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Sbobine sul processo esecutivo, Sbobinature di Diritto Processuale Civile

Sbobine sul processo esecutivo della prof.ssa Rusciano, sostitutive. Utili per la preparazione di diritto processuale civile 2 in tutte le cattedre

Tipologia: Sbobinature

2019/2020

Caricato il 22/11/2022

GiovanniRossetti98
GiovanniRossetti98 🇮🇹

5

(1)

4 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Sbobine sul processo esecutivo e più Sbobinature in PDF di Diritto Processuale Civile solo su Docsity! SEMINARIO PROFESSORESSA RUSCIANO DEL 04.03.20. Che cos'è il processo esecutivo? Per comprendere che cos'è il processo esecutivo a me piace iniziare con l'immagine della dea della giustizia. Com'è raffigurata la dea della giustizia? Ha tre caratteristiche fondamentali, tre attributi. Innanzitutto è bendata quindi ha una benda, poi ha nella mano destra una bilancia e nella mano sinistra una spada. Ognuno di questi oggetti hanno un profondo significato. Infatti la benda sugli occhi rappresenta l'imparzialità del giudice, del soggetto al quale si chiede la domanda di giustizia. La bilancia, invece, rappresenta il giudizio, l'essenza propria del giudizio di cognizione quello del quale vi parlano i professori a lezione, dare ragione o torto ai due litiganti. Ma una volta data giustizia non si è ancora soddisfatto in pieno il diritto di colui che si rivolge alla sfera giurisdizionale e quindi rispetto all'inadempimento del soggetto privato lo stato deve prestare una forza, una misura coercitiva volta ad ottenere l'effettiva soddisfazione del soggetto che chiede tutela giurisdizionale ed è quindi che entra in gioco la spada la quale in sostanza rappresenta la forza il potere che la giustizia deve avere per imporsi e per far rispettare i propri precetti. Tra questi tre attributi, l’attributo che dobbiamo tener sempre presente quando studiamo il processo esecutivo è proprio quello della spada. Che cos'è il processo esecutivo? Il processo esecutivo sicuramente è esercizio di attività giurisdizionale, è costituito da una serie di atti e di provvedimenti emessi da parte del giudice e l'obiettivo al quale mira è quello di far ottenere alla parte proprio ciò che ha il diritto di ottenere. Originariamente il Carnelutti ad esempio diceva che il processo esecutivo è il processo di attuazione, cioè secondo Carnelutti volendo qualificare le regole dettate dal legislatore con riferimento al processo esecutivo potremmo dire che è un processo quasi amministrativo non propriamente giurisdizionale. Tuttavia ad oggi si ritiene che il processo esecutivo sia a tutti gli effetti esercizio di attività giurisdizionale ciò lo si ricava da diverse fonti. Innanzitutto è un attività giurisdizionale perché serve a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale perché se io sono creditore, affermo di essere creditore di un soggetto, quindi agisco in via giurisdizionale per ottenere una sentenza di condanna del debitore al pagamento di una somma di denaro ho ottenuto un pezzo di carta, non ho ancora i soldi in tasca e se quindi non esistesse il processo esecutivo, io dovrei semplicemente contare sull'adempimento spontaneo dell'obbligato non avrei alcuna possibilità di ottenere un adempimento forzoso in qualche modo. Ecco perché il processo esecutivo è tutela giurisdizionale, serve a garantire l'effettività della tutela giurisdizionale, serve a dare attuazione all'articolo 24 della costituzione, all'articolo 111 della stessa costituzione al giusto processo civile. Quali sono i caratteri generali del processo esecutivo? Qui manteniamo sempre il confronto con il processo di cognizione. Il processo esecutivo in sostanza parte da un punto diverso rispetto al processo di cognizione, e cioè ha ad oggetto una lite, una pretesa già accertata. In particolare mentre quando facciamo riferimento al processo di cognizione partiamo da un punto che rappresenta l'affermazione della parte, io affermo di essere titolare del diritto di credito ma sarà il giudice attraverso il giudizio di cognizione a valutare la fondatezza della mia azione e quindi ad accertare l'esistenza di quel diritto, invece, il processo esecutivo parte da questo momento in poi cioè già stata accertata l'esistenza del diritto ma bisogna semplicemente dare attuazione a quanto accertato. In realtà c'è un presupposto essenziale per poter procedere all'esecuzione forzata, presupposto essenziale è l'aver ottenuto, l'essere in possesso di un titolo esecutivo. Libman infatti diceva: “il titolo esecutivo è l'unica condizione necessaria e sufficiente per poter procedere ad esecuzione”. Quindi se nel processo di cognizione facevamo riferimento alle condizioni dell'azione, nel processo esecutivo unica condizione fondamentale per poter procedere ad esecuzione è appunto il titolo esecutivo. Già dalle premesse alle quali ho fatto riferimento potremmo dire che mentre con riferimento al processo di cognizione possiamo parlare indistintamente di giudizio o di processo, invece, con riferimento al processo esecutivo parlare di giudizio è errato non vi è alcuna valutazione di accertamento, non vi è un potere cognitivo vero e proprio, non vi è un giudizio nel vero senso del termine, ma si tratta semplicemente di una sequenza di atti e provvedimenti che conduce ad uno scopo fondamentale cioè dare effettività a quel comando e a quell'accertamento contenuto nell'ambito del titolo esecutivo. Quando parliamo però del processo esecutivo dobbiamo fare delle distinzioni. Innanzitutto ci sono degli obblighi che non possono essere oggetto di esecuzione diretta, cioè in sostanza non è possibile che determinati obblighi siano suscettibili di esecuzione forzata in quanto non permettono allo stato di sostituirsi al debitore inadempiente per soddisfare il diritto del creditore procedente. In questi casi sono previste delle forme di esecuzione indiretta cioè delle ipotesi in cui il legislatore prevede delle misure coercitive, in sostanza delle misure che possono essere sanzioni, multe o anche delle misure di carattere civile volte proprio a indurre il debitore all'adempimento spontaneo. Nel tempo sono esistite diverse forme di esecuzione, ovviamente se andiamo con lo sguardo molto a ritroso ci accorgiamo guardando per esempio al diritto romano che come dice Gaio nell'ambito delle legis actiones era prevista la possibilità per il creditore quasi di trascinare il debitore dinanzi al pretore, dopodiché il debitore diventava quasi uno schiavo del creditore. Quindi in mancanza di adempimento spontaneo era questa la misura per indurlo ad adempiere spontaneamente. Oggi ovviamente il sistema non è più questo esistono delle misure coercitive, tra le quali abbiamo una misura coercitiva introdotta di recente prevista dall'articolo 614 bis del codice di procedura civile, il quale prevede che sia il giudice della cognizione, quindi una volta accertato il diritto di credito e una volta condannato l'obbligato all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro, a determinare una somma di denaro per ogni inadempimento o ritardo nell'adempimento da parte del soggetto obbligato. Anche nel sistema penale troviamo delle sanzioni volte ad indurre l'obbligato all'adempimento spontaneo. Quali sono queste sanzioni? L'articolo 388 del codice penale rubricato mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice prevede la pena della reclusione fino a tre anni o la multa da euro 103 a euro 1032 in caso di mancata osservanza di un provvedimento del giudice. E così anche l'articolo 650 del codice penale prevede delle sanzioni che hanno quindi rilevanza nell'ambito del sistema penale. Ma quando è che si fa riferimento a queste misure coercitive, a queste forme di esecuzione indiretta? Si fa riferimento a queste forme di coercizione indiretta ad esempio nell'ambito dell'esecuzione per obblighi di fare e di non fare ovvero laddove ci sia la condanna dell'obbligato ad eseguire una prestazione infungibile per l'esecuzione della quale nessuno può sostituirsi al soggetto obbligato con eguale soddisfazione da parte del creditore, in questo caso quindi l'unica possibilità è quella di cercare di monetizzare l'inadempimento o il ritardo nell'adempimento spontaneo da parte dell'obbligato prevedendo quindi delle misure coercitive. Quando all'esame vi chiediamo che cos’è questa infungibilità ci stupiamo del fatto che voi nonostante abbiate superato istituzioni di diritto privato, diritto civile non sappiate darci una definizione di infungibilità. L'infungibilità è il fatto che la prestazione deve essere eseguita proprio da quel determinato soggetto obbligato, per cui nessuno si può surrogare nella posizione del soggetto obbligato per ottenere la piena soddisfazione del diritto del creditore che agisce in giudizio. Oltre a queste forme particolari quindi volte a supplire all'impossibilità di esecuzione di determinate prestazioni vi è poi l'esecuzione diretta. In questo caso il tipo di attività che tiene l'ufficio giudiziario è collegato all'attività che deve tenere l'obbligato. Ad esempio se l'inadempimento concerne l'obbligo di consegna di un bene mobile c'è qualcuno che si sostituisce all'obbligato che non consegna spontaneamente, prende il bene mobile e lo consegna all'avente diritto. Quindi c'è un soggetto che si sostituisce al debitore inadempiente per giungere al risultato cui mira il titolo esecutivo. 2. e poi al contempo ai sensi dell'articolo 2945 del codice civile l'effetto sospensivo e cioè il termine non solo riparte da zero ma al contempo non inizia nuovamente a decorrere, il suo decorso si sospende per tutta la durata del processo e fino al passaggio in giudicato della sentenza. Questo duplice effetto fondamentale si raggiunge anche tramite la proposizione della domanda esecutiva? Leggiamo un attimo gli articoli 2943 e 2945 del codice civile per capire se e quando si realizza questo effetto. Ai sensi dell'articolo 2943: “la prescrizione è interrotta dalla notificazione dell'atto con il quale si inizia un giudizio, sia questo di cognizione ovvero conservativo o esecutivo e viene richiamato l'articolo 474 ovvero il titolo esecutivo”. Da questa norma sembrerebbe che tramite la notificazione di quell'atto che precede l'inizio del processo esecutivo ovvero la notificazione del titolo esecutivo già realizzo un effetto che, invece, stando al processo di cognizione è proprio della proposizione della domanda che si realizza solo con l'inizio del processo di cognizione. Quindi possiamo dire che nonostante ogni esecuzione debba essere preceduta dalla notificazione del titolo esecutivo e dell'atto di precetto già con la notificazione del titolo esecutivo si realizza un effetto tipico della proposizione della domanda ovvero l'effetto interruttivo della prescrizione. Per quello sospensivo, invece, dobbiamo attendere l'inizio vero e proprio del processo esecutivo. Ovviamente capirete bene che l'articolo 2945 laddove parla di effetto sospensivo della prescrizione al comma secondo del codice civile prevede la necessità che sia pronunciata una sentenza passata in giudicato, fino a quel momento il termine di prescrizione rimane zero. In realtà nell'ambito del processo esecutivo non vi sarà una sentenza che passa in giudicato diversa è la funzione, quindi dobbiamo far riferimento alla conclusione in qualche modo del processo esecutivo. Quindi il principio della domanda comunque vige anche con riferimento al processo esecutivo. Il principio della domanda armonizzato con la tutela esecutiva richiede però alcune specificazioni, innanzitutto la domanda esecutiva vera e propria se la vogliamo far coincidere con la pendenza del processo la si ha nel momento in cui il creditore si rivolge all'ufficio giudiziario, all'ufficio esecutivo, ma prima di questo momento vi è la necessità che il creditore proceda alla notificazione di atti pre-esecutivi direttamente nei confronti del soggetto obbligato ovvero la notificazione del titolo esecutivo e dell'atto di precetto. Già da questo momento si realizza un effetto quello decritto dall'articolo 2943 del codice civile sulla prescrizione del diritto e cioè l'effetto interruttivo , invece, per l'effetto sospensivo occorre l'effettiva pendenza del processo e quindi l'inizio della procedura esecutiva, inizio che varia a seconda del tipo di processo esecutivo che viene in considerazione, per il momento accontentatevi del fatto che laddove si tratti di espropriazione forzata che va a tutelare in via esecutiva il diritto del creditore al pagamento di una somma di denaro, l'atto iniziale di questa procedura esecutiva è preceduto dal pignoramento. Ma sempre volendo mantenere questo confronto con il processo di cognizione importante è chiedersi chi sono le parti del processo di cognizione? Innanzitutto sono l'attore e il convenuto. Diversamente nell'ambito del processo esecutivo non parliamo propriamente di attore e convenuto perché il soggetto obbligato non viene chiamato in giudizio per rappresentare le proprie ragioni, per dare spazio al suo diritto di difesa in quanto già c’è un accertamento costituito dal titolo esecutivo per cui facciamo riferimento alle categorie sostanziali, abbiamo il creditore da un lato e il debitore dall'altro. Il debitore è colui che subisce il processo esecutivo ma ha delle possibilità di contestare la pretesa esecutiva, tuttavia dato che tali contestazioni dovrebbero necessariamente comportare un giudizio, le sedi di tale giudizio sono collegate al processo esecutivo ma non sono proprie del processo esecutivo, cioè a fronte di queste contestazioni è come se si formassero delle parentesi cognitive che potrebbero innestarsi nell'ambito del processo esecutivo. Quindi nel processo esecutivo le parti non sono il convenuto e l'attore ma sono il creditore e il debitore esecutato. Accanto a queste vi è poi il giudice, tuttavia a differenza del processo di cognizione, nel processo esecutivo quando parliamo di giudice dell'esecuzione dobbiamo più delle altre volte far riferimento all'ufficio giudiziario perché in molti tipi di procedure esecutive in realtà il giudice persona fisica rimane sullo sfondo, la sua partecipazione al processo esecutivo non è necessaria perché non deve decidere, bisogna semplicemente dare attuazione al diritto accertato per cui il tutto è lasciato ad un altro protagonista dell'ufficio giudiziario rappresentato dall'ufficiale giudiziario. Quindi quando parliamo di giudice dell'esecuzione dobbiamo tener presente che nell'ambito del processo esecutivo fondamentale è il ruolo proprio dell'ufficio giudiziario. Quindi tradizionalmente e fino al 2021 dobbiamo dire che il giudice competente è il tribunale in composizione monocratica in funzione del giudice dell'esecuzione. Oltre a questo criterio di competenza voi sapete che dobbiamo individuare la competenza territoriale cioè il giudice di quale luogo è competente per l'esecuzione? Qui i criteri variano a seconda del tipo di esecuzione che viene in rilievo ma anche in questo caso vi invito a non memorizzare il criterio di collegamento scelto dal legislatore ma a comprenderlo. Ad esempio se si tratta di espropriazione di beni immobili, cioè espropriazione vuol dire che sono nell'ambito dell'espropriazione forzata devo tutelare il diritto del creditore al pagamento di una somma di denaro, beni immobili vuol dire che oggetto dell'espropriazione è un bene immobile di proprietà del debitore che si trova nell'ambito del patrimonio del debitore esecutato, devo trasformare questo bene in denaro, in modo tale da soddisfare la pretesa creditoria. Quale potrà mai essere secondo voi il criterio di collegamento territoriale prescelto? La sede del bene immobile. Ma ancora accanto ai soggetti tradizionali del processo, quindi attore e convenuto nel processo di cognizione creditore, debitore e ufficio giudiziario inteso in senso ampio comprensivo anche dell'ufficiale giudiziario nel processo esecutivo, esistono anche dei soggetti terzi. Nell'ambito della prima parte avete visto che soggetti terzi possono intervenire nel corso del processo o volontariamente in tal caso di parla di intervento principale o su chiamata del giudice o istanza di parte in tal caso si parla di intervento coatto. Ciò vale sicuramente con riguardo al processo di cognizione, diversamente nell'ambito della procedura esecutiva esistono diverse nozioni di terzo. Innanzitutto il terzo può essere coinvolto nella procedura esecutiva come ausiliare del giudice ossia come soggetto che deve collaborare nella procedura esecutiva. Ciò accade ad esempio nell'ambito dell'espropriazione presso terzo. Che vuol dire? Vuol dire che il creditore che ha diritto al pagamento di una somma di denaro notifica il titolo esecutivo, il precetto al debitore esecutato, il debitore esecutato non adempie spontaneamente per cui si pone la necessità di instaurare il processo esecutivo. Ora io creditore so' che il debitore ha un conto corrente presso l'istituto bancario. Quindi l'istituto bancario è il debitor debitoris è terzo rispetto alla procedura esecutiva, perché io agisco in via esecutiva nei confronti del mio debitore, però chiedo in qualche modo e coinvolgo questo terzo debitor debitoris perché mi aiuti a perfezionare il pignoramento. Quindi vado a pignorare un diritto di credito del debitore esecutato nei confronti di un soggetto terzo estraneo, il terzo debitor debitoris. Questo è un esempio ovviamente. In questa prima ipotesi dunque si tratta di un soggetto che è terzo ma assume la figura, la qualifica quasi di ausiliare del giudice, quasi di un soggetto che deve aiutare la procedura esecutiva per realizzare il diritto del creditore. Oltre a questa ipotesi vi è una seconda ipotesi di terzo da tenere ben distinta dalla prima. All'esame quando vi chiediamo dell'espropriazione presso terzi della quale vi ho parlato ora voi rispondete invece con un altro tipo di espropriazione e cioè l'espropriazione contro il terzo proprietario. L'unica parola che hanno in comune questi due istituti è terzo ma sono completamente diversi, proprio per la qualifica che attribuiamo al terzo. Infatti mentre nell'espropriazione presso terzi, il terzo deve coadiuvare la procedura, invece, nell'ambito dell'espropriazione contro il terzo proprietario, soggetto passivo dell'espropriazione viene ad essere anche il terzo proprietario e non solo il debitore esecutato. E come mai? Come può accadere questo? Può accadere ad esempio o nelle ipotesi in cui il terzo abbia prestato una garanzia per cui è responsabile senza debito per esempio è possibile che il terzo abbia prestato una garanzia reale su un proprio bene per un debito altrui e quindi in questo caso il creditore può procedere ad esecuzione nei confronti del terzo proprietario di quel bene e quindi nell'ipotesi in cui il creditore abbia esperito favorevolmente fruttuosamente l'azione revocatoria. Vi ricordate che cos'è l'azione revocatoria? La situazione base è la seguente: il debitore proprietario di un bene aliena questo bene ad un terzo, il creditore agisce in giudizio per ottenere la inefficacia di questo atto di alienazione, in quanto avvenuto in modo fraudolento. In questa ipotesi quindi lo scopo dell'azione revocatoria, è ottenere un provvedimento dal giudice della cognizione volto a dichiarare l'inefficacia di quell'alienazione a favore del creditore procedente. Il creditore ottenuta questa sentenza da parte del giudice può direttamente agire nei confronti del terzo proprietario. Torneremo anche su questa particolare forma di espropriazione, per ora vi basti sapere che il terzo può assumere diverse qualifiche a seconda del tipo di espropriazione o può essere ausiliare del giudice o può essere soggetto passivo insieme con il debitore o ancora vi è un ulteriore possibilità può essere il soggetto che contesta il diritto di proprietà del bene pignorato perché ritiene di essere lui stesso proprietario. Qual è l'ipotesi presa in considerazione dal legislatore all'articolo 619? L'ipotesi è che: è stato oggetto di pignoramento un bene che in realtà non rientra nel patrimonio del debitore, capirete bene che si tratta di una contestazione che richiede un accertamento, bisogna giudicare effettivamente se il bene che è stato oggetto del processo esecutivo, oggetto di pignoramento rientra nell'ambito del patrimonio del debitore sul quale legittimamente può soddisfarsi il creditore o se invece in realtà è di proprietà di un altro soggetto del tutto estraneo alla procedura esecutiva. Per verificare ciò in questo caso si apre una di quelle parentesi cognitive alle quali ho fatto riferimento prima, l'opposizione di terzo all'esecuzione tramite la quale il terzo fa valere un errore che è stato commesso nell'ambito della procedura esecutiva e fa valere il suo diritto di proprietà o altro diritto reale sul bene oggetto di pignoramento. Ma ripeto su tutto questo ci torneremo sono semplici nozioni che intendo darvi perché a poco a poco cerchiamo di costruire questo mosaico. Accanto a queste figure tradizionali dobbiamo tener conto di altri creditori e in particolare dobbiamo tener conto di un principio che avete studiato sempre nell'ambito del codice civile, il principio della par condicio creditorum sancito all'articolo 2741 del codice civile. In forza di tale principio si considera che si deve dare la possibilità ad altri creditori di prendere parte al processo esecutivo e talvolta questa possibilità che si sostanzia nell'intervento di altri creditori nell'ambito della procedura esecutiva, potrebbe determinare anche oneri aggiuntivi per il creditore precedente, cioè il creditore se intende procedere ad esecuzione su di un bene in riferimento al quale vi è un diritto di prelazione risultante da pubblici registri, in questo caso dovrà avvisare il creditore che vanta questo diritto di prelazione. Poi vedremo di volta in volta quali sono gli oneri che dovrà affrontare il creditore precedente per il momento sappiate che vi è il creditore, vi è il debitore esecutato quindi non parlate di attore e convenuto vi è il giudice inteso come ufficio giudiziario e vi sono altri soggetti o terzi o altri creditori perché nell'ambito del processo esecutivo bisogna sempre tener presente il principio della par condicio creditorum. A questo punto analizziamo le regole proprie del processo esecutivo. Prima regola è che per procedere all’esecuzione forzata presupposto fondamentale è la sussistenza di un titolo esecutivo. Alla luce di ciò possiamo dire che mentre nel processo di cognizione presupposto indispensabile ai fini della proposizione della domanda sono la legittimazione ad agire e l’interesse ad agire diversamente nel processo esecutivo condizione necessaria e sufficiente perché possa procedersi ad esecuzione forzata è il possesso del titolo esecutivo nel quale tra l’altro sono impliciti sia la legittimazione ad agire che l’interesse ad agire. L'articolo 474 del codice di procedura civile indica quali sono i titoli esecutivi, quali cioè sono quei documenti, quegli atti ai quali il legislatore ha attribuito efficacia esecutiva. Andiamo con ordine. Ci sono delle ordinanze che hanno efficacia di titolo esecutivo ad esempio le ordinanze per il pagamento delle somme non contestate, l'ordinanza ingiunzione talvolta, l'ordinanza successiva alla chiusura della classe istruttoria cioè le ordinanze cosiddette anticipatorie di condanna che pronuncia il giudice della cognizione durante il processo e che anticipano in qualche modo la decisione di condanna finale. Così come c' è un procedimento speciale sommario non cautelare il procedimento per convalida di sfratto in cui il locatore conviene in giudizio, quindi cita in giudizio il conduttore in quanto il contratto di locazione è scaduto ma il conduttore non rilascia spontaneamente l'immobile in questa ipotesi si dà al locatore la possibilità di rivolgersi al giudice per chiedere l'emanazione di un provvedimento cioè un' ordinanza di rilascio che rappresenta il titolo esecutivo tramite il quale si può poi agire in mancanza di adempimento spontaneo da parte del conduttore all'esecuzione per rilascio di beni immobili. Badate che come la sentenza anche i provvedimenti possono essere non definitivi e quindi provvisoriamente esecutivi tra le parti quest'aspetto lo si coglie anche nell'ambito del procedimento di convalida di sfratto e non solo anche con riferimento al procedimento di ingiunzione. Che cosa accade nel caso del procedimento per decreto ingiuntivo. In sostanza accade che si instaura una forma di contradditorio differito ed eventuale. Differito cosa vuol dire? Vuol dire che il giudice prima pronuncia il provvedimento e poi viene instaurato il contraddittorio. Che vuol dire eventuale? Si dice eventuale perché è lasciata alla facoltà del debitore decidere se instaurare un giudizio di cognizione piena o se instaurare il contraddittorio nelle forme di opposizione al decreto ingiuntivo. Quindi che cosa accade? Accade che il creditore si rivolge direttamente al giudice e in presenza di determinate condizioni di ammissibilità il giudice direttamente senza ascoltare le ragioni del debitore pronuncia il decreto. La regola vuole che il decreto non nasca provvisoriamente esecutivo ma diventi esecutivo decorsi quaranta giorni dalla notificazione del decreto e del ricorso al debitore, cioè una volta pronunciato il decreto ingiuntivo è onere del creditore procedere alla notificazione cioè portare a conoscenza dell'obbligato del debitore il provvedimento del giudice, da quel momento il debitore ha 40 giorni di tempo per poter o adempire oppure proporre opposizione cioè far valere le sue ragioni instaurando il giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo e di regola il decreto ingiuntivo acquista efficacia esecutiva decorsi 40 giorni senza che sia stata proposta opposizione. Eccezionalmente e nelle ipotesi previste dall'articolo 642 il legislatore prevede che il decreto ingiuntivo nasca, sia emanato dal giudice provvisoriamente esecutivo ad esempio quando la pretesa creditoria si fonda su determinati titoli di credito perché in questo caso appare verosimile che la pretesa del creditore sia fondata, per cui il legislatore decide di attribuire efficacia esecutiva seppure in via provvisoria al decreto. RIPETIZIONE. Quindi tutto questo limitatamente all'articolo 474 numero 1 cioè in merito a titoli esecutivi giudiziali per dirvi che l'efficacia esecutiva delle sentenze è limitata alle sentenze di condanna, non coincide con l'autorità di cosa giudicata perché anche la sentenza di condanna di primo grado ai sensi dell'articolo 282 è sentenza provvisoriamente esecutiva. Talvolta come nel rito del lavoro non è neanche necessario attendere tutta la sentenza in quanto sulla base del solo dispositivo il lavoratore e solo il lavoratore può procedere ad esecuzione. Vi sono poi altri provvedimenti diversi dalla sentenza che hanno efficacia esecutiva quali ordinanze e decreti. L’articolo 474 in ultimo prevede che sono titoli esecutivi giudiziali oltre che le sentenze e i provvedimenti anche altri atti ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva. A quali atti fa riferimento secondo voi l’articolo 474? L'utilizzo delle parole da parte del legislatore non è casuale infatti quando parla di provvedimenti si riferisce ad atti del giudice, quando invece parla di atti non si riferisce a provvedimenti del giudice ma si riferisce ad atti posti in essere dalle parti però si tratta sempre di titoli esecutivi di formazione giudiziale si fa ad esempio riferimento al processo verbale di conciliazione ai sensi dell'articolo 185 del codice di rito. L'articolo 185 in particolare prevede che: “o il giudice quando lo ritenga opportuno o le parti possono chiedere congiuntamente al giudice di fissare un'udienza affinché le parti siano sentite personalmente, siano interrogate liberamente e sia posta la conciliazione della lite”. Questa conciliazione in realtà avviene ad opera delle parti ma alla presenza del giudice e quindi anche se successivamente alla conciliazione le parti non adempiano agli obblighi in essa contenuti possono ovviamente procedere ad esecuzione sulla base del verbale di conciliazione. Quindi innanzitutto titoli di esecuzione giudiziale sono le sentenze, i provvedimenti e gli altri atti ai quali la legge attribuisce efficacia esecutiva. Poi quali sono gli altri titoli esecutivi ai senti dell'articolo 474? I numeri due e tre dell’articolo 474 fanno riferimento a titolo esecutivi stragiudiziali, i quali si formano non all'esito di un giudizio di cognizione ma fuori dal processo come le scritture private autenticate. Che cosa sono le scritture private autenticate? Le scritture private autenticate sono dei documenti autografi delle parti la cui caratteristica principale è rappresentata dalla sottoscrizione. La scrittura privata autenticata implica che il controllo da parte del notaio o del pubblico ufficiale sia avvenuto in questo momento nella fase appunto della sottoscrizione, cioè il notaio identifica la parte che sottoscrive e quindi la fede dell'atto deve essere attribuita limitatamente alla provenienza dell'atto, delle dichiarazioni rispetto al sottoscrittore. Studierete infatti che la scrittura privata autenticata costituisce anche un documento di prova molto importante nel processo di cognizione è una prova si dice legale nel senso che a differenza della testimonianza il giudice non può apprezzare liberamente secondo il suo prudente apprezzamento la risultanza probatoria ma il rispetto alla scrittura privata autenticata è vincolato dalla legge. Di che cosa fa prova la scrittura privata autenticata? La scrittura privata autenticata fa prova della provenienza delle dichiarazioni rispetto al sottoscrittore. Ora il legislatore ai fini dell'esecuzione fa sì che la scrittura privata autenticata possa assurgere a titolo esecutivo però non in ogni caso cioè essa non può giustificare qualsiasi tipo di esecuzione ma il numero 2 dell'articolo 474 aggiunge che essa costituisce titolo esecutivo relativamente alle obbligazioni di somme di denaro in esse contenute. Quindi quale tipo di esecuzione può legittimare la scrittura privata autenticata? La scrittura privata autenticata può legittimare solo l'espropriazione, in quanto non può essere posta ovviamente a fondamento di un'esecuzione in forma specifica ma solo in relazione al diritto di credito e al pagamento di somme di denaro. Diversamente il numero tre dell’articolo 474 fa riferimento agli atti ricevuti dal notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge. In questo caso il legislatore ha ritenuto che l'accertamento contenuto nell'ambito di un atto pubblico ad esempio di un atto ricevuto dal notaio sia maggiore rispetto all'accertamento che può fornirci una scrittura privata autenticata con la conseguenza che non solo anche esso è qualificabile come titolo esecutivo di formazione stragiudiziale ma a differenza della scrittura privata autenticata può allo stesso tempo legittimare qualsiasi forma di esecuzione. C'è però un ulteriore dubbio che esamineremo quando parleremo dell'esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare o di non fare. Per questa particolare forma di esecuzione l'esempio classico che facciamo è la condanna dell'obbligato ad abbattere un muro, l'obbligato non abbatte il muro spontaneamente bisogna procedere all'esecuzione, le forme dell'esecuzione in questo caso prevedono la sostituzione dell'obbligato con un'impresa ad esempio che va effettivamente a realizzare il risultato contenuto nel titolo esecutivo. Per questa forma di esecuzione il legislatore ha voluto limitare i titoli esecutivi solo ai titoli esecutivi di formazione giudiziale prima fra tutti la sentenza di condanna. Ripetizione. Quindi cercando di ricapitolare innanzitutto perché si possa procedere ad esecuzione è necessario avere il titolo esecutivo. Il titolo esecutivo è un documento che in qualche modo contiene l'accertamento di un diritto e come in una fotografia il titolo esecutivo rappresenta tutte le condizioni perché si possa procedere ad esecuzione forzata. Il titolo esecutivo è atto che necessariamente precede l'inizio dell'esecuzione ed è disciplinato all'articolo 474 norma che specifica che il titolo esecutivo è relativo ad un diritto certo, liquido ed esigibile e distingue tra diversi tipi di titoli esecutivi. Innanzitutto si tratta di documenti tipici. Numero uno titoli esecutivi di formazione giudiziale: la sentenza, provvedimenti e altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Numero due le scritture private autenticate, atti ricevuti da notaio o da altro pubblico ufficiale. Non tutti i titoli esecutivi possono fondare ogni tipo di esecuzione ma dobbiamo stare attenti. Espropriazione forzata? Posso iniziare l'espropriazione forzata sulla base di tutti i titoli esecutivi giudiziali o stragiudiziali che siano. Esecuzione per consegna o rilascio? Non il numero 2 dell'articolo 474 non le scritture private autenticate. Esecuzione per obblighi di fare e di non fare? Vedremo che la disciplina propria dell'esecuzione per gli obblighi di fare e di non fare limita i titoli esecutivi azionabili solo ai titoli di formazione giudiziale in particolare la sentenza di condanna. Ancora siamo abituati a far riferimento soprattutto alla legittimazione ad agire. Chi è il soggetto legittimato ad agire nel processo di cognizione? Colui che afferma di essere titolare del diritto sostanziale dedotto in giudizio, quindi di regola vi è corrispondenza tra il soggetto che afferma di essere titolare del diritto e il soggetto che agisce in giudizio salve le ipotesi tipiche ed eccezionali previste dalla legge come nel caso dell'azione surrogatoria. In realtà questa condizione è implicita nell'ambito del titolo esecutivo. Perché? Perché il titolo esecutivo contiene anche l'indicazione dei soggetti, del creditore e del debitore quindi di colui che è legittimato a procedere all'esecuzione forzata in forza del titolo e colui nei cui confronti si procede all'esecuzione forzata e infatti dopo che è stata pubblicata la sentenza di condanna al pagamento di somme di denaro è necessario che il creditore ottenga la cosiddetta spedizione in forma esecutiva. Che cos'è questa spedizione in forma esecutiva? Le sentenze e gli altri provvedimenti dell'autorità giudiziaria, anche gli atti ricevuti da notaio per valere come titolo esecutivo devono essere muniti di una formula esecutiva e proprio il legislatore ci dice in che cosa consiste questa formula esecutiva, cioè il legislatore prevede che tale forma esecutiva consiste nell'intestazione Repubblica italiana e nell'espressione "comandiamo a tutti gli ufficiali giudiziari di mettere ad esecuzione il presente titolo, al pubblico ministero di darne assistenza e a tutti gli ufficiali della forza pubblica di concorrervi quando ne siano legalmente richiesti”. In realtà si tratta proprio di un timbro che viene posto dal cancelliere sulla copia esecutiva del provvedimento giudiziale, però questo passaggio questa necessità che il titolo esecutivo sia spedito in forma esecutiva rileva a un altro fine al fine di individuare l'efficacia soggettiva del titolo esecutivo, perché abbiamo detto che nell'ambito del titolo esecutivo sono individuati il creditore e il debitore. Quindi il soggetto a favore del quale può essere spedito in forma esecutiva il titolo è il soggetto obbligato. Tuttavia ci si è chiesti però visto che non c'è una norma come l'articolo 110 o 111 del codice di procedura civile e cioè visto che non c’è una disciplina specifica della successione nell'ambito del processo esecutivo che succede? Il titolo esecutivo ha una portata soggettiva limitata solo alle parti che sono ivi indicate oppure può essere anche utilizzato a favore e contro il successore del creditore o del debitore? Proprio dall'articolo 475 che disciplina la spedizione in forma esecutiva del titolo possiamo trarre alcuni argomenti. Che cosa ci dice questa norma? Ci dice che: “la spedizione del titolo in forma esecutiva può farsi soltanto alla parte a favore della quale fu pronunciato il provvedimento o stipulata l'obbligazione o ai suoi successori con indicazione in calce della persona alla quale è spedita”. Da questa norma quindi dettata solo ai fini dell'individuazione del soggetto al quale può essere consegnata la copia con la spedizione in forma esecutiva del titolo emerge in realtà che può verificarsi legittimamente un fenomeno successorio anche in questa fase del processo e che quindi il titolo esecutivo possa essere rilasciato e poi essere utilizzato non solo da creditore ivi indicato ma anche da altri soggetti ovvero i successori del creditore. E invece dal lato passivo vi è un'altra norma l'articolo 477 il quale disciplina il caso in cui emanato il titolo esecutivo il soggetto obbligato muoia e quindi prevede l'ipotesi in cui si agisce in via esecutiva nei confronti degli eredi, proprio la rubrica della norma è “efficacia del titolo esecutivo contro gli eredi”. Il titolo esecutivo contro il defunto ha efficacia contro gli eredi ma si può loro notificare il precetto solo dopo 10 giorni dalla notificazione del titolo. Questa norma in realtà ci vuole dire che se è stata pronunciata una sentenza di condanna nei confronti di Tizio e Tizio è deceduto io creditore posso ugualmente soddisfare la mia pretesa nei confronti degli eredi ma in realtà devo dare loro un termine per conoscere il titolo esecutivo e poi la notificazione dell'atto di precetto. Mentre di regola posso effettuare questa notificazione congiuntamente a questi due atti, in sostanza questa disposizione, invece, impone un onere al creditore di notificare prima il titolo esecutivo perché altrimenti Cos’è l’atto di precetto? È un atto di parte, è un atto del creditore, è un atto recettizio. Recettizio significa che produce i suoi effetti una volta portato a conoscenza del debitore. Ed è molto importante, perché tramite questo atto di precetto si ha la cd. attualizzazione del titolo esecutivo, sia in senso soggettivo che oggettivo. Attualizzazione del titolo esecutivo, in senso soggettivo, vuol dire che eventuali divergenze tra il titolo esecutivo e i soggetti che minacciano l’esecuzione o nei cui confronti viene minacciata a causa ad esempio di fenomeni successori, vanno specificate nell’ambito di questo atto. In senso oggettivo, possiamo fare l’esempio di un adempimento parziale del diritto consacrato nel titolo esecutivo da parte del debitore: il titolo esecutivo conterrà, individuerà il diritto di credito in senso ampio, senza tener conto di questo adempimento parziale; il precetto, invece, deve essere fatto per la differenza. Quindi in questo senso, quando parliamo di precetto, dobbiamo capire qual è la sua funzione. La sua funzione è innanzitutto quella di attualizzare il titolo esecutivo. Detto questo, in che cosa consiste l’atto di precetto? L’atto di precetto è un’intimazione (nb. non intimidazione come spesso viene detto agli esami – avrebbe dei risvolti penali!) ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo, entro un termine perentorio, che la legge prescrive non inferiore a 10 giorni decorrenti dalla notificazione dell’atto. Quindi, abbiamo detto che prima di qualsiasi tipo di esecuzione (sia espropriazione forzata, sia esecuzione in forma specifica) il creditore non può – pur avendo il titolo esecutivo – iniziare il processo esecutivo immediatamente, ma è necessario che proceda alla notificazione degli atti pre esecutivi, atti cd. preliminari: titolo esecutivo e atto di precetto. Cos’è l’atto di precetto? È un atto di parte, redatto e sottoscritto dal creditore, che contiene in sostanza l’attualizzazione del titolo esecutivo, sia in senso soggettivo (cioè, serve ad individuare effettivamente il soggetto che agisce in via esecutiva e il soggetto nei cui confronti avrà luogo la procedura esecutiva, cioè il debitore esecutato), sia in senso oggettivo (perché va a specificare e individuare il diritto di credito per il quale si procede). In sostanza, si tratta di un’intimazione ad adempiere l’obbligo risultante dal titolo, entro un termine – la legge determina come minimo in 10 giorni decorrente dalla notificazione dell’atto stesso. La norma alla quale occorre fare riferimento è l’art. 480 del codice di rito, il cui primo comma è chiaro nell’individuare l’essenza dell’atto di precetto. Art. 480 cpc, 1° co – Forma del precetto: «Il precetto consiste nell'intimazione di adempiere l'obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, salva l'autorizzazione di cui all'articolo 482, con l'avvertimento che, in mancanza, si procederà a esecuzione forzata» Si tratta, in sostanza, dell’ultima possibilità, data al debitore esecutato, di adempiere spontaneamente. Senza quindi subire il processo esecutivo e le sue spese. L’art. 480 poi prosegue ed individua gli elementi che deve contenere l’atto di precetto. Art. 480 cpc, 2° co – Forma del precetto: «Il precetto deve contenere a pena di nullità l'indicazione delle parti, della data di notificazione del titolo esecutivo se questa è fatta separatamente o la trascrizione integrale del titolo stesso, quando è richiesta dalla legge […] Il precetto deve altresì contenere l'avvertimento che il debitore può, con l'ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore» Quindi, leggendo questo secondo comma, ricaviamo degli elementi che necessariamente l’atto di precetto deve contenere a pena di nullità. Quali sono questi elementi? - L’indicazione delle parti - La data di notificazione del titolo esecutivo, se è fatta separatamente, cioè se la notificazione del titolo esecutivo non è congiunta rispetto alla notificazione dell’atto di precetto; e c’è un’ipotesi in cui necessariamente bisogna procedere alla notificazione di questi due atti in modo disgiunto. Qual è questa ipotesi in cui il creditore non può procedere direttamente la notificazione del titolo esecutivo e atto di precetto in modo congiunto? L’ipotesi contemplata dall’art. 479, perché in quel caso gli eredi potrebbero non essere a conoscenza della pretesa del creditore e non essere a conoscenza dell’esistenza di un titolo esecutivo e quindi il legislatore impone ci sia necessariamente un lasso di tempo per gli eredi per poter adempiere spontaneamente senza nemmeno sopportare le spese dell’atto di precetto. - Oppure la trascrizione del titolo stesso quando è richiesta dalla legge: ad esempio, quando si tratta di un titolo esecutivo di formazione stragiudiziale, è richiesto dalla legge che ci sia la trascrizione del titolo all’interno dell’atto di precetto - L’avvertimento che il debitore può porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento, concludendo con i creditori un accordo di composizione della crisi o proponendo agli stessi un piano del consumatore: a che cosa si riferisce, in questa ipotesi, il legislatore? Si riferisce all’art. 6 della l. 03/2012, che prevede per il debitore non fallibile – al fine di porre rimedio al sovraindebitamento – di concludere un accordo con i creditori, in modo tale da fermare, bloccare, le procedure esecutive. Quindi, la funzione di questo procedimento descritto dalla l. 03/2012 è quella di aiutare i soggetti non sottoposti a fallimento (professionista, piccolo imprenditore, agricoltore), che si trovano in una situazione di squilibrio finanziario, a far fronte agli impegni assunti mediante un pagamento rateale concordato. Come si svolge questo procedimento descritto dalla l. 03/2012? Tramite un’istanza al tribunale, viene nominato un professionista che predispone il piano del consumatore o un accordo di ristrutturazione di debiti, dopodiché c’è una fase di approvazione, omologazione da parte del tribunale e in questo modo si ha il divieto di esecuzioni individuali e il blocco di quelle già intraprese. Domanda di uno studente: quindi l’atto di precetto è un atto che apre le procedure fallimentari? Risposta: no, questa legge trova applicazione solo per i soggetti non sottoposti a fallimento, non fallibili. Ai fini del processo civile e esecutivo, basti sapere che si tratta di un avvertimento che deve essere contenuto nell’ambito dell’atto di precetto e rivolto al debitore, di poter, con l’ausilio di un organismo di composizione della crisi o di un professionista nominato dal giudice, porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento concludendo un accordo di composizione della crisi o un piano del consumatore. Domanda di uno studente: che succede nell’ipotesi in cui non c’è questo avvertimento? Risposta: dalla disposizione sembrerebbe che l’avvertimento non sia previsto a pena di nullità, perché, per come è formulato il secondo comma dell’art. 480, il legislatore dice che l’atto di precetto “deve altresì contenere”, ma non ripete la sanzione prevista per la mancata indicazione delle parti. E quindi effettivamente si è posto il problema di capire quali siano le conseguenze nelle ipotesi in cui manchi l’avvertimento. In giurisprudenza si sono registrate due diverse interpretazioni: - Il tribunale di Milano del 2015 ha individuato quale sanzione per l’omesso avvertimento, la nullità; - Altra parte della giurisprudenza ha ritenuto che in queste ipotesi si tratti unicamente di irregolarità dell’atto di precetto e quindi non inficia l’intero atto stesso – facendo leva sul fatto che il legislatore non sanziona espressamente l’ipotesi dell’omesso avvertimento con la nullità. E quest’ultima è l’interpretazione maggioritaria, attualmente. Il 3° comma dell’art. 480 individua ulteriori elementi dell’atto di precetto. Innanzitutto, la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante, nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Questa indicazione – la dichiarazione o elezione di domicilio – in realtà, laddove manchi, non determina la nullità dell’atto di precetto, perché lo stesso art. 480 co. 3 dice che in mancanza di questa, le opposizioni al precetto si propongono davanti al giudice del luogo in cui è stato notificato e le notificazioni alla parte istante si fanno presso la cancelleria del giudice stesso. Quindi, ricapitolando, l’atto di precetto deve contenere diversi elementi: innanzitutto, l’indicazione delle parti, la notificazione del titolo esecutivo se precede la notificazione dell’atto di precetto o la trascrizione del titolo laddove sia necessario trascriverlo perché stragiudiziale. Il precetto, poi, contiene l’avvertimento al debitore di porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento (l. 03/2012). Ancora, si deve dichiarare la residenza o l’elezione di domicilio del creditore nel comune dove ha sede il giudice competente per l’esecuzione, però quest’ultimo requisito non è previsto a pena di nullità perché innanzitutto è funzionale all’eventuale proposizione di contestazioni da parte del debitore prima che inizi il processo esecutivo, tramite l’opposizione, ed è lo stesso legislatore che dice che in mancanza di questo requisito l’opposizione si propone al giudice del luogo in cui è stato notificato il precetto e le notificazioni vengono ad essere fatte presso la cancelleria. Domanda di uno studente: possono essere disgiunti il titolo esecutivo e l’atto di precetto? Risposta: la notificazione di questi atti può avvenire congiuntamente o, a scelta del creditore procedente, in modo disgiunto. E cioè, prima procedo alla notificazione del titolo esecutivo poi alla notificazione dell’atto di precetto. A discrezione. Di regola è possibile per il creditore scegliere due diverse modalità: notificazione congiunta o disgiunta di questi atti preliminare. L’eccezione a questa regola è l’art. 479, in cui si prevede che il creditore deve procedere all’esecuzione nei confronti dei successori, degli eredi di un soggetto debitore defunto. In questo caso, l’art. 479 impone la notificazione disgiunta (prima notificazione titolo esecutivo, poi notificazione atto di precetto). Domanda di uno studente: la spedizione va effettuata su una copia del titolo? Risposta: sì, solo su una copia del titolo. L’atto di precetto è un atto di parte. Come in tutti gli atti di parte, viene richiamato l’art. 125 contenuto nella parte generale e applicabile anche agli atti del processo esecutivo. L’art. 125 viene espressamente richiamato dall’art. 480. Art. 480 ult. co. cpc – Forma del precetto: «Il precetto deve essere sottoscritto a norma dell'articolo 125 e notificato alla parte personalmente a norma degli articoli 137 e seguenti» Che vuol dire questo richiamo all’art. 125? È importante perché, se ben riflettete, abbiamo detto che l’atto di precetto si trova prima e fuori del processo esecutivo, non è propriamente un atto processuale, ma deve necessariamente precedere l’inizio del processo esecutivo. Per cui, a lungo si è discusso circa la natura dell’atto di precetto, se potesse essere qualificato quale atto giudiziale o stragiudiziale. Perché è importante distinguere e vedere quale sia la qualificazione più adatta all’atto di precetto? Risposta di uno studente: per gli effetti sostanziali e processuali riconnessi alla notifica del precetto. Risposta dott.ssa Rusciano: questo un po’ sì, però in realtà – lo abbiamo detto anche la scorsa volta – con l’atto di precetto si ha sicuramente l’interruzione della prescrizione, ma non anche la sospensione della prescrizione del diritto che si verifica con l’inizio vero e proprio dell’esecuzione. Quindi, è vero fino ad un certo punto. Questa qualificazione come atto giudiziale o stragiudiziale è importante per l’applicabilità della disciplina relativa alla patologia degli atti processuali. Quando avete studiato la prima parte, avete fatto riferimento ad una disciplina generale di nullità degli atti processuali di cui artt. 156 e ss. del cpc, in cui viene detto all’art. 156 che accanto al principio di tassatività delle nullità, il legislatore ha introdotto un altro paramento al quale commisurare la validità o meno dell’atto medesimo, cioè il raggiungimento dello scopo. Quindi se noi riteniamo che siamo in presenza di un atto processuale e che quindi l’atto di precetto possa essere qualificato quale atto processuale, possiamo ritenere applicabile la disciplina di cui agli att. 156 e ss ed eventualmente far riferimento al parametro del raggiungimento dello scopo, per capire se un atto - Seconda fase: trasformazione del bene pignorato in denaro, tramite vendita e assegnazione - Fase distributiva: è l’ultima fase, che raggiunge il risultato del processo esecutivo, cioè, la soddisfazione del creditore procedente Il pignoramento Prima di affrontare le singole forme di espropriazione forzata, vediamo in cosa consiste questo primo atto. Le caratteristiche generali del pignoramento sono molto importanti. L’atto di pignoramento costituisce il primo atto dell’espropriazione forzata. Art. 491 cpc – Inizio dell’espropriazione: «Salva l'ipotesi prevista nell'articolo 502, l'espropriazione forzata si inizia col pignoramento» L’art. 491 esordisce dicendoci che l’espropriazione forzata si inizia con il pignoramento. Il pignoramento è sempre atto dell’ufficio esecutivo, tramite il quale individua il bene e si conserva il diritto del creditore su quel bene di modo tale da creare un vincolo giuridico. In cosa consiste il pignoramento? È un’ingiunzione che viene fatta dall’ufficiale giudiziario, al soggetto esecutato, di astenersi dal compiere qualsiasi atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito, il bene che viene ad essere assoggettato all’espropriazione. L’art. 491, rubricato “Inizio dell’espropriazione”, è chiaro: l’espropriazione forzata si inizia con il pignoramento. L’art. 492 dice in cosa consiste. Art. 492 cpc – Forma del pignoramento: «Salve le forme particolari previste nei capi seguenti, il pignoramento consiste in una ingiunzione che l'ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto diretto a sottrarre alla garanzia del credito esattamente indicato i beni che si assoggettano alla espropriazione e i frutti di essi» Deve essere fin da ora chiaro che l’inizio dell’espropriazione si ha con il pignoramento ed è attività dell’ufficiale giudiziario. La funzione del pignoramento è quella di vincolare determinati beni del debitore alla soddisfazione del credito in virtù del quale il creditore procedente agisce. In che consiste questo vincolo di indisponibilità che si crea attraverso l’ingiunzione che viene fatta dall’ufficiale giudiziario? L’effetto che si raggiunge è rendere inefficaci, seppur in favore del creditore procedente, tutti gli atti con cui il debitore intende disporre del bene sottoposto a tale vincolo: sono inopponibili. Si tratta di un’inefficacia relativa nei confronti del creditore procedente e degli altri eventualmente intervenuti. L’atto compiuto dal debitore resta perfettamente valido, non è una nullità assoluta dell’atto, ma è inefficace rispetto all’espropriazione ed alla funzione che mira a raggiungere il processo esecutivo. Prima ancora di esaminare quali sono gli effetti del pignoramento, occorre soffermarsi sulla qualificazione del pignoramento. Chi beneficia di questo vincolo che si crea col pignoramento? Nell’ambito della procedura esecutiva, possono giovarsi del pignoramento anche altri creditori, oltre a quello procedente. A differenza di quanto accade nel sequestro conservativo (nell’ambito del procedimento cautelari) ove si parla di vincolo a porte chiuse, nel pignoramento si parla di un vincolo a porte aperte e abbiamo, infatti, diversi soggetti: il creditore, l’avente diritto; il debitore, l’obbligato; altre parti, terzi o altri creditori. Infatti, nel nostro ordinamento vige un principio importantissimo: la par condicio creditorum, art. 2741 cc. Art. 2741 cc - Concorso dei creditori e cause di prelazione: «I creditori hanno eguale diritto di essere soddisfatti sui beni del debitore, salve le cause legittime di prelazione. Sono cause legittime di prelazione i privilegi, il pegno e le ipoteche.» Domanda di uno studente: nel caso di inadempimento spontaneo del debitore, a seguito della notificazione dell’atto di precetto, prima dei 90 giorni, il creditore per attivare il processo esecutivo dovrà procedere con un nuovo atto di precetto? Risposta: assolutamente no, se prima dei 90 giorni. Il precetto perde efficacia decorsi i 90 giorni. Domanda di uno studente: i terzi possono far valere i propri diritti sul bene acquistato? Risposta: ovviamente se hanno acquistato dopo il pignoramento, non possono far valere il proprio diritto. Ma questo lo vedremo poi. Hanno uno strumento, eventualmente, per far valere il loro diritto di proprietà ma solo se prevalente rispetto all’espropriazione forzata, cioè se hanno acquistato prima del pignoramento vero e proprio. La par condicio creditorum è un principio fondamentale: i creditori hanno eguale diritto di ottenere soddisfazione delle proprie pretese sui beni del debitore, salvo non vi sia una causa legittima di prelazione. Questo principio, che in materia fallimentare è obbligatorio, nell’esecuzione singolare non trova applicazione assoluta, perché il debitore può decidere in via stragiudiziale di adempiere ad alcune obbligazioni piuttosto che altre. E perché la regola del concorso di creditori trova applicazione soltanto se gli altri creditori decidono di prendere parte al processo esecutivo, cioè di spiegare intervento nell’ambito del processo esecutivo. In particolare, a proposito dei creditori che possono partecipare al processo esecutivo, si suole fare alcune distinzioni: - La prima distinzione è quella tra creditori aventi diritto di prelazione e creditori non aventi diritto di prelazione e che vengono qualificati come creditori chirografari; - Altra distinzione è tra creditori muniti di titolo esecutivo e creditori non muniti di titolo esecutivo; - Terza distinzione è tra creditori tempestivi e creditori tardivi; Pausa. Eravamo arrivati al punto di individuare le diverse categorie di creditori, visto che ai sensi dell’art.2941 cc possono intervenire nell’ambito della procedura esecutiva anche altri creditori e giovarsi di quel vincolo che viene a crearsi tramite il pignoramento. Le tre categorie di creditori che possono spiegare intervento all’interno del processo esecutivo sono 1) creditori che hanno diritto di prelazione e creditori chirografari, che non hanno diritto di prelazione 2) creditori muniti di titolo esecutivo e creditori non muniti di titolo esecutivo 3) creditori intervenuti tempestivamente e creditori intervenuto tempestivamente. Prima categoria: creditori con diritto di prelazione VS creditori chirografari I creditori che hanno un diritto di prelazione sono creditori che, sui beni pignorati, hanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri. Tali creditori, innanzitutto, devono in qualche modo essere avvisati della pendenza del processo esecutivo. Quindi, ad esempio, i creditori il cui diritto è assistito da ipoteca o pegno o anche nelle ipotesi di prelazione processuale o ancora i creditori il cui diritto sia privilegiato (cause di prelazione che discende direttamente dalla legge) devono ricevere notizia che pende il processo esecutivo. Infatti, è onere del creditore procedente notiziare i creditori che vantano un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri sul bene oggetto di pignoramento, in modo tale da provocare nell’ambito del processo esecutivo il loro intervento nella procedura. Ancora, i creditori che hanno un diritto di prelazione, non solo devono essere notiziati della procedura esecutiva e sollecitati ad intervenire in questa, ma sono preferiti, nella fase distributiva, ai creditori chirografari. Quindi, questa prima distinzione tra creditori con diritto di prelazione e creditori chirografari rileva sotto due diversi profili: - I creditori che hanno diritto di prelazione devono essere notiziati della procedura esecutiva, in modo tale da sollecitare il loro intervento nell’ambito del processo esecutivo; - Inoltre, questa distinzione rileva nella fase distributiva, perché quando si tratterà di distribuire la somma ricavata, i creditori che hanno un diritto di prelazione sono preferiti rispetto ai creditori chirografari; Seconda categoria: creditori muniti di titolo esecutivo e creditore non muniti di titolo esecutivo. Ulteriore distinzione alla quale il legislatore fa riferimento è quella tra creditori muniti e non muniti di titolo esecutivo. In sostanza, l’art. 499 co. 1 cpc limita l’intervento a sole tre categorie di creditori non muniti di titolo esecutivo. Quindi, non tutti i creditori privi di titolo esecutivi possono spiegare intervento nell’ambito della procedura esecutiva. E questa distinzione tra creditori muniti e non di titolo esecutivo, rileva nella fase cd. espropriativa: cioè, i creditori muniti di titolo esecutivo possono compiere gli atti di impulso processuale; potere che non è riconosciuto ai creditori non muniti di titolo esecutivo. Quali sono queste categorie di creditori che pur non avendo il titolo esecutivo, ma semplicemente affermandosi creditori dell’esecutato, possono spiegare intervento nella procedura esecutiva? Il legislatore ha scelto tre categorie. Art. 499 co. 1 cpc – Intervento: «Possono intervenire nell’esecuzione i creditori che nei confronti del debitore hanno un credito fondato su titolo esecutivo, nonché i creditori che, al momento del pignoramento, avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati ovvero avevano un diritto di pegno o un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri ovvero erano titolari di un credito di somma di denaro risultante dalle scritture contabili di cui all’art. 2214 cc» Quindi, i creditori non muniti di titolo esecutivo che possono spiegare intervento vanno suddivisi in tre categorie: - Creditori che al momento del pignoramento avevano eseguito un sequestro sui beni pignorati. Il legislatore intende riferirsi al sequestro conservativo, un provvedimento cautelare tipico disciplinato dall’art. 671 cpc. L’art. 671 cpc prevede che il creditore che ha fondato timore di perdere la garanzia del proprio credito può chiedere al giudice un provvedimento, il quale provvedimento ha l’effetto di vincolare alcuni beni del debitore così come avviene con il pignoramento (è una sorta di pignoramento anticipato). Quindi i creditori che hanno ottenuto il sequestro conservativo sui beni pignorati, nel momento del pignoramento, possono spiegare intervento pur non avendo ancora titolo esecutivo. - Creditori che avevano diritto di pegno o prelazione risultante dai pubblici registri. - Creditori di somme di denaro risultanti dalle scritture contabili. Viene richiamato l’art. 2214 cc: l’imprenditore. Quindi gli obblighi delle scritture contabili relativi all’imprenditore. Non è sufficiente, per i creditori non muniti di titolo, spiegare intervento per partecipare alla fase distributiva. C’è bisogno di un ulteriore step: intervengono con un’istanza, un ricorso depositato nella cancelleria del giudice competente per l’esecuzione, prima che sia tenuta l’udienza in cui è disposta la vendita o l’assegnazione. E una volta fatta istanza di intervenire nell’ambito della procedura esecutiva, è necessario che vi sia un’ulteriore fase: l’interpello cui è chiamato il debitore esecutato a riconoscere o meno il diritto di credito del creditore non munito di titolo esecutivo. Mi spiego meglio. Dal punto di vista statico, abbiamo esaminato le ipotesi di intervento del creditore non munito di titolo esecutivo. Quindi, la regola vuole che si può intervenire nella procedura esecutiva (e in questo modo giovarsi del vincolo che si è venuto a creare col pignoramento) solo se si ha un titolo esecutivo; se non si ha non si ha un titolo esecutivo non si può intervenire. A meno che – eccezione – non si rientri in una di queste categorie descritte dall’art. 499 co. 1 (creditore sequestrante; coloro che hanno un diritto di prelazione risultate dai pubblici registri; coloro il cui diritto si è documentato tramite le scritture contabili obbligatorie di cui all’art. 2214 cc). In queste ipotesi è possibile spiegare intervento. Da un punto di vista dinamico, l’intervento non è Rileva nella fase meramente distributiva. I creditori chirografari intervenuti tempestivamente hanno diritto di essere preferiti, nella fase di distribuzione della somma ricavata, rispetto a quelli che invece hanno spiegato intervento tardivo. Nel progetto di distribuzione, nella fase distributiva, c’è un ordine in cui vanno soddisfatti i creditori: oltre alle spese della procedura esecutiva che vanno certamente preferite, vi sono i creditori che hanno un diritto di prelazione; ancora, i creditori chirografari intervenuti tempestivamente; poi, i creditori chirografari intervenuti successivamente; infine, se c’è un residuo va al debitore. Cercando di riassumere ciò che ci siamo detti relativamente al vincolo a porte aperte: il pignoramento determina un vincolo a porte aperte e quindi non beneficia degli effetti del pignoramento – che vedremo nel prossimo incontro – soltanto il creditore procedente, ma possono beneficiare di tali effetti anche altri soggetti, altri creditori che spiegano intervento nella procedura esecutiva. Chi sono questi creditori che spiegano intervento nella procedura esecutiva? Innanzitutto, i creditori che hanno un diritto di prelazione risultante dai pubblici registri sui beni che sono oggetto del pignoramento, i quali devono essere notiziati della pendenza del processo esecutivo e sollecitati ad intervenire per poter soddisfare il loro diritto di credito. Ancora, i creditori che hanno un titolo esecutivo e se non lo hanno possono partecipare a determinate condizioni. Prima condizione la si rileva da un punto di vista statico: devono rientrare in una delle categorie di cui all’art. 499 co. 1. Il procedimento per l’intervento del creditore non titolato si articola in diverse fasi: c’è l’istanza del creditore, la fissazione di un’udienza di comparizione, all’udienza il debitore è tenuto a comparire. Se non compare, si ha un riconoscimento tacito del diritto di credito e questo creditore non titolato può partecipare alla fase distributiva. Se il debitore disconosce il diritto di credito del creditore non munito di titolo esecutivo, il creditore ha diritto a richiedere l’accantonamento delle somme a lui spettanti, sempreché ne faccia istanza e sempreché entro 30 giorni dimostri di aver instaurato il giudizio volto ad ottenere il titolo esecutivo. L’accantonamento resta in piedi, solo se il creditore riesce ad ottenere il titolo esecutivo nel corso dei 3 anni, altrimenti l’accantonamento non può più rimanere in piedi e le somme a lui spettanti vengono ridistribuite tra gli altri creditori e se già soddisfatti vengono restituite al debitore. Altra distinzione è tra creditori intervenuti tempestivamente e creditori intervenuti tardivamente: il limite è rappresentato dall’udienza di autorizzazione alla vendita e il questo caso questa distinzione rileva nella fase meramente distributiva, nel senso che i creditori chirografari intervenuti tempestivamente hanno diritto ad essere preferiti, nella distribuzione della somma ricavata, rispetto a quelli intervenuti tardivamente. Domande di studenti: 1) Riguardo i creditori con prelazione: se è onere del creditore procedente avvisare i creditori prelazionari, nel caso non li avesse avvisati cosa succede? Il mancato adempimento da parte del creditore procedente di notiziare i creditori che hanno un diritto di prelazione è disciplinato dall’art. 498 cpc. Art. 498 ult. co. cpc – Avviso ai creditori iscritti: «In mancanza della prova di tale notificazione, il giudice non può provvedere sull'istanza di assegnazione o di vendita» Quindi il processo esecutivo, vedremo, si ferma. 2) Può ripetere la terza ipotesi, quella del debitore che non riconosce il titolo esecutivo? Attenzione: non è che non riconosce il titolo esecutivo, ma non riconosce il creditore che non ha titolo esecutivo. Il creditore che ha titolo esecutivo e interviene, non ha bisogno del riconoscimento da parte del debitore esecutato. 3) Il termine di 3 anni da quando decorre? Da quando è stato effettuato l’accantonamento, ma questi sono dettagli. Quello a cui noi diamo attenzione è diverso: non gli aspetti mnemonici, ma gli aspetti che consentono di capire la disciplina. Infine la dott.ssa consiglia di leggere una sentenza delle SSUU Cass. N. 61/2014, perché aiuta a capire benele particolarità dell’intervento nell’ambito della procedura esecutiva. SEMINARIO 25\03\20 PROCESSO ESECUTIVO Il caso concreto che riguarda la pronuncia della Corte di Cassazione a Sezioni Unite è utile per capire quali sono le possibili strade che può intraprendere il creditore che ha un titolo esecutivo. Oltre la possibilità di spiegare intervento in una procedura esecutiva pendente, vi sono anche altre possibilità. Mentre il creditore non titolato ovvero privo di titolo esecutivo ha come strada quella di proporre intervento in una procedura esecutiva già pendente oppure instaurare un giudizio esecutivo volto ad ottenere il titolo esecutivo; il creditore non munito di titolo esecutivo ha altre possibilità: può intervenire nella procedura esecutiva ai sensi dell’art 499 e potrebbe anche iniziare egli stesso una nuova procedure esecutiva. A questo riguardo dobbiamo esaminare due istituti che vengono disciplinati dall’art 493. Essi sono:  il PIGNORAMENTO CONGIUNTO (o CUMULATIVO): il primo comma di questo articolo prevede che più creditori con un unico pignoramento possono colpire il medesimo bene; questo vuol dire che dal punto di vista formale il pignoramento cumulativo è da considerarsi unico, nel senso che prima del pignoramento più creditori muniti di tiolo esecutivo hanno notificato il titolo e l’atto di precetto ed insieme hanno effettuato un unico pignoramento. In eventuali vizi dello stesso ad esempio perché vi è l’incompetenza dell’ufficiale giudiziario, rende invalida la procedura nei confronti di tutti i creditori. Esempio: è effetto un unico pignoramento su istanza di più creditori che hanno diversi titoli esecutivi. Se il debitore contesta il diritto di credito di un singolo creditore munito di titolo (ad esempio perché il titolo non è esecutivo in presenza di accertamento e non di una sentenza di condanna) questa nullità non ha effetto per tutti gli altri creditori; mentre se è fatta valere una nullità propria del pignoramento, e questa nullità viene accertata dal giudice, il pignoramento cade con effetti per tutti i creditori. Con il pignoramento congiunto o cumulativo la fase comune a tutti i creditori è quella che inizia con il pignoramento, solo l’invalidità del pignoramento determina che l’intera procedura viene travolta.  PIGNORAMENTO SUCCESSIVO: i commi due e tre affermano che “Il bene sul quale è stato compiuto un pignoramento può essere pignorato successivamente su istanza di uno o più creditori. Ogni pignoramento ha effetto indipendente, anche se è unito ad altri in unico processo.” Ciò vuol dire che chi pignora successivamente, preventivamente deve notificare al debitore il titolo esecutivo e il precetto. Nonostante la riunione dei più pignoramenti la norma specifica che ogni pignoramento ha effetto indipendente. Cosa accade al processo esecutivo se il creditore titolato ha scelto la strada dell’intervento, ma durante la procedura esecutiva viene meno il titolo del creditore procedente? A questo interrogativo nel tempo sono state fornite diverse risposte. Da un lato la Cassazione già dal 2009 ha sostenuto che l’inefficacia del titolo del creditore procedente travolge l’intera procedura esecutiva, fatta eccezione per l’ipotesi in cui un altro creditore avesse proposto un 1 Proprio per far fronte ai questi pericoli, studiamo gli EFFETTI CONSERVATIVI del pignoramento. L’art 2913 del c.c prevede l’inopponibilità degli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato. Tale articolo prevede che “Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i mobili non iscritti in pubblici registri.” L’art 2914 prevede che “Non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione, sebbene anteriori al pignoramento: 1) le alienazioni di beni immobili o di beni mobili iscritti in pubblici registri, che siano state trascritte successivamente al pignoramento 2) le cessioni di crediti che siano state notificate al debitore ceduto o accettate dal medesimo successivamente al pignoramento; 3) le alienazioni di universalità di mobili che non abbiano data certa; 4) le alienazioni di beni mobili di cui non sia stato trasmesso il possesso anteriormente al pignoramento, salvo che risultino da atto avente data certa. Sulla base di queste disposizione, ritroviamo l’inopponibilità degli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato, in particolare gli atti di alienazione o di disposizione posti in essere anteriormente al pignoramento se interessano beni immobili o mobili registrati godono dell’inefficacia relativa cioè non hanno effetti nei confronti del creditore procedente, almeno che non siano sottoposti a trascrizione in un momento precedente rispetto al pignoramento. L’art 2914 elenca tassativamente determinati atti che non hanno effetto nei confronti del creditore pignorante e degli altri creditori intervenuti, proprio per garantire che vi sia mantenuto il vincolo nel corso della procedura esecutiva. In mancanza della previsione dell’art 2913 Caio creditore pignora il bene di proprietà di Tizio, dopo il pignoramento Tizio vende il bene a un terzo soggetto, il quale potrebbe in sostanza proporre delle contestazioni nell’ambito della procedura esecutiva. Per evitare ciò la norma prevede che tutti gli atti di alienazione compiuti in un momento successivo rispetto al pignoramento restano validi ma non sono efficaci nei confronti della procedura esecutiva e dei soggetti creditori che si giovano degli effetti conservativi del pignoramento. Ma l’art 2913 fa salvo l’art 1153 cioè gli effetti del possesso di buona fede per i beni mobili. L’art 1153 del c.c prevede l’acquisto di un bene mobile a titolo originario. Il legislatore ha inteso vincolare il bene oggetto di pignoramento alla soddisfazione del creditore pignorante e degli altri creditori intervenuti. Questo effetto si realizza attraverso il pignoramento che determina una inefficacia relativa degli atti di disposizione compiuti dal debitore esecutato in riferimento a quel bene. Quindi gli di disposizione successivi al pignoramento non hanno effetto nei confronti del creditore pignorante e i creditori intervenuti nella procedura esecutiva salvo che non si tratti di un acquisto a titolo originario cioè salva l’ipotesi in cui oggetto di pignoramento sia un bene mobile e sia stata trasferita la proprietà di questo bene 4 a un soggetto terzo e ricorrano quei tre presupposti previsti dall’art 1153, che sono: il possesso, la buona fede e il titolo astrattamente idoneo al trasferimento della proprietà. Con riferimento al pignoramento mobiliare, il bene che è oggetto di pignoramento raramente lo si lascia nella disponibilità del debitore esecutato. L’art 2914 ci dà le regole che determinano la priorità tra le regole che determinano l’atto di pignoramento e l’atto di alienazione. Per esempio: alienazione del bene immobile. Se questa alienazione è stata trascritta in epoca precedente rispetto al pignoramento prevale rispetto alla procedura esecutiva. Se invece il pignoramento immobiliare è stato trascritto in un momento anteriore rispetto all’atto di disposizione, sarà la procedura esecutiva a prevalere. Ciò vale anche per l’universalità di mobili. L’art 492 afferma che l’ufficiale giudiziario compie l’ingiunzione. L’ufficiale giudiziario interviene su istanza del creditore, dietro esibizione del titolo esecutivo e dell’atto di precetto. Dal punto di vista oggettivo il pignoramento consiste nell’ingiunzione al debitore esecutato di non sottrarre i beni che vengono ad essere oggetto di pignoramento alla garanzia del credito. Si passa dalla garanzia patrimoniale di cui all’art 2740 (secondo questa norma il debitore risponde con il suo patrimonio alla specificazione di quei beni che troviamo nell’ambito del patrimonio del debitore che vengono quindi individuati e vincolati alla procedura esecutiva). L’ufficiale giudiziario non procede d’ufficio, ma ci deve essere la richiesta da parte del creditore di procedere all’esecuzione avendo notificato il titolo esecutivo e l’atto di precetto e non avendo riscontrato l’esatto adempimento spontaneo da parte del debitore esecutato. Dopo questa fase di iniziativa troviamo la fase di INDIVIDUAZIONE dei beni o dei crediti del debitore. Questa fase talora è riservata al creditore pignorante, altre volte questo potere appartiene all’ufficiale giudiziario. Come fa in sostanza il creditore a conoscere la consistenza del patrimonio del debitore? Nel 2014 è stata introdotta la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare, istituto disciplinato dall’art 492 bis del c.p.c In sostanza si prevede che lo stesso creditore possa chiedere al presidente del tribunale del luogo dove il debitore ha la residenza, domicilio dimora o sede, di accedere alle banche dati per verificare quali siano i beni del debitore esecutato. Quindi si ha una fase di istanza del creditore indirizzata al presidente del tribunale. Poi ci sono le verifiche da parte del presidente (se c’è un titolo esecutivo, se è avvenuta la notificazione del titolo esecutivo) e il rilascio dell’autorizzazione da parte del presidente del tribunale. Con l’autorizzazione l’ufficiale giudiziario può ricercare i beni del debitore con modalità telematiche, poi redige un processo verbale con l’indicazione dei beni che ha trovato, e se l’ufficiale giudiziario ha individuato beni che si trovano in luoghi appartenenti al debitore, compresi nel territorio di competenza dell’ufficiale giudiziario, quest’ultimo accede agli stessi per provvedere d’ufficio al pignoramento. 5 Tramite questo istituto si dà accesso a banche dati come ad esempio quelle del sistema bancario, poste italiane. L’art 155 ter prevede anche la partecipazione del creditore alla ricerca dei beni da pignorare; infatti l’ufficiale giudiziario deve comunicare al creditore le banche date e le informazioni che gli sono pervenute. Il creditore entro 10 giorni dalla comunicazione sceglie i beni che intende sottoporre ad esecuzione. Oltre all’ingiunzione, c’è l’invito rivolto al debitore di effettuare la dichiarazione di residenza o elezione di domicilio dove ha sede il giudice competente per l’esecuzione. Il debitore può avvalersi anche della CONVERSIONE DEL PIGNORAMENTO ai sensi dell’art 495. L’Art 492 comma 3 impone all’ufficiale giudiziario di avvisare il debitore di potersi avvalere della conversione del pignoramento. Si tratta di una facoltà del debitore di sostituire alle cose o crediti che già sono stati pignorati una somma di denaro. Contestualmente all’ISTANZA del debitore è necessario versare una somma di denaro che non deve essere inferiore a 1\5 dell’importo del credito del creditore procedente e dei creditori intervenuti. Tale istanza può essere presentata prima che sia disposta la vendita o l’assegnazione. In questo caso è il giudice a disporre la conversione, dopo aver sentito le parti, ed è tenuto anche a determinare la somma di denaro che il debitore è tenuto a versare per liberarsi del pignoramento dei beni. L’effetto al quale mira la conversione è quello di liberare i beni pignorati; tale effetto si avrà al versamento dell’intera somma. Oggetto del pignoramento possono essere diversi beni: beni mobili, beni immobili o crediti. Ci sono alcuni beni che non sono pignorabili, si tratta dell’IMPIGNORABILITA’ ASSOLUTA. Essi sono dei beni che non sono alienabili, perché insuscettibili di trasformazione in denaro o beni con cui il debitore ha un rapporto particolare come ad esempio le cose sacre, l’anello nunziale, ecc. L’art 515 dispone che “Le cose, che il proprietario di un fondo vi tiene per il servizio e la coltivazione del medesimo, possono essere pignorate separatamente dall'immobile soltanto in mancanza di altri mobili; tuttavia il giudice dell'esecuzione, su istanza del debitore e sentito il creditore, può escludere dal pignoramento, con ordinanza non impugnabile, quelle tra le cose suindicate, che sono di uso necessario per la coltura del fondo, o può anche permetterne l'uso, sebbene pignorate, con le opportune cautele per la loro conservazione e ricostituzione. Le stesse disposizioni il giudice dell'esecuzione può dare relativamente alle cose destinate dal coltivatore al servizio o alla coltivazione del fondo. Gli strumenti, gli oggetti e i libri indispensabili per l'esercizio della professione, dell'arte o del mestiere del debitore possono essere pignorati nei limiti di un quinto…” 6 Al debitore è rivolta la citazione a comparire dinanzi al giudice competente, al terzo è rivolto l’invito. Il pignoramento non si ferma con la notificazione dell’atto complesso al debitore e al terzo, ma in questo caso è necessario che ci sia la dichiarazione da parte del terzo. Si deve trattare di una dichiarazione positiva. Come può avvenire la collaborazione del debitor debitoris? O il terzo ricevuta la notificazione dell’atto complesso può inviare tramite posta elettronica certificata può inviare la dichiarazione. Se non fa nulla, quindi rimane inattivo, il legislatore vuole verificare che l’ineffettività sia scelta consapevole da parte del terzo debitor debitoris e quindi il giudice all’udienza alla quale è stato citato anche il debitore esecutato, il giudice in questo caso fisserà una nuova udienza nella quale il terzo è tenuto a comparire personalmente. Altrimenti è come se le somme indicate dal creditore con l’atto complesso siano come non contestate. All’esito di ciò, il pignoramento si perfeziona e il processo può andare avanti. Se si tratta di una somma di denaro non c’è necessita della vendita, perché oggetto è una somma di denaro. Il terzo non è parte del processo in senso proprio. Se la dichiarazione è contestata c’è una norma l’art 549 che disciplina questo caso specifico. In questo caso sarà lo stesso giudice dell’esecuzione che provvede con ordinanza compiuti i necessari accertamenti. Nel caso di espropriazione presso terzi, l’atto di pignoramento assume la forma scritta e va notificato personalmente al debitore e al terzo. Chi è il giudice dell’esecuzione? l’art 26 afferma che per l'esecuzione forzata su cose mobili o immobili è competente il giudice del luogo in cui le cose si trovano. L’art 26 bis “Foro relativo all'espropriazione forzata di crediti” afferma al secondo comma che fuori dei casi di cui al primo comma, per l'espropriazione forzata di crediti è competente il giudice del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede. Il giudice dell’esecuzione è il tribunale in composizione monocratica del luogo di residenza, domicilio, dimora o sede del debitore esecutato. PIGNORAMENTO IMMOBILIARE L’esecuzione forzata può avere ad oggetto anche beni immobili. In questo caso l’appartenenza del bene al debitore è più facilmente accertabile perché ciò si può avere tramite la consultazione dei pubblici registri immobiliari. L’individuazione del bene è effettuata dal creditore. Una volta individuato il bene immobile, identifica questo bene sulla base degli estremi catastali. 9 L’ufficiale giudiziario procede al pignoramento del bene individuato e prescritto da parte del creditore. Tutto avviene in forma scritta. Successivamente l’art 555 “forma del pignoramento” afferma che “Il pignoramento immobiliare si esegue mediante notificazione al debitore e successiva trascrizione di un atto nel quale gli si indicano esattamente, con gli estremi richiesti dal codice civile per l'individuazione dell'immobile ipotecato, i beni e i diritti immobiliari che si intendono sottoporre a esecuzione, e gli si fa l'ingiunzione prevista nell'articolo 492” L’opinione prevalente ritiene che con la notificazione dell’atto di pignoramento al debitore esecutato si ha il pignoramento vero e proprio. La trascrizione del pignoramento ha invece la funzione di rendere opponibile ai terzi il vincolo processuale che determina il pignoramento. Il pignoramento immobiliare si perfeziona nei confronti del debitore esecutato al momento della notificazione dell’atto di pignoramento. 10 SEMINARIO 1° APRILE 2020 Già la volta scorsa abbiamo parlato del pignoramento in generale e quindi stiamo affrontando l’esecuzione forzata ovvero quella specie di processo esecutivo che viene instaurato ad opera del creditore, il quale, appunto, vanta un diritto di credito al pagamento di somme di denaro e nonostante abbia provveduto alla notificazione degli atti pre-esecutivi (quindi che precedono l’ inizio del processo esecutivo) non ha ottenuto soddisfazione del suo diritto, cioè non ha ottenuto l’ adempimento spontaneo del suo diritto. Così inizia il processo esecutivo, l'espropriazione forzata che può avere ad oggetto sia beni mobili del debitore esecutato, sia crediti del debitore nei confronti di terzi soggetti (qui abbiamo le espropriazioni presso terzi), sia beni immobili di cui il proprietario è il debitore esecutato e in tal modo procedendo all ‘espropriazione immobiliare. Abbiamo anche visto in cosa consiste il pignoramento, innanzitutto il primo atto dell'espropriazione forzata e consiste, si struttura nell’ingiunzione che viene rivolta, su istanza del creditore, da parte dell'ufficiale giudiziario al debitore esecutato di non disporre dei beni che vengono sottoposti al vincolo giuridico, che produce degli effetti in modo tale da poterli vincolare alla garanzia del credito del creditore procedente e degli altri creditori che esplicano il loro intervento all'interno della procedura esecutiva. Andiamo avanti per la parte relativa al pignoramento e possiamo dire che vi sono altri istituti, altre vicende del pignoramento. In particolare, fermo restando, che questi incontri sono volti ad arricchire il manuale e il codice, in realtà non vanno a sostituire lo studio dei manuali e della lettera del codice e sono complementari e non certo sostitutivi. Non riuscirò a trattare ogni singolo dettaglio dell’espropriazione forzata, del processo esecutivo e in ogni caso ci tengo a sottolineare due istituti disciplinati entrambi dall' articolo 494 cpc. Nel primo comma e nel secondo vengono delineati due istituti diversi, importanti per comprendere e proprio il pignoramento.  Art 494 cpc. Pagamento nelle mani dell’ufficiale giudiziario “il debitore può evitare il pignoramento versando nelle mani dell’ufficiale giudiziario la somma per cui si procede e l’importo delle spese, con l’incarico di consegnarli al creditore (1) . All’atto del versamento si può fare riserva di ripetere la somma versata (2). Può altresì evitare il pignoramento di cose, depositando nelle mani dell’ufficiale giudiziario, in luogo di esse, come oggetto di pignoramento, una somma di denaro eguale all’importo del credito o dei crediti per cui si procede e delle spese, aumentato di due decimi (3).” quindi da questa disposizione emergono due diversi istituti. innanzitutto, l'articolo 494 comma 1 disciplina il pagamento da parte del debitore nelle mani dell'ufficiale giudiziario e sulla base di questa disposizione emerge che il debitore ha ancora un'altra possibilità per adempiere spontaneamente ed evitare così il pignoramento e la procedura esecutiva, ovvero quello di versare nelle mani di un ufficiale giudiziario la somma per cui si procede. Però questa somma per cui si procede, non è la stessa somma che il debitore è tenuto a versare al creditore una volta che è notificato a lui l'atto di precetto perché, in sostanza, deve arricchire questa somma dell’importo delle spese fino a quel momento sostenute, anticipate dal creditore procedente. Vi è una sottile differenza ( forse spesso non viene approfondita, noi ce ne accorgiamo in sede di esame) rispetto all'altro istituto disciplinato dal comma terzo ovvero il denaro come oggetto di pignoramento perché, mentre il primo istituto comporta che il debitore eviti proprio il pignoramento versando nelle mani dell'ufficiale giudiziario la somma corrispondente a quella del credito per il quale si procede, nonché alle spese della procedura esecutiva, il terzo comma, invece, prevede la possibilità per il creditore di evitare il  L'articolo 543 al comma 4 espressamente prevede “eseguita l'ultima notificazione, l'ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'originale dell'atto di citazione. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale tribunale competente per l'esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell'atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna. La conformità di tali copie è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il cancelliere al momento del deposito forma il fascicolo dell'esecuzione. Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore.” In questo caso quindi, nell’espropriazione presso terzi, che viene ad essere instaurata dal creditore laddove vi sia un credito del debitore esecutato nei confronti del terzo debitor debitoris oppure si intenda pignorare un bene di proprietà del debitore che però si trova in possesso del terzo, in questa ipotesi il pignoramento inizia con la notificazione dell’atto complesso. Dopodiché vi è l'onere di iscrivere la causa a ruolo da parte del creditore. Per quanto riguarda di modalità di iscrizione telematica, la decorrenza del termine è rappresentata dalla consegna da parte dell’ufficiale giudiziario dell’atto complesso che è stato notificato al debitore esecutato e al terzo debitor debitoris. Anche in questo caso l'iscrizione al ruolo avviene tramite il deposito di una busta telematica che conterrà la nota di iscrizione a ruolo che deve anche segnalare la data di udienza che è stata fissata nell'atto complesso per citare il debitore esecutato, i dati del terzo, la tipologia del bene oggetto di pignoramento oltre alle altre indicazioni previste dall' articolo 159 bis delle disposizioni di attuazione. Quindi l'atto principale ancora una volta è rappresentato dalla nota di iscrizione al ruolo che è più ricca in questa ipotesi, proprio per le modalità peculiari tramite le quali si svolge questo tipo di pignoramento. Ancora poi deve contenere la procura alle liti scansionata e sottoscritta digitalmente dal difensore, copia dell'atto di pignoramento notificato e copia autentica del titolo esecutivo e dell'atto di precetto. Le stesse considerazioni possono essere fatte anche con riferimento al pignoramento immobiliare.  Pignoramento immobiliare Ovvero quella specie di espropriazione forzata che ha ad oggetto un bene immobile del debitore esecutato. Ancora una volta dobbiamo fare riferimento alla norma dell'articolo 557 del codice di rito. in questa norma lo schema è sempre lo stesso, si ripete per qualsiasi forma di esecuzione e infatti dispone:  557 cpc “eseguita l'ultima notificazione l’ufficiale giudiziario consegna senza ritardo al creditore l'atto di pignoramento e la nota di trascrizione, restituitagli dal conservatore dei registri immobiliari. La conformità di tale copia è attestata dall'avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo. Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente all'esecuzione la nota di iscrizione al ruolo, con copia conforme del titolo esecutivo, del precetto dell'atto di pignoramento e della nota di trascrizione entro 15 giorni dalla consegna dell’atto di pignoramento” Anche per questa forma di esecuzione ritroviamo che il legislatore prevede l'onere per il creditore, a pena di inefficacia del pignoramento, dell'iscrizione al ruolo e dal 2012 le modalità sono telematiche. In questo caso la decorrenza del termine è rappresentata dalla consegna dell’ufficiale giudiziario dell ‘atto di pignoramento notificato. Le modalità telematiche di iscrizione al ruolo avvengono tramite l'invio di una busta telematica contenente la nota di iscrizione a ruolo, i dati identificativi del bene immobile che si è pignorato (la descrizione del bene, il tipo di catasto, la tipologia dell’ immobile, i diritti sul bene oltre le indicazioni sempre prevista dall' articolo 159 bis delle disposizioni di attuazione) poi ancora una volta la procura dell'avvocato del creditore procedente, la copia autentica dell'atto di pignoramento notificato e della nota di trascrizione. Tutto ciò tramite pec; la busta viene preparata tramite il redattore (cioè un programma appositamente creato per la redazione degli atti) e all’interno vengono inseriti i vari atti tramite scansione cioè i cosiddetti pdf nativi e l’invio avviene tramite posta elettronica certificata. però per il pignoramento immobiliare vi è un problema perché il pignoramento immobiliare abbiamo visto che si struttura certamente, non solo nella notificazione dell'atto di pignoramento al debitore esecutato ma prevede un'ulteriore fase che, seppur non essenziale al perfezionarsi del pignoramento ma necessaria per la opponibilità nei confronti dei soggetti terzi, è comunque attività che viene richiesta dal nostro codice di rito ovvero la trascrizione nei registri immobiliari. Se leggiamo bene l'articolo 557 la sanzione in questo caso della inefficacia del pignoramento non è determinata anche dal caso di tardivo deposito della nota di trascrizione , attività che generalmente viene svolta dal creditore e infatti l'articolo 557 prevede che nell ipotesi dell'articolo 555 ultimo comma, il creditore depositi la nota di trascrizione, appena restituitagli dal conservatore, nei registri immobiliari e ancora il cancelliere forma il fascicolo dell'esecuzione; il pignoramento perde efficacia quando la nota delle iscrizione a ruolo e le copie dell'atto di pignoramento del titolo esecutivo e del precetto (non anche la madre di trascrizione) sono depositate oltre il termine di 15 giorni dalla consegna al creditore. Quindi vi è in sostanza la possibilità, contemplata dalla norma, di deposito differito della nota di trascrizione rispetto alla iscrizione a ruolo della causa che deve contenere necessariamente le copie dell'atto di pignoramento del titolo e del precetto, ed è un onere che deve essere adempiuto dal creditore necessariamente nel termine di 15 giorni dalla consegna dell'atto al creditore medesimo. quindi in ogni caso, in ogni forma di espropriazione il tassello successivo per riuscire poi a completare il mosaico è che ci deve essere, dopo il pignoramento, l'iscrizione al ruolo, attività che viene effettuata da parte del creditore procedente e che comporta quindi il coinvolgimento del giudice dell'esecuzione che finalmente compare sulla scena. le modalità vengono disciplinate singolarmente a seconda del tipo di esecuzione ma nel disegnare queste modalità dobbiamo tenere presente, innanzitutto, che si tratta in ogni caso di modalità telematiche. Quindi necessità di iscrizione al ruolo in forma telematica, mediante la redazione e l'invio di una busta telematica. La decorrenza del termine che varia a seconda del tipo di esecuzione: nel caso di pignoramento mobiliare, dal momento della consegna del verbale delle operazioni effettuate dall ‘ufficiale giudiziario; nel caso di pignoramento presso terzi, dal momento in cui viene consegnato l’atto da parte dell'ufficiale giudiziario al creditore; nel caso di espropriazione immobiliare, dal momento in cui viene ad essere consegnato l'atto notificato al creditore, il quale può in genere lui stesso procede alla trascrizione nei registri immobiliari. Altro dato comune a tutte le forme di esecuzione è la sanzione prevista per il mancato adempimento ad opera del creditore cioè se il creditore non adempie nel termine individuato di 15 giorni per l'esecuzione mobiliare e immobiliare è di 30 giorni per l'espropriazione presso terzi, se non rispetta il termine di iscrizione a ruolo la sanzione è rappresentata dalla inefficacia del pignoramento. Occupiamoci del passaggio che prevede la comparsa sulla scena del giudice dell'esecuzione. Abbiamo visto che per l'espropriazione immobiliare, il legislatore è particolarmente attento perché richiede quella necessità che la nota di iscrizione a ruolo e la busta telematica sia completata anche dalla nota di trascrizione, però in realtà prevede anche la possibilità di deposito differito della nota di trascrizione infatti esclude l’inefficacia del pignoramento in caso di tardivo deposito della nota di trascrizione, attività che generalmente è svolta dal creditore stesso. che cosa succede in un'ipotesi di inefficacia? Cioè che cosa accade laddove il creditore abbia eseguito il pignoramento, abbia fatto in modo che l'ufficiale giudiziario eseguisse il pignoramento, ma non adempia tempestivamente all'onere di deposito della nota di trascrizione al ruolo? in questo caso vi è un ulteriore onere del creditore. L'articolo 164 ter delle disposizioni di attuazione prevede al riguardo:  Art. 164-ter. – inefficacia del pignoramento per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo. “quando il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito, il creditore entro cinque giorni dalla scadenza del termine ne fa dichiarazione al debitore e all’eventuale terzo, mediante atto notificato. In ogni caso ogni obbligo del debitore e del terzo cessa quando la nota di iscrizione a ruolo non è stata depositata nei termini di legge. La cancellazione della trascrizione del pignoramento si esegue quando è ordinata giudizialmente ovvero quando il creditore pignorante dichiara, nelle forme richieste dalla legge, che il pignoramento è divenuto inefficace per mancato deposito della nota di iscrizione a ruolo nel termine stabilito.” Da questa norma emerge in sostanza che l’inefficacia del pignoramento, sicuramente consegue al mancato rispetto del termine previsto per il deposito della busta telematica da parte del creditore procedente, e si tratta di inefficacia ex lege cioè che deriva direttamente dalle previsioni normative del codice di rito. Però dall' articolo 164 ter emerge che vi è un ulteriore onere per il creditore ovvero l'onere di comunicare di non avere scritto a ruolo tempestivamente il procedimento, tramite atto che deve essere notificato generalmente al debitore e in alcuni casi di espropriazione presso terzi anche al terzo. L'ultimo comma della disposizione è particolare perché fa riferimento alla cancellazione della trascrizione del pignoramento e quindi all’espropriazione immobiliare e in questo caso ci deve essere un ordine, un provvedimento del giudice di cancellazione della trascrizione oppure in alternativa c'è la possibilità che lo stesso creditore procedente, che ha effettuato la trascrizione dell'atto di pignoramento nei registri mobiliari, effettui una dichiarazione contraria. In questo modo quindi si prevede la conseguenza del mancato adempimento da parte del creditore dell’onere di iscrivere a casa al ruolo. Quindi l'articolo 164 ter disciplina cosa accade nell ‘ipotesi in cui il creditore non abbia adempiuto all’onere di iscrizione della causa a ruolo nel termine di 15 o di 30 giorni previsti dalla legge, con conseguenza quindi di inefficacia del pignoramento. Però affinché vi sia questa conseguenza che deriva direttamente dalla legge ed è una conseguenza che il legislatore ricollega direttamente al mancato adempimento dell’onere, vi è ulteriore adempimento che il creditore deve svolgere, cioè una dichiarazione che deve effettuare. Eventualmente ci sarà un risarcimento danni se il creditore non effettua questa dichiarazione e quindi non notifica l'atto alla controparte cioè il debitore esecutato o al terzo. VENDITA E ASSEGNAZIONE Vediamo ora quali sono le ulteriori fasi dell’espropriazione forzata, prima in generale e poi nello specifico per le singole forme. Dopo aver coinvolto il giudice l’ulteriore fase è rappresentata dalla vendita o dalla assegnazione. In sostanza in questo modo, soprattutto tramite la vendita, si opera la liquidazione del diritto pignorato e cioè la trasformazione in sostanza del bene, che è stato sottoposto al vincolo tramite pignoramento, in una somma di denaro. Ovviamente capirete che questa trasformazione, questa liquidazione non è necessaria se il bene pignorato è rappresentato da una somma di denaro ad esempio nell’ipotesi dell'articolo 494 terzo comma del cioè” somma di denaro con oggetto di pignoramento” o ancora laddove ci sia stata una conversione del pignoramento ai sensi dell'articolo 495. Quindi ulteriore fase dell’espropriazione in dichiarazione positiva, il pignoramento quindi si è perfezionato, il giudice dell'esecuzione assegna le somme in pagamento ai creditori concorrenti. Quindi in questa ipotesi ad esempio nell’espropriazione presso terzi, possiamo dire che l'assegnazione e la modalità necessaria. Invece ci sono altri casi in cui si sceglie questa modalità cioè l'assegnazione, soltanto dopo un tentativo di vendita fallito ad esempio la norma alla quale ci riferiamo per spiegare meglio e più concretamente a cosa faccio riferimento è l'articolo 539 relativamente agli oggetti d'oro e d'argento. Se questi restano invenduti, quindi dopo un primo tentativo di vendita non andato a buon fin, è possibile l'assegnazione ad uno dei creditori o al creditore procedenti. In questa ipotesi cioè nei casi dell’articolo 539 l'assegnazione prescinde dalla richiesta dei creditori. Vi sono poi i beni che possono essere assegnati senza che prima ci sia un tentativo di vendita ad esempio l'articolo 529 fa riferimento a titoli di credito e ad altre cose il cui valore risulti dal listino di borsa o di mercato. In questo caso è possibile chiedere l'assegnazione di tali beni. Quindi ci sono ipotesi in cui necessariamente si procede alla assegnazione direttamente senza far riferimento alla vendita ad esempio nell espropriazione verso terzi; ci sono ipotesi in cui l'assegnazione segue necessariamente il tentativo di vendita esempio oggetti d'oro e d'argento e in questo caso l'assegnazione prescinde dalla richiesta del creditore, lo stesso registratore prevede questa modalità; ci sono ancora casi in cui in cui l'assegnazione sia ha senza un previo tentativo di vendita su istanza del creditore. Tendenzialmente in tutti gli altri casi l'assegnazione non è la modalità preferita dal legislatore ma può essere adottata soltanto laddove ci sia stato un tentativo di vendita fallito. Quindi come sempre individuiamo una regola e un'eccezione o più eccezioni. Appunto la regola è che legislatore predilige la vendita come modalità di liquidazione del diritto pignorato, eccezionalmente ipotesi in cui certamente si deve procedere all’assegnazione ad esempio articolo 553 laddove vi siano somme esigibili immediatamente. Ancora vi sono ipotesi in cui l'assegnazione si ha solo quando vi sia tentativo di vendita fallito esempio art. 539 per oggetti d’oro e altri preziosi d’argento che se restano invenduti vengono assegnati, è un’ipotesi di assegnazione coattiva che prescinde dalle richieste dei creditori. Altra ipotesi invece è prevista dall' articolo 529 per ii titoli di credito e altre cose il cui valore risulta dal destino di borsa o di mercato in questo caso via l'assegnazione successiva, anche senza preventivo tentativo di vendita, su istanza del creditore. Abbiamo cercato di analizzare la fase successiva rispetto a quella del pignoramento vero e proprio quindi nell'ambito dell’espropriazione forzata, preso nei momenti fondamentali: - la fase del pignoramento che segna l'inizio del processo esecutivo -la fase della vendita e dell’assegnazione -la fase distributiva. Come si passa dalla fase del pignoramento, ovvero quella affidata all' ufficiale giudiziario per cui i beni del patrimonio del debitore esecutato vengono ad essere oggetto di vincolo? Si passa tramite l'iscrizione al ruolo della causa e soprattutto l'onere del creditore di fare istanza di assegnazione o di vendita, onere del creditore che può essere ampliato a livello soggettivo, nel senso che può essere compiuto anche da altri creditori che siano intervenuti nella procedura esecutiva muniti però del titolo esecutivo. Quando infatti abbiamo fatto la distinzione tra i creditori muniti del titolo esecutivo e non muniti, oltre a delineare il particolare procedimento dedicato all’ intervento del creditori non muniti di titolo esecutivo e disciplinato dall articolo 499, abbiamo anche detto che questa distinzione rileva nella fase espropriativa proprio perché i creditori muniti di titolo esecutivo hanno dei poteri processuali maggiori rispetto ai creditori non titolati cioè possono compiere atti di impulso processuale tra i quali quelli di sostituirsi al creditore procedente nel fare istanza di vendita e assegnazione. Abbiamo anche visto come avviene in concreto l'iscrizione a ruolo della causa e qual è la sanzione nel caso in cui il creditore procedente effettuato il pignoramento non scriva la causa il ruolo entro i termini di 15 o 30 giorni, quest’ ultimo previsto per l'espropriazione presso terzi. La sanzione è la dichiarazione di inefficacia del pignoramento e la liberazione del bene soggetto a pignoramento cioè il vincolo rispetto alla procedura esecutiva. Ancora abbiamo individuato le modalità con cui avviene l'iscrizione a ruolo della causa che sono ormai del tutto affidate al sistema telematico. Poi abbiamo anche analizzato, seppure in via generale, la vendita e l'assegnazione, cioè abbiamo e individuato qual è la funzione di questa fase necessaria del processo esecutivo e dell’espropriazione forzata. In particolare, ci siamo soffermati sui rapporti tra vendita e assegnazione, con il dato comune che è rappresentato nel fatto che entrambe rappresentano due diverse modalità per procedere alla liquidazione del diritto pignorato però abbiamo già delineato alcune differenze che sussistono tra la vendita e l'assegnazione. La vendita in particolare prevede che il soggetto nuovo titolare del diritto pignorato al posto dell’esecutato, è soggetto estrano alla procedura esecutiva e l'aggiudicatario è un terzo estraneo rispetto al creditore e al debitore. Nell'ambito dell’assegnazione il diritto pignorato viene ad essere trasferito ad uno dei creditori, al creditore procedente o ad altri creditori che intervengono nella procedura. Per quanto riguarda le modalità preferite dalle legislatore, egli predilige la vendita quindi tendenzialmente i beni possono essere assegnati solo dopo un primo tentativo di vendita fallito, tranne alcune eccezioni dove si procede direttamente all’ assegnazione in ipotesi previste dalla legge o solo dopo un tentativo di vendita fallito tramite un' assegnazione coattiva oppure ipotesi di assegnazione senza un previo tentativo di vendita fallito, laddove si tratti di titoli credito o altre cose il cui valore risulti comunque dal listino di borsa o di mercato. In questo caso c'è necessità dell’istanza di assegnazione. VENDITA Innanzitutto, quando parliamo di VENDITA, soffermandoci sulla vendita in generale, essa è sempre disposta dal giudice tramite provvedimento del giudice esecuzione che è un’ordinanza di autorizzazione. la vendita può avvenire con incanto o senza incanto, che cosa vuol dire? Con incanto vuol dire che le operazioni di vendita si esauriscono in unico contesto nell luogo e nel giorno fissato nell'ambito del provvedimento del giudice dell’esecuzione, attraverso una sorta di asta cioè offerte al rialzo e aggiudicazione al miglior offerente. quindi questa è la vendita con incanto vuol dire una vendita che avviene in un unico momento tramite offerte al rialzo che vengono effettuate da soggetti terzi e aggiudicazione al miglior offerente. Senza incanto comporta invece che le offerte di acquisto possono intervenire in un arco temporale che viene ad essere determinato tramite provvedimento di autorizzazione alla vendita del giudice dell’esecuzione e può essere prevista una gara. Quindi si tratta di offerte effettuate da soggetti terzi senza un’asta, senza un momento di confronto tra i vari soggetti che fanno offerte, tra i vari offerenti ma si tratta di offerte contenute in buste chiuse e in questa ipotesi è possibile anche che sia prevista una sia gara. Quindi quando parliamo di vendita forzata abbiamo visto che vi deve essere il passaggio dal pignoramento alla fase di liquidazione su Istanza del creditore procedente, o di altro creditore munito di titolo esecutivo. Il provvedimento del giudice dell'esecuzione di autorizzazione alla vendita e si può di procedere a vendita con incanto o senza incanto. Dopodiché viene la fase di aggiudicazione del bene al miglior offerente, il versamento del prezzo da parte dell'aggiudicatario, quindi il decreto di trasferimento. Dopodiché vedremo che avrà luogo quello è l ‘ultima fase dell ‘espropriazione ovvero la fase cosiddetta distributiva. ASSEGNAZIONE L'assegnazione sempre in via generale può assumere diverse configurazioni. Distinguiamo innanzitutto tra assegnazione satisfattiva e assegnazione- vendita. L’ASSEGNAZIONE SATISFATTIVA. L'ipotesi migliore è quella per cui vi è un unico creditore procedente che si rende assegnatario del bene, soddisfacendo in questo modo il suo diritto di credito attraverso non l'attribuzione di una somma di denaro ma attraverso l'attribuzione del diritto pignorato. Quindi con unico atto si produce in sostanza un doppio effetto ovvero l'effetto traslativo del diritto pignorato, cioè il diritto pignorato passa tramite l'assegnazione dal debitore esecutato al creditore procedente che si rende assegnatario. A questo effetto traslativo si raggiunge un altro cioè l'effetto estintivo del credito, avendo così una sorta di dazio in solutum e il procedimento in questo caso si chiude con l'assegnazione, cioè non si avrà quella fase distributiva che necessariamente segue la vendita o che segue l'altra forma di assegnazione, quella che abbiamo chiamato assegnazione- vendita. Punto quindi con l’assegnazione satisfattiva il creditore si rende assegnatario del bene, quindi c'è l'effetto traslativo del diritto in capo al creditore, ma nello stesso tempo vi è un effetto estintivo del credito, datio in solutum e il procedimento si chiude con l'assegnazione. Nell’ipotesi invece dell’ASSEGNAZIONE-VENDITA il creditore assegnatario si rende assegnatario ma in sostanza paga un prezzo, una somma di denaro quindi non soddisfa il suo diritto di credito, giacché il corrispettivo del trasferimento del diritto viene da lui versato e poi sarà oggetto di distribuzione. questo avviene per esempio quando vi è una pluralità di creditori, in questo caso un creditore si rende assegnatario del bene, versa la somma di denaro quindi non soddisfa contestualmente anche il suo diritto di credito e il corrispettivo del trasferimento del diritto viene versato dal creditore assegnatario e verrà ad essere oggetto di distribuzione. Quindi nell’ipotesi di assegnazione- vendita invece la fase della distribuzione necessariamente segue all ‘assegnazione. Facciamo un esempio per cogliere meglio le due diverse tipologie di assegnazione. Esempio assegnazione satisfattiva: il creditore procedente è titolare di un diritto di credito di 100.000 €, il bene mi pignorato è stimato che corrisponde a 80.000 €. il creditore quindi si rende assegnatario e a livello proprio di diritto sostanziale egli si rende il proprietario del bene, si ha una sorta di trasferimento coattivo del diritto. al tempo stesso il suo diritto di credito si estingue seppure parzialmente quindi abbiamo un’assegnazione parzialmente satisfattiva. Esempio di assegnazione-vendita: lo stesso creditore diviene titolare del diritto ma versa il prezzo intero quindi 80.000 €, rappresentato proprio dal prezzo dell’assegnazione. questa somma ricavata verrà poi distribuita in sede di riparto tra tutti gli aventi diritto, tra tutti i creditori che partecipano alla procedura esecutiva. per evitare però che l’assegnazione avvenga a un prezzo di favore, in base ad un accordo dei creditori tra di loro, è stabilito un valore minimo di assegnazione. infatti, l'articolo 506 del Codice di procedura civile ci dice che l'assegnazione non può avvenire per un valore inferiore alle spese dell’esecuzione e ai crediti aventi diritto di prelazione anteriori a quelli dell ‘offerente.  in particolare, l'articolo 506 afferma “L’assegnazione può essere fatta soltanto per un valore non inferiore alle spese di esecuzione e ai crediti aventi diritto a prelazione anteriore a quello dell’offerente (1).” Questa disposizione regola in sostanza il conflitto che può aversi tra aggiudicatario e terzo proprietario, laddove il bene che è stato acquistato e che è stato oggetto di vendita coattiva, è un bene mobile. Se il bene è mobile prevale l'aggiudicatario che ha acquistato in buona fede perché si realizza la fattispecie dell’articolo 1153 acquisto a titolo originario. In questo caso il terzo proprietario deve fare valere le sue ragioni sulla somma ricavata prima che venga ad essere distribuito, altrimenti dovrà provare la malafede del creditore in modo tale da poter agire per il risarcimento del danno oppure avvalersi dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti del debitore. Quindi da questa disposizione ricaviamo un altro effetto importante che mira a disciplinare il conflitto possibile tra aggiudicatario il terzo proprietario, laddove il bene sia un bene mobile. L’ipotesi che fotografa il legislatore quando l'articolo 2920 detta questa disciplina è l'ipotesi in cui è stato pignorato e venduto un bene mobile che non rientra nell'ambito del patrimonio del debitore esecutato e quindi un terzo soggetto fa valere il suo diritto di proprietà per ottenere la restituzione del bene, che è stato nel frattempo venduto. Lo strumento per far valere il suo diritto di proprietà vedremo essere l'opposizione di terzo all'esecuzione, per la quale il terzo chiede che sia accertato il suo diritto di proprietà sul bene che è stato oggetto di pignoramento (è come se dicesse “signori, avete sbagliato è stato pignorato un bene che non rientra nel patrimonio del debitore esecutato e quindi che non rientra nell’ambito dell'articolo 2740). Instaura così un giudizio volto ad accertare il suo diritto di proprietà ma nel frattempo il bene mobile è stato venduto a un terzo soggetto aggiudicatario. Nel conflitto tra terzo, che è vittorioso nel giudizio di opposizione di terzo all'esecuzione e aggiudicatario, prevale l'aggiudicatario il quale se ha acquistato in buona fede, realizza un acquisto a titolo originario ex 1153. Il terzo proprietario deve far valere le sue ragioni sulla somma ricavata prima che venga distribuita tra i vari creditori, altrimenti ha come unica possibilità e risarcimento del danno ma deve provare la malafede, o comunque una condotta soggettiva colposa del creditore procedente, oppure avvalersi dell’azione di arricchimento senza causa nei confronti del debitore, il quale ha estinto il suo debito senza ovviamente che sia stato trasferito un suo diritto sul bene oggetto di pignoramento. Altro effetto della vita deriva dall' articolo 2921, che specularmente a quanto abbiamo visto per l'articolo 2920 quindi che si occupa di beni mobili, analizza il possibile conflitto tra terzo e aggiudicatario laddove il bene sia un bene immobile. Laddove impone il bene sia un bene immobile non può operare l'articolo 1153, cioè non può verificarsi un acquisto a titolo originario. Se il bene è immobile prevale il terzo proprietario che potrà ottenere la restituzione del bene. L’acquisto che si realizza è sempre un acquisto a titolo derivativo. In questa ipotesi occorre però tutelare l'aggiudicatario in qualche modo, cioè colui che è titolare del diritto di proprietà sul bene immobile a seguito della vendita forzata. E come viene ad essere il tutelato? Bisogna ripetere la somma se non è stata ancora distribuita, altrimenti se è stata già oggetto di distribuzione ha diritto di ripetere a ciascun creditore la loro parte. Leggiamo l'articolo 2921  Art. 2921 c.c. Evizione. L'acquirente della cosa espropriata, se ne subisce l'evizione, può̀ ripetere il prezzo non ancora distribuito, dedotte le spese, e, se la distribuzione è già̀ avvenuta, può̀ ripeterne da ciascun creditore la parte che ha riscossa e dal debitore l'eventuale residuo, salva la responsabilità̀ del creditore procedente per i danni e per le spese. Se l'evizione è soltanto parziale, l'acquirente ha diritto di ripetere una parte proporzionale del prezzo. La ripetizione ha luogo anche se l'aggiudicatario, per evitare l'evizione, ha pagato una somma di danaro. In ogni caso l'acquirente non può̀ ripetere il prezzo nei confronti dei creditori privilegiati o ipotecari ai quali la causa di evizione non era opponibile. Quindi come tuteliamo l'aggiudicatario della pretesa di un soggetto terzo visto che ha acquistato a titolo derivativo? Sicuramente perde il bene però è garantito tramite quelle regole di diritto sostanziale che abbiamo già studiato nel diritto civile, laddove si faceva riferimento alla garanzia per evizione del bene. Quindi dobbiamo trasferire quelle regole nell'ambito del processo esecutivo per cui acquirente che subisce l'evizione, può ripetere il prezzo se ancora non è stato oggetto di distribuzione tra i creditori. Se invece è stato già oggetto di distribuzione tra i vari creditori, può ripetere da ciascuno creditore la parte che ciascuno ha riscosso ed eventualmente rivolgendosi anche al debitore per ottenere il residuo che a lui è stato dato. Ci sono però delle differenze rispetto alla tutela per evizione perché, a differenza di quanto avviene nella vendita volontaria nella quale il compratore ai sensi dell’articolo 1483 del Codice civile può agire soltanto contro il venditore, in questo caso l'aggiudicatario può promuovere l'azione sia nei confronti del creditore precedente, sia nei confronti dei creditori intervenuti, sia nei confronti del debitore laddove sia stato dato a lui il residuo del prezzo pagato. Il compratore evitto di regola ai sensi dell’articolo 1483 può rivolgersi di regola solo nei confronti del venditore, in questo caso invece egli trasferendo quelle regole nell’ambito del processo esecutivo riesce facile capire che egli deve rivolgersi ai creditori che hanno ottenuto parte del prezzo a loro spettante ed eventualmente al debitore esecutato se a lui è stato pagato il residuo. Inoltre, se per la vendita volontaria viene stabilito che il compratore possa chiedere al venditore sia la risoluzione del contratto sia la restituzione del prezzo pagato, compresi i rimborsi, in caso di vendita forzata l'aggiudicatario evitto ha come unica possibilità la restituzione del prezzo ed eventualmente il risarcimento del danno. Comunque vi basti sapere che, ricordando le nozioni diritto sostanziale, laddove il bene sia immobile le norme prevedono una garanzia comunque dell'aggiudicatario, che se pur se perde nel conflitto rispetto al terzo, il cui diritto di proprietà sul bene pignorato è stato accertato, comunque ha una tutela rappresentata dalla garanzia per evizione con le differenze dovute al fatto che il prezzo versato dall’aggiudicatario è stato distribuito tra i vari creditori concorrenti e l’eventuale residuo è stato restituito al debitore esecutato. L'ultimo effetto della vendita l’effetto purgativo e si riallaccia a quanto abbiamo detto tempo fa a proposito degli effetti del pignoramento. Che cosa si intende perfetto purgativo della vendita? Quando un immobile viene venduto nel contesto di una procedura giudiziale di vendita forzata, il giudice ordina anche con decreto la cancellazione delle garanzie reali immobiliari che gravano sul bene immobile, quindi il bene quando viene venduto viene liberato, trasferito libero da ogni vincolo. L’effetto purgativo deve però avvenire senza pregiudicare i creditori che avevano un diritto reale di prelazione, ad esempio un‘ipoteca, perché a questi creditori deve essere notificato un atto di avviso della pendenza della procedura esecutiva affinché sia provocato il loro intervento nell'ambito della procedura. Quindi funzionale al sistema è che ,iniziata la procedura esecutiva, se vi sono dei creditori aventi diritto di prelazione che risulta dai registri immobiliari su quel bene oggetto di vincolo di pignoramento, abbiamo già visto che vi è un onere a cura del creditore procedente di notiziare il creditore che ha il diritto di prelazione, in modo tale da provocarle un intervento nell'ambito della procedura esecutiva perché se non interviene nella procedura esecutiva, una volta che è disposta la vendita e viene pronunciato il decreto di trasferimento, viene anche ordinata la cancellazione del garanzie reali immobiliari che gravano sul bene, e il bene quindi viene venduto libero da ogni vincolo pronto. L'unica soluzione ipotesi che potremmo configurare è che non vi sia stata la notifica da parte del creditore procedente al creditore che ha il diritto di prelazione sul bene immobile e in questo caso l'assenza della notifica non pregiudica l’aggiudicazione ma la vendita resta valida. Il creditore o i creditori che non hanno eseguito la notificazione però saranno responsabili e dovranno risarcire il danno al creditore prelazionario. Facciamo un parallelo tra la vendita forzata e la vendita volontaria, Proprio perché richiama delle nozioni di diritto sostanziale che voi dovreste avere e fa emergere quelle che sono le peculiarità. Innanzitutto, la vendita forzata differisce dal comune contratto di compravendita, quindi dalla vendita volontaria, perché prescinde dalla volontà del Dante causa, del venditore. Chi vende in realtà non è il proprietario del bene, Cioè il debitore esecutato ma è in sostanza lo Stato in un’accezione molto ampia. L'ufficio giudiziario e quindi lo stato, sottrae al debitore il potere di alienare il bene e quindi non agisce in rappresentanza del debitore ma agisce sottraendo al debitore il potere di trasferire il bene a un soggetto terzo. Questa è una fondamentale differenza dalla quale derive deriva anche un'altra differenza e cioè che l'effetto traslativo, che siamo abituati a dire che si verifica nel momento dello scambio dei consensi tra due parti private, consegue in questo caso ad una serie di atti del processo esecutivo. L’unica eccezione è rappresentata dalla ipotesi di COLLUSIONE dell’aggiudicatario con il creditore procedente, perché come ci dice l’art 2929 cc., “Salvo il caso di collusione col creditore procedente.” E in questo caso si potranno esperire, vedremo quali tipi di impugnative. Per ora ci basta sapere che l’ulteriore momento, la fase che segue il pignoramento in generale è rappresentato dalla vendita o assegnazione. Vendita o assegnazione che si realizzano in modo differente a seconda dei diversi tipi di espropriazione forzata, mobiliare o di crediti presso terzi e immobiliare e soprattutto dalla vendita o assegnazione derivano determinati effetti SOSTANZIALI, disciplinati dal cc, proprio perchè si va ad incidere su posizioni di diritto sostanziale, che riguardano non soltanto soggetti e parti del processo esecutivo, ma riguardano anche terzi soggetti fino a quel momento estranei alla procedura esecutiva: l’aggiudicatario. (Questo non vale per l’assegnatario, perchè era già parte del processo esecutivo.) Abbiamo analizzato verticalmente la disciplina fin’ora del pignoramento dell’iscrizione a ruolo, del coinvolgimento del giudice dell’esecuzione e della vendita o assegnazione. Ora cerchiamo di ricapitolare in senso orizzontale. Espropriazione mobiliare: cosa vuol dire? Espropriazione che ha ad oggetto un diritto di proprietà, generalmente del debitore esecutato, su un bene mobile che si trova nel patrimonio del soggetto esecutato medesimo. Come avviene questo procedimento? Come ogni procedura esecutiva, è preceduta dalla notificazione degli atti preliminari, quindi, notificazione del titolo esecutivo, notificazione del precetto, su istanza del creditore procedente. Decorso il termine previsto dalla legge ed indicato dal creditore nell’atto di precetto, in mancanza di adempimento spontaneo, il creditore si rivolge all’ufficiale giudiziario, il quale deve effettuare il pignoramento. Abbiamo: - l’istanza del creditore che si rivolge all’ufficiale giudiziario; - l’individuazione dei beni ad opera dell’ufficiale giudiziario; - redazione del verbale; - iscrizione telematica della procedura esecutiva. Decorso il termine minimo previsto dall’art 501, vi deve essere l’istanza del creditore procedente o dei creditori titolati intervenuti nella procedura esecutiva di vendita o assegnazione del bene. L’audizione delle parti tramite udienza apposita, che si conclude con l’ORDINANZA del giudice dell’esecuzione di assegnazione o di vendita. Il giudice fissa liberamente la vendita senza incanto fissando il prezzo minimo, dopo aver sentito (se necessario) uno stimatore o con incanto e quindi il giudice fissa il prezzo di apertura dell’asta. Dopodichè c’è l’ aggiudicazione del bene, il pagamento del prezzo da parte dell’aggiudicatario e il decreto di trasferimento. Siamo pronti per accedere alla successiva fase: fase di DISTRIBUZIONE della somma ricavata. Quindi: 1) notificazione atti preesecutivi 2) Pignoramento, che si svolge tramite l’ufficiale giudiziario che si reca nei luoghi appartenenti al debitore per l’individuazione e l’ingiunzione che viene effettuata da parte del medesimo ufficiale giudiziario. 3) verbale. 4) iscrizione telematica della procedura 5) Istanza di vendita o assegnazione 6) udienza di audizione delle parti 7) ordinanza di assegnazione o vendita: Il giudice sceglie liberamente vendita senza incanto o con incanto, determinando le modalità di vendita. 8) Aggiudicazione del bene; pagamento del prezzo 9) decreto di trasferimento del bene in favore dell’aggiudicatario. Questa è la procedura che fino ad ora abbiamo analizzato con riferimento all’espropriazione MOBILIARE ESPROPRIAZIONE PRESSO TERZI. Cosa vuol dire? La procedura è un po’ più complessa. Dobbiamo innanzitutto capire bene cosa vuole dire “espropriazione presso terzi”: Ogni istituto processuale, prima di vederlo in movimento, cioè prima di analizzare quella che è la disciplina processuale dettata dal legislatore, va visto da un punto di vista STATICO: “Espropriazione presso terzi” vuol dire che ad essere espropriato è un credito che il debitore esecutato vanta nei confronti di un soggetto terzo, debitor debitoris. Questa è la fattispecie più comune. C’è anche una altra fattispecie, cioè quella rappresentata dal caso in cui oggetto del processo esecutivo è sempre un bene mobile di proprietà del debitore esecutato, ma che si trova nella DISPONIBILITA’ DI UN TERZO e quindi PRESSO TERZI. Noi teniamo a mente comunque l’ipotesi statisticamente più frequente, ovvero quella di espropriazione di crediti del debitore esecutato nei confronti di un terzo soggetto, debitor debitoris. Vediamo quindi le diverse fasi: Anche qui dobbiamo far riferimento alla notificazione al solo debitore esecutato degli atti preesecutivi: titolo esecutivo, atto di precetto. Perché soltanto al debitore? Perchè il debitore è l’unico soggetto ad avere interesse ad adempiere senza subire il processo esecutivo, visto che è l’unico soggetto passivo del processo esecutivo. Ripetizione: nell’espropriazione presso terzi occorre ugualmente che il creditore notifichi preventivamente titolo esecutivo e atto di precetto unicamente al debitore esecutato. Siamo in una fase preesecutiva! L’esecuzione ancora non è iniziata! Il primo atto dell’esecuzione dell’espropriazione forzata in ogni tipo di espropriazione forzata, è rappresentata dal pignoramento. Come avviene il pignoramento presso terzi? Pignoramento presso terzi: notificazione di un atto complesso, a livello soggettivo perchè i destinatari di tale notificazione sono due: Bisogna coinvolgere anche il soggetto terzo: il debitor debitoris, cioè la banca, l’istituto di credito che è debitore del debitore esecutato, presso il quale il debitore esecutato è titolare di un conto corrente. Complesso anche dal punto di vista oggettivo, perché come viene previsto dall’art 543, contiene una serie di elementi (che dovete sapere!), tra i quali la - CITAZIONE al debitore a COMPARIRE in udienza. - INVITO a un terzo, che è quasi un ausiliario del giudice, a rendere la dichiarazione. Come può rendere questa dichiarazione? Effettuata la notificazione dell’atto complesso, vi è l’ISCRIZIONE TELEMATICA della procedura esecutiva, si coinvolge il giudice e c’è una UDIENZA. Viene citato infatti, tramite la notificazione dell’atto complesso, il debitore a comparire in udienza, con l’invito al terzo a rendere la DICHIARAZIONE. Il terzo può rendere la dichiarazione già prima dell’udienza, direttamente al creditore, tramite lettera raccomandata o posta elettronica certificata. Oppure se all’udienza il creditore dichiara di non aver ricevuto alcuna comunicazione da parte del terzo debito debitoris, in tal caso il giudice fissa una NUOVA UDIENZA, nella quale il terzo debitor debitoris è tenuto a comparire per rendere la dichiarazione. Quindi la dichiarazione da parte del terzo che serve a PERFEZIONARE il PIGNORAMENTO, può essere compiuta in 2 modi: - Tramite l’invio della comunicazione al creditore procedente - Direttamente in udienza Ma c’è un altro modo perché il pignoramento si ritenga perfezionato e si possa passare alla fase successiva, ossia l’ipotesi in cui il terzo ometta qualsiasi attività. In questo caso la mancata attività del terzo è una “NON CONTESTAZIONE” di essere debitore del debitore, per la somma indicata nell’ambito dell’atto complesso da parte del creditore procedente. Quindi in seguito alla positiva dichiarazione del terzo, sia espressa, sia tacita, il giudice dell’esecuzione, sentite le parti, emana il provvedimento di assegnazione. È una assegnazione PRO SOLVENDO e non pro soluto. Qual è la differenza? “Che nell’ipotesi di inadempimento ci si può rifare nei confronti del debitore originario?” Si! Nel senso che il credito, quindi, il diritto dell’assegnatario verso il debitore si estingue soltanto con la RISCOSSIONE del CREDITO ASSEGNATO. Il diritto del creditore non trova soddisfazione fino al momento in cui a questo non perviene l’effettivo pagamento del credito. (questa è una nozione base che avete già studiato in privato, civile e la ritrovate continuamente) Ricapitolando le fasi dell’espropriazione presso terzi: - Notificazione atti preesecutivi rito, ovvero non è stato possibile procedere alla realizzazione del diritto pignorato (es: il bene è andato invenduto). - Quando c’è stata l’assegnazione ad un creditore, senza che costui abbia versato un conguaglio, quindi le ipotesi proprio di assegnazione tipica, tradizionale (es: espropriazione presso terzi, oggetto di pignoramento è un credito del debitore nei confronti del terzo debitor debitoris. In questo caso, con la assegnazione del credito all’unico creditore procedente, abbiamo la piena soddisfazione del suo diritto, quindi non c’è la necessità di procedere alla fase distributiva. Nella fase distributiva, laddove essa sia necessaria, come è di regola, c’è innanzitutto una necessità di rispettare la GRADUAZIONE tra i VARI CREDITORI. E’ uno sbaglio pensare che in questa fase gli unici attori, protagonisti, siano soltanto i creditori, perché ANCHE il DEBITORE è soggetto interessato a partecipare alla fase distributiva, perché tramite la distribuzione estingue la sua obbligazione, sia perché potrebbe esserci un residuo, che va restituito al debitore esecutato. Anche in riferimento alla distribuzione, bisogna analizzare diverse fasi, momenti, in cui si sostanzia la distribuzione della somma ricavata, possono essere sinteticamente distinti in: - Progetto di distribuzione - Approvazione del progetto di distribuzione - Mandati di pagamento in favore dei diversi creditori. Quindi la distribuzione si realizza tramite 3 distinti momenti. In questi momenti, sin dal progetto di distribuzione, occorre rispettare l’ordine di graduazione dei diversi creditori. Prima dei diversi creditori, vanno preferite nella fase distributiva, le spese della procedura esecutiva. Quindi innanzitutto, tramite la distribuzione della somma ricavata, bisogna far sì innanzitutto di provvedere alle spese della procedura esecutiva. Sono somme che hanno la precedenza assoluta e si sostanziano nelle spese che sono state anticipate in genere dal creditore procedente e relative al pignoramento, alla vendita e soprattutto forse, la parte più onerosa, è relativa alla custodia del bene, laddove sia stata necessaria. Dopodichè nel progetto di distribuzione, esaurite le spese che hanno la precedenza assoluta, devono essere soddisfatti i creditori con diritto di prelazione. L’ordine delle prelazioni è stabilito dall’art 2777. Ulteriore categoria è rappresentata dai creditori che non hanno un diritto di prelazione, e perciò vengono definiti chirografari, ma che siano intervenuti tempestivamente, soltanto laddove operi la PRELAZIONE “PROCESSUALE”, il creditore procedente rispetto agli altri creditori che abbiano (spiegato?) intervento. Quando abbiamo parlato dell’intervento dei creditori, abbiamo analizzato anche l’art 499 disciplina una ipotesi peculiare di prelazione, perché si forma all’interno della procedura esecutiva. Qual è questa ipotesi? L’ipotesi che il creditore procedente, visto il patrimonio del debitore esecutato, inviti i creditori intervenuti a effettuare l’estensione del pignoramento, rispetto ad altri beni. In caso di rifiuto di effettuare tale estensione rispetto ad altri beni del patrimonio del debitore esecutato, rifiuto immotivato dei creditori intervenuti, il creditore procedente ha diritto di prelazione. Quindi: ricapitolando: - Spese - Creditori che hanno un diritto di prelazione ( e l’ordine delle prelazioni lo troviamo nell’ambito del cc) - Creditori chirografari tempestivamente intervenuti ( tenendo presente però quella particolare ipotesi in cui è preferito il creditore procedente rispetto agli altri creditori intervenuti nella procedura) - Creditori chirografari non muniti di diritto di prelazione che siano intervenuti tardivamente nella procedura esecutiva. - Se vi è un residuo, deve essere restituito al debitore esecutato. E’ opportuno rimarcare quella distinzione tra creditori tempestivi e creditori tardivi, perché il discrimine potrebbe essere leggermente diverso con riferimento ai diversi tipi di espropriazione. Visto che questa distinzione tra creditori tempestivi e creditori tardivi viene in rilievo proprio in questo momento della fase distributiva, è opportuno ricordare chi è il creditore tempestivo e chi tardivo. Nell’espropriazione immobiliare, il riferimento normativo ci è dato dall’Art 525. (lettura norma) Quindi, per l’espropriazione immobiliare, il discrimine è rappresentato dalla prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita o assegnazione. Ex art 525. Per l’espropriazione presso terzi, la norma alla quale dobbiamo fare riferimento è l’art 551 comma 2 (lettura norma). Si fa riferimento alla PRIMA UDIENZA di comparizione delle parti, quella nella quale il creditore deve dichiarare se ha ricevuto o meno la comunicazione da parte del terzo debitor debitoris di essere effettivamente tale nei confronti del debitore esecutato. Creditore tempestivo sarà colui che interviene fino a quel momento. Creditore tardivo sarà colui che interviene in un momento successivo (ad es: all’udienza che il giudice dell’esecuzione fissa, laddove vi sia la dichiarazione del creditore procedente di non aver ricevuto comunicazione da parte del terzo debitor debitoris) Per l’espropriazione immobiliare, invece, il discrimine è rappresentato, anche in tal caso, dalla prima udienza fissata per l’autorizzazione della vendita. Quindi questo è importante per distinguere i creditori tempestivi da quelli tardivi, perché mentre per la distinzione, i creditori muniti e non muniti di titolo questa distinzione, come avete visto, non rileva nella fase distributiva, RILEVA invece nella FASE ESPROPRIATIVA, quella che va dal pignoramento alla vendita del bene. Invece la distinzione tra creditore tempestivo e creditore tardivo, opera ed è essenziale nel momento della distribuzione della somma ricavata, nel momento in cui viene effettuato il progetto di distribuzione e lo stesso viene ad essere approvato, perché abbiamo detto l’ordine di graduazione dei creditori è nel senso di , innanzitutto, procedere al rimborso delle spese esecutive, sostenute dalle parti, poi di soddisfare i creditori che hanno un diritto di prelazione, creditori chirografari tempestivi. Quindi creditori chirografari tardivi ed eventuale residuo al debitore esecutato. E abbiamo analizzato il discrimine, che di solito è rappresentato dalla prima udienza fissata per l’autorizzazione nella vendita o assegnazione. Nell’ipotesi di espropriazione presso terzi, vista la peculiarità di questa procedura esecutiva, il discrimine per l’individuazione del creditore come tempestivo o tardivo, è invece rappresentato dalla prima udienza di comparizione delle parti. Un istituto molto importante è rappresentato dalle CONTROVERSI IN SEDE DISTRIBUTIVA: potrebbe accadere che nella fase di distribuzione della somma ricavata, sorgano delle contestazioni , che possiamo distinguere in due diverse specie: - Quelle MOSSE DAL DEBITORE: il debitore può contestare la sussistenza e l’ammontare dei crediti di tutti i creditori. - Che possono sorgere TRA I DIVERSI CREDITORI: possono avere ad oggetto l’esistenza, l’ammontare, le ragioni di prelazione di un creditore che, in sede di riparto è collocato anteriormente o allo stesso livello. Mi spiego meglio. Noi sappiamo che nell’ambito del processo civile, dalle norme generali sul processo civile, vi è una condizione della azione rappresentata dall’INTERESSE AD AGIRE, ex art 100 cpc. Anche nell’ambito della procedura esecutiva ritroviamo la necessità che vi sia questa condizione e con specifico riferimento alle contestazioni, dobbiamo fare applicazione di questa disposizione art 100. Quando analizziamo le contestazioni del debitore, in questa ottica, cioè partendo proprio dall’interesse ad agire, il debitore ha interesse a promuovere contestazioni nei confronti di tutti i creditori, relativamente alla sussistenza e all’ammontare dei crediti, perché il debitore intende ESTINGUERE soltanto i CREDITI EFFETTIVAMENTE ESISTENTI. Non ha alcun interesse a contestare l’esistenza di ragioni di prelazione. ( ad es : se la somma ottenuta dalla vendita è sufficinete per soddisfare tutti i creditori). Quindi, laddove vi siano contestazioni ad opera del debitore promosse dal debitore, esse possono riguardare o - la sussistenza o - l’ammontare dei crediti di tutti i creditori. Invece nell’ipotesi di contestazione tra creditori, proprio la visuale che prende le mosse dall’art 100, dall’interesse a promuovere tali contestazioni, ci fa dire che essi hanno un oggetto più ampio, perché possono riguardare l’esistenza, l’ammontare e le ragioni di prelazione, ma non di un creditore, che in sede di riparto si trova in una posizione successiva, rispetto al creditore che invece promuove questo tipo di contestazioni. Quindi ci deve essere la contestazione nei riguardi di un altro creditore, collocato in sede di riparto o in una posizione anteriore o allo stesso livello. Ci deve essere in sostanza un vantaggio concreto per il creditore. Domanda di un ragazzo: la sussistenza da parte del debitore non deve essere contestata nella fase di intervento? Di cosa stiamo parlando? ESPROPRIAZIONE DI BENI INDIVISI Qual è l’ipotesi che ha preso in considerazione il legislatore? Tra gli elementi attivi del patrimonio, con cui il debitore risponde delle obbligazioni ai sensi del 2740, è possibile che esista la CONTITOLARITA’ di un DIRITTO REALE (in particolare le disposizioni sembrano riferirsi soltanto all’ipotesi del diritto di proprietà, quindi l’ipotesi in cui nell’ambito di un patrimonio del debitore, vi sia la comproprietà di un bene). Non è sufficiente dire questo per indicare il profilo stativo dell’espropriazione dei beni indivisi, perché non solo si va ad espropriare un diritto che è in comproprietà con più soggetti, tra cui il debitore esecutato, ma bisogna anche aggiungere qualcosa altro: Non tutti i contitolari sono assoggettabili all’espropriazione, nel senso che , cioè il creditore non ha un titolo esecutivo nei confronti di tutti i contitolari. Da questa situazione, quindi già dal profilo statico tra gli elementi attivi del patrimonio del debitore, vi è un bene che è in comproprietà tra più soggetti. Non tutti i comproprietari risultano essere debitori del creditore procedente e soprattutto il creditore procedente non ha un titolo esecutivo da fare valere nei confronti di tutti In questa particolare ipotesi, il pignoramento per essere eseguito regolarmente, deve avere ad oggetto solo il diritto del debitore esecutato sulla quota del bene. Ciò che può essere pignorato non è l’intero bene, ma solo la quota del bene sul quale il debitore vanta il diritto di proprietà. Es: nei confronti del debitore io vanto un titolo esecutivo per il pagamento di 100. Il mio debitore muore e lascia 3 eredi. In questo caso, salvo ipotesi particolari, nella successione debiti e crediti si dividono in parti proporzionali alle rispettive quote, e quindi il debito in successione si scinde in 3 debiti di 33 ognuno. In questo caso i vari contitolari sono responsabili solo per una quota, ma nell’ambito del patrimonio del de cuius vi era anche un bene immobile. Ciascuno diventa comproprietario di 1/3. Poiché il titolo esecutivo ha efficacia anche contro gli eredi, in questa ipotesi, io essendo creditore del de cuius, sono creditore anche degli eredi del de cuius. Quindi non trovano applicazione le regole dell’espropriazione di beni indivisi, perché io vanto un titolo esecutivo nei confronti di tutti i comproprietari del bene immobile che intendo espropriare. Diversa sarebbe invece l’ipotesi se io sono creditore di UNO SOLO degli eredi. Non del de cuius! In questo caso, mi accorgo che il mio debitore è divenuto proprietario di 1/3 del bene immobile, intendo pignorare quella quota del bene immobile. La forma che il legislatore predispone per questa ipotesi è costituita dall’espropriazione di beni indivisi. Quindi il caso in sostanza è quello di un creditore che vanta di un titolo esecutivo e quindi può legittimamente procedere a esecuzione, nei confronti non di tutti i comproprietari, ma solo del suo debitore, che a sua volta è comproprietario di un bene. Il pignoramento e la soddisfazione del creditore si realizza mediante il vincolo che viene ad instaurarsi sulla quota appartenente al debitore esecutato e la successiva trasformazione della quota che appartiene al debitore esecutato. Quali sono le regole della procedura? Quindi Profilo dinamico: (in cosa consiste questa disciplina che tiene conto delle peculiarità prese in considerazione dal legislatore) Quali sono queste peculiarità relative al procedimento? In questo caso, ugualmente, il titolo esecutivo e il precetto vanno notificati soltanto al debitore, perché l’unico soggetto obbligato, unico soggetto passivo della procedura esecutiva è il debitore, il quale può avere interesse ad adempiere, senza subire il processo esecutivo, e perciò è l’unico destinatario degli atti preliminari all’esecuzione. Così anche il pignoramento si svolge nelle forme ordinarie: si segue il pignoramento mobiliare, se il bene oggetto di comproprietà è un bene mobile, o quella immobiliare se oggetto è un bene immobile. Però c’è una particolarità. Questa è prevista dall’art 599 : c’è l’onere da parte del creditore di avvisare i contitolari dell’avvenuto pignoramento: cosa prevede espressamente il 599? (lettura norma) “Possono essere pignorati i beni indivisi anche quando non tutti i comproprietari sono obbligati verso il creditore (questo è il profilo statico). In tal caso, del pignoramento è notificato avviso, a cura del creditore pignorante, anche agli altri comproprietari ai quali è fatto divieto di lasciare separare dal debitore la sua parte, delle cose comuni senza ordine del giudice.” Quindi in sostanza bisogna avvisare i contitolari, che si è proceduto al pignoramento e soprattutto bisogna avvisare i contitolari di non lasciare che il debitore separi la sua quota rispetto al bene che è oggetto di pignoramento. Dopodichè il giudice sente le parti e determina qual è la modalità preferibile perché venga ad essere pignorata solo la quota del debitore esecutato. Quali sono queste modalità ipotizzabili? Sono tre: 1) Separazione in natura. (Modalità prescelta dal legislatore) 2) Vendita della quota 3) Divisione giudiziale. Domanda : Se non viene effettuato l’avviso del pignoramento ai contitolari cosa succede? Lo scopo dell’avviso ai contitolari che è stata pignorata la quota del debitore esecutato, è che in questo modo i contitolari vengono ad essere PARTI del processo esecutivo, pur se non sono qualificabili come parti esecutate. Tramite la notificazione dell’avviso si va a bloccare la situazione di fatto e di diritto della contitolarità cosi come è al momento in cui ricevono l’atto di avviso. L’avviso presuppone che ci sia stato il pignoramento. Lo scopo è quello di mettere a conoscenza gli altri contitolari, che è stato pignorata la quota spettante al debitore esecutato. La norma non ci dice quali sono le conseguenze del mancato avviso, ma secondo la giurisprudenza maggioritaria, l’omessa notificazione dell’avviso, non va ad incidere sull’ efficacia del pignoramento. Determina semplicemente il venir meno di quella preclusione di cui discorre l’art 599 che abbiamo letto, cioè per i contitolari di procedere alla separazione della quota che spetta al debitore, perché se la funzione è quella di rendere noto agli altri contitolari che si è vincolata la quota alla soddisfazione del diritto del creditore procedente, venuta meno tale notificazione, gli altri contitolari, potranno liberamente disporre la separazione. Il legislatore invece nell’ipotesi regolare ha voluto bloccare la situazione di contitolarità per poter eventualmente sostituire il giudice a qualsiasi scelta circa la divisione o separazione in natura del bene. Anche perché in realtà le ulteriori fasi di questa particolare procedura espropriativa quali sono? Abbiamo detto: viene notificato il titolo esecutivo e l’atto di precetto solo al debitore esecutato, viene effettuato il pignoramento, come siamo abituati a conoscere (mobiliare, immobiliare ecc..), viene notificato l’avviso ai comproprietari. A questo riguardo c’è una norma relativa alle disposizioni di attuazione del codice di rito importante: l’art 180 dispone espressamente “Avviso di pignoramento ai comproprietari del bene pignorato”. L’avviso ai comproprietari dei beni indivisi, nel caso previsto dall’art 599 comma 2, deve contenere l’indicazione del creditore pignorante, del bene pignorato, della data dell’atto di pignoramento e della trascrizione di esso (laddove è necessario e si tratti immobile) con lo stesso avviso o atto separato, gli interessati devono essere invitati a comparire davanti al giudice dell’esecuzione per (?) i provvedimenti nell’art 600 . Al 2° comma dell’art 180 delle disposizioni di attuazione, il legislatore impone la notificazione dell’atto di avviso e soprattutto impone di invitare a comparire davanti al giudice dell’esecuzione, gli interessati. Quindi non fa riferimento solo ai contitolari, ma l’invito a comparire di cui discorre l’art 180 delle disposizioni di attuazione, è rivolto agli interessati. In questa nozione, quindi, rientrano anche gli aventi causa e i creditori dei contitolari del bene sul quale si va ad effettuare il pignoramento. Almeno secondo l’interpretazione maggioritaria, la norma non ha utilizzato a caso l’espressione “INTERESSATI” piuttosto che contitolari, per consentire a qualsiasi soggetto che possa avere un interessa nella procedura, ma soprattutto che possa avere un interesse derivante dalla contitolarità del bene, a poter partecipare alla procedura esecutiva. Quindi: - Notificazione atti preliminari - Pignoramento - Avviso ai contitolari - Scelta delle modalità tramite le quali bisogna procedere effettivamente all’individuazione della quota del debitore esecutato. Il legislatore predilige la separazione in natura, laddove è possibile, ossia quando oggetto della contitolarità è un bene FUNGIBILE (Es: una tonnellata di grano). Se invece la separazione non è possibile perché si tratta di un bene INFUNGIBILE, in questo caso si aprono le altre due strade: 1) vendita della quota 2) divisione giudiziale. Leggiamo l’art 600 (lettura norma) “Convocazione dei comproprietari”. Quindi se tre soggetti sono comproprietari di una botte di vino in parti uguali, la strada preferita dal legislatore è la separazione in natura, che si effettua in questo caso misurando il vino nella botte e attribuendo a ciascuno dei contitolari la propria quota, dopodichè il processo esecutivo va avanti nelle forme che conosciamo. Questo è lo scopo della azione revocatoria. Fin’ora abbiamo individuato delle ipotesi in cui è possibile che oggetto di espropriazione sia un bene, non di proprietà del debitore esecutato, ma di proprietà di un terzo: innanzitutto ipotesi di responsabilità per debito altrui, cioè garanzie reali, bene gravato da pegno o ipoteca per debito altrui (l’ipoteca voi sapete, dal diritto di sequela, ai sensi dell’art 2808 se non mi sbaglio). Il creditore ipotecario può espropriare il bene non soltanto fino a quando si trova nel patrimonio del debitore esecutato, ma anche se il bene nel frattempo viene trasferito. Quindi si ha in questa ipotesi una scissione tra DEBITO e RESPONSABILITA’. Questa ipotesi si verifica tutte le volte in cui il bene che è sottoposto a pegno o a ipoteca, venge ad essere trasferito, perché è possibile in questo caso… (la connessione della prof salta). Quindi in realtà la prima ipotesi è che ci sia una garanzia, cioè il terzo è responsabile senza essere debitore (es: ipoteca). Altre ipotesi invece è quella in cui il debitore esecutato abbia trasferito il bene ad un soggetto terzo e questo atto di disposizione sia stato oggetto di una azione revocatoria. Il creditore quindi abbia agito in revocatoria ai sensi del 2901 cc per far sì che questo atto di disposizione, pur valido, non sia a lui opponibile. E’ come se il bene pur fuoriuscito dal patrimonio del debitore comunque rientrasse nell’ambito di quei beni sui quali il debitore può rifarsi per soddisfare il suo diritto. Infatti, l’esempio che potremmo fare è che il debitore vende un bene al terzo. Il creditore esperisce l’azione revocatoria ed ottiene la dichiarazione di inefficacia di questo atto di disposizione. L’effetto che ottiene il creditore e quindi tramite l’accoglimento della azione revocatoria, è quello di rendere l’atto di trasferimento a lui non opponibile, però il bene comunque rimane ad ogni effetto nell’ambito del patrimonio del terzo soggetto. Quindi, chi è questo terzo soggetto che subisce l’espropriazione? E’ un terzo completamente differente rispetto a quello che abbiamo incontrato come ausiliare del giudice nell’espropriazione presso terzi. E’ un soggetto che dal punto di vista sostanziale, è completamente ESTRANEO al rapporto obbligatorio credito-debito. La sua responsabilità è limitata solo a un bene, a una garanzia non personale come la fideiussione, ma si tratta di ipoteca, del pegno. Chi altro può essere questo terzo? E’ l’acquirente rispetto che appunto è attualmente proprietario del bene, nonostante l’atto di disposizione del debitore esecutato sia stato oggetto di azione revocatoria e quindi l’atto è stato revocato per frode. Se avete capito il profilo sostanziale, statico, che il legislatore chiarisce anche quando proprio fa riferimento a questo tipo di espropriazione all’art 602, laddove prevede che quando oggetto dell’espropriazione è un bene gravato da pegno o ipoteca per un debito altrui, oppure un bene la cui alienazione da parte del debitore è stata revocata per frode, si applicano le disposizioni, contenute nei capi precedenti, in quanto non siano modificate dagli articoli seguenti. Se vi è chiaro questo e quindi vi è chiaro che si va a pignorare un bene del terzo proprietario non per un errore, ma perché è il legislatore che consente legittimamente al creditore di far espropriare un bene di proprietà del terzo e non già di proprietà del debitore esecutato, saranno più semplici le regole dinamiche, il profilo dinamico, le regole del procedimento. E’ l’unica ipotesi in cui gli atti preliminari (titolo esecutivo e precetto) vanno notificati ANCHE non solo AL TERZO PROPRIETARIO, perché in realtà è il terzo proprietario che può avere, assieme al debitore, interessa ad adempiere spontaneamente, senza subire, perché anche lui diventa parte esecutata. Anche lui subisce il processo esecutivo! Altra particolarità: l’atto di precetto si arricchisce di un ulteriore contenuto, dovuto al fatto che il terzo non risponde con tutti i suoi beni, ma risponde soltanto con quel bene che o è stato posto a garanzia di un debito altrui o è stato oggetto dell’atto revocato per frode. Quindi l’atto di precetto si arricchisce dell’indicazione del bene sul quale si intende procedere ad esecuzione forzata, sul bene che è di proprietà del terzo. Dopodichè, ogni qual volta deve essere sentito il debitore, verrà sentito anche il terzo. C’è una unica differenza tra la posizione del debitore e la posizione del terzo, ovvero che il debitore non può fare offerte all’incanto per aggiudicarsi il bene, mentre invece questo divieto previsto dall’art 579 non opera con riferimento al terzo. Domanda: dal momento che anche il terzo viene espropriato, non dovrebbe avere una sorta di “risarcimento” nel caso in cui non fosse il garante? Nel caso in cui non fosse garante, l’azione revocatoria prevede determinati requisiti. Ci sono comunque delle condizioni che consentono di agire direttamente e legittimamente nei confronti del terzo. Poi sarà un problema di rapporti tra terzo proprietario e debitore esecutato! Secondo voi quali creditori possono intervenire in questa procedura esecutiva? I creditori del debitore esecutato o del terzo proprietario? I creditori del TERZO. Perché il bene rientra nel patrimonio del terzo. Quindi i creditori che legittimamente possono intervenire, sono i creditori del terzo proprietario, perché il bene è un bene di proprietà del terzo! Oppure i creditori del debitore che si trovano nella stessa condizione del creditore procedente, cioè che o avevano la medesima garanzia oppure che avevano esercitato l’azione revocatoria in modo fruttuoso, quindi avevano ottenuto che l’atto non fosse opponibile anche nei loro confronti. Quindi si pone un problema alla luce di questa disciplina, cioè quali creditori possono intervenire, se i creditori del debitore esecutato o i creditori del terzo proprietario. Qui dobbiamo far riferimento alle regole generali che conosciamo: i creditori del terzo proprietario certamente potranno … (?) nella procedura, perché il bene è di proprietà del terzo, cioè del loro debitore! E quindi rientra nell’ambito del patrimonio del debitore su cui rivalersi. Anche i creditori del debitore, soltanto e limitatamente a quelle che sono i creditori che avevano le medesime garanzie, quindi il terzo che ha fornito la medesima garanzia reale con il suo bene per un debito altrui oppure avevano esperito validamente l’azione revocatoria e avevano ottenuto il risultato dell’inopponibilità dell’atto di disposizione rispetto alla soddisfazione del loro credito. Ultima notazione. Vi do da leggere l’istituto previsto dall’art 2929 bis cc. E’ una norma che prevede, di recente innovazione, che esonera il creditore che ritiene di essere pregiudicato da un atto di disposizione del debitore di promuovere l’azione revocatorie ordinaria, direttamente all’interno della procedura esecutiva, ottenere il medesimo effetto. E quindi facciamo un parallelo tra l’azione revocatoria e l’azione esecutiva ai sensi del 2929 bis cc. o In quest’istituto invece, ritroviamo che la prima fase, quella cognitiva, potrebbe del tutto mancare e soprattutto, non è onere del creditore instaurare il processo di cognizione. Al creditore cioè non si fa carico dell’onere dell’iniziativa processuale; non è tenuto ad agire per ottenere la declaratoria di inefficacia relativa all’atto di trasferimento compiuto dal debitore, ma in questa ipotesi l’onere eventualmente spetta al debitore o al terzo tramite la proposizione dell’opposizione all’esecuzione. Quindi il creditore non instaura preventivamente il giudizio di cognizione, ma in presenza di quelle determinate condizioni dell’ art2929bis procede all’espropriazione. In questo caso vi è la possibilità che il debitore o il terzo, cioè i soggetti passivi del processo esecutivo, intendano contestare la sussistenza dei presupposti dell’azione esecutiva dell’art 2929bis e in tale caso sono onerati della proposizione dell’opposizione all’esecuzione che quindi si va ad innescare nell’ambito del processo esecutivo. Ricaviamo questo dall’articolo 2929bis 3° comma: Il debitore, il terzo assoggettato a espropriazione e ogni altro interessato alla conservazione del vincolo possono proporre le opposizioni all’esecuzione di cui al titolo V del libro III del codice di procedura civile quando contestano la sussistenza dei presupposti di cui al primo comma, nonche’ la conoscenza da parte del debitore del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore. Quindi il comma che abbiamo appena letto fa riferimento non soltanto al debitore esecutato ma anche al terzo ovviamente ma amplia la legittimazione dei soggetti interessati all’eventuale proposizione dell’opposizione anche ai soggetti interessati, ad es. un altro creditore del terzo o un altro creditore del debitore esecutato. Vista questa inversione dell’onere della iniziativa processuale per l’istaurazione del giudizio di cognizione, ci si è chiesti: questa inversione provoca anche una inversione dell’onere della prova? Quindi si pone un problema in sostanza interpretativo. Domanda: si può dire che si è passati da un’azione costitutiva a una azione di mero accertamento? Risposta: sicuramente si può dire che si è passati da un’azione costitutiva necessaria che debba essere esercitata preventivamente dal creditore, ad un’azione che vedremo se è proprio di mero accertamento perché – ne parleremo quando affrontiamo il tema dell’opposizione all’esecuzione- qual è l’oggetto di questo giudizio di cognizione. Comunque in via generale potremmo dire che è corretta questa qualificazione. In sostanza, dicevo, occorre valutare anche l’onere della prova perchè in realtà il 2929bis al 3° comma prevede unicamente l’inversione dell’onere di attivazione del giudizio fi cognizione ma nulla ci dice dell’onere della prova. Così si sono formati due diversi orientamenti. Nell’ambito cioè di questo giudizio instaurato di regola dal terzo o dal debitore i quali hanno intenzione di contestare la sussistenza dei presupposti dell’istituto, secondo alcuni è onere del creditore opposto dare la prova dell’esistenza dei requisiti applicativi della norma: quindi l’onere della prova spetterebbe al creditore. Perchè si dice questo? perchè a prescindere da ogni qualificazione formale, l’attore dal punto di vista del dir sostanziale è il creditore: cioè colui che agisce in giudizio è tenuto anche a fornire la prova dei fatti costitutivi del suo diritto quindi deve provare l’esistenza dei presupposti della propria azione. In questo senso ritroviamo una assimilazione del procedimento con un procedimento speciale non cautelare, ovvero con il procedimento di ingiunzione. Vediamo innanzitutto le somiglianze col procedimento di ingiunzione. Siamo partiti da una questione interpretativa: il 2929bis nel disciplinare il pignoramento revocatorio non ripartisce anche l’onere della prova ma si limita a dire al comma terzo che i è un inversione dell’onere di instaurazione del giudizio del cognizione: spetta non al creditore ma al debitore. A fronte di questa disposizione, chi è he deve provare la sussistenza dei presupposti per l’applicazione dell’istituto?  A fronte di un primo orientamento è il creditore perché, pur se formalmente convenuto nell’ambito del giudizio di opposizione, dal punto di vista del dir sostanziale è colui che agisce e chiede tutela, quindi è colui al quale spetta l’onere della prova. Così tale interpretazione fa riferimento a una assimilazione a livello procedurale dell’istituto con il procedimento per decreto ingiuntivo. Con esso sostanzialmente e molto in generale il creditore si rivolgono direttamente al giudice perché quest’ultimo emani il decreto ingiuntivo, cioè un provvedimento che ingiunga al debitore il pagamento di una somma di denaro, la consegna di una cosa monile o di una quantità determinata di cose fungibili. In questa ipotesi il debitore riceve la notificazione del decreto ingiuntivo e del ricorso e può decidere di adempiere spontaneamente o fare opposizione e quindi instaurare in tal modo un giudizio di cognizione piena in cui è lui stesso, il debitore, ad essere onerato dell’iniziativa processuale. Studiate che il contraddittorio, quindi, è differito ed eventuale: differito nel senso che il giudice prima pronuncia il decreto ingiuntivo e poi viene eventualmente a instaurarsi il giudizio di cognizione piena tramite la proposizione dell’opposizione a decreto ingiuntivo, eventualmente perché è lasciata al debitore tale possibilità. E con riferimento proprio al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo vi viene detto che si ha un inversione delle parti, ma una inversione soltanto formale non anche sostanziale. Chi prende l’iniziativa è il debitore, ma con riferimento all’onere della prova, è pur sempre il creditore opposto a dover fornire la prova dei fatti costitutivi del suo diritto di credito, mentre spetta la creditore opponente, attore in senso formale, fornire la prova dei fatti modificativi impeditivi ed estintivi. Quindi così come per quel procedimento, anche in questo , secondo una prima interpretazione, è onere del creditore opposto fornire la regola dei requisiti applicativi del 2929bis  Altra interpretazione ritiene che sia onere dell’opponente, quindi del debitore o del terzo o altro interessato, fornire la prova dell’inesistenza dei presupposti applicativi della norma. A fondamento di questa interpretazione viene posta innanzitutto la relazione alla legge di conversione che molto spesso viene utilizzata come criterio ermeneutico per l’esegesi di un istituto dove si parla della presunzione di inefficacia, cioè opera una presunzione di inefficacia dell’atto di disposizione che può essere vinta tramite la prova contraria, che deve essere quindi fornita dal debitore, dal terzo o altro interessato che prende l’iniziativa processuale. In secondo luogo l’art 2929bis è norma volta a favorire il creditore di fronte a atti che si presumono fraudolenti, tanto che possono essere resi immediatamente inefficaci e quindi in coerenza con la ratio legis e con la presunzione, l’onere probandi deve gravare non già sul creditore ma su chi propone opposizione. In ogni caso non c’ è una interpretazione esatta ma ovviamente dovete innanzitutto individuare qual è il problema e poi individuare le diverse interpretazioni date nel tempo e che vengono considerate nella prassi, proprio facendo riferimento al percorso logico che il primo orientamento richiama e al percorso logico che il secondo orientamento richiama. Da un punto di vista dinamico la disciplina è contenuta nell’art 2929bis secondo comma: Quando il bene, per effetto o in conseguenza dell'atto, è stato trasferito a un terzo, il creditore promuove l'azione esecutiva nelle forme dell'espropriazione contro il terzo proprietario ed è preferito ai creditori personali di costui nella distribuzione del ricavato. Quindi l’esecuzione ha ad oggetto un bene del terzo proprietario, cioè la norma considera l’ipotesi in cui si è avuto trasferimento a titolo gratuito e ricorrono i requisiti del primo comma: l’esecuzione avendo ad oggetto un bene del patrimonio del terzo sceglie la forma più appropriata di esecuzione: quella contro il terzo proprietario. Cosa comporta questo? Il titolo esecutivo e il precetto verranno notificato non solo al debitore esecutato ma anche al terzo, il precetto e l’atto di pignoramento conterranno l’indicazione dell’immobile che si vuole espropriare e il riferimento ovviamente ha questa forma particolare di pignoramento revocatorio di cui all’art 2929bis. Quindi in sostanza è essenziale che il creditore spieghi perché il procedente, pur avendo titolo esecutivo contro un certo soggetto, si rivolge invece al terzo. Siamo in grado ora di valutare anche le differenze rispetto all’azione revocatoria: azione revocatoria e azione esecutiva ex 2929bis cc sono due rimedi che in parte risultano sovrapponibili, ad es. in ipotesi di donazione e quando l’atto di disposizione è a titolo gratuito posso scegliere tra azione revocatoria e pignoramento revocatorio. Ma nell’azione revocatoria necessariamente si deve preventivamente celebrare un momento dichiarativo per poi, solo all’esito della sentenza passata in giudicato, potersi procedere all’esecuzione forzata. Con il pignoramento revocatorio invece il creditore può procedere a esecuzione affermando nell’atto di precetto un certo indice di responsabilità del bene da pignorare e addossando alla controparte debitore o terzo, l’onere di attivarsi eventualmente per l’istaurazione dell’opposizione all’esecuzione in cui contestare la sussistenza delle condizioni che altrimenti il creditore avrebbe dovuto affermare nell’ambito di un giudizio vero e proprio di cognizione. Quindi si tratta di due istituti molto simili nelle funzioni ma che prevedono certamente delle differenze importanti quanto ai presupposti e al modello procedimentale prescelto Possiamo passare all’altra forma di tutela esecutiva: L’ESECUZIONE IN FORMA SPECIFICA. Quindi: espropriazione forzata è una specie di tutela esecutiva, che viene invocata laddove il creditore agisce nelle forme del processo esecutivo al fine di ottenere la somma di denaro che ha proprio diritto di ottenere. Tramite quindi l’espropriazione, in sostanza, il creditore va ad aggredire un bene che si trova nel patrimonio del debitore e quindi più tecnicamente va a aggredire il diritto sul bene che ha il debitore esecutato; si ha la trasformazione di questo diritto in somma di denaro tramite la vendita o l’assegnazione in qualche caso e, nel caso della vendita, il diritto viene trasferito a un terzo soggetto aggiudicatario; la somma ricavata vale a soddisfare il diritto del creditore procedente. Quindi nell’esecuzione per espropriazione forzata i diritti in gioco sono 2: il dir di credito di cui si chiede tutela esecutiva e destinato a essere soddisfatto con distribuzione della somma ricavata; dall’altro lato il diritto del debitore che viene a essere oggetto di pignoramento e che viene trasferito all’aggiudicatario al termine della vendita. Nell’esecuzione in forma specifica invece il diritto in gioco è solo uno: il diritto individuato nel titolo esecutivo e che coincide con il diritto oggetto dell’ esecuzione. Facciamo un esempio: esempio di espropriazione forzata. Prima del pignoramento io sono creditore di 10.000 euro nei confronti del prof auletta che è proprietario di un certo bene. A espropriazione conclusa quale sarà il risultato? Il mio credito di 10.000 euro si è estinto; il professor Auletta non sarà più proprietario di quel bene che in virtù della vendita forzata appartiene a un terzo soggetto, l’aggiudicatario. Quindi abbiamo duplicità di diritti, il dir di credito e di proprietà e quindi anche di situazioni sostanziali che vengono coinvolte. Per l’esecuzione in forma specifica possiamo fare il caso di un titolo esecutivo che obbliga il prof auletta, possessore di un rolex, a restituirlo a me che sono legittimo proprietario. All’esito esecuzione in forma specifica- in questo caso per consegna- il mio diritto è soddisfatto e il prof Auletta non sarà più possessore di quel determinato rolex. Quindi capirete bene, tenendo conto della situazione che precede l’esecuzione, del risultato cui perviene il processo esecutivo, perché ,mentre nell’ espropriazione forzata sono due, nell’ambito dell’esecuzione in forma specifica, invece, il diritto è uno solo. Il diritto che si intende tutelare e quello oggetto dell’esecuzione coincidono. Questa è una distinzione importante per capire anche perché il notifica un atto di avviso al soggetto obbligato, indicando il giorno e l’ora in cui procederà al rilascio del bene. L’ufficiale giudiziario poi munito del titolo esecutivo e del precetto, nel giorno e nell’ora indicate nell’atto di avviso, di recherà sul luogo dell’esecuzione e metterà la parte istante nel possesso del bene tramite un gesto simbolico: la consegna delle chiavi e l’ingiunzione ai detentori di riconoscere il nuovo possessore e infatti l’art 608 ci dice che l’esecuzione inizia con la notifica dell’avviso con il quale l’ufficiale giudiziario comunica almeno 10 giorni prima alla parte che tenuta a rilasciare l’immobile e il giorno e l’ora in cui procederà. Nel giorno e nell’ora stabiliti l ‘ufficiale giudiziario munito di titolo esecutivo e precetto si reca sul luogo di esecuzione, facendo uso, quando occorre, dei poteri a lui consentiti dall’ art513 ( quindi anche forza pubblica), immette la parte istante o chi da lei designata nel possesso dell’ immobile del quale le consegna le chiavi e ingiunge al detentore di riconoscere il nuovo possessore. Quindi nell’esecuzione per consegna e rilascio dobbiamo dire che si tratta di una esecuzione in forma specifica, non vi è la duplicità di oggetti, il titolo esecutivo è più ridotto se così possiamo dire, nel senso che non tutti i titoli esecutivi possono fondare questo tipo di esecuzione. Innanzitutto i titoli esecutivi di formazione giudiziale: classico caso è la sentenza di condanna. Il problema però si pone di volta in volta anche per i titoli giudiziali perchè noi saremmo tentati di dire che ad es il decreto ingiuntivo può fondare l’esecuzione per consegna o rilascio, essendo titolo giudiziale. Perché quando studiate il procedimento di ingiunzione, tra le condizioni di ammissibilità del decreto ingiuntivo, l’art 633 prevede che possa ricorrere a questa particolare forma di tutela il creditore di un somma di denaro, e quindi l’esecuzione successiva verrà ad essere l’espropriazione forzata, oppure colui che ha diritto alla consegna di un bene mobile determinato o di una determinata quantità di cose fungibili. Quindi sulla base di quanto il legislatore prevede all’art 633 il decreto ingiuntivo non potrà mai fondare l’esecuzione per rilascio non potendo avere ad oggetto il rilascio di un bene immobile, ma solo per consegna oppure l’espropriazione forzata. Quindi fate attenzione anche al tipo di provvedimento giudiziale che viene considerato. Esecuzione per consegna: notificazione del titolo esecutivo e dell’atto di precetto. Questo s’arricchisce di un ulteriore contenuto, l’individuazione del bene. L’ufficiale giudiziario al quale il creditore si rivolge ricerca il bene, lo apprende , lo consegna all’avente diritto. Il tutto si esaurisce in unica attività, che viene compiuta da parte dell’ ufficiale giudiziario Esecuzione per rilascio: anche qui si ha notificazione del titolo esecutivo e del precetto e l’inizio dell’esecuzione si ha con la notificazione di un ulteriore atto ad opera dell’ufficiale giudiziario, ovvero dell’avviso del giorno e dell’ora in cui egli stesso procederà al rilascio. L’ufficiale giudiziario munito di titolo esecutivo e precetto si reca quindi sul luogo dell’esecuzione, immette la parte istante nel possesso del bene e il gesto simbolico che indica che il risultato dell’esecuzione è stato ottenuto è rappreentato dalla consegna delle chiavi e dall’ingiunzione al detentore di riconoscere il nuovo possessore. Domanda: È possibile che l’ufficiale giudiziario trovi un bene già pignorato da altri? Risposta: si, c’è una norma particolare, l’art 607, che risponde alla sua domanda: Se le cose da consegnare sono pignorate, la consegna non può aver luogo e la parte istante deve fare valere le sue ragioni mediante opposizione a norma degli articoli 619 e seguenti. Cioè l’ipotesi è che io sono proprietario del bene e quindi ho diritto a ottenere la consegna di quel determinato bene mobile. In mancanza di adempimento spontaneo del debitore procedo nelle forme dell’esecuzione per consegna; in questo caso l’ufficiale giudiziario si reca nel luogo del bene mobile e si accorge che il bene mobile è vincolato, è stato oggetto di pignoramento e quindi non può procedere. Che tipo di tutela avrà? Lo studiamo prossimamente, forse nel prossimo incontro. La tutela è quella dell’opposizione di terzo all’esecuzione ex 619 cpc, cioè è stato pignorato un bene che non doveva essere pignorato perchè non è di proprietà del debitore esecutato ma è di proprietà del terzo, quindi è stato illegittimamente pignorato. Lo strumento è rappresentato dall’ opposizione di terzo all’ esecuzione cioè il terzo avrà l’onere di instaurare una parentesi cognitiva nell’ambito del processo esecutivo volta ad accertare l’effettiva titolarità sul bene che è stato oggetto di pignoramento. Un’altra questione da trattare è questa. Dicevo che la presenza del giudice dell’esecuzione è soltanto eventuale e è lasciata all’ipotesi in cui nel corso dell’esecuzione sorgano delle difficoltà. In questo caso l’art 610 prevede che a ciascuna parte , quindi è norma molto ampia, può chiedere al giudice dell’esecuzione i provvedimenti temporanei che possono essere volti alla risoluzione delle difficoltà. però ci si è molto interrogati su questa disposizione e sull’ambito di applicazione del 610, cioè in che tipo di difficoltà possono sorgere in queste forme di esecuzione tali da richiedere l’intervento con l’istaurazione di una parentesi cognitiva come l’opposizione agli atti esecutivi? Sono sorte diverse interpretazioni. o Per alcuni si tratterebbe di semplice difficoltà materiali che possono sorgere durante l’esecuzione, ma a quest’orientamento si è facilmente replicato che queste possono essere risolte direttamente dall’ufficiale giudiziario, tanto che vi è il richiamo all’art 513 ( quindi con possibilità di avvalersi anche della forza pubblica) quindi probabilmente non si tratta di questo o Una seconda impostazione fa riferimento a difficoltà che possono formare oggetto di opposizione agli atti esecutivi. Però anche qui si è replicato che ci sarebbe una duplicazione di provvedimenti, nel senso che vedremo che il giudice dell’esecuzione può fornire immediatamente provvedimenti urgenti anche di sospensione del processo esecutivo o Forse la tesi più accreditata è che tramite questa norma in realtà il legislatore non ha prevalutato quelle che sono le difficoltà che possono sorgere durante una esecuzione in forma specifica, ma ha ritenuto di inserire una norma di chiusura che coprisse qualsiasi tipo di difficoltà che non può essere risolta direttamente dall’ufficiale giudiziario anche ricorrendo ai poteri di cui all’ art 513 e che non è coperta dei provvedimenti del giudice del’ esecuzione emanati nel corso dell’ opposizione agli atti esecutivi. In sostanza la difficoltà a cui allude la disposizione può riguardare qualsiasi tipo di difficolta, anche ad es l’interpretazione del titolo esecutivo e la concreta esecutività del titolo, l’identificazione del bene oggetto di esecuzione ecc.. ci basti sapere che l’intervento del giudice dell’ esecuzione è solo eventuale, lasciato all’iniziativa delle parti interessate- di ciascuna parte- e che si pone questa esigenze laddove sorgano difficoltà nel corso del processo esecutivo. Le spese seguono la stessa disciplina che siamo abituati a conoscere nel senso che sono anticipate dall’istante e vengono poi poste a carico dell’obbligato all’esito del processo esecutivo. Infatti l’art 611 sancisce che Nel processo verbale l'ufficiale giudiziario specifica tutte le spese anticipate dalla parte istante. La liquidazione delle spese è fatta dal giudice dell'esecuzione con decreto a norma degli articoli 91 e seguenti che costituisce titolo esecutivo. Accanto all’esecuzione in forma specifica per consegna o rilascio, il legislatore prevede l’esecuzione per obblighi di fare o di non fare. - Cosa si intende per obblighi di fare? In sostanza il creditore ha diritto a una prestazione da parte dell’obbligato, non è adempiuto cioè un obbligo di fare. - Obbligo di non fare implica comunque una prestazione positiva, cioè non è stato adempiuto un obbligo di disfare. In ogni caso l’obbligo diretto o derivato si traduce sempre in una prestazione positiva, cioè in un facere L’art 2931 cc dispone infatti che se non è adempiuto un obbligo di fare, l’avente diritto può ottenere nelle forma del processo esecutivo quindi richiamando il codice di procedura civile, che esso sia eseguito a spese dell’obbligato. E un’altra norma relativa agli obblighi di non fare è prevista dall’art 2933: se non è adempiuto un obbligo di non fare l’avente diritto può elle forme del processo esecutivo, ottenere che sia disfatto a spese dell’obbligato ciò che è stato fatto in violazione dell’obbligo. Però lo stesso art 2933fa riferimento a un limite che analizzeremo tra poco in modo più specifico. Il primo limite che incontriamo nella lettura delle norme del codice che ci indicano proprio il contenuto dell’esecuzione per obblighi di fare e di non fare è rappresentato dal pregiudizio all’economia nazionale: infatti il comma 2 dell’art 2933 prevede che non possa essere ordinata la distruzione di una cosa se la distruzione stessa comporta un pregiudizio all’economia nazionale. Quindi già da questa norma ritroviamo un primo limite all’esecuzione, ma ve ne sono anche altri. 1)Primo fra tutti è rappresentato dalla fungibilità della prestazione, cioè è possibile ricorrere al processo esecutivo per ottenere l’adempimento di una prestazione, quindi per raggiungere il risultato individuato nel titolo esecutivo, laddove la prestazione che si intende raggiungere sia comunque fungibile; altrimenti non è possibile ricorrere al processo esecutivo ma trovano applicazione le cd. Misure coercitive, in particolare oggi trova applicazione una norma molto importante: l’art 414bis cpc, ma l’esecuzione resta non attuabile 2)Altro limite al processo esecutivo in forma specifica per obblighi di fare e non fare lo abbiamo appena visto: pregiudizio all’economia nazionale. Cosa vuol dire pregiudizio all’economia nazionale? Perché il legislatore ha prodotto tale limite? In sostanza in questo caso l’interesse del privato, dell’avente diritto, del creditore cede di fronte a un interesse più ampio, a un interesse di tipo pubblicistico e viene tutelato il diritto particolare dell’avente diritto tramite il risarcimento pecuniario. Facciamo degli esempi. Un caso che si trovò ad analizzare la Corte di Cassazione atteneva alla demolizione di un immobile, demolizione edificato contro un divieto legale. L’avente diritto procedeva con l’esecuzione di obblighi di non fare; si pose il problema se vi fosse l’applicabilità del limite del pregiudizio dell’economia nazionale, persistendo la crisi in tema di alloggio. La cassazione affermò non sussistente l’interesse pubblicistico e quindi il pregiudizio all’economia nazionale, interpretando tale espressione in senso molto restrittivo. Quindi quale è un esempio in cui potremmo dire che vi è un pregiudizio all’economia nazionale? Ad es distruzione di una fabbrica che produce mascherine: in questo momento storico sarebbe di pregiudizio all’economia nazionale (in realtà non solo all’economia perché verrebbero coinvolti interessi anche più importanti), quindi l’unica forma di tutela sarebbe una tutela meramente risarcitoria. 3)Ancora: oltre al limite della fungibilità della prestazione , nel senso che ci deve essere un soggetto che può surrogarsi all’inadempiente in modo tale da ottenere lo stesso risultato per l’avente diritto, e al pregiudizio all’economia nazionale inteso in senso restrittivo, secondo alcuni esiste un ulteriore limite a questa forma di esecuzione specifica, e cioè che l’obbligo non richieda un’invasione della sfera possessoria dell’obbligato. Facciamo un esempio. Io ho diritto ad ottenere che una determinata impresa provveda a tinteggiare le pareti del mio appartamento. In mancanza di adempimento spontaneo del soggetto obbligato, cioè dell’impresa, non è necessario ricorrere all’ esecuzione per obblighi di fare perché questo obbligo può essere adempiuto senza invadere la sfera possessoria altrui, Le spese della procedura anche in questo caso vengono anticipate dall’istante e all’esito dell’esecuzione viene presentata al giudice una nota-spese fissata dall’ufficiale giudiziario e la particolarità è che il giudice pone definitivamente a carico del soggetto obbligato le spese con decreto ingiunti. Cioè se l’obbligato intende contestare le spese della procedura, deve utilizzare lo strumento dell’opposizione al decreto ingiuntivo. Quindi il creditore, nel caso in cui il debitore non adempia, ha direttamente titolo esecutivo da far valere dell’espropriazione forzata. Ora quindi abbiamo tutti i tasselli per riuscire a capire meglio quando inizia il processo esecutivo. Primo atto del processo esecutivo nell’espropriazione forzata è rappresentato da pignoramento; esecuzione per consegna: con l’accesso dell’ufficiale giudiziario; esecuzione per rilascio: quando l’ufficiale giudiziario notifica l’atto di avviso all’obbligato; esecuzione di obblighi di fare e di non fare: nel momento del deposito del ricorso al giudice dell’esecuzione. Allo stesso modo potremmo individuare determinate condizioni ad esempio, la competenze. Chi è competente laddove l’esecuzione abbia ad oggetto beni mobili o immobili? Il giudice del luogo in cui si trova il bene. Per l’espropriazione di crediti? Il luogo in cui ha domicilio o residenza il debitore, perché li il criterio di collegamento è stato scelto tenendo conto che chi è citato all’udienza ( stiamo parlando di espropriazione verso terzi ) è il debitore quindi dobbiamo avvicinarsi al luogo del debitore. È inutile che ci avviciniamo al terzo che può inviare la dichiarazione tramite lettera raccomandata o pec. Esecuzione degli obblighi di fare o di non fare: giudice del luogo dove essere eseguita la prestazione. In ogni caso competente è il tribunale in composizione monocratica Detto questo, dobbiamo dire poche parole in riferimento alle forme di esecuzione indiretta, cioè delle cd. misure coercitive. Laddove la prestazione non abbia il requisito della fungibilità, ciò costituisce un limite all’esecuzione forma specifica per obblighi di fare o di non fare perché nessuno può surrogarsi all’inadempimento dell’obbligato raggiungendo il medesimo risultato di soddisfazione per l’avente diritto, quindi il legislatore prevede delle misure coercitive: esecuzione indiretta; sanzioni per mancato adempimento spontaneo da parte dell’ obbligato, sanzioni che possono tentare di convincere il debitore ad adempiere spontaneamente. Qui qual è stato l’iter che ha indotto anche il legislatore italiano a prevedere una misura coercitiva di tipo generale? le prime misure coercitive le troviamo nel’ ambito dello Statuto dei lavoratori (condanna alla reintegra nel posto di lavoro), però poi si è sempre fatto riferimento a misure coercitive di carattere penale o ad es. che avevano funzioni specifiche, cioè erano dettate con riferimento a singoli inadempimenti. Prima dell’ introduzione dell’art 614bis c’era quindi l’art 18 statuto dei lavoratori e le misure coercitive penali ( almeno secondo parte della dottrina, come Protopisani: art 328-350 cp) con l’art 614bis invece si prevede una misura coercitiva generale, ma chi è che infligge take misura? Il giudice di cognizione (questo è fondamentale!): con lo stesso provvedimento di condanna all’adempimento, su richiesta della parte il giudice determina la somma dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza o ritardo successivi. Tale provvedimento di condanna integra titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per violazione, inosservanza o ritardo. Quindi a livello generale si tratta di una misura coercitiva indiretta che ha un contenuto pecuniario ma il carattere fondamentale è che accede sempre a un provvedimento di condanna ed è emanato dal giudice della cognizione. Misura accessoria rispetto al provvedimento di condanna. Il legislatore ha pensato alla ipotesi più elementare cioè sentenza di condanna emanata all’esito di un processo di cognizione piena ma potremo anche includere l’ordinanza, emanata all’esito del procedimento sommario di cognizione; forse secondo alcuni anche l’ordinanza cautelare ex art 700, cioè provvedimenti cautelari d’urgenza. L’unica esclusione che si coglie già leggendo l’art 614 bis è il pagamento di una somma di denaro. Le condizioni sono: -che vi sia l’istanza di parte non soggetta a termini di decadenza (cioè non è che il legislatore individua il omento in cui la parte è onerata della proposizione di una tale istanza , quindi l’istanza della cognizione piena si ritiene possa essere formulata anche all’udienza di precisazione delle conclusioni, secondo alcuni già direttamente in appello nonostante il disposto dell’art 345 comma 1), - il provvedimento principale deve essere un provvedimento di condanna (anche a prestazione infungibile) – valutazione di non manifesta iniquità dell’istanza da parte del giudice. Art 614bis:Con il provvedimento di condanna all'adempimento di obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro il giudice, salvo che ciò sia manifestamente iniquo, fissa, su richiesta di parte, la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Il provvedimento di condanna costituisce titolo esecutivo per il pagamento delle somme dovute per ogni violazione o inosservanza. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all’articolo 409. Il giudice determina l’ammontare della somma di cui al primo comma tenuto conto del valore della controversia, della natura della prestazione, del danno quantificato o prevedibile e di ogni altra circostanza utile …in cui il creditore nell’atto di precetto non abbia effettuato la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio della parte istante nel comune in cui ha sede il giudice competente per l’esecuzione. In questa ipotesi le opposizioni si propongono davanti al giudice del luogo in cui è notificato l’atto di precetto. Invece, per l’opposizione agli atti esecutivi l’art. 27 individua come giudice competente il giudice davanti al quale si svolge l’esecuzione. Si tratta di una competenza per territorio inderogabile. Il punto principale che occorre analizzare quando si parla di opposizione all’esecuzione è quello relativo ai motivi che sono deducibili tramite questo veicolo processuale. In generale, abbiamo detto che si contesta il diritto del credito di procedere a esecuzione. Più analiticamente occorre distinguere diversi motivi. Innanzitutto è possibile che tramite l’opposizione all’esecuzione si contesti l’inefficacia originaria o sopravvenuta del titolo esecutivo. Ad esempio, il debitore propone opposizione perché sostiene che la sentenza di primo grado non è una sentenza di condanna e quindi non è provvisoriamente esecutiva tra le parti. Non può costituire titolo esecutivo, si tratta di un provvedimento di mero accertamento. Questa è un’ipotesi di inefficacia originaria del titolo esecutivo. Oppure ancora, nell’ambito del procedimento di ingiunzione. Sapete come funziona? Il creditore si rivolge al giudice affinchè questo pronunci, senza un preventivo contradditorio tra le parti (“inaudita altera parte”), il decreto ingiuntivo. Questo provvedimento di regola non nasce provvisoriamente esecutivo, ma diventa esecutivo soltanto una volta che il creditore abbia proceduto alla notificazione al debitore del decreto ingiuntivo e del ricorso e il debitore non abbia proposto opposizione. Quindi decorsi 40 gg dalla notificazione del decreto ingiuntivo, in mancanza di opposizione da parte del debitore ingiunto, il decreto ingiuntivo diventa esecutivo. Facciamo il caso invece in cui il creditore direttamente notifichi il decreto ingiuntivo, pur non esecutivo, al debitore e poi cominci il processo esecutivo. In questo caso vi è un’inefficacia del provvedimento posto a fondamento dell’esecuzione, in quanto il decreto ingiuntivo non nasce provvisoriamente esecutivo. Quindi non può essere attribuita a questo provvedimento efficacia esecutiva. Le contestazioni relative al diritto del creditore di procedere ad esecuzione non comprendono solo un’inefficacia originaria del titolo esecutivo , ma anche un’inefficacia sopravvenuta. Esempio: Sentenza di primo grado di condanna provvisoriamente esecutiva. Verso questa sentenza viene proposto appello e viene fatta istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado. In questo caso, cioè laddove il giudice d’appello conceda l’inibitoria ex art. 283, abbiamo un provvedimento che è certamente titolo esecutivo (sentenza di condanna di primo grado), ma che è divenuto non efficace a livello esecutivo (non può fondare più un processo esecutivo). Noi abbiamo detto che il titolo esecutivo rappresenta un motore che deve durare per tutto il procedimento esecutivo; quindi un’inefficacia del titolo, anche sopravvenuta, dà luogo ad un’opposizione all’esecuzione. L’eventuale contestazione del diritto del creditore di procedere a esecuzione può derivare sia dall’inefficacia originaria del titolo esecutivo, sia da quella sopravvenuta. Volendo mantenere l’esempio del decreto ingiuntivo, abbiamo detto che questo non nasce provvisoriamente esecutivo, però in alcuni casi eccezionali disciplinati dall’art. 642 può essere emanato direttamente esecutivo, seppur in via provvisoria. Ad esempio se si basa su determinati titoli di credito (assegno bancario, assegno circolare) oppure se il giudice su istanza del creditore ritiene che vi siano i presupposti individuati dall’art. 642 per autorizzare l’efficacia esecutiva provvisoria. Quali sono queste ipotesi? Quando vi è un grave pregiudizio nel ritardo oppure nelle ipotesi in cui il creditore ponga a fondamento del suo diritto di credito un documento sottoscritto dal debitore, perché verosimilmente in quel caso la pretesa è fondata. Emanato il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo nei casi eccezionali ex 642, è possibile che il debitore proponga opposizione al decreto e che in pendenza dell’opposizione sia sospesa la provvisoria esecutività che inizialmente era stata fornita. Anche in tal caso abbiamo un’inefficacia sopravvenuta del titolo esecutivo, una nullità sopravvenuta per caducazione. anche da un titolo stragiudiziale (es. cambiale; se il creditore ha una cambiale può sia iniziare direttamente il processo esecutivo, sia può richiedere il decreto ingiuntivo). La domanda è: perché chi può già accedere alla tutela esecutiva preferisce accedere alla tutela cognitiva e quindi richiedere il decreto ingiuntivo? Che utilità fornisce il decreto ingiuntivo in più al creditore che potrebbe accedere già alla tutela esecutiva? Una delle ragioni che potrebbe spingere il creditore sarebbe quella di ottenere un titolo esecutivo di formazione giudiziale. In questo modo limiterebbe l’opposizione all’esecuzione relativa a motivi di merito, soltanto a quelli eventualmente intervenuti successivamente alla formazione del giudicato. Inoltre il decreto ingiuntivo è un provvedimento di condanna e quindi, come tutti i provvedimenti di condanna, dà la possibilità al creditore di iscrivere ipoteca giudiziale sui beni del debitore. Questo per ribadire che laddove analizzo i motivi di merito che posso dedurre tramite l’opposizione all’esecuzione è opportuno tenere in considerazione la distinzione tra titoli esecutivi di formazione giudiziale e stragiudiziale. Da un punto di vista dinamico, il procedimento dell’opposizione all’esecuzione è particolare. Innanzitutto distinguiamo 2 forme di opposizione all’esecuzione. Prima dell’inizio dell’esecuzione e in pendenza del processo esecutivo. Nel primo caso il discrimine è rappresentato dall’inizio del processo esecutivo. Proprio per questo è importante sapere quando inizia il processo esecutivo. Perché se propongo l’opposizione all’esecuzione allorquando ho ricevuto la notificazione degli atti pre-esecutivi (mi è stato minacciato il processo), il comma 1 del 615 impone all’opponente di proporre l’atto di citazione. In questo caso è possibile richiedere di ottenere dal giudice dell’esecuzione la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo. Invece, se l’esecuzione è già iniziata, l’atto introduttivo del giudizio di opposizione all’esecuzione è rappresentato dal ricorso. In questo caso al giudice dell’esecuzione verrà richiesta la sospensione del processo esecutivo in corso. Questo perché? Qual è la logica della scelta del legislatore? Se l’esecuzione è già iniziata, già c’è un giudice che conosce del processo esecutivo, quindi la forma più idonea dell’atto di opposizione è quella del ricorso (posso rivolgermi direttamente al giudice). Se invece un giudice dell’esecuzione ancora non c’è perché il creditore si è limitato alla notificazione degli atti pre-esecutivi, quindi non è ancora iniziato il processo esecutivo, l’atto introduttivo assume la forma dell’atto di citazione. L’atto di citazione andrà prima notificato al creditore e poi depositato presso la cancelleria del giudice competente. Vediamo le particolarità del procedimento di opposizione all’esecuzione quando l’esecuzione sia iniziata. Leggiamo il 615 secondo comma “Quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa. Questi fissa con decreto l'udienza di comparizione delle parti davanti a sè e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto. Nell'esecuzione per espropriazione l'opposizione è inammissibile se è proposta dopo che è stata disposta la vendita o l'assegnazione a norma degli articoli 530, 552, 569, salvo che sia fondata su fatti sopravvenuti ovvero l'opponente dimostri di non aver potuto proporla tempestivamente per causa a lui non imputabile.” Abbiamo quindi un procedimento particolare che si apre con il deposito del ricorso, perché al giudice dell’esecuzione viene affidata una fase sommaria. Questo fisserà un’udienza e assegnerà alla parte istante il termine per la notificazione del ricorso e del decreto. L’udienza segue le forme del procedimento camerale ed egli è chiamato a decidere unicamente sulla sospensione del processo esecutivo. A questa fase sommaria, riservata al giudice dell’esecuzione, ne potrebbe seguire un’altra: una fase a cognizione piena, che necessita però dell’impulso di parte nel termine che viene assegnato dal giudice. Quindi dall’ art 615 ricaviamo innanzitutto l’oggetto dell’opposizione all’esecuzione, poi la distinzione che occorre fare se l’esecuzione non è iniziata o se l’esecuzione è già iniziata. Se l’esecuzione ancora non è iniziata l’atto introduttivo assume la forma dell’atto di citazione, mentre se l’esecuzione è già iniziata l’atto introduttivo assume la forma del ricorso. in quest’ultimo caso che ruolo ha il giudice dell’esecuzione? Ha il ruolo di valutare se sussistono le condizioni per sospendere il processo esecutivo tramite una prima fase dell’opposizione all’esecuzione: una fase sommaria che si conclude con un’ordinanza (di accoglimento o di rigetto dell’istanza di sospensione). A questa fase sommaria dell’opposizione può (non necessariamente deve) seguire una fase a cognizione piena. Così come negli ordinari giudizi di cognizione, nella fase a cognizione piena si giudica la fondatezza dell’opposizione o la sua infondatezza. L’esito di questo giudizio, completo della fase sommaria e di quella eventuale, è definito con sentenza. La sentenza potrà essere oggetto di appello e poi eventualmente di ricorso per Cassazione. A voi quindi deve essere chiaro innanzitutto che, laddove il processo esecutivo sia iniziato, l’opponente e l’esecutato possono proporre l’opposizione all’esecuzione per contestare il diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata. Innanzitutto deve depositare il ricorso nella cancelleria del giudice dell’esecuzione, il quale è chiamato attraverso una valutazione sommaria a decidere se sospendere o meno la procedura esecutiva. Due esiti possono derivare da questa fase che comunque si concludono con l’adozione di un’ordinanza: ordinanza che accoglie o rigetta l’istanza di sospensione del processo esecutivo. A questa ordinanza può seguire un’ulteriore fase: la fase a cognizione piena (su impulso di parte e nel termine assegnato dal giudice). Questa fase a cognizione piena, che deve essere svolta dal giudice competente nel merito, si conclude con una sentenza appellabile. A tal proposito dobbiamo leggere l’articolo 616 “Se competente per la causa è l’ufficio giudiziario al quale appartiene il giudice dell’esecuzione questi fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito secondo le modalità previste in ragione della materia e del rito, previa iscrizione a ruolo, a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire di cui all’articolo 163-bis, o altri se previsti, ridotti della metà; altrimenti rimette la causa dinanzi all’ufficio giudiziario competente assegnando un termine perentorio per la riassunzione della causa” Quindi ricaviamo da questa norma che il legislatore, dopo una prima fase affidata in ogni caso al giudice dell’esecuzione e volta ad emanare un provvedimento che incide direttamente sul processo esecutivo (ordinanza che sospende o rigetta le istanze di sospensione del processo), mira a prevedere un’ulteriore fase del processo che si configura dome una fase di merito, di cognizione. Tale fase può essere affidata allo stesso ufficio giudiziario a cui appartiene il giudice dell’esecuzione, laddove sia competente, oppure potrebbe essere affidato ad altro giudice (in questa ipotesi è necessaria la riassunzione del processo innanzi all’ufficio giudiziario competente a conoscere nel merito). Questa fase si conclude con una sentenza appellabile. Vi ricordate quindi quando inizia il processo esecutivo? Perché questo è rilevante proprio ai fini pratici, per capire se il mio cliente debitore vuole proporre opposizione all’esecuzione se devo redigere l’atto di citazione o un ricorso. Nell’espropriazione forzata quando inizia l’esecuzione? Con il pignoramento. Nell’esecuzione in forma specifica? Con la prima attività compiuta dopo la notificazione del titolo esecutivo e del precetto dall’ufficio esecutivo. Per consegna, con l’accesso dell’ufficiale giudiziario. Per rilascio, notificazione dell’atto di avviso. Obblighi di fare e non fare, deposito del ricorso al giudice dell’esecuzione per disporre le modalità di attuazione dell’obbligo. Questo è molto importante, anche se in verità ritroviamo che l’art 615 quando fa riferimento all’opposizione all’esecuzione, in realtà sembra riferire questo rimedio unicamente all’espropriazione. Leggiamo di nuovo il primo comma dell’art. 615: questa disposizione fa riferimento alla contestazione del diritto della parte istante a procedere a esecuzione forzata, poi va avanti “quando è iniziata l'esecuzione, l'opposizione di cui al comma precedente e quella che riguarda la pignorabilità dei beni si propongono con ricorso al giudice dell'esecuzione stessa”. Quindi la pignorabilità dei beni sembrerebbe motivo più idoneo ad essere veicolato nelle forme dell’opposizione agli atti esecutivi più che nelle forme dell’opposizione all’esecuzione, ma la pignorabilità dei beni è ovviamente riferita all’espropriazione forzata. Quindi la norma che forse apparentemente sembra essere modellata sulla base dell’espropriazione forzata è una parentesi cognitiva, al pari dell’opposizione agli atti esecutivi, che può essere utilizzata anche nell’ambito delle esecuzioni in forma specifica. Quindi occorre conoscere il momento di inizio della procedura perché, se l’opposizione è proposta prima l’atto introduttivo è la citazione e la competenza è del giudice competente a conoscere del merito. Nel caso in cui l’opposizione all’esecuzione segua l’inizio dell’esecuzione vera e propria è competente sempre il giudice dell’esecuzione al quale è affidata una fase “di cerniera” rispetto al giudizio proprio di merito (una fase sommaria dove occorre valutare se vi siano i presupposti per sospendere la procedura esecutiva in corso). Studente chiede: se il giudice dell’esecuzione non è competente ci sarà riassunzione davanti al giudice competente giusto? Si giusto, ci sarà riassunzione se la parte interessata intende dar seguito a quel giudizio di opposizione, non fermandosi alla fase sommaria. Per ottenere una sentenza che abbia idoneità al giudicato. Studente chiede: la disciplina nell’opposizione all’esecuzione vale anche per l’esecuzione in forma specifica e non solo per l’espropriazione giusto? Giusto, anche se è adattata sulla base dell’espropriazione forzata. Abbiamo anche letto però un ulteriore dato circa il tempo di proposizione dell’opposizione all’esecuzione. Diversamente da come accade in generale laddove si preveda un rimedio processuale, il legislatore non ci ha detto che l’opposizione all’ esecuzione debba essere proposta entro 20 giorni/30 giorni/1 anno, ma prevede un limite ultimo oltre il quale non è più proponibile l’opposizione all’esecuzione. Infatti, tra le modifiche apportate col dl 59/ 2016 una delle più importanti modifiche riguarda l’introduzione di un termine ultimo per la proposizione dell’opposizione: è stata stabilita l’inammissibilità dell’opposizione all’esecuzione dopo il provvedimento di autorizzazione alla vendita così da impedire in sostanza proposizioni di opposizioni meramente pretestuose volte a ritardare il corretto svolgimento delle operazioni di vendita. Il debitore infatti viene ad essere informato di tale preclusione al momento della notifica dell’atto di pignoramento. Tale atto deve contenere anche l’avvertimento al debitore che un eventuale opposizione può essere proposta fino al momento in cui non sarà pronunciata o emessa l’ordinanza di vendita. Eccezione a questa regola e cioè ipotesi in cui è possibile proporre l’opposizione successivamente a questo momento, soltanto laddove siano fondate su motivi sopravvenuti o comunque l’opponente dimostri di non aver potuto proporre l’opposizione tempestiva per causa a lui non imputabile. Quindi dobbiamo tener presente che l’opposizione all’esecuzione comunque può essere proposta per tutta la durata del processo esecutivo, ma fino a un determinato termine. Studente chiede: professoressa ma poi una volta che ho ottenuto la sospensione quando dura se io non introduco il giudizio di merito? In sostanza la sospensione del processo esecutivo in pendenza di opposizione è disciplinata dall’art. 624, che abbiamo detto essere un’ipotesi di sospensione discrezionale disposta dal giudice dell’esecuzione in quella fase sommaria, ma comunque in pendenza dell’opposizione. Quali sono i presupposti che inducono il giudice ad adottare l’ordinanza di sospensione? Innanzitutto l’istanza di parte e i gravi motivi. Il giudice dell’esecuzione deve valutare seppur in via del tutto sommaria la sussistenza di questi gravi motivi e se la prosecuzione del processo esecutivo, considerata la presumibile fondatezza, dell’opposizione all’esecuzione potrebbe comunque comportare un pregiudizio. Quindi la natura di questa ordinanza è assimilabile alle misure cautelari. Le misure cautelari sono provvedimenti che hanno come presupposti il fumus boni iuris (probabile fondatezza del diritto) periculum in mora (pregiudizio che la parte sopporta a causa della durata inevitabile del processo). Questa ordinanza di sospensione adottata nella prima fase del processo del giudizio di opposizione all’esecuzione e adottata dal giudice dell’esecuzione, somiglia ad un’ordinanza cautelare. Il rimedio avverso a questa ordinanza è il rimedio tipico proponibile avverso le misure cautelari: il reclamo cautelare previsto dall’art. 669 ter-decies. Mi viene chiesto: che succede se emanata questa ordinanza non viene instaurata poi la fase di merito? In realtà questa ordinanza è in grado di rimanere in piedi nonostante la mancata instaurazione di quella che abbiamo definito una fase solo eventuale. Fondamentalmente quindi l’ordinanza del giudice dell’esecuzione conclusiva della fase sommaria potrebbe da sola rimanere in piedi. Certamente si tratta di un provvedimento sommario emanato dall’esito di una cognizione sommaria e quindi non idoneo al l’esecutato di proporre opposizione all’esecuzione. Diversamente negli altri 2 casi di esecuzione in forma specifica l’opposizione è ammessa fino a quando non si sia concluso il processo esecutivo. Quindi vediamo come si conclude l’opposizione facendo riferimento all’ipotesi in cui c’è stata la fase sommaria e c’è stata anche la fase di merito. Quindi all’esito del giudizio di opposizione e della fase di merito il giudice è chiamato a pronunciare una sentenza. Questa, se di accoglimento, impedisce la prosecuzione del processo esecutivo eventualmente pendente. Altro effetto che possiamo ricollegare alla sentenza di accoglimento di opposizione è la caducazione di tutti gli effetti degli atti già compiuti: l’estinzione per rinuncia agli atti. Se l’accoglimento interviene prima della giudicazione o dell’assegnazione rende inefficaci gli atti compiuti, se interviene dopo la giudicazione abbiamo visto che questa rimane efficace. In quest’ultimo caso, dato l’accoglimento dell’opposizione, la somma ricavata viene restituita al debitore. Comunque a noi interessa sapere che l’eventuale sentenza di accoglimento impedisce la prosecuzione del processo esecutivo eventualmente pendente e di regola caduca gli effetti degli atti compiuti. Bisogna segnalare che se interviene sentenza di accoglimento dopo la giudicazione, questa rimane ferma ed efficace e viene consegnata al debitore. Al contrario, se la sentenza che chiude la fase di merito è di rigetto dell’opposizione, si afferma l’esistenza del diritto del creditore di procedere ad esecuzione. Quindi il processo esecutivo può tranquillamente andare avanti se è stato arrestato a causa del provvedimento di sospensione. Veniamo quindi all’opposizione agli atti esecutivi. In realtà l’opposizione agli atti esecutivi è un’opposizione disegnata dal legislatore per contestare le modalità concrete della procedura esecutiva e disciplinata dagli art. 617 e 618. Che cosa prevede il 617? “Le opposizioni relative alla regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto si propongono, prima che sia iniziata l'esecuzione, davanti al giudice indicato nell'articolo 480 terzo comma, con atto di citazione da notificarsi nel termine perentorio di venti giorni dalla notificazione del titolo esecutivo o del precetto. Le opposizioni di cui al comma precedente che sia stato impossibile proporre prima dell'inizio dell'esecuzione e quelle relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto e ai singoli atti di esecuzione si propongono con ricorso al giudice della esecuzione nel termine perentorio di venti giorni dal primo atto di esecuzione, se riguardano il titolo esecutivo o il precetto, oppure dal giorno in cui i singoli atti furono compiuti.” Cosa ricaviamo da una lettura di questa disposizione? Si tratta sicuramente di un’opposizione di forma, proponibile dalle parti del processo esecutivo per contestare la regolarità formale di un atto del processo esecutivo. Regolarità formale di un atto del processo esecutivo che viene ampliata anche all’opportunità del provvedimento del giudice dell’esecuzione. Ma ricaviamo ancora che, anche in riferimento all’opposizione agli atti esecutivi, occorre distinguere se essa è proposta prima dell’inizio del processo esecutivo o in pendenza di questo. Se proposta prima dell’inizio dell’esecuzione quali vizi possono essere dedotti tramite l’opposizione agli atti esecutivi? Vizi formali relativi al titolo esecutivo e al precetto. In questo caso sarà il soggetto esecutato destinatario della notificazione degli atti che precedono l‘inizio dell’esecuzione ad avere interesse a proporre questa forma di opposizione, comunemente denominata come opposizione a precetto. L’atto introduttivo è l’atto di citazione ed è proposto dinanzi al giudice indicato nel precetto come competente per l’esecuzione, o in mancanza il giudice del luogo in cui è notificato il precetto. Se è proposta dopo l’inizio dell’esecuzione invece l’atto introduttivo assume la forma del ricorso. C’è la previsione di un termine di 20 gg dal primo atto esecutivo o dal giorno in cui il singolo atto che intendo contestare nelle forme dell’opposizione ex art 617 è stato compiuto. Esempio relativo all’opposizione agli atti esecutivi: Relativamente all’opposizione al precetto. Prima che è iniziata l’esecuzione viene notificato l’atto di precetto disgiuntamente rispetto al titolo esecutivo e non viene indicato il titolo esecutivo. In questo caso si contesta la regolarità formale della procedura esecutiva, perché non è stato seguito il modello previsto dal legislatore a pena di nullità relativamente alla notificazione degli atti pre-esecutivi. Oppure è notificato il precetto e l’esecuzione è iniziata dopo la scadenza del termine previsto per la sua efficacia (90 gg). In quest’ipotesi l’esecuzione è iniziata però il debitore fa valere un vizio relativo al precetto: la cosiddetta perenzione, cioè la perdita di efficacia dell’atto di precetto. Studente chiede: prima ha detto che l’opposizione agli atti può essere proposta anche dal creditore, ma che interesse avrebbe a proporre opposizione di forma? Ha interesse. Per l’opposizione pre-esecutiva certamente non ha interesse, mentre per l’opposizione successiva all’inizio dell’esecuzione ci può essere interesse di contestare la validità di alcuni atti o la loro opportunità. Pensiamo che il giudice dispone la conversione del pignoramento. Io creditore non ritengo opportuno disporre la conversione del pignoramento. Oppure vi ho fatto l’esempio del giudice dell’esecuzione che adotta l’ordinanza con cui dispone le modalità di attuazione dell’obbligo nell’esecuzione per gli obblighi di fare e di non fare. Io creditore potrei non essere d’accordo con le modalità determinate dal giudice o con l’impresa nominata che deve effettuare quella determinata prestazione. Quindi ci sono delle ipotesi in cui l’interesse è anche a del creditore. Quindi, anche in riferimento all’opposizione agli atti esecutivi, distinguiamo le 2 forme di opposizione: opposizione al precetto e opposizione all’esecuzione vera e propria. Possiamo immaginare tanti esempi sia con riferimento alla prima specie che con riferimento alla seconda. L’importante è conoscere la diversa introduzione del giudizio di opposizione: nel primo caso atto di citazione, nel secondo caso ricorso. Diciamo che in punto la legittimazione è ampliata alle parti del processo esecutivo, però dobbiamo richiamare delle nozioni che conosciamo a proposito della disciplina generale in merito alla nullità degli atti processuali. Ci sono delle parti che non possono proporre opposizione agli atti esecutivi. La loro esclusione la si ricava dall’ art. 157, secondo il quale chi ha compiuto l’atto e la parte che vi ha rinunciato non possono poi dolersi della nullità dell’atto. Quindi da un lato la disciplina dell’opposizione agli atti ricalca la disciplina generale della nullità degli atti processuali prevedendo una reazione immediata della parte che intende contestare la regolarità formale della procedura esecutiva, dall’altro lato ricaviamo da quella disciplina relativa alla nullità degli atti processuali che la parte che ha compiuto l’atto (quindi che ha contribuito a determinare la nullità) non potrà sollevare la relativa contestazione al pari della parte che vi ha rinunciato. Quindi questo tipo di opposizione può rivolgersi per contestare la regolarità formale della procedura esecutiva e contro atti non soltanto compiuti dalle parti, ma anche e soprattutto contro provvedimenti emanati dal giudice. Potremmo continuare negli esempi: il giudice dell’esecuzione autorizza la vendita dell’immobile nonostante il creditore ritenga che il mercato immobiliare di quella zona sia fermo e che di lì a poco si riprenderà, perché ci sono una serie di cantieri volti alla ultimazione di bar e discoteche per cui quel quartiere prenderà vita. Il provvedimento del giudice è regolare da un punto di vista formale, ma la contestazione che può muovere il creditore è che sia inopportuno autorizzare la vendita dell’immobile in quel determinato momento. Quindi volendo analizzare le contestazioni che possono essere oggetto di opposizione agli atti esecutivi, in generale diciamo che si contesta la regolarità formale della procedura esecutiva. Più nel dettaglio, possiamo dire che tramite questo veicolo processuale facciamo riferimento a vizi formali degli atti pre- esecutivi (opposizione al precetto) oppure facciamo riferimento a vizi formali e opportunità di atti e provvedimenti che sono stati emanati nel corso della procedura esecutiva. Da un punto di vista dinamico individuiamo quello che è il procedimento, atto introduttivo citazione o ricorso. Citazione, se precede l’inizio dell’esecuzione e si rivolge a contestare la regolarità formale del titolo esecutivo e del precetto, da proporsi nel termine di 20 gg dalla notificazione degli atti pre-esecutivi. Se l’esecuzione è già iniziata l’atto introduttivo è il ricorso. Quest’ultimo deve essere depositato nel termine di 20 gg dal primo atto esecutivo se l’opposizione ha ad oggetto contestazioni relative alla notificazione del titolo esecutivo e del precetto che non ho potuto proporre prima, o comunque nei 20 gg dal momento in cui i singoli atti che voglio contestare sono stati compiuti. Dopo l’atto introduttivo ci sarà: la fissazione di un’udienza preliminare da parte del giudice, la notificazione del decreto e del ricorso alla controparte, udienza preordinata alla pronuncia di provvedimenti da parte del giudice dell’esecuzione indilazionabili o anche alla sospensione del processo, fase di merito e pronuncia di una sentenza. La sentenza che conclude anche la fase di merito è una sentenza che viene definita dal legislatore non impugnabile. L’art. 618, nel prevedere il procedimento e i provvedimenti del giudice dell’esecuzione, dispone che il giudice fissa con decreto l’udienza di comparizione delle parti davanti a sé e il termine perentorio per la notificazione del ricorso e del decreto e dà nei casi urgenti i provvedimenti opportuni. All’udienza dà con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili ovvero sospende la procedura. In ogni caso fissa un termine perentorio per l’introduzione del giudizio di merito previa iscrizione al ruolo a cura della parte interessata, osservati i termini a comparire. La causa è decisa con sentenza non impugnabile. Quindi che cosa si può fare contro questa sentenza? Ricorso straordinario per Cassazione. Come arriviamo a questa conclusione? Facendo leva sull’art. 111 della Costituzione e facendo leva sull’interpretazione di questa disposizione che dà la possibilità di proporre ricorso straordinario in Cassazione contro tutti i provvedimenti che non siano altrimenti impugnabili e che vanno ad incidere sul diritto sostanziale, quindi provvedimenti di natura decisoria. Vediamo però che il giudice dell’esecuzione anche in tal caso è chiamato a dare con ordinanza i provvedimenti che ritiene indilazionabili o a sospendere la procedura esecutiva. Oggi quindi, è espressamente contemplata la sospensione del processo esecutivo tra i provvedimenti che il giudice può emanare nel corso dell’udienza preliminare dell’opposizione agli atti esecutivi. Però, se leggete l’art 618, non vengono previste né le condizioni, né i presupposti, né il regime dell’ordinanza di sospensione e quindi ci si è chiesti se sia applicabile in via analogica la disciplina dell’art. 624 (alla quale abbiamo fatto riferimento parlando della sospensione discrezionale del giudice dell’esecuzione in pendenza dell’opposizione all’esecuzione). Qui si confrontano opinioni discordanti: -da un lato c’è chi dà maggiore valore ad un’interpretazione letterale, escludendo questa operazione esegetica e limitando l’art. 624 alle sole opposizioni all’esecuzione; vedremo anche all’opposizione di terzi o all’esecuzione -dall’altro c’è chi invece ritiene che possa essere compiuta quella medesima interpretazione che abbiamo avuto dalle Sezioni Unite con riguardo al primo comma dell’art 615, quindi facendo leva sulla natura cautelare del provvedimento e ritenendo che il regime sia assimilabile. In ogni caso la norma nulla dice al riguardo quindi si pone un problema interpretativo. Questo anche perché molti autori dei manuali che voi studiate reputano che le indagini compiute dal giudice dell’esecuzione siano assimilabili a quelle compiute nell’ambito dell’opposizione all’esecuzione, in particolare nell’ambito di quella che vedremo essere l’opposizione di terzo all’esecuzione. L ’esito della procedura del giudizio di opposizione agli atti, se seguito dalla fase di merito, si conclude con una sentenza di accoglimento o di rigetto secondo gli stessi contenuti che abbiamo visto a riguardo dell’opposizione all’esecuzione. Verde che posizione ha? Verde ritiene che ci siano delle valutazioni indilazionabili da parte del giudice dell’esecuzione circa la sospensione, quindi ritiene che si possa applicare la disciplina che il legislatore ha immaginato per l’opposizione all’esecuzione e per l’opposizione di terzo all’esecuzione. Introduciamo adesso l’ultima opposizione: l’opposizione di terzo all’esecuzione. In questa ipotesi specifica la legittimazione alla proposizione dell’opposizione concerne un soggetto terzo che non è parte del processo esecutivo, ma che in qualche modo è stato coinvolto nel processo stesso. Come mai è stato coinvolto? Voi non so perché ma all’esame ripetete che può essere proposta prima dell’inizio dell’esecuzione, dopo l’inizio dell’esecuzione. No, assolutamente. L’opposizione di terzo all’esecuzione ha come presupposto che siano stati coinvolti nell’ambito del processo esecutivo dei beni che in realtà non rientrano nel patrimonio del debitore esecutato ma che siano di proprietà del terzo. Quindi il presupposto è che l’esecuzione sia già iniziata. Si tratta di un terzo del tutto estraneo alla procedura esecutiva che afferma
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