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SAGGIO BREVE SU VITTORIO ALFIERI, Esercizi di Italiano

«La libertà propugnata dall’Alfieri […] si realizza in un clima di sentimenti eccelsi e magnanimi; essa è piuttosto espressione di un esasperato individualismo eroico radicalmente antisociale, è ansia di totale realizzazione di sé, di integrale ed illimitata affermazione del proprio io; è la libertà del grand’uomo e del superuomo, una libertà riservata all’aristocrazia dello spirito, ed in quanto tale, se pure ha un riflesso politico, non ha, sostanzialmente, un’autentica ispirazione politica»

Tipologia: Esercizi

2017/2018

In vendita dal 14/11/2018

RF28
RF28 🇮🇹

4.4

(7)

25 documenti

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Scarica SAGGIO BREVE SU VITTORIO ALFIERI e più Esercizi in PDF di Italiano solo su Docsity! «La libertà propugnata dall’Alfieri […] si realizza in un clima di sentimenti eccelsi e magnanimi; essa è piuttosto espressione di un esasperato individualismo eroico radicalmente antisociale, è ansia di totale realizzazione di sé, di integrale ed illimitata affermazione del proprio io; è la libertà del grand’uomo e del superuomo, una libertà riservata all’aristocrazia dello spirito, ed in quanto tale, se pure ha un riflesso politico, non ha, sostanzialmente, un’autentica ispirazione politica» (V.Masiello, L’ideologia tragica di Vittorio Alfieri, Edizioni dell’Ateneo, Roma 1964) Esercizio pag. 504 Il tema della libertà è un filo conduttore di tutta l’opera di Alfieri, dai Trattati, alle Tragedie, alla Vita. D’accordo con la tesi di V. Masiello possiamo affermare che nell’opera di Alfieri la libertà non si colora soltanto di toni politici, ma attraversa tute le forme del vivere umano: rapporto tra intellettuale e potere (Del Principe e delle Lettere), libertà dell’individuo nell’autodeterminare la propria vita, sfera politica (Della Tirannide). Vittorio Alfieri vive e si forma nell’Europa dell’assolutismo che nel giovane appassionato, inquieto e ribelle provoca reazioni negative e di rifiuto nei confronti della tirannide monarchica. Nei suoi diversi viaggi ha modo di irritarsi a Parigi per il «contegno giovesco» del re, a Vienna di indignarsi nel vedere il poeta di corte Metastasio fare la «genuflessioncella d’uso» alla sovrana, a Berlino di disgustarsi per «l’universal caserma prussiana» e a Pietroburgo rifiuta di conoscere Caterina II per odio nei confronti della tirannide. Il suo spirito libero si lascia affascinare piuttosto, nei vari viaggi, dai paesaggi desolati e orridi, selvaggi e maestosi in cui proietta romanticamente il suo io. Dal punto di vista politico Alfieri si lascia ispirare dalla lettura di illuministi come Voltairre, Rousseau, Helvetius, Montesquieu, contestando radicalmente la società dell’Ancien regim basata sul valore assoluto del sovrano. Per Alfieri uno stato, per essere veramente libero deve fondarsi sul valore assoluto della legge a cui tutti, compreso chi governa, devono sottostare, in caso contrario lo Stato è tirannico anche se dovesse cercare il bene del popolo. Nel trattato della Tirannide Alfieri afferma: «TIRANNIDE: indistintamente appellare si debbe ogni qualunque governo, in cui chi è preposto alla esecuzion delle leggi, può farle, distruggerle, infrangerle, interpretarle, impedirle, sospenderle; od anche soltanto deluderle, con sicurezza d’impunità. […] Ogni società, che lo ammette, è tirannide; ogni popolo, che lo sopporta, è schiavo.» (Della Tirannide, I, II). Alfieri considera così illiberali tutti gli stati del suo tempo, esclusa l‘Inghilterra. Per Alfieri dunque può definirsi repubblica solo quando, pur essendo monarchico, come l’Inghilterra, tutti i cittadini, compresi i governanti, rispettino rigorosamente la legge. Alfieri rifiuta così anche il modello del dispotismo illuminato, anzi paradossalmente preferisce ad esso un regime duro e crudele. Una tirannide che mostri apertamente il suo volto intollerabile può spingere un maggior numero di cittadini a desiderare una riforma. Non tutti i cittadini hanno la sensibilità necessaria per accorgersi di un regime in cui la libertà è limitata, lo scrittore è quell’uomo nobile d’animo che ha a sensibilità e lo spirito critico per rendersi conto dell’assenza di libertà anche quando fosse celata dall’abile politica dei governanti. In uno stato privo di libertà per il nostro autore rimangono solo tre alternative: isolarsi, uccidere il tiranno, uccidersi. Alfieri esalta il valore di «sublime esempio» del suicidio per protesta contro la mancanza di libertà. Per Alfieri la libertà è un valore del grand’uomo, di un’aristocrazia dello spirito che spesso non appartiene alla classe borghese o a quanti, anche tra gli scrittori, come nel caso del mecenatismo, siano interessati ad un tornaconto personale. Secondo Alfieri lo scrittore deve essere un uomo completamente libero, che esclude per principio ogni collaborazione che può diventare compromissione. Compito e missione dello scrittore è ispirare la passione della libertà e le virtù civili non solo ai propri contemporanee, ma anche alle generazioni future. Per questo il potere e la cultura hanno fini opposti: «Vuole, e dee volere il principe che siano ciechi, ignoranti, avviliti, ingannati ed oppressi i suoi sudditi; perché, se altro essi fossero, immediatamente cesserebbe egli di esistere. Vuole il letterato, o dee e volere, che i suoi scritti arrechino al più degli uomini luce, verità, e diletto. Direttamente dunque opposte sono le loro mire.» (Del principe e delle lettere, I,IV).
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