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Schedalibro: IL GATTOPARDO, Guide, Progetti e Ricerche di Italiano

Schedalibro di "Il Gattopardo" di Giuseppe Tommasi

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2022/2023

In vendita dal 28/07/2023

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giulia-petulla-1 🇮🇹

3 documenti

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Scarica Schedalibro: IL GATTOPARDO e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Italiano solo su Docsity! IL GATTOPARDO All’interno del libro “Il Gattopardo” di Giuseppe Tommasi (1896-1957) è evidente il complesso rapporto tra classi sociali: il disprezzo che provano i nobili nei confronti dei borghesi (nel romanzo Don Fabrizio e Don Calogero rappresentano le due categorie); soprattutto viene rappresentata l’ascesa, durante quel periodo, della classe borghese contro la perdita di potere di quella nobiliare. Una delle cause di tale fenomeno è la maggiore attività della classe in crescita formata da una gioventù più dinamica e cinica anche se in possesso dell’abilità della vecchia classe dirigente nel conservare i propri privilegi, sfruttando le nuove opportunità della modernità come espresso da Tancredi all’interno del romanzo: “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi”. Inoltre, la borghesia viene descritta come ceto più intraprendente e motivato ad ottenere vittorie, nonostante sia forse più volgare della nobiltà. Quindi possiamo dire che la nobiltà viene descritta come un ceto formato da persone molto sicure di sé e tradizionaliste le quali non sono disposte a cambiare le cose, perché probabilmente impaurite da ciò che non conoscono; l’autore vuole esprimere l'incoerente adattamento al nuovo, ma allo stesso tempo l'incapacità vera di modificare sé stessi, e quindi l'orgoglio innato dei siciliani. In questa chiave egli legge tutte le spinte contrarie all'innovazione, le forme di resistenza mafiosa, la violenza dell'uomo, ma anche quella della natura; Ed è proprio questo il motivo per cui i nobili guardano con disprezzo ai cambiamenti che stanno avvenendo nell’Italia risorgimentale; la loro decadenza segna la fine di un’epoca e la rapida ascesa della classe borghese. Quindi possiamo dedurre che, nel romanzo, il tema del fluire del tempo, della decadenza e della morte è esemplificato nella morte di una classe, quella nobiliare dei Gattopardi, un ceto che viene lentamente e inarrestabilmente sradicato dai nuovi accadimenti sociali e dai nuovi ricchi borghesi e che sente di aver perso ogni stimolo e ogni ideale per cui combattere: un ceto profondamente apatico, senza più alcuna voglia di reagire. Nella novella “Libertà” di Giovanni Verga (1840-1922) vediamo una chiara contrapposizione tra le campagne e la città: il popolo e in particolare i contadini utilizzano il concetto di libertà come sfogo irrazionale alla rabbia covata da secoli nei confronti dei “galantuomini” e che porta alla lotta di classe rappresentata come uno strumento di progresso; inoltre i contadini sono descritti come mal informati, confusi, ignoranti, fuori dal mondo, poveri e sottomessi e che hanno, come primo istinto, quello di ribellarsi contro i loro padroni tanto da non accorgersi neanche di quello che stanno facendo, cosa che emerge quando, presi dall'euforia, uccidono tutti coloro che indossano un cappello (perché i nobili erano soliti indossare cappelli) senza accorgersi di aver ucciso un contadino che accidentalmente indossava il cappello regalatogli dalla moglie: ciò li fa apparire anche come ceto non pensante, riflessivo o razionale. Per quanto riguarda le considerazioni sulla spedizione dei 1000, nel “Gattopardo”, Tancredi, giovane dinamico e cinico, si arruola volontario tra le fila dell'esercito sabaudo spinto da impeto giovanile ma anche per assicurarsi il posto che già occupa fin dalla nascita all’interno della società, infatti, racconta di aver abbandonato i garibaldini per entrare a far parte dell'armata regolare di Vittorio Emanuele II. Invece, il principe Salina saluta con scetticismo e disprezzo le truppe di Garibaldi che consegneranno il potere ai Savoia, segnano la fine di un'epoca e la rapida ascesa della classe borghese; egli quindi rappresenta l'immobilismo, la stasi della sua epoca, perciò, non può mutare per rimanere ciò che è (come fatto da Tancredi), quindi possiamo riconoscerlo come l'ultimo dei gattopardi. Nella novella “Libertà” di Verga, la spedizione dei 1000 in particolare durante la rivolta di Bronte, viene vista inizialmente in modo positivo, cosa che si avvicina maggiormente alla concezione di Tancredi: la rivolta inizia con le parole “viva la libertà” e il suo fallimento viene sancito dalle parole del carbonaio “se avevano detto che c'era la libertà” per ribadire l'inutilità del tentativo in quanto alla fine tutto torna come prima ovvero con i signori al loro posto e i poveri contadini sempre più poveri; tutto resta uguale, tutto è stato inutile. Nella novella, la libertà viene rappresentata dal punto di vista della folla durante la rivolta e che viene paragonata ad un mare in tempesta, dal punto di vista dei singoli durante la divisione delle terre e infine dal punto di vista dei ricchi possidenti e dei borghesi. La folla è favorevole alla spedizione o meglio si lascia condizionare dalla parola libertà che significava solo impossessarsi delle terre dei signori sfogando così l’odio verso i galantuomini; i singoli successivamente si ritrovano impreparati a gestire la situazione accorgendosi di aver bisogno della direzione dei padroni che fino a poco prima erano considerati come oppressori dei mostrandoli inutilità della rivolta stessa; i ricchi possidenti e i borghesi spesso aggrediti e uccisi dai rivoltosi, sono rappresentati da Verga, come quasi indifferenti e consapevoli che successivamente si sarebbe raggiunto l'ordine che precedeva la rivolta. Nel Gattopardo, si svolge un lungo dialogo fra il Principe Salina e Chevalley con timide proposte da parte di quest’ultimo e inconfutabili ragionamenti da parte del Principe, che dà un quadro sfiduciato di sé stesso e della sua terra e alla conclusione dell’incontro respinge la nomina a senatore proponendo Sedara al suo posto. Secondo Salina, l’immobilità della Sicilia e dei suoi abitanti è determinata da tre tipi di fattori: dalla lunga storia di colonizzazione e presenza di stranieri (compreso l’arrivo dei Piemontesi); dall’indole dei suoi abitanti ormai troppo vecchi e svuotati di ogni entusiasmo, e infine dalla natura, infuocata per sei mesi all’anno, con un paesaggio violento e crudele plasmatore, con i suoi eccessi e contraddizioni, dell’insularità d’animo dei suoi abitanti, condannati ad un sonno secolare e ad un riscatto senza risorse. Una decadenza inarrestabile contrassegna la storia dell’isola e la sua esistenza ed è vana l’illusione di contrastarla. Chevalley cerca dapprima di convincere il principe a non rifiutare, a pensare che il futuro sarà diverso, ma alla fine cede davanti alla sua profonda disillusione e amarezza. Inoltre, durante il colloquio, sono esplicitate anche le amare riflessioni sulla storia e sull’intima natura
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