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RUSSIA: PRIMA E DOPO Il CROLLO DELLO ZARISMO, Dispense di Storia

Le principali forze politiche in Russia prima della Rivoluzione del 1917, tra cui il Partito Costituzionale Democratico Russo, il Partito Socialista Rivoluzionario Russo e il Partito Operaio Socialdemocratico Russo. Vengono descritte le loro ideologie, le strategie politiche e le differenze tra di loro. Inoltre, il documento analizza le cause della caduta dello zarismo e la situazione politica e sociale della Russia in quel periodo.

Tipologia: Dispense

2017/2018

In vendita dal 07/05/2022

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Scarica RUSSIA: PRIMA E DOPO Il CROLLO DELLO ZARISMO e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! Forze Politiche in Russia prima della Rivoluzione Partito Costituzionale Democratico Russo (o “cadetto”): principale partito della borghesia russa che mirava alla monarchia costituzionale(Il sovrano regna e governa, ma ha poteri limitati e stabiliti da una costituzione) e a uno stato liberale e democratico. Partito Socialista Rivoluzionario Russo (PSR): fondato nel 1901, era nel 1917 il più popolare, propugnava il socialismo democratico e la riforma agraria (distribuzione delle terre ai contadini) contrapponendosi così al programma bolscevico di nazionalizzazione delle terre. La politica del psr differiva da quella dei bolscevichi che menscevichi — per il fatto che non era marxista; il PSR credeva che non i proletari industriali, bensì i contadini, avrebbero costituito la classe rivoluzionaria in Russia. Utilizzò l’arma del terrorismo politico. Partito Operaio Socialdemocratico Russo (Posdr): organizzazione politica marxista rivoluzionaria russa fondata nel marzo 1898 per unificare le diverse organizzazioni rivoluzionarie. Nel congresso di Londra del 1903, dopo una disputa tra i membri del partito Lenin (bolscevico) e Martov (Menscevico), si distinsero le due correnti: bolscevichi e menscevichi. Avevano entrambi come fine ultimo il raggiungimento del socialismo, ma differenti erano l’organizzazione del partito e le strategie politiche. - Menscevichi: corrente minoritaria del partito, volevano un partito di massa e la rivoluzione liberale borghese, per rendere lo stato più simile alle democrazie occidentali e instaurare poi il socialismo, che in Paesi arretrati come la Russia avrebbe dovuto essere preparato prima da un consolidamento del potere della borghesia. - Bolscevichi: corrente di maggioranza che vinse contro i menscevichi al congresso di Londra. Appoggiarono le tesi di Lenin ritenendo che in Russia i quadri rivoluzionari proletari (proletariato = classe sociale di operai che hanno come sola ricchezza la prole) dovessero guidare subito una rivoluzione sociale in alleanza con i contadini poveri. Erano contrari a un'alleanza strategica con i partiti liberali egemonizzati dalla borghesia. Inizialmente erano la minoranza nel mondo socialista russo, ma poi crebbe la loro popolarità. VERSO Il CROLLO DELLO ZARISMO Alla base della rivoluzione che sconvolse la Russia nel 1917, abbattendo il regime zarista e segnando l’origine della futura Unione Sovietica, stava soprattutto l’incapacità della classe dirigente zarista di riformare un paese certamente arretrato, ma anche attraversato da forti spinte alla modernizzazione. Il governo zarista, dopo la rivoluzione del 1905, non riuscì a risolvere: - né il secolare problema della terra, che condannava alla miseria larghe masse contadine e all’arretratezza il sistema economico - né il problema di una riforma in senso costituzionale dell’arcaica autocrazia zarista ( = sistema politico in cui il potere sovrano è assoluto e trae da se stesso la propria legittimazione) Il primo ministro Stolypin tentò di attuare una riforma agraria attraverso la privatizzazione delle terre comuni che però fallì, e cercò di modernizzare lo stato sviluppando l’industrializzazione che crebbe del 50% grazie all’aiuto dei capitali stranieri. Ciò porto al sorgere d’importanti e moderni poli industriali e alla nascita di una classe operaia che, dopo il 1905, aveva maturato una forte coscienza politica. Così la monarchia zarista e i suoi governi persero progressivamente ogni rapporto con i ceti intellettuali più avanzati del paese, e non riuscirono più a governare il conflitto sociale che si era creato a causa: - Del ritiro delle concessioni delle libertà promesse durante la rivoluzione del 1905 - Di un sistema elettorale composto da un parlamento in cui i ceti privilegiati dovevano avere la maggioranza, quindi il peso democratico era assai modesto. Lo zar Nicola II voleva difendere l’autocrazia e dare alla Russia il primato (ideologia grande-russa) fra le altre nazionalità che costituivano l’Impero (come ucraini, polacchi, bielorussi, tedeschi), reprimendo ogni loro aspirazione di autonomia o indipendenza attraverso la russificazione. La sconfitta con il Giappone nel 1905 fu umiliante e alimentò lo sciovinismo grande-russo (nazionalismo esasperato) che portò all’antisemitismo nella società. Anche se nel 1914 c’era un clima di concordia nazionale, lo stato multinazionale russo fu lanciato nella guerra mondiale senza adeguata preparazione, dimostrando, durante il conflitto, la propria fragilità in campo militare ed economico. L’appoggio allo zar veniva sempre meno, e le sconfitte militari e la crisi economica sfociarono nella rivoluzione del febbraio del 1917 con lo sciopero generale nella capitale di Pietrogrado. La mobilitazione politica della classe operaia e la ribellione dell’esercito portarono Nicola II ad abdicare. La rivoluzione lasciò irrisolti i maggiori problemi: 1) quale modello istituzionale scegliere 2) quale atteggiamento assumere nei confronti della guerra 3) quale misure adottare per attenuare il malessere contadino, anche riguardo la riforma agraria In questa fase emersero due centri di potere contrastanti, che rendevano impossibile governare un paese in crisi profondissima che si andava disgregando in molteplici “micropoteri” locali: • il governo provvisorio egemonizzato dai liberali, concentrati nel Partito Cadetto e favorevoli a proseguire al guerra • il soviet (consiglio dei deputati degli operai e dei soldati) di Pietrogrado egemonizzato dai socialisti rivoluzionari e dai menscevichi, che volevano la pace tra gli stati belligeranti e difendere il paese (difensismo) Richieste del popolo inviate ai soviet: operai: aumenti salariali, otto ore lavorative, sicurezza del posto di lavoro, d. di formare comitati di fabbrica soldati: fine guerra contadini: distribuzione delle terre lasciate in abbandono dallo stato o dai grandi proprietari LENIN E LE “TESI DI APRILE” Lenin, leader del Partito bolscevico, era andato in esilio dopo la rivoluzione del 1905. Al suo ritorno, presentò le Tesi di aprile al Partito bolscevico nel 1917, sulle quali i bolscevichi ispirarono la loro politica: - trasformare la guerra imperialistica in guerra civile - considerare la rivoluzione russa come prima tappa mondiale - affidare tutto il potere ai soviet - stringere un’alleanza con i contadini poveri attraverso la riforma agraria Per fronteggiare i contrasti tra il governo provvisorio e i soviet, venne formato un nuovo governo provvisorio che comprendeva menscevichi e socialrivoluzionari e che fu affidato Al socialista e rivoluzionario Kerenskij, il quale aveva posizioni politiche in entrambi i centri di potere. I bolscevichi si opposero a questo governo e la loro popolarità crebbe nel momento in cui le aspettative di soldati, operai e contadini non furono realizzate, causando la perdita di consenso e autorevolezza del governo provvisorio. Kerenskij, infatti, non riuscì a evitare nuove disfatte militari, conducendo anzi una fallimentare offensiva in Galizia nel 1917(che avrebbe dovuto risaldare il paese) né ad arginare la crisi nelle campagne dove i contadini si ribellavano ai proprietari nobili e in seguito anche ai contadini agiati. Nelle fabbriche crebbe la protesta operaia. RIVOLUZIONE D’OTTOBRE Il generale supremo dell’esercito Kornilov, appoggiato dai liberali, tentò un colpo di stato su Pietrogrado che però fallì, bloccato da Kerenskij, divenuto capo del governo, dal soviet e dai bolscevichi. I bolscevichi, esortati da Lenin sostenuto a sua volta da due importanti leader bolscevichi tra cui Stalin, decisero l’insurrezione armata, che culminò il 24 e il 25 ottobre 1917 con la conquista della sede del governo CHRUSCEV Dopo la morte di Stalin, avvenuta nel marzo 1953, si scatenò una nuova lotta per il potere, della quale il Nikita Chruščёv risultò vincitore. Egli diventò il nuovo segretario del partito comunista e nel 1956 in occasione del XX congresso del partito, denunciò le violenze e le tirannie del regime staliniano aprendo una fase di radicale destalinizzazione. Sul piano economico egli voleva raggiungere e superare gli Stati Uniti, ma la competizione economico- tecnologica assorbiva risorse sempre più ingenti che resero lo scopo impraticabile, ma diede all’Urss il temporaneo primato nella gara spaziale. L’Urss lanciò nel 1957 il primo satellite artificiale, lo Sputnik, inviando in orbita il primo astronauta. Sul piano politico si crearono i primi nuclei di intellettuali dissidenti, e la nascita dei primi samizdat, riviste dattilografiche a circolazione clandestina. Fu rimosso nel 1964 da un blitz interno al partito, guidato da Leonid Brežnev, che prese il potere e governò fino alla morte nel 1982. Questo evento inaugurò quella che sarebbe stata conosciuta negli anni seguenti come "epoca della stagnazione" (situazione economica caratterizzata dal persistere di modeste variazioni della produzione interna e del reddito) IL GOVERNO DI GORBACIOV Il nuovo presidente Michail Gorbačëv, eletto nel 1985 rappresentava una linea di politica riformista. Egli credeva che per uscire dalla crisi economica occorresse democratizzare il paese e rinnovare la politica. Le parole d’ordine della sua politica per salvare il socialismo dell’Unione sovietica, erano “ristrutturazione” (perestrojka) della società e “trasparenza” (glasnost) nel rapporto tra potere e opinione pubblica. Egli inoltre credeva che le risorse fino ad allora utilizzate per gli armamenti, dovessero essere investite nell’ammodernamento. Gorbačëv ottenne i maggiori consensi dell’opinione pubblica mondiale, essenziali secondo lui, per la sua strategia. Egli promosse un’opera di distensione internazionale attraverso: - il ritiro delle truppe dall'Afghanistan - la negoziazione con gli Stati Uniti di una riduzione degli armamenti - la pacificazione con la Cina - l’incontro con Papa Giovanni Paolo II. Gorbačëv attuò riforme politiche e un compromesso tra libera iniziativa e pianificazione centrale: - ammise la costituzione di gruppi di diverso orientamento ideologico e la competizione elettorale - varò una riforma istituzionale nel 1988 che permetteva a un Congresso di deputati del popolo di scegliere un presidente: Gorbačëv fu eletto nel 1990 e l’Urss divenne una repubblica presidenziale - possibilità di costituire imprese agricole e artigianali cooperative limitatamente controllate dallo stato - liberalizzazione dei prezzi di alcuni prodotti agricoli Ma le misure economiche adottate portarono a una crisi economica: non c’era più una guida e con l’indebolimento del potere centrale, ciascuna realtà locale e regionale iniziò ad agire per proprio conto creando inefficienze e libertà che portarono al fiorire dell’economia illegale, e ad inarrestabili rivendicazioni nazionali. L’Urss divenne un partner economico e politico credibile per gli stati Occidentali, ma Gorbačëv era giudicato negativamente dai russi e dal suo partito, avente poteri sempre più limitati. Nel 1991 Eltsin, dopo essersi ritirato dal partito comunista, fu eletto presidente della Repubblica Russa. Si crearono così a Mosca due centri di potere: il governo sovietico di Gorbačëv e quello russo di Eltsin. Ciò che provocò veramente il crollo dell’Urss fu la convivenza delle oltre 120 nazionalità che componevano il paese e praticavano diverse religioni. Il governo sovietico aveva sempre cercato di reprimere le rivendicazioni nazionaliste e utilizzare una politica di integrazione nello stato o nel partito per colmare l’insofferenza delle etnie che si vedevano sottomesse al potere sovietico. Ma l’indebolimento del potere centrale e la riduzione delle risorse a disposizione favorì le rivendicazioni nazionali. Nel 1990 i parlamenti delle tre repubbliche baltiche (Lituania, Estonia, Lettonia) proclamarono l’indipendenza nazionale, dopo essere state annesse in maniera forzata all’Urss nel 1939. Nelle repubbliche asiatiche, invece, scoppiarono sanguinosi conflitti tra le nazionalità minoritarie e maggioritarie (a causa della competizione per le risorse sempre più scarse e del nazionalismo etnico) rivendicando la propria indipendenza. Gorbačëv propose agli stati ribelli un trattato dell’Unione che dava loro maggiore autonomia, ma questo fu il pretesto per un colpo di stato attuato da un gruppo di dirigenti del partito comunista che però fallì per mano di Eltsin. Successivamente, la disgregazione dell’Urss divenne irreversibile e il 25 dicembre 1991 finì l’Unione Sovietica. Gorbačëv si dimise e la nuova Repubblica Russa passò sotto il governo di Eltsin. Il piano politico ed economico di Gorbačëv fallì perché: - Soprattutto le resistenze al cambiamento manifestate nei settori più conservatori del partito e dell’esercito persistevano e impedivano il processo di ammodernamento avviato; - Il processo di liberalizzazione del dibattito e la fine della censura non fu accompagnato dall’evoluzione delle strutture economiche e da un miglioramento delle condizioni di vita
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