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Sbobine letteratura francese 3, Appunti di Letteratura Francese

La poesia dal medioevo al XX secolo

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 16/12/2019

ritapagano
ritapagano 🇮🇹

4

(3)

26 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sbobine letteratura francese 3 e più Appunti in PDF di Letteratura Francese solo su Docsity! LEZIONE 22 4 GIUGNO Exposé: Rimbaud “Alchimie du verbe” è una sotto parte di un’unica grande raccolta completata nel 1873, che si intitola “Une saison à l’Enfer”: saison sta per stagione, le stagioni della vita di Rimbaud e enfer inteso come società occidentale cristianizzata, società in cui l’uomo arriva e impone le sue regole e leggi, una religione da rispettare con le sue norme. Si può fare un paragone tra questa società così contorta di Rimbaud e la condizione di natura in cui viveva il selvaggio di Rousseau. Quindi l'ambiente naturale in cui Rimbaud e l’ambiente in cui è costretto a vivere ossia l’enfer. Gilles Marcotte, una crititca, dice che in une “saison à l’enfer” ci sono due inferni dal punto di vista formale, costituiti dalla contraddizione di parola e suono e di parola e scrittura. Il termine anomia deriva dal greco e significa privo di legge, l’alchimie è privo di leggi sia dal punto di vista contenutistico che formale. In Alchimie du verbe vi è una commistione tra prosa e poesia. Con questa anomia, con il tentare di fuoriuscire dai canoni comuni, R vuole affrancarsi dalla vecchia poetica, infrangere i canoni della bellezza e sorpassare le frontiere dell’etica. “Alchimie” perché l’alchimia trasforma qualsiasi sostanza in oro, proprio come la poesia deve riuscire a trasformare la realtà. R vuole costruire nuovi significanti e attribuire loro nuovi significati, quindi creare un nuovo tipo di lingua che sia in grado di esprimere tutta la realtà esistente. “Saison à l’enfer” è suddivisa in 8 parti Alchimie fa parte di Délire (ci sono 2 deliri, Alchimie è il secondo). “a moi”si tratta di un “ecco adesso tocca a me parlare” perché si tratta del secondo delirio: nel primo a parlare era la viage(?) folle, qui è rimbaud che prendere la parola. “Follies” perché Alchimie du verbe consiste nell’osservare da vicino, da un punto di vista più critico la poesia precedente a cui R si era dedicato, poesia che definisce come una follie. “Rhytme naifs” perché sono tutti i ritmi ingenui a cui lui si dedicava. I verbi “Vantais, j’aimais, revais” sono tipici della poesia di R e precedono il surrealismo. “Loin des oiseaux, des troupeaux...” tutte queste espressioni sono legate a delle attività strane, dei desideri, delle visioni a cui si sottopone Rimbaud attraverso il liqueur d’or che si riferisce al processo alchemico. Attraverso questo processo il poeta può raggiungere delle allucinazioni, spogliarsi dalle contraddizioni della vita comune e provare a fare vera poesia, sempre sottoponendosi a queste allucinazioni. Egli ha già raggiunto uno stato mistico assoluto, e attraverso il liqueur d’or egli può scoprire altre vite che noi a causa del velo della nostra vita quotidiana non riusciamo a scoprire. “le sommeil d’amour” può significare il processo di allucinazioni a cui R si sottopone ma può essere anche riferito al torpore d’amore che lui viveva con Verlaine. “Au solil des Hesperides”, le esperidi erano le figlie di espero che vivevano in un giardino in cui vi erano degli alberi che producevano delle mele d’oro. Queste mele d’oro sono sempre legaete al procesos alchemico perché l‘alchimia riesce a trasformare qualunque tipo di materiale in oro. “les charpentiers” è legato alla religione e anche al tempio di salomone, i carpentieri costruiscono il tempio di salomone. “Babylone” è riferimento all'alchimia perché è una delle prime città in cui si è sviluppato il processo alchemico. Queste sono tutte parole trovate in poeti del medioevo o comunque poeti precedenti, il fatto che rimbaud li riprenda in un insieme di poesie e prosa vuole indicare la sottile ironia con cui si prende gioco della poesia antica. “la vieillerie poetique avait...” “espèces de romance” è un'espressione che R riprende da una vecchia poesia che Verlaine gli aveva dedicato, “l’illusination simple” è la semplice allucinazione e con questa allucinazione R vuole sottolineare come passi da un’allucinazione semplice fino ad arrivare ad un’allucinazione che lo porterà quasi alla morte mentale e fisica. “Je fins par trouver sacré le desordre de mon espirt” finii per trovare sacro il disperdine del mio spirito perché è soltanto che attraverso il disordine del suo spirito che R riusciva a fare poesia. “les chenilles” sono i bruchi che non conoscono il male del mondo prima di divenire farfalla, come il poeta che si trova in un mondo che lo accusa, nonostante il poeta stesso sia innocente, infatti poi parla delle “les taupes” le talpe, che vivono sotto terra e non conoscono il mal edle mondo. “Des limbres” il limbo è il luogo in cui vivevano le anime di coloro vissuti prima dell’avvento del cristianesimo e i bambini che non erano stati battezzati. “chanson de la plus hautes tour” “fait patience” significa soffrire “ho sofferto tanto”. “Sales mouches” si rivolge ai suoi vecchi nemici che lo avevano attaccato o in quanto poeta o in quanto omosessuale. Questo breve componimento indica il suo ribellarsi ai nemici che lo attaccavano continuamente. “jaimai le desèrt, les vergers...” Général e canos sono le parole chiave di questa parte in prosa che R unisce alla parte presente. Si riferiscono sia al paganesimo perché general si riferisce al dio sole, ma anche alla guerra del 1871 quindi c’è il continuo riferimento alla distruzione ai cannoni. “Faim” notiamo la sua fame continua di terre e di pietre. Parla di pierres d’églieses, quind lui si nutre di pietre e di terra ma anche di carbone e rocce, questo è un riferimento al processo alchemico legato alla poesia. Il fatto che si nutre di pietre vuole anche indicare la vita dura che ha avuto negli anni in cui ha vissuto con Verlaine, perché non c’erano gli agi a cui era abituato. Nell'ultima strofa “mangez les cailloux...vallées grises” abbiamo un paesaggio urbano che è in opposizione alla prateria della poesia precedente, con i bruchi, talpe. Mentre prima si parlava di quella naturalezza ora essa viene distrutta dalla fame alchemica e dal paesaggio urbano. “je devins un opéra fabuleux: je vis que tous les etres ont une fatalité de bonheur...:” ainsi j’ai amé un porc è un riferimento a verlaine, R si schera contro di lui dicendo ho amato un maiale, “damné arc-en- ciel” è riferimento alla religione perché l’arcobaleno è il patto fatto tra gli uomini e dio, ma può essere anche un riferimento visivo al colore delle vocali. “ad matutinum” fa riferiento al mattino che è il momento in cui R si sottopone alle sue allucinazioni. “Cela c’est passe je sais aujourd’hui saluer dela beautè” è la frase finale di Alchime e attraverso questa frase vuole spiegare che ormai non si rifà nei ai canoni tradizionali dei poeti recedenti, ma saluta anche quelle follie commesse in passato. Exposé: APOLLINAIRE 1880-1918 nasce a roma e muore a parigi. Le influenze di Apollinaire sono cubismo, futurismo e surrealismo. Il cubismo è l’influenza principale, egli è stata un grande amico di Picasso e quindi si è avvicinato molto al cubismo e il suo cubismo è letterario, perché porta il disegno su foglio. Apollinaire è un precursore del surrealismo perché in un’opera teatrale parla della sua opera come opera surrealista per identificarla come una novità. Il futurismo nasce nel 1909 con Marinetti che inizialmente è respinto da Apollinaire che crede che il cubismo sia la correte per eccellenza da seguire. Inoltre il cubismo è deriso dalla stampa a differenza del futurismo che avrà un alto seguito soprattutto in Germania. Tuttue queste influenze possono essere riassunte ne “l’esprit nouveau” Qualcuno l’ha sentita lamentarsi mai? Bersi tutta quella fatica (le quaranta fatiche) senza morirne Avrebbe potuto solo lei, lontano Davanti a tutti aspettare quanti verranno dopo. Dall’alba al tramonto maschia la sua manovra. Chi il pozzo ha scavato traendone l’acqua su Rischia il suo cuore nel vuoto delle sue mani.” L’analisi è di Eric Marty, un professore di letteratura contemporanea all’università di Paris-Diderot. Yvonne è Yvonne Zervos, moglie di Christian Zervos, direttore dei Cahiers d’art, amico di Char. Lei è l’ “Yvonne” del poema. Fu l’amante del poeta ed è una delle poche di cui compare il nome non solo come titolo di un poema “Yvonne, la sete ospitale”, ma anche come sottotitolo di un altro poema: La Sorgue, Chanson pour Yvonne che lo associa strettamente al territorio di René Char e all'acqua del fiume. Un manoscritto, illuminato da René Char, aggiunge a La Sorgue questa dedica: "Le Thor, 25 settembre 1947. René Char. Cara Yvonne, la Sorgue appartiene a noi, e questa poesia che cerca di dirlo. Si nota che in più il manoscritto “A’ une sérénité crispée” è comunque dedicato a Yvonne, in questa forma: "Manoscritto. La selce come i fiori che a modo tuo appartengono a Yvonne. La mia sovrana. Il mio faro molto puro. René Char. 4 febbraio 1951." Qui, la dedica del manoscritto è accompagnata da un atto molto curioso in cui il poeta sfida il manoscritto come per rendere più efficace la sua dedica. L'importanza di questo nome proprio Yvonne che a Char piaceva tracciare sui manoscritti ma anche che egli onora associandolo esplicitamente a due poesie pubblicate. Yvonne, la sete ospitale è una poesia allo stesso tempo molto semplice e stranamente oscura. Molto brevemente, egli traccia una sorta di ritratto morale di Yvonne Zervos il cui ethos è dato da Char sotto la figura dell'inesauribile dono di sé e che riassume, in una densità quasi ossimorica, il sottotitolo del poema La Soif hospitalière. "La sete ospitale” figura estrema dell'accoglienza e dell'ospitalità poiché chi beve ha sete da bere, poiché l'acqua è una sete. Egli glorifica la Sete come una Virtù, c'è la volontà di Char di consegnare la formula allegorica della più pura generosità: è davvero il dono che nessuna reticenza, nessuna ritenzione sembra essere in grado di relativizzare. Questa "Sete" è una figura, rappresenta Yvonne come una sineddoche - questo dono vale da solo, lo rappresenta "tutto", è "la Sete ospitale" - e come un simbolo perché la Sete ospitale è un universale, un concetto, è una posizione esistenziale in cui si identifica una generosità superiore a quella del senso comune. Ma proprio questo sottotitolo manca dal manoscritto. È un'aggiunta. È, si dirà, una figura di sintesi che raccoglie in due parole essenziali ciò con cui il poema sembra combattere e che disperde: il senso. Il poema obbedisce a una composizione piuttosto semplice. La domanda che apre il poema è una domanda retorica che ammette solo una risposta, e questa risposta è negativa: "nessuno". Dirige il ritratto in un modo unico, quello della figura stoica: "Chi l'ha mai sentito lamentarsi? È un rapporto per il mondo che è esposto qui, dove il "lamento” non si verifica mai. Ma la domanda stessa è rivolta a questo mondo perché il "Chi" non è l'unico di qualcuno, ma quello della realtà umana globale presa nei rapporti di accoglienza, riunione, ospitalità, comunità effimere dove si formano le relazioni umane: stare con. "Lamentarsi" è una particolare forma di discorso in cui le due figure paradigmatiche più estreme sono Geremia, che l'iperbole trascende la lamentela, e Giobbe, che con il suo silenzio si pone come Yvonne in una posizione che non possiamo sentire lamentarsi. Ma "non lamentarsi" è una forma di esistenza ascetica e una restrizione dell'espressione quasi illimitata. Non solo la persona che non si lamenta non esprime il suo affetto, non solo il mondo non sente questo silenzio ma non può neanche dire che non si lamenta perché sarebbe una forma indiretta di lamentela. È necessario che un altro parli per lui. Il primo verso di questa poesia non è una parola descrittiva che renderebbe il ritratto di Yvonne, è una parola che rompe il silenzio di cui Yvonne è il residente e il nativo, e questa parola vuole far capire il silenzio al mondo: "Chi l'ha mai sentita lamentarsi? Questo ottonario vibra da solo sulla soglia del poema. E il poema, dopo un bianco calcolato, apre una seconda sequenza composta da tre versi che, dopo la domanda, schiera l'ethos (il modo di essere) di Yvonne. E qui inizia l'oscurità: "bevi senza morire le quaranta fatiche", per esempio. Capiamo molto rapidamente che "bere" non è l'atto comune. La figura "quaranta" è mutuata dal simbolismo ebraico dove appare frequentemente; quindi la durata del diluvio, quella del vagabondaggio del popolo ebraico nel deserto guidato da Mosè, quella del confronto dello stesso Mosè con Dio, quella dell'isolamento del ritiro di Cristo nel deserto: quaranta giorni, quaranta anni , quaranta giorni ... il numero quaranta è la figura dell'isolamento, della privazione e dell'ascetismo, è la figura ideale a significare l'eccezione che isola e distingue Yvonne dagli altri ("Nulle autre qu’elle"). e qui le "quaranta fatiche" significano simbolicamente, come la parola "Sete", il carattere essenziale di questo sforzo durato dove, in una generosità che abbraccia i limiti simbolici del numero "quaranta" - la figura di tutto l'ascetismo - si interrompe dalla solita economia delle relazioni umane. "Bere" significa quindi un atto che per qualsiasi altro sarebbe mortale. Cioè lei ha bevuto queste quaranta fatiche senza mai lamentarsi, quaranta fatiche e assenza di lamentela: segno di privazione e ascetismo, avrebbe ucciso chiunque ma non lei È qui che appare la prima cancellazione: un "ni" cancellato e una parola riscritta che diventa "lontana". Questa seconda parola è illeggibile. Il carbone viene stirato con attenzione in modo da non distinguere la prima lezione o dimenticarla da sé. Viceversa, la cancellazione del seguente verso che sostituisce "maschile" per "bello" mantiene la parola rifiutata, la mantiene leggibile, e inoltre l'incompletezza di questa soppressione è verificata dal fatto che, nel secondo manoscritto, apparentemente definitivo poiché è accompagnato da un "invio" illuminato su una bella carta (vedi Fig. 2), troviamo la stessa cancellazione nello stesso dispositivo di leggibilità, come se, nonostante il tratto che taglia l'epiteto "bello" Char ancora esitava a fare la sostituzione finale che la versione stampata adotterà. Ci si può interrogare sulla ripetizione, graficamente molto simile, della cancellazione. Si tratta di una cancellazione fatta per la prima volta sul secondo manoscritto, poi riportata sulla prima? È più semplicemente il fatto che Char, avendo prima rinunciato a questa sostituzione quando copiava il poema, alla fine tornò? In ogni caso, sia la ripetizione che il mantenimento della parola cancellata in piena leggibilità, mostrano la difficoltà per Char di scegliere. E questa difficoltà è tanto più significativa in quanto l'alternativa è carica di significato: la manovra è "bella" o "maschile"? "Bello" è un predicato di tale neutralità semantica che il suo significato risiede quasi esclusivamente nella sua morfologia e genere, entrambi i quali denotano il femminile; il maschio, d'altra parte, è un termine semanticamente carico, e questa carica semantica lo rende una parola che dovrebbe rappresentare esclusivamente il maschile preso nella sua essenza. Si dirà allora che l'alternativa prima della quale Char esita porta in lei molto più di un'opposizione generica. La giustapposizione dei due possibili predicati, uno dei quali è femminile, è un predicato barrato, ci fa capire che la barra di una cancellazione è molto più di un'operazione grafica di soppressione o di sostituzione. Si dirà che, nel campo simbolico di questo poema, la giustapposizione dei predicati ha un solo significato possibile: l'equivalenza. Il senso della parola “maschio” è da intendere come la cancellazione che attraversa il femminile la cui parola “bella” è qui il rappresentante. Dobbiamo quindi ascoltare la violenza di questa operazione di scrittura, che non consiste solamente a dare all’ethos della donna stoica uno sfondo sensibile che si appoggia in modo maschile austero, ma si tratta di rendere la ratura (cancellazione) femminile della parola "maschio" indotta dalla parola "maschio". Nel secondo manoscritto fatto per questa poesia, possiamo vedere che alla donna si fa riferimento in termini appartenenti al genere maschile, "Quello che è meraviglioso in questo essere, c’è quella qualsiasi fonte in lui [...]. " Si noterà a questo proposito che una figura di maternità cancellata circonda la cancellazione del femminile. Nel versetto precedente abbiamo: "Aspetta, molto più avanti, quelli che vengono dopo" e nell'invio "qualsiasi fonte gli dà un flusso". L'espressione "coloro che verranno dopo" può essere usata per coloro che nasceranno dopo e "partorirà" è un equivalente più esplicito della nascita. Ma precisamente si tratta di una maternità cancellata è convocata qui come "l'ora avanti" implica che il rapporto con quelli nuovi non è una procreazione o la generazione di rapporti, come il "partorisce" associato alla fonte e al flusso, firma il suo carattere rigorosamente metaforico. Ma dopo tutto, non è un corpo in preda a "quaranta fatiche" con cui abbiamo a che fare? Un corpo che ha conservato e detiene ancora il minimo reclamo? Cioè, un corpo rotto dall'interno? La terza stanza produce un'interruzione nella successione delle parti. Per la prima volta, possiamo mettere in discussione di chi stiamo parlando. Chi è questa persona "che ha scavato il pozzo"? Possiamo essere assolutamente sicuri che sia Yvonne? Niente ci assicura. Può essere il poeta stesso. Non è il "pozzo" dato, ad esempio, come il luogo del poema nell'argomento del Poeme Pulverisée, di cui abbiamo visto la connessione con Yvonne Zervos?E poi, se seguiamo la prima versione del poema ("Dedicato il suo cuore ad una sola mano") possiamo pensare che il verbo "dedicare" si riferisce proprio a questo poema - Yvonne - che il poeta ha appena scritto come pura dedica a Yvonne; possiamo anche pensare che “à une unique main” sia un singolare insistente e che esprima un rischio di cacofonia (UNe UNique) e che identifica il poeta in contrapposizione alla donna che si dà a un mondo segnato dal plurale ("quaranta fatiche", "quelli che verranno dopo"). La prima versione di questo ultimo versetto potrebbe, in una sorta di mise en abyme, avere il ruolo di dare il significato stesso di questa dedica che è il poema nella sua totalità.Ma, appunto, Char non ha tenuto questa prima lezione, lo sostituisce da questo manoscritto, in un'altra affermazione: "Rischia il suo cuore nel vuoto delle sue mani", che diventa la versione definitiva. Mi sembra quindi che con questa nuova versione, l'identità del "chi" sia molto meno ambigua e che "chi" sembri designare Yvonne in modo molto più assertivo. "Rischia il suo cuore" si apre all'idea della morte e non più al legame del poeta con la donna ("dedica il suo cuore"), ma questa immagine della morte, il rischio della morte, è nel poema associato esplicitamente alla donna ("nientemeno che potrebbe aver bevuto senza morire [...]"). Inoltre, questa morte, questo rischio preso di fronte alla morte è precisamente associato all'acqua (bere le "quaranta fatiche") o, più precisamente, in quest'ultima stanza, all'assimilazione dell'acqua al mondo della morte dall'espressione "acqua che giace" che letteralmente significa acqua di pozzo ma con un senso di “giacente” che associa simbolicamente alla morte. L'acqua che giace non è acqua mortale come lo sono le "quaranta fatiche" ma è un'acqua che porta dentro (in essa) la morte. Questa "acqua che giace" si oppone ovviamente all'acqua bianca della Sorgue che è stata assimilata a Yvonne nel poema del 1947. Ciò che può anche rinforzare una lettura che fa di questa terza stanza una stanza il cui soggetto è "Yvonne" è l'apparenza della parola "spazio” (spazio delle sue mani, vuoto delle sue mani): "Rischia il suo cuore nello spazio delle sue mani" perché " lo spazio "è una figura sottilmente congruente (che va bene) con la donna in questione. Spazio sottolineato dal sottotitolo tra il sostantivo ("Sete") e il predicato ("ospitale"), uno spazio enfatizzato dal primo verso, che è il divario tra il suo silenzio e le ragioni per cui dovrebbe parlare, spazio presente ovunque nella seconda stanza tra bere e morire, tra sete e "quaranta fatiche", tra lei e coloro che "vengono dopo", naturalmente tra "bello" e "maschio".Ma c'è qualcos'altro. Sembra che questa cancellazione abbia un altro significato. Potrebbe anche avere l'effetto di modificare la cancellazione precedente: "bello / maschio". Abbiamo visto quale era la violenza in questa cancellazione che andava oltre la mera modifica di un predicato ma dove era stata investita quella che si potrebbe chiamare una "castrazione" della femminilità: il divario delle mani reintroduce appunto la figura del sesso femminile, la deviazione delle mani disegna questa figura.In effetti, ciò che caratterizza il "divario" nelle prime due stanze è che si tratta sempre di uno spazio vuoto. Una lacuna riempita dal silenzio, dalla resistenza, dall'aspettativa, dalla perdita del femminile a cui sicuramente resiste la
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