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sbobine di biologia cellulare, Sbobinature di Biologia Cellulare

Smistamento e trasporto delle proteine nella cellula. Il traffico vescicolare. Endocitosi ed esocitosi. Le principali classi di recettori di superficie, i secondi messaggeri e gli interruttori molecolari. Vita e morte nelle cellule: il ciclo cellulare e l’apoptosi.

Tipologia: Sbobinature

2017/2018

In vendita dal 20/12/2022

AleMars22
AleMars22 🇮🇹

5 documenti

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Scarica sbobine di biologia cellulare e più Sbobinature in PDF di Biologia Cellulare solo su Docsity! Biologia cellulare Introduzione alla biologia cellulare La biologia cellulare è lo studio della cellula, non solo della sua struttura ma anche della funzione; si occupa di studiare le relazioni tra una determinata struttura e la sua funzione specifica (che sono strettamente correlate), con due tipi di approccio: -> microscopico: per approfondire gli aspetti strutturali ->molecolare: per approfondire i fattori molecolari che operano in una determinata struttura per svolgere una determinata funzione. La biologia cellulare è una disciplina in rapida e continua espansione nell’ambito degli aspetti delle scienze biologiche che riguardano sia la ricerca di base sia le applicazioni. Per studiare i diversi aspetti della biologia cellulare e molecolare vengono utilizzati strumenti, metodologie e modelli sperimentali. I modelli sperimentali sono modelli più facili da studiare rispetto all’uomo, vengono utilizzati questi modelli perché hanno delle caratteristiche (come per esempio la semplicità) che consentono di avere delle conoscenze strutturali e molecolari delle diverse cellule che caratterizzano il corpo di un organismo. Questi modelli permettono di studiare alcuni aspetti fondamentali della cellula eucariota, i risultati di questi studi hanno permesso la conoscenza di meccanismi importanti per il funzionamento della cellula come: la replicazione del DNA, la trascrizione, lo smistamento delle proteine, la divisione cellulare. Alcuni organismi modello: − lieviti: sono gli eucarioti più semplici perché sono unicellulari, funzioni ed aspetti fondamentali della biologia delle cellule eucariotiche, il genoma è meno complesso, è facile da coltivare in laboratorio quindi permette un’ampia disponibilità di queste cellule, ha una replicazione veloce, si possono eseguire manipolazioni di tipo genico; (modelli sperimentali ideali) − invertebrati tipo C. elegans e Drosophila: sono organismi pluricellulari, in questi modelli semplici sono state identificate delle mutazioni di geni che hanno consentito di comprendere molti geni che controllano e regolano i vari stadi dello sviluppo; − vertebrati: pesce zebra, Xenopus laevis (anfibio), topo (miglior modello sperimentale di mammifero); − coltivazioni di cellule isolate in vitro, l’uso di queste colture ha permesso di studiare diversi aspetti della biologia cellulare. Le cellule vengono isolate dall’organismo e si fanno crescere in appositi recipienti. Strumenti e metodologie per studiare le cellule dal punto di vista strutturale e funzionale: ➢ microscopia ottica: microscopio ottico in campo chiaro luminoso, i campioni vanno colorati; ➢ tecniche citochimiche o istochimiche: sono metodologie che consentono di colorare e localizzare determinati costituenti chimici interessati (esempi: cellule caliciformi mucipare, colloide tiroideo, sostanza tigroide); ➢ tecniche immunocitochimiche: è un’analisi chimica della cellula o dei tessuti che utilizza come reattivi gli anticorpi che si legano in modo specifico ad un determinato antigene (per esempio per lo studio dell’insulina in una cellula con l’utilizzo di un anticorpo anti insulina) viene quindi colorato il complesso anticorpo-antigene che è possibile localizzare. Queste molecole possono essere utilizzate nei tessuti normali ma anche come marker di alcune patologie; ➢ ibridazione in situ: identificazione e localizzazione di specifiche sequenze nucleotidiche; ➢ visualizzazione di strutture cellulari in vivo: microscopia a contrasto di fase e microscopia a contrasto di interferenza differenziale, aumentano il contrasto naturale delle cellule, questi microscopi utilizzano dei sistemi ottici che vanno a convertire delle piccole densità o delle varie parti della cellula in differenze di contrasto quindi si vede l’immagine contrastata; ➢ microscopio a fluorescenza: consente di localizzare delle molecole fluorescenti ovvero molecole che quando vengono eccitate con una luce di una determinata lunghezza d’onda emettono una radiazione ad una lunghezza d’onda diversa; molecole fluorescenti vengono visualizzate in campo scuro. Le strutture cellulari (a parte pochissime) non sono normalmente fluorescenti quindi si possono mettere in evidenza coniugandole con delle molecole chiamate fluorocromi che rendono la struttura da evidenziare fluorescente. I fluorocromi vengono colpiti da una radiazione, in parte la assorbono e in parte la restituiscono, la radiazione emessa ha caratteristiche diverse in quanto ha una λ maggiore (quindi cadrà nel campo del visibile) della radiazione eccitatrice. Per fare il campo scuro bisogna colpire il preparato con radiazioni ultraviolette (cadono nel campo dell’invisibile), servono filtri speciali di eccitazione e filtri di sbarramento. In questo microscopio è presente una sorgente luminosa (lampada speciale che produce delle radiazioni ricche di ultravioletti), poi si trova un filtro di eccitazione ed infine il campione; dal campione fuoriesce una radiazione che passa attraverso un secondo filtro chiamato di sbarramento posto tra l’obiettivo oculare e il campione. Filtro di eccitazione: davanti alla sorgente luminosa filtra la luce prima che attraversi il campione trasmette le radiazioni che eccitano il colorante fluorescente, filtro di sbarramento: va a bloccare tutte le radiazioni che sono passate e che non hanno eccitato la fluorescenza quindi lascia passare solo quelle che vengono messe dal preparato. In questo microscopio l’illuminazione viene inviata dall’alto al preparato. È presente uno specchio (inclinato a 45°) che separa la luce incidente che va al preparato dalla luce che viene emessa dal preparato. ➢ microscopia elettronica: microscopio elettronico a trasmissione: campione colorato con metalli pesanti (coloranti densi di elettroni) e l’immagine visibile è in bianco e nero, non è presente una lampadina ma il campione viene colpito da un fascio di elettroni, studia l’ultrastruttura delle cellule e organuli cellulari; ➢ microscopia elettronica: microscopio elettronico a scansione: immagine tridimensionale della superficie del campione; ➢ microscopia confocale: campo scuro, è un microscopio a fluorescenza, dà un’immagine tridimensionale consente quindi di mettere a fuoco un solo piano selezionato in un campione spesso (non serve fare una sezione del campione), sezione ottica e non fisica, consente di aumentare la sensibilità e il contrasto, le informazioni sono tridimensionali. Il vantaggio è che si possono studiare cellule vive. C’è una sorgente d’illuminazione che non illumina tutto il campione ma un fascio di luce è focalizzato su un solo punto ad una profondità specifica del campione, per far ciò c’è bisogno di una sorgente di luce molto potente e sottile che è un laser. Il raggio laser passa attraverso un diaframma di sbarramento che tramite uno specchio invia la luce sottilissima e potente in un solo piano del campione. C’è un laser che produce un fascio di luce che passa attraverso il diaframma di sbarramento e viene inviato ad un piano del campione (in questo punto c’è il fluorocromo), verrà poi emessa una luce dal piano che è stato illuminato poi verrà rivelata ad un rivelatore che registra l’immagine di quel punto di fuoco. Il diaframma elimina la luce proveniente da altri piani. Il laser si muoverà e farà la scansione del campione e andrà ad illuminare diversi piani di fuoco le cui immagini provenienti da questi diversi piani andranno di nuovo a passare tramite il diaframma e verrà inviata ad un rivelatore. La luce emessa dal punto fuori fuoco non è a fuoco a livello o Attrezzature appropriati e spazi di laboratorio dedicati. o Sono instabili, le cellule tendono a cambiare caratteristiche nel tempo. Sono presenti più tipi di coltura in base ai diversi aspetti: 1. a breve termine: il numero di cicli cellulari è ridotto. 2. a lungo termine: le cellule si dividono molte volte o addirittura in modo illimitato, cellule che diventano immortali. a) colture in monostrato: le cellule aderiscono al substrato (per esempio cellule epiteliali e fibroblasti), dipendenza della divisione cellulare dall’ancoraggio (molti tipi di cellule animali normali). Sono visibili con microscopi che consentono di aumentare le piccole differenze di contrasto; nel terreno di coltura ci dovranno essere dei fattori che favoriscono l’adesione. Sono cellule che in coltura confluiscono a formare monostrati ciò significa che vengono prese un certo numero di cellule e vengono messe in una piastra di coltura con un terreno adeguato, le cellule come prima cosa aderiscono poi se ci sono tutti i componenti indispensabili queste cellule cominciano a crescere (cioè cominciano a dividersi) quindi crescono in numero fino a diventare confluenti ovvero andranno a formare un monostrato ed occupare tutto lo spazio del recipiente di coltura. Dopo di che la crescita si arresta quindi se non si fa niente la coltura dopo un po’ si esaurisce quindi bisogna trasferire le cellule in un altro recipiente ovvero bisogna fare una subcoltura. Viene inibita la crescita perché c’è quel fenomeno chiamato inibizione da contatto, ovvero quando le cellule entrano in contatto tra loro smettono di crescere, e poi anche perché crescendo le cellule hanno cominciato ad utilizzare i nutrienti presenti nel terreno di crescita, si sono esauriti i fattori di crescita che sono quei fattori molecolari indispensabili perché la cellula eucariota possa dividersi. La caratteristica delle cellule tumorali è la perdita dell’inibizione da contatto e non arrestano la crescita ma crescono in modo incontrollato. b) colture in sospensione: cellule ematopoietiche o cellule trasformate, hanno la capacità di crescere senza un supporto solido, le cellule che crescono in sospensione raggiungono una densità più elevata. Coltura primaria: le cellule derivano direttamente dal tessuto d’origine, le cellule vengono prelevate da organo, tessuto, embrione, uova. Le cellule possono essere prelevate da un adulto, da un embrione, si possono mettere in coltura delle uova quindi viene fatto un prelievo delle cellule dalla fonte interessata, se non sono cellule singole (come le uova) si possono disgregare i tessuti/organi per avere delle cellule disperse e queste vengono messe in coltura oppure si può mettere in coltura un espianto ovvero un frammento di tessuto/organo che non viene dissociato ma viene messo in coltura e si lascia che le cellule migrino dai bordi del frammento cellulare. Cellule derivate da origine embrionale: si disgregano più facilmente, forniscono un maggior numero di cellule vive, proliferano più rapidamente, hanno una durata in coltura più lunga rispetto a cellule che derivano dall’organismo adulto. Più l’organismo è giovane più la resa delle cellule è alta. La dissociazione può avvenire in modo meccanico o enzimatico. Semina delle cellule in terreno di coltura (in piastra o in sospensione): se sono cellule che crescono in un monostrato dopo essere state seminate nel recipiente di coltura, le cellule aderiscono e cominciano a dividersi fino a diventare confluenti. Il tipo di terreno di coltura, i parametri di incubazione sono selezionati in base al tipo di cellule e al modello animale. Le cellule della coltura primaria mantengono molte caratteristiche d’origine come funzionali e di specializzazione presenti in vivo. Esempi: i fibroblasti continuano a produrre il collagene, le cellule nervose formano i prolungamenti. Il successo della coltura primaria, ovvero se la coltura continua oppure si interrompe, dipende dalla specie da cui vengono prelevate le cellule, dall’età del donatore, dal tessuto di provenienza. La popolazione cellulare nella coltura primaria inizialmente è eterogenea, perché le cellule si devono riprendere dal prelievo, dalla separazione, quindi non tutte reagiscono nello stesso modo. Ci sarà un momento iniziale in cui alcune cellule muoiono, alcune cominciano a dividersi, altre che invece non muoiono ma non si dividono per questo all’inizio la popolazione è eterogenea. Poi nel tempo la coltura tende a diventare più omogenea in quanto prendono il sopravvento i tipi cellulari che meglio si adattano alle condizioni di coltura che sono state scelte. Alla prima confluenza occorre fare una sub-coltura altrimenti le cellule muoiono, vuol dire staccare il monostrato di cellule a confluenza dal recipiente della coltura primaria e vengono riseminate in piccole quantità in altre piastre e il tutto ricomincia. Si risemina ad una minore densità, si rinnova il terreno di coltura perché si era esaurito. Quando si fa la prima sub-coltura si inizia a parlare di linea cellulare. Dalle colture primarie si originano le colture secondarie che mantengono le caratteristiche delle cellule d’origine e che possono subire al massimo alcune decine di passaggi. Curva di crescita di una popolazione di cellule al momento della subcoltura: divisa in 4 fasi 1. fase di latenza: fase di crescita lenta, periodo tra la semina e la ripresa della crescita (coltura primaria- tempo di duplicazione lento) 2. fase di crescita esponenziale 3. fase stazionaria: la coltura diventa confluente, rallenta la proliferazione 4. fase di senescenza, decadimento e morte: fare nuova sub-coltura. →linee cellulari continue o trasformate • originano da mutazioni spontanee o indotte • possono essere ottenute a partire da tessuti tumorali (es cellule hila) • nelle cellule trasformate è annullato il programma genetico della senescenza (diventano immortali e proliferano in modo continuo) caratteristiche acquisite dalla linee cellulari continue alterazioni della morfologia: spesso hanno un aspetto indifferenziato forma affusolata (fibroblastoide) o poligonale (epitelioide) perdono delle caratteristiche di superficie alterazioni nella fisiologia: minori esigenze nutrizionali minore dipendenza dal siero perdita dell’inibizione da contatto (possono stratificarsi) perdita della dipendenza dall’ancoraggio facilmente adattabili corredo cromosomico eterogeneo capacità di illimitato numero di divisioni →linee cellulari a vita finita • resistono in coltura un numero limitato di cicli cellulari • crescono in monostrato • sensibili all’inibizione da contatto • forte dipendenza da siero e fattori di crescita • la vita finita è in relazione al numero di passaggi e non al tipo di coltura • dopo qualche decina di cicli cellulari si fermano →linee cellulari clonali da mitosi di una singola cellula il laboratorio per le colture cellulari • cappe particolari incubatori: mantiene le condizioni ambientali ottimali ( parametri critici: temperatura, umidità, CO2). Temperatura: cellule di mammifero 37 gradi. Umidità circa 95% impedisce l’evaporazione di acqua dal terreno di coltura e di variare la sua osmolarità. Una atmosfera di 5% (10%) CO2 per mantenere il corretto pH nella coltura. centrifughe: per le sub-culture sterilità : previene contaminazioni, è assicurata dalle cappe a flusso laminare che hanno filtri particolari. Possono assicurare la sterilità del campione o sia del campione sia dell’operatore. Tutto deve essere sterile terreni, reagenti, plasticheria filtrazione a flusso laminare: un flusso di aria unidirezionale formato da filetti di aria sterile paralleli tra loro ed aventi tutti la stessa velocità cosi da creare una corrente d’aria omogenea senza turbolenze, ogni contaminante presente nella zona di lavoro viene trascinato via da una fonte di aria sterile garantita da particolari filtri (evitata la formazione di vortici). • microscopio ottico invertito: la luce proviene dall’alto e l’obiettivo è posizionato in basso consente di osservare le cellule poste in una piastra cosa impossibile con un normale microscopio ottico a causa dello spessore del contenitore regolazione dell’ambiente extracellulare 1. natura del substrato in cui crescono le cellule può essere solido, semisolido, liquido(colture in sospensione) 2. mezzo di coltura in cui sono mantenute 3. fase gassosa costituenti principali O2,CO2 • la tensione di ossigeno generalmente mantenuta uguale a quella atmosferica • se utilizzati terreni tamponati con bicarbonato di sodio è richiesta un’atmosfera controllata per mantenere il pH del terreno 4. temperatura di incubazione (37 gradi) substrato la maggior parte delle cellule cresce in monostrato su un substrato artificiale piastre di coltura: piastre petri, fiasca con tappo ventilato (cellule in sospensione), piastre multipozzetto il ph del terreno di coltura deve essere controllato attraverso un sistema tampone metaboliti→ alterazione ph→ rallentamento della crescita → morte cellulare spesso sono messi indicatori di ph: rosso fenolo quando il ph ha un valore fisiologico il colore del terreno è rosso-arancio quando il ph tende a scendere sotto a valori di 7 (inacidire) il colore vira verso il giallo, quando il valore del ph tende a diventare più basico quindi oltre al 7 il colore del terreno diventa rosso-viola indica che le cellule non sono metabolicamente attive caratteristiche del terreno di coltura può essere più o meno complesso a seconda delle esigenze del tipo cellulare • eccitamento • crescita e divisione morte cellulare programmata le cellule animali si inviano segnali in vari modi 1. segnalazione contatto dipendente: sia la molecola segnale sia il recettore sono proteine transmembrana (nello sviluppo embrionale, anche nei tessuti adulti es nelle risposte immunitari) 2. molecole segnale secrete solubili nell’ambiente extracellulare (proteine, peptidi, steroidi, gas), che agiscono su distanze più o meno brevi. Agiscono in due modalità: paracrina → non entrano nel circolo sanguigno ma diffondono localmente (a brevi distanze) nel fluido extracellulare vicino alla cellula segnalatrice (molto attiva nello sviluppo ma anche nell’organismo adulto), autocrina →la cellula che segnala secerne la molecola segnale nell’ambiente extracellulare ma lei è anche il recettore che risponde 3.segnalazione a distanza: ci sono anche segnalazioni a lungo raggio per coordinare parti del copro distanti fra di loro (cellule endocrine, neuroni) segnalazione endocrina producono gli ormoni e li riversano in circolo e le cellule bersaglio che hanno i recettori per lo specifico ormone rispondono, segnalazione nervosa: i neuroni hanno i prolungamenti assonici che possono mandare informazioni alle cellule bersaglio a distanza, la differenza tra esse è che la segnalazione nel terminale assonico avviene in strutture altamente specializzate chiamate sinapsi il segnale è il neurotrasmettitore segnalazione endocrina 4. segnalazione tramite giunzione gap: comunicazione diretta fra cellule vicine , passaggio diretto di ioni o piccole molecole quali i problemi del signaling ? Le cellule sono esposte ad una moltitudine di segnali diversi che vengono o da altre cellule o dall’ambiente, quindi ogni cellula deve scegliere a quali segnali rispondere. come la cellula sceglie a quali segnali rispondere ? La cellula deve selezionare i segnali rilevanti da quelli irrilevanti, rispondere ai segnali in modo selettivo, recettori con un alto grado specificità, ogni cellula risponde a un ristretto numero di segnali a seconda della sua storia pregressa e dello stato in cui si trova una cellula animale possiede più recettori diversi e più sistemi di segnalazione intracellulare che la rendono sensibile a molti tipi di segnali extracellulari molte cellule per sopravvivere necessitano di una specifica combinazione di più segnali. una combinazione di ulteriori segnali per crescita e divisione e un’altra combinazione di segnali per il differenziamento combinazioni di segnali agiscono in modo specifico nelle diverse cellule la stessa molecola segnale può indurre risposte diverse in cellule target diverse (diverso tipi di recettori o sistema di trasmissione intracellulare o proteine effettrici diverse) es acetilcolina nella cellula muscolare cardiaca la segnalazione intracellulare dell’acetilcolina determina una riduzione della frequenza della forza di contrazione in una cellula di tipo diverso (es. ghiandola) l’acetilcolina con un recettore simile strutturalmente crea una risposta diversa perché sono cellule diverse, quindi la risposta allo stesso segnale con un recettore di membrana strutturalmente simile è diversa perché le cellule sono diverse. sempre lo steso segnale acetilcolina cellula muscolare diversa: cellula cardiaca e cellula muscolare scheletrica il recettore è diverso, il segnale lo stesso la risposta cellulare sarà diversa Diverse velocità di risposta ad un segnale extracellulare: -lenta -rapida ->Risposte che richiedono solo cambiamenti nelle proteine già presenti nella cellula (es fosforilazione di proteine, cambiamento di conformazione di un canale ionico regolato da neurotrasmettitore) avvengono rapidamente. ->Risposte che prevedono cambiamenti nell’espressione genica e sintesi di nuove proteine avvengono più lentamente. Modificazioni cellulari, come crescita e divisione cellulare, comportano variazioni dell’espressione e la sintesi di nuove proteine avvengono con tempi relativamente lunghi. (lenta = da ore a minuti) Movimento cellulare, la secrezione, particolari risposte metaboliche non coinvolgono il nucleo avvengono più rapidamente. (rapida = da secondi a minuti) La cellula per rispondere ad un segnale deve avere un sensore che capta questo segnale e si chiama recettore. La maggior parte delle molecole segnale sono molecole grandi, idrofiliche quindi fanno fatica a passare la membrana, vengono fermati alla superficie cellulare ed interagiscono con recettori che saranno ancorati alla superficie. Recettori di superficie: che interagiscono con la maggior parte delle molecole segnale che sono troppo grandi o idrofiliche. Recettori di superficie: recettori trans membrana; devono avere tre principali regioni: 1. Sito per il ligando (molecola che si lega ed è riconosciuta da un recettore) sul lato extracellulare 2. Dominio transmembrana: ancora il recettore alla membrana 3. Dominio intracellulare coinvolto direttamente o indirettamente nella produzione della risposta e si accoppia al passo successivo nella catena di trasduzione del segnale Recettori intracellulari: molecole segnale piccole idrofobiche possono diffondere attraverso la membrana, attivare enzimi intracellulari (ossido nitrico, gas liposolubile) o a legare recettori intracellulari citoplasmatici o nucleari (ormoni steroidei, ormoni tiroidei). Caratteristiche di un recettore: • Specificità: un recettore deve distinguere segnali spesso strettamente correlati, distingue un segnale da un altro; • Alta affinità di legame: per captare molecole segnalatrici che sono spesso presenti a basse concentrazioni, per esempio fattori di crescita. • Saturabilità: una cellula ha un numero finito di recettori quindi può legare un limitato numero di ligandi; • Reversibilità: quando la concentrazione del ligando diminuisce il complesso deve dissociarsi (associazione ligando - recettore non covalente) • Accoppiamento: il recettore trasferisce un segnale dal ligando alla cellula → risposta fisiologica (trasduzione). Soprattutto questa caratteristica contraddistingue un recettore. Alcune molecole segnale extracellulari che sono secrete da una cellula segnalatrice: • Piccole molecole come aa e loro derivati, che possono funzionare come neurotrasmettitori, ormoni peptidici; • Gas come l’ossido nitrico (NO) • Ormoni steroidei (derivati dal colesterolo come ormoni sessuali) • Proteine trans-membrana, proteine della matrice extracellulare, proteine secrete nello spazio extracellulare (glucagone, insulina, fattori di crescita e differenziamento); Ossido di azoto (NO): piccolo gas liposolubile, è una molecola segnale atipica perché non lega un recettore classico ma attraversa la membrana e va a legarsi direttamente ad un enzima presente nella cellula target (cellula bersaglio), è poco stabile, ma riesce a diffondere attraverso la membrana e legare l’enzima, è prodotto in alcune cellule (endoteliali, muscolari, neuroni). Responsabile di molte attività fisiologiche. Una delle funzioni del NO nei mammiferi: rilassamento della muscolatura liscia della parete di un vaso sanguigno con conseguente vasodilatazione. Le cellule che producono questo segnale sono le cellule endoteliali. La vasodilatazione è regolata dal segnale -acetilcolina.- che non agisce direttamente sulle fibrocellule muscolari ma sulle cellule endoteliali attivando un recettore di membrana (associato a proteina G), questa cellula stimolerà la cellula endoteliale tramite un recettore di membrana che attiverà una via di segnalazione che avrà come risposta nella cellula la sintesi di NO. Il segnale attiva un enzima che catalizza la sintesi del NO, una volta formato diffonde velocemente attraverso le membrane cellulari, esce dalla cellula endoteliale e va nella cellula vicina (raggio d’azione breve), lega direttamente un enzima che porta la formazione della cGMP che porterà poi al rilassamento della fibra cellulare. Altre proteine di segnalazione fungono da adattatori, non sempre il collegamento tra due elementi della via si legano direttamente ma hanno bisogno di proteine adattatrici. Questi sono enzimi di segnalazione però non hanno siti di legame per il recettore attivo, queste proteine consentono l’aggancio tra per esempio il recettore e l’effettore. Non hanno attività catalitica, non attivano direttamente le proteine effettrici, possiedono domini che funzionano come siti di aggancio per altre proteine. Più molecole sono coinvolte più il segnale può essere amplificato. Il segnale deve essere trasmetto, amplificato, integrato, diffuso; quindi tutti questi componenti intermedi non sempre possono interagire direttamente. Quando le vie di trasduzione del segnale coinvolgono tanti componenti molecolari all’interno della cellula occorre anche che questi vengano a contatto tra di loro, un altro modo che può essere utilizzato per avvicinare il recettore attivo e i componenti di segnalazione è quello di concentrare tutte le molecole in una regione molto piccola della cellula come piccole invaginazioni alla superficie della membrana chiamate caveole. Si trovano in regioni specializzate della membrana ricche di colesterolo e sfingolipidi associare caveolina. Oppure in alcune segnalazioni addirittura presentano alla superficie un ciglio singolo isolato chiamato ciglio primario che è una specie di sensore che sporge dalla cellula, che riesce a captare molto facilmente un segnale che viaggia nella via extracellulare e riesce a concentrare tutte le proteine coinvolte nei sistemi di segnalazione. Alcune modalità per spegnare un segnale: • La cellula può rimuovere le strutture dalla superficie • I segnali rimangono per breve tempo vicino alla cellula dopo averla stimolata • Se la segnalazione avviene tramite interruttori molecolari abbiamo già visto come può essere spenta Tre classi di recettori di superficie: 1. Recettori collegati a canali ionici: i canali ionici hanno delle “porte” chiuse che possono essere aperte, le porte possono essere aperte con diverse modalità, una delle quali è l’associazione ad un segnale. Arriva un segnale che si va a legare al dominio extracellulare del canale stesso, il legame comporta un cambiamento conformazionale del canale il quale si apre. Questi recettori sono per lo più presenti sulla superficie delle cellule che sono eccitabili elettricamente, cellule nervose. Generalmente mediano l’azione di neurotrasmettitori o per la contrazione muscolare o per il passaggio dello stimolo nervoso. I recettori collegati a canali ionici modificano la permeabilità della membrana plasmatica a specifici ioni alterando il potenziale di membrana, trasformano segnali chimici in elettrici. 2. Recettori accoppiati a proteine G trimeriche: è una grande famiglia di recettori di superficie, mediano la maggior parte delle risposte a segnali dall’ambiente esterno e da altre cellule; quando arriva il segnale va a legare il recettore, la proteina G si attiva cambia la forma, interagisce con il recettore e attiva un enzima di membrana oppure può attivare un canale ionico e avvia la segnalazione. 3. Recettori accoppiati ad enzimi: arriva il segnale, il recettore ha un dominio che ha attività enzimatica e che viene attivata dal ligando. In questo caso il recettore stesso ha attività catalitica oppure che vanno a reclutare un enzima citoplasmatico; sono comunque entrambi i tipi associati ad enzimi quindi il recettore attivato non deve andare a richiamare una proteina G che attiva ecc. Nobel per la chimica nel 2012 per gli studi sui recettori accoppiati a proteine G. Recettori accoppiati a proteine G: è una grande famiglia di recettori di superficie che mediano tantissime risposte delle cellule a molteplici segnali che provengono dall’ambiente esterno oppure da altre cellule. I tipi di molecole segnale che legano questi recettori sono: molti ormoni, neurotrasmettitori, fattori paracrini (mediatori chimici locali). Rispondono a segnali non solo provenienti da altre cellule ma anche dall’esterno, i nostri sensi: vista, olfatto, gusto dipendono da questi tipi di recettori. Questa grande famiglia di recettori ha in comune un meccanismo di base simile per funzionare, ovvero devono attivare una proteina G trimerica. Ci sono tanti tipi di proteine G perché nel genoma umano ci sono più geni che codificano per le subunità α, β, γ che vanno a costituire il trimero quindi sono possibili delle combinazioni diverse di questi tre componenti. Struttura: è una proteina transmembrana che attraversa la membrana 7 volte quindi è un’unica catena polipeptidica che attraversa la membrana con 7 eliche, ha un dominio extracellulare che contiene il sito specifico di riconoscimento per il segnale, ha un dominio intracellulare che quando viene attivato da un segnale cambia la conformazione e andrà ad interagire con una proteina G trimerica la quale fa partire la via di trasduzione. La proteina G trimerica ha tre subunità α, β, γ; è ancorata alla membrana tramite delle code idrofobiche presenti sulle subunità α e γ. Le proteine G attivate regolano un’ampia gamma di recettori, a seconda del tipo di risposta, del tipo di cellula; solitamente producono una grande quantità di secondi messaggeri che a loro volta propagano il segnale nella cellula. Il GDP si lega alla subunità più grande (α), quando la proteina G è in attiva non solo lega GTP ma è anche ancorata alla membrana con le due code lipidiche e il trimero è assemblato. Per attivarla occorre che si leghi un GTP. Quando arriva il segnale si lega con il sito extracellulare di questo recettore che attraversa la membrana, questa interazione viene trasmessa al recettore il quale subisce un cambiamento conformazionale che viene trasmesso al dominio intracellulare che acquisisce alta affinità per la proteina G; per questo motivo va a richiamare una proteina G. Quando il recettore attivo si va a legare alla proteina G, la subunità α del trimero perde l’affinità per il GDP che viene rilasciato e scambiato con una molecola di GTP, la proteina G si attiva. Nella maggior parte dei casi l’attivazione della proteina G trimerica provoca una dissociazione del trimero, quindi la subunità α si dissocia dalle subunità β e γ. β e γ rimangono insieme perché solo una delle due subunità è attaccata alla membrana. La subunità α, β, γ andranno ad attivare dei bersagli. La via più diretta è quella di attivare un enzima di membrana che si chiama adenilato ciclasi che viene attivato da molte subunità di molte proteine G associate a questi recettori attivi, l’adenilato ciclasi attivata da proteina G catalizzerà la produzione di tante molecole di secondo messaggero che è l’AMP ciclico. Il cAMP andrà ad attivare a sua volta tutti quegli effettori la cui attività è cAMP dipendente, molte chinasi della cellula sono cAMP dipendenti. La proteina G che ha attivato l’enzima effettore, può essere disattivata rilascia cAMP la subunità α cambia conformazione, ha di nuovo legato il GDP. Auto disattivazione della subunità α: avviene l’idrolisi del GTP legato, si riforma il trimero e la proteina G è pronta per un altro ciclo. Molte proteine G attivano enzimi di membrana che producono secondi messaggeri (piccole molecole segnale intracellulari), i secondi messaggeri andranno ad attivare enzimi specifici, quindi andranno ad attivare la molecola che è a valle dopo il secondo messaggero. Enzimi associati alla membrana attivati da proteine G: • Adenilato ciclasi: è un enzima che ciclizza un nucleotide AMP e lo fa diventare AMP ciclico, catalizza la produzione di cAMP, enzima di membrana. • Fospolipasi C: andrà ad agire su un lipide di membrana e produrrà a sua volta altri due secondi messaggeri, enzima di membrana. Adenilato ciclasi: l’adenilato ciclasi ha il sito attivo dentro la cellula, viene attivata dalla subunità alfa di una proteina G chiamata stimolatrice S, ci sono delle subunità di proteine G trimetiche che possono anche inibire l’attività di questo enzima perché magari la cellula segnala che anziché un aumento di cAMP deve esserci una diminuzione di cAMP. È un esempio di amplificazione del segnale tramite questo secondo messaggero, perché il legame segnale-recettore può andare ad attivare diverse molecole di proteine G le quali possono attivare diverse molecole di adenilato ciclasi e formare diverse molecole di cAMP. La funzione dell’adenilato ciclasi è quella di produrre cAMP quindi questo aumenta nella cellula, successivamente ci saranno delle attività enzimatiche che vengono attivate specificamente da AMP ciclico, quindi possono attivare enzimi oppure possono, in alcuni casi, regolare la trascrizione di alcuni geni target ovvero AMP ciclico dipendenti; quindi si avranno risposte cellulari diverse a seconda del tipo cellulare. La maggior parte degli enzimi cellulari presenti lungo la via dell’AMP ciclico che vengono attivati sono chinasi -> c’è un gruppo di chinasi AMPc dipendenti, i residui amminoacidici sulle proteine che sono bersaglio delle chinasi sono di solito serina o treonina. Le protein chinasi AMP ciclico dipendenti si chiamano PKA; quando non c’è il segnale PKA c’è già quindi la risposta sarà veloce perché deve solo essere attivato. Conformazione della PKA in condizioni inattive quindi quando non c’è segnalazione: è formata da 4 subunità, due catalitiche (che hanno il sito che è capace di svolgere la sua attività sul substrato) e due subunità regolatrici; quando la PKA è inattiva queste 4 subunità sono associate. (AMPc formata dall’adenilato ciclasi che è stata attivata da una subunità α di proteina G stimolatrice attivata a sua volta da recettore, attivato da segnale) L’AMPc si va a legare in modo specifico alle subunità regolatrici che hanno dei siti di legame specifici, questo crea un cambiamento conformazionale quindi la dissociazione delle subunità catalitiche blu, il sito attivo a questo punto è esposto e l’enzima può agire. Entrambe le subunità subiscono dei cambiamenti conformazionali. Alcune delle risposte cellulari mediate da AMPc non sempre portano la variazione di un’attività di un enzima (PKA) ma possono anche regolare la trascrizione dei geni. Gli step iniziali sono gli stessi, la PKA o va a fosforilare le proteine che devono essere attivate oppure va nel nucleo, passa attraverso i pori nucleari, e va ad associarsi a dei complessi regolatori di trascrizione AMPc dipendenti. PKA mediano le risposte di molti segnali a cui la cellula risponde: ormoni, mediatori locali, neurotrasmettitori. Esempi di risposte cellulari mediate da AMPc: molecola segnale adrenalina che ha delle risposte diverse a seconda del contesto cellulare, nel muscolo cardiaco aumenta la forza di contrazione, nel muscolo scheletrico invece demolisce il glicogeno, sia l’adrenalina che il glucagone nel tessuto adiposo portano alla demolizione dei grassi; esempi per capire come lo stesso segnale in una cellula diversa può causare una diversa risposta. La proteina G attiva l’attività di enzimi: ->adenilato ciclasi con la via dell’AMP ciclico -> fosfolipasi C: che va ad agire su uno speciale fosfolipide di membrana. Fosfolipasi C: La proteina G in questo caso va ad attivare un enzima associato alla membrana chiamato fosfolipasi C. Quindi le due catene polipeptidiche dei due recettori si fosforilano a vicenda su tirosine (trans - fosforilazione) -> avviene nella regione intracellulare del recettore che darà il via alla trasduzione del segnale. Auto fosforilazione, trans = la chinasi di un recettore va a fosforilare le tirosine sull’altro recettore e viceversa. Ruolo dell’autofosforilazione nella trasduzione del segnale: - Stimola ed aumenta l’attività catalitica del recettore stesso -> l’attività catalitica è quella chinasica. - Crea siti di legame specifici sul recettore per delle proteine di segnalazione a valle del recettore. Quelle che trasdurranno il segnale dentro alla cellula, che porteranno l’informazione del messaggero primario (molecola segnale) dall’esterno all’interno fino all’effettore finale per ottenere una risposta nella cellula. I siti di legami specifici sono delle fosfotirosine ovvero dei residui di tirosina fosforilati. Sono dei siti di ancoraggio per molecole (proteine) intracellulari che a loro volta hanno dei siti specifici per essi e che daranno il via alla trasduzione del segnale. I domini che queste proteine dovranno avere per legare queste fosfotirosine sono diversi, ad esempio i domini SH2. Le fosfotirosine sul recettore attivato quindi diventano siti di legame che vanno a richiamare solo le proteine che hanno i domini idonei al legame con esse. Richiamano proteine di segnalazione che possono essere multiple (più di una alla volta). Immagine (->): le palline gialle con P indicano le fosfotirosine. Esse hanno richiamato tante proteine di segnalazione a valle di diverso tipo. Esse si vanno ad attaccare e possono far partire una o più vie di segnalazione insieme all’interno della cellula, inviando diverse informazioni a diversi siti cellulari. Attivando una risposta complessa, ricorda che molti di questi segnali sono dei fattori di crescita e che quindi stimolano la cellula a dividersi -> vengono attivate e messe in moto tutta una serie di molecole e meccanismi il cui risultato sarà la divisione della cellula. Quindi: l’attivazione di un recettore tirosina chinasi stimola l’assemblaggio di complessi di segnalazione intracellulari che possono trasmettere segnali nella cellula lungo diverse vie simultaneamente, inviandoli a diverse destinazioni cellulari attivando e coordinando i cambiamenti necessari per produrre una risposta complessa (es. la proliferazione). Tipologia di proteine di segnalazione a valle, qualche esempio: Le proteine di segnalazione possono essere di diversa natura e attivate direttamente o indirettamente per propagare il segnale. Possono quindi essere enzimi (chinasi, fosfatasi, fosfolipasi) che vengono direttamente attivati -> producono dei secondi messaggeri e danno il via alla trasduzione del segnale. Oppure possono essere delle proteine scaffold (impalcatura), delle proteine adattatrici (che funzionano come dei ponti molecolari tra i componenti coinvolti nella segnalazione intracellulare). Oppure possono essere dei fattori trascrizionali che vengono reclutati al recettore alle fosfotirosine. Quindi: - Proteine attivate (enzimi). - Proteine adattatrici o impalcatura. - Fattori trascrizionali. - Altre. Tutte queste proteine devono avere in comune la presenza dei domini per le fosfotirosine. I recettori tirosin chinasici non sono sempre attivi, possono essere inattivati per diminuire o cessare la risposta. Questi recettori sono attivati mediante la fosforilazione delle tirosine. Sono invece inattivati mediante: - Defosforilazione (proteina tirosina fosfatasi). - In alcuni casi mediate internalizzazione, endocitosi (degradazione nei lisosomi e poi riciclati). Alcune vie attivate da questi recettori: -> proteine G: le due vie principali sono quelle dell’AMP ciclico, quella della fosfolipasi C. Questi recettori attivano altre vie, alcune anche in comune. È una grande famiglia di recettori (tirosina chinasi) ed essi possono agire con delle vie di segnalazione che sono o dirette oppure indirette. Nella maggior parte dei casi sono via indirette. Indiretta = significa che c’è una cascata di proteine di segnalazione intracellulari che entrano in gioco (ci sono tanti componenti coinvolti di diversa natura nella trasduzione del segnale). Diretta = viene reclutata una fosfo tirosina in una chinasi che si attiva, oppure un fattore di trascrizione che va direttamente al nucleo senza usare tante molecole. Ovviamente questi recettori utilizzano proteine di segnalazione di tipo diverso, gli effettori saranno diversi e verranno indotte risposte diverse. Anche se differenti, hanno dei componenti che sono comuni alla maggior parte di questi recettori attivati. Alcuni componenti vengono utilizzati dalla maggior parte delle vie. Queste principali vie che vengono attivate dalla maggior parte da questi recettori sono le attivazioni di una proteina monomerica chiama Ras. La quale, a sua volta, va ad attivare una vie di segnalazione chiamata la via delle MAP chinasi. MAP è un acronimo che sta per “proteine chinasi attivate da mitogeni”. Ricorda che i fattori di crescita (miotgeno) attivano questi recettori. L’altra via è quella dell’attivazione della fosfolipasi C. In essa è presente una isoforma diversa dell’enzima -> che viene attivato da proteina G. Funziona nello stesso modo, la via che viene attivata è la stessa ma sarà un’isoforma con domini di attracco al recettore per fosfo tirosine. La maggior parte dei recettori tirosina chinasi: 1) Attrazione di una proteina G monomerica -> Ras. La quale attiva la via di segnalazione delle MAP chianasi (cascata di chinasi attivate da mitogeni). 2) Attivazione di una fosfolipasi C. Ras: È la prima famiglia di proteine identificata. Rat Sarcoma, tessuto in cui venne caratterizzato questo oncogene. È una proteina G monomerica (formata da una sola subunità). Proteina G = nella conformazione attiva lega una molecola di GTP mentre nella conformazione inattiva lega una molecola di GDP. Verrà quindi rimosso il GTP e sostituito con il GDP. Questa proteina G monomerica è un interruttore molecolare che va ad accoppiare il recettore attivo alla via delle MAP chinasi. - Proteina che lega GTP. - Ha attività GTPasica intrinseca che servirà ad idrolizzare il GTP legato quando è attiva e consente la sua inattivazione. - É una proteina che è ancorata al lato citosolico della membrana plasmatica da una coda lipidica. Il fatto che la proteina G sia monomerica fa si che essa abbia bisogno di un “aiuto” per attivarsi e disattivarsi. Ovvero è accoppiata l’attività di tutte le proteine G monomeriche a quella dei fattori GEF e GAP. -> Fattori GEF: fattori che favoriscono lo scambio del nucleotidi guanina -> stimolano il rilascio di GDP e favorisce la sostituzione con GTP. Essi facilitano l’attivazione della proteina G. Ras è attiva. -> Fattori GAP: proteine che attivano/stimolano la GTPasi (l’attività GTPasica intrinseca della proteina G). Fattore che favorisce l’idrolisi del GTP che porta all’inattivazione della proteina G. Che cosa fa Ras? Ras è una proteina G che attiva la via delle MAP chinasi. Che cosa è la via delle MAP chinasi? La via delle MAP chinasi è una via che comprende una famiglia di chinasi che si fosforilano e si attivano in sequenze. E quindi questa via è anche definita come la via della cascata delle chinasi. Ciò significa che c’è una sequenza di attivazione di enzimi chinasici -> la prima della sequenza verrà attivata da Ras, questa andrà a fosforilare un’altra chinasi che si attiverà ed andrà ad attivare un’altra chinasi che a sua volta si attiverà. Quindi questa via è una cascata che coinvolge 3 chinasi (enzimi) che si attivano a vicenda. L’ultima chinasi della serie andrà a fosforilare gli effettori. Sono note più vie nei mammiferi delle MAP chinasi che sono attivati in risposta non solo a fattori di crescita ma anche a stress cellulari, a citochine infiammatorie. Questa via è una via molto conservata che agisce con chinasi diverse e che da via a diversi stimoli. Quindi: cascata di fosforilazioni o cascata di chinasi. Questa via è molto importante nella regolazione dei processi del ciclo cellulare (proliferazione, il differenziamento, la sopravvivenza, la migrazione delle cellule). La proteina attivatrice del Ras è un fattore GEFF: fattore che favorisce lo scambio dalla proteina inattiva alla sua conformazione attiva -> dando cosi il via alla cascata chinasica. Il fattore GEFF per il Ras non ha i domini per fosfotirosine e quindi ha bisogno di un adattatore proteico (che ha i domini per le fosfotirosine e ha un sito di legame per il fattore GEFF). Questo adattatore proteico permette l’inizio della segnalazione. Quindi => Ras sta inattiva sulla membrana, quando arriva il segnale dovrà essere attivata (attiva solo quando arriva il segnale). Verrà quindi reclutato un fattore GEFF che ha il compito di attivarla (esso facilita lo scambio del nucleotide). Questo fattore GEFF non ha domini che legano le fosfotirosine e quindi si lega in modo specifico ad un adattatore proteico che ha la funzione di fare da ponte tra il recettore e il fattore GEFF. Ras quindi viene così attivata. Ras attiva la cascata chinasica: 3 chinasi attivate in sequenza. Ras va ad attivare la prima chinasi della sequenza, che a sua volta si attiverà ed andrà ad attivare un’altra chinasi e cosi via. L’ultima chinasi che viene attivata va a fosforilare substrati proteici di diversa natura. Viene così modificata l’attività di varie proteine oppure viene regolata la trascrizione di geni. La MAP chinasi è l’ultima della catena, quella che agisce prima è la “chinasi della chinasi della MAP chinasi”. Questa è una via INDIRETTA: diversi componenti più o meno numerosi e diversi. Tutti i componenti della via della MAP chinasi, essendo indiretta, sono organizzati nella cellula in complessi di segnalazione da proteine scaffold. I componenti della via sono organizzati in modo che ciascun substrato sia vicino al suo enzima. Le regioni, dove sono localizzati tutti i componenti della cascata, sono localizzate nella zona della cellula vicina al recettore. Quindi le proteine di segnalazione intracellulari possono essere di diversi tipi -> alcune possono avere attività catalitica (chinasi, lipasi), altre possono invece avere la funzione di ponte e sono altrettanto importanti per la cellula. O adattatori oppure impalcatura. La via della MAP chinasi non è attivata soltanto da questi recettori, è una via che con modalità leggermente diverse viene attivata anche da altri recettori non tirosina-chinasici. Per esempio da recettori che funzionano da molecole di adesione cellula-matrice chiamate intrigrine. Le integrine si concentrano in un’area particolare quando una cellula, formando delle strutture di adesione, deve aderire ad un substrato. Le molecole di adesione fra la cellula e i componenti della matrice extracellulare sono delle proteine transmembrana chiamate Esempio di divergenza -> a volte le vie di segnalazione attivate da uno stesso ligando possono divergere su effettori diversi generando risposte di tipo diverso. Uno stesso segnale che attiva un un recettore permette l’attivazione di più vie. Gli esempi sono quelli della MAP chinasi e della fosfolipasi C che ovviamente provocano degli effettori intracellulari diversi che andranno ad attivare delle proteine diverse = risposte diverse. Quindi: segnali da recettori diversi possono convergere su un effettore comune oppure segnali da uno stesso recettore possono attivare vie diverse con riposte diverse. La comunicazione tra le vie viene chiamato dialogo incrociato, i componenti di una via di segnalazione possono essere coinvolti in un’altra via di trasduzione -> ad esempio il calcio che viene rilasciato dal reticolo non solo attiva tutta la via del calcio ma va anche ad attivare la chinasi che viene attivata dall’altro secondo messaggero. Tutte le tappe in cui avviene la trasduzione del segnale sono anche dei punti di regolazione. È per questo che la maggior parte delle vie sono indirette. Più una via è indiretta più si hanno dei punti di regolazione quindi una maggior capacità di rispondere ai segnali che una cellula riceve. Immagine: riassunto delle vie di segnalazione. CICLO CELLULARE Ciclo cellulare: le cellule che si dividono lo devono percorrere. È importante regolarlo in tutti i suoi step, se esso non funziona allora anche la cellula non funziona. Non tutte le cellule di un organismo adulto svolgono il ciclo cellulare -> ci sono dei tipi cellulari che dopo il differenziamento non si divino più (ad esempio le cellule nervose) e quindi escono dal ciclo cellulare oppure ci sono delle cellule che normalmente una volta differenziate non si dividono più ma lo fanno solo per necessità in caso di certe situazioni (come ad esempio dopo un taglio le cellule si dividono per riparare la ferita) oppure ci sono cellule staminali che sono così chiamate perché hanno la capacità di dividersi con un’elevata attività mitotica (sono presenti nei “tessuti a rinnovo” degli organismi adulti -> a livello ematopoietico). Quindi: - Cellule adulte con estrema specializzazione strutturale. Ci sono dei tipi cellulare che dopo il differenziamento non si dividono più (es. neuroni). - Cellule che normalmente non si dividono. (es. cellule del fegato). - Cellule che normalmente hanno alto livello di attività mitotica. (es. cellule staminali ematopoietiche, strato basale di epiteli, a livello di certe aree dell’intestino). Quindi non tutte le cellule compiono nello stesso modo il ciclo cellulare. Prima della divisione c’è un periodo in cui la cellula deve prepararsi. Mitosi = le due cellule figlie sono uguali alla cellula madre. La divisione è preceduta da una fase di crescita della cellula (del materiale citoplasmatico) e di duplicazione del DNA che sono seguite dalla divisione sia del nucleo che del citoplasma. Il ciclo cellulare va in una sola direzione. Si può fermare ma non può tornare indietro. L’interfase è il periodo che intercorre fra una divisione e quella successiva, essa si divide a sua volta in sottofasi chiamate G1, S e G2. (G = gap). La fase che è visibile al microscopio è quella di divisione, la fase M. La fase M, nella maggior parte dei casi è una fase mitotica ma alcune cellule fanno la meiosi (caso delle cellule germinali). - Crescita cellulare. - Duplicazione del DNA. - Distribuzione dei cromosomi duplicati nelle cellule figlie. - Divisione cellulare. Quanto dura il ciclo cellulare? La durata non è uguale in tutti i tipi cellulari, è variabile. (min-ore). Quale è la sottofase più variabile? G1. La divisione cellulare deve essere un sistema altamente controllato. Esistono dei sistemi di controllo altamente conservati (presenti in lieviti e in cellule di mammifero) che controllano tutti gli eventi: 1) La progressione delle cellule attraverso il ciclo, solo quando la cellula si deve dividere. Perché altrimenti il sistema di controllo ferma il ciclo. 2) Inizio dei processi chiave delle sottofasi del ciclo cellulare, che avvengano nel modo giusto e nel momento giusto (rientro nel ciclo, replicazione del DNA, ingresso in M, completamento della divisione). Quindi deve avvenire: in un momento specifico, nella successione corretta e una sola volta per ciascuna fase. Se in questi processi chiave c’è qualcosa che non va, la cellula ferma il ciclo per dare il tempo alla cellula stessa di correggere l’errore oppure di fermare completamente il ciclo. 3) Il funzionamento del ciclo assicurato anche quando parti del sistema funzionano male. Chi è a monte del sistema di controllo? C’è un sistema di controllo formato da delle molecole specifiche che agiscono, esse non sono sempre attive. Il sistema di controllo risponde a dei segnali esterni che devono controllare la proliferazione. Una cellula non si divide se non ci sono dei segnali che consentono la sua divisione. Nelle cellule degli eucarioti superiori una cellula non si divide se non è stimolata da fattori di crescita o mitogeni. Occorrono quindi dei segnali esterni che attivano delle vie di trasduzione intracellulari e andranno ad agire attivando delle proteine chiave per il controllo del sistema. Sul sistema di controllo agiscono dei segnali esterni. Essi fanno si che la segnalazione, che si diffonderà all’interno della cellula, attivi degli enzimi chiave. Questi enzimi e proteine chiave dovranno poi essere disattivate quando il processo è avvenuto (quando è avvenuta la divisione). Chinasi -> sono enzimi che fosforilano. Nelle cellule degli organismi eucarioti, l’organizzazione del ciclo cellulare è controllata da famiglie di proteine chinasi. Esse non sono sempre attive, si attivano in modo ciclico. Sono altamente conservate: dai lieviti fino alle cellule di mammifero. Ci sono delle proteine chinasi che sono attivate e disattivate in modo ciclico nelle diverse sottofasi del ciclo. Queste chinasi e tutto il sistema di controllo sono attivati da segnali intracellulari che sono i mitogeni. Ci vogliono dei segnali esterni che vadano ad attivare il sistema di controllo. Il sistema di controllo regola la progressione del ciclo e gli eventi principali/chiave però in questo sistema di controllo ci sono dei punti di controllo chiamati check points. I check points agiscono come dei punti di non ritorno. Una volta superati non fatto più tornare indietro la cellula. Una volta che la cellula ha superato questi check points risulta pronta per la fase successiva. Il sistema di controllo ha dei punti di controllo. Alcune sottofasi hanno più di un punto di controllo, essi sono più di 4. Nei punti di controllo verranno attivati dei complessi molecolari che faranno si che siano presenti la DNA polimerasi e tutto quello che servirà. Check points controllano la sequenza temporale esatta del ciclo cellulare. Assicurano che gli eventi principali del ciclo avvengono con una corretta sequenza degli eventi. Essi arrestano il ciclo se la cellula non ha ancora terminato il processo (della sottofase). Se dovesse esserci un errore il ciclo viene fermato -> se l’errore non si riesce riparare, la cellula va incontro a morte programmata per apoptosi. G0 => cellule che escono dal ciclo. Le cellule possono uscire dal ciclo ed entrare in uno stato di riposo specializzato “G0”, arresto in un momento specifico di G1. Punti di controllo: Primo punto di controllo di ingresso nel ciclo è in G1 -> controllo delle cellule che entrano nel ciclo. Quelle che non superano questo punto non si divideranno. Per superare questo punto di controllo nelle cellule devono essere presenti dei fattori di crescita. Nelle cellule di mammifero in G1 c’è un secondo punto di controllo, premete alla fine di G1. Questo secondo punto controlla che la cellula sia pronta per l’ingresso nella fase successiva S. S = fase di duplicazione del DNA. Terzo punto di controllo -> a livello della fase S. In questo punto viene controllato se la duplicazione del DNA è venuta in maniera corretta. Quarto punto di controllo nella fase G2 -> viene controllato se la cellula è pronta per dividersi. Controlla se il DNA è corretto e se ha preparato tutto quello che serve per la fase M. Quinto punto di controllo nella fase M: nella transizione fra la metafase e l’anafase. Ci sono dei fattori molecolari che controllano se tutti i cromosomi sono ben allineati sulle fibre del fuso, se sono tutti ben allineati nella piastra metafasica = condizioni che consentono l’eguale distribuzione di materiale genetico nelle due cellule figlie. Quando questo ultimo punto di controllo viene sorpassato, la cellula termina il ciclo cellulare. In G1 la cellula può scegliere se entrare nella fase S oppure se ritirarsi in G0 (che può ritornare nel ciclo se sottoposta a determinati stimoli). I principali check points: 1. Ingresso in mitosi (transizione G2/M). 2. Transizione tra metafase ed anafase. 3. Ingresso nel ciclo cellulare. 4. Avanzamento fino alla fase S. 5. Fase S. 18/3 controllo dell’entrata nel ciclo cellulare il primo punto di controllo in G1 controlla l’entrata nel ciclo cellulare definito per la prima volta nel lievito S.cerevisiae (si riproduce per gemmazione) chiamato START: punto di controllo che controlla che la crescita cellulare sia coordinata con la duplicazione del DNA e con la divisione cellulare sono segnali esterni ambientali (disponibilità di nutrienti, dimensioni cellulari) che controllano l’entrata nel ciclo cellulare eucarioti superiori: il rientro dalla fase G0 è regolato da segnali extracellulari (fattori di crescita → mitogeni) in un punto della fase G1 che è chiamato PUNTO DI RESTRIZIONE sintesi della ciclina forma dei complessi con la cdk siamo in g2, cdk viene fosforilata nei tre siti quando deve essere attivata avviene la defosforilazione dei due fosfati inibitori rimane solo quello attivatore e cdk è attiva e la cellula passa il punto di controllo e entra in mitosi o meiosi verso la fine della mitosi la cellula deve tornare in interfase quindi il complesso si deve disattivare, la ciclina viene degradata da un complesso che agisce nella transizione tra l’anafase e la telofase (APC) cdk non è legato alla ciclina e il ciclo riprende APC: complesso che promuove l’anafase degrada la ciclina cdk è altamente controllata da più meccanismi molecolari: 1. associazione cicline 2. fosforilazione 3. forforilazione inibitoria 4. associazione con inibitori di cdk che le mantengono inattive il sistema di controllo alla base del quale ci sono questi sistemi di controllo ciclina/cdk può fermare il ciclo cellulare in specifici punti di transizione nelle cellule di lievito c’è un punto di controllo in G1 ma nelle cellule di mammifero ci sono due punti di controllo in g1: uno che è il punto di restrizione regolato da fattori di crescita e un altro prima dell’ingresso in fase S dove la cellula utilizza inibitori cdk se la cellula deve essere fermata per impedirne l’entrata in fase S altro punto di controllo per bloccare l’entrata in mitosi esistono degli inibitori delle fosfatasi per impedire che cdk si attivi nella fase M per ritardare l’uscita dalla mitosi si inibisce l’attività di APC sono note famiglie di cicline e di cdk che formano specifici complessi ciclina/cdk presenti nelle diverse sotto fasi del ciclo cellulare e che caratterizzano ognuna di queste transizioni da una sotto fase a quell’altra del ciclo più classi di cicline nei vertebrati: in G1 ci sono due punti di controllo e quindi ci sono due tipi di cicline diverse che si associano a cdk diverse insieme fanno si che la cellula superi il punto di restrizione e si avvii verso la fase S ciclina S: consente alle cellule di procedere nella fase S andrà a controllare che avvenga la replicazione del DNA che avvenga una volta sola e rimane elevata fino a che la cellula non va nella fase M e poi la sua attività cala ciclina m: regola tutti gli eventi che avvengono nella fase M fattori di crescita: la cellula che deve essere stimolata a dividersi dovrà avere un recettore (tirosina- chinasi) sulla superficie deve attivare la via di segnalazione intracellulare, la risposta della cellula andrà a modificare l’espressione di geni che portano alla sintesi della ciclina andrà a attivare chinasi che fosforilano cdk per cui il complesso si attiverà e attiverà più vie di segnalazione che possono andare nel nucleo e regolare la trascrizione di geni o andare a regolare l’attività di proteine nel citoplasma se una cellula non è stimolata (che non si deve divere) ci sono dei freni molecolari che fanno si che questo complesso che fa passare la cellula dal punto di transizione non si formi o non si attivi un controllo negativo chiave (in assenza di mitogeni) è mediato dalla proteina retinoblastoma (Rb) identificata per la prima volta in un tumore infantile dell’occhio cellula quiescente recettore inattivato la proteina regolatrice è attiva e in assenza di mitogeni è defosforilata nel nucleo va a legare dei regolatori della trascrizione che sono necessari per attivare la proliferazione cellulare e che in questo caso devono rimanere inattivi cellula proliferante recettore attivo viene attivato il complesso ciclina cdk la chinasi va a fosforilare questa proteina Rb cala la sua affinità per il regolatore della trascrizione che si stacca e va a regolare l’attività di geni indispensabili per la proliferazione della cellula la fase S complessi danno avvio alla replicazione del DNA (innesca il macchinario replicativo), contribuisce a impedire una seconda replicazione del DNA fase M il complesso m-cdk induce l’ingresso in mitosi molto controllato da diverse chinasi perché la proteine che devono essere attivate sono molteplici fosforilazione di proteine che: • consentono la condensazione della cromatina: condensine, coesine • consentono rottura dell’involucro nucleare: fosforilazione delle lamine dei complessi del poro nucleare e delle proteine della membrana nucleare interna • portano alla frammentazione dell’apparato di golgi • contribuiscono alla formazione del fuso: fosforilazione del centrosoma dei cinetocori nella fase M entra in azione il complesso APC che promuove l’anafase (quindi controlla il passaggio tra meta e anafase) è una ubiquitina ligasi che catalizza la degradazione di: • proteine per separare i cromatidi fratelli • e delle cicline che sono presenti in quel momento la degradazione delle cicline consentirà anche l’inattivazione della maggior parte delle Cdk e la cellula uscirà cosi dalla mitosi il complesso APC verrà attivato da cdk si va a legare a un attivatore e va a promuovere l’uscita da M degradando la ciclina inattivando il complesso cdk/ciclina quindi questo avvierà la cellula a uscire dalla mitosi inoltre va a degradare una subunità di un enzima chiamato separasi che va a tagliare le coesine che tengono uniti i due cromatidi fratelli e consentirà poi la loro separazione all’anafase punti di controllo dell’assemblaggio del fuso: verifica che il fuso mitotico sia integro e che i cromosomi siano ben attaccati alle fibre del fuso se non è cosi il complesso APC non è attivato e impedisce la transizione in anafase alla fine del ciclo si disattiva tutto per far tornare la cellula in interfase, la cdk ultima viene inattivata e tutti i substrati che sono stati fosforilati vengono defosforilati riassunto: percorso storico sperimentale che ha consentito di individuare i principali fattori molecolari sono complessi formati da proteine chiamate cicline che vengono sintetizzate e poi vengono degradate e legano cdk (chinasi dipendenti da ciclina) e una volta attivati vanno a regolare la fosforilaizone di particolari substrati proteici di quella particolare sotto fase del ciclo ci sono diverse cicline e diversi cdk la ciclina è regolata mediante regolazione della trascrizione e mediante degradazione (ubiquitinate) come viene regolata cdk con ciclina e mediante fosforilazione multiple due inibitorie e una attivatoria a monte ci saranno delle fosfatasi che quando cdk deve agire defosforileranno le due fosforilazioni inibitorie, il legame con proteine specifiche di cdk inibitrici attivare quando tutto procede bene e fermare il ciclo quando c’è qualcosa che non va punti di controllo: 2 in g1-→ punto di restrizione regolato da fattori di crescita uno prima di entrare in fase S uno in fase S uno in g2/ M: MPF uno in S → complesso APC 19/3 trasporto e smistamento delle proteine nella cellula la sede di sintesi delle proteine sono ribosomi: liberi o associati alla membrana del reticolo endoplasmatico rugoso le proteine dal luogo della sintesi (ribosomi) dovranno avere dei sistemi di trasporto che le portano in tutta la cellula (nelle membrane, dentro gli organuli) la cellula eucariota è differenziata in compartimenti cellulari chiamati organuli questa compartimentazione ha fatto si che si siano dovuti evolvere dei meccanismi per indirizzare le molecole dal luogo della loro sintesi alla destinazione finale (dove queste molecole lavorano) proteine sintetizzate da ribosomi citoplasmatici liberi • proteine citoplasmatiche solubili • del citoscheletro • estrinseche di membrana (faccia citosilica) • destinate al nucleo • destinate ai mitocondri • perossisomi proteine sintetizzate sui ribosomi associati a membrane re • solubili: secrete (incluse quelle della matrice extracellulare oppure quelle delle ghiandole) proteine residenti (lisosomi, RE, golgi) • integrali di membrana che attraversano la membrana una o più volte (plasmatica, RE, golgi lisosomi) • estrinseche di membrana (faccia eso-plasmatica) la sintesi proteica inizia sempre sui ribosomi liberi nel citoplasma con quali modalità possono viaggiare dalla sede di sintesi 1. trasporto regolato attraverso i pori nucleari: trasporto attivo o libera diffusione 2. trasporto attraverso le membrane dal citosol ad uno spazio distinto (traslocatori proteici transmembrana) 3. trasporto per mezzo di vescicole (viaggio oltre il RE tra compartimenti del sistema endo- membranoso) come vengono indirizzate le proteine alla corretta destinazione a metà degli anni 70 individuarono la presenza di una sequenza segnale esperimento: hanno preso un RNA messaggero per una proteina destinata alla secrezione hanno fatto tradurre questo RNA a un sistema di ribosomi liberi in vitro il risultato era una proteina più lunga di quella secreta hanno ripetuto lo stesso esperimento prendendo lo stesso RNA messaggero che produceva una proteina destinata alla secrezione e l’hanno fatto tradurre a dei ribosomi aderenti alle membrane provenienti dal reticolo rugoso il risultato era diverso la proteina prodotta era esattamente uguale a quella secreta. Quindi ipotizzarono la presenza di un segnale che era indispensabile per la sintesi sui ribosomi sul reticolo quindi le proteine sono guidate all’interno della cellula da segnali ovviamente di diverso tipo che dicono alla proteina dove verrà tradotta e dove dovrà andare questi segnali dovranno essere riconosciuti da recettori di smistamento che li guidano alla corretta destinazione cellulare inserimento di un segnale di smistamento in una proteina sequenze segnale (N-terminali)→ vengono tagliate zone segnale (sequenze interne multiple)→ non viene tagliata proteine sintetizzate da ribosomi associate alla membrana del re la traduzione di proteine solubili in acqua e delle proteine transmembrana è accoppiata alla loro traslocazione attraverso le membrana del RE sintesi che inizia sui ribosomi liberi la sequenza è n-terminale quindi è la prima porzione che viene tradotta e appena questa sequenza segnale esce dalla subunità maggiore esiste un meccanismo che porta il ribosoma alla membrana del reticolo dove continua la sintesi della proteinache può avere due possibilità o rimane una proteina transmembrana oppure verrà secreta e rilasciata nel lume del reticolo segnali che dirigono le proteine al RE hanno delle sottoregioni comuni: una sottoregione n- terminale con amminoacidi basici una regione centrale con amminoacidi idrofobici e una regione terminale che sarà un segnale di taglio quindi ci sarà un enzima che taglierà il segnale dopo che ha svolto la sua funzione nel citoplasma esiste una particella di riconoscimento del segnale (SRP) che va a riconoscere e legare la sequenza segnale non appena fuoriesce dal ribosoma e fa da spola tra il citosol alle membrane del reticolo quando arriva al reticolo c’è un recettore specifico (recettore per SRP) presente sulle membrane del reticolo blocco al gruppo NH2 della catena laterale di una asparagina. Su un fosfolipide vengono montati 14 zuccheri (2 atomi di n-acetil-glucosammina + 9 mannosi + 3 glucosi terminali) grazie a degli enzimi, poi viene trasferito da una trasferasi a un gruppo amminico di una catena laterale di un amminoacido quindi la proteina è inizialmente glicosilata, questa catena di 14 zuccheri subisce un ulteriore rimaneggiamento in modo che 3 dei glucosi terminali e un mannosio vengono rimossi questo oligosaccaride viene aggiunto perché servirà per il controllo qualità e il coretto ripiegamento delle proteine gli oligosaccaridi sono utilizzati come etichette per indicare lo stato di ripiegamento delle proteine, proteine non correttamente ripiegate devono essere eliminate, proteina calcio dipendenti (chaperon) che contribuiscono al controllo di qualità le due più note sono: calnessina (associata alla membrana) e calreticulina (proteina solubile )che legano oligosaccaridi su proteine tradotte non completamente ripiegate e le trattengono nel RE ne impediscono un’aggregazione irreversibile riconoscono gli oligosaccaridi legati a N che hanno un solo glucosio terminale quindi intervengono dopo che due dei tre zuccheri sono stati rimossi. Proteina mal ripiegata si lega allo chaperon molecolare che prova a ripiegare in modo corretto la proteina poi la rilascia e questo rilascio avviene tramite la rimozione dell’ultimo glucosio ora la proteina ha due possibilità o è stata ben ripiegata e può lasciare il reticolo oppure se non è ben ripiegata viene riconosciuta da un sensore di ripiegamento che è una glicosiltransferasi essa aggiunge un glucosio in modo che venga riconosciuta la proteina dallo chaperon molecolare che prova a ripiegarla quindi queste proteine scorrette subiscono dei cicli di taglio e aggiunta di un glucosio e si vanno a legare con la calnessina fino al completo ripiegamento se la proteina non viene ripiegata in modo corretto la proteina esce dal reticolo e viene portata al proteosoma quindi il controllo di qualità avviene grazie agli chaperon molecolari che riconoscono degli zuccheri che vengono attaccati alla proteina nel corso della traduzione le proteine si muovono attraverso il sistema membranoso attraverso delle vescicole • via esocitica: perché alcuni dei componenti che viaggiano in questa direzione vengono esocitati all’esterno che comprende il reticolo il golgi dove il materiale che arriva viene ulteriormente modificato e smistato alla membrana e ai lisosomi • via endocitica: trasporto dall'esterno verso l’interno via esocitica (secretoria) trasporto vescicolare verso la membrana che può finire con l’esocitosi questo traffico è importante per la cellula: secernere, nutrirsi, rimodellare esocitosi: vescicola si fonde con la membrana plasmatica e il contenuto della vescicola va all’esterno via endocitica il contenuto da fuori viene internalizzato quindi la membrana si invagina e si forma una vescicola, la cellula la utilizza per internalizzare dei nutrienti entrambe le vie presentano anche delle vie di recupero ci sono delle vescicole che viaggiano verso la membrana alcune che tornano indietro e questo serve per ripristinare dei componenti di membrana che sono andati avanti e poi a volte ci sono dei componenti di compartimenti che vanno nel compartimento successivo ma devono tornare nel compartimento dove sono attivi e lavorano. trasporto tramite vescicole: da una membrana di un compartimento gemma una vescicola che si fonde con una membrana di un altro compartimento e sono chiamate vescicole di trasporto, queste vescicole si formano solo dove e quando servono quindi ci sarà un apparato molecolare che regola la formazione della vescicola e il suo trasporto al compartimento bersaglio specifico molti componenti sono necessari per la formazione di una vescicola 1) proteine di rivestimento: la membrana per ripiegarsi ha bisogno di un rivestimento che forza la membrana e la induce a curvarsi questo rivestimento è formato da proteine chiamate proteine di rivestimento ne sono stati identificati di più tipi specifiche per determinate membrane in determinati punti delle vie e concentrano e selezionano il carico da internalizzare. molte vescicole che viaggiano all’interno della cellula selezionano il carico da internalizzare. principali proteine di rivestimento: vescicole rivestite da clatrina, vescicole rivestite da COP (1 e 2) vescicole rivestite da clatrina: trasporto di molecole per endocitosi dalla membrana plasmatica, tra compartimenti endosomiali e golgi, nel golgi solo dal compartimento reticolo trans quando impacchettano gli enzimi che andranno a formare i lisosomi clatrina: formata da diverse catene proteiche (3 pesanti, 3 leggere) che si assemblano a formare una struttura a tre gambe chiamata trischelio che è l’unità strutturale della clatrina, questi trischeli si assemblano tra di loro a formare dei pentagoni e esagoni che formano un canestro che si attaccherà alla membrana e la distorce la clatrina non lega direttamente le membrane → la formazione di una vescicola di clatrina richiede l’azione sequenziale di molti fattori: inizia con le adaptine (o proteine adattatrici) che avranno dei siti di legame per la clatrina che selezionano il carico se è di membrana andranno a legare le proteine transmembrana oppure vanno a legare dei recettori di membrana che vanno a legare la proteina solubile da trasportare quindi questi adattatori mediano il legame della clatrina alla membrana e vanno a interagire con il carico da selezionare andando a riconoscere delle sequenze sulla proteina transmembrana o su dei recettori di membrana che legano il carico solubile da trasportare. 2 classi di proteine adattartici coinvolte nella formazione di vescicole rivestite da clatrina • adaptor proteins (AP) multimerici: ne sono noti 4 (1,2,3,4) che lavorano in sedi diverse i più noti sono AP1 media la formazione delle vescicole quando partono dal golgi e vanno agli endosomi oppure ai lisosomi e AP2 che controlla il traffico nel corso della endocitosi formati da 4 subunità: 1 piccola, 1 intermedia e 2 subunità più grandi che presentano due estensioni che si proiettano dalla struttura centrale vanno a interagire con particolari lipidi di membrana, legano dei segnali presenti sul carico da trasportare per internalizzarlo nella vescicola, vanno a legare la clatrina, e vanno a legare delle proteine accessorie per la formazione della vescicola AP2: quando non è impegnato ha una conformazione chiusa quando va a interagire con un fosfolipide di membrana subirà un cambiamento di conformazione e vengono esposti dei siti di legame che vanno a legare dei segnali per il carico da internalizzare ora viene reclutata la clatrina e si formerà la vescicola • adattatori monomerici altre proteine oltre alla clatrina: dinamina: quando la vescicola è formata si assemblano a formare delle spirali attorno al colletto della gemma appena formata e facilitano la strozzatura e il rilascio della vescicola per completare il distacco interviene anche l’assemblaggio di microfilamenti di actina vicino all’area dove si formerà la vescicola c’è un compartimento tra il reticolo e il golgi (ERGIC) è un insieme di vescicoli e tubuli ovvero che raccoglie le vescicole che gemmano dal reticolo e poi le porterà al golgi (primo compartimento: cis ) le vescicole sono rivestite da COP che sono complessi multiproteici cop1 → dai compartimenti del golgi e il trasportano all’indietro (retrogrado) dal compartimento intermedio cop2→ direzione reticolo golgi come avviene il reclutamento del rivestimento (clatrina o cop) intervengono delle proteine G monomeriche che lavorano nella membrana donatrice dove si deve formare la vescicola proteina che lega Gtp e si trova in una forma attiva e inattiva quando viene idrolizzato e quindi è legato Gdp viene regolata da fattori di scambio del nucleotide (gef) che quando la proteina si deve attivare facilitano lo scambio tra i nucleotide presente nella forma inattiva (gdp) e lo scambiano con gtp. appartengono alla superfamiglia delle ras perché è la prima proteina g monomerica che è stata identificata e sono collegate alla segnalazione cellulare proteine G monomeriche: 1. ras (segnalazione cellulare) 2. rho (citoscheletro di actina) 3. rab (traffico vescicolare ) 4. arf ( reclutamento del rivestimento) 5. ran (trasporto nucleo citoplasma) formazione di vescicola rivestita di cop 2 membrana del reticolo (membrana donatrice) in condizioni di riposo la proteina di reclutamento del rivestimento è in conformazione inattiva (solubile del citoplasma) perché ha legato una molecola di gdp deve essere attivata quindi nelle membrane del reticolo c’è un fattore gef che attiverà questa proteina G favorendo lo scambio del nucleotide c’è un cambiamento conformazionale la coda di acido grasso viene esposta per cui si inserisce nella membrana e lega i complessi proteici del rivestimento che vengono reclutati la membrana viene deformata e inizia a incurvarsi, poi una volta formata la vescicola il rivestimento si deve staccare la proteina g si inattiva (il suo gtp viene idrolizzato) e non rimane attaccata alla membrana diventando solubile nel citoplasma e di conseguenza si disassembla il rivestimento come sono guidate le vescicole di trasporto verso la loro membrana bersaglio specifica trasporto guidato da: 1. GTPasi di indirizzamento (RAB) dirigono le vescicole alla corretta membrana bersaglio, aiutano ad assicurare la specificità di attracco vescicola/membrana target, sono attivate sulle membrane e hanno anche un ruolo importante nell’agganciare le due membrane prima della fusione. 2. proteine snare che mediano il riconoscimento tra le due membrane e la fusione delle membrane. Fanno si che le due membrane rimangano a stretto contatto per facilitare la fusione delle due membrane. Hanno dei domini citosolici molto grandi con una conformazione che fa si che si formino degli agganci stretti che formano due complessi molto stabili che bloccano le due membrane. Coppie di proteine una sulla vescicola una sulla membrana target. Come fanno queste vescicole ad andare al posto giusto? Come fa la membrana della vescicola a fondersi con la membrana target? Interviene una famiglia di proteine G monomeriche che sono che va verso il Golgi passa attraverso un compartimento intermedio che è chiamato anche complesso vescicole-tubulari -> complesso membranoso che forma dei tubuli. Le vescicole quindi gemmano con un proprio rivestimento COP2 (rosso), si stacca dalla cisterna del reticolo, confluisce nel compartimento cis del Golgi. Tra destra e sinistra (nell’immagine) ci sono dei compartimenti intermedi che accolgono le vescicole derivanti dal reticolo. Le vescicole si spostano all’interno della cellula: • Ci sono delle vescicole con rivestimento rosso (COP2): che viaggiano dal reticolo al Golgi. • Ci sono delle vescicole con rivestimento azzurro (COP1): che rappresentano delle vie di recupero. Vie di recupero = si formano delle vescicole che gemmano dai compartimenti quando c’è la necessità di far ritornare, alla visciola/compatimento di derivazione, dei componenti. Che cosa verrà recuperato/viene fatto tornare indietro? O qualche proteina residente che svolge il suo ruolo nel reticolo oppure per riciclare dei componenti di membrana. Ad esempio anche recettori del carico, le SNARE vengono riciclate. La via di recupero viene effettuata anche a partire dai compartimenti intermedi oltre che a livello del Golgi. Il compartimento intermedio, se vengono riciclati dei componenti, cambia la propria composizione. Tutti i componenti di questa via (da reticolo al Golgi) subiscono dei processi di maturazione perché il contenuto delle vescicole cambia -> proprio per questa via di recupero. I rivestimenti di queste vescicole sono quindi diversi: COP1 e COP2. Ci sono quindi delle vescicole che vanno in avanti ma anche altre visciole che tornano indietro. Esistano un meccanismo mediato da segnale -> recupero delle proteine resistenti del reticolo. Ci sono dei marcatori/segnali composti da una sequenza di 4 amminoacidi. È chiamata sequenza KDEL (4 amminoacidi) e marca le proteine solubili del reticolo. A livello del RE sono presenti sia proteine solubili (gialle, da trasportare) che delle proteine rosa (residenti, che devono eventualmente essere riportate al reticolo). Traffico vescicolare: si formano delle vescicole riviste da COP2 a partire dal reticolo, vengono trasportate nel compartimento intermedio e poi vanno avanti nel Golgi. La proteina rosa, se arriva nel Golgi deve essere riportata indietro. Nelle membrane del compartimento intermedio e del Golgi ci sono recettori che vanno a riconoscere la sequenza di 4 amminoacidi (segnale di retenzione) delle proteine rosa e si legano ad esse. La sequenza KDEL quindi lega i recettori KDEL (nei gruppi vescicolari tubulari e Golgi). L’attacco a questi recettori fa si formi una vescicola rivestita da COP1 che verrà recuperata dal reticolo partendo dal compartimento intermedio o dal Golgi. Man mano che si procede lungo la via dal reticolo al Golgi, l’ambiente del lume acidifica gradualmente. L’ambiente più neutro del reticolo fa si che la proteina e il suo recettore si dissocino e che quindi essa venga rilasciata nel lume. Il recettore è un recettore di recupero che serve soltanto a livello del compartimento intermedio e nel Golgi -> si formeranno delle vescicole che trasportano i recettori dal reticolo in avanti (i recettori vengono cosi riciclati). La destinazione segnale viene indicata da delle sequenze che fanno si che quando una cellula funziona tutto ciò che viene sintetizzato non è sufficiente che venga soltanto modificato dopo la sua traduzione. Tutto deve essere presente nel posto giusto in cui lavorare. Il Golgi ha una struttura di cisterne impilate, ciascuna delle quali è diversa e contiene degli enzimi residenti diversi. Ogni cisterna ha quindi un corredo enzimatico diverso in modo da assicurare le modificazioni post traduzionali (iniziate nel reticolo) di molte proteine. È anche una sede di smistamento di ciò che arriva -> oltre a portare indietro le proteine residenti, devono essere trasportate le proteine nelle varie sedi a livello: dei lisosomi, della membrana, delle vescicole secretorie. Le due facce cis (di entrata) e trans (di uscita) terminano con delle strutture reticolare (reticolo cis-Golgi e reticolo trans-reticolo). La glicosidazione che è iniziata nel reticolo continua nel Golgi. Si formano degli oligosaccaridi complessi, vengono aggiunti dei gruppi solfato, tirosina, carboidrati, galattosio, acido sialico. Ogni cisterna ha degli enzimi diversi: enzimi che sono residenti. Ogni cisterna ha un proprio corredo enzimatico -> c’è una compartimentalizzazione dell’organulo che permette una ordinata maturazione verso una sola direzione (cis -> trans). Tutto ciò che transita viene maturato e trasportato. Oltre a maturare e a trasportare, il Golgi smista -> avviene nella faccia trans, dal reticolo trans- Golgi: - Lisosomi. - Membrana plasmatica. - Formeranno delle vescicole secretorie. Come vengono trasportate? Ci sono tanti modelli di trasporto, due modelli sono i principali. Entrambe i modelli possono esistere a seconda del tipo cellulare e a seconda di quello che deve essere trasportato. 1) Modello della maturazione delle cisterne: Secondo questo modello le cisterne del Golgi non sono dei compartimenti stabili, sono strutture dinamiche che si muovo. Esse migrano verso il lato trans e mentre migrano cambiano la composizione delle proteine/degli enzimi residenti interni. Una cisterna in maturazione verso il trans acquisisce delle proteine residenti specifiche e rimanda indietro, al compartimento prima, le proteine che erano presenti nel compartimento precedente. Si parte dal compartimento cis -> che si forma per fusione di complessi intermedi. Le nuove cisterne cis si formano dal compartimento intermedio (per arrivo di vescicole), esso matura in un compartimento mediale e poi trans. Man mano che matura esso invia nella direzione opposta gli enzimi residenti cambiati (della cisterna precedente alla maturazione). Il carico che è da trasportare si trova a livello del lume delle cisterne da trasportare. Dalle cisterne originano lateralmente delle vescicole (frecce azzurre) che riportano indietro. Quindi: mentre la cisterna cis matura e diventa mediale -> quando diventa mediale rimanda indietro, tramite vescicole, gli enzimi residenti della vescicola precedente ovvero la cisterna cis. Questo è un trasporto retrogrado (dal lato trans al cis). Nella facciata trans -> da qui gemmano delle vescicole che andranno verso diverse destinazioni. Ad esempio, questo modello è stato sostenuto nel trasporto da parte dei fibroblasti del pro collagene che è una molecola molto grande. All’interno delle vescicole che gemmano lateralmente ci sono anche un’altra serie di contenuti. In questa via ciò che torna indietro sono solo gli enzimi redenti delle visciole man mano che esse maturano. 2) Modello di trasporto vescicolare: le cisterne sono stabili, non si muovono. Ogni cisterna ha i propri enzimi e il carico viene trasportato tramite delle vescicolette. Quello che torna indietro solo ciò che costituisce la via di recupero. Le vescicolette gemmano da una cisterna e portano il carico a livello di quella successiva per la maturazione. La direzione è sempre da cis a trans. Esiste una via di recupero che va in direzione trans -> cis. IMP: in un modello (1) il carico viene trasportato nel lume delle cisterne (che maturano e si muovono), mentre nell’altro modello (2) il carico viene trasportato all’interno di vescicolette che si spostano da una cisterna all’altra -> le cisterne sono stabili, non si muove. Golgi: cis, mediale e trans. Nel compartimento trans avviene lo smistamento del materiale successivamente alla sua maturazione. Le proteine possono essere destinate, tramite un trasporto vescicolare: • Ai lisosomi. • Alla secrezione (= vanno verso la superficie cellulare/membrana e vengono esocitate all’esterno). La secrezione può essere di due tipi: - Secrezione costitutiva. - Secrezione regolata. Smistamento delle proteine ai lisosomi: avviene tramite segnale, un marcatore. Il marcatore è il mannosio-6-fosfato che viene aggiunto nel compartimento cis del Golgi dove ad un atomo di mannosio viene aggiunto in posizione 6 un fosfato. Il marcatore mannosio 6-fosfato è il marcatore che guiderà le glicoproteine che dovranno andare ai lisosomi. Le glicoproteine nel passaggio cis -> trans vengono maturate. A livello delle membrane del trans-Golgi ci sono dei recettori per il mannosio-6-fosfato. Quando arrivano nel trans-Golgi queste proteine, con il marcatore sulla superficie compatibile ad un recettore, vengono internalizzate in vescicole rivestite da clatrina e vengono trasportate all’endosoma tardivo. Andranno poi ai lisosomi. Nel compartimento endosomiale tardivo il pH interno è leggermente acido e provoca la dissociazione della glicoproteina con il suo recettore. Il fosfato in posizione 6 viene rimosso. Il recettore viene riciclato = quando arriva all’endosoma tardivo la glicoproteina si dissocia dal suo recettore, il quale viene internalizzato in una vescicola che gemma dal compartimento endosomiale tardivo per tornare indietro. Il recettore è arrivato a destinazione insieme alla proteina ma esso svolge una funzione in compatimenti precedenti -> deve quindi tornare indietro. Quindi: lo smistamento delle proteine ai lisosomi avviene tramite un marcatore che è il mannosio- 6-fosfato. Quando queste proteine arrivano al trans-Golgi ci sono dei recettori che legano queste proteine. viene gemmata una vescicola rivestita da clatrina che è diretta verso l’endosoma tardivo. A livello dell’endosoma tardivo avviene la dissociazione della proteina con il recettore. Il recettore viene riciclato tornando indietro. le frecce non tornano più indietro verso la via di recupero. L’endosoma tardivo deve digerire e si va a fondere (maturando ulteriormente) o con dei lisosomi a formare degli endolisosomi o con degli altri endolisosomi -> per avere all’interno tutti gli enzimi lisosomiali attivi per riuscire a digerire tutto il contenuto. Digerire = non significa che tutto deve essere eliminati, alcuni dei cataboliti vengono riutilizzati dalla cellula tornando nel citosol. Compartimento precoce: - Alla periferia. - È dove confluiscono le vescicole internalizzate. - Possono essere riciclati alcuni componenti o di membrana oppure internalizzati. Dopo il riciclo dei componenti -> maturazione nell’endosoma tardivo -> corpo multivescicolare -> endolisosoma o lisosoma. Endolisosoma e lisosoma + riciclo di componenti che possono essere utili alla cellula. Tutti questi compartimenti della via endocitica sono in comunicazione con il Golgi. Gli enzimi digestivi (idrolasi) presenti all’interno dei lisososmi possono funzionare solo a pH acido. Man mano che si procede verso la maturazione il pH scende, il pH più acido che si raggiunge è quello all’interno dei lisosomi. Nei lisosomi c’è un ottimale ambiente per l’attività degli enzimi. Da un pH neutro di partenza si arriva a pH acido. I corpi multivescicolari possono: - Evolvere in endosomi tardivi. - Migrare verso la membrana plasmatica (periferia della cellula) e fondersi con essa, liberando all’esterno le vescicole endo-luminari -> gli esosomi. Gli esosomi sono delle vescicole molto piccole o nanovescicole, di dimensioni variabili (tra il 40 e i 100nm di diametro). Vengono secrete all’esterno, nel sangue e in diversi fluidi biologici. Sono state viste sia in cellule di vertebrati che in invertebrati, sia in cellule patologiche che non. Possono essere rilasciate da diversi tipi cellulari: piastrine, linfociti, neuroni, cellule epiteliali. Possono essere coinvolti sia in processi fisiologici normali che patologici (come l’infiammazione, proliferazione). Sono utilizzate dal sistema immunitario, nelle funzioni nervose. Sono considerati dei mediatori di comunicazione fra cellule perché queste vescicolette vengono secrete all’esterno. Verranno trasportate a delle cellule target, sono dei trasportatori di informazioni biologiche. Trasportano dei pezzi di membrana, dei componenti biologici solubili. Gli esosomi è un modo particolare per le cellule di comunicare. Che cosa trasportano? Possono trasportare da una cellula all’altra dei lipidi e delle proteine di segnalazione, proteine regolarci, proteine enzimatiche, recettori di membrana, molecole HC (del sistema immunitario) e anche alcuni tipi di RNA -> messaggeri, microRNA che possono andare a regalare l’attività della cellula target. Sono quindi dei trasportatori di molecole biologicamente attive. Le cellule bersaglio possono essere vicine ma anche lontane. Più tipi di endocitosi, differiscono per: - Natura del carico. - Meccanismi di regolazione. - Dove va a finire il materiale che viene internalizzato. Due principali tipi di endocitosi: • Endocitosi propriamente detta o pinocitosi (= la cellula beve, internalizzazione di fluidi e macromolecole di diversa natura). Avviene in tutte le cellule ed è un processo altamente regolato. • Fagocitosi (= la cellula mangia. È l’importazione di materiale molto grande, particelle solide che possono essere cellule intere come batteri o parti di esse). Ovviamente quando viene internalizzato un batterio esso deve esse trasportato ai lisosomi dove verrà eliminato. La membrana plasmatica forma dei pseudopodi (espansioni) che internalizzano la particella all’interno di un fagosoma, che poi verrà portato ai lisosomi. Avviene solo in cellule specializzare -> i fagociti ma può essere utilizzata anche dai protozoi a scopo alimentare. Avviene solo in cellule socializzate perché il materiale da internalizzare deve essere riconosciuto in superficie. Gli pseudopodi sono sostenuti da una rete di actina che permettono l’internalizzazione, vanno ad avvolgere la particelle. Il fagosoma che si forma è grande (particella maggiore di 200nm). Principali tipi di Pinocitosi: Distinti anche dal diametro delle vescicole di internalizzaizone che si formano e che possono essere di diversa natura. 1. Macropinocitosi: vescicole grandi quanto quelle della fagocitosi. 2. Endocitosi mediata da recettori o da clatrina: l più nota, prima identificata. 3. Endocitosi mediata da caveolina. 4. Endocitosi non mediata clatrina o caveolina (altre). Tante vie diverse che formano diverse vescicole, di diversi diametri e con diversi rivestimenti. 1. Macropinocitosi: • È clatrina - indipendente. • Non è selettiva (non dipende da recettore). • Si formano delle grosse vescicole circondate da membrana che si chiamano dei macropinosomi che vengono internalizzate e vanno ai compartimenti endosomici. • Ci sono delle diverse tipologie di espansioni della superficie cellulare: la superficie può piegarsi e dare origine a delle pieghe, si possono formare delle espansioni laminari -> il risultato è quello della formazione di grossi macropinosomi sostenuti da actina. Che cosa hanno in comune la macropinocitosi e la fagocitosi? - La dimensione delle vescicole che formano. - L’attivazione transitoria delle protrusioni di membrana actina-dipendenti. Le strutture di forma diversa, a pieghe o lamellari (dovute dall’estensione della membrana), sono sostenute da actina. Che cosa hanno di diverso la macropinocitosi e la fagocitosi? - La fagocitosi è particella-dipendente. Non avviene in tutte le cellule, è specifica di alcuni tipi cellulari. - Nella macropinocitosi vengono internalizzate grosse quantità di fluidi insieme alla macromolecole. Avviene in tutte le cellule. 2. Endocitosi mediata da recettori o da clatrina (endocitosi classica): Vescicola rivestita da clatrina che, per attaccarsi ad essa, ha bisogno di complessi adattatori che possono essere di diversi tipi. I complessi adattatori legano il rivestimento alla membrana ma vanno anche a selezionare il carico da internalizzare. È quindi una endocitosi selettiva mediata da recettore. Interviene anche la dinamina (proteina a spirale che si assembla nel colletto) che serve per facilitare il distacco della vescicola. Esempio: L’endocitosi mediata da recettore per l’internalizzazione del colesterolo: Il colesterolo è una molecola idrofobica che viene trasporta nel sangue non come molecole libera ma impacchetta (sotto forma di esteri) in un grande complesso chiamata particella lipoproteica: LDL o HDL. Il colesterolo non viaggia libero nel sangue, deve essere impacchettato. Vengono impacchettai da una grossa molecola proteica (apolipoproteina) -> di colore verde nell’immagine. LDL -> particella a bassa densità. Il colesterolo viene internalizzato nelle cellule tramite una endocitosi mediata da recettore. Il recettore è quindi indispensabile per le cellule per internalizzare la particella lipoproteica contente il colesterolo. Identificazione del recettore mediante studi su pazienti affetti da ipercolesterolemia famigliare (alto tasso di colesterolo nel sangue): recettore per le LDL modificato -> il colesterolo non viene internalizzato ma rimane libero nel sangue. Il recettore per le LDL è trans membrana, ha un grosso dominio extracellulare e ha una codina corta a livello citoplasmatico. Nella coda citoplasmatica del recettore per le LDL ci sono 6 amminoacidi che definiscono il segnale di internalizzazione della particella, è quello che si andrà a legare ad AP2 (adattatore della clatrina alla membrana). La mutazione di uno solo dei 6 amminoacidi del recettore per LDL impedisce che questi recettori si concentrino in certe regioni della membrana chiamate fossette rivestite = impedimento dell’internalizzazione del colesterolo. Endocitosi mediata da clatrina -> la vescicola si forma per assemblaggio con clatrina. Endocitosi mediata da recettore -> ci vuole un recettore che concentri la macromolecola (nell’esempio, particella LDL) in particolari regioni chiamate fossette rivestite. La differenza di pH nel lume dell’endosoma precoce (in cui è arrivata l’LDL) fa si che avvenga la dissociazione del recettore. Il recettore (azzurro) viene riciclato. L’LDL arriva agli endosomi tardivi (passando per i corpi multivescicolari) -> arriva agli endolisosomi dove questa particella viene smontata e il colesterolo libero viene rilasciato a livello del citoplasma. Esso verrà poi utilizzato dalla cellula. L’endodoma precoce è quindi un compartimento di smistamento: viene smistato quello che va al lisosoma e quello che torna indietro. Il recettore nel caso delle LDL viene riciclato ma non è sempre cosi. A volte il recettore e la molecole segnale vengono entrambi riciclati oppure i recettori possono essere inviati ai lisosomi per essere degradati -> modo per sottoregolare la presenza di recettori alla membrana. A. Solo il recettore viene riciclato: LDL e recettore si dissociano, il recettore torna verso la membrana mentre le LDL vanno verso i lisosomi. B. Il recettore e il ligando vengono riciclati. Esempio del trasporto del ferro nelle cellule. Il ferro non viaggia libero ma viene trasportato tramite una proteina trasportatrice che si chiama trasferrina. Quando la cellula ha bisogno di ferro? Per internalizzare il ferro la cellula presenta un recettore sulla superficie che riconosce la trasferrina (non il ferro ma la proteina che lo trasporta). Il ferro viene rilasciato a livello dell’endosoma precoce, il recettore e il suo ligando (trasferrina) vengono invece entrambi riciclati -> tornano alla membrana. A livello della membrana l’ambiente extracellulare ha un pH diverso e quindi la proteina trasportatrice si distacca dal recettore. Saranno disponibili per fare un altro ciclo. C. Sia il ligando che il recettore vengono internalizzati e non viene riciclato niente -> vengono mandati ai lisosomi per la degradazione. QUINDI - il recettore: - Viene riciclato. - Viene degradato nei lisosomi. - Transcitosi. Altra modalità di trasferire i recettori. Transcitosi: è un meccanismo che avviene nelle cellule polarizzate (ad esempio le cellule epiteliali) e consente il trasferimento di recettori e di macromolecole legate attraverso dei foglietti epiteliali, da uno spazio Cosa viene degradato? Viene degradato a livello dei lisosomi di materiale di diversa presente nel citosol: proteine solubili, aggregati proteici, compartimenti cellulari o pezzi di essi, serve anche per eliminare organuli vecchi o danneggiati. È un processo fisiologico. Esempio: nel caso di mancanza di nutrienti -> alcuni materiali della cellula possono essere degradati nei lisososmi per ottenere materia prima. Riciclare materiale che deriva dalla degradazione per nuovi processi di sintesi in caso di carenza di elementi di base. Consente di eliminare ciò che lo stress può aver denneggiato: aggregati proteici citotossici, organuli che non funzionano bene. Va a eliminare ciò che potrebbe essere dannoso per la cellula. Molti processi possono non funzionare e determinare delle patologie perché il sistema di autofagia non funziona. Ci sono diversi tipi di autofagia che differiscono per quello che viene trasferito ai lisosomi (in seguito alla degradazione il materiale viene o riciclato oppure eliminato): 1) Macroautofaia: è una via autofagica non selettiva -> ciò che viene trasferito ai lisosomi potrebbero essere proteine, organuli, pezzi di organuli che non sono stati specificatamente selezionati. Questi componenti vengono sequestrati all’interno di una doppia membrana a forma di mezza luna che viene inviata ai lisosomi. Il grosso vacuolo a doppia membrana si chiama autofagosoma. Viene inglobato anche un pezzo di citosol oltre al materiale da degradare. 2) Microautofagia. 3) Autofagia mediata da chaperon molecolari. AUTOFAGIA Trasporto mediante complessi rivestisti da una DOPPIA MEMBRANA detti AUTOFAGOSOMI e diretti ai lisosomi. Fenomeno molto importante sia in condizioni normali che patologiche. La cellula fa pulizia di quello che non serve più. Ex: dopo digiuno prolungato si digeriscono proteine e amminoacidi. Nei lisosomi mediante autofagia giungono materiali intracellulari: • Proteine presenti nel citosol • Pezzi di compartimenti cellulari • Organuli È un meccanismo per svecchiare la cellula e consente in condizioni anomale di stress di eliminare rapidamente ciò che queste condizioni hanno creato: 1) Proteine mal ripiegate. 2) Organelli che non funzionano bene. Sono stati riconosciuti 3 TIPI diversi di autofagia: 1. MACRO-AUTFAGIA: forma di autofagia più semplice e più abbondante. Ciò che viene portato ai lisosomi è avvolto da una doppia membrana (formata dalla fusione di strutture vescicolari) e forma un AUTOFAGOSOMA. Questo viaggia nel compartimento fino a raggiungere il lisosoma dove viene degradato. È una Via autofagica non-selettiva. 2. MICRO-AUTOFAGIA: si distingue dalla precedente perché coinvolge direttamente la membrana del lisosoma. Questa si invagina e sequestra una porzione di citoplasma con pezzi di organuli, proteine, e si forma una vescicola che viene internalizzata nel lisosoma stesso e verrà digerita. 3. AUTOFAGIA MEDIATA DA CHAPERONE MOLECOLARI: è un tipo di autofagia SELETTIVA, viene selezionato quello che viene mandato ai lisosomi. È una degradazione di singole proteine che hanno segnali specifici che vengono riconosciuti da dei complessi molecolari ( CHAPERONES CITOSOLICI) che li indirizzano dal citoplasma al lume del lisosoma. A differenza dei metodi precedenti non si formato vacuoli nè con singola nè con doppia membrana, è un meccanismo di internalizzazione delle proteine diverso. Questo tipo di autofagia è usata dalla cellula per controllare la qualità delle proteine e degradare quelle non indispensabili, recuperando amminoacidi per nuovi processi biosintetici. Viene inoltre usato per eliminare proteine danneggiate da stress, o recuperare amminoacidi per nuovi processi sintetici in casi di prolungato digiuno. SEGNALE: è un PENTAPEPTIDE, sequenza precisa di 5 amminoacidi presente nella proteina che deve andare incontro all’ autofagia mediata da chaperone molecolari. CHAPERONE MOLECOLARE: Complesso multiproteico citosolico che riconosce questo segnale sulla proteina che deve andare al lisosoma. Il Segnale può essere INTERNO o TERMINALE. Tappe dell’autofagia mediata da chaperone molecolari: 1. Legame del complesso di proteine citosoliche chaperon al pentapeptide segnale della proteina. 2. Trasporto del complesso che si è formato al recettore specifico (proteina di membrana) presente nella membrana lisosomiale. 3. Quando arriva la proteina al lisosoma, e interagisce con il recettore sulla membrana, provoca un cambiamento conformazionale e diventa un COMPLESSO MULTIMERICO di recettori, così che si formi un CANALE interno al complesso che consenta la traslocazione della proteina all’interno del lisosoma portando alla sua digestione. Dentro al lisosoma c’è un'altra proteina chaperon lisosomiale che non appena la proteina sporge da questo canale la tira e la proteina risulta internalizzata nel lisosoma ed è pronta ad essere digerita. [unfolding della proteina e multimerizzazione del recettore] 4. Degradazione della proteina da PROTEASI LISOSOMIALI. Una volta che la proteina è entrata nel lisosoma il complesso si dissocia in modo da essere utile per ricominciare il ciclo. Ex: Questo tipo di fagia agisce spesso in concomitanza con la macro-autofagia. Nelle cellule in condizioni di carenza nutrizionale inizialmente viene attivata la macro-autofagia, degrada parti cellulari di dimensioni maggiori, poi si attiva l’ autofagia mediata da chaperone molecolari, con intervento più tardivo per evitare la digestione di componenti essenziali. IMPORTAZIONE DELLE PROTEINE NEI MITOCONDRI (dal citosol) La maggior parte delle proteine destinate ai diversi compartimenti mitocondriali vengono sintetizzate sui ribosomi liberi nel citosol, come precursori delle proteine mitocondriali. Le proteine neosintetizzate vengono poi importate nei compartimenti mitocondriali attraverso segnali che mediano lo spostamento. Solo una piccola parte di proteine mitocondriali viene sintetizzata nei mitocondri, nella matrice, infatti i mitocondri sono organuli semiautonomi con POLI-DNA, MITO-RIBOSOMI e tutto l’apparato che serve per sintetizzare proteine. Le proteine sintetizzate nel citosol vanno incontro ad una IMPORTAZIONE POST- TRADUZIONALE nel mitocondrio. (Differenza con le proteine sintetizzate sui ribosomi legati al RER che vengono importate nel reticolo co-tradizionalmente, sono proteine di secrezione). L’importazione avviene tramite SEQUENZE SEGANALE (1 o più di 1) aiutate da traslocatori di membrana ad importare proteine dal citosol a compartimenti mitocondriali. Le proteine avranno sequenze segnale di indirizzo ai mitocondri poi altre sequenze indicheranno quale compartimento è la destinazione finale. L’importazione nella matrice mitocondriale è la via di importazione più nota. Questa sequenza segnale di indirizzo al mitocondrio è N-TERMINALE ed è una PRE-SEQUENZA che poi viene rimossa dopo l’importazione. SEQUENZA DI LOCALIZZAZIONE N-TERMINALE: Non è una particolare sequenza di amminoacidi, ma una particolare configurazione della regione che è riconosciuta da recettori specifici sulla membrana esterna. È una pre-sequenza ripiegata a formare un’ELICA ANFIPATICA con i residui carichi positivamente su un lato dell’elica (lato idrofilico) ed i residui idrofobici privi di carica sul lato opposto. Il recettore che lo riconoscerà avrà una TASCA IDROFOBICA che accoglie la porzione idrofobica dell’elica. I traslocatori delle proteine sono complessi proteici MULTIMERICI, cioè formati da più proteine. Complessivamente le membrane mitocondriali presentano 5 traslocatori, 2 nella esterna e 3 nella interna. Membrana esterna: 1) COMPLESSO TOM (translocator outer membrane) è il traslocatore principale, serve per inserire proteine nella membrana mitocondriale esterna che andranno poi nella matrice o nella membrana interna. Trasporta proteine mitocondriali codificate dal dna nucleare. È un complesso formato da più sub-unità e presenta: • CANALE DI TRASLOCAZIONE: altri componenti proteici che si organizzano a formare veri e propri canali di traslocazione (parte gialla). • Una COMPONENTE RECETTORIALE riconosce e lega solo le proteine che devono andare al mitocondrio (parte azzurra), riconoscono la pre-sequenza presente sulle proteine che devono essere importate, le altre vengono ignorate. Un recettore presenta la tasca, l’altro presenta invece una SUPERFICIE ACIDA per interagire con le cariche positive della pre- sequenza, perché si abbia il legame della proteina e l’internalizzazione. Tom da solo è in grado di inserire nella membrana solo proteine MONOPASSO, quando devono essere inserita delle proteine con struttura a BARILE BETA (come le porine) è necessario l’intervento di un secondo traslocatore SAM. Dopo la traslocazione attraverso il complesso TOM le proteine nello spazio inter membrana si legano a CHAPERONINE molecolari perché è indispensabile che mantengano una struttura distesa per il passaggio dentro a pori, nonostante siano nell’ambiente acquoso e tendano ad assumere una conformazione tridimensionale. Il complesso SAM inserisce poi la catena polipeptidica non ripiegata nella membrana esterna e la aiuta a ripiegarsi a barile beta. 2) COMPLESSO SAM( macchinario di assemblaggio e selezione di proteine): serve a localizzare nella membrana esterna particolari tipi di proteine. Membrana interna: 1/2) DUE COMPLESSI TIM ( Translocator inner membrane): • Uno specializzato nella traslocazione di proteine multipasso, • L’altro specializzato nel trasporto di proteine nella membrana interna e matrice. Sono formati da più complessi proteici. 3) COMPLESSO OXA: media l’inserzione delle proteine sintetizzate nei mitocondri nella matrice nella membrana interna. Oppure aiuta ad inserire nella membrana interna alcune proteine arrivate con la traslocazione dei complessi principali. ❖ IMPORTAZIONE DI UNA PROTEINA DESTINATA ALLA MATRICE: • La proteina presenta una pre-sequenza (coda rossa) che prende contatto con la componente recettoriale del TOM. fasci anche nella regione apicale in modo parallelo alla superficie della membrana che terminano in corrispondenza delle giunzioni aderenti. Anche questi sono fasci contrattili perché si intercalano a molecole di miosina. → Cellule muscolari striate, la loro unità funzionale contrattile è il sarcomero dove i filamenti di actina non sono dinamici. È una struttura statica. Sono fasci che prendono contatto con molecole di miosina e diventano FIBRE CONTRATTILI. Questi fasci detti simil-muscolari sono presenti anche nelle cellule non muscolari e formano strutture transitorie dinamiche che funzionano in citodieresi. Si forma un anello di filamenti di actina a fasci con miosina che aiuta la strozzatura del citoplasma. → Fibroblasti in coltura: sono immersi in una matrice extracellulare, aderiscono ad un substrato e nel citoplasma contengono dei fasci di filamenti di actina chiamati FIBRE DA STRESS che decorrono lungo tutta la cellula e terminano in strutture di adesione a livello della membrana così che aderisca al substrato. Tengono la cellula tesa e aderente al substrato e contribuiscono a mantenere forma e adesione della cellula proteggendola da stress meccanici. →Cortex cellulare: strato di citoplasma sotto alla membrana plasmatica, ricco di una rete di actina. Controlla la forma della cellula e sarà coinvolto in tutti gli eventi che interessano la membrana. Quando la cellula cambia forma, quando diventa mobile o nella formazione e fusione di vescicole. Il cortex diventa dinamico quando una cellula diventa mobile. esempi di strutture DINAMICHE: Quando una cellula diventa migrante (quando la cellula riceverà uno stimolo e attiverà una segnalazione intracellulare per cui deve riorganizzare il citoscheletro e diventare mobile) nella direzione del movimento, cioè nella parte anteriore sviluppa espansioni mobili ricche di actina che sono di diverso tipo: • LAMELLIPODI: espansioni cellulari lamellari contenenti una ricca rete di filamenti di actina. • FILOPODI: strutture filiformi, prolungamenti rigidi e contenenti un fascio di filamenti di actina. • CONO DI CRESCITA DEI NEURONI quando si differenziano. In neurogenesi dal neurone si originano dei prolungamenti e l’assone si estende per contattare il partner sinaptico. All’estremità dell’assone in crescita c’è un cono ricco di actina dalla cui estremità escono lunghi filopodi per esplorare l’ambiente. STRUTTURA DELL’ ACTINA: È un’elica destrorsa elicoidale con diametro di 8/10 nm. La sub-unità monomerica è la G-ACTINA (globulare). Solo il 50% dell’actina cellulare è nel filamento il resto è sequestrata in un pool monomerico nel citoplasma per mantenere una riserva già pronta e consentire rapide riorganizzazioni. Ha una struttura BILOBATA, asimmetrica. Ogni monomero lega una molecola di atp/adp nella fessura tra idue lobi, l’atp è fondamentale per la polimerizzazione del filamento, infatti l’atp viene idrolizzato quando il monomero è già nel filamento, non per aggiungersi, ma successivamente. L’atp conferisce una conformazione tale da consentire l’aggregazione di un monomero con altri monomeri a formare il polimero. I monomeri si uniscono con interazioni testa → coda, tutti i monomeri saranno orientati in una uguale direzione. Dopo l’idrolisi è necessaria, per il comportamento dinamico del filamento di actina, una modifica conformazionale che diminuisce l’affinità di legame di due monomeri. Il polimero indebolisce la sua stabilità. L’elica ha una struttura polarizzata, i due terminali del filamento (terminale + e -) hanno differenze strutturali e funzionale, il + ha velocità di crescita maggiore rispetto all’altro e questo è fondamentale per la motilità cellulare associata a filamenti di actina e mediata da motori molecolari. La polarità è stata scoperta negli anni ’60 attraverso un esperimento cito-chimico. Sono stati isolati microfilamenti di actina e messi ad interagire con la testa della miosina. Formavano filamenti DECORATI A PUNTI DI FRECCE. Questa conformazione permette di identificare quale è il terminale + e quale il -. Per convenzione si considera il TERMINALE MENO quello verso cui sono rivolte le punte delle frecce (pointed end) e TERMINALE PIÙ l’estremità con le spine (barbed end). L’actina è una proteina altamente conservata e cpresente in tutti gli eucarioti, con anche sequenza di AA simili, ma ci sono diverse ISOFORME, geni multipli che codificano per molecole di actina. Le isoforme dell’actina sono 3 nei vertebrati: • ALPHA: presente solo celle cellule muscolari • BETA E GAMMA: coesistono con rapporti diversi nelle cellule non muscolari, spesso si localizzano in regioni diverse. La polimerizzazione dell’actina in vitro è stata studiata in provette al cui interno sono stati messi: monomeri ,atp, cationi mono e bi-valenti. Avviene in più tappe: 1. NUCLEAZIOE: aggregazione dei primi monomeri a formare il NUCLEO DI POLIMERIZZAZIONE al quale si aggiungono monomeri e il filamento si allunga. È la tappa più lenta e più sfavorita perché la prima aggregazione di due monomeri tende a dissociarsi, il primo nucleo stabile che consente l’allungamento è un TRIMERO. Si definisce FASE DI LATENZA il tempo richiesto per la nucleazione in cui non si osservano filamenti, ma si formano solo piccoli aggregati stabili. 2. ALLUNGAMENTO: aggiunta di monomeri ad entrambi gli estremi. 3. STATO STAZIONARIO: si ha quanto si raggiunge una determinata lunghezza, che dipende dalla concentrazione di monomeri inseriti in provetta. È uno stato altamente dinamico, è una fase di equilibrio in cui si osserva il fenomeno di TREADMILLING (o meccanismo a mulinello), non varia la lunghezza del filamento, ma c’è un fluire di monomeri dall’estremità + alla -. Polimerizzazione e de-polimerizzazione sono meccanismi dovuti all’idrolisi dell’atp legata ad ogni monomero del polimero. Quando il monomero è legato al polimero l’adp fa si che si abbia un cambio conformazionale e che diminuisca l’affinità tra monomeri adiacenti, nel centro del filamento non cambia nulla, invece all’estremità vengono persi monomeri. Solo negli anni ‘90 si scopre come si polimerizza l’actina in vivo: Sono stati identificati dei FATTORI MOLECOLARI che fanno quello che fa il trimero in vitro. Diverse sono le proteine che si possono legare all’actina monomerica o polimerica e che influenzano l’organizzazione spaziale (fasci/reti) e le proprietà dinamiche dei filamenti quando devono essere dinamici. Sono proteine dette ACTIN BINDING PROTEINS e svolgono diverse funzioni: • Regolano disponibilità monomeri, • Regolazione della nucleazione del filamento ex novo • Allungamento. • Depolimerizzazione. Queste proteine legano o i monomeri o il filamento in corrispondenza dei lati o dell’estremità. Le proteine che legano l’actina sono più di un centinaio e vengono raggruppate per funzionalità. • PROTEINE SEQUESTRANTI: Alcune proteine si associano a sequestrare monomeri, nelle cellule l’actina è per metà polimerizzata e l’altra metà è nel citoplasma in un pool inattivo. Questi monomeri inattivi sono legati a proteine sequestranti che li tengono in una condizione pronta a formare nuovi filamenti. Il monomero sequestrato avrà legato il nucleotide ADP, mantenuto in conformazione non idonea alla polimerizzazione. Ex: TIROSINA. • PROTEINE NUCLEANTI: scoperte più recentemente, sono responsabili della formazione ex-novo di un filamento. Controllano quando e dove un nuovo filamento si deve formare quando arriva un segnale alla cellula che informa della necessità di nuovi filamenti. Ex: COMPLESSO ARP2/3 (actin related proteins) formato da due proteine correlate all’actina che insieme ad altre proteine formano il complesso nucleare. Nuclea nuovi filamenti di actina formando delle reti. È un complesso multiproteico di circa 10 proteine, non è sempre attivo, si attiva quando è necessario creare dei filamenti di actina che formano reti cioè quando una cellula diventa mobile e forma un’espansione di membrana. Nuclea la crescita di filamenti di actina dal – al +, si lega al terminale – del filamento in formazione e lascia libera l’estremità + perché ha crescita veloce. È un complesso che lavora efficacemente quando si inserisce su un filamento pre-esistente e ne nuclea uno nuovo che forma un’angolazione di 70 gradi con il preesistente originando una RETE A FORMA DI ALBERO. (Il complesso nucleante è il verde). Ci sono poi delle proteine nucleanti della famiglia delle FORMINE che nucleano filamenti lineari che formano fasci, non sono ramificati. Sono proteine multi dominio, funzionano come dimeri (più molecole vanno a legarsi a delle subunità, nucleano filamenti lineari partire dall’estremità positiva e ci restano legate. Entrano in azione quando devono formarsi: filopodi, anello contrattile o fibre da stress. • PROTEINE POLIMERIZZANTI: favoriscono la polimerizzazione. Ex: PROFILINA. Hanno questo meccanismo d’azione: che formano una struttura tetramerica che si associa ad altre a formare una rete sotto la membrana che si collega alla membrana plasmaticastessa. La rete di tetrameri è organizzata da brevi filamenti di actina le cui lunghezze sono regolate da proteine cappuccio. → Il citoscheletro delle cellule muscolari è collegato alla matrice extracellulare (attraverso la membrana cellulare) tramite la DISTROFINA, una proteina fibrosa che lega l’actina ad un complesso glicoproteico trans-membrana che a sua volta si associa alla matrice extracellulare e irrobustisce questa fibra. Quando il gene per questa proteina è mutato si hanno diverse forme di malattia. → La maggior parte delle cellule, a differenza dello scheletro di membrana dei globuli rossi, hanno delle aree specializzate di membrana, dove arrivano i fasci di actina.Sono le fibre da stress che per tenere in tensione la cellula quando arrivano in periferia della cellula stessa (cioè alla membrana citoplasmatica) devono prendere contatto con il substrato. Ci sono organizzazioni multiproteiche dette STRUTTURE DI ADESIONE (o contatti focali) dove intervengono molecole di adesione (integrine) che insieme ad altre proteine ancorano il citoscheletro di actina alla matrice extracellulare. Nel microvillo i filamenti periferici del fascio sono ancorati alla membrana (dalle proteine verdi) che sono miosine di tipo I. Superfamiglia delle actine ARP-ACTIN RELATED PROTEINS: Sono altamente conservate, e sono localizzate o nel citoplasma dove funzionano: 1) Nell’attività del motore DINEINA (parte del complesso dinactina) 2) Nella polimerizzazione di filamenti ramificati di actina (Arp2/3) o nel nucleo dove funzionano: 1) Nel modelling della cromatina 2) Legano istoni ed eterocromatina. Il trasporto intracellulare: ->dipende da microtubuli e microfilamenti e motori associati ->processo essenziale per la sopravvivenza della cellula. I motori molecolari o proteine motrici mediano il trasporto intracellulare, la motilità intracellulare è mediata appunto da componenti citoscheletrici che sono i microfilamenti di actina e i microtubuli. I motori molecolari sono essenziali per la funzionalità della cellula per far muovere tutto ciò che deve muoversi all’interno della cellula. Motilità intracellulare mediata da microfilamenti di actina: • Contrazione molecolare: la contrazione è mediata da microfilamenti di actina e motori molecolari (miosine) associati all’actina; • Citocinesi • Traffico di vescicole • Movimento ameboide -> quando la cellula striscia sul substrato • Cambiamenti di forma della cellula MOTORI MOLECOLARI I motori molecolari noti sono di diversi tipi, il primo motore molecolare identificato è la MIOSINA, la miosina di tipo II è stata la prima ad essere identificata ed è presente nel muscolo scheletrico in alte concentrazioni; dopo questo hanno identificato altri motori. La classica miosina muscolare non è la sola miosina presente nelle cellule ma appartiene ad una grande superfamiglia che contiene più di 30 famiglie diverse di miosine. Motori molecolari: sono dei complessi proteici che si associano ad un filamento citoscheletrico e che mediano il trasporto intracellulare (vescicole, organelli, complessi proteici, mRNA), il trasporto avviene lungo dei binari, che sono gli elementi citoscheletrici, e con dei motorini molecolari che si attaccano ai binari e portano un carico che viene trasportato nelle varie regioni della cellula. Si attaccano ad un filamento polarizzato di citoscheletro (microfilamenti e microtubuli) ed utilizzano l’energia derivata dall’idrolisi dell’ATP per muoversi lungo di essi. Questi motori molecolari possono mediare: − Trasporto a lungo raggio: quindi possono effettuare degli spostamenti consistenti all’interno delle cellule, i motori molecolari di questo tipo sono associati ai microtubuli e appartengono a due grandi famiglie che sono le chinesine e le dineine. − Trasporto a breve raggio: in generale le miosine associate ai filamenti di actina mediano un trasporto a distanze più brevi. Questi tre motori molecolari (miosine, chinesine e dineine) differiscono per : 1. Tipo di filamento a cui si attaccano: filamenti di actina -> miosine, microtubuli -> chinesine e dineine; 2. Direzione: possono muovere il carico verso il terminale (+) o verso il terminale (-); 3. Carico a cui si legano e che trasportano. Il tipo di filamento e la direzione sono determinante dal dominio motore o testa; il tipo di carico legato dipende dalla coda. Alcuni motori possono trasportare organelli altri invece consentono la contrazione muscolare, il movimento di ciglia e flagelli, la contrazione dell’anello contrattile quando le cellule si dividono. Il motore molecolare in generale converte energia chimica (da ATP) in energia meccanica, generando forza e movimento. Serve un’attività ATPasica per consentire l’idrolisi dell’ATP e ricavare l’energia necessaria per il movimento. I motori molecolari non sono una sola molecola proteica ma sono dei complessi ad alto peso molecolare generalmente formati da più polipeptidi diversi assemblati. La regione di testa = dominio motore che permette il legame con il citoscheletro e con l’ATP con conseguente idrolisi (attività ATPasica). L’energia derivata dall’idrolisi è utilizzata per compiere un cambiamento conformazionale (alla base dell’evento motorio, per spostarsi verso l’estremità del filamento di actina o microtubulo). Un solo senso di moto, spostano il carico verso un’estremità del filamento polarizzato. I motori molecolari vanno in contro ad un ciclo meccanico che comporta delle interazioni cicliche (si attacca e si stacca) con il filamento di citoscheletrico correlati con dei cambiamenti conformazionali. Attacco al filamento -> cambio di conformazione -> si staccano dal filamento -> tornano a cambiare conformazione (tornano a quella originale) -> si riattaccano, il ciclo prosegue. Il ciclo meccanico è associato ad un ciclo chimico che fornisce l’energia per il movimento, questo ciclo comporta: legame di una molecola di ATP al motore -> idrolisi dell’ATP -> rilascio dei prodotti d’idrolisi dal motore -> legame di una nuova molecola di ATP, il ciclo si ripete. L’alternanza di questi cicli permette alla proteina motrice di spostarsi lungo un filamento trasportando un carico. MIOSINE È presente una superfamiglia di miosine questo vuol dire che sono presenti più famiglie di miosine (almeno 37) distinte dal punto di vista strutturale e funzionale. 37 famiglie sono quelle che sono state identificate, alcune sono state identificate solo nelle cellule vegetali, alcune solo nelle cellule di vertebrato, altre invece nella maggior parte degli eucarioti, quindi ci sono tante famiglie ma non sono sempre tutte presenti in un idividuo. In comune hanno il ciclo ATPasico e il movimento verso l’estremità (+) del filamento di actina con cui interagiscono; ad eccezione di due famiglie di miosine che si muovono verso l’estremità (-). Da un punto di vista funzionale: 1. Miosine che alimentano la contrazione di cellule muscolari e non (non tutte le miosine hanno attività contrattile) 2. Miosine che alimentano il trasporto di strutture membranose e vescicole 3. Miosine che svolgono ruoli fondamentali nella regolazione della forma e della polarità delle cellule 4. Miosine che partecipano alle vie di trasduzione del segnale e alla recezione degli stimoli sensoriali Struttura comune delle miosine: 3 domini fondamentali: 1. TESTA = dominio motore, ha dei siti di legame per l’actina e per l’ATP, contiene il sito di idrolisi dell’ATP; il dominio motore si muove verso l’estremità (+) del filamento; 2. COLLO può regolare l’attività motoria 3. CODA struttura allungata -> generalmente media le interazioni con il carico, diversifica le diverse classi di miosina, può essere più o meno lunga, può permettere la dimerizzazione. Ci sono delle miosine che sono dei monomeri e non dei dimeri, la regione della coda è molto variabile, però i domini motori sono molto simili. Diverse miosine hanno diversi rapporti di funzionamento = frazione della durata durante la quale la testa della miosina è attaccata ad un filamento di actina, dipende dall’alta o bassa affinità del motore per l’actina. Le miosine con elevati rapporti di funzionamento sono attaccate all’actina durante gran parte del loro ciclo. Possono funzionare in modo processivo (= effettuare diversi cicli sul filamento senza mai staccarsi) sono motori efficaci e possono camminare sul filamento. Le miosine con bassi rapporti di funzionamento sono staccate dall’actina per la maggior parte del loro ciclo. Esempio: miosina II è attaccata solo transitoriamente ai filamenti di actina, nella contrazione muscolare le molecole di miosina non lavorano da sole ma devono lavorare in associazione per avere un risultato efficiente. Le miosine sono divide anche in: − Miosine convenzionali -> sono le prime ad essere state identificate, sono le miosine che agiscono sulla contrazione muscolare, sono le miosine dette di tipo II − Miosine non convenzionali -> sono tutte le altre miosine, la prima di queste identificata è la miosina di tipo I chiamata così perché ha una sola testa a differenza della miosina II nota che ha due teste. MIOSINA II La prima miosina identificata è la miosina II a due teste, è presente nel muscolo, dove è più concentrata, ma anche nelle cellule non muscolari. Famiglia delle miosine II: 1. Miosine citoplasmatiche non muscolari: divisione cellulare, generazione di forze di tensione nelle adesioni focali 2. Miosine del muscolo cardiaco 3. Miosine del muscolo liscio Struttura della miosina II: è costituita da due catene pesanti identiche, le estremità N-terminali formano la regione globulare (testa, dominio motore); le code C-terminali formano un dominio coiled-coil e mediano la dimerizzazione; il collo funziona come leva essenziale per lo slittamento dei filamenti di actina. È costituita da 4 catene leggere (in regione di confine tra testa e coda): 2 essenziali (forniscono l’integrità strutturale al dominio motore) e 2 regolatorie dell’attività ATPasica. Le molecole di Miosina II si associano a formare filamenti bipolari; le code rivolte verso il centro del filamento, le teste globulari dirette verso l’estremità (sporgono all’esterno del filamento). L’apparato contrattile di un sarcomero: è unità contrattile del tessuto muscolare striato scheletrico; le teste della miosina legano l’actina formando ponti trasversali (fra filamenti spessi e sottili), l’orientamento di entrambi i filamenti si inverte alla linea M, la loro polarità relativa è la stessa su entrambi i lati del sarcomero. Contrazione = scorrimento dei filamenti di actina grazie all’attività delle teste della miosina. Anche nelle cellule non muscolari si formano dei complessi di actina/miosina II con un livello di organizzazione notevolmente inferiore a quella del muscolo, sono per lo più strutture transitorie che si formano in alcuni tipi cellulari e in alcuni momenti funzionali. È simile l’orientamento dei due componenti rispetto alle cellule muscolari, i due filamenti di actina sono antiparalleli e le molecole di miosina sono bipolari. I filamenti bipolari di miosina II producono contrazione facendo scivolare filamenti di actina in direzioni opposte. Localizzazione e ruolo nelle contrattilità non muscolare di isoforme della miosina II: Fibre da stress ci sono dei fasci contrattili di microfilamenti di actina che prendono contatto alla periferia con le strutture di adesione, la cellula aderisce sul substrato, danno un supporto meccanico alla cellula che riesce ad aderire alla matrice cellulare in cui è immersa tramite questi contatti focali. all’interno del quale ci sarà il solito fascio di filamenti di actina, queste stereociglia sono molto importanti nella funzione uditiva e devono essere mantenute grazie a delle molecole di miosina VII che vanno a tenere unite e ferme queste stereociglia. Le stereociglia sono unite da ponti laterali effettuati da miosina VII che mantiene questa struttura portane per la funzione uditiva. Mutazioni di 5 di queste causano sordità ereditaria. Non è la sola famiglia di miosine che sono state identificate alle quali è stato associato un ruolo di tipo sensoriale. MIGRAZIONE CELLULARE: movimento cellulare strisciante su un substrato solido − Movimento amebe − Migrazione cellule embrionali (morfogenesi) − Invasione di tessuti da parte dei macrofagi, neutrofili ai siti di infezione − Migrazione cellulare dei fibroblasti (riparazione ferite e rigenerazione) − Diffusione cellulare (metastasi) Questa migrazione cellulare è dovuta alle proprietà dinamiche del citoscheletro di actina. La cellula inizia a polarizzarsi ovvero comincia ad evidenziarsi nella cellula un polo di avanzamento, un polo in cui la cellula si muoverà, quindi cambia forma. Questa polarizzazione avviene tramite estensione del bordo che avanzerà sul substrato solido mediante l’emissione di una protrusione di forma lamellare chiamata lamellipodio; questa emissione è sostenuta da una fitta rete di actina. Il citoscheletro si orienta, polarizza la cellula in una direzione determinata dallo stimolo chemio tattico o dal segnale. A seconda del tipo cellulare il lamellipodio può avere sulla superficie delle strutture filamentose chiamate fillopodi, nei fillopodi sono presenti fasci di actina. Quando un neurone si sta sviluppando estende prolungamenti (assoni e dendriti) e l’assone si allunga finché non va a raggiungere il suo partner sinaptico con cui comunica tramite la sinapsi, questo allungamento dell’assone ha nel suo terminale una forma chiamata cono di crescita, all’interno del quale c’è una rete di actina. Quando si deve muovere questo cono di crescita generalmente si formano anche dei fillopodi che sono filamenti più sottili costituiti da un fascio di filamenti di actina. Migrazione cellulare: 1. Estensione del bordo avanzante e protrusione della membrana plasmatica (lamellipodio e/o fillopodi); 2. Adesione dinamica al substrato del bordo avanzante (con siti d ancoraggio temporanei) per consentire la trazione e migrazione in avanti della cellula; 3. Trazione e movimento della massa cellulare in avanti sopra i punti di ancoraggio; 4. Retrazione della parte posteriore della cellula (riorganizzazione adesioni); Per muoversi su questo substrato il lamellipodio dovrà creare una nuova adesione con il substrato quindi l’estensione e protrusione del lamellipodio è seguita da un’adesione dinamica, il lamellipodio si attacca al substrato per consentire il movimento in avanti della cellula, la cellula si è allungata. La cellula per andare avanti deve staccare la parte posteriore, il citoplasma deve fluire in avanti e attaccarsi più avanti, e così via quindi la cellula striscerà sul substrato. La massa cellulare si muove in avanti e la parte posteriore si è staccata e la cellula ha fatto un passo in avanti. I “piedini” sono i contatti di adesione focale ovvero quegli aggregati molecolari proteici formati da molecola di adesione, che sono quelle dell’adesione cellula-matrice, sono le integrine e formano queste strutture di contatto con cui la cellula aderisce al substrato. Questa estensione una volta formata sarà un’estensione dinamica che si forma e si disassembra. L’estensione del lamellipodio è dovuta alla ri-organizzazione dinamica del citoscheletro di actina, quindi la ri-organizzazione dell’actina grazie alla segnalazione nella cellula specifica fa si che la membrana plasmatica faccia una protrusione e si formi il lamellipodio. C’è una rete di actina che viene polimerizzata in modo continuo. Intervengono delle contrazioni di aree periferiche del citoplasma dovute a filamenti di actina associati a miosina di tipo II. La forza per l’espansione del margine guida è fornita dalla polimerizzazione continua di una rete di actina vicino al bordo avanzante. Al margine guida una rete di filamenti di actina è assemblata anteriormente sotto la membrana del bordo che avanza e disassemblata posteriormente così la rete può muoversi nel suo insieme in avanti per il movimento in avanti del lamellipodio. Polimerizzazione dell’actina con un meccanismo di nucleazione de novo di filamenti: 1990: sono stati individuati nelle cellule dei fattori che nucleano ex novo i filamenti di actina chiamati agenti nucleanti, si riusciva finalmente a spiegare come veniva superato dalle cellule lo step iniziale ovvero la nucleazione quindi l’inizio del nuovo filamento che era sfavorevole. Questi complessi sono quelli che sono stati chiamati Arp2/3, sono multi proteici (ci sono circa 10 proteine), questi complessi nucleanti sono considerati i principali responsabili della polimerizzazione dell’actina quando una cellula inizia a migrare. Ci sarà un fattore a monte che lo attiva che viene a sua volta attivato da un segnale, la cellula cambia la sua attività quando c’è una segnalazione. Una delle caratteristiche del complesso è che nuclea nuovi filamenti andandosi ad inserire sul filamento pre-esistente e nuclea un nuovo filamento con un’angolazione di circa 70° rispetto a quello che c’era già nella cellula, quindi eventi multipli di nucleazione formano una rete. Attua una polimerizzazione ex novo dell’actina verso il terminale + del filamento di actina e attua la produzione di corti filamenti di actina con un modello chiamato modello di nucleazione dendritica perché l’agente nucleante forma una rete quindi questi filamenti di actina sembrano formare una specie di albero. Componenti per formare una rete dinamica di filamenti di actina durante la formazione e movimento in avanti del lamellipodio: 1. Actina monometrica, nella cellula devono essere presenti dei monomeri già disponibili, però sono inattivi quindi quando non servono sono sequestrati da delle proteine sequestranti e hanno legato ADP; il monomero per polimerizzare deve avere una conformazione adatta e lo è solo se è lega ATP quindi ci sono delle proteine associate che favoriscono il cambio di ADT in ATP una di queste è la porfirina. 2. Complesso Arp2/3 (mima un terminale -) attivato nuclea l’actina alla membrana plasmatica 3. Fattore attivatore del complesso Arp2/3 4. Una capping protein (+), corti filamenti di actina per spingere la membrana in avanti 5. ADF (Actin Depolimerizing Factor) / cofilina Arp2/3 è attivato da NPFs (fattori che promuovono la nucleazione), questi fattori non sono sempre attivi nelle cellule e vengono attivati dalla segnalazione cellulare; il primo NPFs identificato è stato il WASP, se manca la proteina WASP i globuli bianchi non sono in grado di accorrere ai siti d’infezione perché questa proteina è difettosa. Quando il WASP è attivo è in conformazione distesa ed è in questa conformazione che riesce a legare ed attivare il complesso nucleante Arp2/3, in conformazione inattiva invece è ripiegato. Il WASP ha diversi domini: − Dominio GBD -> GTPase Binding Domain, lega una proteina G; quando il GTP legato viene idrolizzato ciclano in una conformazione inattiva quindi sono degli interruttori molecolari, la loro attività è regolata da fattori che stimolano lo scambio e fattori che stimolano l’attività enzimatica. Proteine G monometriche regolatori della organizzazione del citoscheletro di actina, sono una famiglia di proteine G che regolano la produzione di reti o fasci di actina; alcune di queste regolano la formazione del lamellipodio quando una cellula deve migrare. − Dominio che lega profilina -> per iniziare la nucleazione − Dominio C-terminale -> lega G-actina e Arp2/3 Il WASP in conformazione ripiegata non può legare Arp2/3. Ci sarà un segnale che ha attivato questa proteina G, ora il dominio che lega proteina G di WASP va a legare la proteina G insieme ad un fosfolipide di membrana che è PIP2. A questo punto WASP viene parzialmente aperta quindi parzialmente attivata, da una conformazione ripiegata comincia ad aprirsi ma non è ancora completamente distesa, perché deve andare a legare ancora un paio di molecole. WASP è completamene attivo quindi ha legato: la proteina G monometrica al dominio specifico, nella porzione più o meno centrale due monomeri di actina (questi monomeri di actina hanno legato ATP), in questo caso WASP è completamente attivo quindi nella regione terminale va a legare il complesso Arp2/3. Ora Arp2/3 è attiva e si andrà a legare sulla superficie laterale di un filamento pre-esistente, i due monomeri di actina che erano precedentemente legati a WASP ora rimangono attaccati ad Arp2/3 e in questo modo si forma il nucleo che comincia la nucleazione. Il filamento crescerà per aggiunta di nuovi monomeri a questi due attaccati ad Arp2/3 più o meno con un’inclinazione di 70°. Questo nuovo filamento consente la protrusione della membrana. Questa rete è dinamica, la depolimerizzazione della parte posteriore sarà dovuta ad idrolisi dell’ATP legato, l’affinità di legame che unisce i due monomeri adiacenti diminuisce quindi tendono a staccarsi, oltre all’idrolisi dell’ATP interviene anche un fattore depolimerizzante (palline rosse) che rende instabile un terminale di filamento di actina. Questa depolimerizzazione libera delle nuove subunità che vengono riciclate, i monomeri che si liberano vengono riportati nella regione anteriore dove c’è in corso la nuova polimerizzazione dell’actina, questa rete diventa dinamica e consentirà il movimento in avanti della cellula. Arp2/3 considerato, a lungo, il mediatore primario della polimerizzazione dell’actina nel lamellipodio; nel lamellipodio sono stati identificati altri nucleatori ed un gran numero di proteine associate all’actina che la stabilizzano quindi nel lamellipodio c’è la collaborazione di molti elementi proteici: collaborazione di fattori nucleanti e fattori di allungamento, cross-linking proteins per stabilizzare la rete di actina. Polimerizzazione dinamica dell’actina in rimodellamenti della membrana plasmatica funzioni cellulari del complesso Arp2/3 e NPF. Non solo quando la cellula si muove forma una protrusione ma anche quando si forma una vescicola endocitica, quando le cellule che fagocitano la formazione di pseudopodi e protrusione citoplasmatiche sono sostenute da actina, anche quando una vescicola sta per essere esocitata è sostenuta da una rete di actina. Famiglia di proteine G monomeriche regolano il citoscheletro di actina in risposta a segnalazione esterna: sono la famiglia di proteine Rho. Questa famiglia di proteine ha un ruolo in molte funzioni cellulari: regolano direttamente o indirettamente l’assemblaggio e il dis-assemblaggio del citoscheletro di actina. Queste proteine regolano: − Eventi di adesione (es: placche di adesione e giunzioni aderenti), tutte le strutture di adesione alla periferia − Traffico vescicolare − Cicli cellulare − Regolatori dell’espressione genica (attivando vie di segnalazione) Rho GTPasi regolano l’organizzazione dell’actina per formare fillopodi e lamellipodi. • quando una cellula si divide • quando i microtubuli si devono posizionare nella cellula nel corso del differenziamento • quando serve un ricambio dei microtubuli • movimenti cellulari non tutti i microtubuli di una cellula hanno la stessa stabilità dinamica dove si formano i microtubuli della cellula : in aree chiamate centri di organizzazione, il principale è il centrosoma chiamato cosi perché si trova più o meno al centro della cellula, ci sono dei complessi ad anello multiproteici che contengono una isoforma della tubulina che è la tubulina gamma. altri centri di organizzazione sono i poli del fuso mitotico o il corpuscolo basale centrosoma: contiene una matrice proteica fibrosa chiamato materiale pericentriolare perché circonda una coppia di centrioli, nella matrice ci sono dei complessi ad anello di gamma tubulina che sono loro che nucleano i microtubuli, il meno rimane nel complesso ad anello il + e il + si allunga dall’altra parte. Le molecole di gamma tubulina dell’anello sono associate ad altre proteine che collaborano alla nucleazione e fanno si che le molecole di gamma tubulina si organizzino a formare una struttura ad anello aperto (spirale) formato da 13 subunità di gamma tubulina. ci sono diversi modelli proposti per la nucleazione: modello dello stampo: i complessi ad anello vanno a reclutare dimeri di tubulina alfa e beta che hanno dei siti ad alta affinità quindi questo anello funziona da stampo per nucleare un microtubulo, le molecole di gamma tubulina ad anello vanno a legare tubulina alfa. il centrosoma è il centro di organizzazione principale dei microtubuli nella maggior parte delle cellule soprattutto in quelle in cui i microtubuli hanno una disposizione radiale all’interno del citoplasma ovvero irradiano dal centrosoma e vanno alla periferia ci sono delle eccezioni che sono le cellule altamente specializzate in cui i microtubuli hanno una disposizione più lineare ed è stato ipotizzato che esistano altri centri di organizzazione in queste cellule. MICROTUBULI Sono note delle proteine associate ai microtubuli chiamate MAP che comprendono tanti tipi diversi di proteine c he si associano ai microtubuli regolandone l’organizzazione spaziale e comportamento dinamico, o la stabilità. Principali funzioni: – STABILIZZANTI, sono la maggior parte, stabilizzano l’organizzazione del microtubulo – DESTABILIZZANTI: inducono le catastrofi tubulari, depolarizzano rendono instabile il microtubulo – MOTRICI: associate alla motilità dei microtubuli, sono gli analoghi delle miosine dell’actina. Le MAP possono legarsi in posizioni diverse: • Ai lati del microtubulo • All’estremità, sono strutture polarizzate (con estremità +/- estremità di crescita veloce o lenta) La maggior parte stabilizzano il microtubulo e minimizzano il comportamento dinamico dei microtubuli chiamato INSTABILITÀ DINAMICA. Le MAP meglio caratterizzate sono quelle isolate dal cervello in assoni o dendriti dove ci sono abbondanti microtubuli che sostengono strutturalmente i prolungamenti della cellula nervosa. Le MAP sono presenti in specifici tipi cellulari o in più tipi cellulari, hanno peso molecolare diverso, ad esempio sono più grandi quelle dei dendriti e meno quelle nell’assone sono piccole. Anche le funzioni sono differenti, come quella di stabilizzzare, favorire la polimerizzazione del micortubulo, fascicolare i micortubili , come nei prolungamenti. Alcune MAP si legano lateralmente alla superficie laterale del microtubulo distribuendosi regolarmente per la sua lunghezza e possono formare PONTI PROTEICI generando FASCI DI MICROTUBULI, come nei prolungamenti delle cellule nervose, che legano microtubuli tra loro o altre strutture formando legami crociati. I dimeri di tubulina alfa e beta sono quelli verdi, mentre la MAP delle cellule nervosa è quella viola che ha un dominio di legame che lega lateralmente la tubulina e uno che si estende al di fuori, è questa che consente la formazione di ponti e fasci proteici. Queste proteine laterali sono stabilizzanti. Ex: proteina TAU a basso peso molecolare che stabilizza il microtubulo e induce la fascicolazione nel core degli assoni. I microtubuli dell’assone devono essere stabili, nell’assone c’è il trasporto assonale, ci sono motori molecolari che consentono il movimento dal corpo cellulare alla estremità e viceversa. Sono state indentificate anche MAP nei dendriti che analogamente hanno un domino di legame per le subunità della tubulina e un dominio che forma un ponte proteico che si estende all’esterno, ma differiscono da quelle nel core degli assoni per la lunghezza di questo prolungamento che provoca una fascicolazione più lassa, i microtubuli sono più distanziati. Sono dette MAP2. Alcune MAP possono associare il microtubulo ad altri elementi citoscheletrici come microfilamenti e filamenti intermedi. Sono proteine quali la PLECTINA che contribuiscono a formare le RETI CITOSCHELETRICHE intracellulari. Alcune interagiscono con le estremità del microtubulo e regolano la dinamica e la stabilità dei microtubuli. Sono per lo più stabilizzanti: favoriscono la crescita, ma alcune sono destabilizzanti e vengono chiamate catastrofine. Le proteine +TIPS ( plus end tracking proteins) interagiscono con l’estremità +, sono stabilizzanti, proteggono l’estremità dall’ l’idrolisi della GTP perché quando idrolizza diventa instabile. Si associano all’estremità + di un microtubulo in allungamento. Le +TIPS interagiscono anche con altre proteine oltre che con i dimeri di tubulina. 1) Ancorano i microtubuli ai microfilamenti del cortex 2) Regolano la dinamica dei microtubuli 3) Regolano le proteine motrici Non tutte le MAP che si legano alle estremità sono stabilizzanti, ma ci sono anche le CATASTROFINE: MAP che si legano alle estremità del microtubulo destabilizzandolo, indeboliscono il legame tra i protofilamenti della parete del microtubulo che si incurvano e perdono subunità. Aumentano l’instabilità dinamica. Alcune catastrofine sono legate alla famiglia delle CHINESINE. Ci sono poi altre MAP destabilizzanti che legano sub unità libere, sequestrando i monomeri (dimeri alfa-beta). Modificano l’allungamento dei microtubuli. Ex: la STATMINA che si associa a due dimeri di tubulina che vengono sequestrati e non sono disponibili per essere aggiunti alle estremità del microtubulo. Se ci sono meno subunità libere la velocità di polimerizzazione cala e il microtubulo va in instabilità dinamica e l’idrolisi di GTP è più veloce dell’aggiunta dei monomeri e il microtubulo si accorcia. Questa proteina sequestrante può essere neutralizzata, ci sono chinasi che fosforilano questa proteina, in una forma fosforilata perde l’affinità di legame alle subunità di tubulina e aumenta il pool delle tubuline libere. Ci sono MAP che tagliano i microtubuli ex: KATANINA Hanno attività ATPasica e tagliano i microtubuli lungo la circonferenza utilizzando energia, sono enzimi. Nel corso del differenziamento di un neurone alcune di queste MAP collaborano insieme affinché si passi da un precursore indifferenziato ad un neurone, si parte da una forma tondeggiante con microtubuli disposti più o meno a raggera che irradiano dal centrosoma, poi si procede con il differenziamento e i microtubuli vengono tagliati e trasportatati nei prolungamenti in formazione fino alla completa maturazione. MAP MOTRICI: regolano la motilità associata a microtubuli. TRASPORTO ASSONALE in associazione con motori molecolari sui microtubuli, i microtubuli nell’assone non hanno polarità mista, ma sono tutti polarizzati per consentire movimento dei motori molecolari che sono unidirezionali. Consentono il trasporto di molecole di varia natura dal corpo cellulare alla periferia dell’assone e viceversa. I principali movimenti del trasporto intracellulare mediato da microtubuli sono: • Movimenti cellulari e motori dei microtubuli. • Trasporto intracellulare e posizionamento di vescicole, organuli, complessi proteici, mRNA. • Trasporto assonale • Movimento di ciglia e flagelli e movimento di cromosomi in mitosi e meiosi. Esistono due famiglie di proteine motrici associate ai microtubuli: CHINESINE e DINEINE. Queste famiglie si differenziano perché sono rivolte a due estremità diverse del microtubulo; le Chinesine si muovono verso il terminale più del microtubulo, le dineine verso il terminale meno. Il carico è associato al dominio di coda del motore. Le scarpette azzurre sono domini motori associati al microtubulo. Le proteine legano atp e hanno attività atp-asica, idrolizzano atp e l’energia liberata viene usata per cambiamenti conformazionale del dominio motorio. La maggior parte del trasporto avviene sui microtubuli per la loro localizzazione, sono nel citoplasma interno da quello che circonda il nucleo a quello alla periferia. La dineina assonemica è la stata la prima scoperta negli anni ’60 nell’assonema di ciglia e flagelli, ma per capire quale fosse il complesso molecolare che trasportava all’interno della cellula nell’altra direzione bisogna aspettare gli anni 80, quando la chinesina di tipo I è stata identificata in studi in assoni giganti di calamaro. Successivamente si è capito che quella delle chinesine è superfamiglia composta da più di 14 famiglie a loro volta distinte in base alla posizione del dominio motore, elemento comune a tutte queste famiglie. La coda, invece, è diversa, e trasporta carichi di tipo diverso. LA CHINESINA I o convenzionale) : è il più piccolo motore molecolare rispetto a miosine e dineine, è la prima che è stata scoperta. Struttura simile a quella della miosina, catene pesanti associate con catene leggere nella coda. Le pesanti formano dei domini globulari di testa che si associano a formare un dimero, la chinesina I è infatti una proteina dimerica. La coda può legare ciò che deve trasportare microfilamenti. Le chinesine non convenzionali agiscono principalmente alla periferia della cellula. Poi il cargo è trasferito alle miosine per raggiungere la membrana cellulare dove c’è una rete di filamenti di actina e dove il carico viene trasferito ai motori molecolari dell’actina stessa. Lo stesso vale per quando la vescicola va dalla periferia al centro dove intervengono miosina e complesso dineina-dinactina. Fuso → macchina citoscheletrica che muove i cromosomi. In interfase il centrosoma della cellula si duplica per formare i due poli del fuso mitotico e all’inizio della fase M i due centrosomi si separano e formano due aster che si allontanano e si forma un fuso bipolare con un aster ad ogni polo, formano i microtubuli del fuso. Si nucleano prima i microtubuli astrali poi man mano che si allontanano si allungano i microtubuli tra i due poli e si formano tutti e 3 i tipi di microtubuli del fuso mitotico: -ASTRALI: che irradiano dai poli (verdi) -DEL CINETOCORE: partono dal polo e si legano ai cinetocori dei cromosomi per spostarli (azzurri). -SOVRAPPOSTI o interpolari: partono dai poli arrivano al centro del fuso e si sovrappongono nell’area centrale (rosa). Lungo questi 3 tipi di microtubuli sono associati diversi tipi di motori molecolari che si muovono sul fuso interagendo con i cromosomi e muovendoli sulla piastra metafasica in metafase o separandoli in anafase. I motori molecolari possono associarsi con: 1) Microtubuli interpolari: muovendosi verso estremità – o estremità +. La chinesina5 può formare tetrameri, inserirsi al centro del fuso tra i microtubuli interpolari e causare uno scorrimento dei microtubuli per allontanare i poli quando i cromosomi verranno tirati in anafase. Generalmente il movimento avviene verso l’esterno, verso il terminale +, ma se è presente chinesina 14 c’è un’inversione del dominio motore, che è in posizione c-terminale e permette un movimento in direzione, verso l’ estremità -. Il centrosoma e poi il fuso hanno i terminali meno che sono inseriti nei poli dei centrosomi, mentre i terminali + sono rivolti verso il centro o la periferia. 2) Braccia dei cromosomi: li spingono allontanandoli dal polo, quando devono andare al centro del fuso. 3) Cinetocori: motori operanti ai cinetocori per l’accorciamento dei microtubuli del cinetocore, tirano i cromosomi figli al polo più vicino, cioè in periferia. 4) Microtubuli astrali: alla periferia, motori di dineina ancorano le estremità + dei microtubuli astrali alla corteccia cellulare allontanando i poli. 5) Membrana plasmatica o cortex: aiutano ad allontanare i poli in anafase per allontanare i cromosomi. 6) I microtubuli sono in stretta correlazione con il meccanismo di segnalazione cellulare, collaborano per: a) Organizzazione spaziale dei componenti delle vie di trasduzione b) Effettori di vie di segnalazione attivate regolando le proprietà dinamiche, organizzazione interna, orientamento. FILAMENTI INTERMEDI Il nome deriva dal fatto che hanno un diametro intermedio rispetto agli altri due componenti del citoscheletro, è di circa 10 nm. Contribuiscono a formare le reti citoscheletriche. Sono stati identificati nei tessuti in cui sono più abbondanti cioè nelle cellule epiteliali e nei neuroni, che hanno dei particolari filamenti intermedi diversi: le cellule epiteliali hanno i filamenti di cheratina e i neuroni hanno i neurofilamenti. Presentano della importanti differenze con gli altri due componenti citoscheletriche: 1. Sono POLIMERI non di proteine globulari (come la g-actina), ma di PROTEINE FIBROSE ALLUNGATE. Sembrano corde intrecciate. 2. Non si trovano in tutte le cellule eucariotiche, come l’actina e i microtubuli, ex: funghi e piante non li hanno. 3. Gli altri componenti sono fatti di una sola proteina, actina o tubulina, i i filamenti intermedi sono costituiti da più di 50 proteine differenti fibrose con una organizzazione strutturale comune. 4. I microfilamenti sono utili alla cellula per formate il citoscheletro, ma sono anche la componente primaria che fornisce la stabilità meccanica alle cellule e ai tessuti animali influendo sul sostegno strutturale di citoplasma e nucleo. Sono il componente del citoscheletro più stabile e compatto e con maggiore resistenza chimica dei microtubuli e microfilamenti. Sono insolubili in condizioni che solubilizzano microfilamenti e microtubuli. Resistono anche alla torsione, al ripiegamento, e alla trazione. I monomeri: 5. Non legano un nucleotide, non mostrano un comportamento dinamico associato. La g- actina, invece, lega una molecola di atp, per conferire al monomero una conformazione tale a formare il polimero, idem la tubulina che lega il GTP. 6. Non hanno attività enzimatica nota, non legano un nucleotide e quindi non hanno necessità di idrolizzarlo e quindi non necessitano di attività enzimatica. 7. Sono strutture apolari non hanno estremità + e – (le subunità sono simmetriche), non hanno motori molecolari associati perché questi, avendo un movimento direzionale, si attaccano a filamenti polarizzati. 8. Non sono coinvolti direttamente nei movimenti cellulari, indirettamente si. 9. Hanno poche proteine associate come le actin-binding-proteins o le MAP. 10. Nei microfilamenti e nei microtubuli esiste nella cellula un pool di monomeri liberi, invece nei filamenti intermedi la maggior parte dei monomeri sono presenti in forma polimerizzata, solo poche subunità sono libere. Anche se i filamenti intermedi sono la componente più stabile del citoscheletro, in alcune condizioni e attività cellulari devono avere proprietà dinamiche, ad esempio quando una cellula si divide, si muove o si riorganizza. L’esempio più noto è la dinamicità dei filamenti intermedi della lamina nucleare posta sotto alla membrana nucleare interna che determina la forma del nucleo. In mitosi quando scompare, si disassembla e questo avviene grazie alla fosforilazione delle proteine che la costituiscono, verrà poi riorganizzata al termine della mitosi, quando si riforma la membrana nucleare. II filamenti intermedi sono le carte di identità citoscheletriche delle cellule dei tessuti, svolgono funzioni specializzate isto-specifiche. Le proteine dei filamenti intermedi hanno una struttura simile. Sono proteine fibrose, hanno un lungo DOMINIO CENTRALE a bastoncello conservato con 4 SEGMENTI AD ALFA ELICA separati da REGIONI LINKER e presentano DOMINI GLOBULARI C ed N terminali. Il dominio più conservato comune a tutte le proteine dei filamenti intermedi è il dominio centrale, le regioni più variabili sono i domini terminali. I domini globulari sono diversi per dimensioni (peso molecolare) e sequenze di aminoacidi. Le proteine dei neurofilamenti hanno un dominio C- terminale più lungo delle altre proteine. MODELLO DI ASSEMBLAGGIO DEI FILAMENTI INTERMEDI: L’unità strutturale del filamento è un dimero formato per interazione laterale delle regioni centrali di due molecole proteiche parallele (si avvolgono in una spirale) sono monomeri con lo stesso orientamento → polari. L’assemblaggio successivo non è completamente noto. I due dimeri si associano a formare tetrameri che si uniscono in modo ANTI-PARALLELO perché hanno un orientamento invertito e si associano in modo leggermente SFALSATO. Il tetramero ha i terminali uguali, da qui la natura polare del filamento risultante. 8 tetrameri (16 dimeri) si associano lateralmente a formare brevi filamenti e poi vengono aggiunti tetrameri all’estremità del filamento in crescita formando un filamento che si compatta in un filamento intermedio maturo di 10 nm. I domini globulari rimangono alla superficie del filamento intermedio e saranno responsabili di alcune proprietà di questi filamenti. All’interno del filamento si formano numerose interazioni laterali che determinano la formazione di un filamento molto resistente alle forze di compressione e ripiegamento. Questa resistenza è in parte dovuta anche allo sfasamento di assemblaggio. Esistono 5/6 tipi diversi di filamenti intermedi, specifici per cellule e tessuti, sono presenti in diverse fasi di differenziamento dello sviluppo. 4 filamenti intermedi sono di tipo citoplasmatico e 1 di tipo nucleare, che formano la lamina nucleare. Le proteine che si associano possono appartenere allo stesso gruppo o a gruppi diversi, essere quindi OMOPOLIMERI, POLIMERI MISTI o ETEROPOLIMERI. • TIPO 1 E TIPO 2: è una classe a cui appartengono le proteine chiamate CHERATINE. Le 1 sono dette ACIDE, le 2 BASICHE. In ciascun gruppo ce ne sono più di 20, ma sono tutte localizzate nei filamenti intermedi delle cellule epiteliali. Danno resistenza meccanica. Tanti tipi di cheratine per tanti epiteli diversi. In un mammifero le cheratine 1 e 2 costituiscono la maggior parte dei filamenti intermedi che sono formati da entrambe le tipologie, ecco perché sono detti ETEROPOLIMERI OBBLIGATI di proteine di tipo I e II. La diversa combinazione di cheratine di tipo 1 e 2 è l’espressione dello lo stato di differenziamento o proliferazione delle cellule epiteliali. Si distinguono cheratine DURE presenti in epiteli che vanno a formare strutture dure come capelli o unghie e cheratine MOLLI o citocheratine che sono abbondandoti nel citoplasma delle cellule epiteliali in epiteli semplici e pluristratificati che rivestono superfici esterne o interne del corpo. Le cheratine si distinguono anche a seconda dell’epitelio in cui sono presenti: ➢ SEMPLICI: sono le meno specializzate le prime che compaiono nello sviluppo, nelle celle epiteliali nel corso dello sviluppo embrionale sono presenti già allo stadio di 8 cellule, sono espresse anche nelle cellule embrionale e negli epiteli degli adulti di tipo semplice ex: Ghiandolare o intestinale. ➢ DI BARRIERA: si trovano negli epiteli pluristratificati, ➢ STRUTTURALI: solo in strutture più dure e specializzate come capelli, formano reti che sopravvivono dopo la morte delle cellule, come negli stadi superficiali della pelle. Le cheratine irrobustiscono le celle epiteliali perché prendono contatto con strutture di adesione che sono i DESMOSOMI e gli EMIDESMOSOMI strutture che ancorano lo strato basale dell’epitelio alla membrana basale. Sono i filamenti di cheratina che prendono contatto con queste strutture di ancoraggio ancorando cellule vicine tra loro o con la membrana basale. Questa organizzazione massimizza il sostegno fornito dai filamenti di cheratina. • TIPO 3: I filamenti di sono tipo sono 5, ci appartengono proteine come: - VIMENTINA: nei fibroblasti e cellule endoteliali - DESMINA: filamento intermedio delle cellule muscolari, contribuiscono al mantenimento della struttura della cellula muscolare, del sarcomero, utile alla contrazione. Nella cellula scheletrica muscolare questi filamenti avvolgono le miofibrille a livello dei dischi Z, allineano ai microfilamenti di actina e miosina con il sarcomero e prendono contatto anche con altri componenti della cellula come il nucleo, che rimane periferico. e la membrana plasmatica. • TIPO 4: sono i neurofilamenti delle cellule nervose, sono solo nei neuroni, consentono l’organizzazione dell’assone. 3 sono le proteine che costituiscono questi filamenti intermedi e sono proteine chiamate NF- (L-M-H) che indica tre proteine di diverso peso molecolare L=low, M=medium e H=high. Sono eteropolimeri obbligati, tutte e 3 le proteine s associano tra loro, ma le “L” stanno al centro del neurofilamento. Sono abbondanti negli assoni di grandi dimensioni. I neurofilamenti hanno proteine con domini C-terminali molto lunghi, soprattutto le proteine che stanno alla periferia del filamento hanno domini terminali che sporgono alla superficie del neurofilamento e possono legare filamenti vicini all’interno dell’assone determinando la spaziatura uniforme trai neurofilamenti e determinano indirettamente il calibro dell’assone. I filamenti intermedi interagiscono con i microtubuli ed i filamenti di actina subcorticali mediante PROTEINE LINKER fornendo stabilità. • TIPO 5: sono i filamenti intermedi presenti nel nucleo, sono le lamine nucleari le proteine utili per la struttura e l’organizzazione nucleare. • TIPO 6: è detto GRUPPO ORFANO perché ha poco in comunque con le altre proteine dei filamenti intermedi. Sono due proteine fibrose: FACHININA e FILESINA, che stanno insieme e sono presenti in unica sede nel cristallino dell’occhio dove consentono trasparenza e plasticità. • Al distroglicano (DCG - complesso glicoproteico responsabile dell’integrità strutturale delle fibre muscolari, è un complesso trans membrana). • Ai mitocondri. • Al sistema di membrana nucleare esterna/RE (nucleo) -> il nucleo nelle cellule muscolari è presente alla periferia, al di sotto della membrana plasmatica. Se non ci sono queste proteine? I filamenti intermedi di desmina consentono di mantenere l’organizzazione precisa del sarcomero, essi però devono essere anche ancorati alle varie strutture della fibra stessa (dischi Z, distroglicano, mitocondri, nucleo). Mutazione del gene per la plectina nelle cellule muscolari: i filamenti intermedi di desmina si disorganizzano, si staccano da dischi Z, distroglicano, mitocondri e nucleo. Si ha la perdita dell’integrità strutturale delle fibre -> si formano degli aggregati che provocano la morte di esse. La contrazione delle fibre funziona perché c’è integrità strutturale e perché ci sono tutti i componenti che permettono di mantenerla. Se viene a mancare qualche componente del linker strutturale, ovviamente diminuisce la resa o addirittura si disassembla la struttura. Nel sarcomero rimane però l’organizzazione dei filamenti di actina e di miosina perché ci sono altre proteine che consentono ciò. È importante che questi filamenti (di actina e miosina) rimangano collegati fra di loro. Altro esempio - ci sono tante proteine (particolarmente abbondanti a livello degli epiteli e dei muscoli in quanto essi sono i tessuti che sono principalmente esposti a stress meccanici): Desmoplachina -> lega i filamenti intermedi di cheratina alle caderine desmodomiali (molecole di adesione del desmosoma). Formano un link strutturale fra i filamenti intermedi ed il complesso giunzionale. La desmoplachina ha domini di legame solo per i filamenti intermedi, altre proteine possono invece legare anche tutti e tre o due tipi di filamenti del citoscheletro. Quindi esempio di differenza: • Plectina e altre -> lega i filamenti intermedi ad elementi di adesione dei emidesmosomi. • Desmoplachina -> lega i filamenti intermedi ad elementi di adesione dei desmosomi. ADESIONE CELLULARE (ultimo argomento del corso) Le cellule devono interagire con altre cellule oppure con la matrice extracellulare per svolgere le proprie attività. L’adesione cellulare è un’attività che le cellule hanno fin da subito, a partire dallo sviluppo -> le cellule devono sapere con chi interagire. Le cellule, già a partire dallo sviluppo si riconoscono ed interagiscono. L’adesione cellulare è un processo altamente selettivo che consente alle cellule di aderire tra di loro o con la matrice cellulare in modo appropriato. Permette alle cellule di comunicare fra di loro e con l’ambiente. Adesione = può essere più o meno forte a seconda del momento funzionale o del tipo di cellula. L’adesione diventa più robusta e più forte se prende contatto con il citoscheletro, in modo da formare un link strutturale continuo fra le cellule e con la matrice all’interno dei tessuti. Il link strutturale consente alle cellule di irrigidirsi e di essere resistenti. L’adesione cellulare è responsabile della segregazione e dell’organizzazione dei tessuti, sia nel corso dello sviluppo e che nell’organismo adulto. Adesione cellulare premette alle cellule di comunicare tra loro o con il loro ambiente: • Di aderire e di interconnettere i citoscheletri di cellule adiacenti per conferire rigidità e resistenza ai tessuti. • Orchestra l’assemblaggio delle cellule durante l’organizzazione dei tessuti. I meccanismi di adesione cellulare sono multipli e si instaurano precocemente nel corso dello sviluppo. Inizialmente, nel corso dello sviluppo, le cellule aderiscono fra di loro poi queste adesioni possono essere riorganizzate. Quando le cellule si differenziano nei tessuti, questi meccanismi adesivi diventano invece definitivi. Anche nell’adulto però i meccanismi di adesione possono essere transitori o dinamici. Meccanismi adesivi si instaurano precocemente nel corso dello sviluppo embrionale -> nel corso della segmentazione, a partire dallo stadio di 8 cellule (quindi subito). Le 8 cellule si compattano perché mettono sulla superficie delle molecole di adesione per cui le cellule vicine aumentano i contatti adesivi tra di loro e da rotonde diventano polarizzate. I punti di contatto aumentano. Quando non funziona il gene di una di queste molecole di adesione, l’embrione va incontro a morte -> quando le cellule non riescono a compattarsi. Nel corso dello sviluppo, fino ad arrivare ai tessuti adulti, questa adesione cellulare è strettamente associata alla motilità. L’adesione cellulare e la motilità cellulare si combinano in diversi processi morfogenetici. Soprattutto a livello della gastrulazione le cellule si muovo per andare a trovare le loro posizioni successive. Quando la cellula migrante ha raggiunto la sua destinazione, deve riconoscere altre cellule del tipo appropriato e unirsi a loro per assemblarsi in un tessuto. Nel corso della loro migrazione le cellule, si riconoscono, si aggregano e si differenziano. Le proprietà di riconoscimento e di adesione fra cellule, che inizia nel corso dello sviluppo embrionale, sono dovute ad una grande famiglia di proteine della superficie cellulare che sono chiamate molecole di adesione (genericamente). Le molecole dell’adesione cellulare sono collegate alle vie di segnalazione intracellulare, possono trasmettere segnali all’interno della cellula e ricevere segnali. Nell’adesione vengono coinvolti anche elementi del citoscheletro ma il meccanismo di adesione fra cellule in passato era considerato come un meccanismo meccanico. Ora sta emergendo che il fenomeno dell’adesione cellulare non è solo un fatto meccanico di adesione fra cellule ma che l’adesione cellulare è collegato al sistema di segnalazione. Tutto è collegato -> varie vie di segnalazione viaggiano all’interno della cellula con recettori sulla superficie, ligandi. L’adesione cellulare è il risultato della cooperazione di molteplici eventi di legame fra diverse molecole di adesione ed i loro ligandi specifici. Le molecole coinvolte nell’adesione sono in grado di trasmettere segnali all’interno della cellula o di ricevere segnali dall’interno della cellula. Quindi la comunicazione cellula-cellula e cellula-ambiente è mediata dalle molecole di adesione presenti sulla superficie e dai sistemi di segnalazione che viaggiano all’interno della cellula. Spesso le cellule interagiscono nei tessuti grazie alla interazione di molteplici eventi di adesioni che possono essere mediate da molecole di adesione diverse. Molecole di adesione diverse che andranno a legare ligandi che possono essere diversi. Gli eventi adesivi possono essere stabili o transitori. Una volta che le cellule hanno formato delle adesioni, non è detto che rimangano sempre quelle. Sono stabili nei tessuti adulti altamente differenziati. Inoltre questi meccanismi di adesione possono essere forti o deboli. Esempio: le interazioni tra le cellule muscolari cardiache o le cellule epiteliali sono forti e stabili. Altro esempio: gli eventi adesivi che permettono ai leucociti di muoversi attraverso la parete dei vasi sanguigni sono inizialmente deboli e transitori. Gli eventi adesivi sono quindi più o meno stabili e più o meno forti. Schema di tipo generale: le molecole di adesione sono sulla superficie, prendono contatto con il citoscheletro per irrobustire l’adesione stessa e il legame presenta sempre delle proteine di collegamento più o meno numerose e diverse (l’adesione non è mai diretta). Immagine con cellula 1 e cellula 2 -> le molecole di adesione sono molecole transmembrana (quelle verdi). Ognuna delle due cellule presenta una molecola di adesione. Il filamento azzurro è il filamento citoscheletrico. Ci sono anche delle proteine intra cellulari che funzionano da link strutturali/da collegamento fra la molecola di adesione e il filamento citoscheletrico (questo collegamento non è diretto). Le cellule possono avere sulla superficie delle molecole di adesione ma possono non formare delle strutture altamente orientate come le giunzioni. Queste molecole di adesione possono essere responsabili di meccanismi di adesione abbastanza semplici oppure, interagendo con altre molecole, possono andare a formare delle vere e proprie giunzioni. Riassumendo => proteine adattatrici intracellulari collegano le molecole di adesione ed il citoscheletro: -> Semplice adesione cellula-cellula (meccanismi di adesione non giunzionali). -> Formazione di giunzioni mature (raggruppamenti di molecole di adesione). • Giunzione stretta o occludente: sigilla gli spazi tra le cellule epiteliali. • Giunzione aderente: collega il fascio di filamenti di actina di una cellula a quello della cellula successiva. • Desmosoma: collega il fascio di filamenti intermedi di una cellula con quello della cellula successiva. • Giunzioni gap: permette il passaggio di piccole molecole solubili in acqua da cellula a cellula. • Emidesmosomi: ancora i filamenti intermedi della cellula alla matrice extracellulare. • Giunzione cellula-matrice legata all’actina: ancora i filamenti di actina della cellula alla matrice extracellulare. Inoltre: - Giunzione stretta -> giunzione stretta. - Giunzione aderente e desmosoma -> giunzioni di ancoraggio cellula-cellula. - Giunzione gap -> giunzione che forma un canale. - Giunzione cellula-matrice legata all’actina e emidesmosoma -> giunzioni di ancoraggio cellula- matrice. Le membrane laterali di due cellule adiacenti interagiscono/si connettono con giunzioni localizzate in diverse regioni sulla superficie. Quelle più apicali si chiamano giunzioni strette; esse hanno la funzione di sigillare lo spazio fra le due cellule vicine -> esse non consentono il passaggio di nulla fra i due ambienti cellulari ma il trasporto deve avvenire tramite trasportatori sulla membrana. Ci sono anche due tipi di giunzioni di ancoraggio cellula-cellula: - Di tipo aderente: in cui ci sono delle placchette che prendono contatto con le proteine di collegamento e a sua volta con il citoscheletro. - Desmosomi: strutture derivate dall’organizzazione di molteplici proteine che formano una struttura ordinata. Ci sono delle molecole di adesione coinvolte che si concentrano a livello dell’adesione e sono collegate con il citoscheletro tramite proteine di collegamento. Le proteine di collegamento legano le molecole di adesione con i filamenti citoscheletrici. Ovviamente le molecole di adesione coinvolte non sono le stesse nelle varie giunzioni. Altre giunzioni -> collegamento della superficie basale della cellula epiteliale con la membrana basale tramite giunzioni chiamate emidesmosomi. “Gli emidesmosomi sono come un mezzo desmosoma”. La struttura è simile, sono sempre coinvolti i filamenti intermedi di cheratina e delle proteine di collegamento della placca con molecole di adesione. Le molecole di adesione degli emidesmosomi saranno diverse da quelle dei desmosomi in quanto esse sono delle molecole di adesione cellula-matrice. Le giunzioni quindi possono essere di diversa natura ed interagire con molecole di adesione diverse. Come interagiscono le molecole di adesione? Le molecole di adesione agiscono, in caso di interazione di tipo trans, tramite interazione o legame omofilico -> fra molecole uguali. Interazione in cis -> entrambe le molecole sono sulla superficie della stessa cellula. Interazione in trans -> una molecola sulla superficie di una cellula e l’altra molecola sulla superficie della cellula vicina. • Interazione o legame omofilica: tra molecole di adesione uguali. consentiranno alla cellula di appiattirsi e di passare attraverso le cellule dell’endotelio del vaso per poi fuoriuscire ed andare verso l’organo/tessuto bersaglio. Le cellule devono aderire fortemente ma in modo dinamico. Quindi: adesione debole -> adesione forte -> appiattimento del leucocita -> extravasazione. Ovviamente, durante questa fuoriuscita del globulo bianco dal circolo, si riorganizzano le strutture di adesione. Anche le cellule endoteliali hanno delle strutture di adesione che dovranno essere rimodellate -> diventeranno anche esse dinamiche per consentire il passaggio del globulo bianco. Agiscono quindi: 1) Selectina che va a legare le glicoproteine. 2) Integrina che va a legare una CAM, una molecola di adesione della super famiglia delle immunoglobuline. Il globulo bianco passerà quindi da rotondeggiante a piatto. Questo è un esempio in cui le adesioni passano da deboli e transitorie a forti e stabili. Slide => Extravasazione leucocitaria: mediata da selettine e integrine. La cattura ed il rotolamento del leucocita sulla parete del vaso non mediati da selettina. Questa adesione leucocita/endotelio rallenta il leucocita all’interno dei vasi, il contatto con la parete del vado è breve e transitorio, adesione discontinua. I leucociti ricevono segnali dai tessuti danneggiati o infiammati e da cellule endoteliali locali che agiscono da chemioattraenti. ADESIONE CELLULA-MATRICE Le molecole di adesione cellula-matrice sono principalmente le integrine. Integrine, caratteristiche: sono presenti su molti tipi cellulari, interazione eterofilica, possono formare delle giunzioni, interagiscono o con filamenti di actina o filamenti intermedi -> ci saranno delle proteine di collegamento. Sono dipendenti da cationi bivalenti. Le giunzioni che possono formare sono i emidesmosomi oppure adesioni focali. Riassumendo: Le molecole di adesione sono delle proteine sulla superficie, possono mediare l’adesione cellula- cellula o cellula-matrice, possono mediare un legame omofilico o eterofilico, possono mediare interazioni stabili e durature oppure deboli e transitorie, possono raggruppassi a formare delle strutture più complesse chiamate giunzioni, interagiscono con gli elementi del citoscheletro (filamenti di actina o intermedi a seconda del tipo di cellula) tramite proteine di collegamento (non direttamente). La principale super famiglia di molecole di adesione cellula-cellula sono le caderine -> ci sono circa 200 caderine diverse nei mammiferi. Il gruppo principale di caderine sono chiamate caderine classiche. Il secondo gruppo principale invece sono le caderine desmosomiali. Ci sono però anche altre caderine che hanno delle strutture molto strane con dei domini aggiuntivi, le cui funzioni sono in parte note. Nonostante queste strutture siano un pò diverse nel grande gruppo delle caderine, esse hanno tutte in comune (oltre al fatto di essere delle proteine trans membrana) i domini extracellulari. Caderine classiche: Sono le più numerose e note. Si trovano generalmente sulla superficie delle cellule di forma dimerica. Lavorano in aggregati; maggiormente sono aggregati più la forza di adesione aumenta. La forza di adesione è regolata perché in certi momenti l’adesione può diventare dinamica. L’adesione è regolata da dei segnali che viaggiano all’interno. Ca -> calcio dipendenti, caderine mediano processi di adesione interagiscono con altre proteine. Struttura di tutte le caderine classiche => hanno domini extracellulari sono a loro volta caratterizzati da 5 domini che si ripetono chiamati domini EC (EC1, EC2 … EC5 dall’esterno all’interno). EC = extracellular cadherin domain. Tutte hanno anche un dominio intracellulare/citoplasmatico che è altamente conservato e che ha dei domini di legame specifici per un gruppo di proteine di collegamento con il citoscheletro. Queste proteine di collegamento appartengono alla famiglia delle catenine. La beta-catenina è una proteine multifunzionale che è anche implicata nei meccanismi di adesione. Il tipo di legame è omofilico, esse interagiscono con l’actina. Queste caderine classiche sono di diversi tipi, sono identificate con una lettera che indica dove sono state identificate. La caderina più diffusa è la E-caderina. Essa è localizzata principalmente negli epiteli, si aggrega nelle giunzioni aderenti ed è la prima molecola di adesione che compare nello sviluppo. Quindi allo stadio di poche cellule nello sviluppo, questi tipi di caderine sono le prime molecole di adesione che vengono espresse. Sono importanti nel corso della formazione e del mantenimento degli epiteli. I fasci di actina che decorrono sulla superficie apicale di una cellula continuano con quelli della cellula vicina grazie a questo meccanismo di adesione mediato dalle caderine (giunzione di tipo aderente). Queste giunzioni aderenti, oltre che nelle cellule epiteliali, sono presenti anche in altri tipi cellulari. Esempi di giunzioni aderenti: nella sinapsi, nei dischi intercalari. Le caderine presenti a livello delle sinapsi nervose saranno di tipo N-caderine. Le giunzioni aderenti tra cellule sono: stabili negli epiteli maturi, invece dinamiche nelle transizioni epitelio/mesenchima, durante i processi morfogenetici. Quindi nelle giunzioni aderenti, stabili nei tessuti maturi, si concentrano le caderine classiche. Queste giunzioni sono stabili ma possono anche diventare dinamiche, possono essere rimodellate quando una cellula cambia forma e/o funzione -> quando ad esempio una cellula passa da epiteliale a mesenchimale. Ci sono tanti tipi di caderine classiche: • N-caderina: nei neuroni, nel cuore, nel muscolo. • P-caderina: nella placenta, epidermide, epitelio mammario. Adesione della caderina classica -> il calcio è dispensabile per stabilizzare la conformazione del dominio extracellulare in modo da favorire l’interazione ed il legame omofilico (ovvero con una molecola uguale sulla cellula adiacente). In assenza di Calcio il dominio extracellulare è ripiegato, non ha una struttura rigida. Quando si associano gli ioni Calcio nella ragione fra un dominio e l’altro (in ogni dominio extracellulare si associano 3 ioni Calcio) la porzione extracellulare del dominio si irrigidisce, si stabilizza e cambia di conformazione. Filamento di actina -> deve andare ad interagire con la coda citoplasmatica della caderina tramite delle proteine di collegamento che sono le catenine (sono 3: una che si associa nel dominio intracellulare vicino alla membrana plasmatica, una di collegamento - beta e una si collega all’actina - alfa). La regione citoplasmatica delle caderine classiche interagisce con i filamenti di actina via catenine, catenina α recluta altre proteine per un legame dinamico ai filamenti di actina. Ruolo delle caderine: 1) Importanti nei processi morfogenetici quando le cellule si devono riconoscere, devono aderire e devono separarsi. Gruppi di cellule uguali si riconoscono ed aderiscono. Vengono ignorate le cellule che non sono simili a loro. Esempio di intervento precoce durante la morfogenesi: le caderine di tipo E che vengono portate sulla superficie cellulare quando l’embrione di mammifero si compatta allo stadio di 8 cellule. Altro esempio: durante l’espressione delle molecole di adesione cellulare, durante la formazione del tubo neurale, gruppi di cellule si separano in base alle caderine che esprimono. Quando avviene la separazione di cellule che prima erano tutte con le stesse molecole di adesione (caderine di tipo E - epiteliali) -> nel corso della morfogenesi neurale verranno riorganizzate le molecole di adesione: quelle che diventeranno ectoderma continueranno ad esprimere caderine di tipo E mentre quelle che andranno a formare la placca neurale andranno ad esprimere altre tipi di caderine (ad esempio quelle di tipo N). Quindi le cellule si separano e formano due cose diverse => nello specifico: tubo neurale (tessuto nervoso) e ectoderma (che diventerà epidermide). Altro caso si verifica durante la segregazione ovvero la separazione di gruppi diversi di cellule. Nel corso dello sviluppo embrionale del cervello alcune regioni specifiche hanno cellule diverse da altre regioni. 2) L’adesione è collegata anche al sistema generale di segnalazione cellulare: i siti di adesione mediati da questi tipi di proteine di collegamento (catenine) possono essere delle aree non solo che ricevono dei segnali ma che anche li trasmettono. Beta-catenina -> quando ad esempio viene sintetizzata e non è implicata nelle adesioni, essa deve essere portata alla degradazione nei proteosomi. Se invece c’è la segnalazione mediata dalle proteine Wnt, la proteina che si accumula nel citoplasma, va nel nucleo e andrà a regolare dei geni specifici. Quindi le giunzioni mediate dalle caderine sono delle aree che possono ricevere ed inviare dei segnali. 3) Omeostasi: mantenere integrità e stabilità nei tessuti. Principali gruppi di caderine nei vertebrati -> sono divise in due gruppi tipo 1 e 2. Le più diffuse sono quelle di tipo 1: Hanno 5 domini EC nella regione extra cellulare. Di questi 5 domini, quello più distale dalla membrana plasmatica (chiamato EC1) presenta delle regioni altamente conservate che si mantengono in tutte le caderine. Queste regioni, che sono conservate, sono quelle che sono alla base del riconoscimento ed adesione primaria mediata. Sono le responsabili dell’interazione omofilica tipica delle caderine. Nella regione terminale (EC1) c’è una molecola terminale di triptofano sempre nella stessa posizione e sempre presente. C’è un residuo di triptofano che forma quello che si chiama braccio di adesione. Di conservato c’è anche una taschina idrofobica chiamata tasca accettice nella quale si andrà ad inserire la catena laterale apolare del triptofano. Già si evince che alla base dell’interazione adesiva di queste caderine ci sarà questa molecola di triptofano che si andrà ad inserire nella tasca idrofobica di una molecola presente sulla cellula vicina. Quindi: le caderine classiche di vertebrato di tipo 1 presentano alla estremità terminale, nel dominio EC1, un residuo di triptofano che forma il braccio di adesione e una tasca accettrice. Oltre al triptofano molto terminale c’è anche una sequenza assai conservata di tre amminoacidi sempre presente (chiamata sequenza HAV). Questa sequenza amminoacidica fa parte della sequenza che interviene nel riconoscimento di una caderina uguale sulla cellula vicina ed è anche parte di quella tasca idrofobica. Questa sequenza è essenziale, insieme al triptofano, per mediare l’adesione mediata da queste caderine. Sperimentalmente è stato visto che la mutazione puntiforme di uno solo dei tre amminoacidi di questa sequenza fa si che le cellule non aderiscano più. Ricapitolando: Caderine di tipo 1: dominio EC1 N-term è conservato ha un ruolo primario nel riconoscimento in EC1 cosa c’è di conservato? • Una molecola di triptofano sempre presente nella stessa posizione che forma il braccio di adesione. • Una tasca idrofobica chiamata tasca accettrice nella quale si andrà ad inserire la catena laterale del triptofano. • Sequenza di 3 amminoacidi (sequenza HAV) parte della sequenza di riconoscimento e della tasca idrofobica. Anche se non sono completamente noti i meccanismi delle modalità di adesione, che cosa è emerso dagli studi strutturali degli ultimi anni? Studi effettuati sull’interazione primaria iniziale mediata da caderine. Emerge che l’EC1 è indispensabile. Il triptofano per riuscire ad aderire deve essere presente in conformazione attiva: forma open o aperta in cui il braccio di adesione (in cui c’è la molecola di triptofano) è dissociato, proiettato all’esterno rispetto al resto del dominio EC1. Quindi è in una conformazione che è disponibile (aperta) per andare ad interagire con lo stesso dominio della caderina con cui interagisce in modo omofilico. Ovviamente esso è presente sulla superficie della cellula adiacente. Il braccio di adesione in conformazione open (ovvero che si proietta al di fuori del dominio) si va ad inserire nella tasca idrofobica presente sempre nel dominio EC1 ma della caderina in trans ovvero sulla superficie della cellula adiacente/aderente. Quando i dominio EC1 all’estremità N-terminale, il braccio di adesione di una caderina si va ad inserire nella tasca idrofobica della caderina adiacente e viceversa => i domini terminali di due caderine adiacenti si scambiano. Questa è l’interazione iniziale e poi successivamente interverranno altri tipi di interazioni per stabilizzare la struttura. Ricapitolando: queste caderine di tipo 1 per aderire devono essere in una conformazione attiva in cui sono state dimostrate esserci forme aperte. Quando le conformazioni sono aperte significa che una caderina è in grado di legarsi ad un’altra caderina tramite lo scambio dei domini N-terminali. Le caderine desmosomiali sono simili, sono due e sono transmembrana. Le placche rosse dell’immagine sono le placche dense dei desmosomi, sono dei concentrati di proteine di collegamento fra il citoscheletro (desmosomi e filamenti di cheratina) e la molecola di adesione. Le caderine desmosomiali attraversano la membrana, prendono contatto con le proteine della placca e tra queste c’è anche la desmoplachina che fa parte delle plachine tirosine. Si vengono a creare dei domini di legame molto particolari per proteine di segnalazione intracellulari che riconoscono fosfotirosine (sui recettori tirosina-chinasi). Questa chinasi viene reclutata ed attivata in caso di adesione. Che cosa viene reclutato? L’eterodimero lega le proteine della matrice extracellulare, il citoscheletro di actina (indirettamente tramite proteine di collegamento) e recluta la chinasi delle adesioni focali. La chinasi delle adesioni focali va cosi a reclutare un’altra tirosin-chinasi per cui si vengono a creare delle fosfotirosine che vanno a richiamare Ras: è la proteina G monomerica che da il via alla cascata MAP chinasica. Ras viene attivata tramite un fattore GEF. Ricorda che le proteine G monomeriche e trimeriche sono degli interruttori molecolari che hanno una conformazione inattiva quando legano GDP mentre quando il GDP diventa GTP diventano attivi. Quindi Ras verrà attivata da un fattore GEF che, tramite un adattatore, ha domini per fosfotirosine ed essi si andranno quindi a legare in modo assolutamente analogo a quanto abbiamo visto per i recettori tirosina-chinasi. GEF ha un dominio di legame per fosfotirosine e quindi attiverà la via delle MAP chinasi. Ras attivata da GEF va ad attivare la prima chinasi di una sequenza. L’ultima chinasi della catena andrà a regolare la fosforilazione di proteine intracellulari o l’attività di regolatori della trascrizione. Quindi: l’attivazione di queste integrine e la loro adesione può attivare delle vie di segnalazione che andranno ad agire in modo sinergico con delle vie di segnalazione attivate nella cellula da recettori classici presenti sulla membrana. Queste integrine non hanno attività enzimatica come i recettori tirosina-chinasi ma quando aderiscono vanno a reclutare alla coda citoplasmatica degli enzimi. Le cellule epiteliali coinvolte nell’adesione cellula-cellula hanno le caderine come molecole di adesione mentre quelle coinvolte nell’adesione cellula-matrice hanno le integrine come molecole di adesione. Nel corso dello sviluppo, quando le cellule da epiteliali diventano cellule mesenchimali, hanno integrine o caderine come molecole di adesione? Ad esempio o nella gastrulazione del riccio di mare o nella gastrulazione degli amnioti le cellule si trasformano da epiteliali a mesenchimali => questa è quella che è chiamata transizione epitelio-derma. Viene cambiata la forma e la funzione delle cellule. Caratteristiche generali che distinguono le cellule epiteliali dalle cellule mesenchimali: • Cellule epiteliali: polarizzate (poggiano su una membrana basale), giunzioni cellula-cellula, cito- cheratine (presentano dei filamenti intermedi solo di cheratina), associate a lamina basale, non mobili in normali condizioni. • Cellule mesenchimali: non formano strati organizzati, non polarizzate, contatti focali con substrato, non associata membrana basale, vimentina (hanno delle proteine diverse nei filamenti intermedi che legano), possono essere mobili. Le giunzioni tipiche delle cellule epiteliali si dissolvono gradualmente, il citoscheletro si riarrangia, le cellule mesenchimali cominciano a sintetizzare matrice extracellulare e avviene il cambiamento delle molecole di adesione da caderine a integrine. Può succede anche che una cellula mesenchimale debba diventare una cellula epiteliale. Altro esempio di giunzioni presenti fra cellule epiteliali adiacenti. Giunzioni strette: Sono giunzioni presenti tra cellule epiteliali che precisamente stanno sopra a quelle aderenti (di adesione). Sigillano gli spazi tra due cellule, impediscono il passaggio di acqua e soluti tra le due cellule. Sono delle vere e proprie barriere che impediscono la libera diffusione e favoriscono la polarizzazione delle cellule. Ha una membrana laterale e delle membrane base-laterali che hanno caratteristiche molecolari diverse. Le giunzioni strette si formano perché verso le superficie apicale si formano delle reti di filamenti sigillanti formati da file di proteine (molecole di adesione trans membrana) che sono presenti sulle membrane delle cellule a contatto e i domini extracellulari si uniscono a chiudere completamente gli spazi fra le due membrane. Queste giunzioni strette quindi sono fatte da reti sigillanti formate da molecole di adesione trans membrana particolari che si fondono quando vengono a contatto in modo da chiudere completamente lo spazio. Sono state identificate delle proteine trans membrana di adesione che vanno a formare questi filamenti. Queste proteine attraversano la membrana più volte, generalmente entrambi i terminali della proteina sono rivolti verso l’interno della cellula. Le porzioni ad ansa nell’ambiente extracellulare sono quelle che ovviamente si vanno ad unire a quelle della membrana addicente. Due famiglie di queste tante molecole di adesione sono chiamate occludine e claudine -> sono in collegamento con il citoscheletro tramite proteine di collegamento. Quindi diverse tipi di proteine trans membrana sono coinvolte in questo tipo di giunzione e sono state dimostrate associate anche a delle proteine coinvolte nella segnalazione (come chinasi, proteine G monomeriche). Riassunto: molecole di adesione più importanti sono le caderine e le integrine. Ricordare le caratteristiche più importanti anche le due vie di segnalazione cellula-cellula e cellula-matrice associate. Ricordare inoltre, nel caso delle integrine, che l’adesione non è solo un fatto strutturale ma è anche un fatto integrato con la segnalazione. Strutturale = l’integrina, molecola di adesione, che si lega al citoscheletro indirettamente. L’adesione della cellula all’esame deve essere integrata perché partecipa attivamente alla vita della cellula. È il ligando quello che promuove l’inizio della segnalazione ma quello che è dentro alla cellula fa si che le diverse molecole si muovano ecc… Fine corso Biologia Cellulare.
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