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sbobina lezione 9 arte moderna, Sbobinature di Storia dell'Arte Moderna

sbobina lezione 9 arte moderna

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 02/06/2023

martinaongaro262001
martinaongaro262001 🇮🇹

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica sbobina lezione 9 arte moderna e più Sbobinature in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! STORIA DELL’ARTE MODERNA 3 OTTOBRE Masaccio e Filippino Lippi La resurrezione di Teofilo e San Pietro in Cattedra Parete sinistra, primo ordine Aveva cominciato a destra, ritenuta autografa di Masaccio, ci sono alcuni volti di cui uno è ritenuto il ritratto di Masaccio. Quando si fanno gli affreschi, soprattutto in epoca rinascimentale, è prassi iniziare dall’architettura, quindi molto probabilmente tutto il parato architettonico potrebbe essere di mano di Masaccio. Gli incidenti sono molti tra cui il fatto che Felice Brancacci viene cacciato, quindi la famiglia Brancacci lascia la città e la cappella rimane incompiuta. I lavori riprendono molto avanti, quando tutti i protagonisti del primo momento sono morti, riprenderanno verso il 1480 quando i Brancacci possono tornare a Firenze e riprendere possesso della loro cappella. A quel punto ci si deve rivolgere a qualche pittore nuovo, si sceglie Filippino Lippi, che è figlio di Filippo Lippi, il quale è il primo maestro post masaccesco che fa tesoro della lezione di Masaccio, che include non solo la prospettiva ma anche la conoscenza, lo studio delle figure, la fisionomica delle pitture masaccesche. Filippo è quello che prende il testimone della pittura masaccesca, Filippino che è cresciuto in questo ambito è pittore ideale, il suo stile porta in sé delle reminiscenze seppur rivisitate e anche alla luce della pittura che c’è stata nel frattempo. Le scene che Filippino si trova a dover completare o redigere ex novo sono due ovvero la resurrezione di Teofilo e san Pietro in cattedra, e poi la disputa di Simon Mago e la crocifissione di San Pietro. Questa scena qui è di grandi dimensione e rappresenta due eventi avvenuti ad Antiochia, che non sono narrati dai vangeli ma bensì dalla legenda aurea di Jacopo da Varagine. San pietro era giunto ad Antiochia a predicare e viene arrestato e messo in carcere dal governatore Teofilo. In quell’occasione viene visitato da san Paolo, quando lo va a trovare poi si reca da Teofilo e gli chiede di liberare il compagno il quale lo sfida dicendo di riportare in vita il figlio morto dieci anni prima. Pietro viene portato alla tomba del figlio e resuscita il giovanetto, Teofilo si converte e erige una chiesa dedicata a san Pietro dove san Pietro riceve la prima cattedra che anticipa quella che avrà poi a Roma. Se guardiamo la scansione degli eventi riusciamo a leggere tutto, Pietro è vestito sempre uguale con il mantello giallo e veste blu, deve essere immediatamente identificato. Pone la mano sopra le ossa del giovanetto, siamo in un cimitero, ma san Pietro lo fa resuscitare e dunque questo fa sì che Teofilo costruisca la chiesa e conferisca la dignità della sua prima cattedra. Filippino Lippi pur parlando un linguaggio diverso cerca di inserirsi armonicamente all’interno della narrazione. Filippino Lippi La disputa con Simon Mago e la crocifissione di San Pietro Parete destra, primo ordine Anche questa è una scena molto grande. Ci troviamo fuori dalle porte di Roma. Si vede la piramide di Caio Cestio, che viene messa per riconoscere la città, si tratta di una piramide in marmo bianco. San Pietro è a Roma e la scena è divisa a metà, da una parte la disputa e dall’altra la crocifissione. La disputa consiste nella presenza di Nerone, Simon Mago e Pietro, sostanzialmente Pietro propone al mago di indovinare il pensiero in presenza dell’imperatore, e Pietro indovina il pensiero del mago e Nerone decreta la vittoria di san Pietro e la sconfitta del mago. C’è la condanna con questo gesto grave e la sconfitta del mago è evidente anche dalla presenza dell'idolo caduto ai piedi di Nerone stesso, che rappresenta la mendicità della religione pagana che cade di fronte alla verità della religione cristiana. La crocifissione di San Pietro è caratteristica perché viene crocifisso al contrario, a testa in giù. Con questa scena Filippino conclude i lavori alla cappella che a questo punto può definirsi completata e siamo verso il 1485. Prima di partire per Roma Masaccio realizza un altro dei suoi importanti capolavori e cioè la Trinità. Trinità, Santa Maria Novella, Masaccio Questo affresco fu riportato in vita nel 1857, dopo oltre 400 anni di oblio, affresco che ha attirato l’attenzione e un’attribuzione alla mano di Masaccio, non solo per l’attinenza stilistica ma anche per la costruzione prospettica, scelta complicata, volte a botte cassettonata, con la crocifissione portata in primo piano, con due colonne che sorreggono l’arco a tutto sesto che si tinge di rosa e poi due pilastri rastremati che riquadrano questa architettura. Ci sono i committenti moglie e marito, e Masaccio non utilizza la prospettiva inversa ovvero quando si rappresentano i committenti sottodimensionati, qui sono a grandezza naturale. Elimina un linguaggio arcaico e porta i personaggi contemporanei alla stessa grandezza dei personaggi sacri. Questi due ritratti dei committenti sembrano delle sculture, i committenti sono Berto di Bartolomeo del Banderaio e la moglie Sandra. Questo personaggio era un architetto ed era uno dei maestri di muro che vengono chiamati all’opera del Duomo per sovrintendere all’operazione della costruzione della cupola. Quindi è uno che è dentro la costruzione della cupola ed è a contatto con Filippo Brunelleschi. Noi siamo coscienti dell’intervento di Brunelleschi all’interno della trinità: questa prospettiva perfetta, con la colta cassettonata, le colonne, i pilastri, è tutto frutto, forse di un disegno, di Brunelleschi. Masaccio e Brunelleschi lavorano insieme ed è dunque possibile che il committente e Brunelleschi fossero amici. Quest'opera importantissima è forse l’ultima che realizza prima di partire per Roma, dove viene chiamato dai canonici per realizzare un polittico. Il polittico non viene mai realizzato, viene però ipotizzata la presenza di Masaccio in un’altra cappella romana, ovvero quella di Branda Castiglione in San Clemente, la quale è una importantissima basilica paleocristiana che vive un momento di particolare importanza all’inizio del 700 quando papa Clemente XI Albani la fa restaurare e la fa ridecorare soprattutto nella volta perché ricostruisce l’iter delle chiese paleocristiane. Cappella Branda Castiglioni Ipotizziamo che ci sia la presenza di Masaccio perchè questa cappella viene decorata da Masolino, il quale tornato dall’Ungheria arriva a Roma per questa importante opera e in particolare la presenza di Masaccio è sempre stata richiamata in questa scena con la crocefissione, perchè sembra una scena più moderna. Infatti Masolino in Ungheria ha mantenuto lo stile tardogotico, questa scena più concitata parrebbe che abbia avuto l’influsso del giovane Masaccio e questo ce lo dice Vasari. Gli ultimi studi però farebbero propendere verso un’autografia integrale di Masolino. Con questo presupposto intervento si chiude la parabola terrena di Masaccio. La pittura a Firenze dopo Masaccio Il seme lasciato da Masaccio germoglia e genera una serie di artisti che a partire dagli anni 30 del Quattrocento iniziano a ragionare su diversi fronti. In primis su un’acquisizione ormai certa della prospettiva dove non c’è più incertezza sulla tridimensionalità dello spazio. Secondo dato l’acquisizione delle novità della pittura masaccesca, da un punto di vista della volumetria delle figure ma anche della rappresentazione del paesaggio, della fisionomia. Terzo dato, si aggiunge la luce, abbiamo visto come per Masaccio sia importante il gioco delle ombre. Questo aspetto comincia ad essere sempre più importante perché a partire dagli anni 30 cominciano a penetrare in Italia, opere di arte fiamminga. I fiorentini e i lucchesi sono mercanti, hanno contatti con mezza europa, aprono banchi nelle piazze e aprono banchi nelle Fiandre e quando tornano in Toscana portano opere fiamminghe, e questo crea una lenta penetrazione di un linguaggio diverso, ma che viene studiato e rielaborato dai pittori a partire dagli Dobbiamo però considerare anche un’altra fonte di luce, tutti i santi sono illuminati di fronte con la luce divina. Beato Angelico (1395ca-1455) Deposizione 1443, tempera su tavola Firenze, Museo di San Marco Ormai l’idea del polittico è ormai sparita, anche Beato Angelico elimina le colonnine che separano le varie parti del polittico creando un registro narrativo continuo. Del polittico rimane la costruzione architettonica, il gusto ancora un po’ arretrato delle cuspidi, in una struttura unitaria. Abbiamo una narrazione interessante e drammatica, al centro la deposizione del corpo di cristo con la Maddalena che bacia il piede, i dolenti e la vergine dall’altra San Giovanni Evangelista, altri dolenti e fiorentini del tempo, tutti della stessa dimensione. Emerge anche in questo caso l’utilizzo di colori sgargianti, al tempo stesso liquidi e delicati. Emerge un dato importante relativo alla penetrazione della pittura fiamminga, che tra le sue varie caratteristiche è anche quella di essere estremamente dettagliata. Lo vediamo bene sui dettagli dello sfondo, soprattutto nella città con mura merlate e qui Beato Angelico si diverte a descrivere palazzo per palazzo come se fossero in primo piano, come se lo dovessimo vedere da vicino. I fiamminghi preferiscono usare l’olio perché consente una maggiore brillantezza dei colori e una maggiore precisione nei dettagli, questo materiale piano piano viene utilizzato anche in Toscana. Jan Van Eyck (1390-1441) Ritratto dei coniugi Arnolfini 1434, olio su tavola Londra, National Gallery Giovanni Arnolfini era un mercante di Lucca e qui è rappresentato con la prima moglie Giovanna Cenami. Arnolfini era residente a Bruges dove gestiva i suoi commerci. Si capisce dall’opera che si trattava di una persona ricca infatti indossa un mantello di visone, vuol far capire subito che è persona di un certo rango. Da notare anche i gesti, lui ci guarda lei più timidamente abbassa lo sguardo, con una mano l’Arnolfini alza la mano quasi in segno di saluto, forse una cripto benedizione mentre l’altra impalma la mano della moglie. Possiamo leggere quest’opera come una promessa di matrimonio che è già un matrimonio riparatore perchè si evidenza dalla figura della Cenami che c’è una gravidanza in essere. Quindi questo quadro diventa una sorta di strumento notarile, l’Arnolfini promette di sposare la Cenami. Il fatto di questa promessa è anche testimoniato dalla firma di Van Eyck, in maniera molto particolare. Noi siamo abituati a vedere i dipinti firmati con ad esempio ‘L.Ghiberti fecit’ ma qua c’è scritto ‘Jan Van Eyck fuit hic 1434’ quasi a voler testimoniare la sua presenza in questo atto notarile dipinto. Vediamo tutto di questo dipinto, vediamo la parte rappresentata e quindi la camera in cui gli Arnolfini stanno ma anche la parte che non dovremmo vedere ovvero dove sta Van Eyck, perché sullo sfondo c’è lo specchio che ci fa vedere quella parte di stanza che non dovremmo vedere. C’è la ricchezza dell’ambiente, delle vesti, dei copricapi, la pelliccia ma anche la presenza di arance ci dimostra la sua ricchezza. Il lampadario a sei braccia con una sola candela accesa rappresenta la fiamma dell’amore ed è un'ulteriore fonte di luce, il riflesso di questa candela crea dei riverberi in più rispetto a quelli che arrivano dalla finestra. Lo specchio è un oggetto molto popolare, è vicino alla finestra quindi riflette la luce, quindi ulteriore gioco di riflessione della luce. Questo oggetto era molto popolare perché si pensava allontanasse la sfortuna, quindi nelle case dei ricchi era sempre presente, averlo era un simbolo di grandissima ricchezza. Questo ha una cornice raffinatissima di legno con tondi dove leggiamo le storie della passione di Cristo. Ci fa vedere gli Arnolfini di spalle e gli astanti, quelli che testimoniano questo matrimonio. Un altro dettaglio da notare è il rosario di perle trasparenti appeso alla parete quindi noi riusciamo a vediamo il filo che entra dentro ogni singola perla e i giochi di luce perché la luce della finestra le inonda e quindi si riflettono, le ombre che queste perle creano sulla parete. Una vera e propria apoteosi di riflessione sulla luce. Gli elementi poi legati al matrimonio sono presenti anche in altri dettagli, vediamo che dietro c’è un talamo nuziale, letto che ha una decorazione molto raffinata, perché sulla testata sul letto, c’è una santa che potremmo interpretare come santa Margherita, protettrice delle partorienti o santa Marta, patrona della casa. Comunque una santa legata al felice funzionamento del matrimonio. Ai piedi del letto ci sono le ciabatte che in Olanda sono zoccoli, molto raffinati quelli di lei e molto più spartani quelli di lui. Jan Van Eyck (1390-1441) La Madonna del cancelliere Rolin 1430-1434, olio su tavola Parigi, Musée du Luovre E’ un olio su tavola realizzata per il cancelliere Rolin di Borgogna e Bramante che volle per la sua cappella nella chiesa di Notre Dame. E’ una scena devozionale, c’è il cancelliere Rolin che in questa sua loggia prega davanti alla madonna col bambino. Il committente ha una veste sontuosa che prega di fronte al bambino che è messo sulle ginocchia della madonna. Il bambino alza il braccio in segno di benedizione mentre un angelo sta incoronando la vergine. Una sacra rappresentazione che si svolge di fronte agli occhi del cancelliere. Tutto questo avviene in un arioso loggiato, quindi siamo in una architettura chiusa che si apre sullo spazio esterno attraverso queste logge. Questo loggiato si apre dapprima su una sorta di terrazzo che è l’hortus conclusus, quindi elemento ineludibile in sacre conversazioni come questa. Al di là si apre un paesaggio fluviale. tutto si svolge sotto loggia chiusa, vediamo che c’è del vetro, elemento di cambiamento della luce che da diretta diventa filtrata e quindi varie fonti di luce. La decorazione del bordo della veste della vergine con la passamaneria dorata perlinata all’interno della quale sono cucite delle pietre preziose che ne fanno un passaggio ricchezza strepitosa che richiamerà dei prototipi reali. Ma l’attenzione lenticolare al dettaglio per Van Eyck è un dato di fatto costante. Nel loggiato con i capitelli riusciamo a leggere per filo e per segno tutte le decorazioni dei capitelli. Le decorazioni squisitamente nordiche. Attenzione nella specificità che con una lente possiamo andare a riconoscere. Altro dettaglio è la corona che l'angelo sta per porre sopra la testa della vergine che è un oggetto di oreficeria sublime, sembra un virtuosismo di un orafo che Van Eyck dipinge con estrema attenzione. Lo sfondo è mediato, perché prima di arrivarci abbiamo l’hortus conclusus dove si affacciano due buffi omini che guardano fuori e guardano verso la città e verso il ponte. Ritratto uomo col turbante rosso Ritratto di un uomo col turbante rosso su sfondo scuro del 1433 che si trova alla National Gallery di Londra, firmato e datato in basso e c’è scritto ‘come posso’, rappresenta lo sforzo dell’uomo nei confronti della natura. E’ una dichiarazione della coscienza di sè. Hugo Van der Goes (1440-1482) Trittico Portinari, 1477-1478, olio su tavola Firenze, Galleria degli Uffizi E’ un olio su tavola che fu commissionato da Tommaso Portinari, banchiere, che era il rappresentante del banco dei Medici a Bruges. Questa pala è un trittico che si chiude, con dei monocromi che rappresentano l’annunciazione. Queste figure simulano le statue lignee. I Portinari erano i patroni di sant’Egidio, infatti fa realizzare questo trittico per l’altare maggiore di Sant’Egidio e dove arriva nel 1483 per mare, arriva a Pisa e poi attraverso l’Arno arriva a Firenze.
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