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rousseau discorso sulle scienze e sulle arti, Appunti di Storia Della Filosofia

appunti su rousseau - discorso sulle scienze e sulle arti esame di storia della filosofia politica università degli studi di milano

Tipologia: Appunti

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Scarica rousseau discorso sulle scienze e sulle arti e più Appunti in PDF di Storia Della Filosofia solo su Docsity! STORIA DELLA FILOSOFIA POLITICA Secondo Kant, la filosofia è un’attività che pone interrogativi radicali e tenta di darne delle risposte. La ricerca filosofica è un “campo”, una metafora spaziale per indicare che la filosofia è quell’indagine che formula alcuni problemi ricorrenti di tipo radicale e cerca di fornirne risposte convincenti, fissando limiti tra intelletto e coscienza. Per Hegel la filosofia è invece il proprio tempo appreso in pensiero; è lo scandaglio del razionale, la comprensione di ciò che è presente e reale. Per affrontare la filosofia politica con consapevolezza storica, è necessario dunque cercare i problemi ricorrenti della filosofia politica seguendo Kant, e seguendo la scia di Hegel, cercare i problemi di determinati periodi storici. I problemi ricorrenti della filosofia politica sono 1) Perché un essere umano deve obbedire ad un altro essere umano? 2) Cos’è il potere, come si differenzia il potere politico dagli altri poteri, e quale sia il potere politico giusto? 3) Che cos’è la politica? 1) Da Sofocle al novecento, c’è stato un lungo dibattito sul perché si obbedisca e quale sia il momento in cui vengono meno le ragioni dell’obbedienza, vedendo la resistenza come obbligo politico. Vi è una differenza tra obbligo politico e obbligo morali: per alcuni è doveroso obbedire perché è scritto in natura, altri credono che chi detiene il potere è stato posto da Dio, altri ancora vedono l’autorità come frutto di un contratto. Resistere significa contrapporre la legge umana alla legge naturale. Rousseau sostiene che è la forza che genera obblighi: la forza non fa il diritto, ma obbliga all’obbedienza. 2) Il medioevo vedeva la distinzione tra autoritas, il potere sulla coscienza, e la potestas, il potere politico. Sin dall’antichità, la filosofia politica distingueva tra potere politico dagli altri poteri, in una visione della società in senso ampio. Il discorso va al di là delle singole istituzioni, vale indipendentemente da istituzioni politiche specifiche. 3) La filosofia politica ha a che fare con l’antropologia filosofica: per Aristotele e Tommaso, l’uomo è un animale sociale e politico, Macchiavelli si domanda come possa esistere la politica se l’uomo è passionevole, Hobbes, seguendo un discorso di filosofia morale, si domanda cosa siano virtù e giustizia, Marx invece basa il suo discorso politico sulla filosofia della storia. Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti ROUSSEAU Rousseau è stato un pensatore poliedrico, si è occupato di musica e di botanica, romanzi, pedagogia e politica. Rousseau è colui che sta all’origine della tradizione di pensiero che analizza le patologie del mondo moderno, e all’origine di una teoria normativa della politica che muove dal radicale rifiuto della rappresentanza. I moderni avevano una concezione lineare della storia, e ponevano una attenzione specifica a storie particolari, mentre i pensatori del ‘700 unificano le storie particolari in un concetto di storia complessiva del genere umano. Per questo il 18^ secolo può essere considerato l’età della storia, poiché vennero fatte diverse storiografie, in un’ottica di storia congetturale del genere umano; Turgot ha scritto una riflessione sul progresso del genere umano, Smith in alcune sue lezioni di giurisprudenza ha ricostruito l’avanzare del genere umano; il termine “civilizzazione” è un neologismo di questi anni, in un’ottica di perfezionamento e progresso. Rousseau si confronta con l’illuminismo, e contrappone alle varie storiografie storie particolari di storie particolari. I concetti chiave di Rousseau sono divisione del lavoro, dipendenza, ineguaglianza e proprietà. Per uscire dalla realtà del mondo moderno, configurato come regno delle apparenze, sono necessarie tre prospettive: l’educazione, poiché se il mondo a lui contemporaneo era ingiusto, bisognava cambiarlo partendo dall’educazione del singolo, la solitudine del saggio e una comunità politica di uguali. Da Rousseau nascono due filoni di pensiero: una teoria critica del presente e una teoria normativadella politica o della repubblica. La tesi di fondo di Rousseau è che le scienze e le arti distraggano dalla ricerca delle virtù, ponendo una maggiore importanza al successo mondano che alla rettitudine interiore. Il cammino verso il perfezionamento delle scienze e delle arti porta a corruzione delle anime, poiché si è vista la virtù sfuggire nella misura in cui le scienze e le arti aumentavano, in particolare le virtù militari e morali, in quanto il lusso e la comodità hanno fatto in modo che queste virtù svanissero., e questo è il lato oscuro della civilizzazione. Le scienze e le arti sono troppo spesso usate dal potere per legittimare il dominio. Rousseau invita a pensare il nesso tra scienza e potere: il bisogno innalzò il trono, le scienze e le arti l’hanno rafforzato. La scienza si accompagna necessariamente al lusso, all’affermarsi di situazioni sociali in cui alcune classi privilegiate possano innalzare il proprio spirito, in una forte diseguaglianza; il mondo in cui solo qualcuno può studiare, è un mondo segnato dalla diseguaglianza. Il re di Polonia di quel periodo, Augusto III, obiettò che non dalle scienze e dalle arti che nasce la mollezza e il lusso, ma dalla ricchezza; Rousseau rispose subito con una genealogia, ideata dal 50 al 54: la fonte primaria del male è la diseguaglianza, e da essa nasce la ricchezza, poiché se non ci fosse la diseguaglianza non ci sarebbero poveri e ricchi; solo dalla ricchezza nasce il lusso e l’ozio, e dal lusso si generano le belle arti, dall’ozio le scienze. Con l’indagine sul male storicamente determinato, Rousseau secolarizza il problema del male. Egli identifica nell’affermazione della divisione del lavoro il punto di svolta dall’indipendenza alla dipendenza: la metallurgia e l’agricoltura sono gli autori della civilizzazione e della perdita del genere umano, e il prodotto complessivo è il mondo dell’apparenza. Se il selvaggio viveva in sé, l’uomo moderno vive fuori di se, sempre sotto gli occhi degli 2 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti fare parte del consiglio maggiore, ma non potevano occupare ruoli politici di rilevanza o fare parte del piccolo consiglio. Vi erano poi, gli abitanti, stranieri che, con qualche permesso, potevano abitare nella città, i nativi, ossia i figli degli abitanti, e gli stranieri, e questi non avevano diritti politici. Firmandosi "cittadino di Ginevra", Rousseau si indica come cittadino di una repubblica di cui può ricoprire tutte le cariche presente. Dal 1750 al 1763 rivendica sempre il suo essere cittadino di Ginevra, fino a quando rinuncia alla cittadinanza a causa della condanna del Contratto Sociale e dell'Emilio del 9 Giugno 1761 da Parigi, e del 19 Giugno 1762 da parte di Ginevra, che accusò il Contratto Sociale, condannato al rogo. – Ginevra sarà determinante nella sua carriera politica. Nel 1758, colpito da un passaggio dell'Enciclopedia, scrive una lettera a d'Alembert difendendo i ginevrini che, in quanto calvinisti, non avevano teatri nel territorio, sostenendo che se il teatro vede una divisione tra attori e spettatori, all'interno di una repubblica questa divisione non c'è, poiché si è tutti attori. Ginevra è una repubblica cittadina dal 21 Maggio 1536, quando il consiglio generale rompe con il protettorato dei Savoia e il principe vescovo cattolico. il 14 Gennaio 1543 vennero istituite strutture politiche, ordini, uffici e ufficiali da Calvino, che la fonda come repubblica riformata. – Ginevra non è l'unico caso di repubblica all'interno dell'Europa, in cui la maggior parte dei paesi erano gestiti da Stati Nazionali, e un esempio è dato dai comuni italiani. Vi era dunque una pluralità di vie istituzionali in Europa: non solo stati, ma anche città con un proprio governo, come i comuni italiani che diventeranno repubblica, e le grandi città dell'Europa dell'est. Nell'ultimo decennio del 1500 e per tutto il 1600 ci sono due esperienze di repubbliche fondamentali: la repubblica delle provincie unite in Olanda e, soprattutto, il Commonwealth in Inghilterra, dal 1649 fino alla restaurazione. La tradizione repubblicana moderna, di cui Rousseau è un attento osservatore, deriva da Machiavelli, e i discorsi sulla prima deca di Tito Livio o lo stesso Principe, considerato libro satirico a favore dei repubblicani Ricciardini, Soldati e Bruni, cancellieri di Firenze, Giannotti, Contarini e, soprattutto, Milton, che scrive un pamphlet intitolato "il modo rapido per creare una repubblica". Rousseau, nello scrivere, ha alle spalle questa tradizione. Nel firmarsi "cittadino di Ginevra", dunque, si firma come cittadino all'interno di un'esperienza repubblicana. Nel 1748 Montesquieu innova la tipologia delle forme di governo, sostenendo non più che ci sono due tipi di governo, come faceva Aristotele, che si dividono in quantitativo e qualitativo, il primo dei pochi e dei molti, il secondo che guarda agli interessi di tutti (monarchia, aristocrazia o politeia) o agli interessi dei governanti (tirannia, oligarchia e democrazia). Nel frontespizio ci sono tre nuclei fondamentali: la parola ristabilimento, il concetto di scienze e arti e la figura dell’accademia; inoltre, è importante la citazione da Ovidio. – RISTABILIMENTO: I pensatori del 700 sapevano di avere alle spalle un evento fondamentale, ossia la rivoluzione scientifica, che segna diversi ambiti del sapere, come l’astronomia, la fisica, l’algebra e la medicina. L’importanza di tale evento era ben presente tra i pensatori del ‘600. Hobbes, nel 1632, scrive il “De Corpore”, opera dedicata a GUGLIELMO CONTE, dove sostiene che l’astronomia, la fisica e la medicina non possono essere fatte risalire prima di Copernico, Galileo e Harvey, e che dopo di lei sono state fatti notevoli progressi; come la fisica nel secolo precedente era un a novità, 5 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti così la filosofia politica non può essere fatta risalire prima del De Civita, e che la riflessione filosofica ha senso solo all’interno del mutamento scientifico. Vent’anni dopo, nel 1687, Newton porta a compimento la rivoluzione scientifica con il “Philosofiae naturalis principia mathematica”, e grazie a lui si ha la formulazione di una nuova visione dell’universo. Voltaire, nelle lettere filosofiche, si interroga su Bacone, confronta Cartesio e Newton e dedica delle lettere a quest’ultimo. Nel testo “metafisica di Newton” del 1740, sostiene che la filosofia naturale di Newton e il suo contributo al rinnovamento della fisica entrarono nella cultura Europea, e grazie a lui i filosofi si pongono il problema di formulare la filosofia morale e politica all’altezza della filosofia naturale di Newton. Rinascimento è dunque la consapevolezza della rivoluzione scientifica. – SCIENZE E ARTI: Nel 1750 il concetto “arte” era diverso dal concetto di “belle arti”. Nel 1747 Diderot e d’Alembert pubblicarono l’”Enciclopedia o dizionario ragionato di scienze, arti e mestieri”, alla quale collaborarono pensatori illustri come Voltaire, Montesquieu e Rousseau. Nell’ottobre del 1750 venne pubblicato il prospetto dell’opera, che doveva consistere in otto volumi di testo e due di tavole; nel 1751 uscì il primo volume, nel 1758 il settimo, ma in quell’anno Gesuiti e Calvinisti condannarono l’opera revocandone, nel 1759, la stampa, e nel 1760 venne condannato da Papa Clemente VIII. La condanna venne però fatta solo sui volumi di testo, non sulle tavole; vennero stampati in tutto 11 volumi di tavole, e 17 volumi di testo, ultimi dieci distribuiti nel 1766. Alla base dell’impresa c’era, in Diderot, la concezione che la materia enciclopedica potesse essere divisa in tre titoli: le scienze, le arti liberali e le arti meccaniche. Platone sosteneva che l’arte fosse ogni insieme di regole adatte a dirigere ogni attività possibile, senza distinzione tra arte e scienza; l’arte comprende ogni attività umana ordinata e si distingue nel suo complesso dalla natura. Aristotele si distingueva da Platone poiché sottrae all’arte il campo della scienza. Egli distingue tre saperi, teoretico, ossia ciò che è necessario (matematica, geometria, astronomia e metafisica) e si caratterizza come un sapere certo, pratico, ossia ciò che è possibile alle azioni umane, non basato su certezza ma su probabilità (etica, politica, economia) e produttivo, ossia ciò che viene considerato come arte. Nel mondo antico e medievale non venne ereditata questa distinzione nel suo rigore, ma si preferì scindere le arti liberali, degli uomini liberi, e le arti servili, proprie degli schiavi. Varrone nel 116 a.C, distingue nove arti: grammatica, retorica, logica, aritmetica, geometria, astronomia, musica, architettura e medicina, ma per 1500 anni l’educazione era basata solo sulle prime sette arti. Marziano Cappella, nel De Nuptiis Mercurii et Philologiae, fissa il canone delle arti liberali, eliminando le ultime due arti che, siccome hanno a che fare con il corpo, sono inutili per lo spirito. Nel medioevo si studiava seguendo il trivium (grammatica, retorica e dialettica) e il quatrivium (aritmetica, geometria, astronomia e musica). Questa distinzione sopravvisse fino al XII secolo, con il fiorire delle prime università. La prima definizione di arte meccanica risale al XII secolo, dove Ugo San Vittore nel 1130 ne fece un elenco, comprendente aedificium, armatura, navigatio, agricolture, venatio, medicina e teatrale. Vincenzio Vile agli inizi del 300 sostituì architettura a teatrale. C’era una sorta di pregiudizio verso queste arti, a causa di una falsa etimologia data da San Vittore, poiché mecus può significare sia meccanica che adultera. Queste arti dune hanno un’ombra negativa, rappresentano una sorta di funzione mediatrice con il peccato originario. La cultura medioevale è segnata dal primato della vita contemplativa sulla vita attiva, e il risultato è questo pregiudizio verso le arti meccaniche. Diderot nella definizione di arte nell’enciclopedia, distingue le arti tra manuali e mentali, considerando tale distinzione negativa poiché ha reso l’uomo pigro e favorisce solo coloro che potevano studiare. Diderot si batte dunque contro il primato delle arti liberali. Citando Bacon, sostiene che si svalorizza la mente umana se si riconosce importanza solo alle arti liberali, poiché se l’umanità progredisce è merito solo dei 6 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti progressi in ambito di queste arti, poiché sono pervase da uno spirito vitale che le porta sempre a progredire. Sempre Bacone nel 1620 sostenne, nella seconda parte di “instauratio magna”, sostiene che tre arti meccaniche, la stampa, la polvere da sparo e la bussola hanno esercitato un influsso maggiore di qualsiasi impero, setta o stella; le arti meccaniche hanno quindi cambiato il mondo. La rivoluzione scientifica rappresenta un cambiamento non solo in ambito scientifico, ma anche in filosofia, poiché da Bacon nasce un filone che privilegia l’esperienza, cambiandone la rilevanza. Diderot citò esattamente questo passo, sostenendo dunque che bisogna dare il giusto riconoscimento agli artigiani, poiché hanno permesso il progresso nel mondo. In particolare, Diderot privilegia l’arte della stampa, poiché i caratteri tipografici hanno permesso la diffusione dei lumi in qualunque tempo. Si può capire la polemica di Rousseau contro la diffusione della cultura e la critica alle scienze, arti e stampa solo in questo contesto. – ACCADEMIE: Le accademie sono associazioni di studiosi, prevalentemente con un proprio statuto, volte a sviluppare le scienze e le arti. La prima accademia fu fondata da Platone, in una contrada nei pressi di Atene dove iniziò il suo insegnamento. Le accademie nascono in Italia, grazie a Marsillio Ficino che nel 1642 fondò, grazie alla donazione di Cosimo De Medici,e pian piano fiorirono in tutta Italia, come l’accademia di Napoli, l’accademia di Venezia o l’accademia della crusca, e sono associazioni volontarie per promuovere particolari filosofie. Queste accademie nascono le une opponendosi alle altre. In Francia nacquero grazie a Richelieur, che nel 1584 fondò l’accademia Francese, mentre nel 1660 in Inghilterra nasce la Royal Society, accademia nata dal popolo, cui ne partecipò anche Newton; in seguito si verificò una moltiplicazione di accademie e società per lo sviluppo delle scienze. L’accademia di Digione nacque nel 1725, ma venne riconosciuta solo nel 1740, si sciolse nel 1791 ma venne ristabilita nel 1798, è ancora attiva e continua a pubblicare bandi e volumi. È un’accademia delle scienze, delle arti e delle belle lettere, e dal 1742 ogni anni propongono un quesito diverso, su questioni di ambito fisico, morale, o sulla medicina o arti meccaniche. Le accademie permettevano permettono che il sapere sia esteso a pochi.anche i filosofi riconoscevano il ruolo fondamentale delle accademie. Voltaire dedica la ventiquattresima lettera filosofica proprio alle accademie, dove sostiene che gli inglesi avevano avuto molto prima dei francesi un’accademia della scienza, mancante però di ricompense e regole forse perché più antica; il soggetto importante delle accademie è la crescita del sapere scientifico, e a Voltaire non piaceva l’eccesso di libertà della Royal Society. – PURIFICAZIONE O CORRUZIONE DELLE SCIENZE E DELLE ARTI: Già NELLA PRIMA PAGINA Rousseau presenta la sua posizione i membri dell’accademia di Digione ponevano la questione se le scienze e le arti avessero contribuito alla purificazione dei costumi, e Rousseau difende la virtù. – CITAZIONE: Rousseau si dichiara barbaro perché sa di non poter essere compreso;è un barbaro rispetto al contesto civilizzato poiché attacca la cultura e la civilizzazione. Il moto di Rousseau è per amore di verità sacrificare la vita (vitam impendere vero) , frase di Giovenale che per Rousseau rappresenta una scelta esistenziale PREFAZIONE Rousseau è consapevole dell’azione svolta e attacca frontalmente tutto ciò che scuote l’ammirazione degli uomini è consapevole che in ogni tempo ci saranno uomini soggetti alla propria cultura ma lui dichiara di non scrivere per il suo secolo ma per amore di verità. Questa è una mossa retorica tipica di socrate e di agostino poiché entrambi sostenevano che nel cuore dell’uomo abita la verità. 7 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti Prometeo, notata questa cosa, rubò il fuoco ad Efesto e la sapienza tecnica ad Atena, per donarli all’uomo. Per questo Zeus condannò Prometeo nudo e incatenato a una montagna, con un’aquila che ogni notte gli dilania il petto per mangiarne il fegato. Prometeo è il mito in cui viene spiegata la genesi delle arti e della politica. Di Prometeo, Rousseau sostiene che egli sia nemico della tranquillità umana nelle note, in un riferimento al Fedro, nel quale si menziona il rapporto degli egiziani con la conoscenza. A frontespizio del discorso infatti egli pone un satiro che abbraccia il fuoco e le arti, impersonificate da una ragazza, e Prometeo che lo avvisa dicendo che arti e fuoco sono estremamente pericolose. Nel 1700 il lusso sovrapponeva vari piani di discorso, in particolare di tipo economico e di tipo antropologico morale.  Sul piano economico, il lusso rappresenta la moltiplicazione dei bisogni, che induce la moltiplicazione della produzione che comporta ulteriori disagi sociali: le società dominate dal lusso sono società caratterizzata da una radicale diseguaglianza tra ricchi e povere. Rousseau trova la sua conclusione nella presentazione del mondo moderno come mondo del denaro, della ricchezza e del commercio.  Sul piano antropologico si domanda quale sia la passione che innesca la moltiplicazione di produzione e bisogni, rispondendosi che il lusso nasce dall’ozio, dalla possibilità di alcuni uomini di non dedicarsi ai lavori produttivi di base. Da questa condizione si generano due passioni, l’amor di se, sentimento insito nella natura dell’uomo, e l’amor proprio, sentimento storico, passione nata dalla comparazione con gli altri, e innesca la dinamica che porta al lusso. Alla base del lusso sta dunque la passione della vanità. L’economia dei moderni mette in discussione i valori morali fondamentali e svuota la politica pensata in termini di cittadinanza repubblicana. Alle domande se il lusso favorisca o meno lo sviluppo politico e morale della cittadinanza, o quale rapporto ci sia tra mercato e morale, se esistono limiti morali al mercato o tutto ciò che è presente nel mercato sia al contempo morale, Rousseau polemizza contro le tesi, in particolare di Mendeville, di Melot e di Voltaire, che sostengono che il lusso faccia splendere. Rousseau aveva una buona conoscenza di Mendeville, autore de La Favola delle Api, vizi privati e pubblici benefici, pubblicato nel 1705 e ristampato nel 1712, opera provocatoria su cui tutti i filosofi del 700 rifletterono. Mendeville sostiene che i vizi privati inneschino una produzione di beni che creano ricchezza, e crescita dei pubblici benefici. La radice del male, l’avarizia, era schiava della prodigalità, ma il lusso dava lavoro a un milione di persone; l’alveare in cui nasce l’idea che bisogni rinunciare ai vizi decade. La morale del libro è che sia un’utopia pensare a alveari onesti, poiché frode, lusso e orgoglio devono vivere per poterne avere benefici. O si sceglie ghiande e onestà e semplici virtù, o le comodità, il lusso, lo sviluppo e i vizi. La maggior parte degli scrittori insegnano ciò che si deve essere senza dire ciò che l’uomo sia davvero, ossia un composto di passioni diverse, ciascuna delle quali di volta in volta lo governano. Il grande sostegno delle società fiorenti sono i vizi, passioni radicate nella natura umana. Mendeville definisce come lusso tutto ciò che non è necessario per l’uomo, in una definizione rigorosa che porta ad affermare che tutto sia vizio. Vi è però una sorta di relatività sociale e storica di ciò che è lusso, poiché ogni classe sociale e ogni epoca storica ha bisogni ed esigenze diverse. Melton era invece un’economista francese nato a Bordeaux, e Rousseau esplica il suo nome in una polemica. Nel 1734 egli scrive un saggio politico sul commercio, e dedica un intero capitolo, il 9^, al lusso; egli ritiene che il lusso sia una suntuosità straordinaria nata dalla ricchezza e dalla sicurezza del governo e, di conseguenza, dalla società. Ripropone anch’esso la relatività storica e sociale, e sostiene che chi si trova nell’abbondanza vuole goderne, e che il lusso sia un circolo che produce un arricchimento complessivo. Rousseau non riesce a spiegarsi come nel mondo moderno si sia creato il lusso o come uscire da questa condizione. 10 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti Rousseau introduce un discorso diretto rivolgendosi a Fabrizio. Citato esplicitamente in una lettera a Malerbe, la prosopopea di Fabrizio rappresenta il primo appunto del Discorso sulle scienze e sulle arti. La prosopopea è una figura retorica per la quale si introduce un discorso di persone assenti o defunti. Gaio Fabrizio Lucino era un console vissuto nel 281 a.C.; nel 279 ebbe una trattativa con Pirro, ma non si fece comprare dal suo oro, e la tradizione ne esalta l’integrità morale. Plutarco, in Vita di Pirro, ne parla come uomo povero ma onorato. Quando Pirro cercò di muoverlo con soldi o spaventandolo con un elefante, Fabrizio rispose che come il suo oro non l'aveva commosso, così non lo ha commosso la sua bestia. Rousseau si era formato su Plutarco, e usa lui e Catone il vecchio come punti di riferimento per valutare il mondo moderno. Sul problema del lusso, Rousseau sostiene che il problema non era solamente teorico, ma anche esistenziale, poiché visse in prima persona le contraddizioni della società. Nel 1751 riformò completamente la propria vita, per poter essere libero, virtuoso, al di sopra della fortuna e di ogni giudizio. In quegli anni egli lavorava come cassiere, e non gli importava di migliorare la propria condizione; dopo una forte febbre, si rese conto delle contraddizioni presenti nella vita in cui viveva, e decise di rendersi indipendente. Abbandonò il lavoro, cambiò il vestiario e vendette l’orologio, in modo da non dover più chiedere che ore fossero. Al centro della riflessione di Rousseau, c’è la Roma repubblicana fino ai decenni delle guerre civili, la Roma della parsimonia e delle virtù private e pubbliche. Roma repubblicana era considerata un modello per molti autori. Macchiavelli, nei discorsi sulla prima deca di Tito Livio parla della crisi dell’istituzione repubblicana e il passaggio da repubblica a principato o impero, Montesquieu dedica un saggio a Roma, Gimmon intitola un suo saggio “declino e decadenza dell’impero romano”. L’interesse per Roma è presente in tutta la riflessione di Rousseau, e nel 1752 progettava un testo sul parallelo tra le repubbliche di Sparta e di Roma. Il mondo moderno, per Rousseau, è il mondo dell’orrore e della desolazione, dove i padroni sono insensibili ed il popolo è degenere, mentre il mondo antico è contraddistinto da uomini elevati. Roma e Sparta portarono la razza umana alle sue vette più alte; esistono pregiudizi del popolo contro le forme di governo non monarchiche o autoritarie, ma Roma e Sparta riuscirono a rompere tale pregiudizio. L’istituzione romana è modello della repubblica rousseauiana, basata sulla volontà generale; nel contratto sociale parla infatti di comizi, tribunato, dittatura e censura. La figura del dittatore è diversa dalla nostra concezione attuale, in quanto la dittatura era una magistratura legale prevista dall’ordinamento, dedicata al far fronte alle emergenze in caso di necessità. Era un modello di governo repubblicano, non rappresentativo, basato sulla cittadinanza attiva. Per Rousseau il rimedio al male si trova nel male stesso. Quando sostiene che le patologie del mondo moderno sono conseguenza del rinascimento delle scienze e delle arti, sostiene, con una metafora medica, che c’ la possibilità di estrarre da questo male una terapia. Il rimedio non è causale, ma può essere distinto in ordinario e straordinario. Vi è un male storico, causato dallo sviluppo dalle scienze e delle arti, ma il monarca, che è il terapeuta, estrae il rimedio del male dal seno stesso delle scienze e delle arti fondando le accademie; non tutti possono avere accesso alla scienza o alle arti, può essere tenuto sotto controllo solo dalle accademie, depositarie del sapere. Il male distrugge la trasparenza dei rapporti umani, ma se pochi uomini virtuosi detengono la conoscenza, le accademie rappresentano una piccola isola di trasparenza. Rousseau, nella lettera al re di Polonia, osserva che per i padri della chiesa, i filosofi mondani erano il male, ma se ne servivano per combattere i filosofi pagani. Nel manoscritto del contratto sociale, sostiene esplicitamente che sia necessario sforzarsi di ricavare dal male stesso il rimedio che deve guarirlo, poiché, dato che sia impossibile ritornare all’età dell’umo, è necessario spingere oltre lo sviluppo del male che ha reso la nostra società infelice e sostituire la dipendenza. 11 Storia della Filosofia Politica – Rousseau: Discorso sulle scienze e sulle arti Il Discorso sulle Scienze e sulle Arti è un testo intessuto di riferimenti classici. Egli cita Platone parafrasando l’apologia di Socrate, citando il mito di Prometeo dal Protagora, citando dal Fedro, dal libro V della Repubblica sull’educazione delle donne, e facendo riferimento alle leggi; cita inoltre Montaigne, Hobbes, Spinoza, Cartesio, Berkley, Mendeville e Voltaire. Questo indica che, sebbene egli fosse un autodidatta, aveva una conoscenza dei classici e dei moderni. Grazie alle polemiche ricevute, negli scritti immediatamente successivi rende più coerente il suo discorso, modificando la genealogia rendendo più coerenti degli elementi che prima entravano in conflitto e, nella prefazione al Narciso del 1752, torna sul problema della genealogia delle patologie, mettendo in luce i suoi principi, un po’ più i quanto fatto precedentemente; nella prefazione, sviluppa una polemica contro gli scrittori del suo tempo, che giudicano come capolavoro della politica le scienze, le arti e il commerci. Per Rousseau, questo pone gli uomini in uno stato di mutua dipendenza, creata attraverso l’interesse personale; questo non porta vantaggi, poiché è impossibile convivere senta tradirsi, ingannarsi, soppiantarsi l’un l’altro e distruggersi vicendevolmente. È l’origine degli orrori in cui ogni uomo simulando di migliorare la fortuna altrui guarda solo al proprio interesse. Vi è inoltre una denuncia sociale, poiché in questo contesto di inganni e tradimenti, le moltitudini strisciano nella miseria. I vizi non appartengono all’uomo, ma all’uomo mal governato. 12
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