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Scheda Riassuntiva - H. James, Giro di vite, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Scheda riassuntiva di analisi del libro.

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022
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Caricato il 27/09/2022

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Scarica Scheda Riassuntiva - H. James, Giro di vite e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! TITOLO: Giro di vite TITOLO COMPLETO E ORGINALE: The turn of the screw LINGUA ORIGINALE: inglese – americano DATA DI USCITA: 1898 DATA DI USCITA DELLA RISTAMPA: 1995 CASA EDITRICE: Einaudi AUTORE: Henry James (New York, 15 aprile 1843 – Londra, 28 febbraio 1916) è stato uno scrittore e critico letterario statunitense naturalizzato inglese, noto per i suoi romanzi e i suoi racconti sul tema della coscienza e della moralità. Era fratello del filosofo e psicologo William James e della scrittrice Alice James e contribuì significativamente alla critica letteraria, coniando la teoria secondo la quale gli scrittori sono chiamati a presentare, attraverso le loro opere, la propria visione del mondo. In questo senso è significativa l'opera di romanziere: l'uso del punto di vista soggettivo, del monologo interiore e dei vari tipi di narrazione psicologica diedero una svolta decisiva al romanzo moderno. Egli è infatti egregio nell’inserire il punto di vista dell’artista, dell’autore, filtrato grazie alla presenza di personaggi sempre enigmatici e affascinanti. GENERE: ghost story gotica LUOGHI E TEMPI (della narrazione): Bly, immensa villa rurale, tempo indefinito TRAMA: C’è un fascino particolare nel raccontarsi storie di fantasmi attorno al focolare. Ed è appunto quello che fa un gruppo di amici la Vigilia di Natale. Se è un bambino ad essere coinvolto nello spaventoso fenomeno, l’effetto è un orrore e pietà incontrollati, commenta Douglas, uno dei convenuti. Se poi i bambini sono due, è un giro di vite. Quest’ affermazione, che tenterò di decifrare in seguito, getta subito il lettore nell’ombra, e senza riprendere fiato il crudele racconto ha inizio. Douglas legge le memorie di una giovane istitutrice, che un giorno fu insignita di quello che appariva il più nobile compito della terra: badare ed educare i due bambini. I fanciulli, prosegue, sono esistiti davvero. Si chiamavano Flora e Miles ed erano orfani. Il loro unico parente, uno zio, li aveva sistemati a Bly, una vasta tenuta di campagna, e aveva assunto la signorina per occuparsene, ponendole una condizione inderogabile: non avrebbe dovuto per nessuna ragione disturbarlo o mandarlo a chiamare, risolvendo qualunque tipo di problema senza seccarlo. Sedotta dall’avvenenza del gentiluomo, inorgoglita dalla responsabilità di cui era investita, la signorina aveva accettato. A Bly era subito stata conquistata dalla straordinaria bellezza e dal garbo di Flora e Miles. Le giornate scorrevano placide e serene, ma era la quiete che precede l’incubo. Un giorno, infatti, durante un passeggiata serale, la narratrice vide tra la feritoie di uno dei bastioni un uomo, mai visto prima, che dopo averla fissata intensamente, si dileguò nell’ombra della torre. La donna, colta e obbiettiva, non era certo soggetta a visioni o isterie, ma, stravolta, corse a confidarsi con l’amica e governante, la signora Grose. La descrizione dell’uomo, che appariva alto, brizzolato e dai capelli rossi e corti, coincideva con quella del più fidato cameriere del padrone. Costui, tuttavia, era deceduto anni fa. Così com’era morta la precedente istitutrice, miss Jessel, che non aveva tardato a manifestarsi, con un’espressione di incredibile malignità stampata sul viso, splendido ma infame. Messa alle strette, la signora Grose aveva confessato che fra quei due c’era stata una relazione sconveniente. Adesso erano tornati dai loro luoghi oscuri ed era evidente che le loro mire erano dirette a Flora e Miles, che a loro volta avevano trascorso intere giornate assieme alla coppia, che li aveva infettati con la propria malvagità. Tuttavia, perché i due bimbi facevano di tutto per non far sapere che erano consapevoli della venuta dei fantasmi? E per quale orrenda ragione invece di esserne terrorizzati, sembravano cercare ogni occasione per incontrarli? L’istitutrice, che come priorità si dava quella della loro completa salvezza, cercava di arginare il problema. A questo punto inizia a calare un’ atmosfera cupa, diafana, opprimente, e l’intera lettura appare incatenata all’attesa di un nuovo incontro con i due dannati. Questo non accadrà, ma i due bambini continueranno ad escogitare tremendi stratagemmi per allontanarsi dalla loro balia, e in particolare Miles riesce perfino a superarne l’ingegno. Così la povera istitutrice è costretta a cercare i prediletti nell’immenso giardino, altre volte nei meandri della casa. Forse le troppe responsabilità, il peso eccessivo che grava su di lei, forse la gioventù, l’inesperienza, un supposto amore ideale e impossibile per il suo austero datore di lavoro, un eccesso di romanticismo, il forzato isolamento, forse tutto questo ha avuto ragione del suo equilibrio mentale, e alla fine lei potrebbe non essere altro che una folle, una posseduta, una visionaria. Ma allora perché questi ragazzi sono così angelici, così perfetti nella loro arrendevolezza, così assolutamente candidi e innocenti, al punto da apparire quasi sospetti? Risulta impossibile punirli eppure i loro allontanamenti sono davvero inquietanti. Divorando le pagine, ora che nulla poteva staccarmi dalla lettura, nelle righe finali sembra di intravedere una luce, che almeno in parte potrebbe chiarire i terribili misteri di Bly. Ma è solo l’ennesima illusione, perché alla fine mi rendo conto di saperne meno di quanto conoscevo all’inizio: la giovane e coraggiosa istitutrice, colta in fondo anch’essa dal dubbio di essere pazza, decide di uscire allo scoperto, e costringe le piccole creature ad affrontare le inquietanti visioni, di cui ovviamente davanti alla loro possibile o supposta innocenza prima non si era mai parlato, e gli chiede, devo ammetterlo,con un certo tono da squilibrata, “allora li vedi? Dimmi che li vedi anche tu …” Ottenendo dalla bimba un collasso immediato e una fortissima crisi di febbri epilettiche, che la costringono ad allontanarla e a mandarla in città, accompagnata dalla governante. Dopodiché l’istitutrice resta ovviamente sola col ragazzo, e subito lo sottopone alla durissima prova: a confronto anch’esso, brutalmente e con violenza, con l’ennesima apparizione,la giovane implora “dimmi che anche tu lo vedi …”. Ma egli crolla, folgorato, tra le braccia della povera, sconsolata istitutrice e, ci dice l’autore, il suo povero cuore ora non batte più, e la ragazza ci appare come una narratrice inattendibile e un’assassina indiretta, mostruosa e isterica. INTERPRETAZIONE E SIGNIFICATO: per questa analisi, vorrei concentrarmi sul titolo, poiché, una volta a conoscenza della trama, questo rimane un grande mistero, e allo stesso tempo, forse la chiave dell’enigma. La vite (in inglese, screw) è un oggetto metallico che entra nelle superfici e nei materiali (muratura, legno, ecc) girando su se stessa, per fissare altri oggetti. Attenzione, quindi, all’ambiguità della traduzione, poiché “vite” non rimanda affatto ad una esistenza (ad una vita), bensì all’oggetto in questione. Intitolare “Giro di vite” una novella è una scelta piuttosto anomala, ma molto interessante: rimandando all'immagine di qualcosa che gira su se stesso per fissarsi, ad esempio, in un muro (o nella mente) si può fare allusione ad un atteggiamento umano e psicologico, ad una volontà ostinata e chiusa, quasi ottusa, che vuole fissarsi su qualcosa, e questo si ricollega senza intoppi alla incessante e tremenda convinzione da parte dell’istitutrice, di vedere i suoi pupilli circondati da fantasmi. Ma questa è solo una ipotesi, in quanto, a fine lettura, credo che chiunque sia libero (e allo stesso tempo costretto) di formulare la propria personale chiave interpretativa. James è stato egregio, quindi, nel presentarci svariati rompicapi, uno più ambiguo dell’altro, ma nessuno completamente risolvibile.
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