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Ruolo delle banche nell'economia europea dell'Ottocento, Appunti di Storia Economica

Il ruolo delle banche nell'economia europea dell'Ottocento, con particolare attenzione alle banche centrali, alle banche d'affari e alle banche commerciali. Vengono inoltre analizzate le innovazioni istituzionali e le politiche economiche e di bilancio degli stati europei per sostenere lo sviluppo economico del paese.

Tipologia: Appunti

2019/2020

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Scarica Ruolo delle banche nell'economia europea dell'Ottocento e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! 41 • - gestione delle riserve valutarie del paese (oro e valute) • - funzione di banca delle banche (prestatore d'ultima istanza) nei casi di crisi bancarie e finanziarie dovute a mancanza di liquidità, la banca centrale fornisce liquidità al sistema evitando il restringimento del credito (tutt’ora le banche continuano a inondare il mercato di mercato attraverso politiche monetarie). Da un punto di vista istituzionale hanno il compito di stabilità al sistema e di sviluppare strumenti monetari innovativi come le banconote che consentirono un allargamento della circolazione monetaria. b) Passaggio dall’Alta banca, che si occupava di operazioni di altissimo livello, alle Banche commerciali per azioni che hanno lo scopo di aiutare i grandi imprenditori (crediti mobiliari e banche miste) → Il tipo più diffuso di banca d’affari sino alla metà del XIX secolo, era rappresentata dalle grandi dinastie bancarie dei Rothschild, degli Hambro, dei Morgan. Le banche d’affari, che si svilupparono soprattutto in Francia e Inghilterra, erano consiglieri dei sovrani per i quali intermediavano e collocavano i titoli del debito sul mercato che avevano una conoscenza del mercato finanziario molto elevata e una rete estesa di agenti e corrispondenti a livello continentale e internazionale. Il problema di queste banche era il fatto che erano prudenti negli investimenti industriali perché ritenuti troppo rischiosi, ma questa era funzione che le banche avrebbero dovuto sviluppare per sostenere lo sviluppo economico europeo e le imprese ad alta densità di capitale. Per questo in Francia e Germania si sviluppano due esperienze che esaltano la funzione della banca commerciale nel sostenere lo sviluppo economico e che fanno di questa un fattore sostitutivo. o Il Credit Mobilier (1852) Emile e Isaac Pereire banchieri privati che riescono a coinvolgere colleghi che agivano individualmente per racimolare risolse che avrebbero consentito di operare a favore delle imprese e dar vita a società per azioni. Fondatori del Credit Mobilier e già dipendenti della banca Rothschild di Parigi, alla metà dell’800 grazie anche agli auspici favorevoli di Napoleone III danno vita alla loro banca che divenne in breve una banca d’affari, la più importante in Europa, coinvolta in tutte le più importanti attività economiche in Francia ma anche altrove in Europa perché creano istituti simili in altre città. Aveva una modalità di reperimento delle risorse con cui finanziava le imprese particolare – rastrellava sul mercato le risorse prevalentemente con l’emissione di azioni e obbligazioni ma anche con la raccolta di depositi dei risparmiatori. I due fratelli attraverso a questo tipo di banca riescono a intervenire in operazioni di carattere immobiliari (ristrutturazione dei boulevard e dei grandi magazzini) e nel finanziamento per la creazione della rete ferroviaria, così vengono nominati ed eletti all’assemblea legislativa. Ma questa banca che accetta i rischi industriali nella seconda metà degli anni 60 fallisce a causa dei prestiti e finanziamenti alle industrie, che però ha dato vita a numerose banche in tutta Europa. o Funzione delle banche miste tedesche che hanno lo stesso obiettivo di sostenere la grande industria pesante dell’area tedesca. Erano contemporaneamente banche di deposito e banche di investimento, cioè erano società per azioni il cui capitale derivava dalla raccolta di denaro con azioni ma la parte più consistente derivava dalla raccolta consistente di denaro da parte dei risparmiatori → dal lato dell’attivo, investimenti attuati da un istituto di credito, facevano operazioni a breve termine (sconto cambiario) e operazioni a medio-lungo termine (credito industriale o immobiliare), dal lato del passivo si finanziavano soprattutto con la raccolta del risparmio. Operando a favore dell’investimento industriale questo genere di banca riesce a drenare ingenti capitali verso il settore industriale. E dunque queste due banche hanno una funzione fondamentale nel sostenere i processi di II industrializzazione, dove le risorse finanziarie mobilitate sono ingenti perché si tratta di costruire grandi imprese con capitali ingenti che gli imprenditori non disponevano. Le banche esercitano funzione di intermediazione creditizia a medio e lungo termine esercitando il credito mobiliari con scadenza superiori ai 10 anni. 42 c) Banche a vocazione sociale (casse di risparmio, banche popolari…) che hanno come finalità principale quella di incentivare la previdenza e di assistere i ceti produttivi relativamente marginali che hanno difficoltà ad accedere al credito fornito dalle grandi banche. INNOVAZIONI ISTITUZIONALI E SVILUPPO ECONOMICO NELL'OTTOCENTO EUROPEO L’altro fattore sostitutivo che interviene nell’industria è lo Stato, lo stato in Europa svolge un ruolo ben più importante intervenendo direttamente nel processo di accumulazione attraverso politiche economiche e di bilancio per sostenere lo sviluppo economico. Stato e politica economica per orientare lo sviluppo economico del paese: a) Spesa pubblica aumenta (infrastrutture; ferrovie; commesse all’industria pesante; costruzione di grandi flotte militari per la difesa e aggressione verso paesi esteri e conquista di nuove colonie; rafforzamento del capitale umano attraverso il sistema scolastico, rafforzamento dell’apparato amministrativo con l’esplosione della spesa pubblica) b) Politica doganale estremamente importanti nel corso del primo Ottocento dove sperimentano diverse politiche doganali a disposizione: lo stato può aprire il paese agli scambi o chiuderlo attraverso politiche dal protezionismo al libero scambio. Dopo il termine delle guerre napoleoniche generalmente l’orientamento degli stati è verso il protezionismo in quanto si cerca di ostacolare la concorrenza dell’industria estera sostenendo l’industria interna con dazi elevati. Il caso tipico di questa politica è quello tedesco - In Germania, sulla base della riflessione svolta dall’economica List, gli stati tedeschi adottano politiche protezionistiche con alti dazi doganali che proteggono i paesi uniti nell’unione doganale tedesca (Zollverein) che comprende tutta l’aerea germanica e anticipò la successiva unificazione politica del paese nel 1871. All’interno di questo mercato difeso dall’esterno con dazi la circolazione di merci, persone e capitali era libera. Mentre in Inghilterra l’economista inglese David Ricardo (teoria dei vantaggi comparati – funzionale al mantenimento di una certa divisione internazionale del lavoro in cui l’Inghilterra era ai vertici e gli altri paesi erano aggregati) teorizzò che ciascun stato si sarebbe dovuto specializzare in quel tipo di industria del cui ambito aveva minori costi di produzione. In questo modo però nessun paese avrebbe mai potuto competere con l'industria manifatturiera dell'Inghilterra che aveva ammodernato la propria organizzazione industriale, in modo tale che l’Inghilterra nella divisione internazionale del lavoro consolidasse la sua posizione di supremazia con l’attività manifatturiera di cotone. In Germania il destino economico di questa area con grandi potenzialità sarebbe stato sprecato, si rifiutano le teorie si Ricardo e si attuano politiche protezionistiche per sostenere l’industria manifatturiera tedesca che avrebbe avuto modo di svilupparsi al pari dell’Inghilterra. Dal protezionismo alla metà dell’800 si passa a politiche liberiste aprendo il paese al libero mercato, partendo dall’Inghilterra. Nel 1848 l’Inghilterra diviene un paese pienamente liberista con la vittoria della Lega degli imprenditori di Manchester, una lotta di classe tra proprietari terrieri e imprenditori i quali riescono a ottenere l’abolizione delle corn law insieme agli atti di navigazione che manteneva il monopolio a favore delle grandi compagnie commerciali inglesi. Le politiche protezionistiche arrivano anche in tutta Europa attraverso un tratto commerciale che conteneva la clausola della “nazione più favorita” la quale prevedeva che nel caso in cui uno dei due paesi firmatari avesse stipulato un trattato con un terzo paese i benefici concessi a quest'ultimo si sarebbero estesi automaticamente anche alla controparte - 1860 Trattato Cobden-Chevalier. Dopo questa firma avvenne che in tutta Europa si verificò un proliferarsi di trattati commerciali contenenti questa clausola tra paesi che rinunciano ai dazi doganali e alla protezione. Siccome trattati commerciali di questo tipo vennero siglati nel corso di pochissimi anni in maniera diffusa avvenne che il liberismo divenne la norma, con una rete di 45 capo gruppo azionario, una holding, creata dalla famiglia che a sua volta ha la proprietà di società industriali e commerciali che fanno riferimento a una banca. Quelle industrie che aveva finanziato lo stato in origine vengono cedute ai privati il quale però continua a collaborare strettamente con le grandi imprese. Gli Zaibatsu sostennero l’imperialismo giapponese, il Giappone paese povero di materie prime indispensabili per alimentare l’apparato produttivo interno manifesta una forte aggressività militare (dal punto di vista economico fa riferimento alle zaibatsu, strettamente correlato con gli obiettivi politici imperiali) nei confronti dei paesi vicini. – combatte guerra contro la Cina (1894-95) occupando territori ricchi di materie prime - guerra contro la Russia (1904-05) che causa la Rivoluzione russa – si ha l’occupazione della penisola coreana. Tra la I e la II ondata industriale si inserisce un lungo ciclo economico negativo al quale fu dato il nome di La Grande Depressione (1873-1896), la prima crisi del capitalismo industriale che però non interrompe il processo di crescita economica e lo sviluppo perché aumenta il PIL pro-capite. Ma modifica le condizioni in cui esso si svolge influenzando le politiche industriali nei paesi che dovevano ancora modernizzarsi, accentuando in questi il rilievo dello Stato. La Grande Depressione mise in luce un aspetto caratteristico del capitalismo industriale: l’alternanza di fasi di espansione e contrazione della vita economica e il suo andamento nel tempo assume caratteri di regolarità e periodicità un andamento ciclico in cui gli aspetti positivi si alternano a quelli negativi. La “Grande Depressione” assunse caratteri fondamentali che definiscono le crisi del capitalismo industriale e che si ripropongono nel futuro quando si parla di crisi di sovrapproduzione A) integrazione tra i mercati (effetto della globalizzazione) che produsse, in mancanza di un potere d’acquisto rilevante da parte dei consumatori, la deflazione – nemico mortale del capitalismo B) Saturazione dei prodotti causati dalla sovrapproduzione, eccesso di offerta che causa la deflazione (contrazione del mercato) con la caduta dei prezzi a causa della scarsa domanda perché restringe i margini operativi e il profitto con una conseguente caduta degli investimenti Come si manifesta la grande depressione o Caduta dei prezzi agricoli: si verifica una crisi agraria europea dai primi anni ’70 causata dalla non remunerazione delle culture perché i prezzi cadono. Perché crollano i prezzi? Quella rivoluzione dei trasporti che porta alla diminuzione dei costi dei noli marittimi e alla creazione del sistema ferroviario integrato che porta alla diminuzione dei costi di trasporto. La diminuzione dei costi di produzione e dei prezzi a causa della meccanizzazione dei processi di produzione agricoli Le conseguenze furono riproduttive perché si ha una riconversione colturale, colui che produce un bene che il mercato non compra abbandona la produzione di quel bene, e i produttori europei rovinati dalla caduta dei prezzi e dall’andamento del mercato in parte si ricollocarono dove era possibile nell’ambito del settore industriale oppure iniziano a emigrare in massa verso le Americhe dove ceravano nuove occasioni di guadagno - gli anni 70-90 sono caratterizzati dalle migrazioni di massa. (in Europa la Russia, grande produttore di grano, mette a coltura le terre ucraine. Gli USA innovano il processo di modernizzazione agricola con l’aumento esponenziale la produzione di grano. I prezzi, a seguito di questa esplosione di grano, cadono) o Caduta dei prezzi industriali causata delle economie di scala che all’aumentare della dimensione degli impianti e della produttività diminuivano i costi medi unitari per prodotto e i prezzi dei prodotti venduti (causa inerente al modo diverso di organizzare la produzione). Inoltre la concorrenza tra imprese si accentua e ha una conseguenza diretta sull’andamento dei prezzi, se un’impresa non è in grado di diminuire i costi di produzione per vendere il prodotto a prezzi più bassi rispetto la concorrenza è destinata a fallire. Quindi ha un effetto diretto sui prezzi determinandone una caduta. o Si ha la saturazione del mercato interno che diventa ridotto, con un livello di salari operai mediamente molto bassi così come quelli della gran parte della manodopera utilizzata nella grande impresa. E quindi c’era 46 una debolezza nelle relazioni tra capitale e lavoro che aveva come conseguenza il fatto che il mercato interno fosse ridotto, in quanto il salario è un elemento di costo per l’azienda ma è anche un componente della domanda perciò se la popolazione non aveva il potere d’acquisto l’impresa non riusciva a vendere i prodotti. Conseguenze in ambito economico e politico, con riflessi che avrebbero condotto l’Europa al primo conflitto mondiale a causa dell’accentuazione della concorrenza tra potenze industriali. • Dal liberismo si ritorna al protezionismo perché in epoca di caduta dei prezzi agricoli e industriali lo stato difende l’industria e la produzione interna attraverso barriere doganali, che non sarà più abbandonato fino al primo conflitto • Tentativi di contenimento della “questione sociale”, la parte di popolazione che risulta impoverita dalla crisi del capitalismo, con l’avvio di politiche sociali specifiche perché gli stati devono prendersi cura della popolazione che entra in crisi (es. la Germania di Bismarck) • Ripresa dell’espansione coloniale (imperialismo) e consolidamento degli imperi coloniali che sarà decisivo per lo scoppio del conflitto • Nuove forme di organizzazione dell’impresa che modificheranno morfologicamente la forma del capitalismo industriale (grandi imprese oligopolistiche) La “questione sociale” Ha a che vedere con le condizioni di vita e di lavoro dei lavoratori dell’industria e delle campagne, cioè lavoratori salariati, fasce di popolazioni deboli su cui la crisi aveva fatto ricadere una parte dei costi. Innanzitutto i lavoratori per difendersi, non essere in balia del mercato e acquisire alimenti di protezione sociale cercano di auto organizzarsi e sorgono organismi di self-help • friendly societaties in Inghilterra, • società di mutuo soccorso in Italia, • le cooperative di consumo (distribuiscono prodotti a prezzi contenuti per i soci che hanno uno scarso potere d’acquisto) o di produzione in Inghilterra e Francia Il movimento corporativo date le condizioni negative del lavoro produce un’estensione di queste che si evolvono in forme di rappresentanza sindacali (trade unions in Inghilterra) e politiche con la creazione di partiti social democratici come quello tedesco. Le rappresentanze politiche autonome entrano nel gioco della democrazia parlamentare perché eleggono un proprio rappresentante e cercano di modificare il rapporto di forza, esse esprimevano la necessità di dar vita a forme di solidarietà tra i lavoratori di gruppo e di classe. Con la costituzione dei partiti politici, un ruolo importante prima ancora della diffusione del pensiero marxista fu l’influenza dei socialisti che ritenevano che pur senza modificare il sistema economico vigente occorresse modificare rapporti asimmetrici tra capitale e lavoro, cosiddetti utopisti e successivamente del pensiero di Marx. Mark fonda a Londra nel 1864 la I Internazionale dei lavoratori si proponeva la formazione di partiti socialisti autonomi poi pubblica 1867 il I volume del Capitale con critica all’economia capitalista borghese. La questione sociale non fu solo appannaggio dei partici socialisti che auspicavano all’abolizione del capitalismo e alla creazione di una società più equa ma anche i cattolici che avevano una larga influenza tra le masse contadine e operai e proposero proprie soluzioni attraverso la dottrina sociale della chiesa per attenuare il disagio sociale e la povertà. Così viene emanata una bolla da Papa Leone XIII dove si sosteneva che la contrapposizione tra capitale e lavoro doveva essere ridotta, dal lato dei lavoratori riducendo la violenza con la quale con le quale portavano avanti le loro rivendicazioni e dall’altra l’imprenditore doveva corrispondere un salario equo ai propri dipendenti. Questo tipo di formazione dà luogo a istituzioni cattoliche in paesi europei dove l’influenza cattolica era molto forte che avevano come obiettivo la difesa dei ceti più fragili con la formazione di cooperative che li assistevano e casse rurali (cooperative di credito) che concedevano ai propri soci interessi ridotti dando vita a una rete di istituzione per temperare la durezza dei rapporti economici. 47 Il ruolo dello stato - Otto von Bismarck e le riforme sociali in Germania Gli stati di fronte a una massa di popolazione che fugge dai propri paesi e davanti alla durezza delle condizioni economiche imposte dalla grande depressione, alla disoccupazione e alla nascita di forze politiche opposte a quelle esistenti si devono dare da fare. In Germania, primo paese dove sorge il partito socialista e industrialmente più avanzato, il cancelliere Bismarck capisce il mercato lasciato a sé stesso produce dei disastri economici e occorre quindi che lo stato dovesse assicurare protezione sociale attraverso riformi sociali. Ispirato da convenienza politica tesi a contrastare l’avanzata dei partiti socialisti e insieme da obiettivi filantropici, attuò fra il 1883 e il 1889 il primo sistema previdenziale al mondo che rappresentò una sorte di modello per tutti gli altri paesi. Nel 1883 istituì l'assicurazione contro le malattie e l’anno dopo istituì quella contro gli infortuni. Nel 1889 realizzò un progetto di assicurazione per la vecchiaia con l’erogazione della pensione con contributi statali e privati. Primo nucleo di Welfare teso a creare un sistema di previdenza tale da rendere meno fragili le condizioni dei lavoratori Gli stati così entrano nell’ambito delle politiche sociali per temperare il conflitto sociale e per avviare una spesa pubblica a fini assistenziali e previdenziali perché i governanti si erano resi conto che il mercato poteva fallire. L’età degli Imperi Il risultato di questa spinta militarmente aggressiva e tecnologicamente potentissima, portò gli Europei agli inizi del Novecento a dominare l’85% del mondo creando nuovi imperi coloniali o consolidando quelli già esistenti in Oriente ma soprattutto in Africa, scarsamente esplorato, con la spartizione a tavolino di questa da parte degli europei dando vita a conflitti, esercitando una influenza diretta anche su Stati formalmente liberi come la Cina (vendita dell’oppio da parte degli inglesi). Dietro al ritrovato slancio coloniale vi erano obiettivi di natura politica ovvero l'occupazione e possedimento di più territori possibili per la creazione di un vero e proprio impero e culturale per via dell'idea che la razza bianca fosse superiore, dunque i bianchi in quanto tali avevano il dovere portare la propria cultura negli altri stati in particolare in Africa. Obiettivi economici dell’imperialismo che hanno una diretta conseguenza con la grande depressione e che servivano al consolidamento degli imperi coloniali. 1) il controllo dei flussi di prodotti alimentari e materie prime che avrebbero dovuto alimentare le industrie della madre patria (l’africa era un territorio molto conteso perché conteneva una gran quantità di materie prime); 2) la ricerca di nuovi sbocchi di mercato attraverso le esportazioni dei propri prodotti industriali che il mercato interno non era in grado di assorbire 3) la creazione di colonie di insediamento dove collocare la popolazione nazionale in eccesso, altrimenti destinati ad emigrare 4) infine le esportazioni dei capitali, che non potevano essere investiti in patria, ma che potevano essere investiti proficuamente nei paesi colonizzati. I capitali esportati avviavano delle produzioni agricole o industriali - estrattive o tessili ad esempio – utilizzando le materie prime in loco e il lavoro locale sfruttando i bassi costi di manodopera ma soprattutto questi capitali finanziavano la costruzione in grandi infrastrutture come strade, ferrovie, canali, ponti che servivano per modernizzare i paesi arretrati. Erano un tramite attraverso il quale i paesi industriali estesero la propria egemonia economica e politica verso questi paesi, queste infrastrutture funsero da traino per la penetrazione commerciale delle potenze - imperialismo informale (uno degli esempi di questo è la ferrovia creata da Istanbul a Baghdad finanziata da una delle principali banche miste tedesche, questa penetrazione di capitali tedeschi e successiva dipendenza economica di questa area si traduce in una dipendenza politica – vedi schieramenti 1° conflitto) 50 Le tensioni culminato con l’uccisione dell’arciduca d’Austria per mano di uno nazionalista serbo a Sarajevo, l’Austria dichiara guerra alla Serbia e le alleanze politiche che si erano consolidato si mettono in movimento fino a coinvolgere l’intera Europa. Triplice Intesa (+USA dal 1917) vs Triplice Alleanza Gli stati maggiori ritenevano che si sarebbe trattato di una guerra lampo ma quella che doveva essere una guerra di movimento si trasformò in una guerra di posizione combattuta nelle trincee dei fronti terrestri ma anche in mare. (di posizione anche sui mari, dove la marina inglese impose il blocco navale alle forze tedesche) Dal carattere assunto dalla Guerra nel giro di pochi mesi dipesero a) La creazione di un'economia di guerra che avrebbe dovuto organizzare il fronte interno che avrebbe dovuto fornire i mezzi ed esterno. L'economia venne pianificata e diretta dagli Stati attraverso propri organismi, i meccanismi di mercato che avevano determinato la crescita economica durante la belle epoque vennero sospesi e gli stati insieme alla grande industria bellica e l’esercito impongono i prezzi. b) Di fronte allo sforzo bellico immane si hanno diverse modalità di finanziamento dell'economia di guerra nel tentativo di mobilitare le risorse economiche e che avrebbero avuto ricadute significative sul primo dopoguerra dal punto di vista sociale, politico ed economico • Maggiore pressione fiscale ma che non poteva essere accentuata più di tanto per non deprimere il consenso della popolazione verso lo sforzo bellico [la leva fiscale venne però utilizzata con prudenza] • Crescente indebitamento sull’interno attraverso prestiti nazionali facendo leva sul nazionalismo della popolazione che sottoscriveva le obbligazioni sovrane e all’estero rivolgendosi agli alleati più forti finanziariamente per attingere a prestiti (da parte soprattutto dei paesi della Triplice Intesa perché più fragili) • Dilatazione della circolazione monetaria attraverso l’emissione di moneta cartacea da parte delle banche e la convertibilità delle monete in oro non è più ammissibile e perciò si ritorna al corso forzoso determinando la fine del gold standard. L’aumento della circolazione monetaria produsse inflazione la quale però venne controllata in parte dagli stati che provano a governare la dinamica dei prezzi ma al termine della guerra scoppia con una svalutazione drammatica della moneta. La Grande Guerra e i costi umani e sociali La prosecuzione del conflitto che ebbe in termine di vite umane un costo elevato provoca crescenti risentimenti tra le popolazioni civili perché nel fronte interno si ha un aumento del prezzo dei beni di consumo e tra i soldati al fronte vi è disagio e inquietudine che provocano diserzioni di massa, episodi di fraternizzazione col nemico repressi con esecuzioni capitali dai vertici militari. La Guerra diventa una inutile strage (Papa Benedetto XV) Queste tensioni esplodono in particolare nella Russia zarista dove si produce una frattura nell’economia che presentava squilibri aggravati dal processo di modernizzazione, l’economia era impreparata a reggere il confronto con i più avanzati paesi industriali e da questa impreparazione nel reggere il confronto si passa alla rivoluzione marxista. ↓ Russia 1917: uscita dal conflitto e fine dello zarismo Rivoluzione del febbraio 1917: Lo zar abdica e si forma un governo provvisorio che decide la prosecuzione della guerra, inquietudine interna aumenta e Lenin rientra dall’esilio svizzero con un viaggio finanziato dai tedeschi perché interessati alla sua uscita dal conflitto. Così Lenin si mette a capo del movimento dei soviet, consigli del popolo che avevano formato un governo alternativo e così si avvia la seconda… Rivoluzione dell’ottobre 1917 [dalla capitale dilaga in gran parte del paese] Che spezzerà l’omogeneità del sistema economico europeo siccome questa trasformazione economica violenta che passa da un colpo di stato da parte del partito bolscevico crea il comunismo di guerra. Questo modello di organizzazione economica rompe con l’economia di mercato in quanto centralizzato in cui le industrie vennero nazionalizzate e il lavoro venne distribuito per via politica e militare e naturale cioè il 51 mercato e la moneta vengono soppressi, basato sulla requisizione e confisca dei prodotti agricoli e la loro ridistribuzione in base a criteri amministrativi. Il modello si ispirava alla tradizione marxista ma anche all'esperienza dell’economia di guerra sperimentato dai paesi occidentali durante il conflitto. Gli effetti della Grande Guerra sui rapporti tra le potenze industriali a) La grande guerra sancisce il tramonto e il ridimensionamento del ruolo delle grandi potenze industriali che si erano affermate tra l’otto e novecento con un relativo declino dell’Europa a favore degli USA con una traslazione del centro dell’economia capitalistica b) processo di balcanizzazione - Cambia la geografia politica dell’Europa con la nascita di 10 nuovi stati nazione di una più modesta entità territoriale dalle ceneri dei 4 vecchi imperi scomparsi (russo, turco ottomano, austro-ungarico e tedesco) e di un sistema economico antagonista rispetto al sistema capitalistico (l’URSS) Si avviò una crisi economica e sociale che assunse il carattere di crisi generale • crisi demografica (stimati circa 37 milioni di morti anche per effetto della diffusione al termine del conflitto della spagnola, pandemia influenzale che si diffuse a partire dagli USA che coinvolse fino a mezzo miliardo di persone a livello globale) • crisi agricola perché la guerra di posizione devastò i territori sui quali si era combattuto con una rarefazione dell’offerta dei prodotti di prima necessità • crisi industriale perché le industrie pesanti che avevano sostenuto lo sforzo bellico in tempo di pace si dovevano riconvertire, non tutte ci riuscirono come nel caso italiano e fallirono • crisi del commercio internazionale a causa del dissesto delle relazioni commerciali • crisi finanziaria legata all’intensità del debito pubblico • crisi monetaria perché durante la guerra i governi erano riusciti a controllare la dinamica dei prezzi nell’immediato dopo guerra ma poi lo stato abbandona il controllo e l’inflazione sollecitata dalla enorme dilatazione della circolazione monetaria esplode provocando la svalutazione monetaria, riguardò tutti i paesi – vincitori e vinti – ma fu tragica nella Germania di Weimar dove si era verificato un cambio politico con la creazione della Repubblica di Weimar (1919-33) e sperimentò l’iperinflazione, una situazione di inflazione particolarmente elevata che comportò il completo annullamento del valore del vecchio marco tedesco (il suo potere d'acquisto praticamente si ridusse a zero con la conseguenza che i prezzi interni schizzarono alle stelle). La svalutazione pressoché completa del marco era il riflesso delle gravissime difficoltà dell'economia tedesca al termine della guerra. L'apparato industriale era bloccato, Il bacino della Ruhr venne occupato dai francesi, le autorità monetarie stamparono moneta a tutto spiano nel tentativo di sostenere l'economia con effetti tuttavia controproducenti (nel secondo dopoguerra la banca centrale tedesca assume come scopo principale quello di stabilizzare i prezzi per impedirne l’inflazione, questa fissazione dei tedeschi si trasmetterà poi anche nella banca centrale europea). Questa iperinflazione viene addebitata non alle incapacità da parte delle autorità monetarie tedesche di governare la moneta ma viene addebitata alle potenze che avevano imposto alla Germania onerosissime condizioni nel futuro. Dalla crisi economica alla crisi sociale La crisi economica del primo dopoguerra provoca il problema del reinserimento dei reduci dalla guerra e gli stati avevano promesso ai contadini terre e occupazione, in realtà questo non avviene e quindi si ha un aumento del numero dei disoccupati legato al dissesto del settore primario, all’incapacità da parte degli stati di avviare riforme agrarie che redistribuissero le terre ai contadini e alla crisi di riconversione industriale in atto – un processo doloroso perché finanziariamente troppo rilevante per alcune imprese. 52 Le conseguenze furono l’aumento della conflittualità sociale e una crescente politicizzazione con la nascita di partiti comunisti in tutta Europa, questa conflittualità venne alimentata tanto dai partiti socialisti e dai nuovi partiti comunisti e dai movimenti nazionalisti alla base di esperienze politiche totalitarie (di destra). Le conseguenze economiche della pace → i vincitori tendono a imporre elevatissime sanzioni economiche e riparazioni di guerra, in particolare alla Germania che doveva pagare in fretta gli elevati debiti contratti, e non intendono ridimensionare le loro pretese. Così da parte dei tedeschi, nasce un sentimento di rivincita che poi esploderà in forme politicamente drammatiche dopo l’avvio della crisi del ’29. La crisi del dopoguerra viene in parte superata a partire dagli anni Venti, l’Europa che ne era uscita ridimensionata riprende una relativa crescita economica della quale beneficerà anche la Germania. La stabilizzazione degli anni Venti a) La stabilizzazione monetaria L’inflazione e la svalutazione della moneta che turbavano la ripresa degli scambi generali e dl mercato vengono risolte con la stabilizzazione monetaria e la crisi monetaria venne domata attraverso la conferenza internazionale di Genova 1922 che dettò le regole per la creazione di un nuovo sistema monetario Il nuovo sistema monetario internazionale il Gold exchange standard reintroduceva un sistema di cambi fissi per dare più certezze agli scambi commerciali basato sulla convertibilità delle monete nazionali in dollari e sterline, le sole a poter essere convertibili in oro perché erano le divise nazionali dei paesi più forti all’ora. b) Gli aiuti americani attraverso il piano dawes (1924) La profezia di Keynes, secondo il quale se i paesi vincitori si fossero accaniti sulla Germania poi avrebbero pagate alla lunga le conseguenze, cercò di essere attenuata da un piano di aiuti americani siglato da un finanziere Charles Gates Dawes: era un piano di natura economica per la risoluzione del problema delle riparazioni di guerra tedeschi allungando i tempi di scadenza per dare una via di uscita a questa. Prevedeva: 1) ripresa dei pagamenti tedeschi secondo rate crescenti ma senza definire un ammontare complessivo 2) riorganizzazione della Reichsbank, la Banca centrale tedesca, e creazione di una nuova moneta il Reichsmark perché il marco era fuorigioco. 3) Il nuovo marco oro, garantito dalla proprietà fondiaria tedesca, potrà aderire al nuovo sistema monetario internazionale, questo mette sicurezza agli investitori americani che decisero di investire sulle industrie tedesche c) Nascita del Corporatismo un sistema di relazioni tra lo stato e i grandi interessi organizzati (stato, sindacati degli imprenditori e sindacati dei lavoratori) in modo da integrare nelle decisioni di politica economica e industriale anche la parte di società rappresentata dai partiti socialisti e comunisti che si era ribellata. Il termine venne usato negli anni Venti, quando l'economista austriaco Hilferding, che fu anche ministro delle finanze della repubblica tedesca, parlò di "capitalismo organizzato" → le decisioni di politica economica e industriale vengono affidate alla contrattazione e accordo tra i rappresentanti dei vari gruppi sociali per stemperare la precedente conflittualità e garantire i lavoratori da un punto di vista economico Dalla stabilizzazione (relativa) alla crisi del 1929 Le misure di stabilizzazione approvate negli anni Venti assicurarono una ripresa - seppur contenuta - delle economie europee ed una crescita assai più sostenuta negli USA. Tuttavia esse si rivelarono inadeguate ad affrontare la più grave crisi del capitalismo industriale dalla quale sarebbero scaturite conseguenze devastanti → la crisi del 1929 di sovrapproduzione, il mercato non assorbe più la merce e non vi è domanda, si avviò negli USA economia più solida dopo il conflitto con i Ruggenti anni Venti (crisi più grave del capitalismo industriale e anticamera del secondo conflitto mondiale) ebbe un effetto dirompente in quanto fu una crisi globale che colpì tutti i paesi industriali a economia di mercato, ad eccezione dell’URSS dove si era avviato un percorso imperniato sull’economia pianificata. I fattori che provocano la crisi del ‘29 55 a) Agricultural Adjstament Act (AAA) che aveva come obiettivo la riduzione delle produzioni agricole e i sussidi agli agricoltori per sostenere il rialzo dei prezzi, sostenendo quel settore da cui si era scatenata la crisi. b) National Industrial Ricovery Act (NIRA) che cercava di risollevare le sorti del capitalismo industriale americano e restituire potere d’acquisto ai lavoratori Attraverso la riforma del sistema delle relazioni industriali che preveda salari minimo e orari massimi di lavoro con riequilibrio all’interno delle imprese tra capitale e lavoro per dotare di potere d’acquisto i ceti lavotarori. Insieme a un piano straordinario di investimenti pubblici con un allargamento della spesa pubblica (ad es. TVA – Tennessee Valley Autority) c) Emergency Banking Act e legge Glass-Steagall che doveva risollevare le sorti del sistema bancario rafforzando i poteri della Federal Riserve System e introduceva garanzie per i depositi, creando una riserva obbligatoria che avrebbe dovuto consentire loro in caso di illiquidità di restituire il denaro dei depositanti. La legge sancisce la separazione tra banche commerciali e di investimento, le quali avevano svolto operazioni speculative che avevano impiegato i risparmi del pubblico e che avevano generato il panico bancario, in modo da evitare operazioni speculative e prevenire il panico bancario: il fallimento delle seconde non si sarebbe ripercosso sulle prime. (Questo provvedimento venne abolito nel 1999 quando si rispristinò la speculazione negli istituti di credito e che sancì un’irresponsabilità delle banche nei confronti del sistema economico) d) Social security Act (1935) – consolidamento del Welfare, nato con Bismark, attraverso la dilatazione rilevante della spesa pubblica a fini assistenziali e protettivi introducendo l’indennità di disoccupazione e di vecchiaia. L’effetto economico del Welfare è la redistribuzione del reddito verso il basso con maggiore reddito da parte di questi per utilizzarla in acquisti sul mercato, assicurando un bene pubblico universalmente. ASPETTI COMUNI ASSUNTI DALL'INTERVENTO STATALE NEGLI ANNI TRENTA – l’intervento statale diventa un tratto comune degli Stati coinvolti A) Il mercato aveva fallito e provocato dei disastri economici, dunque lo Stato diventa imprenditore e banchiere per assicurare il proseguo dell’accumulazione e del sistema economico, assumendo la proprietà di grandi istituti di credito e di imprese volte al fallimento ponendo le basi dell’economia mista (privati + stato) che assicurò una ripresa e grande espansione economica. Ciò accadde sia nei regimi autoritari sia nei regimi a democrazia parlamentare (Italia fascista, Germania nazista, Francia del Fronte popolare) B) Espansione della spesa pubblica a fini assistenziali e previdenziali (Welfare State) cioè il rafforzamento del Welfare si espanse a tutti i paesi coinvolti nella crisi a partire dalla stessa Germania. L’offerta di beni pubblici ritenuti indispensabili per una vita dignitosa deve essere sottratta al mercato (abitazioni, sanità, istruzione). La dilatazione dell’offerta di beni pubblici coincise con politiche di deficit spending, cioè la spesa deve essere in deficit e che va al di là delle risorse che lo Stato può disporre in contrasto con le politiche ortodosse di austerity (pareggio del bilancio), in parte contenuto da politiche fiscali progressive e ridistributive verso il basso e imponendo un aggravio fiscale ai cittadini più adagiati. Anche sulla base dell’aumento della spesa pubblica a fini assistenziali e del consolidamento del Welfare si afferma una terza via tra capitalismo liberale e socialismo pianificato, un’esperienza allora in pieno svolgimento nella Russia staliniana con piani quinquennali che stabilivano come e dove investire. ↓ chi meglio interpreta questa terza via Un economista e politico scrisse un rapporto - Il rapporto Beveridge (1942) che prefigurava un capitalismo temperato e dove si indentificava la lotta contro i 5 giganti cattivi: la miseria, la malattia, l’ignoranza, il degrado legato ad abitazioni malsane, l’ozio connesso alla disoccupazione. Prefigurava un modello di sviluppo economico alternativo sia al capitalismo liberale, fallito in seguito alla crisi del 1929, sia alla pianificazione sovietica imperniata sulla formulazione di piano quinquennali basati sulla capacità di orientamento economico da parte dello stato, possessore dei mezzi di produzione. 56 Questo rapporto si basava su un forte intervento dello stato in forma di dilatazione della spesa pubblica a fini assistenziali per la crescita economica, però non ebbe corso nel breve periodo perché nel frattempo si era avviato il secondo conflitto mondiale. Il rapporto cercava di introdurre nella costituzione dei paesi industriali i diritti sociali: 1) il diritto alla piena occupazione e ad un reddito minimo per tutti i cittadini 2) il diritto ad accedere a beni e servizi essenziali a prezzi amministrati, ossia sottratti al mercato 3) la formazione di un ampio sistema di sicurezza, basato sulle assicurazioni contro le malattie e gli infortuni sul lavoro, le pensioni di invalidità e di vecchiaia. Le tappe sulla strada della II guerra mondiale 1931 - invasione giapponese della Manciuria effetto delle due crisi che accentuano la ricerca di nuovi territori pieni di materie prime e l’aggressività degli Zaibatsu 1935 - invasione italiana dell'Etiopia che apre un nuovo capitolo dell’espansione italiana e scardina l’equilibrio tra potenze sancito nei trattati di Versailles con sanzioni economiche da parte delle società delle nazioni. 1936-39 - intervento tedesco e italiano nella guerra civile spagnola, una sorta di prova della successiva guerra 1938 - invasione tedesca dell'Austria e della Cecoslovacchia dove si aveva una percentuale di tedeschi 1939 - occupazione tedesca della Cecoslovacchia e pretese tedesche sulla Polonia cui segue la sua occupazione, dopo aver siglato il trattato Molotov-Ribbentrop di non invasione con la Russia Seconda guerra mondiale 1939-1945 La Seconda guerra mondiale presenta aspetti molto diversi rispetti alla prima che fu una guerra di posizione combattuta nelle trincee con un fronte interno e uno esterno. Mediante l’impiego massiccio dell’aviazione e dei carri armati le operazioni belliche presentano una grande mobilità, questo aspetto fa scomparire la separazione tra fronte interno e fronte esterno. D’altra parte il potenziale che gli Stati devono mobilitare per sostenere l’enorme sforzo bellico determina il ritorno alla piena occupazione grazie ai ritmi imposti dall’economia di guerra e un veloce recupero delle posizioni pre-belliche: il pil mondiale cresce e cresce in particolare il pil di alcuni dei principali stati belligeranti (USA al termine del secondo conflitto hanno il ruolo di primato economico a livello mondiale, UK e Germania). Gli effetti del venir meno della separazione tra fronte interno e fronte esterno sono drammatici soprattutto in Germania la quale viene rasa al suolo ma anche in altri paesi europei (Francia, Italia, Inghilterra), le città sono ridotte a cumuli di macerie e la tecnologia militare contribuisce allo scempio sino alla esplosione delle bombe atomiche sulle città giapponesi di Hiroshima e Nagasaki (progetto Manhattan). Il dopoguerra Il processo di ricostruzione dell’economia parte da un’Europa distrutta politicamente e fisicamente, in grandissima difficoltà e devastato da diversi punti di vista: • materiale – i danni ammontano a 230 miliardi di dollari correnti e nella sola Europa occidentale furono completamente distrutti 1.500.000 edifici e danneggiati 7.000.000 • umano - le perdite assommano a 60 milioni di morti di cui 6 milioni di ebrei • economico - il potenziale produttivo è in gran parte distrutto, obsoleto e da riconvertire • politico con la guerra fredda (1945-1989) - Anche da un punto di vista politico perché, dopo pochi mesi dalla fine del conflitto mondiale, l’Europa era divisa da una cortina di ferro che demarca il confine tra paesi capitalistici e paesi socialisti-sovietici (Patto NATO 1949 Vs Patto di Varsavia 1955) 57 Gli USA sono i veri trionfatori del II conflitto mondiale e si confermano il nuovo centro dell’economia capitalistica La ripresa fu rapida che continuò a proseguire per il decennio successivo diversamente da quanto avvenne al termine della Prima guerra mondiale. I fattori che favorirono la ricostruzione delle economie europee nel II dopoguerra A) la stabilità monetaria → già nel corso del conflitto mondiale avviene che i paesi alleati contro le potenze dell’Asse Germania-Giappone si incontrano in una località e sanciscono un accordo monetario che prevedeva anche l’avviò di nuovi organismi sovranazionali che avrebbero dovuto garantire la stabilità economica. Accordi di bretton woods (luglio 1944), accordi in campo monetario per indirizzare l’economia mondiale nel caso di vittoria gli obiettivi della Conferenza: volevano ripristinare le condizioni di convertibilità delle monete e creare un sistema di compensazione multilaterale delle bilance dei pagamenti, un sistema di cambi fissi che si reggeva sul presupposto che le monete avessero una solidità tale da poter rimanere sempre in quel sistema e che potessero assicurare il proprio valore rispetto alle altre. Quel cambio poteva non rimanere fisso nel caso in cui un paese denunciasse un deficit della bilancia dei pagamenti che corrispondeva a una fuoriuscita di riserve monetarie e un indebolimento della moneta di quel paese che si svalutava e che avrebbe comportato la fuoriuscita dei cambi fissi. Perciò si diede vita a un sistema in grado di compensare gli eventuali deficit o avanzi del bilancio da un punto di vista multilaterali attraverso istituzioni. Il piano proposto originariamente da Keynes fu modificato per volontà degli Stati uniti. Gli accordi prevedevano un regime di cambi quasi fissi con un’oscillazione di +-1% rispetto alla parità, imperniato sulla convertibilità del dollaro in oro e delle altre monete in dollari (oscillazioni limitate). Il valore di ciascuna moneta veniva così definito in rapporto al dollaro, l’unica divisa convertibile in oro - durò fino a quando il dollaro venne dichiarato inconvertibile nel 1971 passando alla moneta fiduciaria attuale. Il dollaro diventa la moneta di riferimento per i pagamenti internazionali e moneta di riserva internazionale insieme all’oro mentre l'Unione sovietica e i paesi satelliti si ritirarono dagli accordi. Vengono poi creati di due organismi di cooperazione per agevolare l'equilibrio delle bilance dei pagamenti e favorire lo sviluppo dei paesi aderenti. • il Fondo monetario internazionale istituzione sovranazionale i cui capitali vennero sottoscritti dai paesi membri con compiti di stabilizzazione a breve termine attuando prestiti a paesi in difficoltà per evitare la svalutazione della moneta con conseguenze sull’intero sistema • la Banca mondiale (o Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo) con compiti di sostegno e prestiti a lungo termine. Venne prevista anche l’istituzione di un ulteriore organismo (l’Organizzazione del Commercio Internazionale) che però non venne attivato. B) la cooperazione internazionale – Il piano Marshall si avvia a partire dal 1948, si esaurisce nel 1951 e prende il nome dal primo ministro americano. Prevedeva aiuti finanziari per la ricostruzione dei paesi da parte degli americani – motivi di natura politica per aiutare i paesi sul cui suolo gli USA avevano lasciato milioni di morti insieme al bisogno di contrapporti al sistema sovietico in contrasto con quello capitalista. Questi furono pari a 12,5 miliardi di dollari: - aiuti finanziari erogati sottoforma di prestiti a lunga scadenza (30-40 anni) e a basso tasso di interesse - aiuti in beni materiali (materie prime, macchinari) che avrebbero dovuto aggiornare la tecnologia europea e che venivano ceduti gratuitamente agli stati beneficiari sulla base di piani presentati da questi. Attraverso la cessione di questi avrebbero dovuto creare dei fondi di contropartita per alimentare la ricostruzione delle città ponendo le basi della ripresa economica (questi fondi arrivarono dalle grandi imprese americane). Oltre al piano Marshall si avviano altre due istituzioni per la cooperazione internazionale accanto ai due organismi di cooperazione: 60 La Golden Age è stata un’era irripetibile? Ci sono stati una serie di presupposti particolari che consentirono questo sviluppo economico straordinario: la domanda per effetto del boom delle nascite ebbe una dilatazione considerevole, si riducono i costi di produzione e facilitò l’espansione dei mercati, della fabbrica fordista imitata con la produzione in serie di beni di consumo e dei consumi. Un’età contrassegnata da una crescita sostenuta dai consumi di genere che erano stati fino ad allora appannaggio solo per una parte della società e ora vengono acquistati anche dal ceto medio. Per questo considerata età irripetibile. Nasce così età del consumismo, una società caratterizzata da un crescente consumismo privato in massa composta da consumatori e non da cittadini portatori di valori e idee. Questa lunga fase di lungo sviluppo economico cessa agli inizi degli anni Settanta con una crisi denominata stagflattiva una crisi di stagnazione e di inflazione galoppante che da un anno all’altro causa una caduta dei prezzi a doppia cifra (diversa dalle altre crisi del capitalismo industriale che sono di sovrapproduzione) ↓ I fattori della crisi degli anni Settanta a) Sospensione del regime di cambi quasi fissi introdotto a Bretton Woods Viene meno la parità aurea in quanto si ha una sospensione della convertibilità del dollaro in oro perché la crescita inarrestabile della spesa pubblica americana, per aumentare la protezione sociale e maggiori certezze ai ceti popolari, generò un aumento dei prezzi. In aggiunta gli USA erano impegnati all’esterno nel tentativo di mantenere una propria sovranità mondiale, nella guerra del Vietnam che si avvia a partire degli anni 50 dopo l’uscita della Francia ritenendo che l’oriente e la Cina siano territori strategici intervengono avviando una guerra a costi elevati e dunque aumenta il deficit federale. Si insinua così il dilemma di Triffin → già negli anni Sessanta R. Triffin aveva evidenziato il potenziale conflitto di interesse per gli Usa tra gli obiettivi internazionali a lungo termine e quelli interni a breve termine volti ad assicurare maggiore protezione sociale alla popolazione americana e una funzione di carattere imperiale. Gli Usa per continuare ad assicurare al dollaro la funzione di moneta di riserva internazionale, avrebbero dovuto ampliarne l’offerta a favore degli altri paesi che domandavano dollari (che rappresentavano la riserva internazionale insieme all’oro). Questo però aveva effetti negativi sulla bilancia dei pagamenti americana, la fuoriuscita di dollari, e di riflesso un indebolimento del dollaro stesso. Ciò inizia a incrinare la stabilità monetaria. b) Aumento del prezzo del petrolio nel giro di pochi anni si producono due shock petroliferi il primo durante una guerra arabo-israeliana dove i paesi produttori di petrolio decisero di sganciarli dal dollaro e di determinare un aumento del prezzo. Il secondo durante la rivoluzione iraniana che fa venir meno quei legami che assicuravano alle multinazionali americane il predominio della vendita e produzione del petrolio. Si consolida quindi un processo di decolonizzazione che contribuisce a porre in maniera meno asimmetrica i rapporti tra occidente e oriente c) Regime di piena occupazione che coincide con un aumento della forza contrattuale dei sindacati e aumento del costo del lavoro, sul mercato del lavoro non vi è più quella ampia disponibilità di manodopera. I fattori ricordati in precedenza alimentarono un processo inflazionistico molto forte dove i prezzi schizzano verso l’alto e si accentua una prolungata riduzione degli investimenti, gli imprenditori rallentano in investimenti creando una sempre maggiore disoccupazione – oltre il 12% della popolazione attiva per i paesi dipendenti dall’estero. La crisi fu diversa e meno grave di quella del 1929 anche per la presenza dello stato sociale che agì da ammortizzatore del disagio anche se il crescente deficit alimentava l’inflazione. Dal keynesismo al monetarismo La lotta all’inflazione richiede una maggiore riduzione dell’intervento dello stato e si pensava che le politiche keynesiane fossero fautrici dell’inflazione così si assiste alla crisi del keynesismo ed emergono nuove politiche economiche e monetarie improntate sulla lotta all’inflazione. Emerge così il monetarismo un pensiero che aveva già esordito precedentemente e di fronte all’obiettivo di lottare con l’inflazione – una versione raffinata del classico liberismo e agiva a favore delle ragioni del 61 mercato che era in grado di giudicare la giusta soluzione ai problemi ed era contrario agli stimoli monetari e fiscali (le politiche economiche keynesiane che proprio su questi aveva centrato la propria missione). La risposta alla crisi: meno Stato più mercato Si avvia così la terza globalizzazione guidata dagli USA e dalle grandi imprese multinazionali che operarono una riorganizzazione del modo di fare impresa e dalle società finanziarie che trasferiscono capitali in maniera rapida e senza che ci siano barriere. Coincise con: • il progressivo smantellamento dell’ordine economico internazionale sancito a Bretton Woods • il tramonto del Keynesismo e delle politiche economiche che si ispiravano a Keynes • il contemporaneo ridimensionamento dello Stato sociale Da un punto di vista ideologico il ritorno del mercato e la compressione della funzione statale - la terza globalizzazione trae vigore dalle crescenti difficoltà dell’URRS, il principale antagonista dei paesi occidentali con il quale avevano avviato una guerra fredda, e dal preludio della sua caduta durante la guerra fredda. Si prende atto quindi della superiorità di un’organizzazione economica incentrata sul libero mercato rispetto a quella incentrata sul controllo dell’organizzazione economica statalista. I capisaldi su cui questa nuova globalizzazione si reggeva vengono fissati nel decalogo liberista, i 10 comandamenti che avrebbero ispirato questa globalizzazione. I principali comandamenti del decalogo liberista Il mercato mondiale offre chances superiori alla crescita rispetto ai mercati interni I mercati dei capitali devono essere liberalizzati e dunque le imposizioni che ne avevano limitato la mobilità devono essere smantellate Lo Stato deve astenersi dal tentativo di controllare i mercati e i flussi di capitale, deve essere ridimensionato e ricostruire la sua funzione primordiale Le politiche monetarie, influenzate precedentemente dalle scelte di autorità politiche, devono essere condotte da istituzioni indipendenti e autonome dai governi come avrebbero dovuto essere le Banche centrali. Secondo il decalogo quindi esisteva una sola verità economica identica per paesi sviluppati e per quelli in via di sviluppo. Il decalogo liberista ispirò il processo di Unione Economica e Monetaria europea, che riprese nel 1986, e fu sancito in un primo momento dal cosiddetto Atto Unico Europeo, un provvedimento che individuava come obiettivi prioritari il completamento del mercato interno europeo (estensione della libera circolazione di merca, capitali, persone) che si era fermato dopo la crisi degli anni Settanta e l’avvio di un primo embrione di Unione politica. Contemporaneamente il decalogo liberista ispirò anche il cosiddetto Washington Consensus che indicava le linee guida delle politiche economiche alle quali il WTO (organizzazione mondiale del commercio che presiedeva i rapporti commerciali), il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e il Dipartimento del Tesoro americano avrebbero dovuto attenersi nei loro interventi verso i paesi in difficoltà economiche. Politiche economiche • Deregolamentazione della vita economica • Privatizzazioni delle industrie pubbliche • Contenimento della spesa pubblica e dell’intervento dello stato • Rimodulazione fiscale cioè le aliquote fiscali vengono semplificate e le aliquote marginali vengono ridotte e portate verso il centro in modo che i ceti elevati pagassero di meno rispetto il passato • Liberalizzazione del commercio estero • De specializzazione degli intermediari cioè il ritorno alla banca universale che opera speculativamente nei mercati, ha la detenzione dei pacchetti azionari aziendali e raccoglie i risparmi con depositi, gli operatori attuano tutte le funzioni (banca mista). Nel caso in cui la banca faceva investimenti pericolosi metteva a rischio sé stessa e i risparmiatori di depositi. • Riforma dei mercati finanziari alla quali viene attribuita grande importanza perché visti come efficienti per reperire le risorse 41 Il decalogo liberista trova i principali interpreti nel mondo anglosassone sostenuto dalla teoria economica monetarista. Sono due le politiche economiche che influenzano il mondo anglosassone e fanno da modello per gli altri paesi: Reaganomics e thatcherismo - politiche economiche orientate alla rivincita del mercato e fortemente avverse al Keynesismo definite neo-liberiste. Queste politiche pongono le basi per una ripresa più rapida in USA che non in Europa. La ripresa economica degli anni ‘80 fu caratterizzata da: o progressiva riduzione della spesa pubblica che depotenzia l’inflazione e un contenimento - stabilizzazione dei prezzi (più negli USA che non in Europa) o contenimento del costo del lavoro e ridimensionamento delle organizzazioni sindacali dei lavoratori perché i governi riescono a contenere il peso delle organizzazioni sindacali con una svolta nelle relazioni industriali tra capitale e lavoro (esemplare il grande sciopero dei minatori britannici che durò un anno che reclamavamo miglioramenti salariali, di lavoro e organizzativi, usciti sconfitti) o Diminuzione del prezzo del petrolio anche per effetto della scoperta di nuovi giacimenti petroliferi nel mare del Nord e quindi un ampliamento dell’offerta o Innovazioni tecnologiche labour saving da cui dipende il ridimensionamento del potere contrattuale dei lavoratori e si ha l’introduzione della robotica nelle filiere produttive. L’intera organizzazione d’impresa viene ristrutturata e dall’impresa fordista si passa all’impresa a rete sostenuta dal decentramento della produzione all’esterno dei confini nazionali (outsourcing = esternazionalizzazione di parti della produzione dove la forza di lavoro è più flessibile). Globalizzazione finanziaria Proprio perché guidata dalle società finanziarie e dalle grandi imprese multinazionali si distinse dalla seconda per l’emancipazione dell’attività manifatturiera dai limiti territoriali in cui sino ad allora era confinata determinando condizioni favorevoli per la crescita di quei paesi, reso possibile dal sistema di trasporti rapidi e dai sistemi informativi basati sul web. In Europa, dove la ripresa fu più lenta, la ripresa economica coincise con la ripresa del processo di integrazione economica. • Anni '70 - '80 la CEE si allarga a 12 paesi (entrano l’Inghilterra, la spagna, il portogallo) • 1979 – diventa operativo lo SME il sistema monetario europeo di cambi semifissi che coinvolgeva i paesi della CEE con una moneta di conto di riferimento L’ECU che voleva mettere al riparo i paesi dalla variabilità del mercato dei cambi • 1986 - Atto Unico influenzato dall’ideologia liberista • 1992 – firma del Trattato di Maastricht che fissava i parametri ai quali si sarebbero dovuti attenere i paesi che avrebbero dovuto creare l’unione monetaria europea rapporto debito/PIL non superiore al 60% tasso di inflazione uguale alla media comunitaria rapporto deficit/PIL non superiore al 3% Garantendo solidità finanziaria alla moneta e al sistema bancario • 1999 - banca centrale europea a Francoforte e nascita dell'euro [2002] La ripresa economica occidentale si sovrappose ai tentativi di riforma in URSS L’URSS inizia ad avvertire difficoltà economiche già a partire dagli anni ’70 nonostante sia un grande paese esportatore di petrolio e che ne avrebbe dovuto trarre beneficio con il conseguente aumento del prezzo. Il modello economico adottato dal partito comunista era imperniato sulla pianificazione quinquennale da parte dello stato inizia a entrare in difficoltà. Diventa sempre più problematico far funzionare quel modello in cui il mercato non ha ruolo che genera una compressione della qualità della vita anche dai paesi vicini che venne messo in luce dal peggioramento degli indicatori demografici. Uno scienziato sociale francese, E. Todd, aveva previsto la “caduta finale” dell’URSS sin dagli anni Settanta studiando alcuni indicatori demografici che riflettono lo sviluppo economico di un paese e la qualità della vita. 44 Le banche che concedevano i mutui iniziarono a vendere il credito a società finanziarie trasferendo a loro il rischio le Società Veicolo, create dalle stesse banche, che iniziarono ad emettere delle obbligazioni legate ai mutui, derivate cioè dai mutui, con scarsissima solidità e sulle quali si impegnano a pagare interessi utilizzando le rate dei mutui. Le obbligazioni acquistate dai privati, dentro le quali confluivano i mutui subprime, assunsero diversi nomi e tipologie venivano valutati positivamente dalle grandi Agenzie di rating che sono colpevoli di quanto avviene nel 2007-2008 perché non riuscirono a percepire che erano obbligazioni spazzatura. Le obbligazioni iniziano a circolare e vengono acquistate da privati, fondi comuni di investimento, fondi pensione per il loro rendimento molto elevato. Il meccanismo che sembrava perfetto tuttavia ad un certo punto si inceppò quando la Federal Reserve System iniziò ad aumentare il tasso di interesse, fino ad allora a livelli bassi, impattando sull’intero sistema finanziario americano determinando un inasprimento delle condizioni finanziarie e i mutuatari non furono più in grado di pagare gli interessi. Si ha quindi l’insolvenza da parte dei mutuatari e alle banche mutuanti rimanevano gli immobili che erano stati acquistati dai clienti ma per effetto della grande offerta di case che nessuno poteva più comprare i prezzi precipitarono. Assieme ad essi tracollano le banche che avevano concesso i mutui e le Società Veicolo che si erano impegnate a pagare gli interessi sui titoli emessi, non avevano più entrate con cui farvi fronte perché i mutuatari non pagavano più gli interessi. Questi titoli erano stati comprati da banche ed istituzioni finanziarie in tutto il mondo e iniziarono a registrare grosse perdite. Alla fine la crisi si estende all’intero sistema finanziario mondiale provocando un gigantesco credit crunch (restrizione del credito – il mercato interbancario si annienta) e il fallimento di molti istituti (da LEHMAN BROTHERS in poi, solo negli USA più di un migliaio), le borse mondiali crollano insieme alle azioni quotate in borsa. (Keynes – quando l’accumulazione di capitale di un paese diventa il sottoprodotto delle attività di un casinò, è probabile che le cose vadano male) La Grande Crisi, prodotta del turbo capitalismo, ha avuto il merito di mettere in discussione almeno in parte i dogmi degli economisti mainstrean e dei sacerdoti del libero mercato i monetaristi, ridimensionando la loro autorevolezza. Questo però ha comportato costi economici e sociali elevatissimi che si accentuano e non si è tradotto in una anche solo parziale redistribuzione del reddito verso i ceti popolari (polany moment - contro movimento della popolazione da parte della crisi). Le politiche monetarie hanno dominato la scena, ovunque le banche centrali hanno cercato di inondare il mercato di liquidità per salvare gli stati e mettere a disposizione una massa crescente di denaro a basso costo in modo da rialzare i prezzi (cosa che non si è verificata mettendo in discussione la teoria quantitativa della moneta) e hanno assunto una connotazione salvifica. In realtà si avrebbero dovuto affiancare anche politiche fiscali che riproponessero la presenza dello stato. La crisi e i suoi sviluppi hanno dimostrato come il nucleo dello sviluppo economico sia la riduzione della disuguaglianza. Thomas Piketty – economista che ha prodotto un libro dove esamina quello che deve essere il nucleo dello sviluppo economico e quello che si è prodotto nel corso dell’ultimo scorcio di storia economica mondiale mettendo in luce l’aumento delle disuguaglianze e sostenendo come questa riduzione di disuguaglianza dipende dalla creazione di nuove istituzioni. La crisi ha segnato così la fine della globalizzazione e il ritorno della storia e della pluralità dei modi di essere, aprendosi a un mondo nuovo. L’attuale epidemia sta enfatizzando questa tendenza al rallentamento della globalizzazione. La scomoda verità del coronavirus: siamo davanti a una crisi di paradigma. La sensazione è quella di una crisi epocale di cui ogni giorno troviamo una nuova conferma. Si potrebbe definirla “crisi di paradigma” che richiama l’essenza, la struttura e le istituzioni del capitale (il governo dell’economia), cioè una crisi del “fare” e una crisi del “pensiero”. Poco importa che si enfatizza la stretta dimensione economica o la sua controparte politica: è l’assenza di un orizzonte il metro della sconfitta, segno del nostro navigare a vista. Questa è la percezione diffusa degli effetti del coronavirus – l’impossibilità del pensare al futuro. 45
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