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Romanzi di Kafka, dal processo alla metamorfosi, Appunti di Letteratura Tedesca

Sintesi del Processo, il castello ...

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 03/05/2019

eleonora.caputo.5641
eleonora.caputo.5641 🇮🇹

4.6

(10)

9 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Romanzi di Kafka, dal processo alla metamorfosi e più Appunti in PDF di Letteratura Tedesca solo su Docsity! LETTERA AL PADRE La Lettera al padre (in tedesco, Brief an den Vater) di Franz Kafka (1883-1924) è un testo autobiografico composto nel 1919 (ma pubblicato postumo solo nel 1952) e che è considerato una preziosa chiave interpretativa dell’opera kafkiana. La Lettera, mai recapitata al genitore, è strutturata come un atto di accusa contro il padre e l’educazione autoritaria da lui ricevuta, responsabile, secondo Franz, delle sue inquietudini e dei suoi turbamenti da adulto. I meccanismi disfunzionali che dominano la relazione tra padre e figlio (il timore di una punizione imminente, l’assenza di manifestazioni di affetto, la sensazione di inferiorità del protagonista) sono alla base di molti aspetti delle principali opere di Kafka. Basti pensare al ruolo che riveste la famiglia nel suo racconto lungo più celebre (La metamorfosi, 1915) le cui pagine sono pervase da un’angosciosa assenza di comunicazione tra i personaggi e dominate dalla cupa figura di un padre che ripudia il figlio che non riesce più a riconoscere, oppure al ruolo della Legge e dell’autorità del tribunale ne Il processo (1925), uno dei romanzi kafkiani rimasti inediti fino alla morte dell’autore. Dal punto di vista biografico, la Lettera al padre è - insieme con i Diari (che coprono il periodo dal 1910 al 1923), le raccolte epistolari (come le Lettere a Milena o le Lettere a Felice) e i Quaderni in ottavo (scritti tra il 1914 e il 1917) - un documento molto importante per conoscere ed approfondire la vita privata dello scrittore e la sua visione del mondo. Riassunto Nella Lettera al padre, Kafka riflette sui sentimenti ambivalenti di odio e amore che nutre nei confronti della figura di suo padre Hermann (1852-1931), esponente della buona borghesia ebraica di Praga 1. Il testo si apre su un punto assai significativo, ovvero su una domanda che Hermann ha rivolto a Franz: il padre di Kafka ha chiesto al figlio come mai provi paura nei suoi confronti. Kafka, proprio per rispondere alla domanda del genitore, stende una lunga missiva di circa 45 pagine manoscritte in cui approfondisce, senza i timori e le remore del confronto diretto con il padre, tutti i turbamenti, le ansie e le angosce della sua infanzia e della sua adolescenza. Kafka comincia la sua lunga lettera rivendicando la propria paura e spiegando che il discorso che si appresta a scrivere sarà indubbiamente molto lungo a causa della complessità dell’argomento e della quantità di aspetti che egli dovrà considerare. Al tempo stesso la sua confessione sarà parziale e incompleta poiché, benché adulto, lo scrittore teme ancora le “conseguenze” del suo gesto di accusa nei confronti dell’autorità del padre. Lo scrittore ammette francamente le proprie mancanze in quanto figlio, dato che si rende conto di non aver nessun senso della famiglia, di trascorrere molto tempo seguendo la propria vocazione letteraria 2 e di non occuparsi invece mai dell’attività commerciale della famiglia e di non mostrare mai slancio affettivo per il padre, al contrario di quanto egli fa con amici e conoscenti. A queste accuse di anaffettività, che il padre gli rinfaccia assai spesso, Franz replica sostenendo che i suoi comportamenti non sono stati generati da mera disattenzione o disinteresse, ma da un dolore maturato in anni di rapporto conflittuale, del quale Kafka incolpa il genitore, principalmente per l’educazione che gli ha impartito e per l’influenza negativa sulle sue fragilità infantili. Lo scrittore si dice convinto di essere stato un bambino tranquillo e rigira contro il genitore l’accusa di mancanza di affetto; se da piccolo egli avesse ricevuto di tanto in tanto attenzioni e tenerezze, probabilmente non avrebbe sviluppato quel disagio e quel senso di inadeguatezza così radicato nella sua personalità. A sostegno di questa tesi (e come capo di accusa contro l’autoritarismo paterno) Kafka ricorda un episodio emblematico: una sera il piccolo Franz, che chiedeva in modo insistente e capriccioso un bicchiere d’acqua, è stato punito in maniera del tutto sproporzionata, venendo confinato per tutta la notte sul ballatoio, esposto al freddo e al gelo. Altro punto di confronto e scontro con la figura paterna è per Kafka il sentimento di inadeguatezza per il proprio fisico, che allo scrittore sembra debole e rachitico se confrontato con l’aspetto muscoloso e prestante del padre Hermann. Kafka, sottolineando come queste differenza siano rimaste evidenti anche con il passare degli anni, ricorda come un incubo i pomeriggi in cui il padre lo costringeva a imparare a nuotare e lui, incapace di eseguire i semplici comandi che gli venivano impartiti, si sentiva umiliato nel constatare la propria incapacità alle attività fisiche e sportive. Il padre, dice lo scrittore, non ha però mai capito (o voluto capire) la sofferenza del figlio, così come non ha mai accettato l’interesse di Franz per la letteratura e la scrittura, intese come dei futili passatempi rispetto agli impegni nel mondo del lavoro e nel negozio di famiglia. Altro punto conflittuale affrontato nella Lettera è il rapporto dei due Kafka, padre e figlio, con la religione ebraica; Franz ricorda che il padre aveva più volte espresso il desiderio che lui si interessasse all’ebraismo ma segnala anche l’atteggiamento contraddittorio di Hermann quando finalmente lo scrittore s’è interessato alla religione di famiglia. Hermann infatti, deludendo tutte le sue aspettative, sminuisce l’importanza dei testi sacri proprio quando Franz si vuole documentare meglio su di essi. I problemi di comunicazione con il padre si riversano poi, secondo l’autore, anche sui suoi rapporti con le altre persone: timido e insicuro di natura, Franz introietta profondamente il senso di disagio e di mortificazione che gli viene quando, in occasione di ogni discussione con il genitore, viene bruscamente zittito, come se la sua opinione non contasse nulla. Per lo scrittore, l’insicurezza che egli prova nelle relazioni con gli altri (e, principalmente, con le donne) deriva anche dal rapporto problematico con Hermann. Il punto centrale del conflitto rimane comunque l’attività letteraria di Kafka, che il padre considera con disinteresse e disapprovazione totali. La rivendicazione dello scrittore a questo proposito può allora essere interpretata in duplice maniera. Da un lato è la riconferma del valore intrinseco che Kafka affida alla letteratura, intesa come via di fuga e come “mondo protetto” rispetto ad una realtà difficile e tormentata. Dall’altro è l’implicita conferma che la figura del padre (spesso trasfigurato nella Legge o nel destino imperscrutabile che governano le vite dei protagonisti delle opere dell’autore) è un elemento cardine in tutta la produzione narrativa kafkiana, dalle prime prove (come La condanna del 1912 oppure La metamorfosi) fino ai romanzi inediti o incompiuti (Il processo, 1925; Il castello, 1926; e America, 1927). Commento Per comprendere al meglio la Lettera al padre bisogna considerare quando è stata redatta: Kafka al momento della stesura dell’opera ha trentasei anni e circa un anno prima ha scoperto di aver contratto la tubercolosi. Kafka tira quindi le somme con se stesso e con l’ingombrante figura paterna in una circostanza cruciale della propria vita, quando la prospettiva della morte si affaccia ormai all’orizzonte. A questa circostanza si affianca il dato psicoanalitico: molti critici hanno sottolineato come il rapporto di Franz con il padre (e quello parallelo con la madre Julie Löwy) abbia molte caratteristiche del complesso di Edipodescritto da Sigmund Freud (1856-1939). Il legame con il padre e lo svisceramento delle tensioni nascoste nel loro rapporto attraversa tutta la Lettera, che può essere letta sia come una confessione al genitore sia come un’ammissione, molto sincera e precisa, delle proprie debolezze e della propria intima natura. Kafka riflette infatti sull’ambivalenza di sentimenti che ha sempre contraddistinto il rapporto con il padre: nelle prime righe della lettera ammette con consapevolezza le proprie responsabilità e le proprie mancanze, ma altrettanto lucidamente ribadisce duramente quanto il carattere e i comportamenti del padre le abbiano determinate e, in certi casi, aggravate. Si delinea così la figura di un genitore che non riesce ad accettare le debolezze di un figlio fragile e introverso, le cui scelte di vita (l’interesse quasi ossessivo per la letteratura, il rifiuto ad una sistemazione “borghese” con il matrimonio, il rapporto tormentato con la religione) sono disprezzate e rifiutate da Hermann Kafka. A tutto ciò si aggiungono i metodi autoritari e umilianti con cui il padre vorrebbe educare Franz, che quindi cresce pieno di paure e di insicurezze, sviluppando un vero odio nei confronti della propria inettitudine fisica e della propria incapacità a sviluppare rapporti umani autentici. Tuttavia, nonostante la freddezza che contraddistingue il legame tra padre e figlio e nonostante il quadro vigeva la regola del silezione durante i pasti. Poi non era permesso rosicchiare le ossa ma il padre lo faceva, non si poteva assaggiare l'aceto ma lui lo faceva. Il pane andava tagliato a fette regolari ma il padre faceva come voleva, non poteva cadere cibo a terra, a tavola si doveva solo mangiare ma lui si puliva le unghie. Kafka dice che per lui il mondo si divideva in tre mondi: • il mondo in cui lui era schiavo e gli venivano impartite delle regole solo per lui che però a cui non riusciva sempre ad adeguarsi; • il mondo del padre ("infinitamente lontano dal mio") dove lui impartiva ordini e si arrabbiava se non venivano rispettati; • il mondo del resto dell'umanità dove la gente viveva felice e libera da ordini e da obbedienze; (citazione p. 20) Kafka dice che lui viveva nella vergogna e si atteneva ai suoi ordini dato che valevano solo per lui. Pone confronto FELIX e la sua situazione di allora--> lo tratta alla stessa maniera il padre, anzi forse con metodo educativo particolarmente terribile quando a tavola (per il padre) si comporta in maniera maleducata però "più di forse" ciò non colpisce Felix nello stesso modo, poichè per lui il padre di Kafka è soltanto il nonno, importante ma non è tutto come lo era per Kafka e poi Felix ha carattere tranquillo, già in qualche modo maturo e poi vive in sua compagnia per periodi brevi. Il padre aveva carattere autoritario. Il fatto che Kafka non poteva avere dialogo pacato con il padre lo porta a grave conseguenze --> DISIMPARARE A PARLARE. Dice che i mezzi educativi del padre si esprimevano a livello verbale con INSULTO, MINACCIA, IRONIA, RISO CATTIVO e AUTOCOMMISERAZIONE. Kafka dice che non può affermare che il padre l'abbia mai insultato direttamente ma aveva tanti altri mezzi a disposizione che non vi era bisogno. Quando Kafka si accingeva a fare qualcosa che non piaceva al padre e gli pronosticava un insuccesso, il timore del parere del padre era tale che l'insuccesso (magari qualche tempo dopo) si verificava puntualmente. "IO PERSI LA FIDUCIA NELLE MIE CAPACITA'. DIVENTAI INCOSTANTE, DUBBIOSO". Sottolinea nuovamente che "MI GUARDO BENE DALL'AFFERMARE DI ESSERE DIVENTATO COME SONO SOLO PER CAUSA TUA,TU RAFFORZAVI SOLTANTO UNA SITUAZIONE DI FATTO, MA LA RAFFORZAVI IN MODO DETERMINANTE PERCHE' NEI MEI CONFRONTI AVEVI UN GRANDE POTERE". Il padre nutriva particolare fiducia nell'IRONIA (nel valore educativo) --> sottolinea così la sua superiorità nei confronti del figlio. Faceva domande del tipo "è troppo impegnativo per te vero? (ogni domanda era accompagnata da RISATA CATTIVA e da una FACCIA SCURA. Suonava provocatori anche rimproveri in terza persona (quando magari parlava con la madre) --> Da qui, dice Kafka, nacque il suo timore di interpellarlo indirettamente, era meno pericoloso rivolgere domande alla mamma che riguardassero il padre (come sta papà?) (p. 25). Alla sorella ELLIE diceva quasi ad ogni pasto "A DIECI METRI DALLA TAVOLA DEVE SEDERSI, LA GRASSONA". "Convinti ormai che un pretesto l'avresi comunque trovato, non ci si controllava più di tanto e le continue minacce produssero una sorta di INDIFFERENZA". "così soffrivi tu, così soffrivamo noi". Quando il padre soffriva in silenzio vi erano eccezzioni. AMORE e BONTA' superavano ogni ostacolo con la loro forza e ti coglievano con immediatezza, accadevano di RADO, ma erano momenti MERAVIGLIOSI. Esempio --> (p.27) "durante la mia ultima malattia, ti avvicinasti piano alla stanza di Ottla in cui io riposavo, restasti sulla soglia allungando il collo per potermi vedere nel letto e non volendo DISTURBARMI mi facesti solo un cenno con la mano" --> CONSEGUENZE SU KAFKA --> si abbandonava in quei momento ad un pianto di gioia e dice di piangere tutt'ora al ricordo di quei momenti. LA MAMMA --> era infinitamente buona con il figlio ma per Kafka ogni cosa si situava in rapporto al padre, in un CATTIVO RAPPORTO. La mamma rivestiva il ruolo del battitore in una partita di caccia. Accadeva che non si giungesse a una vera riconciliazione, che la madre di nascosto lo proteggeva dal padre, di nascosto gli dava qualcosa o gli permettesse qualcosa e allora gli occhi del padre tornavano ad essere il figlio PUSILLANIME (quando atteggiamento appare vile), l'impostore, il colpevole che riusciva ad ottenere per vie trasverse anche ciò che riteneva un suo diritto. Lui dice che cercava quelle vie trasverse ma il risultato era il ULTERIORE ESASPERARSI DEL SENSO DI COLPA. Dice che il padre non l'ha mai picchiato, ma le grida o la faccia paonazza, le bretelle slacciate e tenute pronte sulla spalliera della sedia erano QUASI PEGGIO. Fa paragone con impiccagione --> se vieni impiccato almeno poi muori, è peggio dover vedere sotto i propri occhi tutti i preparativi dell'impiccagione. "DA QUALUNQUE PUNTO DI VISTA ERO COLPEVOLE NEI TUOI CONFRONTI". Dice che il padre gli ha sempre rinfacciato (sia in privato che in pubblico) di vivere senza privazioni, tranquillamente, al caldo e nell'abbondanza. Lui poteva gustare quanto il padre gli dava solo a prezzo di VERGOGNA, FATICA, DEBOLEZZA e SENSO DI COLPA. IL PRIMO RISULTATO VISIBILE DI QUESTA EDUCAZIONE --> Kafka fa rifuggire tutto quanto, sia pur alla lontana, che ricordasse il padre, a cominciare dal negozio. Il negozio andò a coincidere con la persona e Kafka finì per sentirsi a disagio. Kafka si vergogna di come il padre trattasse i commessi (cita quando lavorava alle ASSICURAZIONI GENERALI e aveva lasciato il lavoro con giustificazione non del tutto vera ma non del tutto falsa, ossia dichiarando al direttore che non riusciva a tollerare gli insulti, anche se non lo avevano colpito in prima persona --> "ERO TROPPO DOLOROSAMENTE SENSIBILE FIN DA BAMBINO" – p. 33). Kafka dice che nel negozio il padre si comportava da tiranno. Chiamava i suoi impiegati NEMICI RETRIBUITI --> qui Kafka capisce che il padre poteva essere ingiusto però lui dice che se avesse incusso lo stesso timore ai dipendenti come l'aveva incusso a lui loro non avrebbero potuto vivere. Per KAFKA il negozio era insopportabile, gli ricordava il rapporto con il padre. Il padre è sempre scontento di tutto. KAFKA si distanzia dal negozio. Il padre giustifica il ripudio del figlio per il negozio con una mancanza di senso degli affari e che aveva in testa delle idee più elevate. Fuggendo dal padre era costretto a fuggire dalla sua famiglia, anche dalla madre (p. 36). la madre amava troppo il padre e ne era sottomessa. La madre si è ammazzata di lavoro in negozio e in casa ha sofferto doppiamente tutte le malattie di famiglia. Le sorelle --> • Valli si situava in una posizione privilegiata. Era la più vicina alla ,mamma, e ricordando la mamma il padre la trattava con maggiore affetto (anche se di qualità kafkiane ve ne erano poche); • Ellie --> unico esempio del tentativo quasi perfettamente riuscito di sottrarsi all'influenza del padre (nonostante da piccola fosse goffa, golosa, annoitata, maligna e avara). Trovava disgustosa (Kafka) l'avarizia della sorella (che in lui era ancora più accentuata). Tutto cambiò quando la sorella se ne andò di casa, si sposò ed ebbe 3 figli e divenne allegra, spensierata, ottimista. Accusa il padre di aver sempre nutrito dell'astio nei confronti della figlia, anche se il nipote Felix e Karl hanno permesso di ridurre questo astio. • Ottla --> di lei dice che "quasi non oso scrivere" --> quando lei non si trovava in situazioni difficili il padre provava odio per lei. Il padre stesso aveva confessato a Kafka di provare odio per lei e quando il padre soffriva per Otta, lei era felice. Lei è una specie di LOWY fornita delle migliori qualità kafkiane. Lei è l'immagine migliore dell'unione dei genitori. Poi abbiamo IRMA, lei è la nipote del padre. Per lei che entrò al servizio dello "zio" al negozio in età già adulta, subì in parte l'influenza del padre di Kafka, che la riteneva (nonostante fosse saggia, volenterosa, modesta e lo ammirasse come principale) una dipendente come le altre e anche su di lei ebbe una "cattiva" influenza. Kafka dice che nemmeno i giudaismo l'ha aiutato a salvarsi dal padre. Nel corso del tempo Kafka ha assunto 3 posizioni diverse (da pag. 44): – da bambino, in concordanza con il padre, si rimproverava di non frequentare abbastanza il tempio, di non digiunare ecc..; – da ragazzo non capiva come il padre con quel giudaismo da nulli di cui disponeva, potessere rimproverarlo perchè non si sforzava di elaborare nulla di analogo. Andava al tempio (il padre) 4 volte l'anno, pregava come se fosse una formalità. Kafka dice che passava ore a sbadigliare nel tempio cercando di divertirsi con altre distrazioni. A turbare il ragazzo c'era la BARMIZWE ossia iniziazione che si fa a 13 anni (che era una ridicola memorizzazione di formule in vista di un esame altrettanto ridicolo). Dice che la fede che guidava l'esistenza del padre consisteva nel credere all'assoluta esattezza delle opinioni espresse da una determinata classe sociale ebraica e quindi nel credere in se stesso. Vi era una carica di giudaismo ma troppo DEBOLE PER ESSERE TRAMANDATA AD UN FIGLIO; – un ulteriore conferma tardiva di come il padre concepisse il giudaismo Kafka l'ha avuta dal comportamento degli ultimi anni, quando al padre sembrò che il figlio si occupasse di questioni ebraiche. Qui si trattava di un giudaismo molto simile a quello del padre. La mediazione di Kafka ha reso al padre il giudaismo intollerabile (p.49) e le scritture ebraiche illeggibili al punto di "farti schifo". Quindi "lo schifo" (che Kafka dice che probabilmente fosse più diretto al figlio che alla religione in sè), poteva significare solo che riconosceva (il padre) la debolezza della sua religiosità e dell'educazione giudaica del figlio, respingeva tutto quanto potesse farle ricordare. La considerazione negativa del padre nei confronti del nuovo giudaismo del figlio era esagerata. Kafka dice che erano più giustificate le avversioni per le cose che scriveva il figlio (qui dice che ERO RIUSCITO A TAGLIARMI UNO SPAZIO INDIPENDENTE DA TE - p. 50). dice che "l'avversione che nutrivi anche per quanto scrivevo era, PER UNA VOLTA, la benvenuta". Nell mente di Kafka risuonava un "Adesso sei libero" ma naturalment si sbagliava, non era affatto libero o non lo era ancora. Nei suoi scritti parlava del padre. Parla della scelta della professione, dice che il padre gli ha lasciato libertà ma anche qui "ti sei attenuto alla tradizione comune del ceto medio ebraico che consideravi determinante o quanto meno alla scala di valori espressa da questo ceto. E un contributo lo ha dato, in fondo, anche uno dei tuoi fraintedimenti riguardo alla mia persona. Mi hai sempre considerato come particolarmente studioso" (p.51) ma NON CORRISPONDE MINIMAMENTE ALLA REALTA'. Dice che si può affermare che ha studiato poco e non ha imparato nulla. Da quando ha l'uso della ragione si è preoccupato della sopravvivenza spirituale che tutto il resto gli riusciva indifferente. I ginnasiali eberei, da loro, sono spesso strani e si trovano in situazione più inverosimili ma un'infifferenza gelida come la sua appena accennata e spesso ridicola in un ragazzo dalla fantasia viva ma fredda non l'ha riscontrato in nessun altro e per lui era UNICO MEZZO DI DIFESA CONTRO IL LOGORAMENTO NERVOSO PROVOCATO DALL'ANSIA E DAL SENSO DI COLPA. Dice che si preoccupava solo di se stesso --> LA SUA SALUTE --> p. 52-53 descrizione di vari malessero (MI SENTIVO UN FIGLIO DISEREDATO, NULLA ERA IN MIO POSSESSO ecc..) -- > in questa condizione fu concessa la libertà di scegliere una professione. Dice diverse cose, mette in luce la poca fiducia in se stesso, in modo particolare dicendo che ogni volta pensava di non farcela (come superare la prima elementare, di essere bocciato e ogni volta veniva sempre smentito dalla cosa perchè ce la faceva sempre – p. 53). Da ogni "vittoria" che pensava fosse sempre "una sconfitta" non ne guadagna fiducia in se stesso. Pensava che meglio riusciva e tanto peggio sarebbe andata a finire. "arriai alla maturità, che realmente superari con la frode, almeno in parte, quindi
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