Scarica Scapigliatura, Verismo, Decadentismo: Praga, Verga, Baudelaire, Rimbaud, Pascoli. e più Tesine di Maturità in PDF di Italiano solo su Docsity! La Scapigliatura La Scapigliatura non è una scuola o un movimento organizzato, bensì un gruppo eterogeneo di scrittori dalle personalità più varie che operano nel periodo dell'Unità d'Italia tra il 1860 e il 1870 . Uno scapigliato è un irregolare, uno sradicato che non rientra nei canoni della società e della letteratura, caratterizzato da un senso di rifiuto e un impulso di rivolta, che si manifesta nell'arte come nella vita . Questi artisti sono accomunati da un'insofferenza per le convenzioni della letteratura contemporanea (in particolare la letteratura di Manzoni, scrittore imprescindibile e poeta edificante, che era ormai diventato un modello, e il tardo Romanticismo sentimentale) e per i principi della società borghese. Gli intellettuali dell'epoca di Manzoni avevano uno scopo comune per cui lottare, l'Unità d'Italia, non solo nella vita ma anche in poesia. Una volta raggiunto questo obiettivo, gli Scapigliati si sentono smarriti, estraniati dalla società: il ruolo risorgimentale degli intellettuali si era ormai esaurito Gli scapigliati recuperano alcuni ideali del Romanticismo europeo, in particolare il conflitto tra artista e società e l'atteggiamento antiborghese . Assumono un atteggiamento ambivalente verso il progresso e la modernità: da un lato, provano repulsione e orrore e rievocano i valori del passato (la bellezza, l'arte, la natura, l'autenticità dei sentimenti), dall'altro lato, accettano con delusione l'idea che tali virtù si siano ormai perse. Dunque, gli artisti si rassegnano alla rappresentazione del “vero” , che non è solo arido come lo era per Leopardi, ma è anche orrido. La Scapigliatura recupera una serie di temi romantici europei, che la letteratura italiana dell'Ottocento non aveva conosciuto: l'estremo irrazionalismo , l'esplorazione della dimensione onirica e dell'allucinazione, il macabro e l'orrore , il culto mistico della bellezza, l'atteggiamento sarcastico e ironico del poeta, tutti elementi che daranno forma alla letteratura decadente. Il modello a cui gli scapigliati guardano è Charles Baudelaire, il poeta maledetto per eccellenza, ma un autore che suscita grande fascino è anche Poe. Al di là della loro poetica, entrambi ebbero vite “maledette”. Non a caso, la maggior parte degli Scapigliati moriva giovane. Erano drogati, alcolizzati, cercavano di vivere esperienze al di là della percezione lucida della realtà concreta. Il critico Gianfranco Contini cita i poeti Dossi, Imbriani e Faldella in merito alla Scapigliatura, personaggi ignorati dalle altre antologie. Uno dei motivi per cui Contini rivaluta questi autori è sicuramente il suo gusto per il plurilinguismo e la sperimentazione letteraria, l'attrazione per la “violenza della scrittura” (che vedremo al suo massimo livello nell'Espressionismo) e l'uso di termini desueti. Questi tre autori furono Scapigliati solo in poesia, e secondo il famoso critico anticiparono la poetica di Carlo Emilio Gadda, grande plurilinguista del 1900, di cui ricordiamo il suo libro in romanzesco. Emilio Praga Fra tutti gli Scapigliati, Emilio Praga fu quello che visse più autenticamente il modello del “maledettismo” di Baudelaire. Morì in miseria, consumato dall'alcolismo. Preludio rappresenta una sorta di manifesto della Scapigliatura, in cui Praga descrive la condizione spirituale di un’intera generazione. C'è una sorta di rovesciamento dell'estetica e dell'etica manzoniana che si manifesta attraverso il compiacimento del vizio e della bestemmia. Nella seconda parte, Praga definisce ciò che la generazione intellettuale è diventata dopo la perdita delle certezze. Si delineano i punti cardine della tematica baudelairiana: la noia, carnefice dell'anima moderna, la tensione verso l'ideale, l'abbandono al vizio e al male. Troviamo atteggiamenti blasfemi che imitano fede religiosa. Il Verismo La poetica appena descritta si contrappone a due movimenti di assoluta oggettività, il Realismo francese e il Verismo italiano, definiti da alcuni elementi fondamentali: ● Canone dell'impersonalità: tecnica di scrittura in cui l'autore si estranea dalla propria narrazione, raccontando i fatti nudi e crudi senza intervenire soggettivamente, come se stesse scrivendo un referto medico . Il romanzo deve sembrare essersi scritto da solo. L'impronta dello scrittore va totalmente cancellata. Questa tecnica è ripresa da Gustave Flaubert nel noto romanzo Madame Bovary *. ● Regressione: l'autore regredisce nella narrazione, si abbassa alla cultura del popolo, fatta di stereotipi, pregiudizi e superstizione. Giovanni Verga Verga, diversamente da gran parte degli scrittori, ha iniziato la sua carriera con un genere letterario per poi arrivare al Verismo dopo un processo lungo. Nasce a Catania nel 1840, da una famiglia di agiati proprietari terrieri. Scrive romanzi di tipo romantico nella prima fase della sua formazione, poi si trasferisce a Milano ed entra a contatto con gli ambienti della Scapigliatura. Nel 1878 avviene la svolta verso il Verismo, con la pubblicazione di Rosso Malpelo , seguito dalle novelle di Vita dei Campi , i Malavoglia, le Novelle rusticane e Mastro-don Gesualdo. Nelle opere di Verga, il punto di vista dello scrittore non si avverte mai, la voce narrante si colloca all'interno del mondo rappresentato, quello degli ultimi, e si mimetizza nei personaggi stessi, pur non essendo propriamente uno di loro a raccontare. L'autore si adatta alla loro mentalità e percezione della realtà, fa riferimento ai loro principi morali e usa il loro stesso linguaggio per esprimersi. L'obiettivo di Verga è quello di eliminare ogni artificiosità letteraria. Si ha un esempio lampante di questa regressione dall'incipit di Rosso Malpelo: « Malpelo si chiamava così perché aveva i capelli rossi; ed aveva i capelli rossi perché era un ragazzo malizioso e cattivo» . È come se a parlare fosse un minatore qualunque della cava in cui lavora Malpelo. La logica che sta dietro questa affermazione non è quella di un intellettuale come Verga, bensì di un popolano che ha una visione primitiva e superstiziosa della realtà, che vede nell'individuo “diverso” una maledizione. Per questo motivo, Verga ammette che il lettore può confondersi all'inizio dei suoi romanzi; poi, però, i personaggi si fanno conoscere attraverso le loro azioni e le loro parole. Le Novelle rusticane Nel 1883 escono le Novelle rusticane , che ripropongono l'ambiente della campagna siciliana in una prospettiva ancora più amara e pessimistica, che porta in primo piano il dominio del tornaconto economico nell'agire umano e rivela come esso metta a tacere ogni sentimento disinteressato. Il protagonista, Mazzarò , è un arricchito come Mastro-don Gesualdo. Nella novella La roba si capisce come Mazzarò sia dipendente, appunto, dalla “roba”: investimenti, acquisti, possedimenti, accumulazione. La Roba rappresenta a pieno la nuova direzione verghiana dopo i Malavoglia, l'abbandono definitivo di ogni sentimento nostalgico e romantico per la realtà rurale, che qui risulta interamente dominata dalla legge dell'interesse e della forza. La famiglia cessa di essere una realtà ideale in cui rifugiarsi: basti pensare a Mazzarò che rimpiange i dodici tarì spesi per il funerale della madre, o il suo rapporto inesistente con la figlia. I temi ricorrenti nella novella sono: ● La potenza ammirevole dell'accumulo capitalistico , che si manifesta attraverso l'uso dell'iperbole e assume l'intensità di un inno. ● Le virtù eroiche del protagonista, l'astuzia, l'energia infaticabile, ma soprattutto il suo essere ascetico, disposto a sacrificare i piaceri materiali per la “roba”. ● Il tendere inesausto oltre gli obiettivi raggiunti , che fa di Mazzarò una sorta di eroe faustiano (da Goethe), disposto anche a fare un patto col diavolo per realizzare il suo sogno di potenza. Mastro-don Gesualdo Nel 1889 esce il secondo romanzo del Ciclo dei vinti . Diversamente da I Malavoglia, si svolge nei primi dell'Ottocento in un'Italia preunitaria agitata da moti risorgimentali, nella cittadina di Vizzini in provincia di Catania. Gesualdo Motta, da semplice muratore, con la sua intelligenza ed energia infaticabile (vedi Mazzarò) ha accumulato una fortuna. Gesualdo considera il matrimonio di interesse con la nobile spiantata Bianca Trao come la sua ascesa al mondo aristocratico. In realtà, egli resterà sempre emarginato dalla società nobiliare, che lo disprezza per le sue origini popolane. Per questo motivo, all'appellativo “don” viene affiancato anche “mastro”, in riferimento alla sua umile provenienza. Anche la moglie ha orrore di lui e lo respinge. Nasce una bambina, Isabella, frutto di una relazione di Bianca con un cugino. Isabella respinge a sua volta Gesualdo, vergognandosi di lui. Viene data in moglie al duca di Leyra , nobile scialacquatore, ma deve sborsare una dote ingente. Queste amarezze portano Gesualdo alla somatizzazione. Si ammala di cancro al piloro e muore solo. Troviamo la tecnica del canone dell'impersonalità e l'alternanza fra discorso diretto e indiretto libero . Rispetto alle Novelle rusticane è un romanzo più complesso, mentre diversamente dai Malavoglia non troviamo la regressione, perché il livello della classe sociale è più elevato e scompare il romanzo corale (che da voce al popolo). Il personaggio di Gesualdo ha una psicologia più definita rispetto a Mazzarò, vive un conflitto interiore, di cui abbiamo la prova nel capitolo conclusivo La morte di mastro-don Gesualdo. Il Decadentismo Il Decadentismo (denominato Simbolismo in altri paesi) è una grande corrente culturale di dimensioni europee che si colloca tra fine Ottocento e inizio Novecento. La critica ufficiale usò per la prima volta il termine “Decadentismo” in accezione spregiativa, ma gli intellettuali di quel gruppo decisero di assumerlo polemicamente, rovesciandone il senso. Alla base della visione del Decadentismo vi è un irrazionalismo misticheggiante, evanescente, che esaspera elementi già largamente presenti nella cultura romantica. Come nella Scapigliatura, troviamo i caratteri del Romanticismo europeo portati all'estremo; per questo, si ritiene che si tratti, in un certo senso, una seconda fase del Romanticismo (anche se quest'ultimo aveva il fine pratico di incidere in qualche modo sulla realtà, mentre l'artista decadente non vede possibilità di miglioramento e afferma il principio della poesia pura e fine a sé stessa). Il modello a cui guarda è Baudelaire, “poeta visionario e veggente” . Il Decadentismo si pone agli antipodi del Verismo e del Naturalismo. I naturalisti ritenevano che ogni cosa potesse essere spiegata scientificamente, e che la realtà fosse puramente determinata da principi di causa-effetto. Analizzavano la realtà attraverso ragionamenti biecamente deterministi. Gli autori naturalisti si impegnano per scrivere romanzi come fossero referti medici (vedi Zola). Il retroterra filosofico del Naturalismo è il Positivismo . Il Decadentismo rifiuta i luoghi comuni del Positivismo, tipici anche della concreta società borghese. Al contrario, il decadente va oltre la realtà fisica e materiale per squarciare il velo di Maya e ritiene che l'essenza della realtà sia al di là del mondo visibile. Se per il positivista, la realtà è fatta di cose distinte fra loro, per il simbolista, invece, tutte le cose sono misteriosamente legate fra di loro da arcane analogie e corrispondenze ( Corrispondenze , dai Fiori del male di Baudelaire), anche fra oggetti che a primo impatto non hanno niente a che fare l'uno con l'altro. Questa rete di segrete relazioni metafisiche coinvolge anche l'uomo, nella ricerca di una sostanziale identità tra io e mondo. La scoperta dell'inconscio è il nucleo più autentico della cultura decadente: solo l'abbandono totale di ogni legame lucido e razionale può garantire l'esperienza ineffabile di una realtà senza filtri. Il poeta decadente predilige gli stati irrazionali dell'esistere che dilatano le percezioni: la malattia, la follia , la nevrosi , il sogno , l'incubo . Questi stati della ragione, spesso ottenuti artificialmente con l'uso di alcol, assenzio o droghe, sottraggono l'io al controllo paralizzante della ragione. Un altro stato di grazia è quello delle Epifanie* (da James Joyce): un particolare qualunque e insignificante della realtà che, all'improvviso, si carica di una misteriosa intensità, come una rivelazione momentanea dell'assoluto (“Epifania” viene dal greco “apparizione” e viene attribuito nel linguaggio religioso alle manifestazioni di Dio). Quelle che da Joyce sono definite epifanie, sono le Illuminazioni per Rimbaud, le Intermittenze del cuore per Proust (la memoria involontaria che scatena ricordi), le trasumanazioni per Dante. Il linguaggio in cui i poeti si esprimono è criptico e metaforico, riservato a un'élite di lettori di sensibilità superiore; da questo punto di vista si può dire che anticipi l'Ermetismo (del 1900), di cui Ungaretti è l'iniziatore. La poesia è il mezzo dei decadentisti per la rivelazione dell'assoluto, dunque il linguaggio poetico non deve parlare alla logica e alla ragione del lettore, bensì al suo inconscio. Ha un valore puramente suggestivo ed evocativo. Con il Decadentismo ha inizio una rivoluzione del linguaggio poetico. Le parole presentano una sorta di “scollamento” fra significato (l'immagine) e significante (il suono). Il suono e la musicalità delle parole prevaricano sul significato nel Fonosimbolismo , molto definito in Pascoli grazie al suo uso ricorrente di parole onomatopeiche. Infatti, nella visione decadente, la musica è la più suprema fra le arti, capace di agire sulle zone più oscure della psiche. La parola perde la sua funzione di strumento comunicativo e diventa come una formula magica che stimola l'inconscio . Questa poesia risulta talvolta oscura, al limite dell'incomprensibile. Si rivela qui il carattere elitario dell'arte decadente. Il linguaggio è fortemente metaforico , è l'espressione di una visione simbolica del mondo , dove ogni cosa rimanda ad altro. La metafora decadente istituisce legami tra realtà tra loro remote attraverso corti circuiti logici. Spesso, il secondo termine di paragone resta persino oscuro. Occorre fare una distinzione fra analogia e metafora. La prima combina realtà distanti, aliene l'una dall'altra, e si assimila attraverso il processo irrazionale dell'inconscio; nella seconda, il rapporto di parentela fra le due parole è più diretto. Queste due funzioni sono affini a quella della sinestesia, che consiste nell'accostamento di termini che appartengono a sfere sensoriali diverse. Molti scrittori decadenti erano anche esteti : valutavano la realtà esclusivamente su base estetica, senza alcun criterio etico, al di là della morale comune . Non è l'arte che imita la vita, ma il contrario. L'esteta assume come unico principio regolatore della vita il “bello”: arte e vita si confondono . Il più noto esteta della letteratura italiana è Gabriele D'Annunzio. Charles Baudelaire Nasce a Parigi nel 1821 , in una famiglia borghese. Tra i diciotto e i ventun anni vive la vita dissipata della bohème letteraria e, al ritorno dall'esotica isola Bourbon, sperpera l'eredità del padre, conducendo la vita del dandy. Ha una relazione con una prostituta mulatta, Jeanne Duval, e inizia a frequentare gli ambienti letterari. La sua vita sregolata preoccupa la famiglia, che lo costringe a mantenersi con una misera somma mensile. Si dedica alla critica d'arte per soldi. Muore di sifilide nel 1867, consumato dall'oppio e dall'hashish. Di Baudelaire ricordiamo la raccolta I fiori del male (1857), i Diari Intimi e i Paradisi Artificiali , dedicati agli effetti provocati dall'oppio e dall'hashish sulla creazione artistica. Baudelaire è un tramonto e un'alba: porta all'esasperazione i caratteri più estremi del Romanticismo europeo, corrente già esistente, dando origine a una nuova poetica che assume la sua forma definitiva con Pascoli. I fiori del male Di Baudelaire ricordiamo un libro trasgressivo: Les fleurs du mal. Nella poesia tradizionale, l'immagine del fiore aveva sempre avuto un significato simbolico positivo, che rimandava alla perfezione e alla grazia. Baudelaire ribalta questa concezione. Di questa composizione si può citare Au lecteur , in cui l'autore si rivolge al lettore con disprezzo lanciandogli accuse orribili. Nel 1857, un anno dopo la pubblicazione di Madame Bovary di Flaubert, esce la prima edizione del volume Les fleurs du mal . L'opera suscitò enorme scandalo nella critica e nel pubblico benpensanti, adattati alla mentalità comune. Il tribunale ne ordinò il sequestro e condannò l'autore a un'ammenda. I fiori del male non sono una raccolta di versi distinti, ma un'opera unitaria. Similmente al Canzoniere di Petrarca, c'è un disegno logico alla base della composizione. Nella prima parte, Spleen e ideale , il poeta si protende verso la bellezza e l'ideale per sfuggire allo spleen , uno stato di depressione, noia e disgusto per il mondo in cui vive. Si chiama spleen perchè in passato si credeva che l'umore negativo venisse dalla milza. Nella seconda parte, Quadri parigini, l'autore si immerge nella squallida e alienante atmosfera della città industriale. Nelle sezioni successive, invece, tratta il tema dell'evasione, la fuga verso l'esotico, i paradisi artificiali, il vizio, l'alterazione dei sensi. Fa anche un'invocazione blasfema a Satana, modellata sulla base delle litanie della Vergine, per poi concludere soffermandosi sulla morte, “grande viaggio” verso una dimensione sconosciuta che permette l'esplorazione dell'ignoto. La precisione e specificità con cui Pascoli descrive fiori, piante, varietà di uccelli assume diverse valenze: il termine preciso è come una formula magica che permette di arrivare al cuore della realtà e di attingere l'essenza segreta delle cose. A questo proposito ricordiamo la critica di Pascoli, nel famoso saggio del 1896, Il Sabato , alla genericità del linguaggio della tradizione poetica italiana (per esempio Leopardi , che inserì nello stesso mazzo rose e viole, fiori che sbocciano in periodi diversi dell'anno). Le terminologie specifiche a cui ricorre Pascoli possono far pensare che la sua poesia si distacchi dal simbolismo; in realtà, producono contrasti che creano un ulteriore straniamento nel lettore. Scrive spesso in endecasillabi e il linguaggio che usa è fonosimbolico, ricco di onomatopee. Infatti, Contini , nel suo saggio su Pascoli, lo ritiene un plurilinguista. Dice che il suo è un linguaggio “pre-grammaticale” nell'uso di onomatopee e altre figure retoriche, oltre al fatto che spesso trasgredisce la grammatica; mentre è considerato “post-grammaticale” per l'uso di termini botanici e ornitologici. Nel farlo, crea un effetto suggestivo. Contini ritiene che Pascoli sia l'unico poeta italiano veramente simbolista. Il Pascoli poeta è come un fanciullo, che vede tutte le cose “come per la prima volta”, con ingenuo stupore e meraviglia. Per questo, il suo linguaggio è apparentemente semplice e giovanile, ma cela i traumi della sua infanzia. Nella sua poetica prevale la paratassi (frasi coordinate), che simboleggia un senso di confusione e smarrimento tipici dei primi del 1900: la rivoluzione industriale provocò sconvolgimenti che influenzarono tutte le arti, facendo crollare i punti di riferimento. La rivoluzione preannuncia l'avvento della guerra e gli intellettuali lo percepiscono inconsciamente. Kafka, nelle Metamorfosi, rappresenta ciò che l'uomo del '900 è diventato, uno scarafaggio. Myricae Dalla raccolta Myricae ricordiamo L'Assiuolo, formato da tre coppie di quartine di novenari a rime alternate, in cui l'ultimo verso è sempre l'onomatopeico “chiù”, monosillabico. La poesia si svolge in una campagna addormentata, notturna, in cui il poeta fatica a scorgere la luna. Dal buio percepisce un pianto triste e lontano, il verso dell'assiuolo, un uccello notturno, che, lugubre, ispira al poeta pensieri legati alla morte , a cui l'uomo è inevitabilmente destinato. La figura retorica caratterizzante di questo componimento è l'onomatopea, utilizzata per rendere il verso dell'assiuolo,“chiù” , che chiude ogni strofa con un sinistro presagio di sventura. Presenta anche metafore , similitudini , sinestesie (“soffi di lampi”) e il climax, che riguarda il verso dell’uccello rapace che passa da grido a singhiozzo, fino ad arrivare infine ad un pianto di morte. Non mancano allitterazioni , anafore ed enjambements. Novembre è un'altra poesia tratta da Myricae , costituita da tre strofe composte a loro volta da tre endecasillabi e un quinario con rime alternate. All’inizio c’è l’illusione di una bella giornata primaverile in atto, ma poi il poeta rende noti i particolari che la rendono evidentemente autunnale (pruno secco, foglie che cadono). Il poeta fa riferimento alla cosiddetta estate di San Martino , il periodo che parte dal 2 novembre (giorno dei morti) e va avanti per una decina di giorni. Questa poesia vede la descrizione della felicità umana secondo Pascoli, precaria e poco duratura, messa in parallelo con il mondo naturale che, come essa, è illusorio. Sono presenti alcune tematiche ricorrenti, dall’ambiguo fascino che esercita il paesaggio naturale alla presenza costante della morte , che viola il nido . Sul piano delle figure retoriche troviamo iperbati , assonanze, ossimori (“estate fredda”), sinestesie (“cadere fragile”), metonimie (“sereno”), allitterazioni, polisindeti e asindeti, enjambements. Poemetti Digitale purpurea fa parte della raccolta Poemetti , e lo spunto per la composizione deriva da un divieto fatto molti anni prima da una suora del convento di Maria, la sorella di Pascoli, di respirare il profumo di una pianticella dai fiori rosso porpora, considerata velenosissima. Lo schema è composto da terzine di endecasillabi. Pascoli sceglie allora di ricreare una piccola scenetta narrativa costruita sul dialogo tra due personaggi femminili, Maria e Rachele: la prima, una ragazza bionda “verginea”, la seconda, frutto dell'immaginazione dell'autore, bruna e dagli occhi ardenti. Non a caso, la contrapposizione simbolica tra donna angelicata e donna fatale o demoniaca è un motivo ricorrente nella poesia decadente. Un lungo flashback occupa quasi interamente la seconda e la terza sezione. Il conflitto a cui Pascoli rimanda è quello della tentazione sessuale , dall’innocenza del mondo d’infanzia alla scoperta delle prime pulsioni adolescenziali, al tempo stesso affascinanti e minacciose come la pianta della digitale. Allo stesso tema allude l'episodio della visita di un ragazzo nel convento. La confessione di Rachele rimanda, ancora una volta, al lutto e alla disgregazione del “nido” familiare. Troviamo numerose figure retoriche di cui onomatopee (“zirlano”), metafore , sinestesie (“bagna l'anima”, “si profuma il lor pensiero”, “l'aria soffiava luce di baleni”), allitterazioni, ripetizioni, anafore ed infine enjambements. L’aquilone si compone di ventuno terzine dantesche di endecasillabi e racconta un episodio controverso dell’infanzia del poeta, in cui la gioia e la felicità di un ricordo del passato si uniscono all’amarezza per la morte di un compagno del collegio. Pascoli viaggia con la mente indietro nel tempo. Rievoca una mattina senza scuola in cui i ragazzini fecero volare gli aquiloni. Ricorda le voci dei suoi compagni, soprattutto quello morente per cui ha pianto e pregato. Quel bambino è stato, per Pascoli, più fortunato degli altri: il suo dolore più grande è stato veder cadere gli aquiloni, mentre chi resta tra i vivi vede cadere ben altre illusioni . Si tratta di temi ricorrenti anche nella poesia leopardiana, ma qui con un tono più sentimentale e nostalgico. Ci sono frequenti enjambements , numerose metafore e similitudini . Altre figure retoriche comprendono l’anafora , la sineddoche e la personificazione. I Canti di Castelvecchio Il gelsomino notturno è una poesia scritta nel 1903 in occasione delle nozze di un amico, Gabriele Brignati. Inserito nella raccolta Canti di Castelvecchio, si compone di sei quartine di novenari con rime alternate ad eccezione del 23° verso. Il componimento contiene delle immagini allusive alla sessualità, ambito della vita che veniva vissuto in maniera ambivalente dal poeta. Il poeta contempla la casa in cui l’amico si appresta a consumare la prima notte di nozze. Risulti evidente quanto il poeta si senta estraneo ed escluso da questo tipo di piacere . Seconda e terza strofa esprimono la tranquillità del momento in cui la giornata volge al termine e la sera sta arrivando, spezzata però dall’arrivo di qualcosa di misterioso che si sente nell’aria, come l’odore di fragole rosse , che allude all’atto sessuale che il suo amico sta per compiere e che a lui, invece, è precluso e sconosciuto. Ci sono enjambements , personificazioni , similitudini , metonimie (“le farfalle crepuscolari”), sinestesie (“l'odore di fragole rosse”, “pigolio di stelle”), metafore e, naturalmente, onomatopee.