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Sbobine SCULTURA IN ETÀ MODERNA 3 (da Pietro e Gian Lorenzo bernini a Bernini tardo), Sbobinature di Storia dell'Arte Moderna

Sbobine complete con integrazioni del manuale “La scultura del seicento”. Le sbobine trattano della vita di bernini: gli inizi col padre e la fase giovanile, l’attività in San Pietro, la questione dei campanili, il periodo di Innocenzo X fino a Innocenzo XI, l’attività in Francia e le ultime opere.

Tipologia: Sbobinature

2023/2024

In vendita dal 06/11/2022

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Scarica Sbobine SCULTURA IN ETÀ MODERNA 3 (da Pietro e Gian Lorenzo bernini a Bernini tardo) e più Sbobinature in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! Pietro e Gian Lorenzo Bernini Pietro e Gian Lorenzo Bernini scolpiscono per i Borghese (il nipote del Papa, Scipione) due erme poste all'inizio del giardino di Villa Borghese che raffigurano Priapo e Flora (anche se la spiegazione iconografica non è corretta: in realtà sono Vertumno e Pomona, legati al trascorrere delle stagioni e alla fertilità della terra. Il primo è il Dio dell'orto, la seconda dei fiori. Sono al metropolitan. Si vedono esperimenti dal vero e conoscenza di Caravaggio. Satiro molestato da putti (Metropolitan) Un caso ancora più insidioso e il satiro molestato da putti in marmo. Questa scultura appare sul mercato all'inizio degli anni 60 del 900, non si sapeva a chi attribuirla e non si capiva che cosa fosse. Inizialmente si pensava fosse un seguace di Gianbologna, poi in un secondo momento, si pensò fosse di uno scultore italiano del XIX secolo, ma Federico Zeri capisce che l'opera è molto vicina a Bernini per la varietà delle superfici (il corpo è lustrato mentre il tronco dell'albero è reso diversamente nella superficie). La figura che incede ricorda un putto del primo quadro dipinto in Italia da Rubens: Sant'Elena. Olga Raggio crede a Zeri e compra la statua per il Metropolitan, la studia e trova al Louvre un disegno del 700 che copia la statua. Nella parte bassa del disegno c'è scritto dove l'artista ha copiato la statua ovvero in casa Bernini. Gian Lorenzo Bernini (1598-1680) Rotto l’equilibrio rinascimentale e esaurite le possibilità espressive del manierismo e della controriforma, Bernini sublima in una grande maniera la realtà la storia la varietà e passionalità della vita. Rappresenta in modo universalmente comprensibile le credenze, le speranze comuni e gli stati d’animo con una ricchezza di tecnica e di effetti. C’è un senso di spazialità illimitata in cui forme architettoniche diverse si pongono in modo equivalente. Gian Lorenzo nasce a Napoli, madre napoletana, arriva a Roma nel 1605 a 7 anni con il padre fiorentino, lasciò la città solo una volta nel 1665 al culmine della fama quando fu chiamato da Luigi 14 a Parigi. La sua carriera di successo in successo per quasi 50 anni, gli artisti romani dovettero inchinarsi alla sua superiorità. Solo Michelangelo prima di lui fu tenuto cosi in considerazione dai papi. E come Michelangelo considera la scultura la sua vocazione e fu allo stesso tempo architetto, pittore e poeta. Il marmo il suo vero elemento. A differenza però del terribile solitario Michelangelo, Bernini fu un uomo di grade fascino, socievole, spiritoso, aristocratico nel comportamento, buon marito e buon padre. (Witt) Inizia a collaborare con il padre a 10 anni. I Bernini avevano bottega in Santa Maria di fronte alla basilica. L'attività di suo padre alla cappella di Paolo V in Santa Maria Maggiore fissò l'inizio della sua carriera: fu cosi che "attenzione del papa e del cardinale Scipione Borghese fu attratta verso il giovane prodigio facendolo entrare nell'orbita. La fase giovanile di Bernini non si ricostruisce facilmente: solamente in tarda età quando la fama diminuisce capisce che l'unico modo per far ricordare il suo nome è produrre delle documentazioni che parlano di lui. Come Michelangelo, è lui stesso a dettare la propria vita (Bellori non scrive nulla su Bernini, non lo amava come artista) riunendo il materiale. Bernini voleva realizzare una monografia addirittura accompagnata da illustrazioni (incisioni), ma muore prima che l'opera venga pubblicata. In seguito usciranno due biografie parallele: una pubblicata da uno storico-intellettuale toscano ovvero Filippo Baldinucci (1681), l'altra scritta dal figlio di Bernini, Domenico, data alle stampe solo nel 1700. Come Michelangelo non voleva dire che era stato a bottega del Ghirlandaio e che quest'ultimo lo ostacolava, allo stesso modo Bernini mette sotto silenzio gli anni in cui lavora col padre (anche se dai documenti sappiamo che lavoro insieme al padre fino alla sua morte). Bernini dà l'elenco delle opere che ha realizzato, ma inserendo delle date folli. Per evitare di nominare il padre, tace la realizzazione delle opere in collaborazione con il padre. Da un elenco delle opere che ha eseguito mettendo delle date folli (tipo apollo e dafne dice che lo ha fatto a 15 anni invece ci son i documenti dei pagamenti e sappiamo che lo fece a 27 anni circa) L’unica volte che parla del padre dice che "a volte scalda più un carboncino vicino che un sole lontano" ovvero non valeva tanto il padre ma meglio di niente, visto gli stava vicino. Vuole mettere a fuoco solo la sua originalità come Michelangelo ma d'altra parte come gli artisti contemporanei di oggi. Putti con dragone (1616-17, J. Paul Getty museum) La statuetta è stata pagata nel dicembre del 1617 dai Barberini a Pietro Bernini però anche questa statua si dice che ci sia Gianlorenzo, e si dice che ci siano tutti e due perché la schiena vista da dietro non ha rigidità e astrazione tipica di Pietro. Somigliano ai putti che infastidiscono il satiro. Gianlorenzo Bernini San Sebastiano (1617, Madrid) Il pagamento a Pietro perché Gianlorenzo è ancora minorenne ma opera certamente sua forse fatta per la cappella Barberini in Sant'Andrea della valle, nel luogo dove si pensava che fosse avvenuto il Martirio di San Sebastiano, (gettato dai centurioni nella cloaca) C’è l’abbandono estatico del santo. Si può fare un confronto con il quadro di Ludovico Carracci, commissionato dai Barberini, sembra Sebastiano gettato nella cloaca maxima. L'opera rappresenta uno dei momenti di svolta nella sua formazione e l'inizio di un indirizzo autonomo del suo stile rispetto a quello del padre. La forma del corpo si abbandona in maniera piuttosto languida al peso e all'agonia e mostra una certa somiglianza con le immagini del Cristo in "Pietà" di derivazione michelangiolesca, come nella "Pietà Bandini" che diverranno nella seconda metà del XVI secolo e nel successivo abituali anche in pittura. C'è l'idea di contrapposto e di movimento drammatico (è simile al putto morso dal pesce) grazie all'idea di alzare la spalla e il braccio per poi farlo ricadere. Il santo è seduto (debito a Michelangelo) e ha una carnalità che il manierismo non conosceva. Il primo documento in cui è citato Gian Lorenzo: I putti reggistemma (1618, Cappella Barberini, Chiesa di Sant'Andrea della Valle) È un’idea che proviene da Rubens Ritratto di Pedro de Foix Montoya (1623, Chiesa di santa Maria di Monserrato) Prelato spagnolo Montoya Storia che vede protagonista il cardinale Barberini prima che diventasse papa. Il monumento non sappiamo se è progettato da Bernini, il busto sembra quasi fuoriuscire. È indagato bene l’aspetto de personaggio. Aneddoto raccontato da Baldinucci (Maffeo Barberini che dice che la statua è il vero Montoya mentre il vero è il ritratto della statua, topos retorico che gioca sulla volontà di stupire). Bernini è paragonato alla natura e addirittura la supera. C’è una differenziazione dei materiali, baffi, la veste. Questo ritratto ricordato nelle biografie, evidentemente doveva avere ricorso molto successo. Quando Bernini ritrae un personaggio chiede di non restare fermo perché non vuole immortalarlo in una posa statica. I ritratti di Bernini tenderanno a porsi sempre di più in contatto con lo spettatore. Ritratto di Peretti Montalto (1622-23, Amburgo) Venduto nel ‘700 dagli ultimi eredi Montalto. Nel 700 i Montalto si estinguono, la villa viene comprata e le opere al suo interno sono vendute. Ritratto del cardinale Peretti Montalto, uno degli uomini più potenti di Roma anche lui nipote di un Papa (Sisto V). È il ritratto di un cardinale in una posa ufficiale, ma anche qui c'è un'indagine spettacolare della barba sulle guance e di un dettaglio che è difficile da scorgere anche dal vero e ovvero la fossetta sul lato destro del naso (segno che dimostra che il cardinale avesse avuto il vaiolo). Il busto è commissionato dal cardinale poco prima di morire, ma non sappiamo perché lo commissiona. Rimarrà sempre nella villa Montalto (uno dei luoghi più straordinari di Roma che oggi non c'è più perché oggi c'è Roma Termini). Posa molto ufficiale, la mozzetta, il colletto. Nettuno ( 1620-23, oggi a Londra, Victorian e Albert Museum) Il cardinal Montalto per una fontana della villa aveva commissionato una statua al Bernini (poi venduta dopo che viene smontata la villa). Comprata da Reynolds uno dei più grandi artisti del 700, fondatore della Royal accedemy e teorico delle arti. Sappiamo che è un personaggio cruciale perché si riscopra la figura di Michelangelo, pregando il sublime romantico ritorna su Michelangelo quando tutti cercavano Raffaello. Non apprezza però Bernini, non apprezza troppo il barocco troppo emotivo di Roma. Compera la statua del Bernini perché speravo di farci un investimento è ciò che dice in una lettera. Nessuno lo compera, la venderanno i suoi eredi. Rimane all’aperto fino al 900, e dopo la seconda guerra mondiale viene Musealizzata dal Victoria e Albert Museum. Non è il Nettuno fermo che bene il tritone, Bernini rappresenta sempre il momento cruciale della biografia di quella persona di quella divinità. Momento in cui nell’Eneide il Nettuno ferma la tempesta in modo che la flotta di Enea non perisca. Il Davide (1623-24, Galleria Borghese) Il David è un’immagine della tradizione (Donatello, Leonardo e Michelangelo). L’energia è sprigionata con libertà e c’è l’effetto della torsione nell’atto di lanciare. Non è un Davide in riposo, il momento è quello che da senso alla sua vita. Il nucleo più pregnante della vita di quella persona. Le figure di Bernini sono sempre colte nel cuore dell’azione. Probabilmente il Davide era una statua che doveva stare nel giardino a pendent con il Nettuno, sempre commissionata da Montalto. Montalto però muore e subito Scipione Borghese rileva la commissione. Bernini contravviene all'idea di staticità e rappresenta la statua in tensione, in movimento. Il Davide (forse autoritratto di Bernini) addirittura stringe le labbra nello sforzo di lanciare, la statua è definita dalla torsione e dal movimento che però è più naturale di quello cinquecentesco. Ha modelli antichi: Lanciatore di giavellotto e la pittura di Polifemo che sta lanciando sui greci in fuga i sassi, opera di Annibale Carracci nella Gallerie Farnese (finta intorno al 1600) viene guardata come un testo a cui ispirarsi tanto per pittori quanto per gli scultori. La statua ha girato molto all'interno della villa, originariamente questa statue non stavano al centro, erano addossate alla parete, avevano un punto di vista privilegiato: quello frontale. Laddove la scultura del 500, es il ratto delle sabine di Gianbologna offrivano più punti di vista qui viene offerto un solo punto di vista migliore, dove lo spettatore che vede si identifica con Golia, sembra che ci stia lanciando il sasso a noi. Coinvolgere lo spettatore nell'azione che l'artista ha messo in scena. Apollo e dafne (1622-25, Galleria Borghese) Tipico della scultura barocca mostrare più figure in movimento, mostra coinvolgimento emozionale, rappresenta anche la metamorfosi, il cambiamento. Dafne è inseguita da apollo e chiede alle divinità di essere sottratta al rapimento e viene trasformata in una pianta di alloro. Idea di mutamento è particolarmente congeniale al barocco, a quest'opera consegna il vertice delle sue sperimentazioni di scultore, nel 1625 viene già chiamato il Michelangelo del 600. (Ultima grande statua da galleria eseguita da Bernini). La statua mostra anche qui il momento cruciale: apollo pensa di aver preso la fanciulla, lei grida non sappiamo se perché si sta trasformando in una pianta o se perché sta per essere catturata. Lui la tocca e intanto lei si sta trasformando. Con il brano delle dita che si trasformano in sottilissime foglie è presente sia la vena naturalistica che il senso del misterioso e della trasformazione (sentimento pre-romantico). Le figure si spostano con leggerezza investite dal vento e animate da uno slancio continuo. (Confronto con Atalanta e Ippomene, quadro di guido reni. Incastro dei corpi in movimento ma bloccati) La figura di apollo nel volto è ispirata all'Apollo del belvedere e nel basamento sotto la statua si trovano dei versi, in un cartiglio dalla forma di un strano pipistrello. Sono i versi scritti da Maffeo Barberini che era tra l'altro poeta: chiunque segue i piacere fugaci della vita terrena rimane con un pungo di foglie in mano o al massino raccoglie delle bacche amare. La statua viene moralizzata: mentre Bernini la scolpisce, nella bottega di Bernini viene detto da un cardinale che era troppo sensuale per la casa di un cardinale e allora la tradizione vorrebbe che in modo moto ipocrita si mettano del versi e si tenga comunque il nudo. Nel settecento sullo stesso modello è realizzato un altro cartiglio su cui sono riportati i versi di Ovidio, ma si riconosce il gusto neoclassico. La pelle scuoiata è resa in modo più realistico rispetto a quella del 600. Nell’opera c’è sia il sensualismo ma anche i1 moralismo nel distico sulla base. L'anno 1624 è di particolare importanza nella storia dell'architettura barocca. Fu allora che iniziò la carriera del Bernini come architetto con le ordinazioni della facciata di santa Bibiana e il Baldacchino di San Pietro. Facciata di Santa Bibiana (1624-26) Dal 1623 al 1643, dopo l'elezione a Papa di Maffeo Barberini (Urbano VIII), Bernini lavorerà quasi esclusivamente per lui. A questo punto il Papa probabilmente fa fare un cambio di rotta a Bernini e lo proietta dalla sfera dello scultore in marmo a una sfera più ampia: l'architetto e colui che progetta per le architetture grandi cicli decorativi. Somiglia a un artista universale come poteva essere Raffaello o Michelangelo. Bernini pensa una facciata piccola, non di lusso, organizzato su due piani, arricchito da balaustra in alto e gioco molto plastico, da scultore in cui le due finestre laterali affiancano le nicchia molto fonda con il senso di luce e ombra è molto forte. La chiesa all'interno mantiene le colonne antiche e il nuovo elemento importante è l’arcata centrale dell'ordine inferiore lievemente aggettante, e sormontata da una profonda nicchia, un imponente edicola che interrompe il cornicione che delimita i vani adiacenti. Il cornicione delle arcate laterali sembra proseguire sotto i pilastri dell'edicola e poi entrate nella profondità della nicchia. La compenetrazione di ordini piccoli e grandi fu un espediente manierista, noto al Bernini non solo da edifici come i palazzi capitolini di Michelangelo, ma anche delle facciate del Palladio. Santa Bibiana nell'altare (1624-26) Per testare la capacità di Bernini il Papa gli affida il rifacimento della facciata di Santa Bibiana, una piccola chiesa che custodiva i resti della Santa, vicino alla stazione termini. La facciata è semplice, arricchita da balaustre e sul secondo piano due finestre affiancano una nicchia molto profonda che dà un senso di luci e di ombre molto forte. Inoltre per il giubileo del 1625 c'era il progetto di ingrandire la chiesa di rifare l'altare con la statua della Santa e di realizzare cicli dipinti con le storie della Santa. È la prima volta in cui Bernini comprende l'importanza delle luci e delle ombre, da regista teatrale, apre dietro l'arco sulla sinistra (che il devoto non vede) che getta un fascio di luce sulla santa un’origine miracolistica, che non si vede. Bernini rappresenta Bibiana nell'attimo precedente al martirio, dando massimo rilievo alla sua tensione psicologica. A differenza però di altre opere dello scultore, In questo caso il turbamento interiore della donna non e reso con accentuate torsioni o pose dinamiche, in quanto la figura appare statica, dritta in piedi appoggiata alla colonna del martirio, con una leggera torsione del busto rispetto alle gambe, una mano aperta verso l'esterno e l'altra a tenere la palma del martirio, la testa e lo sguardo (simile a quello delle sante di Guido Reni) rivolti in alto, nella cui direzione, sul soffitto, e affrescata l'immagine di Dio Padre. Serie di busti a palazzo Barberini (familiari dei Barberini). Si vede la presenza del sentimento personale nella scultura: anticipa una caratteristica tipicamente romantica. Francesco Barberini che mostra nel cartuccio un’ape simbolo dei Barberini Busto Maria Barberini Duglioli (1625-26) È la nipote del papa morta giovane (nei Barberini animale araldico che è l’ape). Il busto viene venduto in Francia e poi scompare, nel 900 uno studioso trova una foto fatta a Roma a metà 1800, ci si accorge che il busto è in Francia, in un museo a Calais il Mousee de la dantelle (del ricamo). Pensano che sia un busto dell’ottocento e avendo una bella rappresentazione del merletto lo destinano al museo del ricamo. Siamo intorno al 25-26 quando il Bernini viene coinvolto a Santa Bibiana e poi al vaticano, era molto occupato non poteva dedicare molto tempo al marmo quindi si pensa che questo busto sia stato eseguito da un allievo: Giuliano Finelli. piccole per una Chiesa che nel 500 aveva raggiunto dimensioni gigantesche e allora Bernini ha l'idea di prendere il modello di queste colonne e tradurlo in bronzo su una scala gigantesca adeguata alla nuova basilica. Le colonne sono lastre bronzee modellate plasticamente percorse da rami di lauro e putti che inseguono api. Il baldacchino è l'opportunità di dimostrare il suo ineguagliabile genio per combinare una struttura architettonica con la scultura monumentale. Fu un'idea brillante quella di ripetere nelle colonne giganti del baldacchino, la forma delle colonne tortili tardo-antiche (ellenistiche) che consacrate all'età e dall'uso della vecchia basilica di San Pietro dovevano ora essere innestate a sostegno delle edicole centrali delle logge delle reliquie nei pilastri della cupola. Cosi le colonne a spirale in bronzo trovano quadruplice eco e non solo danno prova di continuità con la tradizione ma con le loro dimensioni gigantesche esprimono anche simbolicamente il cambiamento della semplicità dei primi cristiani allo splendore della chiesa della controriforma. Le scure colonne in bronzo stabiliscono un contrasto drammatico con i pilastri dritti scanalati degli stipiti come pure con gli altri elementi strutturali in marmo bianco della costruzione. La leggerezza è data da linee ascensionali e dinamiche e dal cromatismo dato dalle dorature e dal bronzo brunito. Le colonne terminano con 4 grossi angeli dietro ai quali si ergono le volute enormi del motivo predominante, le volute si incontrano sotto la trabeazione vigorosamente ricurva che è sormontata dalla croce sul globo dorato. L'altro problema era come articolare una struttura così grande. Già all'inizio del seicento quando doveva esserci una canonizzazione importante, sopra la tomba di San Pietro venivano create strutture effimere. Bernini quindi decide di realizzare una struttura in bronzo che imiti gli apparati effimeri: il primo progetto vede colonne tortili con angeli in cima, i quali sostengono una sorta di baldacchino con in cima la figura in bronzo di Cristo risorto. Tra gli scultori della squadra di Bernini c'era quello che poi diventerà il suo grande rivale, Borromini (nipote di Carlo Maderno, architetto principale della basilica), che realizza le colonne percorse da rami e da api (simbolo dei Barberini). Ad un certo punto ci si rende conto che la statua di Cristo posta a coronamento del baldacchino non poteva stare, era pericolosa, c'era il rischio che crollasse. La soluzione pare che venga da Borromini (disegno di Vienna) il quale realizza delle volute più capricciose e più decorative che sostengono la sfera. L'idea di alludere agli apparati effimeri e spinta fino in fondo perché vengono realizzate addirittura le nappe di stoffa che arredavano i baldacchini e che non sono un elemento architettonico. Inoltre le volute che portano alla sfera sono decorate da palme che alludono al martirio. Continua a esserci la volontà di stupire lo spettatore. Bernini impiega circa una decina d'anni, il baldacchino viene inaugurato nel 1633 ancora non finito, ma fin da subito non studia isolato il baldacchino, ma in relazione al luogo dove si trova: lo spazio sotto la cupola sostenuta da quattro giganteschi pilastri. Bernini svuoterà questi pilastri per ricavare delle nicchie nel primo ordine e nel secondo ordine, nicchie che erano legate al baldacchino stesso. Sotto il baldacchino trovava sepoltura San Pietro, intorno al baldacchino a fare corona a San Pietro, andavano collocate quelle che in quel momento si riteneva fossero le reliquie più importanti presenti a Roma: il velo della Veronica, la lancia con cui Longino aveva toccato il costato di Cristo e si era convertito, il frammento della croce che la madre di Costantino (Sant'Elena) aveva trovato in Terrasanta e una reliquia dell' apostolo Andrea. Bernini quindi studia per ogni pilastro una nicchia nella parte bassa in cui viene posta la statua del santo e nella parte alta crea dei balconi sopra i quali c'è una sorta di altare con angeli che portano la reliquia stessa (in questi balconi, in occasioni importanti, poteva essere esposta la reliquia). Nella parte bassa degli altari tra i cassettoni c'è un ripetersi quasi ossessivo dell'ape barberiniana. Nelle nicchie c'è un tipo di scultura diverso, che Bernini non praticherà molto, il rilievo. Bernini come Michelangelo non concepisce la scultura policroma, ma in raccordo con l'uso del suo tempo, circonda le figure di marmi colorati. In questo caso sceglie delle pietre gialle che alludono all'oro e al di sopra vengono poste delle figure a rilievo. Ai lati vengono collocate le colonne di Costantino: colonne tortili che alludono a un movimento continuo a spirale (perfettamente nelle corde degli artisti barocchi). Un altro aspetto tipico della cultura del seicento è quello di trattare gli angioletti come dei piccoli bambini in gioco (la passione per i putti nel 600 nasce dall'arrivo a Roma di una serie di quadri: i baccanali dipinti da Tiziano all'inizio del cinquecento per Alfonso I d'Este. La stessa cura nello studio degli angioletti si ritrova in precedenza nel battesimo di Cristo di Annibale Carracci). Bernini studia nei minimi dettagli tutto il progetto, fornisce dei modelli per gli angeli che affida però agli scultori che erano al suo servizio. La fabbrica è perfettamente documentata. Bernini poi fa eseguire dei modelli in scala uno a uno di tutti i rilievi della parte superiore proprio per capire come avrebbero potuto funzionare in alto, ma anche per dare i suoi collaboratori un'idea precisa (all'inizio del 700 questi modelli vengono molto studiati perché papa Clemente XI Albani aveva creato nei palazzi vaticani un museo dei modelli principalmente di Bernini ma anche di Algardi). 4 statue grandi oltre i 4 metri, Bernini si riserva l'esecuzione solo del Longino: La Sant'Elena viene data a Bolgi. Scultore di fiducia del fratello del papa (Carlo Barberini) La Veronica a Mochi (qui giocano i Barberini forse, era in pessimi rapporti con Bernini) Il Sant'Andrea ad un giovane scultore fiammingo Duquesnoy, che nel corso del 600 sarà la più ammirata forse anche più di quella di Bernini. Ha un rapporto più stringente con la scultura antica (cosa che in bernini è meno presente) Longino Il Longino e uno stato di circa 4 m e forse fu una scelta politica perché il culto del centurione romano convertito era particolarmente forte nella città di Mantova (in Sant'Andrea si conservano delle reliquie di Longino). La lettura politica vuole che Urbano VIII faccia costruire un monumento un personaggio alla contessa Matilde (personaggio emblematico dell"umiliazione di Canossa: episodi in cui l'imperatore si umilia davanti al pontefice: il potere non religioso riconosce la supremazia del papa) trafugata e sepolta in San Pietro per ricordare che il potere temporale doveva inchinarsi a quello della Chiesa. Urbano VIII porta questi resti in San Pietro per ricordare la supremazia del papa in un periodo non troppo felice per il papato. Un'altra lettura è quella che vede estinguersi in questo periodo dei Gonzaga a Mantova in molti in Europ aguardano verso la città per capire chi acquisirà quel ducato. Portare a San Pietro la contessa Matilde e il culto del Longino poteva significare da parte del Papa la speranza di poter rivendicare un ruolo politico per i nipoti a Mantova (non accadrà). Il Longino si adegua all' andamento berniniano che quello di mostrare nella statua non il singolo momento, ma di concentrare in un'immagine tutta una biografia scegliendo quello che e il momento fondamentale del personaggio. Il Longino rappresentato e quello che alza le braccia verso il cielo dopo aver capito che Cristo è il figlio di Dio e dopo essersi convertito. Anche la gestualità apparentemente retorica è figlia di un intento preciso. Un altro aspetto è il panneggio che da questo momento non ha più la funzione di rivestire le persone, non è un saggio di conoscenza sulla scultura antica, ma ha la funzione di sottolineare e di enfatizzare il dramma che sta avvenendo sulla scena (uno degli elementi di novità di Bernini). Bernini studia il Longino in vari modelli, ne sopravvivono due (oltre a disegni a penna). Le terracotta di Bernini si conservano grazie agli artisti che le hanno prese, ma lui le considerava solamente degli oggetti d'uso. La loro fama inizia nel XX secolo. Nel Sant'Andrea di Duquesnoy invece i panneggi meno vorticosi, molto più legati alle statue antiche. Nel primo bozzetto oggi a Londra? E un altro che si trova a Roma ed è piuttosto malconcio, ritrovato fortuitamente 40 anni fa facendo dei lavori di ristrutturazione in una casa vicino al Colosseo. La statua di Longino si riconnette, anche per la collocazione, con il motivo di rappresentare una persona nel momento cruciale tipica di Bernini, ma differisce dalle statue precedenti per la dimensione. Le superfici già nel modello sono segnate per dare effetti di luci e ombre e questo effetto ritornerà nella statua compiuta. L'armatura il mantello la testa e la fronte non sono completamente lisce, ma hanno una superficie zigrinata. Questo è dovuto al fatto che, essendo la statua molto grande, la luce vi batterebbe in modo diverso se la superficie fosse lavorata. Uno dei temi principali di Bernini è il rapporto con la pittura e il riuscire a rendere i vari gradi della luce dell'ombra e del colore attraverso il marmo. Questa è la prima statua grande destinata essere vista da lontano e per questo studia questo motivo. Negli altri scultori la scultura è rifinita al massimo, nella Veronica di Francesco Mochi. Quando Mochi torna Roma il suo stile ormai è superato da quello berniniano, ma riesce a ottenere l'incarico della Veronica in San Pietro grazie al fatto che il fratello del Papa (Carlo Barberini) era un suo estimatore. La statua fu molto criticata nel seicento perché aveva un'idea di movimento troppo accentuata: sembra una figura in corsa che contravveniva alla definizione stessa di statua. Il movimento è falcato con panneggi taglienti molto più geometrici rispetto ai panneggi berniniani, e si muove con un movimento molto diverso rispetto a quello dei marmi di Bernini. In un documento che riguarda la stima della statua, Mochi interviene dicendo che dovrebbe essere pagata di più delle altre (alludendo a Longino) perché la sua statua aveva bisogno di minor manutenzione proprio perché liscia (vanta una superiorità tecnica). Mochi a Roma: Busto di Carlo Barberini (1620-30) fratello del papa Maffeo scolpito a fine anni '20, senso di disegno nei capelli, barba e baffi più astratto di quello di Bernini. Carlo Barberini (1630, Palazzo dei Conservatori Roma) Scolpito da bernini sulla base di un busto romano. Bernini su richiesta del papa scolpisce anche lui il fratello del papa, utilizzando un corpo antico un marmo romano e con sopra la testa di Carlo Barberini. La differenza nella lavorazione del ciuffo di capelli, abbiamo l’idea dei singoli capelli, idea più viene eseguito, ma in corso d'opera l'edificio mostra dei cedimenti e Bernini è costretto a farlo abbattere. L'abbattimento dei campanili coincide con la morte di urbano ottavo e che aveva speso molto per la basilica e per la costruzione di palazzo Barberini. Viene eletto (il cardinal Pamphili) Innocenzo X E avviene una scissione tra il nuovo pontificato e la famiglia Barberini. Questo passaggio si riflette anche nelle scelte artistiche del pontefice: il fatto che Bernini avesse lavorato così a lungo in cantieri cosi importanti per Urbano VIII fa sì che il nuovo pontefice non volesse una continuità artistica. In un momento di crisi dello Stato pontificio anche la committenza che promuoveva era importante. Per circa cinque anni Bernini non riesce a lavorare per il Papa ed è oggetto di processi per il campanile. Ma questo momento di sfortuna, da vero artista barocco, Bernini risponde scolpendo una statua per se stesso. La verità svelata dal tempo (1646-52, Galleria Borghese) Seduta su una roccia con il piede sul globo, alza il simbolo dei Barberini (sole). Il volto è ridente, non estatico, e il mantello ha pieghe irrealistiche. È una donna rubensiana, la carità con Il sole come sue attributo. Solo lo scorrere del tempo ci lascia vedere la verità. Già era singolare che uno scultore scolpisse di sua iniziativa un busto come aveva tatto con quello di costanza, ancora di più una grande statua di marmo. È un marmo non finito, il globo su cui è seduta è poco lavorato, in alto manca la figura del tempo. La figura stessa della verità invece e portata all' estrema finitura. Intorno al 1649-50 rientra nella grazie del pontefice e non occorre finire la statua. In origine il tempo doveva essere la figura di un vecchio che scosta il drappo. Oggi essa si trova a galleria borghese, me fino alla prima metà del 900 era ancora in casa degli eredi di Bernini. A dimostrazione del periodo difficile che il loro antenato passò. È molto espressionistica e percorre la fase tarda. Contemporanea a S. Teresa; ha lo stesso atteggiamento, ma un aspetto profano. Torna a lavorare per papa Innocenzo X, il monumento con cui riacquista i favori del papa: Fontana dei 4 fiumi a Piazza Navona È la piazza dei Pamphili. Il Pamphilii fa poche cose dentro San Pietro e sarà il papa successivo Chigi con il nome di Alessandro VII che commissiona la cattedra. La cattedra, l'altare della cattedra (1655-65, San Pietro) È molto singolare è un'altare reliquiario, che nasce per ospitare una reliquia a cui i pontefici in questo momento tengono molto. Un trono i legno dell'epoca carolingia (VII o IX secolo) che nel 600 venne creduta trono di san Pietro. Esaltare una reliquia come primo trono del papa era fondamentale in questo momento in cui i grandi re cattolici si curavano poco di che dicesse il papa. È un complesso che viene costruito in 10 anni dal 55 al 65 circa che raffigura i padri della Chiesa, due della chiesa latina e due della chiesa greca che sostengono la cattedra che si dirige verso il cielo dove c'è una gloria di angeli. I padri della Chiesa sostengono la cattedra attraverso dei lacci perché la cattedra sta su da sola, il potere del Papa e aiutato dalla Chiesa, ma esisterebbe anche senza. Sullo schienale del trono è raffigurato il momento in cui Cristo da a Pietro il suo gregge. Bernini si ispira a Rubens per la monumentalità dei panneggi. È un opera che invade o spazio, una sorta di gigantesco apparato effimero realizzato in materiali durevoli come il baldacchino. È l'opera più barocca di Bernini e non si capisce sia una scultura o un'architettura. La luce diventa parte integrante dell'opera, idea dei raggi che sono di legno e stucco che vanno sulle parti architettoniche dell'edificio. L'opera non entra nella partitura architettonica dell'edificio ma la sovrasta. Opera costosissima bronzo dorato. I padri della chiesa sono colti in atteggiamento drammatico mentre assistono al miracolo. La gloria di angeli in un primo tempo avevan pensato di eseguire tutti questi angeli in bronzo dorato, solo due vengo eseguiti cosi ma poi essendo troppo costoso vengono fatti in stucco. Il baldacchino in prospettiva incornicia perfettamente la cattedra. In un primo momento aveva progettando un altare da accordare ai due monumenti funebri, ma poi su consiglio di Sacchi capisce di dover realizzare un'opera più grande. In piena età neoclassica questo gusto cosi opulento viene contestato oltre da Cicognara e da Standhal. Il ritratto costatino su cavallo impegnato (1662-70, Scala Regia, Città del Vaticano) Nello stesso momento le altre cose che lui fa per la basilica sono il monumento a Costantino (destinato al portico della basilica), che sembra una statua ma è un rilievo. Anche qui c'è un impiego della luce molto forte, da un'idea nuova del monumento equestre col cavallo impennato sulle zampe posteriori e Costantino è ritratto in un momento cruciale della sua vita: durante la battaglia di ponte Milvio quando ha la visione della croce. A Bernini verrà contrastata la figura di Costantino rappresentato con la barba e anche la tenda dietro. L'imperatore ha l'espressione stupita e in adorazione per la visione e la tenda mossa dal vento è l'unica indicazione spaziale. L'ispirazione è dalla statua equestre di Giangiacomo Trivulzio o dalla battaglia di anghiari di Leonardo. Commissionata da papa Pamphilij (Innocenzo X) consegnata nel '70. Altare del sacramento (cappella laterale di San Pietro) Sempre degli ultimi anni, per l’altare scolpisce i due angeli in bronzo attorno a un ciborio. Ancora una volta si ritiene che il modello per gli angeli sia da vedere nella pittura di Guido Reni (in trinità dei Pellegrini), ma ne da una interpretazione molto più concitata e barocca. Monumento del papa Alessandro VII (1672-78, San Pietro) L'ultimo monumento funerario papale è quello di Alessandro VII Chigi: anche per lui accade ciò che era accaduto per Urbano VIII non riesce ad avere in vita il suo monumento funebre. Lui muore nel 1667 e il monumento e degli anni 70. Il luogo scelto in San Pietro e meno autorevole di quello scelto per Urbano VIII (accanto all'altare maggiore) infatti al di sotto è presente una porta che porta ai locali della sagrestia e Bernini deve fare i conti con quel tipo di spazio. La porta diventa un passaggio tra il nostro mondo e l'al di là, inoltre rivoluziona l'idea stessa di monumento come l'aveva fatto in precedenza: il Papa non è più in trono ma inginocchiato in preghiera e le figure allegoriche che sono quattro (la carità, la verità con il sole in mano e la fortezza e la giustizia in secondo piano), sono poste in uno stranissimo spazio definito da un drappo rosso di Diaspro ondeggiante dal quale esce la figura della morte con la clessidra. Il drappo può alludere a un'iconografia che all'epoca era molto studiata e amata che quella del sangue di Cristo. È l'immagine di un mistico spagnolo che rappresenta Dio padre gli angeli che raccolgono il sangue di Cristo che va a formare un mare di sangue che porta alla salvezza. In Bernini la verità doveva essere nuda, ma dal 76 diventa Papa Innocenzo XI Odescalchi, molto devoto e che non apprezza particolarmente Bernini. Egli non tollera che ci sia una figura nuda in San Pietro e quindi ordina a Bernini di vestirla. La parte che veste la statua è di bronzo dipinta di bianco per simulare il marmo. Il panno di diaspro ha lo stesso intento del drappo della beata Ludovica, interrompe in parte il basamento e fa da padiglione alzato dalla morte con clessidra. La verità è longilinea quasi estenuata. Esiste un bozzetto insieme a un documento scritto per lo studio d'insieme del monumento a Alessandro VII, restaurandolo ci si è resi conto che la testa è stata cotta in un altro pezzo perché probabilmente prima della cottura la testa era solo appoggiata: probabilmente Bernini aveva scolpito la testa a parte per giocare sull'inclinazione. Dai documenti della fabbrica di San Pietro si viene a conoscenza che Bernini ormai vecchio decide di ritoccare la statua all'ultimo dando il suo tocco finale e rifinendo con lo scalpello il volto del Papa, testimonianza di una dedizione totale. Da Innocenzo X a Innocenzo XI 1644-1680 Bernini negli anni che vedono i Barberini cacciati da Roma dopo la morte di Urbano VIII, Innocenzo X diventa papa, Bernini smette di lavorare qualche anno per i papi. Questo gli da la possibilità di lavorare a commissione che vengono da altri personaggi. Nel 1645 i Cornáro (Corner) molto importanti veneziani, stretti legami con Roma, molti cardinali. Un cardinale Cornáro vivo in questi anni Commissiona a Bernini una cappella dedicata a Teresa D’avila e alla sua famiglia, in santa Maria della Vittoria. Santa Teresa d’Avila, Cappella Cornáro, (1647-53, Santa Maria della Vittoria, Roma) Teresa vissuta in Spagna nel secolo precedente era divenuta santa nel 1600. Mancava ancora a Roma un luogo specificamente dedicato a questa santa. La cappella doveva ospitare anche le sepolture d quei Cornàro che erano stati prelati o cardinali. Il fatto che Bernini non sia impegnato in San Pietro in grandi imprese, consente di Bernini di concentrarsi nella commissione, di ridisegnare a cappella, di scolpire in aria personale statua principale e anche alcune parti meno importanti. La cappella va compresa complessivamente, è frutto di un progetto molto complesso e sofisticato. Il progetto parte dal pavimento stesso dove vi sono figure di scheletri realizzati con marmi policromi intarsiati. L’ultima cena raffigurata nel paliotto dell’altare, la figura della santa, sui lati 6 personaggi sono i personaggi della famiglia Cornàro, in alto la gloria della santa. Attraverso il sacrificio di cristo si arriva alla figura di straordinaria rappresentate della santità controriformata. Il bel composto: i contemporanei di bernini sostenevano che bernini avesse trovato un modo per vivere architettura, pittura e scultura. Queste 3 arti non rimangono ognuna al proprio posto, si mescolano tra loro al fine di darci una opera complessiva dove la pittura entra nello spazio architettonico e la scultura stessa che vive di luce e dove i raggi luminosi son solidificati nella scultura e il confine tra scultura e architettura viene a saltare. È un luogo dove Bernini sperimenta come a san Pietro questo unione delle tre arti.La gloria di angeli che recano un cartiglio quelli soliti in stucco con il nome di Teresa. In alto la parte pittorica eseguita da un collaboratore di Bernini, si interseca una con l’altra. In alto nuvole in stucchi e dipinti. Bernini fa un piccolo modello della fontana d’argento e il papa vede il progetto e si convince che così deve essere la fontana. L’idea geniale è quella di colpire l’immaginazione. La volontà di stupire come già aveva fatto in San Pietro col baldacchino una struttura perenne che imitava le strutture effimere. Grande scoglio in travertino cui possa le figure in marmo di Carrara. Idea che obelisco sembra appoggiare sul nulla. L’acqua dappertutto, il rio raffigurato con il volto coperto perchè all’ora non se ne conoscevano le sorgenti. C’è una differenza sostanziale tra le statue in marmo e la roccia in travertino su cui sono poggiate. Sui quattro speroni ci sono le figure portanti dei quattro fiumi (parti del mondo). L’obelisco incombe sulla piazza, dal sostegno scaturisce l’acqua e l’appoggio è un monte roccioso cavo al centro. Non è più l’iconografia consueta di statue fluviali classiche: eccetto il Gange le statue hanno un movimento rotatorio e sono volte in atti di meraviglia. Qui conta l’originalità di ideazione e la vivacità con cui le statue animano lo sfondo. La composizione ha molti significati simbolici: l’allusione all’arca di noe (la chiesa come nave di salvezza) e il valore architettonico è dato dal dominio sulla piazza dalla spettacolarità di forme e colori riflessi e dallo scrosciare dell’acqua. Sappiamo che qui Bernini non colpisce quasi niente, le 4 statue in marmo scolpite da collaboratori, tra cui Antonio Raggi. Anche le fonti dell’epoca ricordano le statue con i nomi dei collaboratori. Bernini ha fatto i bozzetti del progetto. È singolare il vezzo di bernini perché in questa fontana lui si attribuirebbe il leone e lo scoglio, cosa non vera. Il fatto che lo dica vuole sottolineare che la roccia è molto importante, è animata come se fosse un terreno, e questo tipo di lavorazione sia stata ispirata da bernini. Con questa fontana bernini riprende quota in questi anni 40 che sono sfortunati (il campanile minaccia di cadere, muore urbano VIII) e a partire dal 48-49 ritorna in auge con il papa Innocenzo X e con alte committenze pubbliche. Busto di Francesco I d’Este (1650-51, Modena, Galleria d’Este) Nel 50 riceve la commissione da Francesco I d’Este duca di Modena. Bernini non va a Modena. Gli estensi avevano governato nel 400 e 500 un ducato grande che comprendeva Modena, Reggio e Ferrara, e quando si estingue un ramo principale della famiglia il papa si riprende Ferrara a fine 500, conquistandola. Ragione per cui oggi a Roma troviamo tantissimi quadri ferraresi (Garofalo, dosso dossi) e i quadri di Tiziano che erano stati i quadri che decoravano lo studio di Alfonso primo d'Este e poi presi dai Ludovisi e donati poi al re di Spagna. Le fonti del 600 il Bellori ci racconta come andassero dai Ludovisi copiare il quadro Duquesnoy e Pussin. Gli Este quindi erano riusciti a tenere un ducato molto più piccolo, senza Ferrara e avevano perso gran parte delle collezioni. Nonostante questo Francesco I teneva molto alla propria effige e si fa ritrarre da grande sovrano. In quel momento Modena e Bologna non era un centro cultura e artistico paragonabile a Roma, sappiamo che Francesco scrive a Rinaldo il fratello che stava a Roma e chiede consigli su chi lo avrebbe potuto ritrarre. E il fratello dice che c’è l’Algardi che ha un costo se esegue tutta la la statua lui più o meno, 150-250 scudi. I busti di Algardi a differenza di quelli di bernini non hanno l’idea di vitalità, di personaggi che parlano con chi li osserva, di panneggi in movimento. Hanno anch’essi un’intensità psicologica. Nella stessa lettera Rinaldo dice Bernini neanche a parlarne perchè è impegnatissimo nella fontana e tutti lo vogliono. A questo punto il duca vuole il Bernini e esso accettati fare questo busto che venire scolpito a Roma. Bernini è il primo scultore che accetta di ritrarre personaggi vivi senza averli mai incontrati (prima magari lo facevano per le persone morte) es il Carlo I di Inghilterra ritratto sulla base del finto di Van Dyck. L’intento è è di amplificazione celebrativa. Il personaggio è elegante e eroicizzato: c’è l’idealizzazione di perfezione aristocratica e interpretazione fantastica del concetto di regalità. Quando Francesco I vede il busto rimane molto contento, in questo busto Bernini ha capito tutte le velleità di Francesco I che non era un grande sovrano ma che volveva essere messo sullo stesso piano. Grandiosità del busto, strano in armatura ed enorme panneggio, mantello molto mosso. Immagina Francesco in mezzo ad una battaglia dove il mantello vien rigato dal vento però il grande sovrano rimane imperturbabile (adifferenza di Velasquez che ritrae Francesco I senza dargli la stessa aria maestosa). Questo tipo di panneggio gli conferisce una maestà inedita. Bernini in Francia Negli anni successivi Innocenzo X muore nel 65 e il nuovo papa è Alessandro VII Chigi che commissionerà molte cosa, tra cui la cattedra e il monumento funerario. Durante questo papato abbiamo episodi che sono molto importanti e segnano simbolicamente l’inizio della fine del primato artistico. Lavorio diplomatico e il risarcimento che Luigi 14 chiede per non fare guerra allo stato pontificio è quello di avere Bernini. I palazzo del Louvre che era sede del re di Francia, Luigi 14 poi porterà la corte a Versailles. Ma in questo momento pensa di ingrandire il Louvre, palazzo del ‘500, e aveva richiesto molti disegni ad architetti italiani. Si rende conto che ha bisogno di Bernini a Parigi. Sulla carta il viaggio nasce dalla debolezza dello stato pontificio ma rappresenterebbe il trionfo dell’arte italiana fuori dall’Italia. Il giorno dopo il suo arrivo a Parigi, il 3 giugno 1665, Bernini concluse che il lavoro che era stato già fatto al Louvre da Louis Le Vau, un architetto barocco classico francese che era stato assunto da Luigi XIV, era inadeguato, decidendo invece di creare i propri progetti. Il 600 in Francia è secolo che vede la Francia avere un grande fiorire culturale. Bernini viene chiamato a Parigi, vi sta 3 mesi e il giovane re gli mette fianco il signore di Chanteloue che tiene un diario giorno per giorno in cui ci dice cosa ha fatto e detto Bernini in questo periodo. Emergono anche i lati meno simpatici del personaggio. Si comincia a costruire il Louvre con una facciata cosi mossa, elementi concavi e convessi ma appena ritorna in Italia il progetto di Bernini viene stracciato. In questo periodo nasce l’accademia di Francia che manda a Roma i propri artisti. Da questo momento le nuove proposte artistiche messe in campo in Italia non sono più un modello accettato senza essere messo in discussione. Se prima tutti volevano avere un edificio costruito da un architetto italiano ora non più. La mancata assegnazione al progetto berniniano segna un po questa spaccatura. Busto di Luigi XIV (1665, Versailles) Siamo ne 65, Bernini ormai anziano. Vuole cogliere lo spirito del sovrano, è un’dealizzazione regale. È una sola di riproposizione del busto di Francesco primo a distanza di qualche anno. Il mantello ancora più mosso e dal ritmo tormentato. Confronto con Jean Warin di un busto di Luigi molto diverso dal Bernini. L’idea era quella di rappresentare il sovrano nel mezzo della battaglia (ricordata dalle pieghe tormentate), ma con un fare sempre imperturbabile. Richiama un po’ Carlo V che vince il furore di Leone Leoni. C’è la stessa idea di sovrano che deve dominare le passioni. Monumento equestre a Luigi XIV (1665-84, Versailles) Insieme al Costantino è il vertice di resa di movimento è celebrazione di grandezza eroica. Bernini promette a Luigi di scolpire un suo monumento equestre. Viene spedito negli ultimissimi anni di vita e sceglie di raffigurare il sovrano a cavallo in una battaglia e raffigurare il cavallo solo sulle due zampe posteriori a differenze di Donatello e Mochi. Nel suo processo di costruzione della statua equestre, Bernini ha fatto riferimento a una delle sue opere precedenti, la Visione dell'Imperatore Costantino , che iniziò la costruzione nel 1654 e fu completata alla fine del 1669. La statua equestre di Luigi XIV è stata progettata pensando al suo precedente lavoro sul monumento equestre dell'imperatore Costantino a Roma, con entrambi i cavalli che assumevano pose simili e nessuno dei cavalieri che reggevano redini o staffe. Mentre i gesti di Costantino erano sollevati sopra di lui per trasmettere la visione della Santa Croce e Dio sopra di lui, i gesti del Re Sole sono fondati per trasmettere il suo potere mondano e non divino in un atto che Bernini definì come un 'atto di maestà e comando' . Il sovrano fermo e imperturbabile. Viene messa infondo al parco di Versailles e viene trasformato in un eroe romano che era stato in grado di varcare le fiamme e il piedistallo trasformato nelle fiamme, altro segno della sfortuna del barocco romano e Berniniano nella Francia di Luigi 14 (non so perché viene trasformato) oggi una copia moderna è stata collocata davanti al Louvre come risarcimento molto tardo per porre fine alla sfortuna francese di Bernini e anche perché l’architetto del Louvre era amico del più grande studio di Bernini Levin che suggerisce a Pei (architetto giapponese) di mettere Bernini li. Bernini discusse per la prima volta il progetto mentre era in Francia a metà degli anni Sessanta, ma iniziò solo più tardi nel decennio, quando tornò a Roma. Non fu completato fino al 1684 e poi spedito a Parigi nel 1685. Luigi XIV di Francia era estremamente scontento del risultato finale e lo fece collocare in un angolo dei giardini del palazzo reale di Versailles. Viene trasformato anche il soggetto: è un Curzio Rufo che attraversa le fiamme. È un altro segno della sfortuna del barocco di bernini nella Parigi di Luigi XIV. Il colonnato Piazza San Pietro (1657-73) Commissionata da Alessandro VII Si arrivava alla piazza percorrendo due stradine molto strette e il che voleva dire che chiunque camminasse avesse la percezione della grandiosità della piazza solo nel momento in cui ci arrivava. La soluzione secondo cui la piazza si palesi improvvisamente è fortemente voluta da Bernini. In epoca fascista, per sottolineare il clima di accordo tra stato e chiesa, viene distrutto il piccolo quartiere e viene costruita la grande strada Via del conciliazione che molto ha compromesso l’effetto che ha piazza procurava. La piazza di Bernini avrebbe dovuto avere un terzo braccio che chiudeva la piazza. Le statue il nome di Alessandro VII che compare nel colonnato. La piazza sembra abbracciare la folla, la chiesa che abbraccia i fedeli. Piazza molto sproporzionata per la Roma di allora. Roma è una città che cala ogni giorno di abitanti e cresce di statue (nel 700 non sarà più così).
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