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Sbobinature di Storia dell'Arte Moderna, Sbobinature di Arte Moderna, Sbobinature di Storia dell'Arte Moderna

Sbobinature accurate, trascritte parola per parola, del corso di Storia dell'arte Moderna del prof. Lorenzo Gnocchi (I modulo) del c.d.l. Storia e Tutela dei Beni artistici, archeologici, archivistici e librari (Unifi)

Tipologia: Sbobinature

2020/2021

In vendita dal 23/03/2021

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Scarica Sbobinature di Storia dell'Arte Moderna, Sbobinature di Arte Moderna e più Sbobinature in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! 3 modi di conoscenza, spiritualità e senso della bellezza: Platone, Plotino, Pirrone scettico. Tali 3 forme presupponegono 3 diversi modi di intendere la prospettiva e il disegno: Brunelleschi e Donatello seguono linea platonica-plotiniana → il disegno è l'elemento sostanziale che sottende se stesso alle forme rappresentate → spicere = guardare dentro le cose, a fondo, per trovare in esse una sostanza profonda, che appartiene alla dimensione divina → riconducono la verità sensibile nel tempo alla dimensione dell'eternità. I due però si differenziano nel disegno sotteso: – Brunelleschi presuppone la geometria come elemento connotante la varietà delle cose (per Platone la geometria applicata in terra è specchio della geometria pura del mondo delle idee) – Donatello abbandona il senso geometrico, dà alle forme una potenza che indica l'intus dell'anima che le sorregge e le fa appartenere al bene che è disceso nella varietà del mondo per ricondurla alla sua eternità. Brunelleschi, tavoletta prospettica: il soggetto è l'occhio mentale di chi guarda, l'oggetto è ciò che è dalla parte opposta all'occhio, architettura applicata è il battistero, casualità naturale è il riflesso delle nuvole portate dal vento. A legare soggetto e oggetto è lo specchio, che nella tradizione antica rappresenta il vedere, fermando flusso di particelle → è attraverso lo specchio che l'occhio mentale vede ciò che è dalla parta opposta. Il braccio ha il libero arbitrio, libertà di scegliere tra i molti punti tra cui si mette a fuoco la fuga delle nuvole e la fuga architettonica, o quello unico in cui si mettono a fuoco entrambe → punto dell'occhio mentale, che coglie nelle nuvole la sottesa geometria che le fa appartenere all'eternità e quindi alla divinità che le ha create. Per Donatello tale geometria non esiste, c'è invece esaltazione di ciò che non è bello e geometrico → Abacuc: scorciato dal basso, potente disegno che dà sostanza agli occhi incavati, labbra slabbrate, rughe, ansia con cui guarda l'orizzonte. Figura di profeta del Ghiberti, testine che intramezzano le storie di Cristo nella porta ora nord, allora est. Manca scavo profondo nell'individualità, manca geometria interna → c'è senso vivo della superficie, che esalta la casualità della situazione → ricci gonfi, sguardo sospeso di chi, come nello scetticismo, non giudica, non guarda, non pèrspicit, ma accetta il mutevole scorrere della natura. Altri artisti nella civiltà umanistica: alcuni, come Jacopo della Quercia e Francesco di Valdambrino, hanno partecipato al concorso del 1401, e altri due no → Nanni di Banco, compagno di Donatello in questi primi anni (muore nel 21), Gentile da Fabriano, che arriva a Firenze negli anni 20. Jacopo della Quercia e Nanni di Banco interpretano la linea di un potente disegno, che coglie la profondità dell'anima che dà forma alla superficie, ma declinando alcuni caratteri particolari → Jacopo: potente inarticolazione dei particolari, riduzione del senso di individualità, aderire a sentimenti generici per ogni carattere. Fonte battesimale del battistero senese: ci sono un rilievo di Donatello col Banchetto di Erode, e due capolavori del Ghiberti, il Battesimo e la condanna del Battista da parte di Erode. Jacopo vi partecipa ormai maturo, ha alle spalle Ilaria del Carretto per Lucca, la fonte Gaia per piazza del Campo a Siena, pannelli delle storie bibliche nel portale di san Petronio a Bologna. Fonte battesimale (storie del Battista in bronzo): potenza disegnativa che modella una figurazione meno articolata rispetto alla geometria del Brunelleschi e all'individualità di Donatello. Arcangelo che uscito dalla porta del Paradiso spinge fuori con violenza la figura di Adamo, che mostra forte resistenza. Più remissiva è Eva, inchinandosi a una volontà superiore. Qui vediamo come, nel caso di Jacopo della Quercia, nell'Annuncio dell'Angelo a Zaccaria, che annuncia al vecchio sacerdote, chiuso nel tempio per compiere i riti, che avrebbe avuto un figlio dalla propria moglie. Qui vediamo come le sculture punti ad una forte sintesi plastica nella definizione delle figure, attraverso un disegno molto sintetico che non scende nel particolare, come quello di Donatello, né si affida alla geometria, come quello di Brunelleschi. Questo lo si capisce bene nelle ultime opere che fece, nel corso degli anni 20, per il portale della Chiesa di San Petronio a Bologna, iniziando un ciclo tratto dalla genesi, che fu terminato nel primo '500 da un pittore toscano; qui vediamo bene, di nuovo, una ricerca di forte sintesi disegnativa per masse senza una discesa nel particolare o una riconduzione alla geometria. Un altro scultore che non partecipa al concorso ma che da subito rientra nell’ambito di Brunelleschi e di Donatello (loro amico) è Nanni di Banco, del quale dobbiamo conoscere il primo grande gruppo statuario complesso con più statue che fu fatto che è la nicchia dei Santi quattro coronati, nel lato nord dell’esterno di Orsanmichele. Partecipa a due grandi complessi per Firenze: – Duomo: evangelisti per la facciata (ora Museo dell'Opera) → san Luca, accanto al san Giovanni evangelista di Donatello; porta della Mandorla con l'Assunta – Orsanmichele: 3 opere → santi 4 coronati: tema della riunione di più figure dentro una nicchia, che inizia nella cultura umanistica. Il Vasari a proposito di questo gruppo statuario inventa un aneddoto (come altri che inventa secondo la metodologia storiografica antica per cui gli aneddoti servono a spiegare qualcosa di più importante e profondo della figura di cui si parla). Vasari: Nanni avrebbe scolpito queste quattro figure isolatamente e poi avrebbe trovato difficoltà a unirle e inserirle in questo semicerchio → avrebbe quindi chiamato Donatello che, con pochi colpi, tagliando da una parte o aggiungendo dall’altra sarebbe riuscito a farle rientrare. L’aneddoto è falso perché, anche durante l’ultimo restauro, le figure risultano perfettamente pensate per incastrarsi tra loro dentro quella misura della nicchia. Questo ci fa capire come, nella conoscenza di Nanni che si aveva nell’Umanesimo, ad esso non era riconosciuta quella capacità intellettiva che invece era riconosciuta a Donatello. ovvero la capacità di cogliere il disegno interno che permette poi l’articolazione del discorso. → si capisce quindi che Nanni è figura di meno intelletto rispetto a Donatello. Nanni punta a effetto di forza e potenza in blocco, non articolata. Senso di energia nel dialogo tra santi → quello a dx batte il piede e stringe il pugno, quello di fronte indica. Bellezza del volto genuina, ma inarticolata → si avverte anche nel Gesù sovrastante: benedice con forza e genuicità nella cimasa. Infatti la scultura di Nanni appare una scultura decisamente meno serrata di quella di Donatello, e che soprattutto ricerca una figurazione “in blocco” della figura umana, di sentimenti che spesso sono molto forti e più semplici di quelli donatelliani: egli predilige, anche in relazione alla storia che viene a narrare, gesti perentori di pugni, di affermazione perentoria battendo il piede o indici fermamente mossi e di volti spesso carnosi, molto fiorenti ma poco articolati, cosa che si riconosce anche nella figura di Cristo, fiorente e vigorosa, ma meno complessa di quella di Brunelleschi o Donatello. L’altro scultore senese che partecipa al concorso è Francesco di Valdambrino, specializzato nel legno stuccato e poi dipinto. Due teste di due importati opere che fece: pone il suo nome fra la lune e il sole, dello stesso splendore (sostanza) delle stelle, nel particolare del cielo visibile agli occhi, sotto l’altro cielo, quello eterno in cui Gesù incorona la madre Maria sotto l’accoglienza del padre eterno. Gentile da Fabriano continuerà la sua vicenda di massimo pittore del tempo, perché dopo l’esperienza fiorentina si recherà a Siena e poi a Roma, dove, nella seconda metà degli anni 20 inizierà la decorazione ad affresco della seconda grande chiesa romana, San Giovanni in Laterano, iniziando le figure dei santi fra le finestre, che poi verranno distrutte dall’incendio che ne comporterà poi la ricostruzione con l’intervento fondamentale del Borromini, alla metà del 17esimo secolo. Con questo abbiamo concluso il ragionare sulla prima generazione e avviamo il discorso sugli artisti della seconda generazione, che sono quelli che si fondano sugli insegnamenti della prima generazione, e quindi sugli insegnamenti relativi all’intelletto (disegno profondo) o al senso (superficie). Vedremo affacciarsi due tendenze, quella di Masaccio (allievo di Brunelleschi e di Donatello, che traduce concetto plotiniano di Donatello in senso più agostiniano e cristiano) e suo capobottega, Masolino (legato all’esperienza scettica e al divenire tenero delle immaginazioni, sensibilità). Altri 4 artisti: – 2 seguono la linea stoica, aggiornandola nella situazione fiorentina → Andrea del Castagno e Paolo Uccello – 2 recuperano filone greco-romano, epicureo → grande scultore e amico di Donatello, Michelozzo, e grande plastico e scultore, Luca della Robbia. Masaccio: opere fatte per i Carmelitani → polittico di Pisa con Crocifissione (Capodimonte) e brani della Cappella Brancacci. Crocifissione, circa 25-26: san Giovanni a sx del Cristo, pittura dipendente dal disegno intellettivo nell'accezione donatelliana → dà rilievo possente alle figure sul fondo oro, che delinea disperazione, contrazione del corpo, allontanarsi dalla bellezza. Li inserisce nell'ora che passa, indicata dalla luce che viene da fuori, e fa rilevare i corpi → disperazione: silenzio di Maria, urlo di Maddalena. Bellezza crollata in Gesù: collo cede nel momento della morte. Particolari di disperazione e distruzione della bellezza retti da potente disegno, che li rileva e dà loro senso. Eterno → oro, senza inclinazioni di tempo, è la divinità a cui loro appartengono. Cappella Brancacci: affiancarsi di immagini di bellezza e non bellezza (armonioso san Giovanni evangelista e contratti apostoli alle sue spalle) → pensiero di plotinismo agostiniano: concezione della bruttezza determinata dal peccato come inizio di uno stato di grazia che porta al recupero dell'armonia. Ciò è dato dalla presenza di due momenti di alta presenza di nudità: – arco di accesso: Cacciata → dopo la Caduta – Battesimo dei catecumeni. Confronto tra distruzione della bellezza e recupero di essa e della sua armonia in queste due scene. Cacciata: raggi di oro zecchino del Padre che sospinge i due peccatori fuori dal paradiso terrestre, i due stanno entrando in se stessi → Adamo copre occhi per la vergogna per ciò che è successo, Eva piange apertamente (differenza con scena di Jacopo della Quercia, lotta). Agostino nelle Quaestio evangeliarum parla della necessità di ritornare a sé → momento della purgatio: Dio scopre il fuggitivo che ha ricercato quando era perduto. Le due figure sono infatti inserite nella luce del sole che proviene dalla finestra sul fondo della cappella → rappresenta agostiniano giorno “ecco il Cristo”, figura che accoglie i fuggitivi. La nudità ritorna quando l'umanità, attraverso Pietro, torna al Battesimo, a ricevere la grazia. Nudo, apice di figure sempre più nude alle sue spalle: nell'azione del battesimo trova la pace, manifestarsi del disegno sotteso → pieno distendersi dell'anima, no contratture precedenti. Secondo l’intuizione di Del Bravo, la pittura di Masaccio dipende in gran parte dal plotinismo di Donatello e quindi segue l’idea di un bene che scende nella molteplicità, anche non bella, delle figure o della natura, per ricondurre tutte queste cose, anche apparentemente lontane dalla perfezione, alla totalità del creato. Questo Masaccio lo esprime grazie ad un disegno grandioso, poderoso che sappiamo essere la rappresentazione dell’intus e della sostanza cioè dell’anima, unito ad un colore sensibilissimo che si depone su questa struttura e che esprime l’aspetto più apparente e occasionale della sensibilità. Nel Giovanni Evangelista risalta, con tutta la sua plastica potenza, sul cielo splendente ed eterno, proprio perché a questa doppia linea di disegno poderoso e colore sensibilissimo corrisponde, nella poetica di Masaccio, sempre o quasi sempre la presenza di due luci:  quella del tempo, e quindi del cielo e del sole;  quella dell’eterno, dell’oro sul fondo. Qui noi vediamo molto bene questa dialettica tra disegno, colore, luce del tempo e luce dell’eterno; lo vediamo nel particolare nel generale, dove il colore risponde alla dimensione di straziante dolore in cui il pittore affonda, un dolore che, nella figura del Cristo, porta ad un’alterazione potente dell’armonia, con quel collo crollato e la testa come affossata dentro le spalle, dolore che porta la Madonna al silenzio, la Maddalena ad una specie di urlo straziato, Giovanni ad un contorcimento interiore in questo dolore. Il pittore riesce ad ottenere la sconvolgente profondità di questa sofferenza proprio attraverso non solo la struttura, ma anche il colore e la reazione del colore alla luce del tempo, che è una luce inclinata, com’è inclinato tutto il sentire di queste figure. Il pittore ha fatto anche in modo che questa inclinazione del tempo e delle ombre, che corrisponde al dolore, risalti come una nota all’interno di un’armonia superiore, che è quella dell’oro sul fondo che comprende tutto e fa sì che tutte queste figure, pur nel loro dolore, appartengano a quell’eternità di cui diventano parte. Questo discorso viene poi articolato nella grande opera che Masaccio esegue per i Frati del Carmine di Pisa, mentre stava, con Masolino, affrescando la cappella Brancacci. Nel Carmine Fiorentino Del Bravo nota come sia propriamente plotiniana quest’alternanza di bellezza e non bellezza che diffusamente Masaccio rappresenta nelle varie storie. È esemplare un particolare del Tributo, nel quale, alla figura statuaria di Giovanni, alla sua biondezza e ai suoi occhi celesti, come se fosse una divinità classica, corrisponde invece il volto contratto, consumato nel tempo dal rancore e consumato anche è nel sentire di questa fronte corrugata, di questi occhi preoccupati di Pietro, suprema bellezza perduta. Questo si unisce in un contesto di adattamento del pensiero plotiniano al Cristianesimo, perché è inserito in un contesto che narra appunto la caduta dell’uomo e il suo ritorno alla verità. La caduta dell’uomo è nel famoso pannello della Cacciata che Masaccio (Masolino avrebbe dipinto il peccato) dipinse sui pilastri di ingresso della cappella; in questo caso si vede di nuovo, attraverso il colore, lo strazio per il peccato di conoscenza commesso, con questo insistere di Adamo nel coprirsi gli occhi e nello stringerli di Eva, quasi accusandosi di aver voluto vedere ciò che Dio aveva rifiutato di fargli vedere. In questo dolore Masaccio scende con estrema profondità, cogliendo lo strazio che pervade queste figure, ma le inserisce in un lento cammino verso la luce del sole, quella luce che entra dalla finestra sul fondo della cappella e che determina le ombre dei due che escono dalla porta. Vediamo anche come Masaccio fa uscire da quella porta l’oro divino, che tange l’incurvata schiena di Adamo, quasi fosse un accompagnamento della divinità verso, non più la luce dell’eterno, ma la luce del sole. L’identità eterna delle figure è rappresentata da questo possente disegno che dà a queste immagini il valore quasi di presenze scultoree, ma questa uscita ed entrata nel tempo si ricompone poi in un’altra figura di nudo, ugualmente possente nella struttura che la regge, non più straziata, ma ricomposta in modo tale che quella luce che per i progenitori era il dolore dell’abbandono, per lui, che si situa proprio nella parete di fondo sotto la finestra, diventa il porto in cui arrivare e quindi il ritorno. È interessare vedere come in questa cappella il soggetto principale è Pietro, è infatti una delle rare cappelle, sia del Medioevo che dell’Umanesimo, dedicate a questo santo, cosa abbastanza curiosa visto il fondamento di Pietro per il mondo cristiano prima e cattolico poi. Pietro qui diventa l’immagine di un plotinismo cristiano dell’uomo che, in virtù dell’essere stato grande peccatore, quindi dell’essere sceso nell’orrore più profondo, diventa in questo modo il benefattore massimo dell’umanità. Attico, parte superiore andata distrutta nell'incendio dipinta da Masolino. Masaccio: Pietro è uomo che cade nel peccato, spurga il peccato in pianto disperato, e di Masolino → riceve compito di guidare il popolo. Rimangono le sinopie: erano di lato al finestrone centrale (luce) → a sx Pietro che piange (Masaccio), a dx Gesù che lo incarica di pascere le sue pecore (Masolino). Torna come colui che porta armonia ai battezzati e a chi ha avuto alterazione del corpo, che è segno del peccato. Sotto la finestra Pietro fa ombra col suo corpo, la quale fa riconquistare ai corpi la bellezza (Masaccio) → corpi alterati dipinti con potenza, disegno sotteso → in loro c'è presenza della matrice che li riporterà a splendere. Nudo, Masaccio: Simposio di Platone → esaltazione, attraverso la bellezza, di una scala conoscitiva che porta da bellezza particolare alla bellezza in sé, della divinità → disegno potente rimanda a bellezza in sé, di cui l'immagine è forma visibile. Il discorso della cappella inizia con la pittura di Masolino, dalle lunette superiori, che andarono distrutte nell’incendio della chiesa che si sviluppò nella seconda metà del 600. Nei due pannelli più importanti e terminali di questo antefatto, quelli di lato ai finestroni sul fondo della chiesa, vengono raffigurati i momenti clou di questo discorso: da un lato il pianto di Pietro, che piange perché ha tradito il suo amico, il suo bene, ma dall’altra il suo bene che lo invita a diventare colui che deve sostituirlo nel guidare il gregge che lui ha condotto. Qui vediamo, quindi, come tutto il discorso della cappella mostri Pietro che diventa, proprio per questa discesa nel male, il massimo facitore del bene per l’umanità. Sempre nelle storie sotto la luce nella parete di fondo lo vediamo mentre, con la propria ombra, che è frutto della sua figura che intercetta la luce dalla finestra, risana gli storpi che stanno già tornando all’armonia di un corpo sano e che stanno appena iniziando a riprendere le forze al suo passaggio oppure lo stanno aspettando. Masaccio collega la risanatura al ritorno della forma del corpo umano perché è l’anima che è risanata e torna a possedere, a dare una forma regolare, al corpo che prima era straziato. In questo senso si capisce anche il termine del discorso, che per Masaccio è la riconquista arrivando. In questo modo Paolo Uccello fa una distinzione che trova la sua spiegazione nel pensiero stoico; infatti lo stoicismo fonda la sua conoscenza su quella che chiama fantasia, immaginazione, catalettica, ossia un’immaginazione che ferma, blocca e che si forma dall’esistente, conforme all’esistente stesso stampata, improntata e impressa nell’anima; una sorta di stampa che le cose fanno sull’anima profonda e molto forte attraverso la percezione. Non è quindi un disegno intellettivo ma una sorta di impronta percettiva delle cose dell’anima. Lo stoicismo però distingue due tipi di fantasie che corrispondono a quello che, in questo caso, Paolo Uccello fa in relazione a ciò che è in terra e alle nuvole che sono in cielo: due fantasie che si imprimono, ma una è vera, l’altra è falsa. Quella vera (“fantasia”), dice Diogene Laerzio (7 - 46) è quella che coglie immediatamente la realtà, perché è determinata dall’esistente, conforme ad esso e stampata come nell’anima e cioè quella che indica la sua comprensione veridica delle erbe, dei fiori, dei peluzzi, dei riflessi dell’armatura, delle pietre. L’altra è, per gli stoici, quella che non comprende (e la chiamano non “fantasia” ma “fantasma”) e, dice Diogene Laerzio coglie la realtà con scarsa e nessuna distinzione, essendo una falsa visione della mente. In questo caso Paolo Uccello ha contrapposto due tipi di conoscenze: * una vera, determinata dall’esistente e che si imprime; * l’altra falsa, che è quel moto di conchiglia che si ha nel cielo che però appare come un fantasma che non può esprimere quell’impressione dell’anima proprio perché è fatto di aria e di fumo e non può corrispondere ad una vera e propria impressione. In questo caso l’opera appare veramente come un testo scritto che distingue brani di cui si parla ma sono falsi, per esaltare invece i brani veri secondo un processo che è tipico della scrittura, in cui uno scrivendo può anche esprimere pareri contrari al suo pensiero che poi ritraduce nella sua visione del mondo. Questa attenzione nei particolari, che viene esaltata anche dal Vasari, è dovuta al fatto che lo stoico (e quindi anche Paolo Uccello) ha bisogno di conoscere i segni della provvidenza ovvero del fato: “il cosmo è ordinato e diretto da mente e provvidenza, in quanto la mente penetra in ogni parte del cosmo” (Diogene Laerzio). La provvidenza è ciò che l’uomo deve cogliere e intercettare, e, a dimostrare questo, come dice Del Bravo, c’è l’orologio che ci viene mostrato attraverso un’immaginazione straordinariamente potente. Dal centro oscuro e misterioso appare il raggio di una stella, il cui raggio maggiore indica lo scorrere delle ore all’interno del quadrante. È quindi un’immagine del fato naturale (le stelle appartengono alla natura), che scandisce e condiziona la vita del tempo, delle ore che passano. Ecco allora che queste quattro figure possenti, che fuoriescono a guardare con grandi occhi e molto attenti, rappresentano i profeti perché leggono il futuro e la Provvidenza che si svolgerà e individuano l’ora e il giorno di ciò che sta per accadere. Paolo Uccello ne fa delle figure possentemente rette dalla geometria, che osserva nei particolari con questa sproporzione voluta dei grandi occhi proprio per dare il senso di un anti-vedere. Tutto questo corrisponde poi ad un insieme di opere che mostrano i grandi accadimenti che la Provvidenza ha riservato all’umanità o alla città di Firenze. È un capolavoro quello che rappresenta l’arca di Noè (Chiostro verde). Anche qui si vede la Provvidenza divina, che ha voluto la distruzione del mondo per salvare solo una coppia di ogni creatura perché si rinnovasse la specie. Qui Paolo Uccello ha immaginato qualcosa di impressionante: una fuga prospettica costituita dall’arca per indicare un tempo e un secondo tempo. A sinistra si trova l’arca chiusa nel momento in cui si scatena la furia degli elementi, col vento furioso che strappa le foglie, porta via gli uomini, allaga tutto e li annega. È evidente la tensione con cui il pittore blocca questi episodi, segnala le foglioline, le loro ombre sull’arca, segnala il legno dell’arca e il terrore che si diffonde tra i corpi che sono travolti dal furore del vento, fuoco e acqua. Dall’altra parte pone, come altro elemento di una fuga prospettica e geometrica che inquadra il tutto, la fine di tutto questo, l’aprirsi dell’arca, l’uscita di Noè e la sua osservazione di un nuovo tempo che sta per arrivare. La geometria blocca l’insieme proprio per farne un’impressione veridica sull’anima, sulla tela e sul muro dipinto dal pittore. In questo senso si capisce perché Paolo Uccello sia stato scelto per rappresentare Giovanni Acuto, un condottiero inglese (John Hawkwood) oppure per rappresentare le tre battaglie attraverso cui la storia di Firenze si è poi sviluppata. Anche Andrea del Castagno ha attenzione catalettica verso particolari dell'uomo e della natura (creato della Provvidenza). Cenacolo di santa Apollonia per monache benedettine: Cristo al centro, Giovanni piegato su di lui, Pietro che lo interroga, Giuda dall'altra parte del tavolo che intinge pane nel vino → attenzione a cogliere particolari: peli, rughe, barbe, ma anche marmo sul fondo → Provvidenza che plasma la natura. Blocca i particolari, immaginazione che esclude tutto ciò che non è verificato dal dato, e soggiace alla Provvidenza. L’altro pittore che dipende da questa volontà catalettica di ricevere l’impressione veridica e stamparla nel proprio animo e sulla tela è Andrea del Castagno, di cui vediamo un suo tardo capolavoro: * il refettorio della chiesa del monastero femminile di Santa Apollonia a Firenze, al quale arriva dopo essere stato a Venezia e aver eseguito alcune opere importanti come gli uomini famosi per la Villa di Legnaia conservata agli Uffizi e poi altre opere come per esempio il crocifisso e la figura di San Giuliano o San Gerolamo nella chiesa della Santissima Annunziata. Nell’Ultima cena sovrastata da altri episodi della vita di Gesù connessi a questo dipinto vediamo che, nel raffigurare Cristo sul fondo e Giuda in primo piano, Andrea del Castagno rifiuta la geometria brunelleschiana, ma piuttosto si lega alla complessità della vita propria di Donatello e Masaccio e aggiunga una spasmodica attenzione nella descrizione dei particolari (capelli, rughe) e afferma di nuovo questa percezione e ne denota la sua verità. Unisce questa attenzione rivolta alla natura umana all’osservazione attenta della natura vegetale/minerale per entrare nella macchina del mistero provvidenziale della natura e sviscerarne la verità; infatti, nel lacunare di marmo policromo posto in fondo, il pittore affonda quasi nel mistero di quelle chiazze, rughe, composizioni che sono state create dalla natura e dalla Provvidenza. A Firenze viene eseguito il Ciclo degli uomini e donne illustri per villa Carducci di Legnaia, che oggi è divisa tra la Galleria degli Uffizi (affreschi staccati dei pannelli degli uomini e donne illustri) e la villa stessa. Sempre a Firenze eseguirà il Crocifisso e la figura di San Giuliano e San Gerolamo nella chiesa della Santissima Annunziata. No attenzione spasmodica al particolare → artisti più epicurei: pensiero antitetico rispetto al pensiero stoico → parte anch'esso dalla sensazione per arrivare alla conoscenza, ma nega ogni fatalità, esalta invece felicità e piacere, come sospensione interiore e pace, che si trova nella contemplazione della natura. Grande scultore e architetto, Michelozzo → amico di Donatello, ha avuto bottega con lui, insieme fanno capolavori (sepolcro all'antipapa Giovanni XXIII nel Battistero di Firenze, del quale fa le virtù alla base, e tomba Brancaccio a Napoli, terrazzo esterno al duomo di Prato che sostiene dal figura del vescovo che propone al popolo il sacro cingolo). Michelozzo ha anche bottega con Luca della Robbia → fanno porta di bronzo per la sagrestia del duomo di Firenze (altra rispetto a quella col Brunelleschi). Monumento funebre per il cardinal Bartolomeo Aragazzi, duomo di Montepulciano: omeri e pettorali delle due figure centrali: non manca struttura, ma rispetto a Masaccio manca disegno che li definisce sulla superficie → senso tenero della superficie. Si riflette pensiero dell'epicureismo → Diogene, Epicuro (67-68) → la superficie, il colore della pelle e massa sono colti dal pittore intuitivamente nella loro unità di complesso corpo. Tema sviluppato: cardine etico dell'epicureismo → l'amicizia: darsi reciproco, casto. Sepolcro col corpo del cardinale, figura del padre in alto che lo accoglie, e 2 pannelli → uno è il cardinale Aragazzi accolto in Paradiso (questo), l'altro si inginocchia di fronte al trono di Maria col Bambino. Idea di rincontrarsi di vecchi amici, si riconoscono, i giovani si offrono con segno epicureo della spalla scoperta, segno di offerta di sé all'altro. I giovani al seguito della matrona, accolgono festosamente il cardinale, che li riconosce → donna con 3 infanti e altri più maturi, suoi figli → è santa Felicita, i figli hanno nome con declinazione del nome Felice. Epicureismo: incontro amichevole di felicità, che porta piacere dell'amicizia, reciproco offrirsi. Contatti fisici, sfregarsi degli incarnati dei due giovani, e nel sarcofago sottostante c'è il toccarsi e piegarsi dolcemente dei frutti e roselline al centro. In fondo ai figli c'è un prete, che guarda con intesa Bartolomeo. In questo pannello di Michelozzo, per il Monumento funebre di Bartolomeo Aragazzi (Montepulciano), dove vediamo anche l’incontro di festoni nel sepolcro, oppure in questo, di Luca della Robbia, per la cantoria di Santa Maria del Fiore, non vediamo più quella ossessiva attenzione per il particolare, né tantomeno quella spasmodica fermezza, ma piuttosto un senso di amabilità, di dolcezza e di forme che sono sì disegnate e sorrette dall’interno, ma anche dolcemente fuse con una superficie tenera e molto inglobata in questa struttura. Queste figure hanno in comune, tra Luca della Robbia e Michelozzo, una disposizione all’incontro, all’intreccio di mani, sguardi, spalle, corpi, in modo tale da esprimere una felice armonia che regola tutta la comunità rappresentata. Il sepolcro del cardinale Aragazzi è un sepolcro nel quale ci sono due pannelli che rappresentano l’arrivo di Aragazzi, rappresentato col cappello, in Paradiso, e poi la presentazione di Aragazzi alla Vergine. Presenta la figura del Cardinale disteso sul sepolcro e poi la grande figura di San Bartolomeo, che è il Santo di Bartolomeo Aragazzi. È interessante vedere come, ad accoglierlo in Paradiso, non è San Bartolomeo, ma una figura femminile di vedova (si deduce dalla veste) circondata da tanti figli, tre ancora bambini e altri quattro già più adulti. Nell’accoglierlo questi bambini sono festanti, così come gli adulti, e in particolare si vede come la Santa compie l’unione fra la mano destra di Aragazzi e la mano sinistra del secondo trascorrenza, si rifiuta di bloccare → parte da Pirrone (greco) → Ghiberti, Masolino – Stoica: rifiuta trascorrenza del tutto, attua la conoscenza catalettica, che blocca nei minimi particolari tutto ciò che l'uomo conosce → parte da Zenone (greco) → Gentile da Fabriano blocca la natura per cogliere la Provvidenza (della natura, non cristiana). Etica che impone un giudizio su una conoscenza → catalettica, vera perchè coglie la verità delle cose che si imprimono nell'animo, e acatalettica, fantasma, immaginazione sregolata → entrambe in Paolo Uccello. Andrea del Castagno ha conoscenza catalettica → ferma la natura del corpo e dei minerali – Epicurea: accetta la percezione, ma essa coglie intuitivamente la forma e il colore delle cose come inseparabili → parte da Epicureo (greco) → Michelozzo nel monumento Aragazzi: rifiuto disegno sottocutaneo, ma osmosi tra superficie e corpo (2 giovani), senza scindere attraverso passaggi secchi e ben definiti della massa muscolare ma piuttosto amalgamandole come parte intuita di un corpo inseparabile nelle sue strutture interne. Contemplazione della natura non per cogliere mistero della Provvidenza, ma i valori di essa → valori dell'amicizia e della felicità che questa porta (Epicuro 148) → l'amicizia è l'incontro (Michelozzo). Michelozzo: celebrazione di questa amicizia attraverso un segno tipico dell' offerta di sé che è la spalla scoperta (casta) all'amico, dolce ma casto contatto di carni giovanili, santi che accolgono il cardinale in Paradiso → momento nel ritrovarsi tra gli amici santi che hanno camminato accanto all'uomo per tutta sua esistenza terrena, e ora arriva in Paradiso. Aragazzi non incontra suo santo omonimo, rappresentato nel sepolcro ma a parte (statua), ma incontra altri santi → Santa Felicita e suoi figli, che fanno festa, carezze, contatti, e prete è probabilmente San Felice, che ugualmente ai figli di Felicita accoglie, saluta e guarda con grande affetto il cardinale Aragazzi che raggiunge il piacere eterno (varie declinazioni della felicità nei nomi). Questa amicizia è espressa anche in Luca della Robbia in un pannello della famosa Cantoria che, forse su intenzione del Brunelleschi, doveva fare da contraltare a quella del Donatello sotto l'enorme volta della cupola al disopra dell'altare al centro sotto la cupola. Contrappone ai demoni furiosi di Donatello l'incontro di canti, voci e strumenti tra le figure, per lo più alate → dolce contatto di forma, colore e superficie delle figure a sx → offrirsi dell'amicizia che genera piacere, attraverso il tatto casto, e non esiste una distinzione fra disegno strutturante e superficie ma una sorta di intrinseca reciprocità fra queste due parti. E' interessante riportare l'aneddoto con cui Vasari cerca di spiegare il passaggio che Luca tra il marmo e la terracotta invetriata, un passaggio che in verità non fu brusco e non significò l'abbandono di un arte rispetto all'altra ma le due arti convissero fino alla fine della vita di Luca → per tutta la vita alternò maggiore attività plastica e minore attività di marmista. Questo aneddoto esprime il rifiuto epicureo verso fatica e virtù severa stoica, ma esaltazione del piacere che si prova lavorando la terra, che risponde a 2 pensieri dell'epicureismo: – creazione di opere in cui superficie colorata e forma che la sostiene sono inscindibili, unità – accettazione delle “visioni dei savi come dei folli” → ciò che è percepito nella natura e ciò che è immaginato dall'uomo attraverso i suoi artifici → anche le immaginazioni svincolate dalla percezione per gli epicurei sono vere. Cupola per accesso della cappella Pazzi: raffigurazione di forma e colore, oggetti artistici → conche lavorate con profonde baccellature (invenzione umana, artificio), e frutti naturali nella corona al centro (natura che trionfa), no distinzione tra struttura e colore. All'interno di questa attenzione per l'immaginazione umana rientra bellissimo il medaglione che Luca della Robbia eseguì per Orsamichele dove vediamo che esalta l'artificio umano attraverso il martello, lo scalpello, la paletta. Ma poi esalta la natura in questa immagine bellissima di terracotta invetriata (questa volta piatta) costruita come dei pannelli musivi per la cornicina del monumento del vescovo Federichi nella chiesa di Santa Trinità, in una cappella del transetto di quella chiesa che è la cornice di una struttura marmorea ugualmente costruita da Luca. Vediamo come il pittore si abbandoni alla verità tenera della natura che mostra delle rose, il loro essere in boccio e cominciare ad aprirsi e poi aprirsi definitivamente, oppure dipingere per Piero di Cosimo dei Medici (nello studiolo di Palazzo medici di Via Larga) la serie dei dodici tondi all' interno di una struttura di terracotta invetriata per indicare i lavori degli uomini in relazione al trascorrere del tempo e in collaborazione con la natura. Oppure immagini stupendi come questa stupenda corona invetriata attorno ai simboli e agli emblemi della figura di Renato di Angiò. Oppure immagini come nel San Filippo nella serie degli apostoli nell'interno di Cappella Pazzi. Oppure le due statue a San Giovanni Fuorcivitas a Pistoia dove si rappresenta l’incontro fra Maria ed Elisabetta. Infine questa che è una delle molte Madonna con bambino in cui egli insiste sulla tenerezza e reciprocità umana che lega la mamma con suo figlio, piacere dell'amicizia sensibile, reciproco carezzarsi, tenero contatto, piacere e felicità negli occhi, unita a raffigurazione dell'artificio → nicchia: proiezione celeste dei sensi. Allievi di Gentile da Fabriano che ebbe nel suo primo periodo veneziano → hanno caratteri stoici e altri più epicurei. Pisanello: si forma nell'ambito di Gentile a Palazzo ducale a Venezia. Angelo dell'Annunciazione per monumento di San Fermo a Verona: linea ferma, che blocca i particolari, esprimendo conoscenza catalettica delle cose → esalta i dettagli. Volti, disegno: usa il profilo per bloccare l'immagine, particolari del volto, pelle, capelli,fermezza nel definire i contorni della figura (collo e il profilo dell'angelo) in modo tale da cogliere la verità con un modo più stoico di fermare la fantasia che prende la verità delle cose come mostra il disegno di Pisanello in cui vediamo questa attenzione a bloccare le parte di questo soggetto e le minuzie di quella barba ricrescente o di quel pelo di capelli che ricresce di definire questo bellissimo profilo nella sua complessità voluta dalla natura e fermata nella sua identità. Pisanello diventerà massimo medaglista del 400 → sul recto delle medaglie riporta profili dei personaggi → imperatore d'oriente Giovanni VIII, ospite a Pavia dei Visconti → medaglia anni 30: grande attenzione a dettaglio e fermezza. Prima medaglia per Leonello d'Este marchese di Ferrara, per cui ne farà altre 6 → profilo netto → volle essere raffigurato anche in pittura, attraverso confronto di 2 allievi di Gentile: Pisanello e Jacopo Bellini. Concorso: rimane solo ritratto di Pisanello, vincitore → catalettica comprensione del profilo, immerso nella natura del roseto → inserimento della figura nell'universo che tutto muove. Diverso è l'altro pittore che nasce da Gentile (e questo ci sposta nel cuore di Venezia) che è Jacopo Bellini: minore attenzione ai dettagli e alle profilature, più tenerezza nei gesti e nel colore, che assume maggiore tenerezza e gradualità, per cogliere superficie mutevole delle cose. Madonna che presenta Gesù a Leonello d'Este: immerso tenerezza dell'ora che trascorre. Annunciazione per sant'Alessandro a Brescia: pittura di Gentile è inclinata a maggiore tenerezza e immersione nella felicità del tempo che passa. A Venezia non c'è solo retaggio di Gentile, ma anche quello di Masolino da Panicale, che negli anni 40 sta a Venezia e poi va a Budapest da Mattia Corvino. Da Masolino (e quindi dalla sua visione a base scettica) nasce un altro pittore veneziano che inizia intorno agli anni 40: Antonio Vivarini, che è il capostipite di una gloriosa famiglia di pittori lagunari. Si allontana dal bloccare i dettagli sulla tela, ma ha senso di ammaccature, dolcezza diffusa, tenerezza di Masolino. Sant'Orsola e le altre sante e di due santi laterali (trittico): sembra dipendere fortemente da Masolino sia nella figurazione delle figure con teste piccine, rotonde, omologhe, dolcezza che tutto pervade, sia nella rappresentazione delle vesti e vediamo come dice Vasari "sembrano ammaccate" e non costruite appunto dall'interno ma ammaccate dall'esterno in morbide curve e giochi di ombra e di luce come appare nei due santi laterali. Figure di Pietro e di Paolo più articolate e consumate dal tempo. Siena, Giovanni di Paolo, adorazione dei Magi: rispecchia scena di Gentile. Un pittore importante (che è a fondamento della nuova pittura senese del 400) è il senese Sassetta. Pala del Corpus Domini (primi anni '20): andata abbondantemente dispersa, rimangono molte parti della predella → mistero del corpo del signore si manifesta a partire dalla sua origine (ultima cena, è Gesù a consacrare corpo e sangue), poi conseguenze della storia e nell'attualità. Ultima cena: momento della consacrazione del pane, in attesa della consacrazione del vino che è nel calice avanti, mostra una sapienza nell'articolazione dello spazio dell'ambiente che deriva direttamente dalla cultura fiorentina e soprattutto da quella di Masaccio e di Brunelleschi anche se vediamo che le figure son ridotte sul piano senza che penetrino nella profondità. C'è la raffigurazione per 2 volte di san Tommaso (una nella cena), che fu autore della messa del corpus domini → considerato santo eucaristico: raffigurato nel momento in cui parla e riceve risposte da Cristo. Episodio attuale, arsione di un eretico che rifiutava venerazione del corpus domini, rappresentato nel momento della sua elevazione durante la messa a dx → fatto forse realmente accaduto, rogo che il concilio di Basilea fece di un religioso della Cecoslovacchia, Jan Hus, arso per tale rifiuto. In questi 3 episodi il pittore è fedele alla propria tradizione senese, ma anche a prospettiva che inserisce le figure nella dimensione spaziale, visione perspectiva fiorentina → architetture (cena, chiesa). Nella grande pala della Madonna della Neve degli anni '30 vediamo che egli (come molti negli anni '30) c'è accentuazione della plasticità delle figure, che tendono a andare verso forme geometriche regolari, tubolari, circolari → dipendenza da arte tardoantica, recuperata per evento avvenuto a Firenze nel 39 → momentanea riunione delle 2 chiese cristiane, latina-romana e greco-bizantina → ieraticità di alcuni gesti, nell'allungamento dei colli, semplificazione geometrica delle forme. A Firenze sulla scia di Masaccio due artisti importanti: * FILIPPO LIPPI * ANGELICO i quali iniziano negli anni 20. Filippo Lippi, frate carmelitano che conosce Masaccio essendo membro del convento del Carmine di Firenze. Opera iniziale, Madonna Trivùlzio: dipendenza da apertura masaccesca donatelliani come il panno bagnato che disegna sotto la stoffa la forma delle gambe di queste figure, elementi della bronzistica antica. Nel Perugino c'è scelta di tradizione linguistica del primo 400 (pavimentazione), ampie contemplazioni. L'immagine del Tura è quindi comunicativa-narrativa: tutti i particolari servono a non distrarre il lettore dall'osservazione, ma a farlo interessare a tutti i dettagli e agli accorciamenti di distanza; nel Perugino c'è disposizione contemplativa che permette all'occhio di non distrarsi nella varietà, ma di dilatarsi nella profondità, sospendendo immagini in primo piano nel grande orizzonte. Tutto ciò determina 2 forme espressive, una più accelerata e l'altra più contemplativa, che diventeranno fondamentali. Teorico del termine varietas è Leon Battista Alberti, essa si sviluppa in due centri grazie a Donatello e interpretazione della sua arte → Padova (1440-50) e Firenze (54). Alberti è il teorico della varietas nel De Pittura del 37, applicando alla figurazione i pensieri che Quintiliano aveva elaborato per la retorica (Institutio oratoria) → Alberti spiega la varietas tramite: – varietà di cose, di parole → presenza di giovani, di vecchi, animali, vari oggetti – varietà di corpi con loro varie pose → composizione e sintassi variata, che cambia le profondità, senza cercare unità del tutto – varietà di movimenti d'animo → sentimenti. Tutto ciò per lui sveglia la curiosità, sorprende il lettore e lo tiene stretto all'immagine senza annoiarlo. L'Alberti applica ciò alla sua arte architettonica → attraverso architettura che risponde linguisticamente in modo diverso alle diverse situazioni in cui si trova a lavorare, per risultare sempre comprensibile → non segue un modello artistico unico e invariabile (come quello geometrico del Brunelleschi), piuttosto sceglie di volta in volta le forme architettoniche, e quindi la via linguistica. A Rimini e a Mantova adotta linguaggio fortemente romano, perchè i Gonzaga e gli Estensi avevano interesse a recuperare l'origine latina e imperiale delle loro situazioni→ Rimini, Tempio Malatestiano: foderatura esterna della chiesa di san Francesco, per trasformarla in tempio dei Malatesta, per accogliere loro spoglie nelle cappelle. Riferimento romano: portale ripreso dall'arco di trionfo di Rimini dell'epoca Augustea (20 a.c.), fondamento romano gradito alla famiglia, esempio di grandezza → riprende colonne scanalate con capitello corinzio che reggono trabeazione e chiudono al loro interno l'arco, il tema del portale con timpano viene ripreso da parte superiore dell'arco. Il poderoso involucro esterno, con pilastri arcati, è ripreso da grandi modelli romani: serie di archi alla base del Colosseo (modanature che chiudono i potenti pilastri), e dal Mauseleo di Teodorico di Ravenna, con motivo basamentale di archi retti da poderosi pilastri, che richiama anche tema sepolcrale. Interno: aveva progettato (poi fatto da altri, Agostino di Duccio) una fodera che rispetta varietas interna delle finestre, ispirate all'arte moderna, gotica. Quando si trasferisce a Mantova dà anche ad essa immagine di potente romanità che anche i Gonzaga si attribuivano (loro antenato Virgilio) → facciata della chiesa di Sant’Andrea: poderoso arco cassettonato, poderoso interno che riprende modello della grande volta su cui insistono cappelle voltate della basilica di Massenzio nel foro romano. Chiesa di san Sebastiano, verso zona di Tè: non aveva tutte queste aperture, create col restauto del 900, ma aveva facciata di tempio, su modello delle grandi cisterne romane di un ambiente a base quadrata con un gran voltone superiore. Viene a Firenze negli anni 40 → per i Rucellai fa completamento della facciata di santa maria novella, e il tempietto del Santo Sepolcro in cappella nella chiesa di san Pancrazio, legata ai Rucellai. Cambia il suo linguaggio → abbandona il latino-romano per adeguarsi al volgare toscano: marmi bianchi e verdi, motivi intarsiati che riprende da grandi modelli fiorentini della facciata di san Miniato e del Battistero → linguaggio volgare che nel 41 venne ritirato fuori attraverso il certame coronario, gara per miglior composizione in toscano, per recupero della tradizione dantesca. L'attenzione per il volgare viene unita a un'idea architettonica geniale, ormai non più percepibile → creare per la cappella un grandioso ingresso verso la chiesa (ora non c'è più), costituito da architettura finita poi sulla facciata con restauri successivi → trabeazione retta da due poderose colonne, sormontata da finestra centinata che creava filtro romano al tempietto volgare toscano. Padova diventa un importante centro della varietas nell'Italia del nord → per 10 anni, tra 44 e 53, vi vive Donatello per fare altare della chiesa del santo, profondamente alterato nel 500 e poi ricostruito negli anni 70-80 dell'800 → porta a supremo compimento il suo disegno sotteso dell'immaginazione plotiniana di un bene che tutto comprende. Donatello fa immagini di estrema tenerezza e bellezza → san Daniele, insieme a immagini sconvolte, disperate, non belle → stucco dipinto probabilmente posto sul retro dell'altare, e nelle storie della vita e dei miracoli di sant'Antonio poste intorno all'altare → sentimenti delle figurazioni in disegno potente sotteso alle architetture. È quindi un grande maestro di variestas → dei sentimenti, dei materiali (bronzo, stucco dipinto) → diventa grande maestro della contrazione della figura umana, che trova apice nel dolore, che diventa grande tema delle generazioni della metà del 400 nell'Italia del nord. Vediamo che nel meraviglioso altare Donatello alterni figure di delicata e pura bellezza come quella del San Daniele a figure di lacerazione profonda che comporta la scomposizione della bellezza nel dolore e nello spazio condotta come in questa la deposizione del sepolcro che probabilmente occupava la parte posteriore dell'altare (quella rivolta ai fraticelli francescani rivolti in preghiera) in cui Donatello vediamo lascia il bronzo, usa lo stucco dipinto e lo costringe in un ambiente senza profondità proprio per dare il senso a questo dolore e di questa costrizione al dolore a cui è condotto chi osserva l'immagine. Nei bellissimi pannelli che circondavano la base dell'altare (ora sotto le statue) che rappresentano le storie di Sant'Antonio vediamo che egli ugualmente comprenda questo disegno nella profondità e unisca questa espressione intellettiva. In questa situazione di sentimenti così diversi Donatello usa questo disegno che riporta tutto in un ordine superiore. Altro maestro e collezionista di arte antica a Padova, lo Squarcione → polittico: aderenza alla variestas nella contrazione degli spazi, san Girolamo è sproporzionato rispetto a nicchia che lo contiene, no spazio per contemplazione del paesaggio sullo sfondo. Madonna col bambino: totale negazione della dilatazione spaziale nella profondità, ma imposizione in primo piano della figura e altri elementi. In tale situazione nascono artisti che andranno a Ferrara, Matova, Milano. Ferrara → Cosmè Tura: contrazione degli spazi per contrazione del dolore, espressione forte del sentimento → Pietà: tutto è portato su un piano ristretto di profondità, identità tra testa della Madonna e scena della morte sul Golgota in fondo, rifiuto della proporzione unitaria → Cristo è troppo piccolo rispetto alla Madonna → accentua senso di dolore, Maria contempla le ferite del figlio. Tura fa riferimento a modello di rappresentazione della Madonna col Cristo morto che viene dal nord, impero → Vesperbild: Madonna piange il figlio morto adulto, ma tenendolo sul grembo come un bambino. Arte che dipende da plastica di Donatello → suo panno bagnato si vede nell'aderenza del panno alla gamba della Madonna. Altro protagonista di Ferrara è il Cossa → 3 santi del polittico Griffoni, anni 60 (smembrato): assenza di spazialità in profondità, imporsi della figura in primo piano, accentuazione delle parole, preziosità e varietà linguistica. Altro pittore, veneziano, Carlo Crivelli → dolore come contrazione del sentimento ma anche della forma artistica, che si scarica sull'osservatore. Piani contratti: gambe di Cristo e di san Giovanni sulla balaustra troppo corte, sproporzionate rispetto allo sviluppo nel corpo, spazio compresso caricato di tanti particolari, come frutti in alto, decorazione in basso, vesti, fondo otturato da damasco dorato. Grido del dolore, ferita tenuta aperta da Maria, con profilo addolorato, Maddalena gli sorregge la coscia, Giovanni urla verso il cielo tenendo il braccio, per scaricare verso chi guarda tutto il dolore. Scultore del ducato di Milano, Mantegazza, compagno dell'Amadeo. Mantegazza, Pietà: stessi temi, ma introduce riferimento a modo di scolpire estraneo alla cultura padana → pur essendo di marmo, traccia le pieghe delle vesti col modo particolare con cui la sgorbia lavora il legno: pieghe nel velo che copre la testa di Maria, rigidezza che impone al corpo di Cristo o ai tratti del volto della figura → lingua figurativa delle Alpi, dell'Impero, per creare elemento linguistico estraneo che tiene incuriosisce e attira l'osservatore. Insieme all'Amadeo esegue la facciata della certosa di Pavia: monumentale esempio di varietas (come cappella Colleoni nel duomo di Bergamo). Varietas applicata all'architettura: sviluppo in altezza ma con aggiunzione di piani, carichi di particolari, che schiacciano la profondità e attirano l'osservatore, affastellarsi di motivi decorativi in sovrapposizione che impediscono alla facciata stessa di avere una profondità prospettica. Partecipa alla varietas di Donatello un altro pittore del ducato di Milano, il Foppa → cappella Portinari a sant'Eustorgio a Milano, cappella per grande famiglia di banchieri affiliati ai Medici, probabilmente architettata da Michelozzo. Culmine, Assunta: panno bagnato donatelliano per accentuare carattere di varietas. A Padova si forma un allievo dello Squarcione, il Mantegna → san Sebastiano: adesione alle forme della varietas esprime gnoseologia stoica → aspetto etico: Mantegna lo trafigge di frecce che arrivano da direzioni diverse (elemento di varietas) ma servono anche a dare idea della crudeltà del martirio e della sofferenza, ma lui vive ciò con senso di sopportazione, no esplosione di dolore. Elemento stoico → sopportazione, virtù con cui il saggio sopporta il dolore anche più atroce. Luogo a cui porge i suoi occhi addolorati → in alto, al di là dell'architettura romana alla cui colonna è legato → alzare occhi al cielo: virtù dello stoico che cerca la ragione del dolore nella Provvidenza. Carattere stoico del giudizio della verità → alle spalle del santo e sul retro dell'architettura c'è particolare che ci incuriosisce → nuvola (transitorietà) ma che prende forme di un cavaliere sul cavallo, che accentua senso della transitorietà (percorre), ma è anche confronto tra fantasia catalettica che è nel corpo, nel volto, nell'architettura e nel paesaggio, e fantasia acatalettica che diventa fantasma, che passa senza lasciare traccia. Sebastiano non guarda ciò, ma la Provvidenza. Tutto è costretto sul primo piano, senza lontananze che l'occhio può percorrere → esigenza di dare verità alla catalessi. E' un'opera nella quale vediamo diversi aspetti: innanzitutto di nuovo il linguaggio variato interiore nello scambio profondissimo di questi occhi, nella sudditanza spirituale che il Battista mostra reclinado la testa e soprattutto in questo casto ma profondissimo e intimamente corporeo scambio di mani che si stringono (il Battista stringe il braccio di Gesù che apre il suo palmo sul petto del battista premendo e il Battista indica nel centro del suo petto la sede di questo scambio che è quello del cuore). Qui vediamo come lo scultore toglie ogni peso a queste figure, ai dettagli, alle vesti di queste figure proprio vedendo molto affiorente la loro intensissima e amorosa anima → plastica delicatissima, evita ogni dettaglio eccessivo che non sia dolcezza e levigatezza del corpo. Un altro grande complesso variato che viene eseguito a Firenze negli anni 60 del 400 è la cappella del cardinale di Portogallo, insiste sulla navata sx della chiesa di san Miniato al Monte: varietas sia di autori coinvolti che di materiali e tecniche usati, per creare ambiente che piace e attira, tenendo vivo l'interesse di chi lo osserva. Il cardinale di Portogallo prende tale nome perchè era giovane figlio del re del Portogallo → nella trabeazione stemmi familiari che indicano discendenza e intreccio familiare del cardinale, ma descritto come castissimo, morì a meno di 20 anni a Firenze nel monastero dei benedettini olivetani. Unione di terracotta invetriata della volta, marmi policromi del seggio, legno, pietra serena, marmo candido del sepolcro eseguito da fratello di Bernardo Rossellino, Antonio. Percorso di natura plotiniana, di discesa e risalita ma con forti toni cristiani → incipit: Luca della Robbia fa al centro della volta la colomba dello spirito santo che entra nella cappella scendendo dall'alto, diffondendo luce attraverso suoi raggi e 7 candelabri → in Isaia sono i doni dello spirito santo → il testo biblico introduce tema molto importante, ritrovato anche nella filosofia: distinzione tra intelletto e scienza → intelletto è intus legere, la scienza è l'intelligenza di cogliere la complessità della conoscenza. Due protagonisti: Maria e il cardinale. Maria è colta nel momento in cui riceve lo spirito santo nel suo corpo e lo accetta → Alessio Baldovinetti (anche affreschi) su pannello di legno su fondo di pittura ad affresco, cielo naturale nell'occhio centrale → forte variazione di materiali e di elementi pittorici e naturali. Maria sta aprendo il palmo della mano per dare assenso al raggio che entrato da dx, oltrepassa il cielo naturale e entra dentro di lei. Posta di fronte al cardinale perchè entrambi furono vergini, disposti a farsi riempire dallo spirito santo. Tomba del cardinale: Maria scende sulla tomba insieme a suo figlio → discesa indicata da vesti e capelli degli angeli che vanno verso alto, volto sorridente di entrambi, occhi verso il cardinale, che Gesù benedice. Due rilievi alle due basi laterlai del sepolcro: giovane nudo sul toro e giovane nudo su un cocchio → 2 nudi per esprimere sostanza dell'anima, anima che non ha veste del corpo, ma in due condizioni diverse, indicata da presenza e assenza delle ali → anima nella vita, esistenza, e anima con le ali, dopo la morte → espressi i meriti in esistenza dell'anima del cardinale e il premio ottenuto. L'anima del cardinale è rappresentata in vita nell'atto di domare un toro, del quale è messo in evidenza il sesso, che l'anima del cardinale schiaccia a terra e rende inoffensivo → superamento di ogni desiderio sensibile. La vittoria dei sensi lo porta a salire sul “cocchio dell'anima” (Platone) → anima è cocchio guidata da 2 cavalli, uno nero che tende in basso e uno bianco che tende in alto → due potenze che regolano l'anima: quella dei sensi che la spingono verso il basso, quella dello spirito e dell'intelletto che la portano in alto. Anima dopo la morte è nudo alato che riesce a condurre entrambi i cavalli verso il cielo, perchè in vita ha sconfitto forze che lo portavano in basso e merita di elevarsi. In entrambe le scene c'è una palma, una aperta e una chiusa → vita del cardinale che esplode nella vita eterna. Plastica di Rossellino è diversa da quella di Desiderio → esalta purezza gentile dei corpi, dei particolari → volti allungati e appuntiti in labbra, mento, naso, occhi, per esprimere gentilezza interiore, anima gentile e pura (Desiderio toglieva ogni rilievo e presenza che non fosse quella della sostanza). La struttra indica proprio questo essere pediletto da Dio e questa discesa del bene per portarlo poi all'unione con la divinità ; vediamo che è composto da un modo fortemente variata perche vengono coinvolti diversi artisti come Luca della Robbia (volta) , il Pollaiolo (pala d'altare) , Alessio Baldovinetti (Annunciazione) e Antonio Rossellino (sepolcro marmoreo); materiali straordinariamete diversi → terracotta invetriata, marmi bianchi e colorati, pietra serena, pittura su tavola e affresco, tarsie che pervadono tutto l'ambiente. Il punto di partenza è al centro della volta dove vediamo una figura che è esplicitamente cristiana ed è una colomba ( dello spirito santo) circondato da 7 candelabri che unite alla Spirito ( in questo caso alla colomba) indicano i doni dello Spirito Santo, quelli di cui parla Isaia ( 11 -1) che è poi il passo che Gesù legge nel tempio; Isaia dice " lo riempì lo Spirito di sapienza e di intelletto, di consiglio, fortezza, scienza e pietà, lo riempì dello spirito del timore del Signore". Rossellino a differenza di Desiderio mostra una diversa idenità plastica perchè non opera quella scorporazione dell'immagine ma insiste sui dettagli, sui particolari, seleziendandone l'aspetto di grazia e questo lo si vede bene nei ritratti di Rossellino. Ritratto di donna di Rossellino: rispetto a quella di Desiderio ha presenza più viva e gentile. Pensieri simili (varietas) in altro scultore fiorentino nato da rientro di Donatello a Firenze negli anni 50: Mino da Fiesole → ritratto di un personaggio della famiglia Strozzi, e particolare del pannello del polittico fatto per cappella Salutati del duomo di Fiesole. Plastica diversa da aggraziata gentilezza di Rossellino e da scorporamento di Desiderio → coglie nelle figure una geometria triangolare → vertice della testa dello Strozzi e composizione della figura della Vergine. Ferma i dettagli, ma sembrano visti attraverso arte tardoantica, passaggio da mondo pagano a cristiano → occhi circolari e grandi, globulari, grandi arcate sopraccigliari, scavi profondi delle vesti ma non mobili, sinteticità di ricadute di panni, sommarietà nel taglio dei volti e dei capelli→ fermare cataletticamente le cose, cogliendone la verità. Altro artista di Firenze, Agostino di Duccio, che parte da esperienza di Donatello fiorentino degli anni 30 (cantoria di S.M. Del Fiore) → coglie forza sfrenata dei demoni che corrono in cerchio danzando → lui la traduce linearmente, dando senso di varietà di composizione schiacciata sul piano, che scarica su chi osserva la ricchezza di particolari, plastica che incide. Due grandi complessi plastici degli anni 60: chiesa di san Bernardino a Perugia, esterno rivestito da lui con rilievi, e tempio Malatestiano di Alberti a Rimini, in pannelli che decorano pilastri che rivestono interno (quello con demoni che cantano e suonano). In tale situazione a Firenze si sviluppa anche pittura della varietas → Domenico Veneziano, che viene da scuola veneziana di Jacopo Bellini, discendenza da Gentile da Fabriano. Opera del 37 inviata come omaggio a Piero di Cosimo de' Medici, tondo dell'adorazione dei Magi: mostra suo identità di pittore della varietas → spazialità bruscamente interrotta dal corteo, che impedisce a occhio di distentersi da primo piano fino alle lontananze, serie di fasce che si sovrappongono impedendo allo sguardo una continuità di lettura, senso della grande varietà e dell'immersione nel tempo e nell'ora che passa → esalta varietà fastosa e preziosa delle vesti, ricchezza, immerge il tutto nella natura con accezione epicurea, e esalta la bellezza del trascorrere naturale nel velo di nuvole sul fondo su cui si stagliano tremolanti gli uccelli e il cipresso. Concetto epicureo degli atomi → coglie le cose attraverso punti fitti (cipresso) → Diogene, Epicuro, lettera ad Erodoto: infiniti punti (atomi) che si stampano nell'occhio e vi creano trasposizione della cosa. Domenico coglie l'insieme di colore e forma delle cose, non li scinde → piacere e pace che nascono da contemplazione della natura. Intorno al 47 per la chiesa di santa Lucia dei Màgnoli: immaginazione che esalta la transitorietà nel raggio di sole che entra inclinato, trascorrere dell'ora, immersione nella temporalità, incontro tra amici → Madonna con Gesù e santi. Incontro: bontà, reciprocità nell'offerta → caratteri tipici dell'epicureismo, piacere interiore che traspare dai loro occhi. Immersione nella dolcezza naturale per trarre pace e piacere → predella con Battista nel deserto, mentre si spoglia della sua veste di uomo nel mondo e si copre con veste di pelle di cammello di romito → colore e forma del suo corpo, totalmente immerso nel trascorrere dell'acqua del ruscello, delle nuvole del cielo e dolcezza delle rocce → natura che lo avvolge. Per questo il suo volto ha pace e piacere interiore. Domenico Veneziano a Firenze fa decorazione del coro della chiesa di sant'Egidio, dove lavora insieme a Andrea del Castagno → per il Vasari è importante perchè espressione della varietà degli edifici, persone, situazioni. Ad essa lavorarono i giovani Alessio Baldovinetti e Piero della Francesca. Loro opera è andata distrutta. Madonna Kress: sintetizza sua poetica epicurea → amicizia tra mamma e bambino, piacere che essa suscita nello sguardo del bambino, immersione nella natura → coglie forma e colore dei corpi, natura gonfia di vita → volti, palpebre della Madonna. Natura che li avvolge, rose → sapienza dei due, immersa nella trascorrenza (rose in boccio e fiorite, bianche e rosse). Da questa situazione emerge Piero della Francesca, opera tarda → Madonna di Senigallia, Urbino: forma e colore di natura epicurea → grande storico dell'arte purovisibilista della prima metà del 900, Roberto Longhi, commenta sua arte descrivendola come “pittura di forma e colore” → segno dell'epicureismo per Del Bravo → intrenscicità tra colore e forma, ricondotti a piano dello specchio che per gli epicueri ferma flusso degli atomi → mancanza di profondità prospettica è come ripresa da specchio, che annulla profondità e crea piattezza di identità tra forma e colore. Anche qui vediamo questa attenzione a immergere la situazione nel tempo → luce che entra attraverso finestra e rivela sul fondo brulichio di atomi. Storie della Vera Croce del coro della chiesa di san Francesco ad Assisi, battaglia → stesso appiattimento di forma e colore come ripresa da specchio, inserito in senso della trascorrenza dato da nuvole che passano nel cielo e vessilli che si agitano nel vento. Altro pittore che nasce dall'abside di sant'Egidio → Alessio Baldovinetti → epicuera esaltazione della libertà naturale. Madonna col bambino, Parigi: lo sguardo, dopo interruzione delle figure, contempla il distentersi della valle dell'Arno come vista da rilievo intorno → infinito distentersi della natura, immersione che determina pace interiore → si avverte nello sguardo della Madonna, che si rivolge al bimbo, che guardandola sta sciogliendosi dalle fasce, rivendicando libertà della sua natura, avere proprio corso. Tipico dipingere dall'età mediana del 400, con un'interruzione nell'osservazione del paesaggio dovuta a un parapetto subito sotto la Madonna. Altro pittore della varietas a Siena, dopo il Sassetta (suo maestro) → Vecchietta. Opera degli – Repubblica veneziana – Ferrara, Ercole d'Este. Metà anni 80 a Firenze il filosofo neoplatonico Ficino scrive “sull'immortalità dell'anima, ovvero teologia platonica” → a Firenze c'è figura di Lorenzo de' Medici, poeta, filosofo ficiniano, che deve però occuparsi di politica (ritratto del Ghirlandaio nella Cappella Sassetti) → la interpreta come ricerca del giusto, che è riflesso del bene → lo deve ritrovare con ricerca nel proprio animo, che lui vede distinto in due anime: – anima sensibile → attraverso contemplazione sensibile è innamorata del mondo e sua bellezza, ma straziata da inevitabile fine – anima capace di immortalità → anela a dimensione eterna, dove non c'è spazio per malinconia. Indaga le due parti dell'anima attraverso due mezzi: – poesia → “Comento de' miei sonetti”, raccolta poetica in forma narrativa – arte → espressiva di sé, soprattutto architettura di tipo brunelleschiano, di cui si diletta → trova in Giuliano da Sangallo interprete dei suoi pensieri. Comento: immagine sua vita e della sua anima → prima è sensibile, guidata da amore sensibile verso Simonetta, che brama e poi piange quando muore. Anima che poi trova eternità e scopre tale donna su piano eterno che scaccia dolore. Egli fa della sua città l'espressione di questi pensieri, attraverso architettura. Anima sensibile nei sonetti (Rime) → bellezza intrisa della temporalità → espressa in capolavoro del Verrocchio in onore del padre Pietro e zio morti Giovanni della fine degli anni 60 → monumento nell'intercapedine tra cappella Medici al termine del transetto sx in san Lorenzo, e sacrestia vecchia del Brunelleschi che si vede attraverso la rete. Il Verrocchio esprime il concetto della temporalità figurativa → per la lettura di quest'opera Lorenzo chiese allo scultore di scolpire un'epigrafe in capitale romana che corre lungo il basamento di marmo. Per leggerla ci impone di passare dalla cappella medici (da cui inzia la lettura) alla sagrestia vecchia (in cui termina) → movimento intorno al muro compiuto in certo lasso di tempo → cambiamento nella visione dell'opera: si passa da situazione in cui l'opera si vede in potenza (controluce) a una in cui si vede in atto, mentre splende nella luce contro il fondo oscuro (immagine di una figura nella luce che si stacca dall'oscuro) → prima è visibile poco nei dettagli, poi è perfettamente visibile nei dettagli ma contro il nero del fondo di cui provieniamo. Si ricorre quindi alla fisica aristotelica → il diafano, componente riflessiva della luce che è in tutti i corpi, nelle tenebre è in potenza, in atto nella luce contro le tenebre → percorso, movimento. Turgide plastiche immagini di bronzo: frutti che escono dalle cornucopie, foglie di acanto che si attorcigliano intorno al sepolcro → immagini di bellezza naturale che ci danno il senso di un meraviglioso fiorire, però condannato al transito, colte contro fondo nel loro vivere attimale, il quale secondo Aristotele implica la corruzione, il tempo è causa di corruzione, tutte le cose nascono e periscono nel tempo (anche Lorenzo in Rime). Plastica di Verrocchio esprime la vita dei corpi → nudo fittile: floridezza naturale del volto e del torso, avvolto da grandi riccioli che creano una massa ombrosa da cui emerge dalla luce il volto e che in questo emergere dalla luce è implicitamente condannato al transito → crea intorno al corpo, volto vivo nel sonno, capelli, un'aureola di oscurità che lo fa vivere nell'attimo e lo rende implicito di decadimento e corruzione → contemplare il momento con malinconia per ciò che avverrà. Ciò il Verrocchio lo esprime in tutte le sue grandi plastiche: Incredulità di san Tommaso nel tabernacolo fuori Orsanmichele → entrambe le figure con riccioli e vesti turgidamente scavate vivono nell'attimo in cui la luce le attualizza nelle tenebre che implicitamente contengono nel contorno; David di bronzo che ha stessa capigliatura che attualizza nel tempo bellezza che decade. Pittura, duomo di san Zeno di Pistoia: figure mostrano loro fioritura e bellezza sul nero del fondo → sul fondo del trono pienezza di vita di Gesù e madre, su oscurità dei crini volto del Battista, senso del decadere implicito in essi. Nell'80 Verrocchio si trasferisce a Venezia e fa statua di bronzo del capitano delle forze di terra della Repubblica di Venezia, monumento equestre a Colleoni → posto su cavallo in piazza san Giovanni e Paolo, volto vivo nell'osservare, identità di comandante, attualizzarsi da tenebre in potenza sotto l'elmo e implicita consunzione. All'inizio del 500 a Venezia Giorgione esprime questi pensieri nella vecchia all'Accademia di Venezia → la pone in luce contro tenebre, come attualizzata da luce contro tenebre in cui è in potenza. Nel momento in cui si sta attualizzando indica se stessa, con cartiglio con scritto “col tempo”, col tempo sfiorirò ancora di più rispetto ad adesso → implicito senso di malinconia. Lorenzo vive malinconia nella sua vita → grande interprete di tale sentimento è il Perugino, che per venire a Firenze donò a Lorenzo immagine tratta da un'egogla scritta dal Mecenate, Apollo e il pastore Dafni → Lorenzo si identificava in Dafni perchè era un musico, che morirà per amore, morte dell'amata. Il Perugino in questa opera mette quindi segno nefasto, germani che volano in modo sinistròrso, segno nefasto per auguri antichi (morte in cui Dafni incorrerà). Qualifica l'anima come anima mortale → rifiuta disegno sotteso (avrebbe indicato presenza anima immortale), ma si limita a considerare dolcezza e tenerezza delle superfici, immersione nell'ora naturale che passa. Dafni intento a suonare in competizione con Apollo. Vasari sul Perugino → non comprendeva immortalità dell'anima, ma era attratto dai “beni di fortuna”, moglie → amore di anima sensibile che non può elevarsi all'immortalità. Lorenzo dà a sua anima sensibile caducità → lo esprime Giuliano da Sangallo in complesso architettonico di due strutture complementari ma opposte: – Villa Ambra a Poggio a Caiano → paesaggio, estroversa → motivo del loggiato e terrazza sovrastante, si slancia nella bellezza intorno – chiesa di santa Maria delle Carceri a Prato → città, introversa, per ricondurre inevitabile caducità della contemplazione della bellezza sensibile a un principio che ci porta oltre il sensibile. Villa Ambra: motivo della loggia che permette osservazione distesa da altura, verso tutto intorno, in 2 forme diverse: – frammentata da pilastri della loggia – distesa attraverso terrazza che la circonda → partendo da ingresso della villa vediamo monte Albano che discende, poi colline che si abbassano verso la piana e si alzano verso monti del Chianti, Firenze, Prato, appennino sopra Pistoia. Chiusura: sulla loggia, rivolta verso ovest, che per Lorenzo è “l'orizzonte, l'ultimo termine, la morte” → suo amore per natura e bellezza di Simonetta, che inevitabilmente porta a pianto per la morte. Non più narrazione incalzante che tiene vigile l'occhio dell'osservatore, ma spazio in cui dilatarlo senza distrarsi → prima interpretazione si ha nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, che esprime con l'arte l'affondo nella sue due anime. Sepolcro del Verrocchio traduce suoi pensieri sul tempo che consuma la bellezza. Due complessi architettonici fatti fare a Giuliano di Sangallo esprimono la dualità delle anime di Lorenzo: – la Villa è protesa verso contemplazione dell'occhio della bellezza intorno – la chiesa protesa verso interiorizzazione. Contemplazione del paesaggio avviene per frammenti attraverso il loggiato e poi estesa attraverso la terrazza → occhio disteso → contemplazione sensibile che ha però un termine, il tramonto, come quella per l'amata, morta. Termine: concluso il giro, partito dalla loggia, attraverso scala d'accesso che prima non era semicurva (500), ma retta. La morte del sole è paragonata all'elicrìso, pianta mediterranea che vive del sole e quando tramonta si secca e muore. La loggia ha soffitto a botte, che inoltra a soffitto a botte del grande salone centrale → inizio dell'entrata nel proprio intus, dopo malinconia verso l'esteriore → è interiore riconsiderazione del tragitto del sole visto fuori, come carcere dell'anima sensibile che non può andare oltre circolo di bellezza e di morte. La grande volta a botte che termina il percorso della villa si propone aperta in 4 grandiose arcate a botte che si aprono sulla cupola nella chiesa di santa Maria delle Carceri → essa nasce dal miracolo della Madonna delle Carceri che incuriosì Lorenzo: un bambino mandato dalla mamma a a comprare cose oltre le vecchie carceri di Prato, passando vide una immagine della Madonna col bambino posta su una sala staccarsi, farsi viva, scendere e lasciare il bambino sul prato, inoltrarsi nelle carceri e portarvi immensa luce, rendendole pulite e splendenti con angeli che fanno festa. Lorenzo interrogò il bambino a Prato e impose agli operai che dovevano fare tempio il proprio modello → nell'interno apre il carcere dell'animo sensibile che stava costruendo nella Villa, qui interpretato in altro modo → sotto la trabeazione che contorna tutti i 4 bracci della chiesa a pianta greca, nelle lesene scanalate e con capitelli floreali dà immagine all'umanità, sue due anime → quella alla sommità della candelabra con luce che tende all'alto, quella alla base della candelabra, zampe feline che tendono al basso (fregio robbiano, terracotta invetriata). Umanità chiusa nel suo carcere → le grandi volte, che rappresentano la Vergine che entra nel carcere e lo illumina, aprono al fregio superiore della trabeazione (Andrea della Robbia), indicato con frecce, come discesa della luce al centro → come nel miracolo porta splendore nel carcere buio. Lorenzo rappresenta così il riscatto dell'anima trascendente rispetto all'anima immanente → nel sonetto gli appare Simonetta non più in corpo ma solo nell'anima, speranza di vederla per sempre. Lorenzo interpreta con stessa duplicità dell'anima la città di Firenze, che plasma con addizione laurenziana → progetto urbanistico: creazione di grande strada (via Laura, ora Capponi) che collegava area costruita fino a SS. Annunziata fino alle mura, creando asse viario di natura contemplativa, immerso nel verde degli orti, in cui identificava se stesso come tramite tra i due poli. Da un lato la bellezza varia del mondo (collina di Fiesole) con luce dell'ora che passa, a vertiginosa crescita di cupole che culmina nel centro con cupola del duomo → ciò che vede anima sensibile e ciò che vede anima trascendente, che si inoltra nel crescendo → grande coro progettato dall'Alberti identifica la Vergine che riceve l'annuncio e lo spirito, nella cupola si identifica la Vergine che si innalza a presentare il figlio al mondo, luce vera di Cristo di cui Firenze attraverso Lorenzo deve farsi portatrice. Scultore più amato da Lorenzo, Benedetto da Maiano, a cui la repubblica fiorentina ordina di fare grandioso portale del salone dell'udienza di Palazzo Vecchio → collega salone dei gigli (parete) a quello dell'udienza, tribunale di giustizia della repubblica. Benedetto vi pone la figura del Battista, colui che identifica la città di cui è santo protettore → è testimone della luce (vangelo di Giovanni): circondato ai lati da due candelabri che avevano candele accese, circondato da luce vera di Cristo. Si volge a dx verso luce di Cristo, l'atteso che si fa gradare delle figure, dà struttura geometrica all'ambiente in cui le figure vivono e alle figure stesse. Queste immagini non sono immagini narrative ma presuppongono la contemplazione di queste figure che si sospendono in questa dimensione di armonia → è grande interprete della bellezza contemplativa come splendore di Dio. Fa omaggio a Lorenzo (dx) ponendolo tra coloro che assistono, accanto al Sassetti e Gentile Becchi (istruttore dei suoi bambini), segue arrivo dei suoi figli guidati da Poliziano, a cui Lorenzo tende mano. Mimesi dei particolari dei volti tutti diversi, somiglianti, e sotteso disegno che geometrizza dall'interno → volti come grandi architetture. Volto di san Giovanni Battista al centro della pala del coro di S.M. Novella che il Ghirladaio affrescò: il Battista, contemplando l'amato con occhi verso il ritrovato Gesù, inclina il volto a potente geometrizzazione interna → naso è colonna, sopracciglia archi, volto candido, ondulazioni perfettamente semicircolari nei capelli con riccioli filettati d'oro (splendido di chi riflette su di sé lo splendore divino) → far appartanere questa figura e la sua anima alla totalità. Botticelli: ragionamento laurenziano sulle 2 anime, quella sensibile e quella capace di eternità. Rifiuta la geometria interna, disegno poderoso ma donatelliano che si sottende alla grande varietà dei corpi umani → tutto il suo corpus presenta alternanza di bellezze sensibili e bellezze eterne → alternanza tra figura di Venere e di Maria. Ritratti di giovani degli anni 80, uno a Londra e uno a Washington: culmine loro freschezza giovanile, posti nella loro temporalità → contro il nero in potenza, la luce li sta attuando qui e ora, senso della freschezza del momento e inevitabile decadenza. Interpretano in modo opposto il rapporto con chi hanno di fronte, ma non osservatore, ma qualcuno che è interno a immaginazione artistica → loro amico, atteso. Londra: tutto si risolve sul piano del senso, punta gli occhi sugli occhi dell'amico e offre suo petto a lui → vuole incontrarlo sul piano dei sensi diretti. Washington: declina lo sguardo da immediata rispondenza, piuttosto la cerca indicando interno del petto → anima e cuore. A tali due immagini di bellezza corrispondono nel corpus di Botticelli la figura di Venere (Londra) e di Maria (Washington). La nascita di Venere ha svolgimento orizzontale → senso del trascorrere, Maria cerchio → situazione che non ha principio e fine, quindi eterna. Bellezza di Venere viene definita suprema ma effimera: corpo, veste, volto, occhi, pelle delicatissima, ma posta nella dimensione di transitorietà massima → sulla valva di conchiglia su cui è nata come una perla c'è Eolo (vento → transitorio) che la sospinge sulle onde mosse da brezza, spruzzi di spuma, condizione più mobile e transitoria del mondo.Venere viene ricevuta da Flora in terra, immagine della bellezza transitoria, la copre con veste di fiori, destinati a una morte inevitabile. Maria invece è posta come centro del cerchio senza principio e fine, e sotto altro cerchio aureo, che la sovrasta, splendore di Dio, dell'eternità che scende sui candidi aspetti delle carni degli angeli, della madonna e del bambino → immagine della bellezza elevatrice verso splendore senza fine attraverso il bambino che tiene in grembo, che tiene in mano melagrana aperta sui chicchi → lui è il frutto che tiene molti in se stesso: tramite verso unità eterna per molti frutti che a lui si rivolgono. Si rivolge con aria assonnata verso uno dei frutti che si rivolgono a lui → non un osservatore, ma interno alla situazione, alla famiglia → si rivolge verso il basso, verso il Giovannino (profeta Malachia: definito “angelo tuo che si pone di fronte al tuo volto e che preparerà la tua via davanti a te”). Bellezza elevatrice verso divinità → altri due grandi artisti a Firenze: Leonardo e Piero di Cosimo. Essi si allontanano molto da pensieri platonici e neoplatonici, legandosi piuttosto a pensieri che considerano la percezione come fonte, l'immaginazione come luogo di deposito delle sensazioni, e potente fondamento stoico e poco cristiano. Frase stoica di Leonardo: attribuisce alla necessità, fato, provvidenza le leggi con cui la natura partecipa della sua volontà → equivale a Zenone in Diogene, 138. Leonardo è quindi legato a fatalità della provvidenza stoica → non è quella cristiana (Dio), ma è macchina del sistema naturale. Vasari: no religione, filosofo che ha fede nella natura e nella sua macchina. Interpreta Gesù come figlio della natura mirabile, di cui lui è mirabile più alto esemplare. Leonardo parte da cognizione della temporalità della bellezza, maturata nella bottega del suo maestro Verrocchio. Confronto tra dama col mazzolino di Verrocchio e Ginevra de' Benci di Leonardo: in entrambi area di penombra sul fondo creata da riccioli della dama (stringe al proprio petto un mazzolino di fiori segno della natura in cui lei si identifica) e dal ginepro simbolo di Ginevra alle sue spalle → essere in potenza, si attua nella luce e nell'attimo temporale. In Leonardo si attua con catalettica attenzione verso minimi particolari → spine del ginepro che emergono da massa oscura in spilli splendenti, volto candido e riccioli dorati segnati capello per capello → conoscenza catalettica che ferma l'attimo in cui si manifesta la natura e sua provvidenzialità. In tale senso Gesù non è figlio di Dio, ma della natura, è mirabile come essa. Uffizi, Annunciazione fatta per chiesa di Monte uliveto: Maria alza sua sx per dire “virum non cognosco” (vangelo di Luca) → dal punto di vista naturale non posso essere madre perchè non ho avuto contatto fisico con un uomo, gesto di negazione, di dubbio. Sulla dx c'è nervoso movimento delle dita sul libro, mostrando suo disagio. Dallo sfondo e dal retro dell'angelo non compare lo spirito, ma solo calma distesa e pacificante del cielo meraviglioso con nuvole che passano, sospese, alberelli che fanno da schermo a serie di particolari che si sfocano nelle lontanze della pianura e dei montia, ntura in cui l'occhio si distende fermando infinite situazioni di luci, ombre e nebbie fino in profondità → stoico rifiuto di una nascita divina, esaltazione della natura come principio e fine di tutte le cose. Minuta descrizione delle specie del pratello su cui tutto si svolge. La figura di Gesù è bambino che cresce e attraverso i sensi impara a conoscere la natura → Madonna delle rocce: esalta sua meraviglia uguale a quella della natura che l'ha creato. Due Madonne: Madonna del Garofano (Monaco) e Madonna Benois (San Pietroburgo) → coglie Gesù nel momento della sua conoscenza sensibile: sta con tatto, olfatto e vista conoscendo i fiori. Coglie percorso di conoscenza di Gesù: nella prima ha appena visto il fiore che la madre gli pone, va per tastare con le mani, la Madonna ha sguardo di chi attende, nella seconda tiene il fiore in mano, lo porta agli occhi, ha lieve strabismo che i bambini hanno e impedisce loro di vedere ciò è troppo vicino, Maria è felice del suo apprendimento col senso. Milano, dove si trasferisce dall'82 → Vergine delle rocce (Louvre), crea confronto tra due parti che compongono l'opera: – meraviglia del bambino figlio della natura – mirabile bellezza della natura, fondo di grotte e rocce. Primo piano: esaltazione di Gesù e sua grandezza (figlio della natura) → la madre gli pone sopra mano per segnalare sua grandezza e inoltra verso di lui Giovannino (sx), desideroso di unirsi a lui, Gesù lo benedice. L'angelo indica in Giovannino colui che va verso il bambino. Natura sul fondo: a confronto della meraviglia del bambino, è architettura laurenziana ma non più intellettiva ma sensibilmente ricercata nella natura → l'occhio si dilata oltre la grotta lavorata dalla natura (acqua, vento). Seneca, lettere a Lucilio: confronto tra uomo grande e mirabile bellezza della natura → ammirazione per mistero naturale che si manifesta in uomo grande, Gesù. 2 Vergini delle rocce: questa a Parigi, l'altra a Londra → in quella di Londra non c'è angelo che indica (distinguere). Quella di Londra probabilmente non è dipinta da Leonardo, perchè lui lasciò Milano per Parigi portandosi dietro Vergine delle rocce per francescani di san Francesco Grande a Milano, che chiesero però che il contratto venisse concluso → disse ai suoi allievi milanesi di rifare l'opera completandola dei due elementi che lui non aveva dipinto, ante con angeli musicanti. Arrivato a Milano nell'82, compie capolavoro di laurenziana architettura ma naturalizzata, per Ludovico il Moro nel castello sforzesco → sala delle Assi: la concepisce come grandiosa architettura che dilata sguardo, grande struttura voltata con delle colonne che reggono la volta, ma che non ha disegno intellettivo → lo traduce in elementi naturali: alle colonne sostituisce dei tronchi, alle volte chiome intricate, varie, disegnate cataletticamente foglia per foglia, alle basi mette radici della terra, fermandone la complessità → compie un atto di ammirazione verso la capacità architettonica della natura, non basata sul disegno intellettivo ma su una percezione che scende a cogliere i minimi dettagli, fermandoli nella loro identità. Altro pittore stoico a Firenze, Pietro di Cosimo → ritratto di un musicista, Francesco degli Organi: pittura che ferma cataletticamente particolari anche meno nobili del volto, vene varicose sulla tempia, rughe, inseriti nella provvidenza naturale delle nuvole e lontananze. Milano → Ludovico il Moro: cerca di recuperare grandezza che Milano aveva avuto nel tardoimpero romano, quando divenne capitale di una parte dell'impero romano → potere politico e religioso (vescovo Ambrogio). Ludovico vuole dilatare gli spazi della Milano medievali, allargandoli architettonicamente con arte che superasse varietas precedente. Fondamentale fu arrivo di Bramante (Urbino) nella metà degli anni 80 → fa superare arte della varietas di Amadeo e Mantegazza nella certosa di Pavia: aggiunzioni di molte decorazioni sovrapposte che non permettono allo sguardo di dilatarsi nella profondità. Bramante riesce a mantenere carattere polidecorativo tipico dell'architettura lombarda, ma fa rientrare le decorazioni in un potente disegno che dilati lo sguardo nell'orizzonte e nel verticale → due architetture: – santa Maria presso san Satiro: spazio molto costipato, oltre il quale non si poteva dilatare la navata – santa Maria delle Grazie: condizionata da navata di una chiesa, di cui fu chiesto di fare area presbiteriale e coro. In entrambe Bramante riesce a dilatare le condizioni costipate della tradizione precedente. Santa Maria presso san Satiro: grande canale ottico (navata) che inoltra lo sguardo, volta a botte cassettonata che si installa su archi cadenzati, riprendendo basilica di Massenzio a Roma. Invenzione: riproporre la vera navata e vera volta a botte nel trompe-l'oeil che fa per fare il coro → non lo poteva fare perchè la chiesa non poteva andare oltre a quel punto. Fa quindi un finto coro, illusorio, che rispecchia la navata e permette di dilatare lo sguardo verso braccia della chiesa e verso grande volta. Gioco di grandi volte a botte che convergono nel centro della crociera → si apre a altro trompe-l'oeil della cupola: sintetizza i 4 voltoni nel cerchio aperto sull'eternità del cielo. Tramite l'architettura si dilata lo sguardo nell'orizzonte e in verticale. Santa Maria delle Grazie: situazione molto condizionata delle navate, da architettura che impedisce dilatazione. Inventa quindi struttura basata su cerchio → 3 grandi nicchioni dilatano verso l'orizzonte e convergono poi verso altezza e grandi archi → la smania decorativa dell'architettura lombarda è piegata a far da supporto a idea di grande rotazione Pala della chiesa di san Cassiano, ora a Vienna tagliata, tra 75 e 80: il precedente è la conversazione di san Giobbe di Bellini per forma e colore, che colgono tenerezza dell'attimo in cui le figure vivono, attimo di piacere nel ritrovarsi amici nella luce dell'ora che passa portando beatitudine naturale, e quindi beatitudine eterna. Disposizione fortemente contemplativa alle figure e alla loro mimica che appare più distesa nelle lontananze o nella loro quieta contemplazione delle figure o della scrittura. 3 pittori e uno scultore che iniziano negli anni 80 e hanno grande dilatazione degli spazi proposta dal Coducci e interpretata dal Bellini: Cima da Conegliano, Vìttore Carpaccio, Bartolomeo Montagna, Tullio Lombardo (scultore). Cima da Conegliano, opera iniziale ora nel museo civico di Vicenza: spazi dilatati, toni preziosi nelle vesti, delle spigolature delle vesti e composozione con idea meravigliosa di un pergolato sopra la figura di Gesù e la Madonna che è allusiva a Gesù come vite con tralci e con questo bellissimo canale ottico che il pergolato fa sia verso il trono di Maria che verso il paesaggio lontano, forme taglienti delle vesti che nelle opere mature del 500 scompaiono a favore di grandiosa immersione in natura sovrabbondante, prioritaria rispetto alle figure, in cui le figure si dilatano e dilatano loro gesti e occhi sospesi, porsi incerto, non fermo sull'architettura del paesaggio, luce dell’ora che passa, nuvole, e le figure che si distendono in questi spazi allargati dilatandosi e perdendo una forte presa sul terreno ma disponendosi largamente e quasi senza tensione su quelli spazi. → Madonna dell'arancio (accademia di Venezia). Vìttore Carpaccio: uno dei maggiori interpreti dei telèri per le scuole di Venezia, che erano centri culturali-caritatevoli annessi alle strutture più importanti della città. Salvator mundi: la pittura di Bellini di forma-colore è molto presente, ma viene costretta a lieve disegno geometrico, non sotteso alle forme ma esternamente le ordina. Segno del triangolo: rende la figurazione più geometricamente irrigidita rispetto a Bellini. Telèro della scuola di sant'Orsola: riferimento all'architettura del Coducci nelle strutture di candida pietra, aeree e aperte orizzontalmente → usate per creare grande prospettiva verso chiesa centrale, dimostrando di aver conosciuto la consegna delle chiavi del Perugino, traducendola in ottica di forte forma-colore, ma addomesticata da forme geometriche. La geometria che inqadra i vari gesti fa sì che subito si passi da una fase più narrativa ad una più contemplativa anche perchè i gesti si fermano nel loro movimento. Bartolomeo Montagna, che nasce nell'area vicentina, pala nel museo civico di Vicenza: più che da Bellini dipende da Bartolomeo Vivarini del tempo della varietas → pieghe delle vesti del Battista sulla dx articolate, taglienti (si riconoscono nella Maddalena sulla sx), carattere artificioso del corpo umano con colori smaltati, ampia contemplazione degli spazi privando i gesti di quelle accentuazioni analitiche e narrative del suo maestro e insistendo molto su uno scavo profondo delle figure in questa loro identità preziosa di vesti. C'è riflesso di ciò che sta accadendo a Milano con Leonardo → la base sotto la figura di Gesù steso sul prato ha roccia penetrata da radici che si diramano su irregolare superficie → richiamo a formazioni sotterranee della sala delle Assi. Madonna con bambino del museo di Belluno: anche nel dipingere la figura umana o il bellissimo panno bianco della Madonna ha questa attenzione a scavare nella profondità delle ombre. Tullio Lombardo: grande scultore che decisamente si ispira alle figure così ampie e distese nella loro bellezza di Giovanni Bellini grazie all’inserimento negli spazi ampi e dilatati trovati dal Coducci. Riferimento al san Sebastiano della pala di san Giobbe, contrario a ogni forma di dolore, unità di forma-colore che dà unità di struttura e di superficie al corpo → Adamo che fa per la sommità della tomba di Andrea Vendramin nella chiesa domenicana di san Giovanni e Paolo: analogia plastica della dilatata forma-colore nella luce che passa di Bellini, inconsistenza della struttura, simbiosi di essa con superficie, che genera tenerezza e immersioni delle variabili luci che c'erano in chiesa (ora a Washington, perdendo questa condizione). Conosce Leonardo e il Verrocchio e il Giorgione: concepire figure con grandi caschi di capelli ricci, che creano masse morbide e mosse rispetto alla lucentezza dolce e continua degli incarnati e del volto. Soldato che era nella stessa tomba, Bacco con edera in testa e Arianna che appoggia testa sui riccioli di lui → plastica di forma-colore che ricorda quella di Benedetto da Maiano per dilatazione delle figure, ma manca del disegno sottocutaneo, c'è intrensicità tra struttura e superficie. A Venezia c'è evoluzione figurativa e di dilatazione della scultura rispetto a scultore che aveva dominato età della varietas, Antonio Rizzo. Virtù nel monumento Tron nell'area absidale di santa Maria Gloriosa dei Frari: confronto tra testa, collo, capigliatura con dilatazioni del corpo e delle chiome di prima → si passa da varietas che esalta i particolari e le contrazioni della veste, corpo e viso per suscitare interesse di chi osserva, a contemplazione che dilata sguardo e animo. È figura di bellezza preziosa, in cui marmo è assimilato a pietra preziosa, si inserisce in monumento concepito in modo opposto rispetto a come erano concepite le architetture del Coducci → non per dilatare e inoltrare lo sguardo ma per crescere in altezza proponendo situazioni esteticamente diverse che si impongono su chi osserva e su suo occhio. Città che era stata protagonista della varietas, Ferrara. Borso d'Este è grande marchese che dominò la città al tempo del Tura e del Cossa, artisti con varietas come contrazione e preziosità. Successore Ercole d'Este, anni 80-90 → varietas superata su piano pittorico e architettonico, attraverso due figure: in architettura Biagio Rossetti, in pittura Ercole de Roberti. Anche Ercole d'Este è interprete di aggiunzione di area che contrappone alla stretta città vecchia un'area di grandi prospettive → nell'area oltre il limite della città antica a partire dal castello estense. Vengono creati grandi assi viari che formano scacchiere di rette, che crea dilatazione spaziale: assi in cui sguardo si dilata in situazioni che non hanno più costrizione del negotium della città vecchia, ma otium, pace, palazzi che si distendono nell'orizzonte, muri che chiudono giardini. Luce di Ferrara con spesso lievi nebbioline che attutiscono senso della attività, a favore di quieta contemplazione. Capolavoro di architettura civile di Biagio Rossetti, palazzo dei Diamanti: si inserisce perfettamente nell'urbanistica creata da Ercole, posta nell'incrocio centrale dell'addizione, si distende creando struttura che accompagna contemplazione orizzontale, invitata dall'interno attraverso grandiose finestre dell'unico piano nobile e terrazzino sull'angolo per permettere all'occhio di girare e dilatare negli orizzonti. Ulteriore dilatazione verso elementi più trascendenti: uso del bianco, che rimanda a temi assoluti, e miriade di piramidi che coprono la superficie creando struttura geometrica su cui luce dell'ora si rivela nella sua transitorietà, e riferimento a natura eterna dei prismi. Due chiese che Biagio Rossetti fa: san Francesco iniziata nel 94 e santa Maria in Vado nel 95. San Francesco: nella navata e nel presbiterio fa continuo di colonne e archi, anche nella controfacciata → dare senso di proseguimento degli archi, struttura fatta per essere attraversata e perchè l'occhio si dilati. Navate laterali a cui le colonne introducono: sono punto di passaggio perchè lo sguardo si dilati nelle profondissime cappelle corrispondenti a ogni campata da cui entra luce, ora che passa. Invito a dilatazione orizzontale. Volte a cupola, dove la luce transitoria delle cappelle perde senso di transitorietà e si ferma in dimensione in cui non cambia, come non cambia forma circolare delle cupole. Le cupole richiamano alla navata centrale con motivo circolare delle campate con forme che alludono a eternità, ribadita da finestroni circolari che dominano facciata. Doppia dilatazione nella temporalità e nell'eternità c'è anche nella chiesa di S.M. in Vado: idea delle navate laterali è evoluta → doppio colonnato da cui si ergono volte a vela, in modo da dare idea delle navate di strutture aperte da entrambi i lati, uno verso navate e uno a livello immaginativo verso esterno. Struttura quindi sospesa tra due grandi aperture orizzontali, che permette dilatazione dell'occhio a dx e sx, orizzontale. Basi parallelepipede delle colonne molto alte: bellezza accentuata da senso della luce che si ferma su pietre bianche, creando effetti di bellezza transitoria → richiamano a luce superiore e eternità. La pittura da contrazione degli spazi e interna sproporzione per incuriosire come pala Rovarella di Tura e santi del polittico Griffoni del Cossa passa a allievo del Cossa, Ercole de Roberti. Pala Portuense dei primi anni 80: adotta idea di Biagio Rossetti di loggia aperta sui 4 lati, creando struttura nello spazio dilatato, in cui pone trono elevato per permettere all'occhio di attraversarlo e distendersi verso orizzonte con Gerusalemme, meta per bambino in quanto re, cielo e nuvole. Le figure distendono loro corpi, immersi nella luce laterale, sono sospese e fermano i loro gesti offrendosi a contemplazione della loro bellezza. Altri due artisti a Ferrara e Bologna tra 400 e 500: partono da dilatazione e la uniscono a influenza del Perugino. Lorenzo Costa, allievo di Ercole, in opera iniziale riprende tema di Ercole di architetture che dilatano verso orizzonte e si alzano per permettere contemplazione del paesaggio, ma addolcimento dei volti, incarnati, paesaggio, arrotondamento di figure e pieghe delle vesti, con influenza del Perugino. Per studioso di Isabella d'Este con episodio dell'Eneide: dilatazione nell'orizzonte, dolcezza, abbraccia pittura del Perugino, priva di disegno, solo senso e superficie e dolcezza della bellezza transitoria, ridurre la varietà delle figure a favore di una semplificazione e immergerle nella dilatazione di questo paesaggio in cui tutto viene a sospendersi rispetto all’azione. Stesso percorso del Francia (Bologna), che riprende architettura che dilata di Roberti, pala per san Giacomo Maggiore con Madonna col bambino: teste con grandi riccioli che attualizzano i volti che comprendono (ha compreso esempio di Leonardo), grande dolcezza priva di disegno, solo senso (Perugino). Siena: a fine 400 c'è Francesco di Giorgio Martini, pittura, scultura e architettura. Superamento della varietas senese, semplificazione, allievo del Vecchietta (legato a arte tardoantica, forme sintetiche, grandi occhi) → pala della pinacoteca di Siena con Incoronazione della Vergine: rifiuto di contrazione, invece dilatazione nello spazio dell'occhio, teatro anatomico che si alza intorno a figura centrale su nuvoletta sostenuta da 4 angeli con padre e figlio che incoronano la Vergine. Potente centro che si impone e si eleva con intorno anfiteatro di figure che osservano. Dilatazione spaziale: figure che si muovono libere, dilatate, bellezza sciolta, capelli liberi che ricordano quelli di Botticelli. Plastica bronzea dell'ultimo 400, serie di angeli per altar maggiore del duomo di Siena, angelo porta cera: apertura allo spazio, dilatazione per chi guarda → figura sciolta, volto aperto, grandi ciocche dei capelli mosse dal vento del movimento che sta liberamente compiendo. Ciò dipende da plastica fortemente donatelliana (panno bagnato che mostra nudità del corpo) del maestro Vecchietta (Battista degli anni 70) ma li priva di abbreviazione e contrazione dolorosa e catalettica attenzione ai particolari per maggiore abbandono a bellezza e suo fluire. Inizio 500: uno dei momenti apicali della civiltà artistica italiana → evoluzione dei pensieri Vasari la commenta → negotium che impedisce a chi guarda di distendersi nella bellezza quieta che al ciel vivo conduce. Fatto percorso di conoscenza di ciò che è ostile alla bellezza, Michelangelo arriva a supremo capolavoro della volta della Sistina e delle figure di base che raffigurano genealogia di Gesù, sopra finestre e sopra papi. La Sistina è struttura in cui, partendo da fondo, si sovrappongono diversi tipi di pittura: – pittura di pittura → storie della Genesi sul fondo – pittura di architettura → struttura architettonica che tutto sorregge – pittura di scultura → a bassorilievo nei medaglioni bronzei, e rilievo pieno nei fanciulli – pittura di natura bella → giovani che sorreggono i medaglioni – pittura di natura infusa di spirito. Michelangelo crea infatti una scala di immaginazioni, presa dal Ficino, in base a pensieri platonici su progressivo farsi interiore dell'immaginazione esteriore. Sonetto 44: la bellezza che vide coi sensi, prima percezione che si ha delle cose, progressivamente decade, scompare rispetto a altra immagine della figura veduta, che è più interiore → processo conoscitivo di progressive interiorizzazioni. Michelangelo fa grandiosa struttura mettendo pitture di arti diverse, quelle che lui pratica → dispone le arti nella volta nello stesso ordine del giudizio che lui diceva di esse: – la pittura è arte che meno gradiva, perchè essendo legata al colore era più legata al senso e alla percezione – l'architettura va verso grado più profondo, la definisce “arte pratica”, legata al negotium – scultura, che dichiara essere “la prima arte” → ma vi distingue due gradi (Lettera di Michelangelo): bassorilievo va verso pittura, mentre il rilievo va verso architettura. Al vertice della scala pone prima i giovani e poi i profeti: giovani reggono medaglioni, che sono sopra la scultura, vengono verso di noi → non sono più pittura di scultura, essendo corpi sono pittura di natura bella. Sopra di essi i profeti, che non sono natura bella (vecchi) ma natura infusa di spirito (profeti) → vertice della scala, in cui avviene generazione spirituale nel bene → accompagna i profeti, guidati dallo spirito, dei fanciulli interessati al loro insegnamento. Riflesso del Simposio 208-210: immagine di coloro che cercano il bello nel bene, quindi lo cercano spiritualmente, diffondendo loro sapere attraverso docenza. Fuori dalla scala mette gli antenati di Cristo, progenitori, posti sopra le finestre sulle pareti, no soffitto, mesti e tristi → 208: i bambini sono la creazione dei sapienti, apprendono con gioia, mentre quelli tristi lo sono di chi è legato al corpo. Nel progetto della tomba di Giulio II doveva essere posta sotto luce del vano della cupola → Michelangelo pone prigioni che si tendono verso la luce, figure in cui risuona sonetto 38. Schiavo morente: bellezza plastica, struttura potente che regge la figura e dà senso alla sua carne, nel momento in cui si sta liberando da legami che la stringono nella morte, e nella bellezza che scende dall'alto → diventa mezzo attraverso la cui bellezza saliamo a quell'alto. A Firenze si formano Leonardo e Raffaello che invece tendono alla procreazione nel bello attraverso il senso → ricercano arte espressiva del bene sensibile. Dopo primo momento milanese, Leonardo tra 1501 e 1505 torna a Firenze per aiutare suo allievo Rustici a fondere gruppo di una porta nel battistero. In questi anni fa Madonna col Bambino e sant'Anna per i Servi e forse la Gioconda. Dal 5 al 15 è a Milano, poi fino al 17 a Parigi, dove muore. Da stoico esalta amore sensibile della natura, che per lui induce al bene e alla bontà. Fa affresco della battaglia di Anghiari per Salone dei 500 a Palazzo Vecchio, che conosciamo da disegno di Rubens → Del Bravo individua due diversi modi di interpretare lo scontro seguendo Seneca nelle lettere a Lucilio: – soldati esprimono con loro corazze, armi e scudi e volti l'aspetto dei potenti iracondi con apparato esteriore, attraverso apparenza della loro grandezza → violenza che la natura, depositaria del bene, interpretata dai cavalli, non capisce – cavalli con occhi non violenti, ma quasi spauriti e intimoriti dal male della rabbia dei potenti. Questo affresco dice che il mondo non è dei cattivi, ma dei buoni → Gioconda: è colei che partorisce nel bene. Immagine di serenità e pace nello sguardo, che consegue al fatto che lei lo ha disteso nel meraviglioso paesaggio alle sue spalle. È su una loggetta di cui si vedono basi delle colonnine che la sorreggono, coglie il fluire della natura, attraverso acqua che scorre e poi torna sui monti sottoforma di pioggia. Mentre contemplava viene sorpresa da figura verso cui si volge, e vista la confidenza che mostra è suo marito → la incontra mentre è incinta, pancia gonfia, si volge verso di lui soddisfatta di ciò → i due si inseriscono nel bene del loro amore attraverso circolo naturale. Per Leonardo Gesù è uomo della provvidenza stoica perchè è meraviglioso figlio della natura → Madonna col bambino e sant'Anna per Servi di Firenze: paesaggio meraviglioso che esprime trascorrenza della vita e generazioni che si succedono, posti come usciti dal sesso dell'altra, nel grembo, nonna mamma e bambino, che cerca di cavalcare l'agnello non come immagine futura di sé ma come giocattolo. Cartone con santa Elisabetta e il Battista: il bambino, figlio della natura, è amato dall'amante e lo benedice, perchè è il redentore, dito di Elisabetta verso il cielo che indica Provvidenza, inserimento nella macchina naturale. Capolavoro tardo di Leonardo, san Giovannino: nel tempo e nell'ora che passa si attualizza la figura nel momento in cui incontra l'atteso e l'amato, a cui volge sguardo di intesa lieta e serena, e con la sx indica essere nel profondo del suo cuore, e con la dx indica cielo, volontà della Provvidenza che li ha fatti incontrare. Leonardo e Raffaello hanno due visioni del mondo e forme di arte opposte: – Leonardo è legato al pensiero stoico – Raffaello è legato al pensiero epicureo. Raffaello Sanzio da Urbino è “uomo della grazia e della dolcezza”, definizione del Vasari, per sua umanità e sua pittura → è avverso alla provvidenzialità stoica, vicino al pensiero epicureo, trovare calma interiore nella contemplazione della natura e anche delle visioni dei pazzi o quelle avute in sogno (Diogene, 32) che non sono pericolosi fantasmi come per gli stoici, ma verità → attraverso natura e immaginazione dell'uomo. Arte che esalta felicità e piacere che deriva dall'essere nel mondo. Raffaello è allievo del Perugino, da cui apprese il disegno dei nudi. Confronto di Apollo del Perugino con Cristo che Raffaello fa a inizio attività, ora a Brescia: dipendenza da struttura e colore di Epicuro, assenza di struttura interna ma simbiosi tra corpo interno e superficie. Cristo: quiete, calma epicurea nei gesti, atarassìa, contemplazione che implica distensione morbida del corpo e senso di piacere, pace interiore → anche se ci sono ferite, volto con pace e quiete con cui si rivolge verso chi è davanti. Benedice (dire bene) → si propone come bene che si diffonde nelle persone che gli si uniscono, offre se stesso. Arriva a Firenze nel 1504 → nelle opere inserisce pensiero su bontà della generazione, amore reciproco che genera i figli, Gesù come figlio della natura pieno di grazia e dolcezza. La Gravida, Pitti: giovane donna in avanzato stato di gravidanza: le dà estrema positività che si manifesta nella profonda quiete del suo porsi, pace e piacere che traspira da volto disteso, offrirsi a chi gli è di fronte, in rapporto di sincera amicizia. Raffaello individua nella bellezza qualcosa che si manifesta nell'attimo → nero sul fondo indica dimensione in potenza che si attualizza grazie alla luce, hic et nunc, nel suo trascorrere. Infinito intrecciarsi di filo di ferro e di oro della retina che le tiene i capelli. Ritratto dei coniugi Doni, Agnolo e Maddalena: hanno paesaggio diverso dietro, scorrere delle nuvole e dalla luce diversa, per dare idea di due persone che si guardano da due punti diversi → elogio dell'unione coniugale, positività di questo incontro che genererà nuova vita e nuova bellezza, da loro occhi traspare senso di pace e pienezza, caratteri distesi del volto, quiete distesa del gesto e del corpo, grazia e dolcezza. Coglie non solo immersione nella natura ma anche frutto dell'immaginazione dell'uomo → acconciature dei capelli e vesti: distingue le materie diverse, raso, pelle, nuvole, ciocche di capelli → ne coglie struttura e colore ma intuitivamente colti nella loro intrinseca unione. Capelli, soprattutto quelli che si staccano dalla massa per isolarsi nel cielo e contro lo scorrere delle nuvole, bellezza di queste pelli ma anche nell'artificio delle sete che vibrano nella luce e quello straordinario velo che accompagna il giro delle spalle. La figura di Gesù rappresenta immagine di beatitudine: è figlio della natura ma soprattutto figura di immensa grazia e dolcezza. Due Madonne in serie, Inghilterra e Berlino: esalta in Gesù quiete con cui conosce il mondo attraverso i sensi, la stessa con cui Maria educa il bimbo → vista olfatto e tatto su garofani (Inghilterra) e gusto perchè cerca poppa della mamma, non interessandosi del fatto che sta leggendo, la disturba con suo desiderio, la mamma acconsente sorridente (Berlino, Madonna colonna). Madonna del Cardellino: Gesù interpreta grazia e dolcezza di Raffaello → grazia: pur figlio della natura è superiore perchè è in grado di leggere testo che la mamma porge, dolcezza: acconsente verso Giovanni che lo incalza presentandogli cardellino, disturbandolo da lettura, verso cui lui si volge con dolcezza per non offenderlo. Conoscenza attraverso i sensi è data dal particolare dal piedino di lui che schiaccia il piede della mamma e ne cerca il contatto come fanno i bambini quando vogliono rassicurarsi di una presenza. Paesaggio di immensa bellezza in cui sono immersi, quiete interiore → esalta lo scorrere della natura, nuvole e acqua sotto il ponte e va lontano, chiome sospese. Accanto alla contemplazione della natura c'è contemplazione dell'artificio dell'uomo, che trova culmine nella manica di raso della Velata: quiete, calma epicurea, contemplazione di un artificio umano → ne coglie struttura e colore intrinseci, diversità delle stoffe e dei toni, complessità, immersione contemplativa. Sfondo scuro e figura nella luce → temporalità dell'attimo colto. Figura di levigata dolcezza e offerta di sé come dice mano sul petto a chi gli sta di fronte, amico. Attenzione verso immaginazione dell'uomo viene portata a compimento a Roma, decennio prima della morte (20), dove diventa il grande interprete del papato di Giulio II e Leone X, come dimostra la prima delle stanze che egli affresca che è la stanza della Segnatura → vi applica attività immaginative per epicurei: poesia nel Parnaso, filosofia nella Scuola di Atene, la disputa sulle diverse religioni nella Disputa sul sacramento eucaristico. In tutte e 3 applica quiete, sospensione da accelerazione dei gesti, distensione dei corpi in interiore sentimento di piacere. Scuola di Atene: filosofi sono tutti raccolti e si riconoscono Aristotele, Platone, Epicuro, Zenone stoico. Apice di cultura dal punto di vista del documento storiografico → dopo un secolo di ricerche l'uomo è arrivato a consocere tutto il pensato dall'antichità, e a riunirlo in sistema unitario che bisogna conoscere per potersi definire uomini → Raffaello riunisce pensieri anche opposti, che però convivono in gioco di sguardi, domande a risposte che si pongono coi gesti, in pace come amici riuniti in san Pietro che si stava ricostruendo con Firenze, Galleria Palatina, 3 età dell'uomo: tema della musica, in cui 3 età diverse si rivolgono verso foglio che contiene note → giovane lo guardo, adulto gliela indica, il vecchio guarda fuori, oltre ciò che unisce gli altri due. Circuito di età, innescando processo per cui giovane diventerà adulto, l'adulto diventerà vecchio, entrata e uscita dalla vita. Compaiono nell'attimo che le ferma nel loro trascorrere. Bellezza dell'attimo della saetta che scocca nel cielo → coglie la bellezza che si manifesta momentanea delle foglie dell'albero colpite da ultimo raggio di sole contro oscuro incombere della tempesta lontana, e senso di attimalità dello splendere della luce, per un attimo, prima di essere ingoiata nel buio è quella saetta che è proprio immagine dell'attimo. Tempesta: tutto parla della trascorrenza → fiume che scorre, vita dell'uomo è come ponte che attraversa lo scorrere del fiume, rudere e edificio in costruzione, divenire della natura che si ha nella mamma col bambino, accompagnata da sguardo del viandante con bastone che vede la scena in quell'attimo. Situazione opposta in Andrea del Sarto, fiorentino, che rappresenta la verità cristiana che si impone sul tempo → contenuto e modo di dipingere. Annunciazione per chiesa agostiniana, scomparsa con assedio di Firenze del 1530, convento di Sangallo: pone immagine della transitorietà umana e naturale sul fondo, nuvola che passa, immagine delle scale e della loggia come immagine del passaggio, rudere come passaggio che si sgretola, figure che hanno sguardi volatili sulla terrazza sopra loggia. A tale transitorietà si contrappone il primo piano: la Madonna accetta richiesta dell'angelo, scende lo spirito e gli angeli gioiscono, ammirazione per ciò che lei ha fatto. Gioco di contrapposizioni lo fa anche altre volte → Madonna delle arpie, 1517: pone la Madonna sopra la transitorietà, basamento che con le arpie rappresenta la ferinità transitoria en uvole di fumo che si alzano alle spalle della Madonna. Sulla transitorietà si impone la fede cristiana della Madonna col bambino e san Francesco e san Giovanni evangelista, ricerca di pose e figurazioni fortemente naturali, senza sforzo, senza errore, senza accentuazioni in modo tale da creare volti ugualmente puri come quelli con cui il pittore guarda la natura e la bellezza. A questo gioco di contrapposizioni corrisponde forma artistica che il Vasari definisce pittura semplice e pura, senza errori, naturale → ciò corrisponde a ciò che il Savonarola (pensieri che continuano a Firenze anche nei primi decenni del 500) dice per esprimere condizioni interiori: essere semplice come condizione di chi è atto alle illuminazioni e consolazioni divine, puro di chi è purgato da affetti terreni, individualisti → dice che gli affetti terreni sono quelli che vengono all'uomo per artificio e sforzo, anziché naturalmente, ovvero da Dio immediati, e generano pittura naturale senza sforzo → di Andrea del Sarto: vede mondo come illuminazione divina, cogliendo tracce di Dio nella natura dei corpi, dei volti. Volti dei santi: naturalezza, purezza e semplicità. Contemplazione profonda di Andrea e trasmissione di ciò attraverso arte pittorica → Ritratto, Londra: Del Bravo interpreta ciò che l'uomo tiene sul ventre con forte gesto delle mani non come libro ma come parallelepipedo bianco, di marmo → simbolo della stabilità e della certezza, fermezza eterna → lo tiene lì per contemplarlo, testa che prima vi era rivolta, ma si rivolge ora verso l'esterno, per trasmettere all'esterno la fermezza eterna che stava contemplando, breve attimo in cui la testa è girata, tempo più lungo della contemplazione. La sua pittura è profonda contemplazione nella natura del segno divino, che rende attraverso semplicità e purezza, che Del Bravo riscontra anche in San Giovanni Battista della pala Gambassi: sguardo apprensivo e dolce che rivolge per un attimo all'esterno, cerca qualcuno a cui trasmettere ciò che vede, Gesù, per tornare poi al centro a contemplare ciò che più ama. Altro pittore fiorentino, domenicano del convento di san Marco, è Fra Bartolomeo → 1508- 10 per san Marco: riflesso della semplicità e bellezza interiore, fa figure che non mostrano artificio e sforzo, ma solo naturalezza e semplicità. Il pittore pone nello scalino “orate pro pictore”, invito a pregare perchè abbia disposizione a accogliere illuminazioni divine attraverso la contemplazione della semplicità naturale. Generazione del 1490-95: artisti che si formano su Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Andrea del Sarto e Giorgione → Manierismo: parola inesistente in quegli anni, deriva da parola “maniera” del Vasari, nasce per definire forme espressive di abbreviazione, allungamenti, contrazioni rispetto al classicismo dei maestri → diventano espressione di un mondo che stava aprendo suoi confini ad altri mondi, stava perdendo unità cattolica con nascita di altre fedi cristiane e stava cambiando connotati nelle strutture degli stati → forme più irregolari con cui questi artisti modificano quelle dei loro maestri, espressive di disagio psicologico → “antirinascimento”: cultura che si sovrappone antiteticamente al mondo precedente. Questa stagion interpreta un'arte più contemplativa, quella dell'unitas, e una più narrativa, quella dei manieristi. Il manierismo nasce da interpretazione del termine maniera usato dal Vasari, che la usa in due accezioni: – per intendere che un artista iniziò alla maniera di (Raffaello alla maniera di Perugino ecc) – per indicare il tempo a lui contemporaneo, la maniera moderna → non indicava un movimento, ma situazioni temporali, quindi meglio usare categorie umanistiche della varietas e dell'unitas, che per il Savonarola sono pittura di artificio e sforzo, che non parte dalla natura ma da essi, e pittura naturale. Concetto di artificio: il 500 è il secolo in cui molto si parla di ciò, grado sforzato dell'arte rispetto alla natura. Nel 1545 testo di Benedetto Varchi, poligrafo fiorentino, sulla maggioranza delle arti → invia agli artisti in vista di Firenze una domanda: qual è l'arte più importante? Discorso sulla scala immaginativa, vertice che ogni artista pone → molti partono da Michelangelo ponendo natura al vertice, altri l'artificio. Firenze, generazione anni 90: Rosso Fiorentino e Pontormo, entrambi nati da fucina di Andrea del Sarto, ma tesi a variare l'unitas con artificio e sforzo, ma con significati diversi: – Pontormo: caratteri scettici di chi vuole rispettare la verità dell'impressione momentanea ricevuta dalle cose – Rosso: caratteri dell'artificio come idea sublime rispetto alla natura, grado massimo della sua scala immaginativa. Pontormo: 25, santa Felicita → varia la quiete, pace, armonia e semplicità e purezza del maestro → introdue sua figura nel giovane biondo che si affaccia con grandi occhi a osservare ciò che si svolge davanti a sé → arte come ciò che l'artista vede, come lo vede, secondo propria soggettività → è espressione di un attimo. Contenuto: dà senso dell'attimo attraverso nuvola transitoria che passa nel cielo, e per individuare ora precisa in cui si svolge trasporto nel sepolcro, ovvero dopo grande chiusura del cielo avuta dopo la Crocifissione, che ora si sta sciogliendo, riportando il sereno. Stessa dinamica di passaggio del cielo nei corpi e atteggiamenti delle figure → negli occhi degli angeli e della Madonna c'è arrossamento di chi ha pianto molto, ma non ha più lacrime, nella Madonna c'è lieve momento di passaggio dalla coscienza a sonno a cui sembra abbandonarsi → attento a dinamica interiore dell'uomo: dopo aver sofferto terribilmente subentra sonno, quiete → quindi anche qui passaggio da disperazione a riposo. Pontormo vede le figure con forme che si allungano, si distendono, che alterano loro semplicità naturale, così come i colori → trascolorare continuo, non c'è cromia costante, cambiano in continuazione anche nello stesso punto della stoffa o dei corpi ha dato a queste figure un inconsistenza terrena, la mancanza di ogni ordine prospettico, un loro costruirsi a grappolo e ha dato alla figure la mancanza di proporzione allungando alcune parti dei corpi e abbreviandone altre. Questi sono tipici elementi dello scetticismo: Diogene 81, 82 → immaginazione di chi coglie l'attimo in continuo divenire, accetta ciò che l'occhio vede senza correggerlo con geometria, si affida a verità della percezione. Le sue tipiche figure allungate si ritrovano anche nei suoi disegni: li fa sempre da stesso modello, uomo longilineo, rappresentato con deformazioni in un verso o in un altro, come alterato nella percezione. Del Bravo pensò che tali alterazioni fossero caratteri del modello longilinei e esili, e vedersi riflesso su uno specchio (Pirrone) → specchi piani di cristallo erano rari, si pensa che il Pontormo nel suo studio avesse lastre di metallo lucidate, che teneva alle pareti e divenivano bombate → deformazioni. Del Bravo trucca un disegno inserendoci tavoletta, che corrisponde perfettamente alla posa della mano che impugna la matita, figura (Pontormo) che guarda dall'altra parte con occhio attento, verso superficie specchiante che lo riflette, alterato in allungamento o abbreviazione. Accetta quindi la percezione attimale che coglie, non correggendola con artificio prospettico, che nega libertà dell'occhio di cogliere il trascorrere delle cose → scettico. Vasari dice di lui che non aveva fermezza, da scettico vedere il trascorrere delle cose, continuo divenire. Ciò è confermato da varietas di stili che usa nei vari momenti della sua vita → 17, san michele Visdòmini, Pala Pucci: insegnamento di semplicità e purezza del maestro è mescolato a senso dell'attimale divenire dalla oscurità alla luce della pittura di Leonardo e lieve alterazione delle proporzioni delle figure. Vertumno e Pomona nella lunetta del salone della villa a Poggio a Caiano, 20: nella figure di nudi dei giovani allude a pittura della volta Sistina di Michelangelo, traducendoli con sentire naturale, non più sintesi superiore. Si ritira poi nella certosa di Firenze per peste, nei pannelli della Passione per chiostro centrale passa senza fermezza verso pittura tedesca di Durer: grandiose vesti che coprono morfologia e naturalezza dei corpi. La pittura di Rosso Fiorentino ha caratteri diversi → Assunta, molto ritoccata nel 600, chiostro di voti, anteposto a ingresso della SS. Annunziata: altera anche lui purezza e semplicità della pittura di Andrea del Sarto, introducendo scala immaginativa → pone pittura di pittura sul fondo, lontana, a crescere verso di noi la pittura di architettura (arco che fa da cornice e si sovrappone alla narrazione), particolare del debordare del mantello dell'apostolo sia su pittura di pittura che di architettura → dichiara che ciò che ha rappresentato è artificio, ponendo quindi grado dell'artificio al vertice della scala → l'artificio diventa il vertice dell'arte. Deposizione dalla Croce, 25, per altar maggiore della cappella della Croce nella chiesa di san Francesco a Volterra: palesa il suo artificio riferendosi a arte che aveva intorno nella cappella, di un pittore del 1410 su stilemi giotteschi → aspetto fortemente artificioso che richiama la pittura giottesca piena di scheggiature che investono le vesti, gli incarnati e pone tutto sotto cielo oltremarino che non è naturale ma è uno di quelli 300eschi, un cielo astratto, artificioso, dichiarazione dell'artificio della sua immaginazione. Tra 24 e 27 è a Roma, da cui fugge poi per il sacco → capolavoro grafico, messo in opera da grafico romano, Caraglio, che rappresenta figure degli dei. Apollo: immagine come bronzetto, saldezza del corpo, aspetto quasi bronzeo dei riccioli (sembrano lavorati nel bronzo) che si stagliano, rilucere metallico del carro → immagine artificiosa di un Il Tribolo è vicino a Michelangelo anche nella risposta che dette al Varchi nel 45: la scultura deve essere naturale, rappresentando per chi non vede il modo di conoscere la natura attraverso il tatto → segue il vertice michelangiolesco della natura infusa di spirito. Volto di giovane aperto totalmente a luce che scende dall'alto e riempie suo animo → Rima 38 di Michelangelo. Rapporto con schiavo di Michelangelo, stessa concezione dell'arte. Michelangelo infatti lo incarica di eseguire opere per sacrestia nuova che lascia andando a Roma. Varchi coinvolge il Tribolo nella sua opera “Della bellezza e della grazia”, in cui distingue tra bellezza come determinata dalla geometria, artificio, e bellezza che va oltre la geometria → la grazia è immagine di bontà, che coglie senza geometria, colta dagli uomini buoni portati alla contemplazione. Putti delle fontane di cui Tribolo fu ideatore a Castello, alla Petraia, a Palazzo Pitti: grazia di bontà e spiritualità, che si manifesta nell'innocenza propria dei bimbi, che sovrastanno a ferinità delle zampe unghiate. San Giacomo di Jacopo Sansovino: imponente, ultimo pilastro sx di S.M. Del Fiore. Egli si forma con Andrea Sansovino, favorisce il 2° Michelangelo ma guarda soprattutto a Donatello, da cui apprende senso di un disegno che come l'anima spinge da dentro, plasmando e dilatando le forme. San Giacomo Maggiore nel duomo di Firenze: forza interna che preme, giovane di grande forza e vigore, definito da veste aperta sul petto, sopra cui fiorisce giovane volto, che si volge come san Marco di Donatello verso qualcuno che riconosce come amico. Nel 17 va a Roma, altro san Giacomo per la chiesa di santa Maria del Monserrato: aumenta senso di pressione interna che dilata le forme a solida virilità, volgersi a incontrare un amico che attende. Sansovino lasciò Firenze nel 17 per dissidio con Michelangelo, che non lo scelse per eseguire opere per facciata di san Lorenzo, nicchie con sculture. Rimane a Roma fino al 24, quando va a Venezia, dove rimane fino agli anni 70 quando muore, diventando uno dei protagonisti della cultura veneziana, insieme a Tiziano e Aretino. A Firenze si capisce dissidio con Michelangelo attraverso il Bacco che anche il Sansovino eseguì, stessa sala di quello di Michelangelo al Bargello. Confronto, differenze: – figura del Bacco → rifiuta identità ambigua tra uomo e donna che Michelangelo aveva dato per togliere valore contemplativo della bellezza, invece sceglie giovane modello e prese posa dal basso → esaltazione della natura giovane, fresca e premuta e resa evidente dall'interno – gesto → no ebbro e instupidito dal bere, no volontà sessuale del satiro che lo accompagna (elementi ostili alla contemplazione), ma fa gesto di offrire vino a suo padre Zeus, divinità – sguardo → grande sorriso di intesa con la divinità. Intesa con la divinità sottolineata da sèrto di edera che ha in capo, che esprime unione → edera significa anche “dove m'attacco muoio”, quindi indica unione tra due persone, tra uomo e divinità, vino inteso come liberatore dell'uomo da suoi affanni e quindi lo rende pieno di spirito. Riferimento a grande testo della tragedia greca, “Le Baccanti” di Euripide, ben noto al tempo → Sansovino ha visione diversa da Michelangelo, mira a bellezza che allontani il dolore e dia pienezza. Arrivato a Venezia fa capolavori → a Padova contribuisce a ciclo delle storie marmoree di sant'Antonio per pareti della cappella con al centro sepolcro del santo. Vergine Carilla portata fuori dal fiume in cui è annegata → rematore: pressione dall'interno che gonfia potenza naturale, forte cinghia che stringe i fianchi e fa fiorire il petto, allargato e lasciato aperto per dare idea di generosa offerta, forti braccia che reggono il remo. Confronto tra due età diverse: due figure accorse, un giovane e un maturo → confronto per segnalare in entrambi generosità che si esprime nei corpi premuti dall'interno con forza dell'anima. A Venezia fa loggetta con statue alla base del campanile di san Marco, e due colossi al culmine della scala d'accesso del piano superiore del palazzo dogale: due grandi divinità della Repubblica, Nettuno (mare) e Marte (forza militare) → mette a confronto due età. Chiamata scala dei giganti, figure monumentali, forza che si espande nelle loro carni, giovane Marte e avanzato Nettuno. Nettuno viene dal mare, lato verso canal grande, si volge a cercare Marte, che guarda lontano. Monumentale nudità, freschezza uguale nonostante le età, ma umani → Marte fa gesto pudìco di coprirsi il sesso, Nettuno ha fascia di alghe che lo coprono ma salendo si vede nudità del sesso, maggiore spregiudicatezza che accompagna crescere dell'uomo. Bassorilievi: si rifà molto a Donatello. Complesso dei miracoli di san Marco per coro e cantorie di san Marco: forza che si espande dall'interno delle figure, libertà spregiudicata nel gesto per cui fa le nuvole giocando col polpastrello su creta, poi cera e poi bronzo. Grande scultore spagnolo che viene in Italia, ed è a Firenze nel 1508 → Alonso Berruguète, che a Firenze matura passione verso plastica di Donatello. È pittore e scultore → tondo a Palazzo Vecchio: modello è rilievo donatelliano, Madonna Orlandini a Berlino → intimità tra monumentale profilo della Madonna e Gesù che si poppa il dito. Berruguète lo interpreta con forza che dall'interno dilata le forme e le rende plastiche. Tornato in Spagna partecipa alla tradizione spagnola dei retàblos, che coprono i presbiteri delle chiese, si alzano come grandiose scene architettoniche di legno colorato in cui si collocano le statue. Anni 30 retàblo a Valladolìd, scomposto nel museo → sacrificio di Isacco, che dipende da quello che Nanni di Bartolo detto il Rosso all'interno della bottega di Donatello eseguì per lato est del campanile. Evoluzione verso maggiore vitalità come Sansovino nei confronti di Donatello → accentuarsi della dolorosa e sfinita attitudine di Abramo, e freschezza di Isacco, artificio che vuole esprimere una sorta di furore interno delle figure che annulla la calma di Isacco e il mesto volgersi di Abramo al nuovo ordine di Dio, e invece lo traducono in una furia di spavento di Isacco e una furia di dolore del padre. San Sebastiano: corpo fresco e gracile, mosso, che viene legato e colpito da frecce, contorcimento della figura, giocare fra la tenerezza estrema dell'incarnato di giovanetto e l'artificio dei capelli d'oro che splendono. Berruguète porta suo stravolgimento delle forme nel coro di Toledo → rilievo nel legno di figure di santi, san Giovanni Battista: sforzare spirituale delle figure premute dall'interno da forza. Sedute che portano a scena con Trasfigurazione di Cristo: abbagliati apostoli in basso, che mediano tra frati e Cristo, su nuvole come onde. Venezia: città restia a accogliere senso strutturante interno del disegno e pensiero platonico della cultura fiorentina, perchè è sempre molto legata a immersione nella natura, primato del colore. La cultura veneziana è aliena da questa distinzione drastica fiorentina fra natura artificio e sforzo che è propria dell’Italia centrale e della situazione romana. C'è invece distinzione tra sforzo comunicativo e unità contemplativa. Maestri della generazione degli anni 90: – tardo Giovanni Bellini → contemplazione della natura che porta calma interiore, indagine della bontà e quiete dell'uomo – Giorgione → malinconia del tempo che passa con immissione di figure a contrasto nel nero e nella luce che esprimono l'attimo che passa e che fugge. Essi condizionano l'arte dei seguaci in modo diverso. Primo dei seguaci, che nasce da Bellini ma guarda molto a Giorgione, è Lorenzo Lotto, l'altro è Sebastiano del Piombo, e infine Tiziano, il più grande → interpretano in modo diverso: – Lotto → senso variato e fortemente retorico di una persona che ha vissuto tutta la vita nell'ambito domenicano, quindi predicatori → arte come predicazione – Sebastiano del Piombo → interpretazione della bellezza come destinata a sfiorire – Tiziano → bellezza che trionfa sul tempo e sulle bassezze umane. Lotto: è un girovago, nasce a Venezia, nel 6 si trasferisce a Treviso, dal 6 al 15 continuo andirivieni tra le Marche e Roma, poi tra 13 e 25 a Bergamo, poi di nuovo a Venezia, e infine lungo periodo marchigiano che nell'ultimo decennio 46-56 passa a Loreto in stato di mistica condizione. Come un predicatore, è artista che sforza riferimenti ai propri maestri per rendere il testo comunicativo e tener viva l'attenzione di chi osserva su tema caro ai domenicani, Cristo come uomo fortissimo perchè più grande di ogni altro uomo, quindi forte anche nella sofferenza. 1510, Recanati, sulla cimasa del polittico → varietas di: – riferimenti linguistici → Giorgione nel fondo nero potenziale in cui la scena si attualizza hic et nunc, Bellini nella forma-colore del corpo di Cristo, giovane atletico e forte, Durer nel realismo degli occhi e della mano di Giuseppe di Arimatea che sostiene il corpo – proporzioni → varie tra il distendersi del corpo di Cristo e le rattrappite e troppo corte gambe, diversità proporzionale – contrazioni sentimentali → gioco di contrapposizioni giorgionesche, stessi gesti interpretati da due persone diverse, a coppie → Giuseppe e Maddalena tengono per amore il corpo, ma lui con mani rughose e volto consumato dal tempo, sole e fatica, a contrasto con eburnea forza e dolcezza del Cristo, lei da amante di Gesù gli bacia la mano, contrasto tra mano rosa di lei e pallida di lui che fa capire dolorosa esperienza, e angelo e la Madonna, lui non si sazia di guardare sgomento il volto di Gesù, e lei non lo vuole vedere, copre il suo volto e lascia spiraglio a occhio che però guarda altrove. Tuttò ciò avvicina l'osservatore al dramma che si sta consumando. Intero complesso, soprattutto parte centrale, si rifà a grandi pale dopo l'80 di Bellini (san Giobbe), ma ne altera quiete e calma con effetti di luce che sembrano riflessi di acqua sempre mutevoli, sulle figure e sui cassettoni. La figura di Cristo è centrale in Lotto → gli serve per esprimere l'umanità, adattandosi alle varie situazioni in cui si trova a lavorare → situazione legata alla cultura veneziana è la parte costiera delle Marche, mentre vicino a Roma si ispira a modello dello stesso tema eseguito da Raffaello nel Trasporto di Cristo Borghese, ma varia equilibrio che Raffaello ha ottenuto, partendo dal punto di vista scelto → Tiziano è in parallelo alla scena, in modo che essa si inserisca nella quiete dolce e trascorrente del fondo naturale che la abbraccia, in cui i sentimenti di dolore si distendono nella quiete. Lotto invece sceglie punto di vista alto, che altera le proporzioni e fa scomparire lo sfondo della natura pacificatrice, e si concentra su alterazione dell'equilibrio del corpo umano in primo piano. La Madonna fa esplodere mani aperte in cielo per disperazione, accentuata dietro da donna che si strappa capelli rossi, sul fondo arriva donna a guardare abbreviata e accorciata, sforzata azione con cui uno di quelli che calano Gesù nel sepolcro addenta con le mani il panno nello sforzo di calarlo → Lotto vuole rendere presente disperazione e dolore che si provano di fronte a morte dell'amato. Altra opera che fa vedere sua attenzione a tradurre umanamente il mistero cristiano, tema di → segue maestro, bellezza dolce ma effimera → natura incorporea su profondo sfondo di oscurità, primo decennio di Tiziano → bellezza come declinazione del sentimento di Giorgione per trovare apici di bellezza che vincono il tempo e sua trascorrenza → apici nella vita interpersonale, sociale e spirituale, quindi nell'eros tra due persone, nell'amicizia in società, agape nel discorso divino. Eros nel suo iniziale fiorire: l'anziano non è in primo piano ma nell'estremo, infanzia in innocente sonno, gioventù come apice, loro bellezza che si unisce a quella della natura. Trionfo dell'amicizia: vino → interpretazione di Filòstrato: vino che scorre nell'isola di Andro e abbellisce uomini e donne, che si liberano da affanni della vita e vivono nel massimo dell'amicizia, senza liti e affanni della vita normale. Tiziano su questo tema crea crescendo di colori dal bruno al bianco al rubino: crescita della felicità cromatica equivalente a quella dei raffigurati. 3° apice, mondo dello spirito, fine del decennio, l'Assunta, abside di Santa Maria Gloriosa dei frati francescani a Venezia: senso di ebbrezza dell'unione, agàpe spirituale → Madonna sale verso fonte di luce, abbagliata e preda di essa, apostoli si dibattono e si aprono stupiti, ammirano e si turbano per tanta bellezza, che culmina nell'apostolo giovane che porta mano sul cuore per sottolineare che ciò che vede lo colpisce intimamente nel profondo. Altra diffusione della bellezza transitoria e malinconica di Giorgione nell'entroterra veneto e aree oltre Po → Bergamo: Amadeo e Mantegazza nel sepolcro Colleoni, e scuola del ducato di Milano del Foppa e del Bergognone, invasa da bellezza giorgionesca. Da bellezza giorgionesca alternata nella transitorietà della vita parte Savòldo: coglie in Giorgione la capacità di dare l'attimo fuggente della bellezza, ma esso per lui è soprattutto la bellezza dell'incontro → definita come vanità nell'immagine del comandante (forse Gaston de Foix), che propone sua bellezza in gioco di specchi, che toglie l'unità e verità della bellezza proponendone visioni diverse e contrastanti. Momento in cui con gli occhi si incontra con qualcuno lì davanti, a cui presenta se stesso nello specchio, in cui non c'è volto offerto ma spalla e arma che ha sul fianco. Bellezza opposta di chi cerca incontro: immagini di giovani colti nel il tendere verso qualcun altro, gioco dell'ombra e luce, aprirsi con palmo della mano aperto all'incontro. Colloquio tra San Matteo e l'angelo: bellezza colta nell'attimo del suo fiorire, momento dell'incontro con Dio. Per dare senso della profondità dello scambio di occhi, introduce 3 fonti di luce diverse: fuori della luna nel cielo misteriosa su architettura e uomini che camminano, quella scoppiettante del focolare, quella quieta della candelina di fronte a lui che scrive → immette l'esterno come dimensione superata dall'intus, quello in cui si trova Matteo, intus che supera anche quello di chi è affaccendato nel negozio nel lato dx. Incontro che avviene scrivendo: Matteo sta scrivendo suo vangelo, scrive di Gesù, che sottoforma di angelo gli appare, scambio di sguardi e intimità profonda. Maddalena: momento in cui sta arrivando al sepolcro, colta sul fare dell'alba, raggio della luna che inargenta suo mantello, rispetto città lontana su cui si alza luce dell'aurora. Coglie attimo misterioso in cui astro della notte lascia posto all'astro del giorno, lei trova sepolcro vuoto e scopre resurrezione dell'amato. Savòldo ha dipinto molti quadri a soggetto unico, molto concentrati sulla figura come faceva Giorgione (sue “poesie”), ma è anche importante pittore di pale. Concentrazione sulla bellezza attimale, colta in momenti di profondi incontri spirituali, viene ribaltata da altro grande interprete del giorgionismo in terra bresciana, il Romanino. Confronto tra concentrazione dell'ora con figura umana della Maddalena e ritratto di giovane uomo di grande lignaggio: prende da Giorgione senso dell'attimo ma lo muta in chiave più variata nella retorica → la pittura diventa ostentazione di bravura e bellezza, attraverso segni che il pennello lascia sul mantello dorato, indice della velocità con cui ha dipinto, sua maestria → esalta bellezza esteriore del personaggio. Pitture sacre del Romanino → intorno 1510, Accademia di Venezia: attraverso passaggio da ombra e luce interpreta attimo della narrazione evangelica → attimo in cui sul fondo l'oscurità che ha chiuso il cielo al momento della crocifissione si sta dissipando, Cristo già deposto ed è oggetto dell'amore dei suoi amici → il pittore fa esplodere i sentimenti: morte del figlio ucciso, sospensione, dolore, attenzione e partecipazione nei convenuti a compiangerlo. Romanino diventerà grande interprete negli affreschi della volontà di dare vivezza alla storia evangelica → Duomo di Cremona, città all'interno del ducato di Milano: la cattedrale viene decorata nelle navate e transetto dalla fine del 400, verso gli anni 10-20 eseguite storie di Cristo della navata e controfacciata → alcune del Romanino → Gesù davanti a Caifa, presentazione del Cristo (ecce homo): mostra velocità di tratto per esprimere esplosione dei sentimenti, volti che riprende dalla coeva pittura tedesca (Durer). Pittura di colore e di struttura, priva di disegno, per esprimere svolgersi intenso dei momenti della vita di Gesù. A Cremona arriva pittore di orbita veneta, viene da Pordenone e prende nome il Pordenone: attinge dalla tradizione dell'Italia centrale immergendola nel colore-struttura dell'arte veneta. Controfacciata del duomo di Verona, Compianto sul cristo morto (1522): forte attenzione alla visione prospettica dell'Italia centrale per ingigantire figure e loro sentimenti, traducendole in colore-struttura tipicamente veneto. Visione prospettica applicata al nicchione che comprende la scena, ma prevale interpretazione empirica dell'idea geometrica, citazione del catino absidale mosaicato di Bellini travolta da immagine musiva in cui si abbandona a freschezza e velocità del colore, rifiutando attenzione con cui tessere vengono messe e struttura disegnativa che le regge, esaltando invece fluidità della pittura che corrisponde a fluidità dei sentimenti ingigantiti da figure monumentali. Cremona, Crocifissione: arte che attraverso il sentire forza le proporzioni, e fa suo desiderio di stupire attraverso esondazione del sentimento che si manifesta attraverso sovradimensionamento delle figure. Madonna di Campagna a Piacenza: Santa Caterina d'Alessandria colta nel momento in cui dibatte con gli eretici → forte valenza emotiva della santa che esprime verità della trinità, gli altri rispondono facendo conti con mani. Altro bresciano, Moretto: altro processo pittorico → rivedere attraverso la pittura struttura- colore veneta i grandi temi della pittura dell'Italia centrale, soprattutto Michelangelo → la riduzione del disegno a colore provoca schiacciamento sul piano delle forti volumetrie. Profeta: insieme ad altri profeti è accesso alla cappella nella chiesa di San Giovanni evangelista a Brescia, in cui lavorò anche il Romanino. Il Moretto fa molte storie bibliche, tra cui Adorazione del serpente di bronzo: riferimento a forte plastica dell'Italia centrale è schiacciato sul piano dalla dimensione cromatica, che toglie profondità. Generazione anni 90 a Ferrara: al tempo dell'unitas era dominata dal pittore Lorenzo Costa → capolavoro per studiolo di Isabella d'Este: interpreta pittura peruginesca di unità e piaceri terreni, assenza di disegno, esaltazione dell'immersione sensibile nella contemplazione dell'armonia e della pace. Dosso dossi cambia completamente l'orizzonte, riferendosi a Giorgione → attenzione per attimale bellezza colta nel suo splendere contro oscurità di cui è potenza. Paesaggio: alberi colpiti da raggio di sole contro oscuro, risplendono → ricorda quercia contro nero della tempesta di Giorgione. Rispetto a semplicità di Giorgione compie variazione nella quantità delle raffigurazioni e qualità del colore → Circe: descrive le figure e la complessità della storia, molti elementi della vicenda, luce che li attualizza sulle tenebre. Dio della luce, Febo (anche di poesia, musica): busto che emerge da veste verde, che alza la bacchetta per muovere violino alla divinità, attualizzarsi di Febo nella luce del sole contro oscurità distante. Bologna: pittura molto diversa da quella di Ferrara, dominata da cultura del Francia e del Costa, loro dolce immersione nella natura e sua unità. Amico Aspertini, anni 20: dipendenza da pittura del Francia viene connotata da variazione in senso retorico dell'unità del maestro → il paesaggio nel maestro si distende nella lontananza, collegandosi al primo piano, nella sua dolcezza corrisponde alla dolcezza dei volti. Nell'allievo invece il paesaggio cresce, tumulto di vento che accompagna sacra famiglia verso l'Egitto. Rapporto tra primo piano e sfondo è molto stretto, lo sfondo incombe, quindi supera unità del maestro. Lingua figurativa: nel maestro le parole sono ridotte all'essenziale, nell'allievo arricchite, nella pittura di pittura della parte superiore e nella pittura di scultura della parte inferiore. Introduzione di due generi di pittura introduce varietas all'unità naturale del Francia, e palese sproporzione nella sacra famiglia e loro gesti. Oratorio di santa Cecilia e Valeriano, presso chiesa di san Giacomo Maggiore (Bologna): imitando decorazione 400esca della Sistina viene posta loggia che si articola lungo intero oratorio a far da sfondo a sedute dei membri dell'oratorio. 1505-6: distacco da pittura peruginesca di Costa e del Francia. Costa, Valeriano si converte al cristianesimo: unitarietà in tutte le parti dell'affresco, distensione dell'occhio nelle lontananze, sospendersi dei gesti nell'ora. Francia, seppellimento di santa Cecilia: paesaggio equanime che conduce occhio fino alle lontananze, distendersi delle figure nei gesti, pace e armonia del paesaggio. Amico Aspertini, seppellimento di Valeriano: diverso, pittura sforzata, variata, no distensione nel paesaggio, molte parole che tolgono unità, introduce varietà di situazioni e di pittura → pittura di natura nell'insieme, pittura di scultura nel rilievo della cassa in cui il santo viene introdotto, pittura di pittura nel basamento posto a sx → arti che tengono occhio vigile e attento. Ritratti di Aspertini: il pittore sposta i piani, lo sfondo è incombente sul primo piano, altera le proporzioni della figura, braccio corto che appare solo con mano dx. Capolavoro del 1506-7 a Lucca, chiesa di San Frediano: affreschi con storie del volto santo (reliquia di Lucca) e storie del vescovo san Frediano nella cappella Trenta → alternanza tra pittura di scultura e pittura di natura, caricare figure di volti e ritratti ripresi da tradizione tedesca. Emilia, Parma: alternanza tra unità e varietà, unità e sforzo → alternarsi di due artisti, Correggio e suo allievo Parmigianino. Correggio, Madonna di San Girolamo (il Giorno): unitarietà equanime del paesaggio, pittura di natura semplice e sincera, in cui coglie soprattutto la grazia → sfugge a regola geometrica, si carica invece di tenerezza, leggerezza, grazia. Immagine gioiosa del bambino adorato da San Gerolamo e Santa Caterina: braccino con cui cerca di afferrare pagina del libro che l'angelo gli mostra. Temi di dolore, pannella da cappella del Bono nella chiesa di San Giovanni evangelista, monastero benedettino: nel dolore e nello strazio il pittore non coglie elementi di strazio Ultima situazione della generazione degli anni 90: Roma, dove discorso tra varietas e unità e artificio e sforzo vs natura e semplicità, è tradotto da Raffaello in pittura della natura, della grazia e della dolcezza, ma da suoi allievi sforzata in pittura che altera tale equilibrio. Raffaello, Trasfigurazione: interpreta i due modi e tempi della sua pittura → in alto ciò che ritiene più suo, distensione nella natura semplice e felice, sotto apostoli che non riescono a curare indemoniato, in cui lui vede i suoi allievi → non seguono sua grazia, come in Gesù, ma seguono per gli apostoli un manuale di leggi, con il quale non ottengono la grazia. Rapporto con suo allievo Giulio Romano → tra epicureo, ricerca di pace interiore, e cirenaico (Diogene, Aristippo di Cirene) che non cerca il piacere interiore ma il piacere dei beni presenti. Giulio Romano, capolavoro iniziale, 25, pala di Santa Maria dell'anima: l'artista interpreta valore dei beni presenti e altro caposaldo del cirenaismo, ovvero interiore distacco. Aristippo esaltava beni presenti, quello fisico è il fine superemo della vita, qualificati nella vita opulenta (68) → accanto a esaltazione positiva dei piaceri, del corpo, c'è in Aristippo anche senso di dominio interiore che impedisce un soggiacere totale a tali piaceri (75). Qui vediamo queste due caratteristiche del cirenaismo: – gesti e luce dell'opera, esaltazione dei piaceri e beni presenti, nell'attimo e nel tempo in cui si svolgono → Gesù cerca poppa della mamma e si rivolge verso Giuseppe con sguardo d'intesa → condivide con lui piacere che quella parte del corpo femminile arreca, condivisione che Maria accetta, ha sguardo di accettazione verso gesto del bambino. Ad accentuare ciò c'è figura del Battista come appena arrivato, accompagna san Giacomo → gli mostra Giuseppe (padre), dito verso Giuseppe, perchè san Giacomo è autore di un vangelo apocrifo sull'infanzia di Gesù. Esaltazione del piacere della generazione è sottolineato nel fondo da chioccia con suoi pulcini → esempio di maternità nata da incontro fisico, accompagnata da vecchia con fuso che sta attraversando la porta → fuso è immagine del tempo che scorre, attraversamento della porta indica passaggio, sottolineato da immagine della loggia, luogo di passaggio, e luce inclinata del sole, momento di passaggio. – distacco attribuito all'artificio messo in evidenza nell'opera → i piaceri sono cristallizzati da 2 elementi di artificio → farsi trucioli di bronzo dei riccioli, e figure di san Giacomo e san Pietro che hanno usato stesso modello specularmente ribaltato → l'artificio indica distacco verso esaltazione dei beni presenti proposti dal pittore. Giulio Romano si trasferisce a Mantova dei Gonzaga (Federico II): partecipa nella corte della città, che esalta tali valori grazie a Pietro Aretino. Esaltazione dei piaceri si ritrova nell'idea dell'architettura di Palazzo tè, da “tejeto” che in mantovano significa canneto, palazzo delle canne → Federico II Gonzaga lo concepisce fuori dalle mura della città, in terra palustre che divide isolotto di Mantova da terraferma, forte presenza naturale. Giulio Romano fa architettura orizzontalmente distesa, aperta verso il lago che circonda Mantova → termini di architettura raffaellesca: struttura-colore delle lesene che creano due logge sovrapposte, loggia di lesene che regola, come artificio, il bugnato rustico che indica immersione nella natura. Primo cortile del palazzo e arco sul fondo: loggia artificiosa che si apre alla lesena architettonica loggiata, oltre la quale c'è lago. Immersione nella natura, giochi delle ninfe e satiri, interamente affrescato da Giulio e sua scuola → mettono continuamente a confronto piaceri e artificio → capolavoro della sala di Psiche. Lacunari della volta: storia d'amore tra Amore e Psiche. Lungo pareti banchetto finale e matrimonio: nella parte bassa esalta piaceri dei beni presenti, mangiare e piaceri sessuali → satiro con fallo eretto e ninfa che accetta. Piacere dei beni presenti nell'opulenza → piattaia: piatti, anfore, che lui stesso progettava, di cui sono rimasti suoi disegni, artificio. Nei lacunari introduce l'artificio → piano più alto pone distacco da beni presenti → introduce il moto dei manichini, non nascosti nella natura, ma resi palesi in forme schematiche, scattose, e volumi geometrici come quelli del legno lavorato dei manichini → introduce artificio, immesso in luci artificiose, proiettate come in teatrino, per indicare distacco di Aristippo. Generazione che si affaccia tra il 40 e il 50 → terminale di questo momento della cultura 500esca → formazione delle grandi accademie, che nascono da volontà di sistemare sapere antico e moderno e renderlo consultabile, in modo che diventasse facile trovare argomenti e corrispondenza tra tali pensieri e umanità che cercava di avere esperienza. Accademie sulla cultura dell'arte → Parigi, Firenze, Venezia e Roma. A Parigi, dopo morte del Rosso, arriva allievo di Giulio Romano a Mantova, il Primaticcio, che diventa importante personaggio della corte di Francesco I e suo successore, perchè durante suoi frequenti viaggi romani viene incaricato di fare calchi di opere italiane e portarli in Francia. Nel castello di Fontainebleau c'era Galleria di Ulisse (Francesco I), che è andata distrutta durante rivoluzione francese, della grande decorazione con Odissea rimangono solo i disegni. È anche stuccatore → stucco della Camera della duchessa d'Etampes: da una parte esaltazione dei piaceri e beni presenti, dall'altra distacco artificioso. Piaceri presenti: due donne, braccia e mani sfregano i seni, capro che sbuca e tiene frutti, cetrioli e zucche con esplicita allusione al sesso del capro, satiro in basso con gambe stilizzate aperte. Sensualità però congelata da aspetto artificioso → allungamento degli arti delle donne e fermare artificiosamente tutte le cose. Disegno del carro dell'Aurora: pittoricamente dipende da Giulio Romano nella figura femminile, che nelle cosce e nelle forme rispecchia molto la figura femminile degli ottagoni di Palazzo Te, il pittore introduce il sesso palese e ben disegnato di Aurora, che precede il carro del sole → poesia di salto pindarico: identifica nel sesso la natura da cui l'uomo nasce → l'Aurora rappresenta la metafora dell'uomo: dà la luce all'uomo, precede il suo giorno. Esaltazione della positività dei beni presenti (sesso) e anche dell'artificiosità, che esprime salto dell'immaginazione da sensi a metafora. Disegno per Galleria di Ulisse della prima notte, dopo tanti anni, di Ulisse e Penelope: l'artificiosità delle forme umane esprime sentimento umano di lei che conta gli anni di assenza del marito da quel letto, e lui che la richiama alla dolcezza del momento guardandola negli occhi. In questa situazione artistica interviene, dopo il Primaticcio, Niccolò dell'Abate, un pittore bolognese che arriva negli anni 40 e poi, dopo un breve soggiorno francese, ritorna in Italia e nel 52 inizia grandi raffigurazioni ad affresco dei poemi che sono per due volte l'Eneide e per una volta l'Orlando Furioso; lui parte dall'affermazione epicurea riportata da Diogene Laerzio per cui "è vero ciò che è percepito dai sensi o è appreso intuitivamente dalla mente, le visione dei pazzi, quelle che appaiono nel sonno sono vere" ovvero egli pone sullo stesso piano l'artificio e la natura perché entrambe sono un fluire immaginativo → negli affreschi eseguiti negli anni 40 (prima di andare in Francia, nella Rocca di Scandiano) nelle lunette che sovrastavano gli episodi dei libri dell'Eneide, pone la figura di un pittore, forse di se stesso, in un tavolo da disegno (molto più grande di un quaderno), si dispone a raffigurare la natura nel suo corso, un fiume che scorrendo dà la vita agli uomini che vi pescano e sulle cui sponde cresce città. Sotto fa meravigliose raffigurazioni, per ciascun libro dell'Eneide → settimo libro: il pittore segue lo scorrere dell'immaginazione a partire dall'incontro con la Sibilla, alla presa del ramo d'oro che gli permette di entrare all'Averno, il passaggio con Cerbero e Caronte, la salita alla città di Dite che si situa in un arco naturale oltre il quale si aprono campi elisi → pittura non disegnativa, ma adatta alla fluidità degli eventi che l'immaginazione ha creato. Lo stesso dicasi per gli affreschi di Palazzo Torfanini (ora alla Pinacoteca Nazionale di Bologna) eseguiti nel 52 con le storie dell'Orlando Furioso, che inserisce in meravigliose aperture, logge sovrastate da figure di pittura di scultura di bronzo, che sono sullo stesso piano di immaginazione più interna rispetto alla natura che è quella dei festoni, dalla quale si trae nutrimento e piacere, quindi esaltando pateticità fra arteficio e natura, che si trova nelle storie dell'Orlando, in particolare nel libro sesto con la fuga di Rinaldo e Armida, la fuga di Rinaldo dal castello. Artisti della generazione degli anni 90 → anziché manieristi è meglio chiamarli interpreti con la varietas dell'unitas dei grandi della prima generazione 500esca. Generazione che si avvia negli anni 40 e arriverà a intersecarsi con grande momento del concilio di Trento (1545-63), che interrompe artificiosa ricerca dell'arte 500esca. Generazione che esprime stato di grande cultura → insorgere delle Accademie (della Crusca, anni 90), tentativi di organizzazione del sapere accumulato tramite ricerche umanistiche, e per renderlo fruibile. Capitale dell'Europa del tempo, Parigi → Francesco I e suoi successori: momento difficile conseguente a spaccatura tra cattolici e protestanti, ma grande fioritura sul piano dell'arte e della letteratura → Pléiade, movimento di poeti, prendono ispirazione da Petrarca, cultura italiana, e pindarismo (immaginazione artificiosa). Artista italiano che va a Parigi, Niccolò dell'Abate → no visione artificiosa dell'arte e esaltazione dei piaceri, ma disposizione più epicurea → tratta molto i temi letterari, carattere tipico dell'arte medio 500esca, che si ispira a grandi poemi letterari dell'antichità o coevi. Niccolò è originario dell'Emilia, va in Francia nel 50 e poi torna in Italia → nel 1° e 2° periodo italiano considera l'Eneide per due volte e per una volta l'Orlando Furioso → ispirazione all'immaginazione, posta sullo stesso piano dell'ispirazione alla natura → Epicuro 32: è vera la percezione, che permette di contemplare la natura e trarre da essa felicità e piacere, e l'immaginazione umana, che permette di contemplare la mente dell'artista, e trarre da essa felicità e piacere. Anni 40, fa per la rocca di Scandiano (Modena, Estensi) pannelli con Eneide di Virgilio → dedica ogni pannello centrale della decorazione a uno dei libri dell'Eneide → fa pittura di immaginazione letteraria, che mette paritetica alle lunette, che sono rappresentazioni di natura, ponendo quindi sullo stesso piano immaginazione e natura, secondo pensiero epicureo. Una delle lunette raffigura un uomo che sta disegnando un paesaggio → ha grande libro tipico per portare foglio da disegno → si può ipotizzare che sia autoritratto, dichiarazione poetica di Niccolò, che contempla paesaggio per trovare la calma, di cui coglie il fluire naturale → solcato da grande fiume, che fa ansa profonda, e pescatori indicano benignità del fluire naturale, che arreca cibo e nutre la città con grandi guglie e architetture. Contempla la natura benigna degli epicurei. Per ogni pannello raffigura un libro dell'Eneide → qui contempla invece l'immaginazione umana nel suo scorrere benigno, che arreca piacere. 7° libro, discesa di Enea nell'averno: sul fondo navi dei troiani in fuga che attraccano al campo Eliseo, poi salita all'antro della Sibilla, cogliere il ramo d'oro da albero che permette di entrare nell'averno, entrata piacere. Ciò è diverso da aspetto umano, tenero e dolce nel volto dipinto da altro grande fiorentino della metà del 500, Cecchino Salviati → ammirazione per natura, sua freschezza, che si manifesta nell'incontro. 3 ritratti: molto disegnato nella struttura, ma col colore si diletta nei contrasti, bruno della parete e pallore della palle, bruno degli occhi. Salviati è stato grande amico del Vasari → negli anni 30 (Clemente VII) si reca a Roma e partecipa alla cultura romana, nel 39 poi va a Venezia col Vasari e le loro vite si separano → Salviati va a Roma dove lavora molto come freschista, poi Parigi, poi anni 40 torna a Roma e infine a Firenze → affresca sala di Camillo Palazzo Vecchio. Capolavoro a Venezia, in cui si ritrova suo senso palpitante della vita, Compianto sul Cristo morto, che era stato fatto per la chiesa del corpus domini, ora è fuori Venezia: pittura sorretta da disegno, vivacità del colore molto naturale, che produce sentimento di empatia profonda → Maria sembra interrogare il figlio sul perchè sia morto, Maddalena non vuole staccarsi da contatto sensibile, tatto e occhi, prende mano ferita di Gesù, Giovanni che quasi non riesce a guardarlo, sembra voler fuggire per non soffrire. Pittura che si nutre dei contrasti di colore: pallore del corpo di Cristo e ramato dei suoi capelli, bianco della Madonna. Simpatia verso umanità anche nel capolavoro romano della Pietà, chiesa dei tedeschi, Santa Maria dell'Anima: bellezza, dolcezza, tenerezza e affettuosità tattile che si avverte nell'angelo che sostiene il corpo di Gesù e la testa di Gesù che sprofonda verso la Maddalena in un abbandono di morte. Sala di Camillo a Palazzo Vecchio → mostra sua scala di immaginazione, che pone nel punto più lontano la pittura di pittura, poi pittura di architettura, e nell'immagine al centro della parete di fondo mostra a un grado ulteriore la pittura di natura, con giovani naturali nella loro carnagione, si abbracciano con varietà di frutti e fiori colorati, indicando trionfo nella natura → grado più profondo per lui, grado dell'incontro tra giovani e natura che tengono stretta al loro petto, e degli occhi dell'uno e dell'altro. Tenerezza naturale vista come vertice di una scala, sia degli incarnati che dei sentimenti. Confronto con immagine giovanile del Vasari, a cavallo del soggiorno a Venezia, opere per la chiesa principale del monastero di Camaldoli, per altare maggiore → profonda differenza tra i due: Vasari è legato soprattutto all'inizio della sua carriera, segnata dal Rosso, tra 27 e 30. Opera che ha perso unità → quadri sparsi all'interno della chiesa. Le due parti laterali sono tra 39 e 40 → Adorazione dei Pastori e Madonna in trono col Bambino, successivi Discesa dalla croce e santi intorno, San Gerolamo e San Giovanni Battista. Il Vasari varia tra: – ispirazione artificiosa → primo piano: scolpisce pittoricamente le figure e le loro vesti, come fossero incise nella pietra, precise pieghe delle vesti dei pastori e dell'inginocchiato Giuseppe → ricorda stesso modo di scheggiare le vesti del maestro Rosso nella Deposizione. Raggio di luce pindarico che parte dalla paglia su cui è posto il bambino, che è luce ideale e non naturale – ispirazione naturale → fondo: non c'è più immaginazione artificiosa, ma brano di natura, secondo gli schemi della natura che Raffaello aveva dipinto a Roma (altra formazione del Vasari) → fondo immerso nella luce del tempo, dolcezza, tenerezza e sfumature sull'ambiente, natura nella notte, quieta, oscurità svegliata dalla luce di una torcia in quelle figure che si affacciano dal balcone per osservare ciò che avviene. Il Vasari quindi è un continuo variare tra natura e artificiosa idea, processo che dimostra anche in un'architettura, quella degli Uffizi, e in un testo, Le Vite. Uffizi: enorme canale ottico costruito per creare gli edifici del Granducato, collegato a Palazzo Vecchio e in seguito a Palazzo Pitti, residenza di Cosimo. Il Vasari usa architettura intellettiva, basata sul disegno della pietra serena sull'intonaco bianco, di forte impronta michelangiolesco- brunelleschiana, che serve a innervare struttura del canale ottico tra due poli → polo in fondo con loggia è l'Arno, su cui tutto si affaccia, la loggia serve a accogliere variare dei riflessi della luce sull'acqua, e dare senso dell'immersione nella natura e sua trascorrenza, dall'altra parte il canale ottico conduce verso crescita verso mole possente di Palazzo Vecchio, e dalla loggia superiore verso la cupola → idea del logos che splende sulla città. Il Vasari è legato al fluire dell'immaginazione tra natura e idea. Anche le Vite sono concepite come grande canale ottico che conducono a un vertice, che lui dichiara essere Michelangelo → artista divino, perchè in lui c'è natura infusa di spirito. Per arrivare a tale vertice, traccia percorso lungo le vite degli artisti, con aneddoti che esprimono loro pensieri e diverse nature, che rappresentano termine naturale dell'Arno, e termine divino della raggiunta meta di Michelangelo. Dal Veneto torna fiorentino, scultore e architetto Bartolomeo Ammannati, che si era formato nella Padova di Sansovino, Tiziano e Aretino. Torna a Firenze alla fine degli anni 40-inizio 50, capolavoro della piazza della Signoria, Nettuno sul carro → risente della tradizione di un fiorentino in Veneto, Sansovino, come Nettuno nella scala di Giganti, anche se in lui permane segno donatelliano del potente disegno sotteso che dà struttura alla dolcezza dell'incarnato nudo. Nell'Ammannati c'è invece concezione più scettica, che esalta la superficie anziché la struttura. Bronzi delle figure che accompagnano il carro: nel ruotare del busto sui fianchi, lo scultore evita di creare struttura interna muscolare, e scioglie tutto in effetto cromatico e di superficie, il ventre non si sorregge ma è come una plastica che si distorce. Retro del Nettuno: manca struttura nei glutei, fianchi e scapole, che invece si vede in Sansovino → tutto innervato da struttura e disegno. In Ammannati prevale la superficie, che risponde all'ora che passa e che la modifica. Architetto, ponte Santa Trinita, che secondo progetto di ricostruzione della città di Cosimo doveva essere punto di passaggio per pubblica processione da Palazzo Vecchio a sua residenza, Palazzo Pitti. Si rifiuta la forma geometrica pura, della semi-sfera, della semi- circonferenza, e sceglie invece curvatura degli archi detta “a catena” → riflette ciò che si vede sollevando una catena in due punti, si crea curva → non ha disegnato le curve astrattamente, ma le riprende da osservazione empirica, esperienza e pratica. Anni 40, Venezia: no dibattito sulla maggioranza delle arti e su artificio e natura → Venezia è più legata alla natura, si dibatte soprattutto sulla verità della trascrizione artistica della natura, o sulla sua non verità. Tra gli anni 30 e 70 si crea triumvirato che domina scenario veneto: grande letterato da Mantova, Pietro Aretino, Tiziano e Sansovino. Tiziano alla fine del secondo decennio del secolo, lascia la poesia della bellezza come apice dell'eros, dell'amicizia, dell'agape → acuti splendori di colore abbaglianti, contrasti tra verdi, rossi, oro, bruno, giallo. Dall'inizio degli anni 30 va invece verso pittura di più quieta contemplazione, umanità e natura che si distende nella pace profonda della bellezza. Confronto tra Assunta e pala Pesaro della chiesa di santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia (fine anni 20-anni 30) → qui distendersi dell'immaginazione nella quieta contemplazione di bellezza di struttura e colore nell'ora che passa → figure che si aprono quiete, scenario del cielo che attraversa il fondo, grandiose colonne lisce che si alzano dolcemente per accogliere la luce, verso proseguire infinito → dà impressione di dilatazione dello sguardo nella pace, distensione più calma e quieta nella pace dell'ora, senso di abbandono. Galleria Palatina, ritratto di Vincenzo Mosti, intorno al 1520-21: bel giovane di buona famiglia, riprende lezione di Giorgione per dare senso di attuarsi momentaneo nella luce, ma toglie da ciò il senso di malinconia, e dà alla figura senso di calma, quieto e sereno porsi nel divenire, monumentale ma anche umano sguardo che si distende, guarda avanti mostrando sua bellezza, vesti, incarnato molle, affiorare della barba. Capolavoro del 37-38 che attraverso Vittoria della Rovere è arrivato a Firenze nel 1637 da Urbino, come dote per matrimonio con Ferdinando II de' Medici, ora Uffizi: distendersi nell'ora della bellezza di Venere, calma, dimensione casalinga in cui ciò avviene, inservienti che stanno armeggiando nelle cassepanche alla ricerca di una veste per lei, senso della contemplazione, della quiete di lei distesa sul letto con il cagnolino che dorme. Dimensione di serenità accompagnata da pennellata che non si mostra, si annulla nella bellezza degli incarnati, vesti, cieli, come se il pittore volesse ridurre la sua presenza per dare voce all'immagine. Ritratto dell'Aretino: altro passaggio di Tiziano → la quiete e la calma, annullarsi della pennellata nella bellezza scompaiono, la pennellata si fa più viva e presente e l'immagine si carica dell'azione, presenza forte → è avvenuto breve soggiorno a Roma negli anni 40, e soprattutto incontro con l'Aretino, che è teorico di arte che sia risposta immediata alla natura, senza ritocchi. Nel 1537 in una lettera scritta a Ludovico Dolce → si ritorna alla semplicità della natura, ma diversa da quella del Savonarola, che era infusa dalla divinità, qui è semplicità nella sua identità naturale → visione scettico-cirenaica dell'arte: la natura è una compagna di campagna, ci si deve togliere tutto ciò che è da uomini di cultura, perchè l'arte è una piattola che si attacca alla pelle, quindi l'arte si attacca alla natura. “Scrive come viene”, i discorsi sono vani, eccetto ciò che viene da sé e dalla risposta di sé allo scorrere degli eventi → scetticismo: l'arte deve essere la trascrizione diretta e immediata della semplicità della natura e non deve rifinire, usare la lima perché questo altera la percezione immediata del dato e diventa ciancia (parlare vano e non veridico). Tiziano quindi coglie ciò → testa che improvvisamente si volge di scatto a cogliere passaggio di qualcosa, occhi che carpiscono, veste su cui la pittura dà senso delle pieghe, non si ferma a cesellare, ma lascia segni dell'impeto con cui ha trascritto l'attimo in cui ha colto riverberi e splendori. Altro grande personaggio degli anni 40 intorno a questi artisti, doge Gritti: dà un'altra immagine di grande potenza → mano che come artiglio afferra la veste e si ferma sulla cinghia, volto che si volta a osservare il passare delle cose, scruta l'orizzonte. Dipinto come viene, risposta del pennello alla percezione attimale che coglie, verità. Dietro a questa immagine c'è riflessione su altre opere → Sansovino, rematore nel miracolo di sant'Antonio: cinghia che serra i fianchi e fa fiorire busto giovane e forte, che lui fa reggere dal disegno → Tiziano prende questa idea, cinghia che serra e fa fiorire pancia possente. Inoltre, Salviati: tenerezza del contrasto cromatico tra scuro e chiaro, figura in una forte luce contro un fondo che esalta l'idea dei bagliori della seta. Tutto ciò è espresso nella prima delle due Incoronazioni di spine, a Parigi → discute sulla verità di natura e sulla verità dell'anima. Verità di natura: Gesù non accetta le bacchettate dei fustigatori, cerca di scansarle con la testa, mostra dolore nel volto per ciò che sta subendo, cerca di scappare → pensiero cirenaico: l'uomo accetta e cerca il piacere, rifiuta come massimo male il dolore. Tale affermazione però va contro il pensiero cristiano, in cui Cristo ha accettato la sofferenza per espiare il peccato nel mondo → Tiziano va contro ciò, gli appare contro l'umanità di Cristo. Dà profonda verità al fuggire di Cristo dalle violenze → prende come esempio dell'immaginazione letteraria e figurativa dell'antichità il Laocoonte → letterario: descritto da Virgilio nell'Eneide come “come toro si sbatte sull'altare”, splendente con le carni ,le vesti e i capelli dorati e soprattutto che qualifica la figura di Cristo che qui è rappresentato come l'immagine della luce perchè è interamente investito da quella luce che assimila nel proprio corpo e riflette nelle proprie vesti e quindi diventa quella immagine di Cristo data in Giovanni " come colui che è vera luce" ( figura intrinseca alla fonte) e come dice lo stesso Agostino commentando Giovanni " come luce della luce" cioè figura intrinseca alla fonte e quindi sapienza di essa perché figura visibile che porta all'invisibile. Negli anni 50 il Veronese raffigura figure sotto in su che irradiano o sono irradiate, che irradiano in questa meravigliosa Trinità che incorona la Madonna che si trova nel soffitto della sagrestia della chiesa di San Sebastiano (area periferica veneziana, una chiesa tra i campi, una chiesa monastica) in cui questa sagrestia bassa presenta al centro questa irradiazione che avviene attraverso queste figure con superfici che riflettono la luce e la espandono nella loro bellezza. Nelle virtù che riceve San Marco vediamo che ugualmente questa luce è recepita da queste figure cristalline come di avorio, smalto oro. Questo aspetto negli anni '60 va cambiando nel pittore come dimostra il proseguo dei lavori della chiesa di San Sebastiano con la decorazione della navata della chiesa con le storie di Ester e Mardocheo nelle quali vediamo la figura centrale del trionfo di Mardocheo nella quale vediamo che non cede questo senso vertiginoso del sotto-insù ma vediamo che si placa questo senso di purezza e intervengono figure più di carne e soprattutto cieli meno apicali immersi nella transitorietà come ci dice il particolare della bandiera che sventola contro il cielo d'azzurro e di nuvole e poi questa discesa nel tempo che passa testimoniato dalla bellissima nozze a Cana che presenta, di nuovo, l’immersione nel tempo, nella varietà, nella ricchezza delle forme, della vita e dei suoni e lo fa non per escludere che questo rappresenti il mezzo di sapienza per risalire al principio. Questo lo dimostra, nel corso degli anni '60, nella decorazione della Villa Barbaro (Palladio) all'interno della quale il Veronese introduce un suo discorso sul passaggio dalla contemplazione nel tempo e nell'azione alla contemplazione dell'origine del tutto, infatti chi entra nelle sale del piano nobile mostra queste figure di giovanetti o bambina che si affacciano dalle porte per introdurre il personaggio in un situazione di transitorietà e di passaggi; questa situazione di transitorietà è accentuata anche dalla componente di loggia che connota i bracci lunghi di questa crociera e che apre alla bellezza transitoria del paesaggio introno con immagine di ruderi, cieli con nuvole che passano e in questa situazione incontriamo (lasciati qua e là, dipinte sui marmi dipinti) oggetti del passaggio dell'uomo che diventano traccia di questo percorso all'interno. Da questo transire nella bellezza piacevole nella contemplazione della vita terrena ecco che risalendo nella Sala della Sapienza si apre ciò che regola e determina la bellezza nel suo trascorrere infatti al centro si propone immagine della sapienza divina che sovrasta le figure dell'Olimpo pagano come qualcosa di superiore che porta l'origine del tutto ponendo l'Olimpo come un'incarnazione di principi naturali (più sotto) che ha a sua volta (più sotto) le figure bellissime dei 4 elementi posti agli angoli di questa parte della decorazione e poi il discorso prosegue nelle lunette con le immagini delle stagioni in cui si incarna quel principio divino nel trascorrere delle situazioni, dei frutti e della vita. Questa situazione pittorica trova nella Repubblica Veneta la presenza di due grandi interpreti architettura che sono JACOPO SANSOVINO che diventa un protagonista dell'architettura di Venezia, e PALLADIO, che esprimono due visioni diverse dell'architettura. Sansovino, con la biblioteca di Venezia e della Zecca ,porta una cultura fortemente centro italiana nella città di Venezia e porta questo linguaggio di latino architettonico nella città di Venezia connotandolo con caratteri fortemente laurenziani perché continua l'opera del Coducci creando strutture che appianano il gomitolo complesso della città veneziana aprendo un canale diretto fra piazza San Marco ( con la facciata della chiesa patriarcale) e il canal grande su cui si affacciano queste due architetture e dal punto di vista architettonico egli interpreta quel concetto plotiniano espresso nelle sue sculture ovvero di un forte disegno che sostiene in modo tale da fare di queste opere degli strumenti contemplativi di estensione dello sguardo, sostiene però forme che, nel bugnato rustico della zecca e soprattutto in questo gioco di colonne e pilastri e archi e strutture scultoree attirano la luce, si conglomerano con la luce, vivono nel tempo proprio per esprimere questa presenza del principio ulteriore nel transire e vediamo che in questo modo Sansovino, nella biblioteca ha creato un immagine commovente della cultura conservata nei grandi libri interna ad essa che si offre attraverso le logge inferiori ( a chi vuole entrare) e attraverso le logge superiori di chi ( intriso in quella cultura) vuole guardare il mondo e quindi rappresenta quell'ideale accademico che raccoglieva la cultura per renderlo strumento degli uomini per il proprio modo di vedere il mondo. Questa dimensione è molto diversa da quella che ci da Palladio come vediamo in palazzo Chiericati che si trova a Vicenza, un'architettura che appiana i contrasti di quella sansoviana e tende a svilire il principio reggente del disegno attraverso questo unico tono usato ,che è il bianco, in cui tutto si appiana e si riduce di importanza rappresentando un equivalente di quella forma colore cioè di quella struttura che però non si sovrappone alla natura ( che abbiamo visto in tanti pittori) che nel palazzo Chiericati si mostra in questo bellissimo loggiato e soffittatura cassettonata in cui l'aspetto geometrico del disegno si disfa e questo spetto si avverte in un'opera più intellettiva che è la Villa Rotonda nella quale vediamo che egli concepisce una struttura a pianta centrale circolare che si apre attraverso un percorso percorribile alle stanze tutt'introno e poi infine alle bellissime logge che appaiono come frontoni di templi romani ma in questo totale biancore svilita di ogni strutturalità e ridotta in toni che serve a guardare con questa disposizione meno intellettiva il paesaggio contemplando la bellezza del piano che va verso le montagne o si distende verso l orizzonte. Questo senso più pratico e meno intellettivo lo si avverte anche nelle ville in campagna che il Palladio esegui e progettò per la campagna vicentina, padovana e veneziana come mostra la foto che è uno dei tanti canali che percorrono la piana sulla quale si affaccia un’altra bellissima che è la Villa al Bagnolo la quale nasce in questo connubio con la natura. Un’altra opera fondamentale del '46 è la Basilica di Vicenza e il progetto del Teatro Olimpico degli anni '80. Generazione che continua ragionamenti tra artificio e natura che avevano qualificato tutta l'arte del secolo → ognuno ne dà sua interpretazione secondo pensiero umanistico → Firenze: – Niccolò dell'Arca → principio epicureo della parità della contemplazione dell'immaginazione e della natura, seguendo loro fluire – Cellini → da stoico, esalta la percezione catalettica della natura che ferma nell'animo la verità naturale (provvidenza della macchina naturale che regola tutto) – Bronzino → vede nella scultura il modello delle sue bellezze, modello da contemplare da più punti di vista (angeli), per coglierne le varie bellezze e piacere epicureo – Cecchino Salviati → pone al massimo livello della sua scala immaginativa la natura bella, che esprime esaltandola nella vivezza del colore (incontro tra individui) – Vasari → pone continuamente in relazione lo scorrere naturale al principio ideale che tutto regola (due poli) – Ammannati → preferenza per la sensibilità, percepita scetticamente nel suo divenire, dolcezza della superficie priva di ogni struttura interna. A Venezia il discorso si fa più immanente → in Tiziano c'è svolta verso cirenaismo scettico di Aretino, rifiuto di ogni modello figurativo o poetico, a favore dell'esaltazione della verità naturale delle forme e sentimenti. A Venezia il dibattito si instaura sulla verità dell'arte → 2 fronti opposti: sofistico → Tintoretto: esaltazione del protagonista dell'artista, attraverso immaginazioni. Battesimo di Cristo per la Scuola di san Rocco: individualità dell'artista, priva però di ogni costrutto, tutta colore. Principio sofistico: l'uomo è misura di tutte le cose, e attraverso la sua retorica esprime tutto ma perde contatto con la verità delle cose, perchè riconduce tutto a sua individualità e sua capacità di parlare e di stupire con l'immagine. Pittore dell'individualismo, palesa i colpi del pennello, sua azione pittorica. Altro fronte → arte che cerca unità formale e preziosa per esprimere sua dipendenza da luce divina (funzione di tramite) → Battesimo del Veronese. Evoluzione del Veronese degli anni 60: diventa contemplazione della natura nella sua varietà e suoi aspetti quotidiani, che diventano tracce per risalire alla sapienza del tutto, divinità. Percorso della villa Barbaro a Maser (Palladio): non più attraverso scala in profondità come a Firenze, ma attraverso narrazione → occasioni che ci accolgono, altre che indicano passaggio dell'uomo che ha lasciato tracce (scopetti, cenci per pulire), sala della sapienza → si apre il cielo su una realtà superiore, che a scendere mostra elementi e stagioni in cui la villa è immersa. Architettura veneziana: linguaggio del latino architettonico, esperienza classica, attraverso Jacopo Sansovino e Andrea Palladio. Sansovino: inizia sua attività di architetto alla fine degli anni 30 a Venezia → disegno possente che si cala nella varietà del tempo e del mondo, visione plotiniana del bene che scende su tutto. Fa a Venezia una laurenzianizzazione: crea grandi prospettive architettoniche, canali ottici che dilatano lo sguardo, per dare della città una dimensione antitetica a suo carattere empirico di campi e rii irregolari. Piazza San Marco: costruisce le procuratìe, ovvero loggiato che delimita tutta la piazza, loggetta del campanile, Zecca e grande biblioteca marciana (loggiata). Potenti strutture disegnate: allargano lo sguardo nelle lontananze, attraverso il decoro architettonico introduce chiaro-scuro, aggetti e rientranze → immersione nel tempo delle immagini, gioco dei bugnati nella Zecca, e gioco di colonne, archi, pilastri che compongono superficie mossa dei 2 loggiati dell'accesso e lo sbocco del salone centrale della biblioteca. Possenti strutture disegnative che si immergono nella varietà temporale, per riportarle al principio che le ha generate. Grande biblioteca → risponde a ideali accademici forti in questo periodo. Loggia: immagine del passaggio tra esterno e interno → creare osmosi tra vita che trascorre all'esterno e cultura all'interno della biblioteca → serve a chi passa per nutrirsi dei valori di se stessi che solo attraverso la cultura si possono conoscere, grande ideale umanistico. Architettura del Palladio: isporata anche'essa alla grande antichità, ma priva della presenza del disegno e drammaticità dei contrasti. Del Bravo → “umanesimo di un'arte pura”: purezza formale coincide con purezza del contenuto per prima volta nella storia (nel 400 e primo 500 non c'era). Contenuto: importante perchè i padri conciliari vedono nell'arte lo strumento del mondo cattolico per rinforzare principi cattolici contro mondo protestante → esaltazione di ciò che esso aboliva, figure dei santi come intercessori, Maria come massima intercessione con Dio, sacerdote come intermediario tra Dio e il popolo, ordini monastici come diverse vie di interpretazione dello stesso principio, sacramenti dell'eucarestia come presenza di Cristo nell'ostia, della confessione con cui il peccatore confessa peccati al sacerdote, che lo assolve, della cresima con cui avviene conferma dell'identità cristana ricevuta nel battesimo. Arte come strumento di indottrinamento, che la religione protestante rifiuta come espressione del rapporto con la divinità → il concilio tridentino assume molti concetti della tradizione umanistica: dibattito tra varietas e unitas, e esaltazione dell'arte come espressione di pensiero che avvicina a Dio. Ultimi 25-30 anni del 500 e primi 20 del 600 sono caratterizzati da arte molto condizionata da tali pensieri → due linee che si confrontano secondo Del Bravo: – umanesimo attivo → unità figurativa, purità formale, che recupera arte dei grandi del 300 e 400 → Raffaello, Andrea del Sarto: natura semplice come espressione di un'interiorità semplice → Federico Zuccari, fratello di Taddeo, fiorentino Santi di Tito, bresciano Moroni, inizi del Caravaggio – umanesimo contemplativo → linea della grazia → spirito platonico di cogliere ciò che è al di là della geometria e della semplicità, momento di incontro con bellezza, parziale, non vediamo mai figura che amiamo nella sua interezza. Umanesimo attivo: Federico Zuccari, protagonista di Firenze. Disegno che esegue per profeti e sibille della sommità della cupola di santa Maria del Fiore, che affresca dagli anni 70. Rifiuto dell'artificio, presentazione del primo piano per capire soggetto, sibilla e profeta. Ricorre all'arte del primo 500 fiorentino (Andrea del Sarto) → capacità di cogliere natura e sua semplicità, portando le figure in primo piano, senza togliere sfondo e sua profondità. Quando concepisce decorazione della cupola del Brunelleschi si ispira a esempio nobile, musiva cupola del Battistero → articolazione del discorso su piano diversi, individuati da cambi di cielo e da architetture, creando organismo immediatamente comprensibile nella scala gerarchica. Al vertice: grandi profeti e sibille → manifestano loro identità, immediatamente riconoscibili su palchetti di nuvole, con al centro Cristo giudice. Pittura didascalica: nella cupola però compie errore → non capisce che tale struttura geometrica di logge sovrapposte era logica sui piani piatti dei triangoli che formano cupola piramidale del Battistero, ma non può adattarsi ai piani curvi dell'invaso della cupola della cattedrale. Taddeo Zuccari diresse a Roma la cappella del Gonfalone, monumento di fine 500 in cui c'è scuola degli Zuccari, che si ispira a principi di arte comunicativa dei contenuti. Firenze, Santi di Tito: decorazione degli angeli nella loggetta sotto al grande orologio di Paolo Uccello → pittura che si ispira a primo 500, senso poetico della bellezza, naturalezza e grazia → ciò lo porta a essere interprete della concezione mimetica della natura, come nelle opere dipinte per chiese che il Vasari stava ristrutturando all'interno per farle aderire a principi riformati. Santa Maria Novella, Cena in Emmaus, altari che Vasari stava construendo avendo abolito coro dei monaci → fa in modo che fin dall'ingresso si avesse chiara la meta nell'altar maggiore e ciborio eucaristico → creare spazi contemplativi del Cristo, posto sopra altar maggiore. La sua è pittura mimetica della verità naturale, attraverso insegnamento di Andrea del Sarto → coglie semplicità della natura e equanime distensione nel paesaggio. Guarda anche alla loggia degli Innocenti del Brunelleschi → esempio massimo di passaggio tra natura lontana e interno, struttura intellettiva nella scansione tra pietra serena e intonaco bianco, che serve a entrare nel mistero divino e a collegare l'orizzonte al primo piano, ponendo nella lontananza l'inizio della vicenda che porta alla conclusione in primo piano → incontro dei due viandanti con Gesù e inizio del percorso che li porta a riconoscerlo come viandante incontrato prima → uno degli episodi delle visioni di Cristo il giorno della resurrezione. In primo piano gruppi di figure accorse per indirizzare sguardo dell'osservatore verso quel centro, in modo che non si distragga. Pane → esaltazione dell'eucarestia. Chiesa domenicana di San Marco: versetto “hai scritto bene di me Tommaso”, San Tommaso presenta il libretto della messa del corpus domini che egli compose, celebrazione del corpo del Signore nell'eucarestia, presenza di Cristo nel pane. Per dare senso alle parole di Cristo, Tommaso si riferisce a grande pala in cui c'è Cristo crocifisso con santi intorno → dalla pala di pittura di pittura escono fuori le figure in pittura di natura, testimoni viventi della presenza di Cristo nel corpus domini → esaltazione dell'arte come luogo della presenza di Dio, in cui c'è incarnazione di Cristo stesso. Moroni, Brescia: interpreta tali pensieri derivando da suo maestro Moretto (tempo della varietas: interpretava la plastica disegnativa dell'Italia centrale attraverso primato giorgionesco del colore, che toglieva plasticità alle figure, portandole al piano). In Moroni la plasticità torna, con unione di forma, struttura e colore → assenza di disegno. Primo piano: vi presenta il tema senza elementi che disturbino e distraggano → orante a statua della Madonna col bambino, che diventa pittura di natura che si incarna agli occhi dell'orante. Intensità dello sguardo, cogliendo la profondità del suo pensare, toglie valore alla veste e al corpo, per esaltare solo il volto, occhi come porta dell'anima → concentrazione sull'interiorità dell'uomo, dove avviene riconoscimento dei peccati e processo di purificazione. Ritratto di un monaco: probabilmente olivetano, riduzione di valore al corpo e abbigliamento, totale esaltazione della testa e sguardo come porta dell'anima → riconosce davanti a sé l'amato → Cristo, al quale prega. Pittura raffaellesca → cogliere struttura e colore diversa di capelli, pelle, veste, su fondo neutro che svilisce ambientazione per esaltare interiorità che traspare dai volti. Roma, metà anni 90: Michelangelo Merisi, meglio noto come Caravaggio, suo paese → presso abitazione del cardinal del Monte. Purezza della lingua e della composizione. Incontro amichevole: il giovane si rivolge con sguardo intenso a qualcuno di fronte a lui, spalla scoperta → si mostra aperto e disponibile all'incontro. Bontà del volto rotondo e quieto, natura semplice dell'orto di casa, di stagione, ha bacature e marcescenze tipiche. Stessa cesta con stessa frutta bacata e irregolare → la cesta è segno di Cerere, dea della terra, che produce frutti dolci, uva, fichi, nespole, pesche, melagrana. Lode della natura, come dolcezza, che condiziona gli uomini legati ad essa → gentile apertura al prossimo. Apertura degli occhi incantati rivolti a chi è di fronte dei due musici al centro, e quello di spalle, che offre se stesso all'incontro. Amorino disceso dal cielo per raccogliere grappolo d'uva → dolcezza della natura semplice, come sentimenti delle figure. Bacco, Uffizi, forse donato dal cardinal del Monte a Ferdinando I de' Medici: dolce rotondità, immersione nella natura dolce di frutti semplici raccolti nell'orto, offerta di sé attraverso la spalla, verso colui a cui punta gli occhi, e verso il quale offre vino, è prima porzione di vino presa dalla brocca → no segno di ubriacatura, ma definisce Bacco come Lenèo, ovvero produttore di vino, come dice anche la corona di foglie e grappoli d'uva, e soprattutto come Lièo, ovvero scioglitore → infila il dito in nodo stretto per scioglierlo, indica in lui colui che attraverso vino scioglie la gioventù che a lui si offre. Caravaggio mette anche in evidenza la difficoltà di tenere fede a semplicità e purezza di natura → figure contratte dei giovani della Buona Ventura, e giovane morso dal ramarro: come altri dolcezza dei lineamenti e offerta di sé nella spalla scoperta, ma anche diversità → rosa all'orecchio, che indica Venere, identità fortemente femminea che non c'è negli altri giovani, è goloso perchè sta cercando di prendere ciliegie, eccesso, no calma degli altri. Riferimento sessuale: in canzone De' Ciurmatori di Machiavelli (coloro che sbeffeggiano le lavandaie) si parla del pericolo che esse corrono nella posizione che assumono per lavare, per via dei rettili che ci sono nei lavandai → parla di serpenti, lucertole, e poi ramarro → indica amore tra uomini → morde il giovane provocandogli dolore e scatto che altera sua bontà e dolcezza, mentre cerca di prendere ciliegie → riferimento al sedere dell'uomo. Caravaggio quindi fa discorso etico, terreno, di bene e male, relativo alla natura e all'immersione piacevole in essa. Linea della grazia: umanesimo contemplativo che si nutre dei temi platonici, innamoramento della bellezza come un non so che, non regolata da geometria e semplicità, ma bellezza che è frutto del rapporto di innamoramento della figura rappresentata → è parziale. Forme graziose che perdono ordine e regolarità. Tiziano, Veronese, che fanno contraddizione con loro arte degli anni 40-60, e Barocci, Annibale Carracci. Tiziano: torna a fare Flagellazione (anni 40) → rispetta l'iconografia scelta, gesti e pose, ma cambia nella sostanza. Nella prima esaltava natura come colta nell'istante della sua verità naturale, quindi dolore a cui Cristo fugge, nella seconda Cristo appare remissivo, privo di reazione dolore a verghe che lo colpiscono → essiccazione del vigore precedente, riduzione dei valori di bellezza esteriore, ma aderire alle inepte sententiae, ovvero “irregolari sentenze” che si riconoscevano alla Bibbia della vulgata girolamina, cioò testo della chiesa cattolica che il mondo protestante ha superato con traduzioni in lingua moderna → è pittura che fa errori, omissioni, scorrettezze, è solo legata a innamoramento verso ciò che più colpisce immaginazione dell'artista. Veronese: dalle grandi costruzioni solari degli anni 60, con molteplicità come gradino verso eternità, negli anni 80 fa Gesù nell'orto (Brera). Architettura solenne ridotta a un rudere, cielo con nuvole che passano e sole splendente è ridotto a notte, selva oscura, solo un raggio di luna si ferma su un tronco. Porta sul primo piano la figura di Gesù che annulla se stesso e sua volontà di uomo rispetto a volontà di Dio, luce che fiotta dall'alto e trasfigura l'angelo e Cristo, che si consegna trovando pace e riposo. Ricerca di annullamento e di una bellezza interiore → capolavoro finale, nella Chiesa di San Pantalon, Venezia: medico dell'imperatore Pantaleone, che di fronte a fanciullo morente per morso di un serpente, (è già intervenuto il prete per dare l'estrema unzione, altro sacramento cattolico), rinuncia a strumenti del suo mestiere che un fanciullo gli sta offrendo, accetta solo la preghiera per ottenere salvezza del fanciullo. Riduzione per potenziare intensità spirituale della bellezza → mondo oscuro dominato da figura di satiro, da cui emerge figura in rosso, volto irradiato da luce. Federico Barocci: inizia sua attività con Madonna del popolo, per Arezzo (ora Uffizi): pittura che dipende da suo maestro Taddeo Zuccari (cappella Frangipane), accetta la naturalezza ma toglie artificio e complessità, tutto appare dettato da grazia superiore, quiete profonda → prima di ottenere colore e forma, dipingeva a strati diversi di colori, in modo che colore finale risultasse da somma di tali strati → ottiene senso di profondità di incarnati, vesti, paesaggi, grazia dei gesti e parzialità dei punti di vista → contemplazione della divinità. Barocci è allievo spirituale anche della grazia di Correggio per questo. Si concentra molto sull'infanzia di Gesù, legandola sempre al mistero del sangue che verserà contesto storico di quegli anni, ma proiettati tra 700 e 800 su dimensione storica precedente. Due artisti che invertono loro posizioni che avevano negli ultimi anni del secolo precedente: Annibale Carracci, arriva a Roma nel 95, aderisce a linea di raffaellismo, e Caravaggio che da mimesi naturale passa al mistero della luce che attualizza forme sull'oscurità. Linea della mimesi naturale, che diventerà poi forma retorica dell'arte → a inaugurarla è Carracci, che arrivato a Roma si dedica alla decorazione del palazzo Farnese, volta e camerino farnese, e poi grandi tele Aldobrandini, che saranno modello del paesaggio successivo. Volta: profondo cambiamento rispetto a decorazioni ad affresco del periodo bolognese → non più come a palazzo Fava, opposto per senso di luce che svela mistero della bellezza, ora luce zenitale che trionfa su tutta la volta, e scala immaginativa diversa → non più pittura di pittura lontana, narrativa e relativa all'azione, e pittura di scultura posta al grado più profondo, colta da luce misteriosa, ma ora pittura di pittura sul fondo e pittura di scultura a 2 gradi come Michelangelo: grado bassorilievo più basso e lontano, grado altorilievo più alto e rilevato, al grado massimo pone pittura di natura → figure colorate, manca grado della divinità che a palazzo Fava era il vertice. Contemplazione della bellezza naturale, in luce che non è più motivo di mistero, ma è svelatrice. Passaggio drastico da ispirazione a percezione. Scelte linguistiche: non più maestri angelici, ma quelli che più esprimono contemplazione sul piano naturale → ricompare pittura di Raffaello (mimesi di struttura e colore) e di Michelangelo (potenza scultorea dei telamoni, inseriti però in chiarezza di luce che toglie mistero). Cambiamento anche sul piano dei paesaggi: serie di lunettoni di grandi paesaggi con episodi della vita di Cristo → tele Aldobrandini, famiglia committente. Ha aiuto, suo allievo Domenichino. Paesaggio che tradisce misterioso paesaggio dell'epoca bolognese (Kress): a impedire visione di percezione dell'immagine c'è quercia che occupa primo piano → introduce mistero, perchè la figurazione successiva è scorta in stato di parzialità amorosa per la bellezza. Tela Aldobrandini: paesaggio si apre per far scorrere occhio nelle lontananze, distendersi nella contemplazione della bellezza, in cui colloca storia sacra, ben comprensibile. Fuga in Egitto: Nilo che la famiglia che ha traghettato con la barca, sta riprendendo percorso in terra d'Egitto. Tutto in primo piano e accompagnato da aprirsi del paesaggio armonico e sereno, contemplazione della famiglia e della natura. Da tale linea inizia scuola degli emiliani, chiamati a Roma o lavorano in Emilia → interpretano con attenzione retorica le aperture di Annibale, attraverso 3 linee: – purità → si ispira a Raffaello giovane – eloquenza ciceroniana → si ispira a grande scultura dell'inizio del periodo classico greco, Fidia e Prassitele – linea estatica → si basa su scultura ellenistica, come Laocoonte. Domenichino, allievo di Annibale → nel paesaggio sviluppa tema della chiarezza narrativa e natura che si apre a distendere occhio. Prende però carattere di forte purismo raffigurando la persona umana: due grandi cicli → 1608-9 a Grottaferrata, villa intorno a Roma, affresco nella cappella con storie di san Nilo, e 1616 nella chiesa romana di san Luigi dei Francesi, cappella di santa Cecilia. Intorno al 20 si sposta a Napoli e poi torna a Roma. Storie di san Nilo: ritorno a Raffaello giovane e al Perugino → nella costruzione prospettica del pavimento a quadrettoni, concezione puristica della pulizia della forma e del contenuto → figure di età diverse ma hanno tutte ingenuità da bambini. Esaltazione della purezza e semplicità, ricerca di purità estetica. Disegni: riprendono grafica di Raffaello giovane → grafica raffaellesca che coglie struttura e superficie senza introdurre segno grafico potente, basandosi su velature parallele per dare colore e ombre → purezza della figura. Forma pura dell'ovale del volto, semplicità di animo puro. Linea della purità, pittore emiliano, Albani: prosegue pittura di Annibale romano in senso puristico, semplificazione formale. San Giovanni in Persicéto a Bologna: tenerezza, mimesi di una natura semplificata nella purezza → Francesco e Giovanni Battista e san pietro che contemplano la Vergine col bambino. Temi pagani: Giove e Pandora, pinacoteca nazionale di Bologna → ricerca di purezza e semplicità. Linea di Guido Reni: no allievo di Annibale, si forma con pittore bolognese, Calvaèrt, e viene a Roma nel 600. Atalanta e Ippomène: non cerca semplicifazione puristica del Domenichino e dell'Albani, ma bellezza di forme più mature, no attenzione a infanzia, si muovono a cercare equilibrio nelle loro pose → l'immagine cresce e si chiude armoniosamente. Riflesso della retorica ciceroniana, sviluppata nelle prediche religiose → armonia che si chiude e comprende tensioni e contrapposizioni. Battesimo di Gesù: gioco di armonizzazione di pose diverse, virile e calda dolcezza e bellezza dei volti. Modo ciceroniano di contenere tutto entro gioco armonico è rotto da artista emiliano del 600, Giovanni Lanfranco, che parte da Ludovico Carracci e sua esaltazione della forma complessa, con fine di stupire → è pittore delle grandi estasi e cupole, senso di ellenistica bellezza, figure che si aprono alla luce, pittura di scultura per lucentezza delle superfici e bellezza plastica dei corpi, che inserisce nelle cupole. Cupola della cappella di S.Gennaro nel Duomo di Napoli: bellezza ellenistica, forme plastiche e scultoree. Linea della grazia come mistero di luce, Caravaggio e una parte dei suoi seguaci, e linea pindarica, esalta nella bellezza il salto pindarico → due linee che nella critica sono linea del realismo e del barocco. Evoluzione di Caravaggio radicale, da metà degli anni 90 sotto il cardinal Del Monte, e poi fase di profondo chiaro-scuro verso il 1600 fino alla morte nel 1610 → successo romano, poi omicidio e fuga, prima a Napoli, poi a Malta, Sicilia, Napoli, e rientro perdonato a Roma, ma morì nel porto Ercole nel promontorio dell'Argentario, di febbre nell'ospizio del paese. Sua linea è quella del mistero della luce, bellezza figurativa e sue ragioni spirituali ed etiche. Chi si rifà al Caravaggio interpreta in modo diverso questi pensieri. Passaggio tra prima fase con pittura chiara nei contenuti, mimetica, e fase scura, in cui la mimesi è trascesa da luce che coglie mistero dell'immagine nell'oscurità. Si rifà al grande tema nato nelle botteghe del 500, colto da tradizioni giorgionesche e leonardesche (Savoldo e Boltraffio), senso aristotelico dell'attuarsi della figura nella luce, potenza nelle tenebre, mistero della bellezza che si rivela nell'oscurità. Punto di vista tecnico: Caravaggio inizia a dipingere in studi che avevano pareti brune dipinte così, stanze oscure con possiblità di dosare luce che penetra → fascio circoscritto che colpiva il soggetto nell'oscurità del fondo → senso di apparizione del corpo umano colpito dalla luce. Punto di vista spirituale: discussione che scuoteva il mondo cattilico sulla grazia → luce: rende visibile e quindi attivo il corpo nell'oscurità. Dibattito tra 2 spagnoli, un frate domenicano, Domingo Bañez, e gesuita, Molina → interpretano la grazia come elemento fondamentale della vita dell'uomo, la attua, ma differiscono per risposta che l'uomo deve dare: – per Molina è risposta di collaborazione dell'uomo attraverso volontà, attraverso le opere → azione di carità, ispirandosi a epistola di Giacomo (2,14-26), cattolica, rifiutata dal Nuovo Testamento dei luterati e chiese riformate → come il corpo senza spirito è morto, così la fede senza le opere è morta – Banes esalta la grazia indipendentemente dalla collaborazione dell'uomo, vedendola come qualcosa di non mediato dall'azione dell'uomo. Caravaggio attua le sue figure nella luce di grazia in modo molto parziale → volto quasi non toccato dalla luce, si volge indietro, corpo resecato da tenebra. Quindi la sua posizione si avvicina a quella di Banes, che esalta potere della grazia indipendentemente dalla risposta dell'uomo → parziale, non totale. Caravaggio: uomo violento, omicida, non riuscì a conciliare grazia ricevuta nell'arte con vita adeguata. Nella sua pittura non c'è abbandono alla bellezza, ma essa si coglie nella sua freddezza di forme. Immagini autobiografiche nelle sue opere del periodo oscuro → si rappresenta nel giovane che segue soldati che catturano figura di Gesù mite, al ferro che lo stringe oppone le mani giunte per dire di non voler reagire → lui è con traditori di Cristo, luce che alza per vedere bene cosa succede. San Luigi dei francesi, martirio di san Matteo: autoindagine, volto triste e malinconico, sta fuggendo sul fondo dell'immagine (ingrandimento) senza reagire al boia che vuole uccidere San Matteo. Primo episodio, di fronte: momento sereno della chiamata di Matteo e sua risposta a Gesù. Si raffigura come Golia ucciso, bocca aperta, occhio chiuso, fronte sfondata, nelle mani di Davide, virtuoso, lo tiene lontano mentre gronda di sangue. Risposte diverse alla luce di Caravaggio da parte dei suoi seguaci, interpretazioni personali: – interpretazione platonica, secondo scale immaginative ficiniane → Orazio Gentileschi – interpretazione secondo Molina → Bartolomeo Manfredi – piacere estetico che la luce dà, non più luce di grazia ma luce come strumento di piacere → Battistello Caràcciolo. Orazio Gentileschi, pisano: interpretazione secondo molinismo, ma attraverso gamme di colore diverse che implicano allusione a scala ficiniana della salita verso splendore della divinità. Visione di Santa Francesca Romana, Urbino: con mimesi naturale fa incontro tra la santa e Bambino, incontro di spirito. Dipinge i colori apicali della scala finciniana: bianco del velo della Madonna, candido del mantello della santa, splendido dei capelli dorati di angelo, Gesù e Madonna → 9°, 10° e 11°, che precedono il 12°, che è lo splendore → fonte sul fondo, fonte dell'empireo, da cui scende luce che attualizza colori. Orazio interpreta linea platonica della scala immaginativa → spesso mistiche unioni tra uomo e divinità. Maddalena penitente nel deserto: vede la luce della divinità, in confronto a quella più transitoria che si vede dal fondo della caverna. La luce della divinità attualizza il candore delle pelli nude, splendido della veste e dei capelli che la unisce alla grazia. Estasi di Francesco: abbandonato su angelo splendido che splende nella luce della notte e della luna → dimensione di splendido che precede lo splendore. Bartolomeo Manfredi: bergamasco, pittura caravaggesca → compie passaggio da sua drammaticità a traduzione su forme di incontro tra uomo e luce (accezione molinistica), discorso che si dipana sul piano e traduce tensione caravaggesca in situazione di banchetto, musici. All'inizio del 700 sul Manfredi calò definizione → interprete del metodo manfrediano, importante per generazioni successive di caravaggeschi, dal 20. profondità del cielo da cui l'angelo scende, che addita. Aspetto metaforico dell'arte → Mochi, due cavalli Farnese in piazza Cavalli a Piacenza: modello del cavallo con cavaliere di origine 400esca è superato → crine e coda sono metafore di corsi e spruzzi d'acqua, immaginario pindarico per dare senso della maestà della corsa del cavallo. Anni 30, complesso berniniano delle statue per nicchioni dei pilastri che sostengono cupola di S.Pietro: Veronica → interpreta figura che corre a prendere impronta del volto di Gesù, come fosse vela che gonfia panni della veste, dando idea di vele gonfiate dal vento. Pittore fiammingo che viene a Roma nei primi del 600, e rimane in Italia tra 1601 e 1608, tra Roma e Mantova → Pietro Paolo Rubens, ciclo della chiesa di Santa Croce di Gerusalemme su Passione di Cristo, e Madonna tra angeli nell'oratorio dei Filippini a Roma: evidente riferirsi a grandi esempi passati, Veronese per gli splendori, Tintoretto per mistero di ombre e luci irregolari. Dà però maggiore presenza di disegno: sostiene le figure con disegno che permette di creare struttura interna, introduce nello stupore il senso della meraviglia per qualcosa di superiore che viene rivelato. Madonna tra gli angeli: riferimento a Veronese per presenza celeste radiosa (Palazzo ducale e a san Sebastiano) → dà senso di salto pindarico attraverso pittura veloce che dà senso di ispirazione continua proveniente dalla divinità. Due pittori che crescono in questo tempo di scontro tra mondi religiosi diversi: Berdardo Strozzi e fiorentino Ludovico Cardi, detto il Cigoli, suo paese. Strozzi è frate cappuccino che all'inizio del secolo vi entra, poi negli anni 20 sollevato dall'incarico per permettergli di seguire madre anziana. Origine genovese, ma vive molto a Venezia. Riflessione su Caravaggio, figure che incontrano luce, cercata con occhi, più tenerezza graziosa della plastica pittorica del Barocci → San Francesco: carni tenerissime di Barocci, arsione volto dipende da Rubens, carattere tipico dei genovesi, attuarsi nella luce di Caravaggio, velocità del tratto di Rubens → dà senso di immersione del santo nella divinità, indipendentemente da morte che lo circonda, bellezza della natura. Adorazione del Cristo: ritornato giovanetto, per esprimere dolcezza e terribile morte. Figure di sante che con pittura liquida esprimono loro dolore. Ludovico Cardi, Cigoli: parte da ultimo 500, chiarezza mimetica di Santi di Tito e utime opere del Bronzino. Va oltre mimesi, riprendendo dolcezza e grazia della pittura del Barocci → corpo di Isacco e volto di Abramo: senso di dolcezza e tenerezza. Maturità, Ecce homo, Palatina: Gesù mite e dolce, dipinto come se fosse cera scolpita, tenero. Deposizione dalla croce, Palatina: corpo dolce di Gesù accartocciato su se stesso. Artisti che nell'epoca controriformista, anni 80 e 90 del 500, mutano loro forme espressive → Annibale Carracci e Caravaggio: – Annibale passa da essere uno degli apici dell'umanesimo contemplativo e della grazia, a umanesimo più attivo e concezione mimetica dell'arte → vertice della scala immaginativa è la natura, contemplata in modo immanente, Raffaello – umanesimo immanente e mimesi naturale di Caravaggio passa a pittura di grazia, vista nell'azione della luce che attualizza la figura dalla potenzialità delle tenebre → essa può toccare interamente o in parte la figura: due interpretazioni della grazia nella chiesa cattolica → risposta dell'uomo attreverso le opere di Molina, e quella di Banes, np risposta dell'uomo alla grazia, passività. Cambiamenti che diventano fonte di 2 grandi vie artistiche: artisti dell'inizio del 600 → valore retorico per tempo di aspro contrasto con protestantesimo, pontificato di Paolo V Borghese. Sulla linea di Annibale, varie forma della retorica → purismo retorico: purezza delle figurazioni nel Domenichino e Albani, retorica più ampia e ciceroniana in Guido Reni: figurazione a gesti contrapposti → collaborazione delle figure, discorso che si chiude sempre in se stesso. Linea che diverge molto da quella della retorica più sublime e impetuosa di Lanfranco: prende a modello la grande arte ellenistica → figure poste sulla diagonale della tela o della parete → senso di apertura e di plastica consistenza della figurazione. Sul piano della grazia caravaggesca ci sono risposte diverse, forte retorica → accettazione della linea molinistica → scala platonica dei gradi dei colori di Orazio Gentileschi, e accettazione della luce in Battistello Caràcciolo → Battesimo: riprende Caravaggio di Napoli. Gherardo delle Notti → luce interpretata nel senso della percezione sensibile e cirenaica dei beni presenti → lode della passione sessuale che accende gli animi dei 2 giovinotti. Luce caravaggesca diventa nel caso di Procaccìni, il mezzo epicureo per cogliere la bellezza da più punti di vista → Caino che uccide Abele: presi da punti di vista diversi, e probabilmente derivati dalla scultura di Giambologna. Linea della sublimità e del salto pindarico → Morazzone: figure pittoriche che si innalzano sull'umana tristezza e dolorisità delle figure scolpite nei sacri monti → salto in piano opposto: metafore figurative delle vesti che si gonfiano → metafora della nuvola, per dare senso di un salto verso una dimensione altra rispetto alla transitoretà sensibile. Mochi: angelo del Duomo di Orvieto → artificiosità ripresa dal Giambologna è mutata dalla verità metaforica → vesti gonfiate dal vento: profondità dei cieli o del mare. Riferimento al Caravaggio e al Barocci → Bernardo Strozzi e Cigoli: vibrare interiore e spirituale. Cigoli parte da Santi di Tito ma recupera naturalezza di Andrea del Sarto e la carica di spirituale intensità del Barocci. Situazione nuova che si crea intorno al 20 del 600, che coincide con 2 grandi pontificati: Ludovisi e Urbano VIII Barberini, che succedono a Paolo V Borghese. Generazione che ritrova senso della bellezza e dell'amore verso di essa, tradizione platonica e neoplatonica. Ciò coinvolge sia artisti, sia musici, sia letterati → non solo artisti ma anche i loro committenti. Arte che incarna la bellezza, spiritualizzata da luce di grazia. Anziano vescovo di Bologna, Ludovisi, che sale al soglio pintificio come Gregorio XV nel 1621 → grazie a suo nipote, cardinale Ludovico Ludovisi, diventa grande collenzionista di arte antica, che fa restaurare dall'Algardi. Papato breve (21-23) → dal 23 a 48 pontificato di Maffeo Barberini, Urbano VIII, origine toscana, Barberino Val d'Elsa, dove sua famiglia aveva nome di Tafàni → loro stemma → nel corso della loro crescita mutano loro nome da Tafàni in Barberini e emblema dal tafàno, puntura dolorosa, a più produttiva e dolce ape → api barberini che dal tempo del regno di Urbano VIII iniziano a popolare opere berberiniane: grande baldacchino, tabernacolo del ciborio sotto cupola di san Pietro (Bernini) e affresco del soffitto di palazzo Barberini (Pietro da Cortona). Artisti nati intorno al 1600, 3 linee: – grazia caravaggesca, mediata dal Manfredi → artisti francesi come Valentin,Vouet, Georges de La Tour, e spagnolo Rivera – grazia carraccesca, Carracci giovane, bolognese – grazia neo-veneta, Tiziano giovane degli anni 20 → Guercino emiliano, francesi Claude Lorrain e Poussin, belga scultore Duquesnoy. Linea del pindarismo, salto pindarico (barocco): protagonista è Gian Lorenzo Bernini in scultura e in pittura van Dyck. Linea della geometria come strumento intellettivo: architetto ticinese Borromini. Due linee che seguono intenzioni più mimetiche: magneficienza di Pietro da Cortona, e senso della chiarezza dell'Algardi. Linea della grazia caravaggesca → Manfredi: dà interpretazione del Caravaggio romano secondo molinismo → figure che si distendono a raccogliere luce che le riempie caldamente nei volti e nelle azioni. Da tale linea partono pittori caravaggeschi che iniziano sul 20 → francesi Valentin e Vouet e spagnolo Rivera, Georges de La Tour è l'unico che non viene a Roma e rimane in senso fortemente banesiano. Valentin: arriva a Roma intorno al 18 e vi rimane fino all'inizio degli anni 30, quando muore affogando nel Tevere. Nome accademico (accademia di pittori del nord): Amadòr (=amatore) → amore della bellezza e della virtù. Si autoritrae come Golia nelle mani di David e come Oloferne nelle mani di Giuditta. La luce molinesiana scende a colpire sia il vicitore che il vinto. Due immagini che rappresentano sua identità → si consegna al virtuoso e alla virtuosa, che indica la verità divina → si pone come colui che è innamorato della bellezza virtuosa di David e spirituale di Giuditta, si consegna come amatore. Amore verso bellezza virtuosa → molte raffigurazioni di giovani che suonano: colti dalla luce nella loro pienezza, con cui si mostrano a chi è di fronte a loro → non distraendosi da atto di chi li contempla, ma offrendosi alla contemplazione. Giovani belli ed eleganti che si dedicano a opera di bellezza, suono del liuto → trascurano loro identità che li porterebbe al negotium, non otium contemplativo → ha corazzetta che indica negotium delle armi, superato però dall'esposizione senza difeso di se stesso e sua bellezza a chi lo contempla → rimanda a bellezza in sé (Platone). National Gallery: tre uomini raccolti raccolti intorno a semplice tavolo, con un bambino che apre una gabbietta → 3 uomini di età diverse, giovane, mezza età (soldato) e anziano, che attraverso la musica, la lettura, e l'attingersi a bere vino, raggiungono condizione espressa dal bambino che apre la gabbietta → 2 significati: carcere del corpo che tiene l'uccellino, ovvero l'anima, oppure più carnale, la gabbia è sesso femminile che tiene sesso maschile (uccellino). Qui no significato volgare, ma spirituale → il corpo è carcere dell'anima. Il bambino ha aperto la gabbia da cui è già uscita l'anima → le 3 figure sono in stato di contemplazione e beatitudine. Soldato nello stato di riposo, ha armi, ma anche corona d'alloro, e si offre in posizione di riposo e intensa lettura, offre se stesso alla contemplazione di chi lo sta ammirando. In Valentin c'è ragionamento di Michelangelo → cosa porta alla contemplazione della bellezza e cosa distrae da essa. Verso la bellezza → Erminia tra i pastori: donna soldato che si perde da battaglia cruenta e incontra mondo di pace → viene dal negotium, apre se stessa a uomo che sta facendo cestini, che l'accoglie con sua famiglia in pace, dimensione lontana da violenza, negotium, lotte. Luce di grazia che scende su tutte le figure e le riempie di amore e dolcezza. Cristo che caccia i mercanti dal tempio: colui che rappresenta bellezza e sua contemplazione, ma che non ammette che il luogo della contemplazione si faccia negotium di soldi → la luce riempie Gesù ma è baluginante e incerta sugli uomini cacciati. Pittura di Valentin è pittura di contemplazione della bellezza: bellezza delle vesti, incarnati, piume, legni, corde. Pennellata ravvicinata che indica gustare poco a poco la contemplazione. Vouet: viene a Roma alla fine degli anni 10, negli anni 30 torna a Parigi e diventa pittore della corte reale → bellezza diversa, che si offre alla luce e alla contemplazione, ma con sodezza delle superfici, forza che le riempie dall'interno, le gonfia, predisponendole a Dopo primi anni emiliani, il Guercino guarda a questa arte → successiva rappresentazione dell'episodio di Erminia e Tancredi: no rinascita di Erminia alla vita nella luce, ma versetti iniziali del capitolo, più retoricamente efficaci → forsennata si tuffa di sella. Passaggio da amore per bellezza che risorge a retorica formale. Altro pittore che recupera grazia dell'Annibale bolognese, francese Claude Lorene, detto Claudio Lorenese, il Lorenese. Legato alla concezione del sole come forza divina → probabile lettura del platonico Plutarco, riedito in Francia negli anni 20 del 600 da editore Amyot → elogio della divinità come sole, “suo splendore è simulacro della clemenza, bontà e felicità della divinità, è creatura stabile e permanente che scende nella terra per riempire con suo furore, come ispirazione straniera che viene da fuori e causa deragliamento della ragiona → con entusiasmo.” opera alla Palatina: coglie raggio del sole sorgente che con sua Bontà dona felicità all'umanità, che si nutre della luce e riparte in sue attività e affari, come trasfigurata → entusiasmo che fa deragliare la ragione, bellezza che la luce rivela nel paesaggio. Paesaggi: appaiono più quieti e distesi → derivazione da paesaggi di Annibale, ma non c'è stessa ricerca di retorica esposizione del tema all'interno della scena che si apre teatralmente al centro. Pittura che coglie mistero di ombre e luci causate da sole, infinite gradazioni delle foglie degli alberi per luce diffusa che si estende nell'orizzonte, ombre in basso sotto gli alberi. Ricerca di mistero che pervade disegni a china: paesaggi di angoli di natura → ricerca del mistero divino, luce che entra e trasfigura mimesi naturale, ombre e luci che creano entusiasmo e deragliamento dalla ragione. Confronto di questo disegno con altri disegni che raccoglieva in volume, “Liber Veritatis”: catalogo dei suoi grandi paesaggi → sotto metteva parole per indicare tema, creato per evitare che si diffondessero falsi delle sue pitture, che erano molti sul mercato (ragione). Recupero del primo Tiziano, che esaltava momento apicale dell'amore, eros, amicizia, agape. Nicola Poussin: viene a Roma nel 12, pensiero stoico sulla provvidenza che guida l'umanità attraverso sue forze → morte e amore. Canzoniere di tema stoico espresso con arte ispirata secondo platonismo, bellezza ispirata dalla divinità. Apollo che abbevera il poeta: tema platonico della divina ispirazione dell'arte, pittura tizianesca → freschezza dei corpi, fronde, cieli → Apollo nudo, Galleria Spada: purezza e ingenuità che toglie troppo virile accenno al sesso maschile, forme tizianesche, piena freschezza del corpo tolto di asprezza virile. Scultore suo amico e compagno di stanza Duquesnoy gli dava modellini per fare ciò. Temi stoici: provvidenza si esprime attraverso morte e amore. Morte appare ai pastori di Arcadia → titolo “Et in Arcadia ego”: parole che leggono sul sepolcro → ego è la morte nel sepolcro, che è anche in Arcadia. Libertà, freschezza e scioltezza dei pastori che stupiti scoprono che anche in quel regno di pace e amore c'è la morte. Amore che vince l'inciviltà → Venere, dea della bellezza e amore, che cavalca capro, forze ferine dell'amore → lo doma e lo riporta all'amore che vince tutto, non amore furente. Rinaldo addormentato e Armida che lo trova (Gerusalemme liberata): momento in cui lei è nemica, sta per tagliargli la gola col coltello, nel momento in cui per girargli la testa la sua mano si incanta nel toccare la mano di lui e riccioli dorati → “da nemica divenne amante”, si innamora → amorino che trattiene il pugnale e la offre all'amore. L'amore quindi è la forza che vince tutte le bassezze dell'umanità. Nel 29 Poussin toccato da provvidenza, scopre di avere sifilide → sua pittura muta, lasciando freschezza amorosa, aderendo invece a bellezza più composta, composizioni più regolari → per esprimere più consapevolezza → fa di nuovo Et in Arcadia ego: qui però i pastori non si stupiscono dalla scoperta, ma leggono più attentamente e rassegnati la scoperta della provvidente morte che esiste anche in Arcadia. Riprese della pittura di Tiziano giovane ci sono anche nello scultore Duquesnoy: viene a Roma da Belgio negli anni 20, entra in amicizia e convivenza con Poussin, ma nella sua arte esprime sentimenti diversi da quelli di Poussin. Si riferisce a arte del 500 italiano, Tiziano giovane e grazia di Correggio → coglie senso di freschezza, ingenuità e leggerezza delle figure giovanili, gentilezza e semplice libertà. Baccante: ebbro e guarda calice colmo di vino che indica con la dx, ma no condanna di Michelangelo e Sansovino, ma disposizone da baccante di Euripide → “Baccanti”: il vino allontana il dolore e porta la pace. Pace di bambini (serie frequenti) che giocano, gesti di domare i capri, ingenuità dell'infanzia che vince testarda ferinità del capro. Due sepolcri di uomini olandesi, chiesa del popolo tedesco, Santa Maria dell'Anima, Roma: sepolcri semplici in cui pone figure di angioletti, che piangono reggendo telo con storia dell'uomo, corni da cui fuoriesce pelle di capro distesa → dimensione arcadica, otium contemplativo della vita dei campi. Spirituale ricerca che torna nell'immagine di Santa Susanna, Santa Maria di Loreto a Roma. Martire raffigurata come vestale, casta e semplice, serena, spirituale. Tendenza a ridurre e cogliere grado di infanzia spirituale che lo porterà a partecipare a complesso berniniano di sculture per vano centrale di san Pietro, sant'Andrea. Rispetto a scultura del poco e dello spirituale interviene Gian Lorenzo Bernini: figlio dello scultore Pietro Bernino, è nato a Napoli nel 1600. Nel 19, mentre fa ciclo delle sculture borghesiane, fa San Sebastiano: raffigurato in situazione di massima fioritura del corpo e dello sterno, ma implicita sfioritura del volto abbandonato e del bacino che sembra scivolare e cadere in basso. Introduce tema costante nella sua arte: salto pindarico tra situazioni opposte → bellezza in situazione di fioritura e sfioritura, apoteosi e morte del potere, abbaglio e cenere nelle figure mistiche. Apoteosi e morte → Urbano VIII, sepolcro: gioca sull'opposto del papa nell'atto supremo del suo potere con braccio alzato a benedire popolo, avvolto nella luminosità della veste, e triregno sul capo che indica potere sul regno della terra, del cielo e sottoterra, e figura inclinata in se stessa e scarnificata della morte, salto pindarico. Arsione e cenere dei mistici, li fa spesso → pensa di costruire l'architettura intorno aprendo in essa finestrine che permettono alla luce del sole di entrare per breve tempo, in cui sguardo della figura prende sua finalità. Prima estasi che fa, santa Bibiana, nell'omonima chiesa romana: foto che Del Bravo fece negli anni 80 aspettando arrivo del sole → lungo tempo d'attesa, e breve attimo di irradiazione → irradia la figura e dà senso a occhi rivolti al sole, petto e braccio che si apre a fiotto di luce. Breve fuoco e subito dopo torna cenere, lo sguardo perde senso → salto pindarico tra lungo dormire nella cenere e improvviso ardere nella luce. Più famosa, anni 50, Santa Teresa: dirige tutto corpo e sguardo alla luce che per breve momento la coglie e la riempie. Anni 70, beata Albertoni: attua se stessa nell'offrirsi alla luce che entra da finestrina, per darle senso. Pindarismo costante nella sua arte → 3 pontefici: – Urbano VIII – Innocenzo XI Panfili, ostile a lui, lo allontanerà da san Pietro (no) – Fabio Chigi, Alessandro VII, con cui si riavvicina nel 55 – alla morte di Alessandro VII → Clemente IX Rospigliosi (Giulio), dal 67 al 69. Per Urbano VIII fa capolavoro di pindarica elevazione, baldacchino o tabernacolo di San Pietro, sotto cupola. Nei grandi nicchioni alla base della cupola dispone figure di santi che hanno relazione con reliquie della croce conservate nelle terrazzine superiori alle nicchie → fa san Longino, chiede al Mochi di fare la Veronica, a Duquesnoy sant'Andrea, al Bolgi sant'Elena → si pongono sotto cupola come lancette che segnalano momenti diversi della giornata, incontro con luce che dà senso agli sguardi di tutti i santi a parte sant'Andrea che Bernini spostò. Per Alessandro VII fa in san Pietro l'incipit e conclusione del discorso nel grandioso loggiato di accesso della piazza → discorso che parte dalla decorazione pindarica del fondale della chiesa: salto pindarico tra nero e oro, tra cattedra retta da 4 padri della chiesa, 2 greca e 2 latina, che si innalnza a trionfo di angeli che fanno corona alla colomba dello spirito santo che si irradia e prende senso nelle ore avanzate del pomeriggio → luce entra da quella finestra: effetto di luce dorata che si irradia per tutta la chiesa, e scende momentaneamente sulle figure nere in basso. Si apre nella piazza San Pietro: il Bernini la aveva concepita come due grandi braccia che si aprono a comprendere il mondo nella luce discesa dal cielo, completamento della loggia centrale a chiudere → ultima loggia non fu fatta, togliendo effetto. Prima di Viale della Conciliazione, dove c'erano i cosiddetti borghi → si passava da costipazione architettonica a aprirsi improvviso e maestoso dello spazio, svettare della cupola di Michelangelo → foto degli anni 20, dietro la basilica c'erano giardini vaticani e campagna dell'agro romano. Alessando VII nel 65: Bernini va 7 mesi a Parigi richiesto da Luigi XIV → sviluppa per il Louvre l'idea di San Pietro, ma ordine gigante del colonnato viene ridotto a ordine gigante di lesene, due strutture architettoniche si aprono intorno a un centro, ma senza cupola → non Dio, ma re. Per Luigi XIV: identità di re sole → basamento che il Bernini prevedeva era sfera d'argento con indicati in smalto azzurro i mari e in argento le terre emerse, e con sopra cartiglio con scritto “picciola base”, per reggere sole, che è il re. Sguardo che guarda oltre la terra, verso suo percorso di astro nel cielo, veste fa da base, come coltre di nuvole da cui emerge sguardo radioso del sole sul mondo. Ultima opera del Bernini fatta per Clemente IX: gli chiese di far scendere sul Ponte dell'Angelo gli angeli con segni della passione. Significato pindarico → unire due opposti: scorrere del fiume e traghettare dell'uomo su di esso, su cui scende presenza divina. I due soli angeli eseguiti dal Bernini, ora in sant'Andrea delle Fratte: gioia dell'irradiazione, che subiscono additando segni del martirio di Cristo come via per risalire a luce da cui tutto discende. Generazione nata tra fine degli anni 90 e il 1600: cambiamento nell'arte e nella civiltà europea → ritorno alla bellezza svincolata da funzioni retoriche e operative. Si formano linee culturali e figurative che arrivano fino agli anni 80. Dalla grazia caravaggesca partono artisti che esaltano la bellezza come elemento da contemplare e eleva chi è innamorato di essa, o bellezza come ciò che nasce dalla pressione dell'anima vincente sul corpo, che si tende tutta alla ricezione della luce. Due visioni che si ispirano alla grazia molinistica. Rivera: bellezza di tipo plotiniano → non limitata alle forme belle, ma che scende nelle difformità e nelle sgradevolezze. Accezione di agostinismo aperto a tutto, che si attua in forme crude di verità naturale, offerte alla luce di grazia. Essa diventa dura e evita tripudio di forme in De la Tour: assolutezza che esclude umana
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