraverso i generi letterari più alti, mentre gli argomenti quotidiani dovevano essere trattati in stile comico e attraverso i generi minori. Nel romanzo egli rappresenta la vicenda di due semplici popolani della campagna lombarda, in forma complessa e problematica. I personaggi sono immersi nella storia della loro epoca e non sono dei tipi generici, ma individui dalla personalità complessa. La presenza di questi elementi fa sì che Manzoni venga considerato l'iniziatore della moderna tradizione del romanzo realistico in Italia. Per la sua opera Manzoni sceglie la forma del romanzo storico, in quel momento diffuso presso il pubblico europeo soprattutto grazie al successo delle opere dello scozzese Walter Scott. L'intento dello scrittore è quello di ricostruire con precisione un'epoca del passato, attraverso la descrizione degli aspetti sociali, degli usi, della mentalità, delle condizioni di vita e dei rapporti politici ed economici. Lo scrittore si documenta leggendo, oltre alle opere storiografiche sull'argomento, cronache del tempo, biografie, testi letterari e religiosi, memorie e raccolte di leggi, in modo che anche le vicende e i personaggi di invenzione appaiano verosimili. Seguendo il modello scottiano, sceglie come protagonisti della narrazione personaggi inventati, lasciando grandi avvenimenti e uomini famosi sullo sfondo. In tal modo la storia viene vista dal basso e si riflette sull'esperienza quotidiana della gente comune. Nei Promessi sposi viene descritta con tono polemico la società lombarda del Seicento sotto la dominazione spagnola, che per Manzoni rappresenta il trionfo del malgoverno, dell'ingiustizia sociale e dell'ignoranza culturale. La ricostruzione critica del passato ha per lo scrittore precisi intenti politici riferiti alla situazione contemporanea: egli intende cercare le radici dell'arretratezza in cui si trova l'Italia presente, in modo da offrire il modello di un ideale società futura da costruire. Anche se ha una concezione pessimistica della storia umana, ritiene che l'uomo debba agire per cercare di attenuare gli aspetti negativi della società e della storia. L'ideale modello di società proposto da Manzoni vede: un saldo potere statale che si opponga agli interessi privati e sappia contrastare arbitrii e corruzioni, evitando di favorire soltanto i gruppi sociali più potenti; un sistema di legge razionale e un apparato della giustizia che sappia farlo osservare; una politica economica prudente, che sia in grado di stimolare l'iniziativa dei singoli; un'organizzazione sociale giusta, in cui l'aristocrazia ponga ricchezza e potenza al servizio della collettività e dia spontaneamente a chi non ha ciò che possiede in abbondanza, dove le classi inferiori si rassegnano alla loro miseria e rinunciano a rivendicare i propri diritti con la forza, attendendo il premio della vita terrena e in cui i ceti medi non siano strumenti dell'ingiustizia, ma agiscano da mediatori tra i potenti e il popolo. Quest'ideale di società si ispira al riformismo moderato della nascente borghesia liberale e ai principi religiosi del cattolicesimo. La vicenda parte da una situazione di iniziale serenità: i due sposi promessi, Renzo e Lucia, progettano un futuro, ma il loro sogno è minacciato da don Rodrigo, che vuole impedire il loro matrimonio. I due giovani sono costretti ad affrontare vicende traumatiche, attraverso le quali sperimentano il male e le ingiustizie sia in campo politico che in campo sociale e morale. Attraverso queste esperienze negative si compie la loro maturazione: l'opera si presenta come una sorta di “romanzo di formazione”, nel quale si segue la crescita e la conoscenza di sé dei protagonisti. Renzo, che incarna le virtù del popolo cittadino, da giovane ribelle, insofferente per l'ingiustizia e convinto che l'oppresso possa farsi giustizia da sé, attraverso alcune esperienze fondamentali, come la sommossa popolare scoppiata a Milano per l'aumento del pane o la visione della città sconvolta dalla peste, comprende quanto sia pericoloso e sbagliato pretendere di ottenere giustizia attraverso l'azione e si rassegna alla volontà di Dio. Lucia, invece, all'inizio del racconto appare prigioniera di una visione serena della vita e sogna un futuro di gioia e felicità entro i confini protettivi della casa e del villaggio. È convinta che una vita “innocente” basti a tenere lontano i “guai” e che la Provvidenza pensi sempre a proteggere i giusti della sventura, attraverso le sue vicende, arriva però a comprendere che le sventure si abbattono anche su chi è “senza colpa”, e che la vita innocente non basti ad evitarle. Nelle ultime righe del romanzo, una riflessione di Renzo e Lucia costituisce "il sugo di tutta la storia", cioè la morale che si ricava dalla vicenda narrata. I due protagonisti, grazie alle esperienze negative che hanno vissuto, prendono coscienza della presenza costante nella vita quotidiana del male, che può colpire anche i più innocenti, ma capiscono anche che è proprio attraverso le sventure e le sofferenze che è possibile raggiungere una sorta di maturità spirituale. Per questo il loro obiettivo sarà di “far bene”, cioè di assumere un atteggiamento attivo e non rassegnato verso il male e la sofferenza. Nella conclusione dei Promessi sposi si chiarisce anche la concezione manzoniana della Provvidenza. All'inizio del romanzo i personaggi mostrano di avere una concezione ingenua della Provvidenza, secondo cui Dio interviene sempre a garantire la giustizia. In seguito alle loro disavventure raggiungono una più alta consapevolezza e comprendono che soltanto nel regno dei cieli vi può essere la certezza che i buoni saranno premiati e i malvagi puniti, e che nella sfera terrena la volontà divina può anche infliggere sventure e sofferenze ai giusti, senza garantire loro nessun risarcimento. La Provvidenza di Dio consiste quindi nel fatto che proprio la sventura fa maturare nei buoni virtù più alte e una consapevolezza più profonda. Dal punto di vista stilistico, la narrazione dei Promessi sposi riproduce l'andamento di una conversazione amichevole con un pubblico, a cui spesso la voce narrante si rivolge direttamente. Questo effetto è ottenuto anche grazie alla presenza di una sottile ironia. Nel romanzo è presente l'autoironia, cioè momenti in cui il narratore guarda con distacco sé stesso e la propria scrittura, come avviene nell'introduzione, dove, confessando di aver tratto ispirazione da un manoscritto secentesco e rifiutandosi di fornire informazioni più dettagliate in proposito, Manzoni mette ironicamente in dubbio l'utilità della propria opera. A volte ironia è invece rivolta ai lettori, come avviene nelle pagine conclusive del romanzo, dove il narratore si astiene dal raccontare la vita tranquilla e felice dei due sposi perché annoierebbe lettore. Qui si può riconoscere l'ironia verso i gusti del pubblico, che si aspetta da un romanzo la narrazione di eventi straordinari ed emozionanti, mentre Manzoni affida alla scrittura narrativa il progresso morale e civile dei lettori. L'ironia può infine investire i personaggi del romanzo ed è spesso affidata a commenti espliciti della voce narrante, ad esempio nei confronti dei personaggi del popolo, verso cui è usata un'ironia che segna la distanza del narratore dalla gente umile. Se nei confronti degli umili l’ironia è paterna e buona, nei confronti dei potenti si trasforma in sarcasmo e prende di mira gli atteggiamenti negativi dei personaggi. Manzoni ha lasciato tre diverse redazioni del suo romanzo: la prima, realizzata tra il 1821 e il 1823, fu pubblicata nel 1916 con il titolo Gli sposi promessi, e più tardi con il titolo Fermo e Lucia; la seconda, pubblicata nel 1827 con il titolo definitivo I promessi sposi; la terza, quella definitiva, pubblicata nel 1840-1842. Tra le ultime due edizioni vi sono essenzialmente differenze linguistiche, poiché Manzoni applicò al romanzo il modello da lui stesso elaborato sulla base del fiorentino parlato. La prima redazione presenta invece caratteristiche molto diverse, al punto che molti studiosi lo considerano un’opera autonoma rispetto ai Promessi sposi. Vi sono differenze nella distribuzione delle sequenze narrative e alcuni personaggi hanno una fisionomia diversa da quella della redazione definitiva. Vi sono anche interi episodi impostati in modo diverso, come la storia della monaca di Monza, che è più ampia e si sofferma su una serie di particolari scabrosi e orrorosi, che nei Promessi sposi saranno eliminati. Nel Fermo e Lucia, inoltre, Manzoni usa maggiormente i documenti storici, con l'intento di fornire un più preciso quadro storico, materiale narrativo che sarà ridotto nei Promessi sposi. Con la redazione definitiva dei Promessi sposi Manzoni fornisce alla letteratura italiana moderna un nuovo modello di lingua letteraria. È consapevole che la lingua della tradizione letteraria non è adatta a un tipo di opera come quella, per questo sperimenta diverse soluzioni. In un primo momento si orienta verso una lingua di compromesso, formata da un toscano letterario, ma arricchita di espressioni tipiche della parlata milanese. Nel rivedere il testo per la pubblicazione, rinuncia però a questa lingua e si orienta verso il toscano. Dopo la seconda edizione, trascorre alcuni mesi a Firenze ed entra in contatto con il fiorentino parlato, giunge così alla soluzione del problema: la lingua italiana unitaria doveva essere il fiorentino vivo e attuale, in cui le persone colte conversavano. In base a questi principi conduce la revisione del romanzo che porterà all'edizione definitiva del 1840. In seguito esporrà le sue tesi linguistiche in alcune opere teoriche, e nel 1868 il ministro della Pubblica Istruzione Emilio Broglio, gli affiderà la presidenza di una commissione per formulare proposte sull'unità della lingua e i mezzi per diffonderla. IL CINQUE MAGGIO Nelle quattro strofe del preambolo emergono due opposizioni fondamentali: immobilità/dinamismo, l'immobilità della salma si oppone all’avvicendarsi delle azioni dell'uomo, alla successione di caduta, rivincita e sconfitta definitiva; grandezza e gloria/negatività dell'azione, l'uomo ha seminato con le sue guerre distruzione, sofferenze e morte. La parte centrale dell'ode, in cui viene rievocata la vicenda dell'eroe, si articola su un’opposizione spaziale: lo spazio geografico in cui si manifesta il genio militare di Napoleone contro l'isola in cui finisce esule; poi su un’opposizione temporale: il passato glorioso contro il presente dell'esilio. L’opposizione passato/presente ripropone al suo interno l'opposizione immobilità/dinamismo. Tutta la rievocazione delle imprese di Napoleone insiste sulla rapidità degli spostamenti, sulla dinamicità delle azioni e sulla rapidità delle trasformazioni. L'esilio a Sant'Elena ripropone invece il tema dell'immobilità. Nell'ultima parte le opposizioni passato/presente, vastità spaziale/breve sponda, immobilità/dinamismo, vengono superate attraverso l'eternità, in cui viene ripresa e sviluppata l'altra opposizione, proposta sin dalle prime strofe: grandezza e gloria/negatività dell'azione. La gloria per tutta lode è rappresentata attraverso le metafore della luce e del rumore. In questa parte del componimento invece si annulla nel silenzio e nelle tenebre. I versi conclusivi ripropongono l'opposizione immobilità/dinamismo, ma, nella nuova dimensione dell'eterno, l'immobilità non è più sconfitta, si rovescia di senso e diviene conquista della pace nel perdono divino. Nelle posizioni che reggono la struttura dell'ode si può scorgere la meditazione sull'azione dei grandi uomini nella storia. La vita di Napoleone fu intensa, soggetta a rapide trasformazioni, e a sua volta causa di grandi sconvolgimenti. La prospettiva di Manzoni è pessimistica, perché agire nella storia, alla ricerca della grandezza, vuol dire provocare distruzioni, sofferenze e morte. L'azione degli eroi nella storia è svalutata nella prospettiva dell'eterno la morte mette di fronte al vero significato dell'esistenza. Si può misurare qui la distanza tra la prospettiva cristiana di Manzoni e la prospettiva classica di Foscolo, il suo culto degli eroi e l'affermazione
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