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Sbobine delle lezioni di Letteratura Inglese 2 della P.ssa Ilaria Natali., Sbobinature di Letteratura Inglese

CORSO: LINGUE, LETTERATURE E STUDI INTERCULTURALI. Sbobine integrate con tutti i testi affrontati in classe: il teatro di William Shakespeare, Oscar Wilde, la poesia romantica, ballate, monologo drammatico, narrativa (Jane Eyre, Frankenstein, Gulliver's Travels, Robinson Crusoe)

Tipologia: Sbobinature

2020/2021

In vendita dal 08/12/2021

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Scarica Sbobine delle lezioni di Letteratura Inglese 2 della P.ssa Ilaria Natali. e più Sbobinature in PDF di Letteratura Inglese solo su Docsity! Letteratura Inglese 2 — Ilaria Natali Lezione 1 Riflessione sull’idea di letteratura, un po’ in generale, e un po” con riferimento specifico alla letteratura nel 700 e 800: 1 “[...] literature is fiction” = letteratura è finzione. Quindi cosa leggiamo quando leggiamo letteratura? Di che cosa si tratta? Cosa ci troviamo davanti? Secondo W. W. Robson in The Definition of Literature and Other Essays (1984), saggio che tenta la definizione di letteratura, la letteratura si può definire come scrittura che rappresenta eventi non veri, non reali, la finzione. Non funziona molto come definizione. Se pensiamo alla letteratura inglese del 600, è chiaro che pensiamo a Shakespeare, è chiaro che pensiamo a Wilton, ma allo stesso tempo potremmo anche pensare ai saggi di Baken, o ai sermoni di John Donne. Se noi diciamo che letteratura è finzione, buttiamo fuori tutta questa parte di produzione, così come le autobiografie spirituali, tutti questi testi rimarrebbero fuori. Distinzione netta tra fatto e finzione non ci porta da nessuna parte, anche perché non sempre i confini tra queste due idee sono chiari e definiti. Soprattutto sono cambiati nel tempo: tra il 500 e il primo 600, la parola novel, che oggi viene usata in inglese per parlare di romanzo, era usata per descrivere ballate (news ballads) che raccontavano eventi realmente accaduti arricchendoli di dettagli più o meno veri. Quindi novel erano news, le novità. Vedete come sono instabili i confini tra quello che è vero e quello che è falso, e non è neanche credibile che tutto quello che è frutto dell’immaginazione, tutto quello che è fiction, sia letteratura. Questa prima ipotesi quindi non funziona. Allora se non possiamo definire la letteratura sulla base di vero falso, di frutto dell’immaginazione o meno, forse dobbiamo concentrarci su come usare la lingua in letteratura. “[...] literature [is] a special use of language which achieves its distincmess by deviating from and distorting ‘practical’ language. Practical language is used for acts of communication, while literary language has no practical function at all and simply makes us see differently”. Raman Selden, A Reader's Guide to Contemporary Literary Theory (1993). Ci dice che la letteratura ha un uso speciale della lingua, che è una deviazione dal linguaggio di tutti i giorni. Mentre nel nostro parlare di tutti giorni usiamo un tipo di linguaggio pratico, il linguaggio letteratura non ha funzione altrettanto pratica, e “ci porta a vedere le cose in modo diverso”. “Great literature is simply language charged with meaning to the utmost possible degree”. Ezra Pound, The ABC of Reading (1934). Dice che la grande letteratura è un linguaggio talmente carico di significato da andare oltre, a un livello superiore. Se seguiamo queste idee, la letteratura sarebbe una sorta di deviazione dall’uso parlato della lingua, significherebbe deformare, trasformare il parlato e lo scritto ordinario, quotidiano. Un fondo di verità c’è, forse non per tutta la letteratura, ma c’è. Se io sono alla fermata dell’autobus, qualcuno mi ferma e mi dice “gli autisti sono in sciopero” non c’è nulla di strano, “the drivers are on strike”. Io non mi sorprendo. Mi sembra un atto pubblicativo pratico e normale. Se invece, sempre alla fermata del bus, qualcuno mi ferma e mi decanta un verso di una poesia, io mi stupisco, perché c’è un disequilibrio tra significante e significato, il linguaggio è poco adatto al contesto. La lingua attira l’attenzione su sé stessa. Ma la letteratura non è solo poesia, non è solo linguaggio poetico, c’è molto altro: ci sono forme di scrittura molto più realistiche e naturalistiche, come il romanzo e ai vari tipi di romanzo, che comunque non si distinguono in modo sproporzionato rispetto al linguaggio parlato, della vita reale. Se noi citassimo delle parti dai romanzi di Brontè o di Shelley, probabilmente non sentiremmo questo forte scollamento dalla realtà tipico invece con la poesia, ad esempio, di Keats. L’altra domanda che ci si pone è: siamo sicuri di riuscire a distinguere, senza contesto, un’opera letteraria da un altro tipo di scritto? Prendiamo ad esempio queste due citazioni: 1. [He ate] the skin of the fowl crisped to gold, odoriferously swathed in a thick creamy sauce, golden also, piled with fleshy mushrooms fried in butter till they take on the gleam of varnished wood. 2. [He] ate with relish the inner organs of beasts and fowls. He liked thick giblet soup, nutty gizzards, a stuffed roast heart, liver slices fried with crustcrumbs, fried hencods’ roes. Most of all he liked grilled mutton kidneys which gave to his palate a fine tang of faintly scented urine. Quale di queste due, o sono queste due, citazioni letterarie? Sono due testi che si assomigliano molto, il testo uno parla di un gourmet con pelle dorata, con salsa cremosa, ecc. Nel secondo caso, abbiamo qualcuno che mangia con gioia. Ciò che potrebbe saltare all’occhio è che il primo è più cupo, il primo testo suona più musicale, il secondo testo è pieno di contrasti, sembra quasi difficile pronunciarlo. Tuttavia, il secondo è ricco di dettagli aggiuntivi, e c’è una descrizione emotiva che nel primo è assente. Per capire quanto, a volte, sia difficile riconoscere un testo letterario da un testo non letterario, il primo testo è citato come esempio di linguaggio settoriale della cucina, quindi non linguaggio letterario, ma gergo della cucina nella Encyclopedia of the English Language di Cambridge (la più autorevole che c’è). Non saremmo tuttavia più di tanto colpiti se vedessimo questo primo testo all’interno di un romanzo, perché a differenza del secondo, che, come abbiamo detto, è difficile da pronunciare, il primo è un testo armonico. Il secondo testo, pur essendo disarmonico, è in effetti un pezzo di un romanzo, più precisamente l’inizio del quarto episodio (intitolato Calypso) dell’ Ulysses di James Joyce, in cui il nostro Ulisse, nel romanzo Bloom, mangia e ama mangiare il rognone. Quindi vedete bene che è difficile trovare i confini della letteratura, soprattutto è difficile trovare i confini del romanzo. Essendo in prosa, molto spesso si amplia, diventa una sorta di macchia che assorbe in sé altri generi e altri tipi di linguaggio: dentro il romanzo ci si può trovare vari tipi di linguaggio specialistico, brani di altri generi letterari, pezzi di poesia. Il romanzo è un mix di mille cose diverse. licenze erano spesso erano anche specifiche, quindi ci dicevano cosa andava a fare l’insegnante, era come un contratto. Specificava se l’insegnate insegnava grammatica, se insegnava ai bambini o ai ragazzi un po’ più grandi. Riusciamo ad avere quindi delle stime di come funzionavano le cose all’epoca. Esistevano due tipi fondamentali di scuola: quelle che insegnavano ai bambini a leggere e a scrivere, e quelle per ragazzi un po’ più grandi, che imparavano invece la grammatica e l’aritmetica, considerate conoscenze più avanzate. Tra 1660 e il 1700 queste licenze si moltiplicano notevolmente, e di conseguenza si moltiplicano anche le scuole. Il moltiplicarsi delle scuole non vuol dire assolutamente che la cultura di base fosse tanto comune come ora, anzi. La maggior parte delle famiglie, specie quelle meno agiate, non avevano neanche accesso all’istruzione elementare. Questa era la situazione più comune, considerando anche che per le famiglie povere l’età per andare a lavorare era 6 anni. Se un bambino fosse riuscito a sopportare il peso di quello che doveva portare, sarebbe andato a lavorare. Essendo quindi abili a 6 anni per lavorare, molto spesso i bambini venivano tolti da scuola e, se andava bene, magari avevano un anno in cui imparavano a distinguere qualche lettera dell’alfabeto. Ricordiamo inoltre che i 5-6 sono gli anni in cui si impara a leggere e a scrivere, e togliendo i bambini da scuola diciamo che si spezza la formazione. Si imparava prima a leggere e poi a scrivere, quindi alcuni verso i 5 anni imparavano a leggere, ma non sapevano scrivere. Un esempio pratico è Thomas Tryon, nato nel 1634, morto nel 1703, è stato uno scrittore e saggista. Veniva da una famiglia estremamente povera che abitava in un paesino dove il padre faceva dei piccoli lavori di manovalanza. Aveva molti fratelli e sorelle, ma in ogni caso riesce a ottenere un minimo di istruzione. Naturalmente avere una famiglia molto nu erosa non aiutava, soprattutto per le questioni economiche. “About Five Year old, I was put to School, but being addicted to play, after the Example of my young school-fellows, I scarcely learnt to distinguish my Letters, before I was taken away to Work for my Living”. Ci racconta che quando aveva cinque anni viene mandato a scuola, ma essendo molto appassionato a giocare, aveva a malapena imparato a leggere. Poi è stato tolto da scuola per iniziare a lavorare. Questo è un caso reale di ciò che era tipico al tempo. Inizia un po’ a imparare a leggere, e poi nel giro di un anno viene mandato a lavorare. Come ha fatto quindi a diventare un saggista famoso? Cosa è successo tra il periodo in cui è stato mandato a lavorare e il periodo in cui addirittura i libri li scriveva? Questo può essere anche un grande esempio di forza di volontà e di iniziativa personale. “now about Thirteen Yeras Old, I could not Read; then thinking of the vast usefulness of Reading, i bought me a Primer, and got now one, then another, to teach me to Spell, and so learn’d to Read imperfectly [... ]. But [...] having learn’t to Read competently well, I was desirous to learn to Write, but was at a great loss for a Master, none of my Fellow-Shepherds being able to teach me. At last, I bethought myself of a [...] Man who taught some poor Poeple’s Childrento Read and Write; and [... ]I applied myself to him, and agreed with him to give him one of my Sheep to teach me to make the Letters” Quando a 13 anni si rende conto che non sa leggere bene, si compra uno di quei primi libri che i bambini usano per iniziare a leggere, e cerca anche qualcuno che gli insegni a scrivere. Purtroppo, non era bravo a leggere perché i suoi stessi insegnanti non erano loro stessi dei provetti. A un certo punto riesce a trovare un uomo che insegnava ai bambini delle famiglie più povere a leggere e a scrivere, e visto che Tryon, nel frattempo, era riuscito a comprare delle pecore (era quindi possidente di un gregge di pecore), paga il suo maestro in pecore per imparare a leggere. Vediamo quindi che il percorso che si intraprendeva all’epoca per istruirsi non è lo stesso che ci possiamo immaginare oggi, non c'erano all’epoca molte possibilità di avere un’istruzione continua come quella di cui usufruiamo noi oggi. Qui, quando si parla di più bambini che imparano a leggere e a scrivere, si tratta semplicemente di più opportunità per i più piccoli, per i bambini sui 5 anni, di avere almeno un primo approccio all’ ABC, alla lettura. Dopodiché molti di questi, i più poveri, andavano a lavorare e spesso rimanevano senza un'istruzione. A quell’epoca si poteva quindi dare per scontato che le classi sociali più alte, la nobiltà, l’alta borghesia, fossero pienamente alfabetizzate (sapevano quindi leggere e scrivere), anche se c’è da dire che esisteva una differenza tra uomo e donna, perché per la donna non era considerato essenziale, perché tanto c’era l’uomo che scriveva e leggeva per lei. Per le altre fasce della società, verso il 600-700, vigeva una stima di persone che erano in grado di firmare i documenti, chi era capace a scrivere il proprio nome e che quindi chi era capace di riprodurre un minimo le lettere dell’alfabeto. Non bisogna quindi immaginarci che chi sapeva scrivere il proprio nome fosse pienamente alfabetizzato. Le stime (ovviamente parliamo di istruzione elementare di base): e 11% donne, e 15% manovali, + 20% contadini (probabilmente avevano quel minimo di istruzione perché spesso dovevano avere a che fare con vendite e acquisti dei prodotti delle loro terre, quindi almeno il loro nome imparano a scriverlo, ma questo non significa che sapessero scrivere tanto di più), e 56% mercanti e artigiani (a maggior ragione loro avevano bisogno di essere un po” più alfabetizzati per i documenti relativi ai loro negozi o alle loro attività), e 65% piccoli proprietari terrieri (classe sociale già più alta rispetto alle precedenti) Ma comunque c’è una crescita di questi dati, è incoraggiante il fatto che verso la fine del 600 c’è un miglioramento. Per darci un termine di paragone, in Francia in quel periodo le stime erano molto più basse. Quindi diciamo che a vederle ora, queste percentuali ci sembrano scoraggianti, ma per gli standard dell’epoca in Europa, erano quasi incoraggianti. Quindi coloro che potevano leggere erano pochi, ma in continua crescita. 2. La diffusione della stampa Se molti iniziavano a saper leggere, che cosa si leggeva? Burke stimò che il pubblico dei lettori a metà del 700, su una popolazione di circa sei milioni, era di circa 80.000 persone. Nel 1704, meno dell’1% della popolazione comprava giornali settimanalmente. Allo stesso tempo, quando passiamo al Settecento, la pubblicazione annua media di nuovi libri aumenta di quattro volte: da 1666 al 1756, si pubblicano meno di 100 libri l’anno, dal 1796 al 1802, sono pubblicati 372 libri l’anno. Perché non era così diffusa l’alfabetizzazione? Perché quando manca il necessario per sopravvivere, si usa la cultura (il leggere, lo scrivere, ecc.) solo per far di conte e per far fronte alle necessità più immediate. Immaginiamo che se la popolazione generale è molto povera, se la maggior parte delle persone è al limite della sussistenza (2.800.800 persone su 5.500.000 circa, per lo più braccianti e servi a ore), che importanza può avere una familiarità tale con la scrittura e la lettura da essere in grado di leggere la letteratura? Non si ha tempo libero, non si hanno soldi per comprarsi i libri. In effetti, se alcuni iniziavano a leggere tra ‘600 e ‘700, cosa c’era da leggere? Il periodo che noi studiamo a lezione vede proprio un picco nella produzione di libri a stampa, che si fanno sempre più avvicinabili dal punto di vista del prezzo. Sappiamo che a inventare la stampa fu Gutenberg nel 1455, data che coincide con la pubblicazione del primo libro a Mainz, ma prima che la stampa si diffonda in Inghilterra c’è da aspettare un ventennio. È solo nel 1476 che William Caxton apre la sua prima stamperia a Westminster Abbey, ed è chiaro che questa è una rivoluzione nella comunicazione, questo è uno dei motivi per cui a mano a mano si abbassano i prezzi dei libri. Cambia anche il concetto di letteratura e di libro a stampa. Tuttavia, questo cambiamento non c’è da immaginarlo subitaneo, non è una frattura improvvisa, è una rivoluzione lenta che però ha un impatto importantissimo. La produzione di massa abbassa ovviamente i prezzi, e abbassando i prezzi aumenta il pubblico di lettori. Però in che modo questo pubblico si amplia, quanti in realtà possono avere veramente accesso ai materiali a stampa? Teniamo di conto che i romanzi per il tempo costavano di media 30 pence (non era un prezzo stabile, era una media. Romanzi più lunghi costavano di più, romanzi più snelli costavano di meno). Se pensiamo che certe categorie, come i braccianti, guadagnavano 100 pence al mese, capiamo bene che comprare un romanzo da 30 pence era un acquisto proibitivo. Un libro significava spendere una cifra che equivaleva una settimana di lavoro, che non solo doveva bastare al bracciante, ma anche al resto della sua famiglia. Per quanto riguarda invece le classi medie, che guadagnavano 400 pence al mese (30-60 sterline l’anno), con qualche sforzo potevano permettersi un libro. Quindi più si abbassa il costo di un romanzo, e più migliora la situazione della classe media e della borghesia, e più è quindi in questa fascia che abbiamo il nuovo pubblico di lettori. In altre parole, i libri iniziano a costare un po’ di meno, la borghesia e le classi medie diventano piano piano un po’ più ricche e quindi abbiamo quel felice “matrimonio” tra letteratura e borghesia inglese che caratterizzerà tutto il 700 inglese. Cosa facevano gli editori per rendere più facile l’accesso alle persone? Innanzitutto, si sviluppano (soprattutto nel 700) numerosi giornali e periodici. Il vantaggio era che costavano poco, quindi con un penny portavi a casa un po’ di divertimento. Divertimento perché, soprattutto i periodici, contenevano anche romanzi a puntate, storie e via dicendo. Robinson Crusoe stesso (Daniel Defoe) è comparso per la prima volta a puntate sul London Post. Quindi ci sono varie opportunità di avvicinarsi, se non altro, ad una serie di testi. Se si vuole pubblicare a puntate, e ciascuna puntata mi frutta (da scrittore) una certa somma di denaro, la cosa più intelligente per guadagnare di più è scrivere di più. Più si scrive e più si guadagna, più si è prolissi, più si guadagna (questo è vero soprattutto nel Vittorianesimo). Prendendo ad esempio Defoe, è la velocità che domina ancor più della prolissità: quando in pentametro giambico, un po’ come per la maggior parte dei testi poetici italiani che sono in endecasillabi). Quindi ci concentreremo su Shakespeare senza entrare troppo nello specifico di grandi concetti. Quello che faremo è usare alcuni testi di Shakespeare per capire e per imparare alcuni aspetti della lingua e della cultura del suo tempo (e del periodo immediatamente successivo) e poi lo usiamo per vedere come i concetti e le idee che sviluppa Shakespeare trovino una prosecuzione nel teatro del ‘700. Effettivamente, la tragedia del ‘700 è completamente dominata dall’influenza di Shakespeare, dominata nel senso che è quasi esclusivamente un’imitazione del suo teatro. Questo perché, già sin da subito, il clamore e il successo suscitato da Shakespeare fa che sia imitabile. “Se vuoi avere successo, imita il migliore.” Di cose scritte da Shakespeare non ne abbiamo. I testi teatrali shakespeariani che venivano dati alle stampe non erano scritti di pugno da lui, ma venivano spesso trascritti dagli spettatori, ovvero chi andava a vedere le opere. Spesso trascrivevano i dialoghi che sentivano e poi si dava alle stampe il testo trascritto, con tutti gli errori del caso. Immaginate che all’epoca non si poneva il problema del copyright, non c’era il senso dell’appartenenza dell’opera ad un autore. I concetti erano completamente diversi. Era comune stampare dei libri senza scrivere chi fosse l’autore, era importante il contenuto del libro. Non era tanto un problema di rapporto autore-libro. Il vero problema, tutt'ora nel caso di alcune opere di Shakespeare, è stabilire quale versione sia la più vicina all’originale, la più fedele. Ad esempio, il famoso That is the question nel cosiddetto bad quarto è That's the point, una versione sicuramente meno elegante rispetto a that is the question. Dobbiamo quindi immaginare quanto sia difficile uno studio filologico dell’opera shakespeariana. Intorno alla figura di Shakespeare esistono molte leggende, tra cui il fatto che non sia esistito e che addirittura le sue opere siano state scritte da qualcun altro. Quello che è probabile è che le opere di Shakespeare fossero il risultato di una collaborazione tra tutti coloro che facevano parte della sua équipe. L’opera di Shakespeare è fatta per essere apprezzata sul palcoscenico, in teoria non andrebbe neanche letta. Il fatto che noi leggiamo l’opera teatrale è un supporto ulteriore, ma la cosa importante sarebbe vederla rappresentata. Non era tanto importante il guadagno, quanto che l’opera venisse messa in scena. Se Shakespeare aveva un committente, il Re (Shakespeare apparteneva al King°s Company), rappresentava soprattutto davanti ai regnanti. Shakespeare era soprattutto attento a rallegrare e dilettare i sovrani: non dimentichiamoci che di drammi storici dedicati al passato glorioso dei monarchi inglesi ce ne sono ben tanti. Esiste un aneddoto (forse non vero) su Shakespeare: “A certain gentleman on witnessing a performance of Shakespeare's Hamlet, remarked that the play was very clever but full of quotations”. Questo aneddoto narra che uno spettatore di Shakespeare, alla domanda di cosa ne pensasse dello spettacolo, abbia detto che sia interessante, ma tuttavia pieno di citazioni. Cosa vuol dire “è pieno di citazioni”? A noi, al giorno d’oggi, ha ancora per motivi diversi la stessa impressione. Il punto è che Shakespeare riusciva a fare delle opere che rappresentavano molto bene il suo tempo, nel senso che riusciva a riprodurre tutte le caratteristiche del discorso del suo tempo: ci potevano essere modi di dire, espressioni idiomatiche, allusioni tipiche del suo tempo. Lui le raccoglieva e le riproponeva. Quindi da un lato Shakespeare suonava familiare ai suoi contemporanei perché riusciva ad essere un grande catalizzatore della cultura del suo tempo, in modo sempre creativo e originale. Quindi era un misto di tradizione, dal momento che doveva mettere in scena opere per i sovrani, e bisognava usare una certa eleganza di stile, contenuti ed esposizione, ma allo stesso tempo in Shakespeare era presente anche l’innovazione, nel senso di contatto diretto con il proprio tempo e il proprio pubblico. Anche per noi, al giorno d’oggi, assistere a un dramma di Shakespeare è un misto di familiarità e non familiarità: familiarità perché ormai è un autore inserito nella nostra cultura, più specificatamente nelle espressioni inglesi di tutti i giorni. Se vediamo nell’ Oxford English Dictionary la maggior parte dei modi di dire usati oggi in inglese sono nati dalle opere di Shakespeare. Quindi familiarità perché ha formato il modo di esprimersi in inglese, quindi a posteriori per noi ci sembra già sentito, ma tuttavia non possiamo non dire che Shakespeare ci è in parte anche alieno. Questo perché la letteratura degli ultimi anni del “500 e inizio ‘600 (ovvero quando scriveva Shakespeare), ma anche del ‘700, può presentare vari problemi riguardanti l’espressione linguistica. Ci aiuta Shakespeare, in queste nostre prime lezioni, a introdurre alcuni dei problemi di lingua e di espressione del ‘600-“700, perché riesce a dar voce al suo tempo, e usa le parole e le espressioni che noi poi troveremo anche nella letteratura immediatamente successiva. La lingua che parlava e scriveva Shakespeare oggi è chiamata Early Modern English, e quel ‘modern’ non ci deve dare l’illusione di significare ‘contemporaneo’. Moderno è uno degli stadi dell’evoluzione della lingua. Quindi ci sono varie differenze da come usava e pronunciava l’inglese Shakespeare rispetto a noi. Infatti, molte parole delle opere shakespeariane per noi non rimano perché presumibilmente venivano pronunciate in modo diverso. Estratto Henry IV, Part 1 (presente nella dispensa a pagina 3) PRINCE HENRY: “[... ] Do thou stand for me, and I'll play my father. [... ]” PRINCE HENRY: “Now, Harry, whence come you?” FALSTAFF: “My noble lord, from Eastcheap.” PRINCE HENRY: “The complaints I hear of thee are grievous. [...]” FALSTAFF: “[...] No, my good lord, banish Peto, banish Bardolph, banish Poins, but for sweet Jack Falstaff; kind Jack Falstaff, true Jack Falstaff, valiant Jack Falstaff, and therefore more valiant being, as he is old Jack Falstaff, banish not him thy Harry's company, banish not him thy Harry's company. Banish plump Jack, and banish all the world.” PRINCE HENRY: “I do, Iwill.” Si tratta di un dramma storico in cinque atti. Part 1 ci deve far capire che è stato poi seguito da una part 2, scritta nel 1598, mentre la prima parte è del 1597. Siamo negli anni del regno di Enrico IV (1400); Enrico progetta dei viaggi in Terra Santa, sente rimorsi per come ha usurpato il trono al predecessore Riccardo II, e il tutto è focalizzato soprattutto sulla figura di Enrico IV. Ma c’è anche un altro Enrico che entra con prepotenza nell’opera di Shakespeare, ovvero il Principe Enrico di Galles, che sarà il futuro Enrico V, il figlio di Enrico IV. Anche il figlio Enrico V darà da pensare al padre, già impegnato a pensare ai viaggi in Terra Santa e alla questione del predecessore. Perché il Principe dà tanto da pensare al padre? Perché il Principe ama trascorrere le giornate nelle taverne, preferisce declinare qualsiasi tipo di responsabilità. Non è un vero e proprio principe “da manuale”. In più, si accompagna spesso con personaggi di moralità dubbia come il famoso Falstaff. Il Re, quindi, è impensierito dal fatto che il suo successore non stia manifestando segni di grande responsabilità, preferendo una vita allegra e passando le giornate a bere in compagnia. In questo estratto vi è un gioco tra il Principe e Falstaff. Siamo nell’atto secondo, scena quarta, della prima parte. Il Principe e il suo amico stanno facendo un gioco di imitazione: il Principe Enrico dice a Falstaff: “tu fai me, e io faccio finta di essere mio padre”. Quindi è una sorta di mini-teatro nel teatro. Si scambiano dei nuovi ruoli e hanno una conversazione fingendo di essere altri. Il Principe fa finta di essere suo padre, Enrico IV, e Falstaff fa finta di essere il Principe. Il Principe Enrico dice: “Do thou stand for me, and Ill play my father.” “Tu fai me, io faccio mio padre”. Falstaff a questo punto si esprime in una delle sue più sperticate lodi verso sé stesso facendo finta di essere il Principe. Infatti, il finto Re chiede al finto Principe: “Now, Harry, whence come you?” “Da dove vieni?”. Il finto Principe risponde: “My noble lord, from Eastcheap” “Vengo da Eastcheap”, ovvero il quartiere delle taverne e dei pub, quindi non è un buon segno. A questo punto il finto Re dice: “The complaints I hear of thee are grievous” “Le lamentele che sento su di te mi rattristano” e propone che si distacchi dal suo amico poco raccomandabile, poco serio, Falstaff. Davanti a questa proposta, Falstaff, che sta imitando il Principe Enrico, si lancia in una preghiera: “No, my good lord, banish Peto, banish Bardolph, banish Poins, but for sweet Jack Falstaff, kind Jack Falstaff, valiant Jack Falstaff, and therefore more valiant being, as he is old Jack Falstaff, banish not him thy Harry”s company, banish not him thy Harry?s company. Banish plump Jack, and banish all the world”. La preghiera è di allontanare chiunque, ma di non allontanare i due amici Falstaff e Henry. Il Principe, facendo sempre finta di essere suo padre, risponde “I do, I will”. Intende allontanare i due amici. Chiaramente la scena è pseudocomica, Falstaff fa finta di non essere sé stesso e si loda sperticatamente; però, quello che ci interessa non è tanto la dinamica in sé, quello che succede in sé, ma l’uso che Shakespeare fa della lingua. Quell’ultimo “I do, I will” ci sembra banalissimo, ma queste quattro parole sono probabilmente le più antiche e le più moderne dell’inglese, e sicuramente le più antiche e le più moderne che un pubblico inglese Come dicevo ieri sono di Shakespeare la maggior parte delle citazioni dell’ Oxford British Dictionary, per illustrare il significato dei lemmi e delle parole. La lingua inglese deve moltissimo a questo autore, non vuol dire però che abbia inventato tutto lui, ma semplicemente era molto abile nel recepire quelli che erano gli usi della lingua del suo tempo, o assorbire le novità linguistiche dei suoi anni. Abbiamo visto nella precedente lezione, l’estratto da Henry IV, part 1 (pag. 3 in dispensa), il dramma storico dell’autore del 1597. PRINCE HENRY [...] Do thou stand for me, and I'll play my father. [...] PRINCE HENRY Now, Harry, whence come you? FALSTAFF My noble lord, from Eastcheap. PRINCE HENRY The complaints I hear of thee are grievous. [...] FALSTAFEF [...] No, my lord, banish Peto, banish Bardolph, banish Poins, but for sweet Jack Falstaff, kind Jack Falstaff, true Jack Falstaff, valiant Jack Falstaff, and therefore more valiant being, as he is old Jack Falstaff, banish not him thy Harry's company, banish not him thy Harry’s company. Banish plump Jack, and banish all the world. PRINCE HENRY / do, I will. Il padre di Henry è preoccupato perché il figlio non è serio, è sempre in giro con Falstaff, personaggio di dubbia moralità e con una passione accesa per le taverne e per il bere e passano le loro giornate in futilità e divertimenti goderecci. Questo estratto che vediamo insieme vede i due fare una sorta di gioco di ruolo. Il principe dice che farà finta di essere suo padre (Henry IV) e Falstaff a sua volta fa finta di essere il principe e i due si lanciano in questa doppia imitazione, con Falstaff che si autoelogia perché deve convincere il Re a non allontanarlo dal principe Henry, secondo lui non è una cattiva influenza. Ricordiamo l’incipit dell’ Ulysses di Joyce, Statley plump, plump è un termine che viene ripreso proprio da Shakespeare, Joyce si ispira a questo. Abbiamo quindi uno scambio giocoso tra il principe e Falstaff. Henry come abbiamo visto chiude questo scambio con / do, I will, queste quattro parole sono le più antiche e le più moderne del loro tempo. Antiche perché la radice di queste parole viene da lontano, moderne perché pur essendo di origine antica hanno assunto dei nuovi usi e significati. Un tempo sia do che wil/ avevano soltanto lo status di fu/! verb, ovvero verbi indipendenti, per esempio do poteva significare “agire”, will invece voleva dire “volere”. Ciascuno di questi due verbi poi ha assunto dei nuovi significati, adesso noi usiamo do per esempio per fare delle domande o nella negazione, per l’enfasi ecc., prima dell’ Early Modern English non aveva questi usi essi infatti nascono in un periodo relativamente recente della storia inglese. Shakespeare semplicemente si fa portavoce di questi nuovi usi. Con will si ha un’analoga situazione, per comporre il futuro prima di questi nuovi usi si usava il presente (per es. domani vado [non “andrò”] al mare). Quando Henry pronuncia questi due verbi, do prende il posto di banish, e will serve per indicare l’azione futura. Questa è una testimonianza delle novità che stavano accadendo nella lingua inglese ai tempi di Shakespeare. Quello che interessa a noi è come stanno cambiando i pronomi personali. I pronomi personali hanno una serie di avventure nel corso della storia della lingua inglese. Voi sapete che oggi you viene usato sia per la seconda persona singolare che per la seconda persona plurale, e non si ha una differenziazione tra formale e informale, ma non è sempre stato così. Thou e you hanno avuto un periodo in cui sono esistiti contemporaneamente come pronomi di seconda persona in inglese. Immaginatevi che l’inglese ha avuto una semplificazione notevole nel corso dei secoli, all’inizio era molto più declinato, con una grammatica molto più ricca, molto simile al tedesco odierno. I pronomi di seconda persona prima dell’era di Shakespeare erano: - Thou, subject pronoun - Thee, object pronoun - Thine, possessive pronoun - Thyself, reflexive pronoun - Thy, possessive adjective Per semplificare, thou era usato per la seconda persona singolare, you invece era usato per la seconda persona plurale. Nel corso dei secoli molte cose si sono semplificate della lingua inglese, tra cui anche l’uso dei pronomi personali, per cui a noi oggi è rimasto soltanto you. Come avrete notato dal testo di Shakespeare, questo thou, specie in letteratura, ogni tanto rifanno di nuovo la loro comparsa. Cerchiamo di capire che cosa significano all’epoca di Shakespeare e che cosa significano più tardi, anche nel ‘700, o persino nei testi ottocenteschi. Durante l’epoca di Shakespeare non si ha più la distinzione tra singolare e plurale, il thou che prima era singolare adesso è diventato informale, non è più una questione di numero ma di comunicazione, è molto più confidenziale. Veniva per esempio usato dalle persone di rango sociale più alto per riferirsi a persone di rango sociale inferiore, ma veniva usato anche in amicizia, amore o affetto. Ovviamente, se usato fuori luogo, poteva risultare una forma di scortesia. Si tratta quindi di una questione sociale più che grammaticale. You invece assume il significato di quello che per noi potrebbe essere oggi lei o addirittura voi. È una forma educata, più attenta, tutte le occasioni sociali che richiedevano questa forma di attenzione richiedevano questo pronome. Tradisce anche un pizzico di distanza. - Thou/thee è used by people of higher rank to those beneath them and by lower classes to each other; expressed special intimacy or affection; could count as an insult if said to a person of equal rank. - You > was used by people of lower rank or status to those above them; also the standard way for the upper classes to talk to each other; expressed formality, politeness and distance. Conoscendo questo, leggere le opere di Shakespeare diventa molto interessante, e i giochi dei pronomi personali ci svelano le dinamiche tra le persone. Per esempio, in Hamlet possiamo notare ad un certo punto un gioco di questi pronomi tra Amleto e Ophelia, in cui si tradisce distanza da parte di Amleto nei confronti di Ophelia, lei infatti si dispera non tanto per quello che le dice ma proprio per l'allontanamento effettuato attraverso i pronomi personali. Vediamo quindi cosa succede dopo Shakespeare. Già con la seconda metà del ‘600, nou con il suo significato informale è già fuori uso, obsoleto. Noi continuiamo ad incontrarlo anche in opere successive perché è uno stile poetico e arcaico, usato per dare maggiore rilevanza al testo, una sorta di collegamento con il passato e con l’identità. Non si ha più dunque la distinzione tra formale e informale. Sapendo questo, adesso rileggiamo la parte tratta da Henry IV. All’inizio il principe dice all’amico Falstaff “do thou stand for me, and I’Il play my father”, parla usando il thou, ma questo non ci sorprende, poiché sono amici e c’è della familiarità. Quando successivamente il principe finge di essere suo padre chiede “now Harry, whence come you”, anche all’interno dei membri della famiglia reale si usava la formalità, ci si rivolgeva al re e al principe sempre con you. Successivamente il principe che fa finta di essere il re cambia pronome personale, questo finto re si è turbato della rivelazione del figlio che dice di essere andato in taverna, e nella frase “he complaints I hear ofthee are grievous”, siamo passati all’uso dell’informale. Il rimprovero ha preso una forma diversa, ha perso la formalità, è segno di superiorità da parte del padre. Una delle parti che più ci rivela è Falstaff, nella sua autoelogia, “n0, my good lord [... ] banish not him thy Harry’s company, banish not him thy Harry°s company”, dimostra così la sua incapacità di attenersi al decoro sociale, usa il pronome informale quando invece dovrebbe usare you. Dimostra così ancora una volta di essere uno dei personaggi più stravaganti dell’opera di Shakespeare, sempre al di fuori delle regole sociali. È proprio questa infrazione del codice sociale ad aver suscitato l’iralità del pubblico. Richard II Questo gioco di pronomi di Shakespeare si nota ancora di più nell’opera che prendiamo maggiormente in considerazione in questo corso: Richard III In quest'opera i pronomi rivelano l’abilità del futuro Re Riccardo III e la sua scaltrezza. Richard III è stata composta verso l’inizio della carriera di Shakespeare, indicativamente tra il 1591 — 1592. Parla della famosa sconfitta del malvagio Riccardo III nella battaglia di Bosworth, quella in cui urlò “il mio regno per un cavallo”. Torniamo al nostro Shakespeare. Il prossimo passo è sfruttare l’autore per imparare cose in più non solo sulla lingua degli anni passati ma anche per imparare varie caratteristiche della letteratura inglese. Lo usiamo per acquisire familiarità con uno dei versi più comuni e più usati. Il nostro Richard è un uomo spietato, capace di fare di tutto. Tra gli omicidi che compie ci sono anche quelli di alcuni bambini che essendo in linea di successione sono un rischio per lui, non si fa nessun problema nell’ucciderli. Richard ha anche un altro fratello oltre a Edward, Duca di Clarence, che viene prima di lui in successione al trono. Quindi Richard, sempre machiavellico e spietato, cospira in modo che Clarence sia condotto nella torre di Londra e sospettato di assassinio. Quando si finiva nella torre di Londra era poi difficile uscirne, il Duca di Clarence lo sapeva bene, anche lui nella sua vita si è macchiato di qualche peccatuccio e la sua coscienza si risveglia nel sentire che la sua vita sta finendo. Essere nella torre di Londra voleva dire che sarebbe stato difficile uscirne vivi. Clarence qualche rimorso inizia a provarlo, sogna la propria morte imminente e l’opera di Shakespeare ci mostra Clarence che racconta il suo sogno una volta svegliatosi al proprio carceriere. Quello che Clarence non sa è fino a che punto è coinvolto Richard in questa questione, sa che è stato lui a far sì che lui sia finito lì, ma nel suo sogno sembra già esserci questo sospetto, poiché coinvolte anche Richard HI. Il sogno di Clarence lo troviamo nella dispensa a pag 3 — 4. Richard III (l’incubo di Clarence) Methoughts that I had broken from the Tower, And was embarked to cross to Burgundy, And in my company my brother Gloucester, Who from mu cabin tempted me to walk Upon the hatches. Thence we looked toward England, And cited up a thousand heavy times, During the wars of York and Lancaster That had befall’n us. As we paced along Upon the giddy footing of the hatches, Methought that Gloucester stumbled, and in falling Struck me, that thought to stay him, overboard, Into the tumbling billows of the main. O Lord, methought what pain it was to drown! What dreadful noise of waters in mine ears! What sights of ugly death within mine eyes! Methoughts I saw a thousand fearful wracks; A thousand men that fishes gnawed upon; Wedges of gold, great ingots, heaps of pearl, Inestimable stones, unvalued jewels, All scatt’red in the bottom of the sea. Methoughts è evidenziato perché è una di quelle espressioni che sono a volte un po” complicate, “aliene” per noi, non più in uso. Come si può intuire significa “mi è sembrato”, “mi è parso”, methinks > it seems to me. In questo estratto Clarence sogna di essere su una nave insieme a suo fratello Gloucester. Nel sogno si ha già un sospetto nei confronti di Gloucester, che in questo estratto cade spingendo Clarence fuori dalla nave, facendolo annegare, mentre vede immagini confuse. Questo è il sogno che Clarence fa rinchiuso nella torre, consapevole del fatto che la sua vita non sarà ancora molto lunga. Quello che ci colpisce di questo brano è che questo testo è scritto in versi. Il teatro dell’epoca, anche quello Shakespeariano, fino al ‘700 e via dicendo, era spesso scritto parte in prosa e parte in versi. ATTENZIONE > NON è poesia, è teatro in versi. I versi usati per il sogno di Clarence sono quelli più comuni della poesia inglese: i pentametri giambici. Il verso inglese ha una metrica sillabotonica, si prendono in considerazione i numeri di sillabe e gli accenti, non come in italiano dove l’endecasillabo si ha contando le sillabe. La metrica inglese è appunto sillabotonica, con l’accento sulla sillaba, bisogna contare quante sillabe ci sono e dove finiscono gli accenti e in questo modo si può decidere che tipo di verso è. Quando parliamo di pentametro giambico dobbiamo anche capire che cosa implica a livello di verso, e cosa significa. Se è così frequente è bene saperlo riconoscere, sapere come funziona ed individuarlo. Pentametro + l’unità costitutiva di base della metrica si chiama “piede”, “foot” in inglese, e consiste di almeno due sillabe. Dunque, un pentametro, che ha cinque piedi, avrà dieci sillabe. Prendiamo come esempio il verso 22 del testo sopra: WHAT | DREAD | FUL | NOISE | _OF WA |TERS | IN |MINE | EARS 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Provate a contare le sillabe. Prima caratteristica del nostro pentametro è che è di dieci sillabe. Ci sono cinque piedi. Il pentametro diventa giambico perché dipende dagli accenti, devono cadere secondo un certo pattern di accenti. A seconda di come cadono gli accenti sulle varie sillabe, il pentametro prende nomi diversi. Vediamo come sono accentuate le sillabe nel nostro caso: WHAT | DREAD | FUL | NOISE | OF WA |TERS | IN |MINE | EARS 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 In questo caso le sillabe accentuate sono quelle pari (2, 4, 6, 8, 10). Quando abbiamo un’alternanza di sillaba accentuata e sillaba non accentuata il pentametro si chiama giambico. Il modo con cui il verso viene pronunciato ha un ritmo ben specifico. Torna solamente se gli accenti sono messi nel modo corretto. ‘What dread | ful noise of wa tersin mineears / / / / / Piede 1 Piede 2 | Piede3 | Piede 4 Piede 5) In questo caso abbiamo la divisione in piedi dello stesso verso di prima. Questo è un ritmo che alcuni hanno associato al battito cardiaco umano, perché è un ritmo estremamente regolare, organico. All’inizio non sarà semplice individuarli, poi è tutta una questione di orecchio, come in musica. Il pentametro giambico lo ritroveremo anche nel sonetto inglese e nel monologo drammatico, variamente modificato ritorna un po’ in tutta la letteratura inglese. Clarence sogna e racconta il suo sogno in versi. Poco più avanti scopriamo che Clarence aveva ragione, i suoi timori sono pienamente confermati. Poco dopo entrano due assassini mandati direttamente da Gloucester per uccidere il fratello. In questo caso il tono si fa un po’ comico, questi due assassini stanno pensando a quando e come ucciderlo. Loro sono indicati solo come Murderer 1 e Murderer 2. Questo brano non è in versi, è una parte in prosa. Richard III (i due assassini di Clarence), dispensa p. 4 2 Murderer. What, shall I stab him as he sleeps? 1 Murderer. No; he”1l say ‘twas done cowardly, when he wakes. 2 Murderer. Why, he shall never wake until the great judgement-day. 1 Muderer. Why, then hell say we stabbed him sleeping. 2 Murderer. The urging of that word ‘judgement’ hath bred a kind of remorse in me. 1 Murderer. What, art thou afraid? 2 Murderer. Not to kill him, having a warrant; but to be damned for killing him, from the which no warrant can defend me. 1 Murderer. I thought thou hadst been resolute. 2 Murderer. So I am, to let him live. 1 Murderer. I'll back to the Duke of Gloucester, and tell him so. 2 Murderer. Nay, I prithee, stay a little: I hope this passionate humour of mine will change; it was wont to hold me but while one tells twenty. 1 Murderer. How dost thou feel thyself now? 2 Murderer. Faith, some certain dregs of conscience are yet within me. 1 Murderer. Remember out reward when the deed’s done. 2 Murderer. Zounds, he dies: I had forgot the reward. (ricordiamo che abbiamo detto che Clarence forse non è un uomo di moralità specchiata, anche lui nel periodo di guerra ha commesso qualcosa di non proprio eccelso). Gli vengono mandati i sicari dal futuro Riccardo III, e questi assassini non sono capaci dell’approfondimento, dell’introspezione e della drammaticità della scena di Clarence. I due assassini ci offrono invece uno spaccato leggero, lieve, quasi comico. Proprio la differenza di tono tra queste due scene viene rimarcata attraverso l’uso del verso e della prosa, i versi nel caso del sogno di Clarence, e la prosa nel caso dei due assassini. Il brano che abbiamo visto insieme era un brano giocato su scambi anche rapidi di battute, con un tono non elevato, in cui i due assassini progettano di uccidere Clarence e di nasconderne il corpo in una botte (morte non dignitosa per un membro della famiglia reale). Anche questo contribuisce quindi al tono di leggerezza. La differenza di registro tra questo dolore, questa angoscia di Clarence che si appresta a morire in confronto al battibecco più leggero e comico degli assassini è proprio messa in rilievo con l’alternarsi dei versi e della prosa. Queste sono le cose che abbiamo visto nel corso delle lezioni precedenti. FINE RIASSUNTO Adesso andiamo avanti sempre con Shakespeare e Riccardo III, però cambiamo situazione. La struttura di quest'opera di Shakespeare è molto interessante, è come se fosse speculare. Immaginiamoci una parabola, prima ascendente e poi discendente, e questa è la vicenda di Riccardo III. All’inizio Duca di Gloucester, sembra raccogliere una serie di successi: riesce a manipolare le persone, riesce a conquistare Anne, riesce a eliminare tutti i pretendenti al trono che potrebbero frapporsi fra lui e la corona. Quindi la prima parte del Riccardo III, finché appunto il nostro Duca di Gloucester non diventa Richard III, è una serie di successi. Il lettore accompagna Richard nelle sue varie vicende e lo vediamo avere sempre la meglio. Quando arriva il momento in cui Riccardo diventa re, ecco che inizia una parabola discendente, nel senso che Riccardo sembra aver perso il suo ascendente, quella sua capacità di manipolare, affascinare e di avere sempre la meglio nelle situazioni. Per questo ci sono dei motivi pratici a livello di plot: Riccardo, a quanto pare, ha rinchiuso nella torre di Londra anche i giovanissimi figli del fratello, che dovrebbero essere i veri eredi al trono (Riccardo farebbe da reggente nell’attesa che i giovanissimi figli del fratello abbiano l’età per succedere). Questi giovanissimi fanciulli vengono rinchiusi nella torre di Londra e scompaiono misteriosamente. La torre di Londra al tempo non era assolutamente buon segno: a essere rinchiusi sono due bambini, due innocenti (non come potrebbe essere Clarence che, come abbiamo detto, durante la guerra ha compiuto cose poco eccelse), per l’epoca era una cosa inaccettabile. Persino Richard III considera questa sua azione come qualcosa di troppo grave, di troppo oltre il consentito, e diciamo che per lui ora inizia una sorta di punizione, per lui le cose iniziano a non funzionare più. Per capire quando arriva questo punto di svolta, quando iniziano ad essere chiare le questioni e la vita e vicende di Richard iniziano a non andare nella maniera voluta da lui, prendiamo in considerazione quella che definiamo “La seconda scena di corteggiamento”, così da metterla in collegamento con la prima (che abbiamo letto precedentemente). Nella seconda scena di corteggiamento incontriamo qualche personaggio che fino ad ora non avevamo ancora menzionato: incontriamo Elizabeth, vedova del fratello di Richard (Edward IV). Elizabeth ha una figlia, a sua volta chiamata Elizabeth, figlia di Edward IV. Richard è finalmente Riccardo III, e adesso Anne è la sua regina (è riuscito a sposare Anne). Mette in giro la voce che Anne è molto malata, inizia a non portarla più nelle occasioni pubbliche, e aggiunge che la poveretta potrebbe addirittura morire. Proviamo a immaginare la situazione: Anne è confinata nelle stanze del palazzo, e un tipo come Richard III va a giro a dire che Anne non sta tanto bene (Anne in realtà sta benissimo). Anche questo, come la torre di Londra, non è un buon segno: tradotto, Riccardo sta pensando di uccidere Anne, che fino ad adesso gli era stata utile, ma adesso che è Re gli serve un’altra compagna. Pensa quindi di uccidere Anne e di sposarsi con la giovane Elizabeth, sua nipote. Questa è una mossa strategica dal punto di vista politico, perché Elizabeth è la figlia del precedente sovrano (Edward IV, fratello di Richard). Quindi la scena di corteggiamento che vediamo ora ha una differenza fondamentale rispetto a quella che abbiamo visto l’ultima volta: Richard non parla direttamente con la donna che vuole sposare, ma parla con Elizabeth senior, ovvero la madre della giovane Elizabeth che Richard vuole sposare. Le parla perché le chiede la mano della figlia. Quindi abbiamo già una differenza tra le due scene di corteggiamento, perché nella prima Richard, spudoratamente, si era presentato davanti ad Anne e aveva iniziato a corteggiarla, mentre nella seconda Richard parla con la madre della donna che vuole sposare (ricordiamo che Anne è ancora viva, quindi la situazione non è delle più trasparenti). Questo parallelismo tra scene mette bene in luce come Richard non sia più in grado di mietere quei successi che invece caratterizzavano prima il suo operato. Richard II (seconda scena di corteggiamento), pag 4-5 dispensa King Richard. Now, by my George, my garter, and my crown— Queen Elizabeth. Profaned, dishonoured, and the third usurped. King Richard. 1 swear— Queen Elizabeth. By nothing; for this is no oath. Thy George, profaned, hath lost his lordly honour; Thy garter, blemished, pawned his knightly virtue; Thy crown, usurped, disgraced his kingly glory. If something thou wouldst swear to be believed, Swear then by something that thou hast not wronged. King Richard. Then, by my self— Queen Elizabeth. Thy self is self-misused. King Richard. Now, by the world— Queen Elizabeth. “Tis full of thy foul wrongs. King Richard. My father’s death— Queen Elizabeth. Thy life hath it dishonoured. [...] Queen Elizabeth. Shall I go win my daughter to thy will? King Richard. And be a happy mother by the deed. Queen Elizabeth. I go. Write to me very shortly, and you shall understand from me her mind. King Richard. Bear her my true love’s kiss [kissing her]; and so, farewell. [she goes]. Relenting fool, and shallow-changing woman! Riccardo giunge in presenza della Regina Elizabeth, e inizia “Now, by my George, my garter, and my crown—”, quindi con un tono molto formale, “Ora, su San Giorgio (patrono dell’Inghilterra), sull’ordine cavalleresco della giarrettiera (il più autorevole), sulla mia corona”. Richard sta iniziando a giurare, e la Regina Elizabeth lo interrompe, “Profaned, dishonoured, and the third usurped.” Spezza il discorso di Richard e dice “San Giorgio profanato, l’ordine della giarrettiera disonorato, al corona usurpata”. Richard riprende il discorso “/ swear—, ma Elizabeth lo interrompe di nuovo con “By nothing”, ovvero: Richard giura su San Giorgio, sull’ordine della giarrettiera e sulla corona, ma Elizabeth gli dice che sta giurando sul niente. Elizabeth prosegue dicendo “Thy George, profaned, hath lost his lordly honour; Thy garter, blemished, pawned his knightly virtue; Thy crown, usurped, disgraced his kingly glory.”, tradotto è “il tuo San Giorgio profanato ha perso la sua sacralità; l'ordine della giarrettiera, macchiata, ha perso la sua virtù cavalleresca; la corona, usurpata, ha infamato la gloria del re”. Continua con “If something thou wouldst swear to be believed, Swear then by something that thou hast not wronged.”, ovvero “se per essere creduto vuoi giurare su qualcosa, allora giura su qualcosa che non hai offeso”. Richard riprende “Then, by my self—” + l’unica cosa che Richard non ha danneggiato in tutta la sua ascesa al trono è sé stesso, quindi non può che giurare su stesso. Ma anche qui, Elizabeth ha da ridire, “Thy self is self-misused.”, ovvero “tu hai svilito te stesso”. Richard continua a provare a giurare, “Now, by the world—“, “io giuro sul mondo”, ma Elizabeth ribatte con ““Tis full of thy foul wrongs.” — “è pieno di tutti i torti che tu hai fatto”. Allora Richard fa un altro tentativo, “My father°s death—“. Elizabeth risponde “Thy life hath it dishonoured.”, ovvero “La tua vita l’ha disonorata”. Continua poi tra i due il gioco del battibecco, e Richard le chiede di poter sposare la figlia, promettendo di amarla per sempre. La madre si insospettisce un po’ a queste parole, dal momento che Richard non ama nessuno. Elizabeth senior chiede quanto durerà questo per sempre (il concetto di Richard di eternità è per lei preoccupante), e Richard risponde che il suo per sempre durerà per tutta la vita di lei (Elizabeth figlia). A quel punto Elizabeth senior è ancora più preoccupata, perché si chiede naturalmente quanto possa durare tutta la vita di lei nelle mani di Richard. Quindi Richard giura questo amore eterno che non si sa quanto durerà, e dopodiché riprende lo scambio tra i due (dopo [...] nel testo sopra): Elizabeth chiede “Shall I go win my daughter to thy will?”, “devo quindi andare da mia figlia a convincerla a sposarti?”. Richard risponde “And be a happy mother by the deed.”, “e diventerai una madre felice facendo questo”. Elizabeth dice “/ go. Write to me very shortly, and you shall understand from me her mind.” — “Vado. Scrivimi a breve e ti dirò che cosa lei ha deciso”. Richard le risponde “Bear her my true love ’s kiss” + “portale, intanto, questo bacio di vero amore come pegno di vero amore”, e la saluta. Quando Elizabeth esce, come si capisce dalla didascalia [she goes], Richard commenta e dice “Relenting fool, and shallow-changing woman!” + “Donna arrendevole, vuota e volubile!” quando si sveglia e parla al suo carceriere, si capisce che ha timore del giudizio dell’aldilà. Tutti questi aspetti tornano negli incubi di Richard che precedono la battaglia, quasi come una sorta di sogno premonitore, così come lo era stato per Clarence. Clarence sogna di morire poco prima di morire davvero, e anche Richard ha una percezione di quel che sarà prima della battaglia. La differenza con il sogno di Clarence è che, nel caso di Richard, non sembra neanche tanto un sogno, ma piuttosto una sorta di visione. È qualcosa che sta a metà tra l’incubo e la visione vera e propria. Richard sembra proprio vedere dei fantasmi, e tra loro c’è anche il povero Clarence. Quindi sembra proprio una via di mezzo tra sogno e visione, anche se SOTTOLINEIAMO Richard è addormentato. In questo caso non abbiamo una descrizione a posteriori, non c’è Richard che si sveglia e racconta il sogno a qualcuno; questa volta viviamo tutto quanto insieme a Richard. Il testo ci racconta proprio il sogno di per sé. Con Clarence avevamo visto che ovviamente la scena era poco riproducibile (il sogno era in fondo al mare), e quindi nel suo caso avevamo il racconto del sogno. Con Richard abbiamo la scena stessa, con lui circondato dalle sue vittime. Questo gli dà spavento e paura. Breve parentesi sulla Battaglia di Bosworth (1485), quella decisiva e prima della quale Richard ha l’incubo. La scomparsa dei principi nella torre di Londra ha sollevato molto malcontento tra la popolazione. Questa scomparsa misteriosa, ovvero la morte degli eredi, diventa un punto molto dolente per l’immagine di Riccardo, già molto compromessa. L'altro pretendente al trono, escluso Riccardo, è l’ultimo discendente dei Lancaster, Henry Tudor (notiamo come viene messa in rilievo questa figura dei Tudor: basti pensare a quale casata appartenesse Elisabetta I, regnante al tempo di Shakespeare. Si sta quindi rappresentando il momento in cui l’antenato di Elisabetta prende il potere). Il popolo, quindi, non ama più Riccardo. Henry Tudor gioca su questo per ottenere il favore del popolo, per riuscire a mettere insieme dei sostenitori e un piccolo esercito. L'esercito di Henry non è numeroso come quello del Re, ma riesce comunque ad avere la meglio, sconfiggendo Riccardo, e con lui, la fazione dei York. Ricordiamo la famosa scena conclusiva, dove Riccardo, disperato, chiede e grida “Un cavallo, un cavallo, il mio regno per un cavallo!” = “A horse, a horse, my kingdom for a horse!”. Oggi è usato per parlare di qualcuno che vuole delle cose inutili, così come Richard che, in mezzo alla sconfitta, è pronto a cedere il suo regno per un cavallo. Ora vediamo il momento in cui Richard si sveglia da questa sorta di sogno-visione di cui parlavamo prima. Richard II — V.3.176-85 (l’incubo di Richard: risveglio) pag. 5 King Richard starts out of his dream King Richard. Give me another horse! bind up my wounds! Have mercy, Jesu!—Sofît, I did but dream. O coward conscience, how dost thou afflict me! The lights burn blue. It is now dead midnight. Cold fearful drops stand on my trembling flesh. What do I fear? myself? there's none else by. Richard loves Richard; that is, I am I Is there a murderer here? No—yes, I am: Then fly. What, from myself? Great reason why— Lest I revenge. Myself upon myself? Alack, I love myself. [...] Qui vediamo rappresentato il risveglio di Richard dal suo incubo. Richard si sveglia di soprassalto, King Richard starts out of his dream. “Give me another horse! bind up my wounds!”, “Datemi un altro cavallo, fasciatemi le ferite”. Richard si riprende dal sogno immaginandosi quindi in battaglia. Facciamo caso a “give me another horse” — sembra la frase che dirà poi sul vero campo di battaglia (“my kingdom for a horse”). “Have mercy, Jesu'—Soft, I did but dream.” — “Pietà, Gesù—Calma, era solo un sogno”. “O coward conscience, how dost thou afflict me!” + “O vile coscienza codarda che mi affliggi”. “The lights burn blue. It is now dead midnight.” — “Le luci sono azzurre. Deve essere mezzanotte”. Richard si guarda un po’ intorno e riprende coscienza dell’ambiente e del contesto reale. “Cold fearful drops stand on my trembling flesh.” — “Sento gocce di sudore sul mio corpo tremante”. “What do I fear? myself? there ’s none else by.” + “Che cosa temo? Me stesso? Qui non c’è nessun altro”. “Richard loves Richard; that is, Iam I” + “Riccardo ama Riccardo; ovvero, i0 sono io”. “Is there a murderer here? No—yes, I am:” + “C’è un assassino qui? No—si, sono io”. “Then fly. What, from myself? Great reason why— Lest I revenge. Myself upon myself? Alack, I love myself. [... J" + “Allora fuggi. Da cosa, da me stesso? Perché fuggire per non vendicarmi? Vendicarmi di me stesso? Ma, io amo me stesso”. In questo dialogo sembra quasi che Richard si spezzi in due persone, diviso tra un Richard che improvvisamente sviluppa un senso di etica e morale e un Richard che invece continua ad essere quello che è sempre stato. Si sveglia da questo sogno, la coscienza lo ha attanagliato. Nel pieno della notte, lui è sconvolto da quello che ha sognato, si sveglia e si domanda cosa lo abbia spaventato, dal momento che è da solo. “Cosa c’è da temere? Temo forse me stesso? C’è mica un assassino? No. Si, io sono un assassino”. In questo momento riconosce di essere un assassino, in un barlume in cui Richard percepisce la sua colpa, sviluppa una coscienza. Ma allo stesso tempo, Richard ama Richard, Richard ama sé stesso. Si domanda quindi perché dovrebbe fuggire da sé stesso, o addirittura vendicarsi di sé stesso. Quindi Richard si trova in compagnia di un assassino che è lui medesimo. Richard comunque ama questo assassino. Questo momento di presa di coscienza del Re è quindi pieno di contrasti. Un momento in cui per un attimo sente un rimorso di coscienza che dura solo un attimo, subito dopo il quale torna il machiavellico e spietato Richard. Richard cerca non solo di definire sé stesso, ma anche di fare una dichiarazione d’affetto verso sé stesso: si dice da solo che Richard ama Richard, ma sembra non essere tanto sicuro di essere degno di quell’amore, perché dovrebbe, in teoria, essendo un assassino, fuggire e vendicarsi. Questo sogno nell’opera del Riccardo II ha una funzione importante: oltre a farci entrare nei meandri della mente di Riccardo e nella sua difficoltà di accettare sé stesso, è molto importante perché Shakespeare ci sta dimostrando che Richard è già un predestinato. A cosa? Innanzitutto, a morire: abbiamo visto che il sogno è un presagio, così come per Clarence. Ciò che diamo per scontato anche in questa ultima parte del sogno di Richard è che per lui c’è già un posto all’inferno. Non ha più speranza di salvezza, le sue azioni sono state così atroci che dopo la morte andrà sicuramente all’inferno. Quindi, Richard per un attimo sviluppa una coscienza. Dice di amarsi, ma dice anche di considerarsi un assassino, è combattuto tra questi due Richard: da una parte, quello che sviluppa un po” di coscienza, e dall’altra il Richard che vuole solo il bene di sé stesso. Subito dopo il nostro Richard muore in battaglia il giorno dopo, e a lui succederà Henry Lancaster, mentre Richard era uno York. Henry Tudor che diventa anche Enrico VII, il primo re Tudor, stessa dinastia alla quale appartiene Elisabetta I. è chiaro che in qualche modo Shakespeare si sta rivolgendo alla dinastia Tudor. Potremmo quindi dire che questo tornare su delle scene che sono in parte già familiari è quasi ripetitivo, abbiamo un corteggiamento prima e un corteggiamento dopo, un incubo prima e un incubo dopo, e così via. In realtà Richard III non ha assolutamente niente di ripetitivo, perché le situazioni cambiano notevolmente. Richard III è una delle opere più amate di Shakespeare, oltre oggi, specie nel ‘700. Questo si deve alla figura di Richard, che riesce a conquistarci nonostante tutto. Richard è spietato, ma soprattutto il modo che usa per giungere al trono è farsi lui stesso un attore, come se fosse un attore che recita un attore a teatro durante la messa in scena di Riccardo III. Questo perché inganna, finge, manipola. Con il fratello Clarence fa la parte del fratello leale, con Anne fa la parte dell’umile corteggiatore che le porge il petto e la invita a colpirlo con la spada, fa la parte del re autorevole non appena prende il potere, e naturalmente fa finta anche di essere un buon cristiano nel momento in cui sale al trono. In alcuni momenti è come se Richard interpretasse questo o quel personaggio. Si tratta quindi di una figura che ci affascina perché in qualche modo ci coinvolge, è una figura molto istrionica che crea un legame con il pubblico. Noi spettatori finiamo per essere le vittime di Richard, finiamo per essere affascinati e incuriositi di vedere quale sarà la sua prossima mossa. Richard per un po’ riesce a portarci dalla sua parte, ci sentiamo un po” parte dei suoi piani ingegnosi, come dei complici, ma un certo punto è un’alleanza che viene a mancare. All’inizio non suscita a pieno la nostra simpatia ma siamo comunque attratti da lui; quando i suoi crimini diventano eccessivi, se ne va anche quel tipo di fascino. Clarence era a sua volta colpevole di vari crimini, la corte ad Anne è macabra ma ci intrattiene, ma quando Richard decide di uccidere i giovani eredi, non siamo più divertiti. (Notiamo come Shakespeare guida e invita lo spettatore a sentirsi in modi diversi di fronte a questo criminale.) La seconda novità, invece, riguarda le donne: nel ‘700 viene rilasciata una licenza a Covent Garden e Drury Lane che permette alle donne di comparire in scena. Questa rappresenta una novità enorme per il teatro inglese, dato che prima del ‘700 i ruoli femminili non erano fatti da donne, bensì da giovani uomini. Perché prima la donna non c’era sul palcoscenico? Per via degli stereotipi: l’uomo ha una sfera e un dominio pubblico, la donna ha una sfera e un dominio privato. Nel momento in cui una donna entra nella sfera pubblica, la prima conclusione che se ne ha di lei è che sia di costumi poco morigerati. Lo stereotipo voleva che il dominio della donna misurata e casta fosse un dominio soprattutto privato, e che l’ambito pubblico fosse l’ambito maschile. Perché si arriva a questo cambiamento? Principalmente per influenza della Francia, più permissiva dell’Inghilterra. Carlo II era stato a lungo in Francia, e quindi tornando in Inghilterra aveva portato con sé una libertà maggiore. La donna a teatro è una grande novità perché le persone cominciano ad affollare i teatri anche solo per la curiosità di vedere una donna in scena. È naturale quindi che gli autori dei testi teatrali cerchino di sfruttare questa curiosità degli spettatori: iniziano delle tragedie che non sono rimaste tra la letteratura canonica, e queste tragedie si chiamano “she-tragedy”, ovvero le tragedie al femminile. Queste tragedie sono scritte come una sorta di pretesto per mettere delle donne in scena, e quindi per attirare gli sguardi dell’audience, spesso indiscreti (spesso si sfruttava la figura femminile per attirare lo sguardo maschile). Si entra quindi in un gioco in cui anche la presenza femminile sulla scena deve essere una presenza che attira non solo per il plot, ma proprio perché c’è la donna stessa in scena. Tra i vari autori che inaugurano il genere della she-tragedy abbiamo Nicholas Rowe. Anche Nicholas Rowe prende spunto dall’opera shakespeariana, e mette in scena Jane Shore (1714), basato su un personaggio del tutto secondario che compare in Richard III, ovvero la concubina di Edward, sovrano, fratello di Richard. Nel momento in cui muore il re, Jane è costretta ad affrontare una serie di difficoltà. La storia di Richard III viene quindi riletta dal punto di vista di questa pseudo sconosciuta, ma realmente esistita, donna di corte. Ecco, quindi, un esempio di come Nicholas Rowe scriva subito e metta in scena la donna, scrivendo varie she-tragedies. Cambia anche il modo di dare teatro. Uno dei motivi per cui adesso i costumi sono un po” più liberi è perché Carlo II era stato a lungo in Francia, e da lì porta con sé un bagaglio di idee. Innanzitutto, Carlo II insiste sul fatto che il teatro debba aderire alle regole neoclassiche, vale a dire: e Le unità aristoteliche o drammatiche di luogo, tempo e azione (unità di tempo ben specificata, un solo luogo, un’unità di tempo ben specificata) + Ladivisione delle opere teatrali in cinque atti e Attenzione all’idea del decoro sociale (della borghesia, non dell’aristocrazia) e Mettere in scena ciò che è verosimile (in scena entra quindi la vita della borghesia) e Leopere hanno in vari casi un messaggio didattico o morale Tutto ciò riguarda soprattutto la commedia. La commedia del ‘700 è fatta soprattutto come impronta della società. Si cerca anche di prendersi gioco dei vizi e delle virtù della borghesia, quindi qual è il significato del decoro sociale borghese, quali sono le situazioni tipiche in cui si trova la società borghese, e quale insegnamento ne dovremmo trarre. Tornando al discorso iniziale, il repertorio del teatro è scarso e quindi si torna sul classico, su quello che era già famoso, su Shakespeare. Abbiamo anche detto, però, che ci sono tutta una serie di nuovi valori e idee, come le idee che porta Carlo dalla Francia, nuovi valori che si sviluppano con l’ascesa di nuove classi sociali, nuovi modi pensare con il nuovo secolo. Quindi sì, le opere di Shakespeare continuano a piacere, ma non sempre corrispondono ai nuovi gusti. Quindi cosa succede? Si mette in scena Shakespeare adattandolo per far sì che si adegui ai nuovi gusti. Il ‘700 è quindi ricco di adattamenti di Shakespeare, ma anche di adattamenti di adattamenti di Shakespeare. È tutto un rielaborare e riscrivere le opere di Shakespeare. Questo costume si fa ancor più diffuso con l’andare avanti del ‘700: nel 1737, viene approvata la Licensing Act, legge che stabilisce il fatto che le opere teatrali devono essere approvate dalle autorità prima di essere messe in scena. È quindi una forma di controllo, di censura. Quindi nel momento in cui ci potremmo aspettare di aver superato il momento di difficoltà del teatro, questo bisogno di approvare le opere porta gli autori a dover trovare dei modi per aggirare la censura. Uno dei modi migliori di aggirare la censura era dire che quella che si metteva in scena non era un’opera nuova, ma era stata già messa in scena, che era un’opera di Shakespeare. Riprendere un’opera shakespeariana era il metodo più comune per aggirare la cesura, ma venivano comunque apportate delle modifiche affinché l’opera finisse per dare un messaggio nuovo. Nel 700, quindi, questo rifiorire dell’opera shakespeariana non è una cosa momentanea, ma è una cosa che continua ancora, grazie anche al Licensing Act. Quindi, prima si usa Shakespeare perché non c’è niente di nuovo da rappresentare, dopo si usa perché è perfetto come strumento anticensura. In tutti i casi viene usato. Un esempio di adattamento shakespeariano pre-censura è The Tragedy of King Richard III, pubblicata 1669-1700. L’opera è di Colley Cibber. Colley Cibber e The Tragedy of King Richard II Chi era Colley Cibber? Colley era un attore molto famoso e un autore di teatro. Aveva scritto delle commedie sentimentali molto note dal pubblico del ‘700 (genere molto in voga nel ‘700), come Love ’s Last Shift; or, The Fool in Fashion (1696), e aveva scritto anche l’autobiografia An Apology for the Life of Mr. Colley Cibber, spiegandoci molte cose di come funzionavano i teatri al suo tempo. Tra il 1699 e il 1700, Cibber produsse anche questo adattamento di Richard III, e questo adattamento divenne talmente noto che fino al 1871 circa era la versione canonica del Riccardo III di Shakespeare. Cibber fu uomo molto attivo anche nell’ambito politico, fu manager del teatro Drury Lane, e pare che fosse anche un uomo dall’ego piuttosto sviluppato. Quindi, nel 1700, il Riccardo III di Cibber diventa talmente importante che sostituisce il Riccardo III originale. Noi usiamo questo adattamento per capire che cosa è cambiato nel teatro, com’è cambiato il gusto, cosa c’è di diverso nel ‘700. C’è da dire che la riscrittura di Cibber è una riscrittura parziale, nel senso che mantiene tantissimo dell’opera originale. Riprende ‘800 versi dell’opera originale, ma allo stesso tempo, laddove ci sono delle modifiche, quest’ultime sono molto significative. Questo nel senso che, laddove cambia, Cibber mette l’accento su idee diverse, su personaggi diversi, tant'è che, nonostante quegli ‘800 versi in comune, ci sembra quasi di leggere due opere diverse. The Tragical History of King Richard III venne pubblicato per la prima volta nel 1700 in quarto, che era soltanto a nome di Cibber (all’epoca, plagio e diritto d’autore erano due concetti diversi rispetto ad oggi, quindi nella prima edizione non è citato il nome di Shakespeare). Dal 1718 in poi, invece, si fa riferimento a Shakespeare. Il dramma di Cibber è composto da 16 scene. Quali sono le differenze rispetto all’opera shakespeariana? 1. Scompaiono tanti personaggi, come ad esempio Clarence. 2. Scompaiono anche i parallelismi (ad es. sogno di Clarence e sogno di Richard) 3. Il Riccardo II di Shakespeare ha molte battute, e Cibber esaspera questa caratteristica del testo, e addirittura, nella sua opera, Riccardo ha il 40% delle battute di tutto il play. Esasperazione dell’importanza del protagonista, questo per mettere in risalto l’attore protagonista. Riguardo all’ultimo punto, non ci stupirà sapere che il primo attore che interpretò il Riccardo di Cibber fu proprio Cibber, che si è auto affidato il ruolo. Da lì deriva ovviamente molto del suo successo. Per capire veramente come cambia il Riccardo III di Cibber, usiamo la scena del corteggiamento di Anne. Abbiamo visto, a un certo punto del Riccardo III di Shakespeare, come Riccardo si adoperi per convincere Anne ad accettare il suo corteggiamento, e abbiamo visto come in realtà Riccardo non sia sincero. Cibber non cambia molto di questa scena, ma aggiunge un pezzettino, e quel poco che aggiunge è importantissimo. Prima di iniziare a parlare con Anne, il Riccardo di Cibber ci spiega, in un soliloquio, due cose: 1. Di essere veramente innamorato di Anne 2. Cispiega punto per punto le sue intenzioni La differenza sta nel fatto che il Riccardo di Shakespeare non lo fa. Il cambiamento è quindi enorme. Colley Cibber (1671-1757), The Tragedy of King Richard II (1699-1700) Act II, Scene 1, lines 24-40 [Enter Lady Anne, in mourning [... ]] But see, my love appears! Look where she shines, Darting pale lustre, like the silver moon, e Abbiamo una normalizzazione del personaggio di Riccardo, reso meno spaventoso, orribile, inquietante (e anche meno affascinante). Il personaggio è più nella norma, meno depravato. e Riccardo viene migliorato moralmente: è sempre cattivo, ma le azioni sono un po’ meno terribili rispetto al Riccardo originale. e Lo spettatore si sente meno coinvolto. e Civiene chiarito costantemente cosa sta per fare Riccardo, quali sono le sue idee e cosa sta per succedere in generale. Tutto ciò che Shakespeare aveva lasciato all’interpretazione del pubblico viene reso esplicito. e Abbiamo una concezione diversa della Provvidenza: adesso Richard non è condannato a priori per i suoi crimini, ma è condannato perché si rifiuta di pentirsi. Lezione 4 Ci siamo lasciati ieri parlando della tragedia del ‘700 e ci siamo detti che non è l’aspetto centrale del teatro settecentesco, perché gli studiosi e alcuni critici a posteriori l’hanno definito addirittura “dimenticabile”. La cosa che interessava di più al pubblico del ‘700 è la commedia. Noi ci dedicheremo in particolare a Richard Sheridan, vedremo qualche estratto di una delle sue opere più famose, ma prima affrontiamo il quadro generale di che cosa significava andare a teatro all’epoca, non era la stessa esperienza di oggi. Molte cose funzionavano in modo diverso. Coven Garden Theatre e Theatre Royal Drury Lane erano i due luoghi principali autorizzati per andare a teatro. All’inizio del ‘700 Covent Garden poteva contenere circa 1300 spettatori e Dury Lane sui 1200. L’organizzazione del teatro di per sé è quella che conosciamo oggi, avevano loggia, platea, prima galleria e seconda galleria. I prezzi naturalmente cambiavano a seconda della zona del teatro, erano più economici nella seconda galleria, quella più in alto, ed è così anche oggi. I prezzi non erano alti e potevano EE REA garantire un pubblico molto vasto. A JE Quella che vedete qui è un’immagine che riproduce il teatro così com’era nel 1775. Con uno scellino nella seconda galleria, che cosa si aspettavano di vedere gli spettatori? Innanzitutto non era la stessa esperienza } che viviamo noi oggi. Per esempio, la sala non era al buio, la vita sociale proseguiva mentre si guardava lo spettacolo. L’intrattenimento non era limitato al solo play, non si guardava soltanto un’opera rappresentata sul palcoscenico, di solito si trattava di una vera e propria serata a teatro, ci si soffermava anche quattro o cinque ore, poi c'erano balli, canzoni, l’after-play, era una serie di spettacoli uno dopo l’altro, una vera occasione di ritrovarsi e poter stare insieme, anche di parlare nel frattempo si assisteva allo spettacolo. Gli spettatori aumentano costantemente, come vi dicevo prima il Drury Lane aveva all’incirca 1200 posti, alla fine del ‘700 il teatro si è ampliato ed espanso fino ad accomodare 3600 spettatori. Covent Garden, invece, passa da 1300 a 3000 spettatori. I posti sono più che raddoppiati, è una conseguenza dell’aumento della domanda. Tutta la società andava ad assistere agli spettacoli teatrali, suddivisi a seconda dei costi nelle varie aree della sala. Nella loggia ed in platea, si potevano accomodare soprattutto liberi professionisti, avvocati, dottori, critici letterari che venivano invitati ad assistere perché erano poi coloro che ne avrebbe scritto sulle riviste e sui giornali. Nella prima galleria c’era la piccola e media borghesia, commercianti, negozianti, era una zona piuttosto tranquilla. La seconda galleria era invece un po’ più turbolenta, si accomodavano vaste categorie di persone, ci andavano molto spesso i servitori, i manovali, i marinai in licenza, era una zona più “vivace”, succedeva spesso che se lo spettacolo non era di gradimento, nella seconda galleria ci poteva essere il famigerato lancio d’ortaggi, si lanciavano prevalentemente bucce, bottiglie e vari oggetti (per non sprecare il cibo vero e proprio). Le leggende ci raccontano che una volta si sia lanciata anche una persona. Ci sono state anche delle vere e proprie rivolte all’interno dei teatri. Dovete sapere che così come ora accade in varie zone d’Europa, e anche a Londra, per esempio, chi entra più tardi o chi prende il biglietto all’ultimo minuto, a spettacolo iniziato, paga molto meno. E così funzionava anche nel ‘700, ad un certo punto i teatri decisero di eliminare questo sconto per chi arrivava in ritardo e questo causò una vera e propria rivoluzione che è entrata anche nei libri di storia del teatro. La vita intorno ai teatri era un po’ più animata e turbolenta rispetto a quella che viviamo oggi. Un'altra caratteristica dei teatri del primo ‘700 era la presenza di varie giovani, “disturbatori”, che sedavano ai margini del palcoscenico che commentavano o stuzzicavano gli attori durante lo spettacolo. Immaginatevi quindi il teatro come una specie di ritrovo sociale. The Laughing Questa illustrazione vi fa vedere come fel nel salire dalla loggia alle gallerie si hanno persone sempre meno composte, vi fa vedere che non necessariamente gli spettatori prestavano al cento per cento attenzione al palcoscenico, spesso si corteggiavano, si portava da mangiare e le candele illuminate vi fanno capire che la sala non era al buio. Ancor più chiara è questa immagine, del 1836, ben più tarda, ma a quanto pare la situazione dei teatri non è cambiata radicalmente. Come vedete abbiamo una loggia e una platea molto più misurata e tranquilla, una prima galleria un po’ più fantasiosa e una seconda galleria decisamente vivace, dove si trova un po” di tutto. IRA È interessante sapere queste cose perché ci fa capire come poteva essere rappresentata l’opera, recepita e in che modo diverso si viveva l’esperienza teatrale. Quando si andava a teatro chi erano le star? Non usiamo questo termine a caso, perché proprio nella prima metà del ‘700, si comincia a parlare di star, di attori famosi che cominciano ad essere seguiti e apprezzati. Inizia a svilupparsi lo star system che ci accompagna ancora oggi. Una delle star più famose è questo che vedete qua: David Garrick. Nel suo modo di parlare si dice che abbia anche influenzato l’accento della Londra dell’epoca. Aveva iniziato a recitare all’incirca alla metà del ‘700 ed era diventato famoso come interprete delle opere di Shakespeare, il primo passo per diventare un attore famoso era cimentarsi nel recitare le opere di Shakespeare. Sheridan si trova a diventare anch’egli attore della commedia famoso come scrittore di teatro, questa commedia attira così tanto l’attenzione del pubblico che il famoso David Garrick scrive un prologo che spiega l’argomento della commedia. The School for Scandal — Il prologo di Garrick (Dispensa p.7) A School for Scandal! Tell me, I beseech you, Needs there a school this modish art to teach you? No need of lessons now, the knowing think; We might as well be taught to cat and drink. Caused by a dearth of scandal, should the vapors Distress our fair ones — let them read the papers; Their powerful mixtures such disorders hit; Crave what you will — there’s quantum sufficit. “Lord!” cries my Lady Wormwood (who loves tattle, And puts much salt and pepper in her prattle= Just risen at noon, all night at cards when threshing Strong tea and scandal. — “Bless me, how refreshing! Give me the papers, Lisp — how bold and free! [sips] Last night Lord L. [sips] was caught with Lady D. For aching heads what charming sal volatile! [sips] If Mrs. B. will still continue flirting, We hope she’Il draw, or we'll undraw the curtain. Il prologo serve per introdurre l’argomento principale, per preparare gli spettatori a quello a cui stanno per assistere, quindi fondamentalmente dà un certo mood a tutta la sala per aprire la strada a quello che sarà. Nel nostro caso specifico il prologo è recitato da uno degli attori dello spettacolo, di solito quello che interpretava Sir Peter Teazle, che adesso vediamo chi è. Come vedete Garrick apre subito con la citazione della play. Una cosa che viene messa in discussione in questa commedia è che sempre più spesso i giomali del ‘700, accanto alle notizie vere e proprie, pubblicano anche dei trafiletti o addirittura delle intere pagine tutte dedicate agli scandali e ai pettegolezzi. Nella seconda parte il parlante inizia ad imitare una certa Lady Wormwood che beve il tè e legge pettegolezzi. Wormwood = Assenzio (molto amaro) Possiamo notare anche l’uso di pentametri giambici: Piede 1 Piede 2 Piede 3 Piede 4 Piede 5 LAST | NIGHT | LORD | _L WAS | CAUGHT | WITH | LA DY —| - / - / - / - / - Stiamo dando un’importanza ed una drammaticità ad una scena che evidentemente drammatica non è. Quindi si imposta già con il prologo di Garrick l’ironia che caratterizzeranno questo testo, prendere in giro le convenzioni del teatro e i vizi della borghesia del tempo. Tutto The School for Scandal gioca sul vizio della borghesia settecentesca. Al centro dell’attenzione abbiamo ovviamente il pettegolezzo, e vengono fatti questi quadri poco lusinghieri delle persone che sono dedite ad esso. Però succede anche molto altro in questa commedia. La trama è piuttosto ricca, noi la semplifichiamo. Come dicevamo è la scuola della maldicenza, anche se con scuola ci si riferisce ad un gruppo di persone che sono particolarmente dedite a parlar male degli altri. Molti dei personaggi hanno un nome che ci dà un messaggio, per esempio Mrs Candour che fa parte di un gruppo di pettegoli ci dovrebbe già far sorridere, Sir Backbite anche questo è un nome che richiama il “pugnalare alle spalle”, abbiamo poi Crabtree albero che produce dei frutti molto amari, quasi immangiabili, poi il famoso Mr Snake. Questi personaggi sono tutti capeggiati da Lady Sneerwell, “sneer” sta ad indicare un sorrisetto malvagio. A questo gruppo si unisce temporaneamente una giovane donna, Lady Teazle il cognome sta ad indicare il verbo “punzecchiare”. Questa giovane si è da poco sposata con Sir Peter, un uomo molto più grande di lei e molto più ricco. Egli è preoccupato che la giovane moglie possa essere corrotta dalla vita londinese, e non ha tutti i torti. Lady Teazle non disdegna il corteggiamento di molti degli uomini che le ronzano intorno. I veri protagonisti dell’opera sono però due fratelli, che hanno il cognome significativo di Surface. Questo ci fa già capire che dovremmo andare oltre la “superficie” per capire bene che tipo di persone sono. I due fratelli si chiamano Charles e Joseph, il primo è apparentemente uno scapestrato e spendaccione, molto spesso viene indicato come qualcuno di poco affidabile, in realtà è una persona profondamente molto buona e generosa quindi nonostante questi piccoli peccatucci e vizi è una persona di buon cuore. Joseph invece all’apparenza è una persona assolutamente affidabile e corretta, più virtuoso del fratello, in realtà per è un doppiogiochista ipocrita e meschino, ha tutta una serie di caratteristiche poco affidabili. I due fratelli sono entrambi interessati ad una nipote di Sir Peter, Maria, però entrambi in modi diversi. Charles è davvero innamorato di lei, Joseph invece punta solo ai beni ed all’eredità della fanciulla, egli infatti sta anche facendo la corte a Lady Teazle. Il momento in cui le maschere, le “superfici”, crollano e si vede la vera natura dei due personaggi è quando rientra da un lungo viaggio il loro zio, Sir Oliver, pensa di mettere alla prova i nipoti e si presenta a loro camuffato per cercare di capire quale è la loro vera natura, e scoprirà la verità. La scena clou della commedia si ha quando Joseph tenta di sedurre Lady Teazle in biblioteca. Nel frattempo, però, entra Sir Peter, e naturalmente all’epoca era sconveniente che una donna si trovasse da sola in compagnia di un uomo, vista la situazione Lady Teazle si nasconde. Nel frattempo, arriva anche Charles. Il nascondiglio viene presto svelato e tutto l’intreccio di bugie e di inganni viene alla luce, marito e moglie riescono a chiarirsi e appacificarsi e tutto va al suo posto. Charles finalmente potrà sposare la sua Maria e Lady Teazle si ravvede e decide di allontanarsi dalla School for scandal. Come dicevamo prima ci sono sempre buone intenzioni nella commedia, è tutto sempre volto per il meglio, nonostante gli intrighi e i tradimenti. Si ha sempre l’ happy ending. Guardiamo l’inizio di questo School for scandal. Quest’opera serve per mettere in luce il vero character delle persone. Sappiamo che in inglese questa parola ha l’ambivalenza di poter essere usata per indicare un “personaggio”, il “carattere” o soprattutto prima del ‘700 andava ad indicare una lettera, un simbolo, in senso tipografico che veniva spesso inciso sull’argento come segno di riconoscimento. Questo character può essere tradotto come il valore di una persona e delle sue qualità. Una specie di “che materiale sei fatto”. Concentriamoci adesso sull’inizio di quest'opera. (pag. 8 della dispensa) ActI SCENE I-—Lady Sneerwell’s house in London. [Discovered LADY SNEERWELL at the dressing table; SNAKE drinking chocolate. ] Ad aprire è subito una didascalia che ci spiega il contesto che stiamo guardando. Troviamo il capo di questo gruppo di pettegoli, Lady Sneerwell, che si sta vestendo e truccando per affrontare la giornata. Si tratta della mattina ed è con lei Snake che beve della cioccolata (succedeva spesso in Inghilterra). Sneerwell la vediamo nell’atto di truccarsi e prepararsi e questo è piuttosto importante per stabilire il tono di tutta la commedia. L'apertura è informale, il contesto è privato quindi suona bene con la conversazione che c’è tra i due personaggi. In più vediamo la maestra del pettegolezzo mentre si sta preparando, mentre costruisce la sua facciata sociale, quindi mette insieme la sua SURFACE, anche questo è sicuramente significativo. LADY SNEER. The paragraphs, you say, Mr. Snake, were all inserted? SNAKE. They were, madam; and as I copied them myself in a feigned hand, there can be no suspicion whence they came. vedere con Maria. Sneerwell è segretamente innamorata del fratello più genuino e buono, Charles. LADY SNEER. His real attachment is to Maria, or her fortune; but, finding in his brother a favored rival, he has been obliged to mask his pretensions and profit by my assistance. SNAKE. Yet still I am more puzzled why you should interest yourself in his success. LADY SNEER. Heavens! How dull you are! Cannot you surmise the weakness which I hitherto, through shame, have concealed even from you? Must I confess that Charles — that libertine, that extravagant, that bankrupt in fortune and reputation — that he it is for whom I am thus anxious and malicious, and to gain whom I would sacrifice everything? SNAKE. Now, indeed, your conduct appears consistent: but how came you and Mr. Surface so confidential? LADY SNEER. For out mutual interest. I have found him out a long time since. I know him to artful, selfish, and malicious — in short, a sentimental knave; while with Sir Peter, and indeed with all his acquaintance, he passes for a youthful miracle of prudence, good sense, and benevolence. “Sentimental knave”, un “furfante sentimentale”. La parola sentimentale diventa particolarmente importante nel ‘700, cambia il suo senso. In The school for scandal è usato in modo ironico e comico, non in modo reale. Sentiment e sentimental acquisiscono dei nuovi significati a partire dalla metà del ‘700, e sono poi quelli che caratterizzano l’era preromantica. Sentiment viene a significare quello che per noi è più banale, proprio il sentimento, il feeling, un uomo sentimental è una persona che si rende disponibile alle emozioni, che è pronta a provare emozioni, soprattutto in quella quieta e solitaria contemplazione che incontreremo più avanti. Joseph però è tutt'altro che un sentimental, come sappiamo. È una persona poco introspettiva, ovviamente la parola quindi è usata in modo ironico. L’altro significato del sentiment invece ha a che vedere con le idee, esprimere il proprio pensiero e riuscire ad esprimersi in maniera efficace. Anche in questo caso è del tutto ironico l’uso di questa parola, Joseph senz’altro non è un man of sentiment, non esprime mai un’opinione chiara, le sue frasi sono frasi fatte, proverbiali, non sembra mai esserci nulla di personale. Le massime e gli aforismi che usa Joseph sono così generali e vuoti da diventare ampollosi; è magniloquente ma senza sostanza, così che il suo modo di parlare è solo uno specchio della sua ipocrisia. Questo gioco di indagare l’altro (i personaggi) è tutto incentrato sul linguaggio. Come dicevamo prima lo scambio di battute è l’aspetto più importante della comedy of manners e anche in questo caso hanno un ruolo fondamentale. In particolare, il modo in cui i personaggi parlano e si esprimono tradisce la loro vera natura. Il modo in cui costruiscono il discorso è fondamentale per comprenderli e suscitare una reazione negli spettatori e lettori, che hanno una risposta quasi spontanea alla costruzione dei discorsi di ogni personaggio. Abbiamo detto che Joseph sembra sempre parlare con la voce di qualcun altro, ha una voce sempre formale e quasi fastidiosa, di solito non piace, crea una barriera tra sé e lo spettatore. Lo zio, Oliver, invece per contrasto usa delle frasi lunghe rispetto a quelle di Joseph, ma sono più semplici, chiare e dirette. The school for scandal ci insegna come usando la sintassi possiamo creare degli effetti completamente diversi e suscitare una risposta piuttosto che un’altra in chi ci ascolta. È un maestro Sheridan, ci fa vedere come certe costruzioni del discorso possano attrarre o meno le persone, e come possano implicare delle caratteristiche della personalità. Tutta quest’opera si gioca sullo stile dell’eloquio dei personaggi. Alcuni parlano in uno stile semplice e diretto, altri invece con uno stile più elaborato e complesso. Vediamo alcuni esempi di come il modo di parlare diventa essenziale nella commedia: Lady Sneerwell (dispensa p.12) Lei è concisa nel suo modo di esprimersi, usa frasi corte ma molto studiate, sembra quasi che abbia già in mente una costruzione complessa della frase ancor prima di dirla. Usa molte metafore, linguaggio figurato, e ama arricchire le proprie frasi di avverbi e aggettivi. Vediamo la prima citazione: LADY SNEER. Pshaw! There's no possibility of being witty without a little ill nature: the malice of a good thing is the barb that makes it stick. — What's your opinion, Mr. Surface? Come vedete questo è uno dei vari casi in cui la protagonista usa il linguaggio figurativo, condisce il proprio discorso per attirare l’attenzione delle persone. La seconda citazione: LADY SNEER. Oh, surely, she’s a pretty woman. Qua è ancora più palese, usa un avverbio ed un aggettivo e distrugge una persona. Questo surely e questo pretty sono sufficienti a dirci un sacco di cose. Vuol dire che molto probabilmente è “solo carina” e poco intelligente. È un finto complimento. L’ultimo esempio: LADY SNEER. Well, well, if Mrs. Evergreen does take some pains to repair the ravages of time, you must allow she effects it with great ingenuity; and surely that's better than the careless manner in which the widow Ochre caulks her wrinkles. Notate che le frasi sono solitamente complesse, ben costruite, con varie subordinate, un po” delle piccole opere d’arte preparate a tavolino. E anche lei rispecchia il suo modo di parlare. Joseph Surface (dispensa p.12) Charles stesso fa notare al pubblico che il fratello è noioso. CHARLES S. [aside] Now, if Joseph would make one of his long speeches, I might recollect myself a little. JOSEPH S. Brother, it is with great concern I am obliged to speak on this point, but my regard to justice compels me, and Lady Sneerwell’s injuries can no longer be conceald. Vedete come è formale, come il suo modo di costruire la frase è estremamente artificioso e artefatto. Questa frase è particolare, l’amore per la giustizia che lo obbliga. JOSEPH S. Certainly, madam; to smile at the jest which plants a thorn in another’s breast is to become a principal in the mischief. Questo ultimo esempio è un controsenso del personaggio, poiché sembra che sia di buoncuore ma in realtà non lo è, come sappiamo. Anche lui usa frasi fatte ma decisamente poco spontaneo. Si fatica a capire se sta davvero dicendo quello che pensa. Sir Oliver Surface (dispensa p.12) Anche lui costruisce dei discorsi lunghissimi come Joseph, ma è un torrente in piena, è uno stile schietto e brusco che accumula tante parole ma in un flusso spontaneo di pensiero. Vediamo un paio di esempi: SIR OLIVER. [... ] But, however, don't mistake me, Sir Peter; I don't mean to defend Charles’s errors: but before I form my Judgment” of either of them, I intend to make a trial of their hearts; and my friend Rowley and I have planned something for the purpose. Notiamo che la maggior parte delle volte si tratta di coordinazione, i due punti e il punto e virgola, sono in realtà un accumularsi di frasi semplici, non ci sono subordinate e costruzioni complesse della frase. SIR OLIVER. Aye—1know— there is a set of malicious, prating, prudent gossips, both male and female, who murder characters to kill me, and will rob a young fellow of his good name before he has years to know the value of it. — But I am not to be prejudiced against my nephew by such, I promise you. No, not if Charles has done nothing false or mean, I shall compound for his extravagance. Jack. In particolare, si tratta di una dedica a Jack dalla piccola Cecily. A questo punto, Algernon non può che essere confuso. Chiede ripetutamente la ragione di questa incisione all’amico, e scopre il suo segreto. Il nostro protagonista Ernest in realtà non si chiama così, ma ha una doppia identità. Il suo vero nome è Jack, e si è creato una sorta di alter-ego. Jack abita in campagna, ed è pieno di responsabilità: deve prendersi cura della giovane Cecily, che era la nipote dell’uomo che l’aveva adottato. Adesso Jack è il tutore di Cecily. Queste responsabilità gli pesano, la vita in campagna e questo dover essere tutore di Cecily gli impediscono di sentirsi libero, e lo costringono ad avere un comportamento ineccepibile visto il suo ruolo di esempio nei confronti di Cecily. Così, per poter dare sfogo alle proprie fantasie e potersi divertire, Jack ha creato un fratello immaginario, Ernest. Ogni volta che si reca in città, Jack finge di essere il suo alter-ego. Finge di non essere più Jack, ma finge di essere il fratello Ernest. Ernest, al contrario di Jack, è un tipo avventuroso, a cui piacciono i divertimenti, ed è molto meno responsabile e serio rispetto al suo alter ego di campagna. Quindi, la commedia si apre con la rivelazione di un inganno. Il nostro protagonista ha un alter-ego e conduce una doppia vita. Quando conduce la sua vita in campagna è Jack, è irreprensibile ed ha un comportamento ineccepibile. Quando invece si reca in città per potersi liberamente divertire e dare sfogo a tutto ciò che non può fare, diventa Ernest, il finto fratello scapestrato che insieme ad Algernon frequenta la società borghese. Si rivela anche un altro inganno, non altrettanto palese, ma comunque interessante: il nostro Jack scopre che anche Algernon ha qualche segreto. Difatti, Algernon si è inventato non un alter ego, ma un amico, Bunbury, che in realtà è inesistente. Questo amico è sempre malato, ed è la scusa ideale per Algernon per sfuggire a tutte quelle occasioni sociali che lui preferisce evitare. Per esempio, quando si prospettano incontri con la zia e altri familiari che a lui risultano poco graditi, ecco che l’amico Bunbury si sente male ed Algermnon deve correre in suo soccorso, e non potrà quindi essere presente all’occasione. Quindi, due protagonisti, due ingannatori. Il momento clou della nostra commedia è l’intreccio amoroso, come spesso abbiamo visto accade nelle commedie inglesi del “700 e ‘800. Il nostro Jack è in città per chiedere la mano della donna di cui è innamorato, Miss Gwendolen, cugina di Algernon. Gwendolen ha sempre visto Jack in città, e quindi lo conosce come Ernest. Anche lei è innamorata di Ernest, ma la cosa curiosa è che la fanciulla è fissata sul fatto di voler sposare solo ed esclusivamente un uomo che si chiami Ernest. Lei non sposerà nessun altro all’infuori di un Ernest, perché secondo lei è un nome particolarmente importante che le procura delle vibrazioni positive. Jack quindi, nel chiedere la mano a Gwendolen, deve avere anche a che fare con la madre di lei, persona per niente semplice. Si tratta di Lady Bracknell, madre di Gwendolen e zia di Algernon, è un tipo piuttosto rigido. È una rappresentante tipica del periodo vittoriano e donna molto materialista, e la prima cosa che fa per capire se Jack può essere il marito ideale per la figlia è sottoporlo a un lungo interrogatorio in cui mette in fila tutte le domande possibili su tutti gli aspetti della vita di Jack. Una delle domande essenziali riguarda la famiglia d’origine di Jack: sua figlia andrà in sposa solo a un uomo che abbia un background di un certo livello. Si viene però a sapere che Jack è stato adottato, e quindi, secondo Lady Bracknell, lui una famiglia vera e propria non ce l’ha, e proprio per questo motivo Lady Bracknell non dà il consenso al matrimonio, a meno che Jack non si trovi una famiglia biologica entro la fine della stagione. Le cose si stanno complicando, il nostro povero Jack è in città, vorrebbe sposare Gwendolen, ma la madre di lei non dà il consenso al fidanzamento. Nei vari scambi legati a questa volontà di fidanzarsi, Jack commette un errore, ovvero rende noto il suo indirizzo della casa di campagna. Lui dovrebbe tenere distinte le sue due identità, Jack di campagna ed Ernest di città, ma invece salta fuori questo particolare. Neanche a dirlo, poco dopo ritroviamo tutti i protagonisti della commedia riversati nella casa di campagna. Jack e Algy si trovano presso la dimora di campagna. Qui c’è la giovane Cecily insieme all’anziana governante Miss Prism. Qui l’intreccio si fa sempre più fantasioso. Quando Jack è in campagna, ovviamente, è solo Jack; allora quando Algernon si presenta alla casa di campagna, si fa passare per Ernest, il fratello scapestrato di Jack. Cecily è subito attratta da questa figura, e i due si innamorano. Anche lei, come Gwendolen, afferma di voler sposare solo e unicamente un uomo di nome Ernest. Poco dopo arriva anche Gwendolen, che vuole parlare con Jack (che lei conosce come Ernest) del loro possibile fidanzamento. Cosa succede? Quando Gwendolen arriva nella casa di campagna, lei cerca Ernest, e Cecily, a sua volta, è innamorata e per così dire già fidanzata con Ernest, che però è Algernon. In pratica le due donne si incontrano e credono di essere fidanzate con lo stesso uomo. Seguono ovviamente tutti i fraintendimenti e chiarimenti del caso, e quindi c’è tutto l’intreccio dovuto alla sequenza di fraintendimenti nati da questa situazione. Quindi, Gwendolen, Cecily, Jack/Ernest e Algernon/Ernest sono tutti nella casa di campagna, e nella tenuta arriva anche la madre di Gwendolen. Lady Bracknell viene a sapere che Algernon vorrebbe chiedere alla mano di Cecily; in quanto zia di Algernon, Lady Bracknell procede un’altra volta nella sua indagine per stabilire se il matrimonio si può fare oppure no. Stavolta rimane molto soddisfatta, dal momento che Cecily è un’ereditiera, e quindi avrà un patrimonio piuttosto notevole. Jack, dal canto suo, decide di opporsi al matrimonio tra l’amico e Cecily, perché spera, in questo modo, di strappare il consenso per il proprio matrimonio con Gwendolen. Tuttavia, Lady Bracknell non si lascia convincere. Si convincerà soltanto quando l’intreccio comincerà a sciogliersi in maniera piuttosto sorprendente, ovvero quando si scopre che la badante di Cecily, Miss Prism, un tempo fu la bambinaia di Lady Bracknell. Miss Prism fu la bambinaia di entrambi i nipoti della signora: uno dei nipoti era ovviamente Algernon, mentre l’altro era scomparso: era stato affidato a Miss Prism che si era recata a Victoria Station e aveva lasciato lì il bambino, inavvertitamente, dentro un borsone. Il neonato smarrito a Victoria Station non è altro che il fratello di Algernon, che scopriamo essere proprio Jack. Jack scopre quindi di essere il fratello di Algernon. La signora Bracknell gli aveva raccomandato di trovarsi una famiglia entro la fine della stagione, e il nostro Jack l’ha effettivamente trovata. È riuscito a riallacciare i fili e a ricostruire i fatti. A questo punto, Lady Bracknell autorizza il fidanzamento tra Gwendolen e Jack, ma rimane aperto un problema: come si chiama Jack veramente? Lady Bracknell dice di ricordarsi che gli era stato dato solo il nome del padre defunto, e nel fare ricerche a tal proposito, Jack scopre che il suo vero nome è proprio Ernest. The Importance of Being Earnest, quindi, ruota tutta attorno al nome Emest: l’identità segreta di Jack si rivela essere proprio la sua identità principale. Per lui è effettivamente molto importante questa scoperta, perché gli apre la strada per la felicità, per poter sposare la sua amata Gwendolen, e per poter far parte della famiglia a tutti gli effetti. L’intreccio della storia ha già di per sé dei momenti dell’assurdo, è già brillante e abbastanza divertente, ma ciò che rende veramente divertente questa commedia di Oscar Wilde non è tanto la successione di eventi, ma piuttosto è il continuo scambio tra i personaggi, i giochi di parole, i dialoghi vivaci. Wilde era un noto conversationalist, ovvero una di quelle figure che facevano della conversazione un’arte. Diventava un modo di intrattenere le persone: i conversationalists venivano apposta invitati a determinati eventi perché erano dei personaggi quasi teatrali, che attiravano l’attenzione e mantenevano sempre viva la compagnia. Wilde era uno di loro, e questo non può che avere avuto un ruolo fondamentale in una commedia come The Importance of Being Earnest. Tra parentesi, Wilde si era unito a un gruppo di persone che avevano questo stesso interesse per la frase spiritosa, la conversazione brillante, l’aneddoto divertente, gruppo che per lui provava un misto di amore e odio, perché si diceva che spesso Wilde riutilizzasse quello che sentiva dagli amici per trasporlo all’interno delle sue opere. Era quindi convinto della possibilità di usare le parole altrui con grande libertà, ed era aperto anche all’idea di essere plagiato, non vedeva un diritto d’autore su determinate cose. Questa è sicuramente la base per costruire il nostro discorso. Per Wilde, la conversazione, lo scambio dialogico è un’arte, è qualcosa che va aldilà del mero dialogo vivace. Nella nostra commedia, quali sono gli strumenti che vengono usati per rendere il tutto vivace e brillante? Quali sono le tecniche? Le tecniche sono tre: 1. Epigramma 2. Paradosso 3. Instabilità delle parole Con questi tre principi, Wilde provoca il nostro sorriso. Spesso le tre si combinano le une con le altre. 1 Epigramma: è un breve componimento ironico e spesso mordace che ha una tradizione molto antica. Wilde lo riporta in auge, e riprende la tradizione dell’epigramma che viene dall’antichità. (ne parleremo dopo) e Per Cecily, Emest è una sorta di eroe romantico, una figura maledetta. Lei è affascinata dall’immagine del fratello scapestrato di Jack. Dice: “Well, ever since dear Uncle Jack first confessed to us that he had a younger brother who was very wicked and bad, you of course have formed the chief topic of conversation between myself and Miss Prism. And of course a man who is much talked about is always very attractive. One feels there must be something in him after all.” Ognuno vede e comprende Ernest in modo personale, e questo insieme ha tutte le ambiguità di senso che Wilde usa in questa commedia; va anche ben oltre all’interpretazione banale che ognuno di noi interpreta il mondo in modo diverso. Tutti gli Ernesto di questa commedia sono frutto di influenze culturali diverse, di necessità diverse, di esperienze di vita diverse. Tutte quest'ultime stabiliscono dei potenziali significati, sfociano tutti in diverse interpretazioni. Questo ci sta dicendo Wilde: lenti diverse, esperienza diverse, influenze diverse è un concetto molto ampio e pluralistico, sfociano in modi di vedere il mondo completamente diversi, e nessuno è meno credibile degli altri. Ad esempio, l’idea di Emest, alla fine, è interpretata in tanti modi diversi, ma non emerge un’immagine unica, non c’è un’immagine che vince sulle altre, è un po’ di tutto. Nessuno ha completamente ragione e nessuno ha completamente torto. Quindi, già la prima difficoltà è posta dallo stesso nome Ernest. Non riusciamo a riconciliare tutte le idee che si hanno di Ernest (pagina 13 dispensa), non si trova una spiegazione unica. Forse, siamo noi spettatori che dobbiamo decidere chi e cos'è Emest. Noi sappiamo solo che è importante esserlo, poi il resto sta a noi deciderlo. Spostiamo ora l’attenzione sull’epigramma, una delle tecniche utilizzate da Wilde. 1. Epigramma: è tipico di Wilde, è uno dei modi più frequenti in cui, nelle commedie di Wilde, ci viene suscitato il riso, quello che ci attira e ci incuriosisce. Brano a pagina 13, in fondo, contiene un epigramma. È uno scambio divertente tra Jack e Algernon. Inversione e pluralità di significati: Act 1, 622-36 JACK [... ] You don't think there is any chance of Gwendolen becoming like her mother in about a hundred and fifty years, do you Algy? + (paura fondata, la madre di Gwendolen non è una donna facile da trattare) ALGERNON All women become like their mothers. That is their tragedy. No man does. That°s his. > (questo è l’epigramma) JACK Is that clever? CLEVER: esempio di pluralità di significati. + “è una cosa sensata questa?”. ALGERNON It is perfectly phrased! + “è detta benissimo” (quindi il significato di clever diventa ambiguo. Cosa vuol dire clever? Non si capisce piu tanto bene) and quite as true as any observation in civilized life should be. JACK I am sick to death of cleverness. Everybody is clever nowadays. You can't go anywhere without meeting clever people. The thing has become an absolute public nuisance. I wish to goodness we had a few fools left. ALGERNON We have. JACK I should extremely like to meet them. What do they talk about? ALGERNON The fools? Oh! about the clever people, of course. Ma concentriamoci sulla frase di Algernon: “AI! women become like their mothers. That is their tragedy. No man does. That's his.” Cos’è un epigramma? Da questa citazione, dà subito un senso di artificialità. Suona quasi, nella risposta che abbiamo visto prima, come se Algernon stesse citando qualcuno, non sembrano parole sue. L’epigramma dà una concretezza straordinaria all'affermazione. È breve, solenne, ha l’aria di essere una grande verità. L’epigramma, nell’antichità, era in versi, ed era soprattutto usato per essere inciso su monumenti e pietre tombali, quindi ancora più ha questo senso di concretezza (Wilde, invece, non usa i versi). Sua caratteristica propria è quella di essere un’espressione molto coincisa che dà questo senso di verità assoluta. Già dall’antichità l’epigramma comincia a cambiare, non solo appare su monumenti e pietre tombali, ma viene anche ad essere un’espressione breve, coincisa, ironica, vivace, che suscita il riso. Una sorta di breve componimento ironico e mordace. L’epigramma diventa molto diffuso anche nel ‘600-‘700 inglese, viene usato spesso dagli autori di poesia, versi e teatro dell’epoca, in particolare da John Donne e Alexander Pope, che lo usano soprattutto quando scrivono opere satiriche. È simile, se vogliamo, all’aforisma e alla massima, però l’aforisma e la massima sono meno arguti, meno mordaci e ironici, e hanno anche meno costrizioni formali. Wilde, quindi, recupera una tradizione lunga, quella dell’epigramma, e la fa rivivere, la sviluppa nuovamente, la rimette in auge, tanto che alcuni ritengono che l’epigramma nella letteratura inglese sia stato introdotto da lui. Questo non è vero, perché c’era già una tradizione di epigramma, ma è lui che lo fa diventare popolare e molto usato. Forse Wilde è stato introdotto all’epigramma proprio grazie al gruppo dei conversationalists di cui faceva parte (l’epigramma è una delle varie cose che pare abbia “rubato” a questi amici con i quali intratteneva le vivaci conversazioni). Com'è funziona l’epigramma? Attira l’attenzione sulla propria artificialità, non c’è un senso di spontaneità del discorso. Si ha la sensazione di qualcosa di artificiale e costruito, e nel caso di Wilde, a rendere ancora più evidente questa artificialità, l’epigramma ha una struttura molto precisa e semplice. ALL WOMEN BECOME LIKE THEIR MOTHERS. THAT IS THEIR TRAGEDY. NO MAN DOES. THAT”S HIS. Abbiamo una prima affermazione, di solito breve, poi una sorta di punto di svolta, di cesura. Dopo di essa, c’è un ribaltamento inaspettato, e lì giunge il paradosso, una cosa e il suo contrario: tutte le donne diventano come le loro madri, questa è la loro tragedia; nessun uomo diventa come sua madre, questa è la sua tragedia. ALL WOMEN BECOME LIKE THEIR MOTHERS. THAT IS THEIR TRAGEDY. III NO MAN DOES. THAT”S HIS. Quindi affermazione e ribaltamento. Si dice una cosa, e fondamentalmente se ne dice una che potrebbe essere il suo contrario. In realtà, se guardiamo bene, le idee non sono del tutto inconciliabili, non c’è un ribaltamento totale, perché non sono idee del tutto equivalenti: suona impossibile ma verosimile allo stesso tempo, perché da una parte si parla di donne e da una parte di parla di uomini. Quindi, non è una contraddizione, ma è una costruzione parallela in cui si dice una cosa e poi si dice in parte il suo contrario. Suona quindi possibile e impossibile allo stesso tempo, sembra tutto instabile. Siamo indecisi: è una contraddizione o non lo è? È questo il gioco di Wilde: lasciarci un po” confusi a valutare se effettivamente si sta contraddicendo o no, se quello che si sta dicendo è credibile o no. Quindi questo è uno dei modi principali con cui Wilde ci fa sorridere e ci suscita il riso, tecnica molto diffusa sia in The Importance of Being Earnest che nelle altre sue commedie. 2. Paradosso: come già un po’ accennato, è dire qualcosa che va contro alle credenze comuni e alla logica comune. Quello che noi ci aspettiamo lo troviamo ribaltato. L’epigramma può quindi essere legato al paradosso, ma il paradosso può non necessariamente essere legato all’epigramma, il paradosso può anche trovarsi da solo. Queste procedure, l’instabilità delle parole che possono voler dire più di una cosa, l’epigramma che ci lascia confusi sulla veridicità di un’affermazione, il paradosso dove si nega qualcosa che si crede o si sa per logica, sono anche strumenti importantissimi che Wilde usa per avviare una critica sulla società del suo tempo. Non solo, quindi, ci suscitano il riso, ma soprattutto diventano degli strumenti attraverso i quali Wilde mette in crisi gli ideali e le idee più diffuse del suo tempo. Con suo tempo parliamo di un momento particolare: come sappiamo Wilde si colloca a fine secolo. Negli anni immediatamente precedenti, che ancora sono molto presenti negli anni in cui Wilde è attivo dal punto di vista letterario, avevamo il Vittorianesimo. L'età vittoriana è un’età rigida, fatta di regole e vista come limitativa, con rigida moralità e un’etica del lavoro anch'essa rigida. Tutto quanto del Vittorianesimo ci dà questa sensazione di essere ineccepibili nei comportamenti. La fine del secolo rappresenta una reazione a tutto questo, e Wilde è principe di questa reazione. Possiamo immaginarci quanto epigramma, paradosso e instabilità delle parole possano ribaltare e contraddire tutte queste rigidità del Vittorianesimo. Per questo motivo, se andiamo a pagina 14 (in avanti) della dispensa, ci sono ulteriori esempi delle tecniche di Wilde, ma stavolta i testi sono organizzati secondo i temi che The Importance of Being Earnest affronta. Non è vero che Wilde non abbia “l’arte per l’arte”, che sia interessato solo all’aspetto estetico, non è vero che non si interessa alla società e alla politica del suo tempo, anzi: tutto The Importance of Being Earnest è un lungo e divertente commento sulla situazione del proprio tempo. Abbiamo detto che la borghesia aveva stabilito una sorta di autorità morale sul teatro, e l’aveva fatto anche come reazione ai principi aristocratici, già a partire dalla commedy of manners di Sheridan. Per la borghesia, in generale, l’apparenza non doveva essere importante, e già con Sheridan avevamo detto che quello che importava non era la surface, ma era la sostanza. Con Wilde, invece, l’apparenza diventa di nuovo importante. Con questo aristocratico esteta, si incoraggia una sorta di teatralità elegante nella vita di tutti i giorni. La superficialità non è per forza un difetto. Certo, ammettere che l’apparenza è importante significa anche ammettere che la ricchezza e il rango sono importanti nella vita dell’individuo. Di conseguenza, il denaro stesso ha un ruolo decisivo. 3) Act 2, 519-31 ALGERNON But, my dear child, do you mean to say you could not love me if I had some other name? CECILY But what name? ALGERNON Oh, any name you likte—Algernon—for instance— CECILY But I don't like the name of Algernon. ALGERNON Well, my own dear, sweet, loving little darling, I really can’t see why you should object to the name of Algernon. It is not at all a bad name. In fact, it is rather an aristocratic name. Half of the chaps who get into the Bankruptcy Court are called Algernon. But seriously, Cecily— (Moving to her_—ifmy name was Algy, couldn't you love me? CECILY (Rising) I might respect you, Ernest, I might admire your character, but I fear that I should not be able to give you my undivided attention. In questo terzo estratto, l’esteta fa una comparsa un po’ più fugace. Algernon sta parlando con Cecily, e si presenta il problema che Cecily non è disposta ad amare nessuno che non si chiami Ernesto. Dal livello dell’immagine dell’esteta, quello che emrge è che un esteta si disinteressa del denaro, spende e spande, tanto che Algernon dice “parte di questi che si chiamano Algernon si trovano a dar conto di una bancarotta”. L’esteta è ozioso, spendaccione. Però forse qui l’aspetto che ci colpisce di più non è tanto l’immagine dell’aristocratico spendaccione, quanto questa idea del desiderio di Cecily di sposare per forza un Ernest. Anche questo è divertente, ma non è senza senso, non è che è scollegato dalla società e dai tempi di Wilde. Cecily, in questo momento, nel fare questa richiesta, incarna la tipica donna vittoriana. Quello che si intende è che le donne dell’era vittoriana, secondo Wilde e i suoi contemporanei, erano troppo materiali: molto attente a valutare tutti gli aspetti del futuro marito o compagno, aspetti che poi esulavano la cosa più importante, ovvero il sentimento. Quindi, Cecily incama la donna vittoriana nel senso che porta all’eccesso l’idea dello scegliere un marito secondo standard precisi e puntigliosi. Qui l’eccesso è il ridicolo, perché Cecily vuole addirittura un nome specifico. Però c’è un fondo di verità: le donne dell’epoca erano selettive sulla condizione finanziaria, sulla famiglia di provenienza, la scelta era basata su cose futili, questo ci vuole dire il testo. Si sceglieva un marito perché era ricco o perché di buona famiglia, non per i sentimenti o la sostanza. Quindi è questo che mette in ridicolo Wilde: scegliere un marito per una cosa futile come il denaro o la famiglia di provenienza è tanto sciocco quanto volere solo un uomo che si chiama Ernest. Quindi, qua abbiamo non solo Agernon che cerca di vendere il nome collegandolo al tipico aristocratico esteta che spende e finisce a dover dar conto della sua bancarotta, ma abbiamo anche l’immagine del prendersi gioco dei criteri femminili troppo rigidi nella scelta del compagno di vita. Per fare il punto sulla questione dell’esteta, molto spesso, non solo nelle commedie ma anche nei romanzi, abbiamo questa immagine del personaggio esteta che sfida le convenzioni tipicamente borghesi e che avevano animato il Vittorianesimo: questo senso di sobrietà, gli ideali puritani dell’importanza del lavoro, etc. L’esteta invece è ozioso, fa poco, stanco del non far nulla, sempre un po’ annoiato, deve sempre avere nuovi stimoli, spende e spande in quantità ed è molto attento all’immagine esteriore. Incarnano questa figura sia Algernon che Ernest. B. MODAEMODI Varietà di usi, costumi e vizi. Nell'ultimo decennio dell’800 abbiamo una reazione ai decenni precedenti, alla rigidità del Vittorianesimo. 1. Act1, 246-252 ALGERNON [... ] She will place me next Mary Farquhar, who always flirts with her own husband across the dinner-table. That is not very pleasant. Indeed, it is not even decent— and that sort of thing is enormously on the increase + (il fatto di flirtare con i mariti). The amount of women in London who flirt with their own husbands is perfectly scandalous. It looks so bad. It is simply washing one's clean linen in public. [... ] Algernon si prende un po’ gioco della rigidità e del continuo tornare su temi sentimentali e romantici. Dice Algernon, riguardo a un evento a cui lui intende partecipare, che lo metteranno accanto a Lady Farquhar, la quale non fa altro che flirtare con il marito che sta dall’altra parte del tavolo. Qua si sta ribaltando tutta una serie di valori. Algernon è scandalizzato dal fatto che le donne della buona società flirtino con i loro mariti, dice che è come lavare i propri panni puliti in pubblico. Qual è questa volta la moda che viene messa in ridicolo? Non stiamo parlando della moda del tradimento, molto presente e sfruttato nella commedia inglese Settecentesca e anche Ottocentesca, tant'è che molti contemporanei di Wilde giocano con questo tema. Ci si poteva aspettare che tale tema fosse affrontato anche In the Importance of Being Earnest, e in parte avviene anche, quando Gwendolen e Cecily credono di essere fidanzate con lo stesso uomo. Però, qui, in questo estratto, abbiamo delle donne che flirtano spudoratamente con i propri mariti, e che vengono persino accusate di indecenza. Abbiamo un paradosso e un’inversione di valori. Lo mette in evidenza il modo di dire “lavare i panni puliti in pubblico”, che di solito si dice “i panni sporchi si lavano a casa”, nel senso che i segreti non vanno esposti in pubblico. Modificando dirty con clean, Algernon mette il senso sottosopra, tutto diventa contraddittorio e assurdo. Quindi, il problema è questo: normalmente, lo scandalo sarebbe sbandierare l’adulterio, e non la felicità coniugale. Qui abbiamo delle donne scandalose perché stanno sbandierando la propria felicità coniugale. Queste donne danno ben poco spunto alle malelingue e alla commedia contemporanea, perché sono così poco creative da flirtare con il proprio marito. Si prende gioco di chi insiste sulla trama sentimentale nella commedia, questa è una commedia dove le donne flirtano con i mariti, e quindi la moda dell’adulterio viene disattesa. In più, torna l’idea del paradosso: noi ci aspettiamo che sia scandalosa una donna che sbandiera l’adulterio, non è certo scandalosa una donna che manifesta in pubblico l’affetto per il marito. Quindi, il modo di dire viene trasformato e mette in evidenza il fatto che si stia dicendo qualcosa di apparentemente insensato. Moda da sfatare è quindi l’attenzione per il presunto tradimento e per tutto quello che ha a che vedere con gli intrighi sentimentali tipici della commedy of manners. 2) Act 2, 511-533 JACK I have a country house with some land, of course, attached to it, about fifteen hundred acres, I believe; but I don't depend on that for my real income. In fact, as far as I can make out, the poachers are the only people who make anything out of it. LADY BRACKNELL A country house! How many bedrooms? Well, that point can be cleared up afterwards. You have a town house, I hope? A girl with a simple, unspoiled nature, like Gwendolen, could hardly be expected to reside in the country. JACK Well, I own a house in Belgrave Square, but it is let by the year to Lady Bloxham. Of course, I can get it back whenever I like, at six months’ notice. LADY BRACKNELL Lady Bloxham? I don’t know her. JACK Oh, she goes about very little. She is a lady considerably advanced in years. LADY BRACKNELL Ah, nowadays that is no guarantee of respectability of character. What number in Belgrave Square? JACK 149. LADY BRACKNELL (Shaking her head) The unfashionable side. I thought there was something. However, that could easily be altered. JACK Do you mean the fashion, or the side? LADY BRACKNELL (Sternly) Both, if necessary, I presume. What are your politics? Qui abbiamo Jack alle prese con Lady Bracknell, che sta interrogando il ragazzo per capire se potrebbe essere il marito giusto per Gwendolen. Tipica donna vittoriana, è estremamente interessata al denaro, alla famiglia d’origine, allo status sociale, a tutti gli aspetti materiali del matrimonio, e quindi indaga su tutti questi aspetti. Nell’estratto inizia a interrogare Jack su tutti i suoi possedimenti immobiliari. Emergono tanti dei giochi di Wilde, sia linguistici che sulla società. Innanzitutto, emerge subito un altro paradosso: una casa in campagna non è un posto adatto per la figlia Gwendolen, che è troppo naturale per vivere nella natura. È una contraddizione, ovviamente: una donna naturale e semplice dovrebbe trovare il suo ambiente ideale in una casa di campagna e nella vita in contatto con la natura. Abbiamo già parlato dell'esempio numero uno in cui viene preso in considerazione l’argomento tipico della commedia di costume, la questione dei matrimoni e dei tradimenti, gli stereotipi vengono qui ribaltati. Anche The Importance of being Earnest contiene un momento almeno di romanticismo, in cui si ha un sospetto di tradimento perché Cecily e Gwendolen per un attimo pensando di essere entrambe fidanzate con lo stesso uomo, poiché entrambe sono innamorate di un Earnest. Probabilmente in questo caso Wilde si sta prendendo gioco della sua stessa opera, ricordiamoci che esiste la parodia, quindi quando scrive queste cose e usa parte della tradizione passata lo fa comunque con un atteggiamento critico che emerge proprio in brani come questo, dove le signore che flirtano con i propri mariti sono scandalose e indecenti. Molto spesso determinati stereotipi vengono ribaltati, le nostre aspettative vengono disattese. Quello che ci sembrerebbe normale qui è invertito, ci si scandalizza perché le signore si mostrano particolarmente fedeli al loro marito. Questi ribaltamenti servono a farci ragionare sul punto di partenza. Disattendere un’aspettativa costringe lo spettatore a riflettere sul perché noi troviamo scandaloso il contrario (quindi in questo caso l’adulterio). Nel corso dell’opera ne troviamo tanti altri, perché tutte queste associazioni spesso dovute a idee e valori sono messe in crisi da Wilde, il modo migliore per farci ragionare su questo è proprio disattendere l’aspettativa. Abbiamo anche parlato in modo più concreto delle vere mode dell’epoca di Wilde, come per esempio abitare in una zona o in un’altra di una città potesse essere un simbolo di status, è ovvio che Wilde esagera in questo caso. In questo esempio troviamo di nuovo la nostra Lady Bracknell, che è la mamma di Gwendolen e la zia di Algernon, e la sua funzione in questa commedia pare essere quella di vagliare tutti i possibili pretendenti della figlia, il povero Jack subisce un interrogatorio per capire se è adatto o meno e qui invece l’interrogatorio ha a che fare con tutte le sue solite valutazioni in vista del possibile matrimonio, stavolta sono rivolte verso Cecily, possibile moglie di Algernon. Mentre Lady Bracknell è impegnata nella valutazione di Cecily viene a sapere un dettaglio che ha una certa importanza nelle sue considerazioni, ovvero che Cecily è una ereditiera. Act 3, 160-181 LADY BRACKNELL (Sitting down again) A moment, Mr Worthing. A hundred and thirty thousand pounds! And in the Funds! Miss Cardew seems to me a most attractive young lady, now that I look at her. [... ] We live, I regret to say, in an age of surfaces. (To CECILY) Come over here, dear. (CECILY goes across) Pretty child! Your dress is sadly simple, and your hair seems almost as Nature might have left it. But we can soon alter all that. A thoroughly experienced French maid produces a really marvellous result in a very brief space of time. I remember recommending one to young Lady Lancing, and after three months her own husband did not know her. JACK (Aside) And after six months nobody knew her. LADY BRACKNELL (Glares at Jack for a few moments. Then bends, with a practised smile, to CECILY) Kindly turn round, sweet child. (CECILY turns completely round) No, the side view is what I want. (CECILY presents her profile) Yes, quite as I expected. There are distinct social possibilities in your profile. The two weak points in out age are its want of principle and its want of profile. The chin a little higher, dear. Style largely depends on the way the chin is worn. They are worn very high, just as present. Come vedete anche in questo caso Wilde sta giocando con la propria società, Cecily diventa “più bella” quando si scopre che è un’ereditiera. L'aspetto esteriore e lo status improvvisamente si fondono, ed ironicamente Lady Bracknell sottolinea il fatto che purtroppo “vivono in un'era di superficialità” e lei è proprio la prima ad esserlo. Ma che cosa intende dire Jack? La sua battuta è ovviamente comica e divertente ma la sua interpretazione quale potrebbe essere? La signora cambia così tanto che non solo non la riconosce il marito ma non la riconosce più nessuno, l’apparenza la cambia così tanto che non è più riconoscibile. Nell’inglese dell’epoca però to know a person poteva anche avere delle allusioni ad una conoscenza che andava oltre a quella superficiale, un po” più biblica. Quello che sembra suggerire Jack è che la signora dopo qualche mese di trattamenti alla francese di questa maid non riusciva più a trovare nessun partner, nessuno la voleva più. Qua abbiamo un altro esempio di instabilità delle parole, legata ovviamente alla parola profile, il gioco qui è che Cecily viene messa di profilo per parlare invece del suo profilo sociale ed economico, quello che sta ammirando la signora non è il vero profilo del suo viso ma è il suo profilo sociale ed economico. Alla giovane vengono dati vari consigli per apparire al meglio e più bella. La naturalezza e tutto questo insistere che abbiamo già visto in altre occasioni e che vedremo ancora, del fatto che le donne dell’epoca dovevano apparire naturali, ha a che vedere con una critica di Wilde agli usi e costumi del suo tempo. Il Vittorianesimo, così come gli anni immediatamente successivi, era per eccellenza l’epoca di manuali femminili. Le donne del Vittorianesimo avevano “guide” per come vestirsi, truccarsi e comportarsi, la maggior parte degli aspetti della vita di una donna era regolata minuziosamente. Questa naturalezza che viene sempre fuori è in realtà frutto di finzione, non si ha una vera naturalezza. Come dicevamo, lo stesso concetto dell’essere spontanei e naturali lo vedremo anche nel romanzo Jane Eyre, anch'esso di era vittoriana, dove la giovane Jane non sembra comportarsi in modo naturale e viene spinta ad impegnarsi ad essere naturale, quindi fingere per potersi adattare alle convenzioni che corrispondono all’idea di naturalezza. Tutto è una contraddizione ed una finzione, la naturalezza in realtà è una costruzione. Adesso facciamo un po’ il punto della situazione. Sono vari i “costumi” del tempo di cui Wilde si prende gioco. Vediamo in particolare decostruiti i seguenti stereotipi: - Il matrimonio e i tradimenti (come da commedia tradizionale) - La “naturalezza” come valore in epoca dominata da manuali di comportamento - Superficie/sostanza. Nonostante si presenti come moralmente integerrima e concentrata sull’interiorità, la società del tempo è basata su apparenze. - Gli elementi che identificano l’appartenenza sociale dell’individuo sono arbitrari, in realtà il denaro è l’unico discrimine. Notate bene che Wilde non sta facendo un’apologia della ricchezza e del denaro, anzi, ora che andremo avanti a leggere scopriremo che proprio al centro della sua attenzione ci sono i più “ricchi” perché è di loro che ci prendiamo gioco, è loro che critichiamo, sono i loro vizi e le loro ipocrisie che andiamo a smascherare. Quindi è inutile che una società che vive di apparenze e che vive anche di un aspetto teatrale del sé poi affermi di essere interessata soltanto alla sostanza e all’interiorità. Passiamo adesso all’istruzione. Non c’è neanche un aspetto della propria epoca che Wilde lascia in secondo piano, in realtà l’istruzione era un tema importante negli anni in cui scrive Wilde, molto dibattuto poiché il concetto di cultura stava cambiando e quali sono i concetti che determinano l’istruzione. Sapete che nel passato, anche fino all’800, essere istruiti significava avere una conoscenza approfondita dei classici greci e latini, altrimenti non si era istruiti. In questi anni ci si comincia a domandare, in Inghilterra, se questo fosse effettivamente vero, ci si comincia a domandare se non potessero essere altrettanto importanti conoscenze di diverso tipo. George Bernard Shaw, ricorda con fastidio gli anni passati a studiare Orazio e Cesare nelle scuole vittoriane e si aspettava un qualcosa di più ampio, gli sembrava che queste conoscenze alla fine non portassero a molto di utile e che l’istruzione tradizionale fosse ormai superata e da rivedere. In The Importance of being Earnest Wilde si unisce a questo coro di dissenso nei confronti della cultura più tradizionale. Qua e là butta delle battutine, dei riferimenti, delle allusioni a che cosa possa essere l'istruzione e cosa possa essere importante per ampliare gli orizzonti e le vedute delle persone. Nel momento in cui viene scritta e messa in scena questa opera, era piuttosto sentito perché a partire dal 1870 incominciano ad avere luogo anche dei cambiamenti a livello di istruzione superiore, immaginatevi che molte scuole superiori e molte università erano limitate, non aprivano le porte a studenti che non fossero d’ élite, non soltanto da un punto di vista economico, ma anche proprio per la famiglia di provenienza. Finalmente ora l’istruzione superiore comincia ad essere aperta ad una fetta più ampia della società, si eliminano molte restrizioni d’accesso e quindi la cultura si fa più democratica ed ampia. Quindi vale la pena incominciare effettivamente a riflettere su che cos'è il sapere e cos'è la cultura. Naturalmente Wilde la propria voce su questi argomenti la fa sentire, riflette anche lui su questi elementi ed argomenti. Non c’è niente di esplicito ovviamente in considerate più gioiose e meno severe. Questo cambiamento di interesse viene catturato da Wilde che fa sembrare il tedesco così severo che addirittura la povera Cecily sembra sentirsi meno carina quando ha la sua grammatica tedesca davanti a sé. Questi stereotipi delle culture straniere vengono messi nuovamente in rilievo. Ancora più interessante è quest’ultimo estratto: 3) Act 2, 579-92 GWENDOLEN. Perhaps this might be a favourable opportunity for my mentioning who I am. My father is Lord Bracknell. You have never heard of papa, I suppose? CECILY. I don°t think so. GWENDOLEN. Outside the family circle, papa, I am glad to say, is entirely unknown. I think that is quite as it should be. The home seems to me to be the proper sphere for the man. And certainly once a man begins to neglect his domestic duties he becomes painfully effeminate, does he not? And I don't like that. It makes men so very attractive. Cecily, mamma, whose views on education are remarkably strict, has brought me up to be extremely short-sighted; it is part of her system; so do you mind my looking at you through my glasses? Qui abbiamo un dialogo tra Gwendolen e Cecily. Le due donne si sono appena incontrate, siamo nella casa di campagna di Jack, e loro si stanno conoscendo, scambiandosi delle informazioni sulle rispettive famiglie. Gwendolen qua sta ribaltando gli stereotipi femminili e maschili. La questione fondamentale relativa all’istruzione è nell’ultima parte. La mamma di Gwendolen ha una rigida concezione della cultura e dell’istruzione e per questo l’ha resa miope, l’ha resa incapace di vedere bene intorno a sé. Quindi un'istruzione rigida molto tradizionale rende meno capaci di vedere, ovviamente in senso figurativo. Questa è un’altra critica all’istruzione tradizionale, quella rigida e severa, vittoriana. La parte più interessante e divertente del brano è quella in cui si ha un ribaltamento di ruoli tra uomo e donna. Gwendolen si rallegra che il padre al di fuori della famiglia e del circolo famigliare non lo conosca proprio nessuno. Tradizionalmente la sfera femminile è quella domestica, la casa, la famiglia. La sfera maschile invece è quella sociale, del lavoro, delle relazioni, al di fuori dell'ambito domestico. Sarebbe stato sconveniente per una donna essere molto presente in ambito pubblico, mentre per l’uomo era la cosa più naturale. Gwendolen ribalta completamente questo stereotipo. Questo elemento probabilmente deriva dalla vita di Wilde (culturale e non biografica), poiché sua madre, Jane Wilde, era una femminista. Era una donna molto attiva per i diritti delle altre donne, essa non credeva alla differenza standard tra uomini e donne. Wilde sin da piccolo era cresciuto avendo una certa consapevolezza dei dibattiti sul femminismo e sui ruoli dell’uomo e della donna che già a partire dalla metà dell’800 erano accesi. Questo ribaltamento ci porta a riflettere. Facciamo adesso un punto della situazione. L’istruzione alla fine del secolo: cosa critica Wilde - Quello che viene considerato importante per la “cultura” individuale varia a seconda delle epoche, è arbitrario, e non definisce realmente il sapere delle persone. - Gli uomini e le donne sono legati a stereotipi di comportamento arbitrari e privi di senso. Nella scorsa lezione abbiamo detto che epigramma, paradosso e instabilità sono tre principi fondamentali attraverso i quali Wilde mette in atto questi ribaltamenti in cui si prende gioco della sua società e delle sue convenzioni. Leggere questi estratti ci dà modo anche di apprezzare il tipo di paradosso che Wilde ama usare. I paradossi che si possono generalmente creare sono di due nature, solitamente il paradosso tende a negare delle conoscenze comuni. Le conoscenze comuni possono essere di natura logica o di natura culturale. Il paradosso potrebbe contraddire qualche cosa che ci dice la logica, il buon senso, qualche cosa che noi comprendiamo istintivamente e che non dovrebbe essere associato a qualcosa che non dovrebbe stare insieme. Un esempio in inglese è proprio lessi s more. Il tipo più comune di paradosso che Wilde usa è basato sulle conoscenze culturali, quindi che hanno una radice non basata sulla logica ma sui valori di una determinata epoca. Quindi si vanno a mettere in discussione proprio gli assunti culturali, spesso in modo anche palese, iperbolico, radicale. Queste cose così paradossali ci obbligano a riflettere perché il loro contrario ha senso. Il nostro nuovo tema adesso è la letteratura e la critica letteraria (dispensa p. 16-17). Wilde ha molto da dire su questi argomenti, infatti egli è molto legato all’idea di letteratura e di critica letteraria e ha molto da dire a questo proposito. Ci sono vari punti fondamentale che egli prende in esame. Il primo è il problema del perbenismo, e questo l'avevamo già intuito, il pregiudizio verso le opere che siano troppo esplicite o considerate troppo “sfacciate”, un pregiudizio che negli anni di Wilde stava prendendo corpo soprattutto nei confronti del realismo francese. Nel 1880 era comparsa Nana di Zola, il romanzo viene tradotto in inglese ed il coraggioso editore (Henry Vizetelly) che lo dà alle stampe è condannato al carcere, quindi stiamo parlando di censura vera e propria. Wilde si esprime e si esprimerà in modo molto chiaro contro qualsiasi limitazione dell’espressione artistica e contro qualsiasi circolazione di conoscenza. Questo emerge in The Importance of being Earnest in maniera molto divertente ed ironica, qualche riferimento all'importanza che ha la letteratura e la sua libertà emerge in alcune delle scene d’apertura della play, quando Algernon scopre che il portasigarette dell'amico ha un'iscrizione che è riferita a qualcun altro, in particolare è un regalo della piccola Cecily. I due sono presi in una conversazione abbastanza divertente in cui Algernon legge l’iserizione e si convince che il portasigarette non dev'essere di Jack, mentre egli invece conferma che è proprio il suo. 1) Act 1, 126-151 ALGERNON. I think is rather mean of you, Earnest, I must say. (Opens case and examines it) However, it makes no matter, for, now that I look at the inscription inside, I find that the thing isn't yours after all. JACK. Of course it°s mine. (Moving to him) You have seen me with it a hundred times, and you have no right whatsoever to read what is written inside. It is a very ungentlemanly thing to read a private cigarette case. ALGERNON. Oh! It is absurd to have a hard-and-fast rule about what one should read and what one shouldn’t. More than half of modern culture depends on what one shouldn’t read. JACK. I am quite aware of the fact, and I don°t propose to discuss modern culture. It isn't the sort of thing one should talk of in private. I simply want my cigarette case back. ALGERNON. Yes; but this isn't your cigarette case. This cigarette case is a present from someone of the name of Cecily, and you said you didn’t know anyone of that name. JACK. Well, if you want to know, Cecily happens to be my aunt. ALGERNON. Your aunt! JACK. Yes. Charming old lady she is, too. Lives at Tunbridge Wells. Just give it back to me, Algy. ALGERNON. (Retreating to back of sofa) But why does she call herself little Cecily if she is your aunt and lives at Tunbridge Wells? (Reading) “From little Cecily with her fondest love”. JACK. (Moving to sofa and kneeling upon it) My dear fellow, what on earth is there in that? Some aunts are tall, some aunts are not tall. That is a matter that surely an aunt may be allowed to decide for herself. You seem to think that every aunt should be exactly like your aunt! That is absurd! For heaven’s sake five me back my cigarette case. (Follows ALGERNON round the room) Stiamo parlando di un portasigarette ma Algernon sta trattando quell’incisione come se fosse un testo letterario. Notate anche che a questo punto entra in crisi il concetto di letteratura, perché viene assimilata una iscrizione come se fosse un testo letterario. Quindi secondo Wilde anche un'incisione dentro ad un portasigarette può essere letta come opera d’arte. MISS PRISM. Alas! No. The manuscript unfortunately was abandoned. I use the word in the sense of lost or mislaid. To your work, child, these speculations are profitless. Cecily esprime un altro paradosso quando spera che i romanzi di Miss Prism non abbiano un lieto fine, poiché la deprimono. La depressione di Cecily ha a che vedere col fatto che era una convenzione talmente diffusa che non poteva che mettere di cattivo umore il lettore. Wilde quindi si prende gioco del romanzo in tre volumi del tempo. Notiamo anche che nelle ultime righe Miss Prism confessa che il romanzo non è mai stato pubblicato ed è stato abbandonato, sembra quasi che non l’abbia fatto lei attraverso l’uso del verbo passivo. Anche qua abbiamo una parola di significato un po’ instabile e si tratta di wrize. Se si scrive un libro si dà per scontato che venga anche pubblicato, Miss Prism invece l’ha proprio solo scritto e basta. Anche in questo caso il senso comune delle parole e delle espressioni è disatteso. La letteratura in The importance of Being Earnest: - Critica alla censura e chiusura verso autori stranieri - Non devono esserci standard a definire cosa sia arte e cosa non lo sia - La commercializzazione porta danno alla letteratura L’aspetto più sorprendente di The Importance of Being Earnest è la politica. Spesso quando si parla di Wilde si dà per scontato che non sia mai legato con la politica o con le idee sociopolitiche della sua contemporaneità. Stiamo ormai vedendo quanto Wilde è calato nella realtà culturale e sociale del proprio tempo, e si occupa anche di politica. Egli dà uno spaccato della società e si concentrano sull’aristocrazia le sue critiche. Di Wilde sta emergendo una mentalità essenzialmente democratica, non elitista, come spesso viene percepito. Nella sua opera si fa strada anche la voce delle classi meno abbienti, non la sentiamo in modo diretto, non abbiamo personaggi sul palcoscenico che parlano e che appartengono alle classi meno abbienti, ma la sentiamo come discorso indiretto, la vediamo di riflesso nella critica dei protagonisti della sua commedia. Wilde ci sta offrendo una critica pungente di queste classi più alte, sono materialisti, avidi di denaro, si oppongono ai miglioramenti delle condizioni delle classi più povere. La signora Bracknell non sarebbe certo stata propensa ai nuovi cambiamenti che l’Inghilterra stava raggiungendo verso la metà dell’800. Charles Booth pubblica un testo monumentale (The life and labour of the London people) in 17 volumi, tutto dedicato alle classi operaie di Londra, con indagini statistiche sulle loro situazioni e sulle loro condizioni. Questa è un’analisi molto attenta di quale sia la vera situazione delle classi sociali più povere. Nello stesso periodo si comincia a scrivere anche di socialismo con Robert Blatchford, uno di coloro che ne illustra i pregi e scrive vari testi, articoli e saggi ed uno dei suoi libri vende addirittura un milione di copie. Si ha dunque un cambiamento nell’aria, una nuova presa di coscienza è iniziata nella seconda metà dell’800 e Wilde ci mostra che provoca sospetto nelle classi sociali più elevate, il fatto che i più indigenti stiano acquisendo una nuova coscienza della propria condizione è visto come una minaccia da parte dell’aristocrazia, che vede nel socialismo una scintilla per le rivolte o rivoluzioni. Questo ci porta di nuovo con al centro della scena la nostra Lady Bracknell. 1) Act 3, 91-106 LADY BRACKNELL. May i ask if it is in this house that your invalid friend Mr Bunbury resides? ALGERNON. (Stammering) Oh! No! Bunbury doesn't live here. Bunbury is somewhere else at present. In fact, Bunbury is dead. LADY BRACKNELL. Dead! When did Mr Bunbury die? His death must have been extremely sudden. ALGERNON. (Airily) Oh! I killed Bunbury this afternoon. I mean poor Bunbury died this afternoon. LADY BRACKNELL. What did he die of? ALGERNON. Bunbury? Oh, he was quite exploded. LADY BRACKNELL. Exploded! Was he the victim of a revolutionary outrage? I was not aware that Mr Bunbury was interested in social legislation. If so, he is well punished for his morbidity. ALGERNON. My dear Aunt Augusta, I mean he was found out! The doctors found out that Bunbury could not live, that is what I mean — so Bunbury died. Questo è l’ultimo estratto, conversazione tra zia e nipote. Algernon ha fatto sparire Mr Bunbury perché si è innamorato di Cecily e non vuole che lo creda un bugiardo. Lady Bracknell mette in crisi Algernon perché comincia a fargli un sacco di domande. Egli, infatti, non riesce a trattenersi dal dire delle mezze verità, cercando sempre di salvarsi all’ultimo ma peggiorando sempre più la situazione. Attenzione: Exploded in inglese vuol dire ovviamente esplodere, ma può voler anche indicare portare allo scoperto, quindi è uscita alla scoperto la finzione di Bunbery. Lady Bracknell però si convince che il pover’uomo sia saltato in aria, che sia esploso in senso letterale. Ella sembra quasi percepire la fine del povero signor Bunbury come una sorta di nuovo Complotto delle Polveri — Gunpowder (del 1605, il più famoso tentativo di uccidere un sovrano della storia inglese, Giacomo I). Lady Bracknell ha paura di una presa di coscienza dei socialisti, che porterebbero a rivoluzione. Wilde sta suggerendo che la società sarebbe più democratica se la cultura fosse più generalizzata e se i ceti minori potessero far sentire la propria voce. Da parte di Wilde è un’idea ben poco elitista ma molto democratica, che ci sorprende da parte sua. Anche la politica fa il suo ingresso in The importance of being Earnest, ed in particolare quella del socialismo, della rivoluzione. Lezione 7 Dopo aver analizzato tutti gli aspetti di The Importance of Being Earnest, cerchiamo di tirare le fila e vediamo cosa emerge di tutta la commedia nel suo complesso. Innanzitutto, uno degli aspetti fondamentali è che Wilde mette in crisi delle coppie di idee che noi tendiamo a considerare tra di loro in opposizione. Wilde ci fa riflettere sull’eventualità che effettivamente queste parole o queste coppie di idee non siano necessariamente in contrapposizione. Si può essere seri e frivoli allo stesso tempo? A quanto pare si, perché il nostro protagonista Ernest, per poterlo essere, si crea addirittura una doppia identità. È un esempio tipico di un individuo in cui coesistono due aspetti diversi, e questo coesistere non ha nulla dei suoi due orientamenti, uno essere responsabile tutore di Cecily, e l’altro voler fare l’esteta nella città. Quindi la coppia di idee naturale-artificiale è stata messa in crisi: per esempio, di Gwendolen ci viene detto che è la donna più naturale del mondo e per questo motivo è bene che non viva troppo a contatto con la natura. Anche in questi casi, abbiamo visto che quello che è naturale e artificiale non sempre sono due cose in contrapposizione. Essere istruito o non esserlo, anche questo può essere un’opposizione solo apparente: una persona istruita che ha studiato i classici greci e latini può avere una scarsa comprensione degli aspetti più moderni e contemporanei, come era emerso da uno scambio tra Gwendolen e Cecily: si può aver studiato ed avere comunque un paraocchi e non essere consapevoli della realtà che ci circonda. E così via, vengono messe tutte in discussione. La domanda che emerge è quindi: si può far coincidere apparenza e sostanza, come vorrebbe la morale di poco precedente a Wilde (vittoriana)? Si può essere quello che si appare ed apparire così come si è? Wilde ci offre una risposta traducendo questa domanda in altri termini in questa commedia, e la traduce in una maniera abbastanza simile: si può far coincidere pensiero e parola? Le due domande si assomigliano più di quanto non sembri: pensiero la sostanza e parola la sua espressione in tutto il play non trovano mai un loro punto di incontro, qualsiasi tentativo di far coincidere pensiero e parola è messo in ridicolo, a un significante quasi mai corrisponde un significato solo. Anche le persone: non c’è una diretta correlazione tra quello che sono e quello che appaiono, e Wilde ci suggerisce anche che non ci può essere. Faremo attenzione anche a come cambia un tipo di testo da un periodo all’altro, ad esempio il sonetto del ‘700 non è lo stesso del sonetto dell’800, e così via dicendo. Sul sonetto ci soffermeremo di più, anche perché è una delle forme più diffuse; tracceremo una storia un po” più estesa, e vedremo come ha fatto il sonetto ad arrivare in Inghilterra e in Gran Bretagna, dal momento che il sonetto, come ben sappiamo, è italiano. Come per il teatro, è difficile capire un sonetto inglese senza prima leggere un sonetto di Shakespeare. Quindi, prima di iniziare, soffermiamoci sulle basi, parliamo di come leggere poesia. Facciamo una sorta di introduzione e poi trattiamo i nostri testi poetici come esercizi di interpretazione. La professoressa ci fa vedere l’immagine di questa rete. Questo perché? Rispetto agli altri generi letterari, la poesia ha una caratteristica unica: tutti i suoi elementi sono portatori di significati. Con elementi intendiamo la scelta delle parole, l’ordine delle parole, dove si interrompe il verso, la forma grafica sul foglio, i suoni, come i versi sono strutturati. In poesia tutte queste cose hanno una grande importanza. Questi elementi, inoltre, entrano in relazione gli uni con gli altri, quindi i significati si collegano tra di loro. Rispetto alla prosa, la poesia è un tipo di linguaggio che ha un significato ulteriore, in cui ogni aspetto si apre all’interpretazione e ci dice qualcosa di più di quello che è scritto sulla pagina. Per questo dobbiamo immaginare il testo poetico come una rete di parole, che sono sistemate in modo interconnesso, altamente organizzato. Lo stesso livello di organizzazione non è necessario nella prosa, non si trova nel romanzo: per quanto possa essere appurata la scelta di parole in un romanzo, non abbiamo la stessa trama complessa di interconnessioni come quella della poesia. In poesia non c’è neanche una parola messa a caso, ogni piccolo nodo della rete è essenziale per reggere tutta la trama. Quindi, imparare a leggere poesia significa imparare a riconoscere questi nodi e sapere dove andare a guardare. LEGGERE POESIA IN GENERALE Quando abbiamo iniziato il nostro corso, abbiamo fatto una sorta di gioco in cui abbiamo visto che non sempre siamo in grado di distinguere un testo letterario da uno che non sarebbe considerato letterario: in particolare, avevamo messo a confronto un brano di Ulysses di Joyce, dove si mostrano i gusti alimentari di Bloom, e avevamo notato che era particolarmente affine a una pagina di un manuale di cucina. Con la poesia, questo tipo di ambiguità non sussiste, perché ci sono delle convenzioni palesi tra autore e lettore che ci fanno capire subito che stiamo leggendo un testo poetico. Un esempio banale è la forma grafica, il fatto che la poesia è suddivisa in versi, abbiamo quindi ad occhio delle interruzioni di riga. Già questo ce la fa riconoscere subito. Abbiamo poi il ritmo, il metro, a volte rime, assonanze, e così via dicendo. Quindi, nell’interpretare il testo poetico, è importante ricordare che l’espressione, la forma che l’autore sceglie per comunicare il messaggio, è una delle chiavi dell’interpretazione. La struttura metrica, con le sue eventuali irregolarità, il tipo di ritmo, le ripetizioni, persino uno spazio vuoto ha significato. Per esempio, la ripetizione può creare legami tra versi diversi, e quindi può creare legami tra due idee o due concetti diversi. La rima può creare dei parallelismi o contrapposizioni a seconda di quali parole derivano tra loro. In poesia il significato emerge anche dal modo in cui il testo è disposto sulla pagina. Nella letteratura inglese, questo è stato reso evidente dai rappresentati delle avanguardie novecentesche, come il poeta E. E. Cummings, che ha giocato proprio con la disposizione delle parole e delle lettere che creavano come dei disegni sul foglio. Non c’è bisogno di arrivare fino alle avanguardie, ma dobbiamo comunque tenere a mente che il testo poetico ha sempre un significato anche per come occupa lo spazio sulla pagina. Quindi, noi non ci occuperemo degli avanguardisti come Cummings, ma anzi ci occuperemo di una poesia che oggi è considerata un po’ più tradizionale, ovvero di una poesia soprattutto del “700 e ‘800. Concentriamoci quindi su cosa dobbiamo prestare attenzione quando dobbiamo interpretare questo tipo di poesia tradizionale (con poesia tradizionale si intende dire che c’è ancora attenzione per la rima, un metro ben prestabilito, una serie di convenzioni che sono poi state “tradite” da altre forme poetiche e da altri modi di fare poesia). Naturalmente, quando leggiamo poesie del ‘600/700/"800, dobbiamo prestare attenzione al senso e al contenuto. E quando si tratta di andare a vedere la forma, ovvero l’espressione, cosa dobbiamo guardare? Il nostro schema per analizzare il testo poetico è il seguente: Metro Suoni Struttura Sintassi PON Se noi andiamo ad analizzare questi aspetti, potremmo svolgere un’analisi anche indipendente della poesia. 1. METRO: il pentametro giambico. Il metro è il pattern di sillabe accentuate e non accentuate nel verso poetico, è quello che dà il ritmo, che dà una sorta di melodia. Abbiamo parlato del metro quando abbiamo trattato il teatro di Shakespeare, e abbiamo visto cos'è il pentametro giambico. Ricordiamo che abbiamo detto che la metrica inglese è sillabo tonica, ovvero si prendono in considerazione il numero di sillabe e accenti, ad esempio pentametro giambico, 10 sillabe accentate, sillabe pari. Si usa il concetto di piede, foot. 2. SUONI: vale a dire la rima, eventuali allitterazioni, assonanze; tutto quello che contribuisce alla melodia del testo poetico. Per tradizione, la poesia si basa molto su ritmo e suoni, perché nelle sue prime espressioni era tutta basata sulle allitterazioni. Quindi ha avuto un ruolo importante il suono nel verso inglese. Le rime possono aiutare a costruire la poesia, a creare delle connessioni tra parole diverse e significati diversi. Usando un’immagine di John Donne, immaginiamo che la poesia sia una sorta di casa, la parola strofa in inglese si dice stanza. Immaginiamo che questa casa sia costituita da tante stanzas diverse, e le rime, il metro, il suono e gli altri aspetti formali sono l’arredamento. Noi dobbiamo andare a capire come sistemare l’arredamento. 3. STRUTTURA: termine generico per far riferimento a come il testo è organizzato e suddiviso. Quante strofe ci sono, quante stanzas ci sono nella casa, quanti versi ha ciascuna strofa? A seconda di come è strutturata, la poesia può essere un sonetto, una ballata, un’ode. Quindi saper riconoscere di quale tipo di poesia si parla è già un grande passo per l’interpretazione. 4. SINTASSI: la scelta delle parole è importante, però è altrettanto importante il modo in cui le parole sono legate insieme in farsi, vale a dire l’uso della sintassi. La sintassi cosa comporta? Potremmo avere una poesia con frasi brevi, quindi piena di fratture, o una poesia con frasi molto lunghe (leggeremo una poesia la cui prima frase dura sette versi). Fare caso a come sono strutturate le frasi è sicuramente un passo fondamentale per interpretare il testo. Ce l’ha insegnato Sheridan, costruire una frase in un modo piuttosto che in un altro può dare un effetto completamente diverso: una frase semplice e lineare dà un senso di spontaneità, una frase complessa e tortuosa può creare un effetto diverso. Vedremo quindi come i poeti usano la costruzione della frase per aggiungere significati alla poesia. Quindi, il nostro punto di partenza interpretare una poesia vede, per adesso, questi elementi: metro, suoni, struttura e sintassi. Parlare in astratto può essere utile, ma si può non capire a pieno. Il modo migliore per capire è applicare, fare un esempio, prendere un testo e applicare il nostro schema. Per questo esercizio di interpretazione di comprensione del testo poetico, prendiamo in analisi un sonetto di John Milton, On the Late Massacre in Piedmont (Il recente massacro in Piemonte) Questo sonetto è stato scritto probabilmente nel 1655, e pubblicato nel 1673. Si tratta di una poesia politica, in particolare di una poesia di protesta politica. In effetti, anche qua ci sono delle irregolarità, come nel secondo verso potremmo accentuare anche la prima parola in Lie scattered, quindi il verso sarebbe spondaico in un giambico, ma sarebbe solo una possibile irregolarità, non conclamata. Ci sono vari versi della poesia che presentano delle piccole irregolarità, ma concentriamo un attimo l’attenzione su quello più evidente: il verso 5, Forget not. Sappiamo che le sillabe pari sono accentuate, le sillabe dispari non devono avere un accento, quindi nello schema la terza sillaba non dovrebbe essere accentuata per essere un pentametro giambico regolare. Dovrebbe essere Forget, e la seconda parola dovrebbe avere l’accento solo su in, ma questo not noi lo dobbiamo accentuare per forza, non c'è modo di leggerlo senza metterci l’accento. Non c’è modo di non far cadere l’accento su questo nor, eppure è la prima sillaba del secondo piede. Quindi è un’irregolarità. FOR | GET |NOT |IN |THY |BOOK |RE |cORD |THEIR |GROANS 1 2 3 45 6 7.8 9 10 (1)_ 1 272? 8) I (4) 1 (5) 1 Il pattern metrico altrove è abbastanza rispettato, il ritmo è seguito, ma qui c’è un elemento di variazione, c’è un’irregolarità. Abbiamo già detto che l’irregolarità metrica è un segnale per noi che leggiamo e ascoltiamo il testo, e quindi questo è un segnale a cui dobbiamo prestare particolare attenzione. In questo caso, al verso 5, a chi si riferisce il parlante della poesia quando dice questo forget not? Si sta rivolgendo a Dio, è un imperativo, “non dimenticare”, è un grido drammatico rivolto al cielo, quasi come se fosse scritto in grassetto: il massacro deve rimanere nella memoria, non solo in quella di Dio, ma anche nella nostra, in quella dei lettori, che con questo accento in più (forget not) devono guardare per forza lì, devono accogliere questo imperativo e non lasciare che queste vite spezzate cadano nell’oblio. Vediamo quindi come le irregolarità sono come delle sottolineature, come un porre in evidenza una parte del verso, e questo forget not si fa quasi un grido che appare disperato, ma è anche un invito particolarmente marcato a noi lettori e naturalmente, nel mondo della poesia, a Dio, al quale il poeta si sta rivolgendo. Abbiamo riconosciuto il metro, pentametro giambico, abbiamo notato un caso in cui il pentametro giambico è indubbiamente irregolare, perché questo forget not deve essere accentuato, e non corrisponde quindi al pattern tipico del pentametro giambico. A questo punto siamo invitati a porre attenzione al grido di non dimenticare, di ricordarci di queste morti, un imperativo quasi gridato verso il Signore, qualcosa che diventa molto drammatico e forte. Vediamo quindi che il metro ci può aiutare ad individuare dei punti del testo a cui bisogna fare particolarmente attenzione e dove lo stesso autore vuole che il nostro orecchio cada, per cui dobbiamo prestare particolare attenzione a quei versi e a quelle parole. * SUONI Continuiamo con il nostro schema di interpretazione. Vedremo che il sonetto ha uno schema preciso di rime, che va rispettato. Ma prima di preoccuparci di come funzionano le rime del sonetto in generale, osserviamo nello specifico le rime di questo testo. Le prime due strofe, le due quartine, hanno rime ABBA, bones cold old stones-groans fold rolled moans, vuol dire che il verso 1 rima con il verso 4 e 2 e 3 rimano tra di loro. Cosa notiamo di queste rime? Torna sempre lo stesso suono predominante, sembra sempre predominare il suono /ev/ “o”, un dittongo che ha la vocale che viene resa graficamente con la schwa. È solo dopo il verso 9 che abbiamo un cambio nelle rime, perché il verso termina con la parola they, quindi abbiamo lasciato questo /ev/. Quindi i primi otto versi vedono predominare questi suoni in /eu/, e sembra che tutta la prima parte della poesia fino al verso 9, grazie o a causa di questo suono, sia una specie di lamento. Questo predominare di uno stesso suono lo fa quasi sembrare un gemito per la morte dei valdesi innocenti. Guardiamo anche come le parole all’interno dei versi contribuiscono a creare questo effetto: O Lord, thy slaughtered saints, whose bones, Lord e altre parole contribuiscono a questo predominare di suoni. Questa rete di collegamenti sonori che noi possiamo riconoscere all’interno del sonetto ci aiuta a capirlo meglio. Le prime due quartine, dove predomina lo stesso suono, descrivono in effetti le morti drammatiche dei valdesi, lamentano la perdita delle vite, ed esprimono uno sdegno doloroso per tutta questa morte. Se notiamo, quando cambiano le rime, dal verso 9 in avanti, la poesia cambia tono e argomento: si smette di parlare della morte, si parla della nuova vita, di rinascita, della possibilità di ricostruire. È evidente lo spostamento nell’argomento e nel tono quando ai versi 12 e 13 si dice from these may grow a hundredfold, dai campi italiani possa nascere una schiera immensa di persone. Quindi il suono che ci ricorda un gemito è circoscritto a quella parte di poesia dove si parla della morte, le prime due quartine. È molto meno usato dal verso nove, nelle due terzine, dove il parlante incoraggia a pensare che i valdesi siano stati massacrati invano, ma che siano invece un seme per la rinascita. Si passa quindi dalla morte alla rinascita. Ecco, quindi, che vediamo come può essere importante un elemento apparentemente banale come il suono per aiutarci a comprendere un testo. Dei suoni ricorrenti in una determinata parte della poesia possono aiutarci ad interpretarla e a darle un senso. In questo caso, il ricorrere dello stesso tipo di suono così insistente nelle quartine ci porta a pensare che ci sia qualcosa che tiene insieme queste due quartine, ed in effetti è il tema della morte. * STRUTTURA. NTASSI I suoni ci hanno aperto la strada per parlare della struttura della poesia, l'abbiamo già capita ragionando sul suono. Questo testo lo vediamo dall’impostazione grafica. Sono due quartine e due terzine, ma quello che ci interessa dire è che il testo è strutturato in due parti distinte. Le quartine descrivono i terribili eventi accaduti in Piemonte, le terzine invece esprimono speranza, e a tratti rabbia nei confronti della chiesa, ma soprattutto si parla di rinascita, che il sangue e le ceneri sia la base per la nascita di una schiera di persone che saprà come difendersi. Cambia quindi il tono, dalla morte alla vita. Questo spostamento è anche una caratteristica tipica del sonetto in generale. Per quanto riguarda la struttura del verso, notiamo che abbiamo difficoltà a trovare un punto in cui fermare la frase e riprendere fiato, stiamo al punto di dover leggere la poesia in una soluzione unica. Questa è una delle prime cose che si notano soltanto leggendo. È usato molto spesso l’enjambement, ovvero la procedura che consiste nel dividere una frase, un gruppo sintattico unito come ad esempio soggetto e predicato, tra la fine di un verso e l’inizio del successivo. Un esempio è tra il verso 1 e 2, “Avenge, O Lord, thy slaughtered saints, whose bones / Lie scattered on the Alpine mountains cold;” + bones e lie sono soggetto e verbo, e sono separati. Poi ancora “Even them who kept thy truth so pure of old When all our fathers worshipped stocks and stones, / Forget not — forget not dovrebbe stare con il verso precedente. Quindi, nella poesia di Milton l’enjambement è molto usato nel primo, nel terzo, nel quinto, nel sesto, nel settimo e nel nono verso. Notiamo che anche in questo caso i versi 1 3 5 6 7 9, il verso 9 fa da spartiacque. Al verso 9 cambia qualcosa: come per i suoni, anche per la struttura e la sintassi arriviamo al verso 9 e c’è un cambiamento dopo. Due elementi formali della poesia ci confermano che c’è una suddivisione tra una prima parte e una seconda parte che bene o male coincide con il nono Verso. Spesso l’enjambement è usato per dare rilievo a una parola particolarmente significativa, isolandola (forget not). Nel nostro caso, far proseguire le frasi nel verso successivo non ha solo l’effetto di isolare le parole e di metterle in rilievo. Questa tecnica viene usata da Milton quando sta parlando di come sono morti i valdesi: sono stati uccisi, specifica il testo, dai piemontesi che hanno scagliato giù dalle rocce madri e figli (verbo rolled, letteralmente rotolati giù dalle rocce). Quindi, nel far proseguire le frasi al verso successivo, nello spezzare la frase a metà verso e farla continuare in quello dopo, il poeta sembra ricreare questo precipitare tumultuoso dei corpi dei valdesi sulle montagne. Anche la sintassi scorre molto velocemente, abbiamo visto che è quasi difficile leggere il testo, verrebbe da leggerlo tutto in una soluzione unica senza prendere fiato. Si riesce a prendere fiato dal verso 9. Abbiamo quindi, per quanto riguarda la struttura sintattica della frase, abbondante uso dell’enjambement, che crea questo effetto di un testo che prosegue nel verso successivo che ci invita a continuare a leggere. L'autore non vuole che ci fermiamo alla fine del verso, e ci troviamo a seguire lo stesso movimento, quello stesso precipitare da un verso all’altro che ricorda il movimento tragico dei corpi dei valdesi sulle montagne. Inoltre, questa tecnica ha anche come conseguenza il fatto che le parole che vengono spezzate, messe a capo, poi sono anche messe in rilievo. corrisposto, impossibile o frustrato e doloroso. Solo raramente si arriva all’unione tra l’amante e l’amate, tra il parlante e il suo oggetto del desiderio. Poi molto spesso l’amore terreno si fa pretesto per discutere di altro, come ad esempio dell’amore divino in senso religioso, ricordiamo che Dio, soprattutto all’epoca, è considerato il primo oggetto d'amore. L’amore per la donna poteva essere un pretesto per parlare di altre dimensioni. Non è trascurata poi la dimensione dell’innamoramento con i tormenti che la passione causa all'amante. Dall’amore si passa a trattare sempre temi più ampi, a volte filosofici, il senso della letteratura, la vita eterna, cose trattate a partire dallo spunto iniziale dell’innamoramento per una donna. Quindi in realtà il sonetto è aperto a temi di varia natura, dal tema amoroso si può passare a quello morale, artistico, politico (ce lo ha insegnato Milton poco fa), solo che i temi più frequenti erano quelli che derivavano dalla tradizione italiana e petrarchesca. L’argomento è sicuramente flessibile, però tendono a concentrarsi sulla questione dell’amore, di un amante inteso come colui che ama, di un’amata, e di un rapporto tra i due, molto spesso complesso, per lui doloroso, a volte fatto di rifiuti, di lontananza, e persino della morte dell’amata. Prima di iniziare a parlare delle varie variazioni nella forma del sonetto, ma noi ci concentriamo su due sviluppi fondamentali: il sonetto italiano petrarchesco e il sonetto inglese shakespeariano. IL SONETTO ITALIANO Vediamo come funziona il sonetto italiano. Com’è fatto un sonetto italiano? La prima cosa da ricordare è che un sonetto ha sempre 14 versi, se non ha 14 versi non è un sonetto. Il sonetto italiano ha questi 14 versi divisi in 2 quartine e 2 terzine. Anche le rime hanno degli schemi precisi: le quartine hanno rima incrociata secondo lo schema ABBA (il primo verso rima col quarto, il secondo rima col terzo), mentre nelle terzine c’è più flessibilità, anche se sono spesso a rima invertita alternata secondo lo schema CDC o CDD. Da un punto di vista metrico, i versi nel sonetto italiano sono endecasillabi. Qual è, dal punto di vista inglese, lo schema metrico adottato? Il pentametro giambico. Tra le quartine e le terzine c’è di solito uno stacco, un mutamento di tono o argomento, che noi chiareremo volta, prendendo in prestito una parola usata nella critica anglosassone. Il termine volta indica un mutamento, qualcosa che subisce variazioni. Nel sonetto italiano troviamo questa volta all’incirca tra i versi 8 e 9. Visualizziamo adesso come funzionano queste regole. Amor, che nel penser mio vive etGegna ) e ”1 suo seggio maggior nel mio cortene,) talor armato ne la fronteGène,) ivi si loca, et ivi pon sua dfisegna) Quella ch’amare et sofferir ne ‘fisegna) e vàl che "l gran desio, l’accesaGpene) ragion, vergogna et reverenza fffreno) di nostro ardir fra se stessa siédegnò) Onde Amor paventoso fugge lasciando ogni sua impresa, et piange, et trema; ivi s’asconde, et non appar più c D c Che poss’io far, temendo il mioGignore) c terzine D c quartine POP BUOD se non star seco infin a l'ora extrema? Ché bel fin fa chi ben amandogfiore») Non possiamo non prendere ad esempio Petrarca, maestro del sonetto italiano. Questo è il sonetto 140 del “Canzoniere” di Petrarca. Vediamo che il sonetto è diviso in 2 quartine e 2 terzine: nelle quartine il primo verso rima con il quarto e il secondo rima con il terzo. Tra le quartine e le terzine si ha un mutamento di tono chiamato volta, e spesso la prima parte del sonetto italiano presenta un problema, e poi nelle terzine si propone una soluzione o una riflessione al tale proposito. Quindi nella prima parte c’è una descrizione, nella seconda parte c’è uno sviluppo. In questo caso, lo schema delle terzine è CDC, ma come abbiamo già detto è abbastanza variabile. Facendo un confronto con il sonetto di Milton “On the Late Massacre in Piedmont”: abbiamo due quartine, due terzine, a partire dal verso 9 cambiano le rime, cambia l’argomento, prima si parla di morte e poi di rinascita, quindi la volta tra le due quartine e le due terzine, e le rime nelle quartine sono ABBA. John Milton ha scritto un sonetto, e ha scritto un sonetto che segue il modello italiano. Lezione 8 Nella scorsa lezione abbiamo iniziato a parlare della seconda parte del corso, quella dedicata alla poesia. In particolare, abbiamo buttato giù uno schema per poter affrontare l’analisi del testo poetico e soprattutto i tipi di testo poetico che si incontrano più di frequente nel ‘700 e ‘800. Abbiamo quattro punti fondamentali: metro, suoni, struttura e sintassi. Nell’analizzare il nostro primo testo poetico, un sonetto di John Milton (pag. 19 della dispensa), ci siamo resi conto del perché ci siamo soffermati sulla rete, sulla griglia della lezione precedente, per parlare del testo poetico, tutti gli elementi si connettono tra di loro come i nodi di una rete. Abbiamo visto come delle peculiarità riguardanti la metrica, così come delle caratteristiche specifiche riguardanti i suoni, non facciano che confermare la struttura di questo testo di On the late Massacre in Piedmont, una struttura che è divisa fondamentalmente in due parti: una prima parte in cui si lamentano le morti dei valdesi, una seconda parte in cui si spera in una rinascita. Alcune questioni metriche mettevano in rilievo determinate parole, espressioni, i suoni della prima parte della poesia erano diversi da quelli invece della seconda parte (dal verso 9 in avanti), anche la struttura delle frasi, l’uso dell’enjambement distingueva i primi versi da quelli successivi. Quindi tutte queste cose hanno dato un segnale chiaro di come il testo è organizzato e strutturato ed in che senso andare per la sua interpretazione. Siamo passati poi a prendere in esame il sonetto italiano. Come dicevamo l’altra volta esistono numerose variazioni e declinazioni della forma del sonetto, e noi prendiamo in considerazione due sviluppi fondamentali: il sonetto italiano petrarchesco e quello inglese shakespeariano. Il modello italiano e il modello inglese possono essere adottati indipendentemente dalla provenienza dell’autore della poesia. John Milton in On the late Massacre in Piedmont ha conseguito il modello italiano. Vediamo come funziona il sonetto italiano. Il sonetto è un po’ come un edificio, quindi con una struttura precisa e ben delimitata e al suo interno troviamo varie stanze (chamber in inglese indica la strofa), la disposizione delle stanze e la loro organizzazione può variare, ma l’edificio rimane sempre lo stesso. - La prima cosa da ricordare è che il sonetto ha sempre quattordici versi. - Il sonetto petrarchesco vede questi quattordici versi distinti in due quartine e due terzine. - Larima è ABBA, quindi una rima incrociata nelle quartine e nelle terzine si ha una rima più variabile, spesso o CDC o CDD. - Neltesto italiano il sonetto è in endecasillabi, mentre in quello inglese invece è in pentametri giambici. Si ha un cambiamento di tono o di argomento, un’evoluzione (la volta del sonetto), a partire dal verso nove, vale a dire tra le due quartine e le due terzine. Abbiamo visto anche il sonetto 140 del Canzoniere di Petrarca. Passiamo adesso al sonetto inglese, che presenta dei pattern diversi rispetto al sonetto italiano.
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