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Rousseau "Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini, Sintesi del corso di Filosofia

L'opera è uno degli scritti più importanti di Rousseau, affronta il problema dell'origine della disuguaglianza sociale, origine dello stato e del diritto.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Caricato il 04/08/2020

giuliano-mosconi
giuliano-mosconi 🇮🇹

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Scarica Rousseau "Discorso sull'origine della disuguaglianza tra gli uomini e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! ROUSSEAU. “Discorso sull’origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini” 1755. (sintesi di Giuliano Mosconi) Nella prefazione Rousseau afferma che per conoscere l’origine della diseguaglianza tra gli uomini morale e politica, quindi non naturale, bisogna conoscere l’uomo nello stato di natura, prima del costituirsi della civiltà. La nozione di uomo nello stato di natura rappresenta non una realtà storica precisa (l’uomo selvaggio, primitivo), ma è un’ipotesi metodologica utile per contrapporlo all’uomo che vive in società. Bisogna evitare di pensare l’uomo nello stato di natura con le caratteristiche dell’uomo civilizzato, capace di ragionamenti logici complessi o di caratteri propri dell’uomo egoista e individualista della società contemporanea. Nella prima parte del discorso cerca di descrivere come poteva essere l’uomo nello stato di natura. L’uomo nello stato di natura ha pochi bisogni facili da soddisfare perché ad essi provvede la natura stessa: il cibo, il sonno, la femmina. Egli è dunque tranquillo “perché desidera solo le cose che conosce e consce solo ciò che possiede o può possedere facilmente”. I sentimenti che prova sono l’amore di sé cioè l’interesse per la propria sopravvivenza e la pietà cioè la ripugnanza per la morte e la sofferenza altrui. L’uomo nello stato di natura è privo di progetti a lunga scadenza, vive alla giornata in un eterno presente, i contatti con i propri simili sono sporadici, dettati dal bisogno e dalla pulsione sessuale, vive in uno stato di autarchia e libertà, senza legami, in un’eterna fanciullezza, senza progresso e in un eterno ricominciare da capo, senza trasmissione di conoscenza ed esperienza. Se l’uomo nello stato di natura ha il cuore in pace e il corpo in buona salute cosa lo ha portato a cambiare la sua condizione? Occorre ricordare che l’uomo è dotato di libertà cioè di capacità di scelta e di perfettibilità, ossia attitudine a migliorarsi per cui può cambiare, mentre gli animali sono privi di queste facoltà e quindi non cambiano mai la loro condizione. Nella seconda parte del discorso Rousseau indaga le cause del passaggio dallo stato di natura a quello civile e la rapida successione degli avvenimenti che hanno portato alla crescita esponenziale della disuguaglianza. Cause esterne hanno spinto l’uomo a uscire dallo stato primitivo. Anzitutto l’ambiente naturale ostile, le intemperie, la ferocia degli animali, lo hanno portato a cercare l’aiuto dei suoi simili. Così si sviluppa il linguaggio, i patti reciproci e poi iniziano a costituirsi le famiglie. Ma anche a formarsi invidie verso chi era più abile o capace. Con l’invenzione dell’agricoltura e della metallurgia inizia la divisione del lavoro e soprattutto la spartizione delle terre e l’inizio della proprietà privata: “Il primo che recitato un terreno affermò questo è mio fu il vero fondatore della società civile.” Si afferma così la grande divisione tra ricchi e poveri, e la guerra tra loro dovuta all’avidità dei ricchi e alle ribellioni dei poveri. Non lo stato di natura, come pensava Hobbes, ma la società porta alla guerra di tutti contro tutti. Per difendere la proprietà e i privilegi dei ricchi nasce lo Stato che con le leggi sulla proprietà legittima la distinzione tra ricchi e poveri, con le istituzioni politiche fa sì che la distinzione tra ricchi e poveri diventi anche quella tra potenti e deboli, sono infatti i ricchi ad esercitare il potere politico, e infine con la trasformazione del potere legittimo in potere arbitrario con il dispotismo si crea la distinzione tra padroni e schiavi. Ma con l’avvento del dispotismo la società ritorna in una sorta di stato di natura deformato dove vige il diritto del più forte.
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