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Il Gioco nella Storia dell'Umanità: Ruolo Educativo e di Affermazione Personale, Guide, Progetti e Ricerche di Pedagogia

Il ruolo del gioco nell'educazione e nell'affermazione della personalità dell'uomo. Della teoria del groos e della concezione genetico-funzionale di claparède, della presenza del gioco nel corso dei secoli, del diritto al tempo libero come momento per dedicarsi al gioco e ad attività creative, del gioco e della socializzazione, delle regole nel gioco e della loro importanza nella formazione della coscienza morale e democratica. Il documento conclude con una proposta di riforma a livello legislativo per promuovere l'attività ludica.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2021/2022

Caricato il 13/03/2024

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Scarica Il Gioco nella Storia dell'Umanità: Ruolo Educativo e di Affermazione Personale e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Schedatura libro “gioco e infanzia” di Nobile Titolo: gioco e infanzia Autore: Angelo Nobile Breve introduzione sull’autore: Angelo Nobile è un docente di “Letteratura per l’infanzia e l’adolescenza” all’Università degli Studi di Parma e dirige la rivista specializzata di letteratura giovanile “Pagine giovani”. Dal 2005 porta avanti l’evento del Premio Nazionale “Città di Chiavari” al miglior giornalino per ragazzi. Tra le sue recenti pubblicazioni in volume: Il pregiudizio (2014), Letteratura giovanile (2015), Pedagogia della letteratura giovanile (2017), Questioni di letteratura giovanile (2019) e Storia della letteratura giovanile dal 1945 ad oggi (2020). Casa editrice, città e anno di pubblicazione: “La scuola”, Brescia, 1994 Parole chiave: attività ludica, creatività, attività libera, apprendimento, relazione, comunicazione, regole. Struttura del libro: - Introduzione: il libro viene introdotto da una riflessione sulla valenza del gioco, riferendo che si è evoluta nell’arco degli anni e che al giorno d’oggi risponde a delle logiche commerciali, dimenticando il valore formativo. Il bambino non usufruisce del gioco in maniera autentica perché “incatenato” in una società che lo impegna in attività extrascolastiche, dalla mancanza di spazi ampi all’interno delle abitazioni e dal monopolio che la televisione ha sui pomeriggi dei più piccoli. Un’altra problematica sorge prendendo in considerazione i modelli culturali attuali che hanno reso il bambino “addomesticato e incanalato in direzione conformistica dall’industria culturale”(pag 5). Tuttavia il gioco continua a ricoprire un ruolo speciale nel processo di crescita e formazione dell’individuo perché garantisce uno sviluppo globale e polidimensionale seguendo il principio greco della “Kalokagathìa (καλοκἀγαθία)” una parola complessa, derivata da due aggettivi: kalós = bello, agathós = onesto che riflette ideali molto apprezzati, in particolare nell'antica Atene, ideali di armonia e unità. L’obiettivo di Nobile è quello di affrontare in un’ottica poli-prospettica il tema del gioco infantile nelle sue diverse articolazioni nella speranza di rinnovare una nuova consapevolezza. - Capitoli Cap.1 DIMENSIONE STORICO-CRITICA Il gioco come fondamentale attitudine umana: l’homo ludens Il gioco per essere autentico deve avere le caratteristiche di libertà e spontaneità “sottratto al determinismo biologico e al finalismo utilitario”(pag. 7). Si tratta di una visione autentica che come base per un’unità bio-psichica del soggetto in fase di formazione. L’attività ludica nel mondo animale si ripete nel corso dell’evoluzione in maniera immutata perché inscritta nel corredo genetico ma negli umani ciò è diverso, si differenzia nel tempo grazie alla creatività, condizioni ambientali e imprevisti. L’autore parla di “Homo ludens, rivendicando al gioco, all’attitudine ludica, intesa come atteggiamento generale dello spirito, un ruolo essenziale nell’evoluzione e nel progresso civile dell’umanità come fonte e fattore di tutte le conquiste scientifiche”(pag 9) perché il vero gioco quando viene messo in atto da un soggetto senza impedimenti fisici o psichici si presenta insieme alla maturazione della facoltà di astrazione e quindi il consolidarsi delle facoltà psichiche superiori. La disposizione ludica del bambino appartiene globalmente all’umanità del passato, presente e futuro in tutte le condizioni, anche quelle di guerra ad es. tra rovine e bombardamenti i bambini continuano a giocare e ad alimentare la loro creatività proprio perché si tratta di un’esigenza intrinseca. L’attività dell’individuo prende ispirazione dal mondo degli adulti, emulando le azioni che quotidianamente osservano, in alcune popolazioni sono praticati giochi di imitazione delle occupazioni dei genitori, come la caccia, la pesca e la raccolta. In tutto ciò si osservano quelle che sono le aspirazioni dell’infante sulla base di gerarchie valoriali in vigore nella cultura di appartenenza, perciò giocare al “cantante” o al “calciatore” riflette i ruoli socialmente ambiti. Quindi il gioco racconta la storia di un popolo e di una determinata cultura in un particolare periodo di tempo. È stato studiato che l’attitudine ludica non è solo propria dell’infanzia ma anche degli adulti attraverso: 1. Gioco e arte, le attività estetiche hanno in comune con il gioco l’assenza di finalità pratiche in quanto essa stessa si trova all’interno della produzione stessa. Analizzando l’espressione nelle varie lingue come l’inglese “play” o il tedesco “speeler” il sinonimo è suonare, recitare… tutte attività senza un fine utilitario. 2. Gioco e sport, lo sport condivide con le attività ludiche il rispetto delle regole e la necessità di movimento per effettuarlo, infatti in molti casi non si distinguono. Nello sport però c’è l’elemento competitivo che permette un senso di appartenenza maggiore al gruppo ma può comportare la perdita del piacere di svolgere insieme l’attività ed avere come unico obiettivo la vittoria finale. 3. Gioco e lavoro, secondo il pensiero comune il gioco è sinonimo di svago, gioiosità e libertà mentre il lavoro è sinonimo di impegno, costrizione e pena. La differenza sostanziale sta nell’intendere il gioco come attività senza un riferimento ad un risultato finale da raggiungere, mentre nel lavoro produttivo è presente il creare un prodotto organico. In realtà il gioco contiene in sé delle caratteristiche del lavoro perché concerne il rispetto delle regole e l’impegno, come afferma Lombardo Radice: “il fanciullo lavora per giocare, e gioca a - lavorare-”(pag20). Interessi ludici nell’età evolutiva Teoria epigenetica piagetiana: nell’uomo, a differenza degli animali, gli interessi per il gioco hanno un andamento evolutivo e progressivo che corrisponde a tappe di maturazione del soggetto dall’età infantile. Classificazione: 1. Giochi di esercizio propri delle fasi iniziali, quando non c’è ancora differenziazione tra l’io e l’altro, preverbali del soggetto con carattere ripetitivo Le attività ludiche consistono in una reazione quasi impulsiva e automatica ad uno stimolo esterno per poi evolversi gradualmente in giochi di tipo motorio e senso-percettivo finalizzato ad una conoscenza del proprio corpo. 2. Giochi simbolici compaiono intorno al secondo anno di vita, giochi di finzione che richiamano il “far finta di” nutriti di fantasia consentono una sospensione della realtà 3. Giochi di regola nella seconda infanzia (dai 6-7 anni), giochi segnati da norme interne liberamente accettate e condivise da tutti (alcune volte negoziate). Sono giochi che preparano ad una organizzazione sociale e una disciplina collettiva. Secondo Wallon il gioco rappresenta una necessità funzionale con radici nella biologia umana “il gioco si snoda secondo differenti scansioni: il gioco funzionale (consistete in semplici movimenti come toccare oggetti, muovere le dita, produrre suoni e rumori), di immaginazione (accudire la I primi strumenti di gioco erano costruiti con argilla, legno e foglie, tutti materiali che potevano reperirsi in natura. Nell’antichità classica: con l’antichità classica ancora oggi si condividono molti giochi come il nascondino praticato dai Greci come “gioco della fuga”. Molto in voga erano i giochi ginnici che prevedevano prove di agilità, velocità e forza. Nella zona del Mediterraneo troviamo delle analogie rispetto ai materiali ludici come bambole e guerrieri di argilla, piccoli utensili di imitazione a quelli domestici… Nell’antico Egitto erano popolari le attività in gruppo come il girotondo e i giochi da tavolo come il senet (simile alla dama). Tra i Romani erano popolari i giochi della trottola, della mosca cieca e attività di manipolazione e costruzione di casette e navi. Gli adulti avevano l’abitudine di intrattenersi con il gioco dopo i banchetti con il gioco degli “astragali” ovvero ossicini numerati usati come dadi. Viva era la passione per i giochi pubblici promossi durante l’età imperiale, una sorta di spettacoli dello sport che permettevano al pubblico di divertirsi e non pensare alle problematiche quotidiane. Età di mezzo: nel periodo del medioevo il dubbio nei confronti della risata e del divertimento, si tendeva ad impedire ogni espressione ludica sia infantile che degli adulti. Sono arrivate a noi scarse testimonianze di questo periodo ma sappiamo che le classi più agiate disponevano per i bambini di giochi quali bambole e armi in miniatura. Gli adulti avevano la passione per i dadi e gli scacchi. Le classi potenti come attività ludica svolgevano competizioni spettacolari e tornei mentre le classi popolari giocavano con materiali ricavati in natura. Età moderna: nel periodo rinascimentale è in voga il gioco con le carte da tavolo, il gioco dell’oca (ideato da Ferdinando De’ Medici). I giochi per l’infanzia erano comunque numerosi perché si tratta di un periodo fertile di scoperte scientifiche e tecnologiche, così a fine 700 troviamo la “lanterna magica” che permette l’attività delle “ombre cinesi”. In questo periodo cresce la produzione di giochi educativi finalizzati ad una acquisizione di importanti nozioni come le tombole alfabetiche, storiche o geografiche. Nell’antichità e nel medioevo i giochi non erano differenziati tra bambini e adulti, col maturare del sentimento verso l’infanzia, le classi sociali agiate elaborano giochi adatti ai loro bambini. Nasce così la produzione di giochi su scala industriale seppur ancora additata come distrazione allo studio. I bambini iniziano a differenziarsi dagli adulti anche a livello di letture, abbigliamento e abitudini, si tratta di una vera e propria rivoluzione antropologica che purtroppo non interessò tutte le classi sociali. Età contemporanea: il progresso scientifico e tecnologico determinano la trasformazione del giocattolo e ciò modifica le forme e le manifestazioni del gioco nell’infanzia, sempre più sofisticate “il contatto con le altre culture, favorito da più intensi rapporti anche commerciali tra le varie parti del globo e, più recentemente, dal diffondersi dei mezzi di comunicazione di massa, dà al gioco una dimensione veramente planetaria, intensificando la circolazione di giochi e giocattoli”(pag 43). Molti giochi tradizionali vanno in disuso ma data la continua ispirazione dei media per la costruzione di nuovi giochi per bambini, notiamo una crescente presenza del giocattolo industriale. L’allarme di studiosi come Winn è di una omologazione dei giochi per bambini e una indifferenziazione dei giocattoli per fasce d’età perché necessaria la caratteristica dello strabiliare e non dell’avere una finalità. Il gioco nella storia del pensiero pedagogico Nel pensiero greco e romano antico, il gioco veniva concepito come ristoro, una pausa da occupazioni faticose della vita quotidiana. Socrate attribuisce al gioco una valenza di apprendimento, infatti nelle “Leggi” si incoraggia l’uso di strumenti di imitazione degli adulti in funzione di una iniziazione professionale. Platone afferma che ci sono diverse fasi del gioco nel bambino e le prime (dai 3 ai 6 anni) concernono attività divertenti. Per tutta l’antichità, l’attività ludica è considerata come un’attività minore perché improduttiva. Nel Medioevo questa condizione si accentua perché feste, giochi e spettacoli vengono condannati come espressione di paganesimo. Per una rivalutazione del concetto di “gioco” dobbiamo attendere il periodo umanistico-rinascimentale con autori come Vittorino da Feltre che coltivava i giochi all’aperto e l’esercizio fisico oppure Comenio che vede necessario per la scuola dell’infanzia di giardini all’aperto dove condurre attività a contatto con la natura. L’Ottocento è caratterizzato dalla Rivoluzione Rousseauniana con una rivendicazione della valenza del gioco e l’affermazione dei diritti per l’infanzia “L’età della spensieratezza trascorre tra i pianti, i castighi, le minacce, la schiavitù […]. Amate l’infanzia; favoritene i giochi, le gioie, le amabili inclinazioni […]. Perché volete strappare a questi piccoli innocenti il godimento di un tempo così breve ed effimero…? Perché volete colmare d’amarezza e di dolore questi primi e fuggevoli anni che mai torneranno? […]. Fate che possano goderne”(pag.49) Notando una forte critica nei confronti dei pregiudizi degli adulti di quel tempo “Vi preoccupa vederlo consumare i suoi primi anni senza fare niente? E come! Non è niente l’esser felice? Non è niente saltare, giocare, correre da mane a sera? In tutta la vita non sarà mai tanto occupato” (pag50). Kant valorizza i giochi che stimolino i sensi ma ribadisce che i giochi “debbano avere una meta”(pag 50) insiste sul fatto che il gioco debba trasformarsi presto in lavoro e che non possa essere semplice trastullo senza una meta. Il romanticismo mette in parallelo il gioco con la creatività dello spirito, ciò significa che come l’arte nasce in maniera disinteressata e senza fini così anche l’attività ludica. Froebel definisce il gioco come attività propria dell’infanzia e primo lavoro del bambino il quale è il mezzo più importante per acquisire nuova conoscenza “Il gioco è la manifestazione più pura e spirituale dell’uomo in questo periodo e insieme l’immagine e il modello della complessiva vita umana …. Esso procura quindi gioia, libertà, contentezza, tranquillità in sé e fuori di sé, pace con il mondo. Le fonti di ogni bene giacciono in esso, da esso sgorgano” (pag 51). Questa teorizzazione permette al pedagogista di creare i Kindergarten per uno sviluppo onnilaterale dell’infanzia e di inventare i “doni” ovvero degli oggetti da consegnare al bambino con gradualità, utili alla scoperta autentica del mondo. Nel Novecento ci sono due correnti di pensiero diverso rispetto al gioco: secondo Makarenko l’attività ludica è complementare all’educazione al lavoro perché favorisce il passaggio a questo ultimo, afferma che permette di formare le qualità del futuro cittadino. Lombardo Radice, invece, ritiene il gioco come momento essenziale ai fini della maturazione della persona. Con Dewey si afferma la corrente pragmatista del gioco che lo considera come canale per riprodurre delle situazioni reali, infatti l’educatore deve predisporre condizioni e mezzi il più possibile vicini alla realtà quotidiana. Il filosofo americano è particolarmente diffidente verso la fantasia e l’immaginazione perché anch’esso convinto che l’attività ludica possa trasformarsi gradualmente in “attitudine al lavoro” (pag. 58) Nella seconda metà del Novecento si approfondisce il tema dell’attività ludica con la sua ricchezza di funzioni e valenze formative. Aldo Agazzi ritiene il gioco come sfogo dell’età infantile e come necessario per una crescita globale e una manifestazione di funzioni superiori successive. Volpicelli ritiene il gioco come attività dalla funzione adattiva al mondo reale in quanto fonte di scoperta e di nuove esperienze. Bertin afferma che il gioco è attività “liberatrice del momento demonico della vitalità individuale dalla disciplina (non necessariamente mortificante) imposta dalla routine e dalle obbligazioni sociali” (pag. 60) una demonicità che “trionfa della gravità della vita”. Differente punto di vista quello di Bertolini che vede nel gioco una funzione stimolante per una presa di coscienza di sé, una propria consapevolezza che permette all’individuo di comprendere le sue potenzialità a livello sociale e di capacità personali. Il gioco nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti del bambino Prima del 1945 nella “Dichiarazione della Società delle Nazioni del 1924, dopo la prima Guerra Mondiale si ha un’ottica riduttiva e di tipo assistenzialistica nel mondo dell’infanzia, credendo di dover proporre aiuti solo dal profilo materiale e non educativo e formativo. La preoccupazione era quella di nutrire e curare il bambino e di venire assistito se abbandonato, proteggendolo da ogni sfruttamento. Nella “Carta dell’Infanzia” del 1942 stesa a Londra, proprio durante l’esplosione della Seconda Guerra Mondiale, afferma tutti i bambini (indipendentemente da sesso, razza e religione) devono essere nutriti, vestiti ed avere un alloggio dove poter vivere. Notiamo come in questi due documenti ci si concentri su elementi primari di necessità che mirano a soddisfare il piano materiale e i bisogni del corpo. Con la “Dichiarazione dei diritti del fanciullo” del 1959 si parla per la prima volta di assicurare al bambino un’infanzia felice intesa come attenzione speciale a cure fisiche ed intellettuali. “Tutti i fanciulli, senza eccezione alcuna, … devono beneficiare di una speciale tutela e godere di possibilità e facilitazioni, in base alla legge e ad altri provvedimenti, così da essere in grado di crescere in modo sano e normale sul piano fisico, intellettuale, morale, spirituale e sociale in condizioni di libertà e dignità” (pag.63). Il Principio settimo, 3° comma afferma che “Il fanciullo deve avere piena opportunità di dedicarsi a giochi e ad attività ricreative che devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono essere orientate a fini educativi; la società e i poteri pubblici devono compiere ogni sforzo per la realizzazione di tale diritto”(pag. 63). L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 1989 ha emanato una Convenzione sui diritti del fanciullo come adeguamento di quella del 1959 affermando che per “fanciullo” si intende un minore di diciotto anni e che “l’interesse superiore del fanciullo deve costituire oggetto di primaria considerazione” (pag.65) Nell’art. 31 si riconosce il diritto al tempo libero come momento per dedicarsi al gioco e ad attività creative, utili ai fini di una sana crescita del soggetto. CAP.2 FUNZIONI DEL GIOCO Funzione socializzante, il gioco come veicolo privilegiato della socializzazione La solitudine è la causa primaria della fragilità e insicurezza del bambino, il gioco, immettendo il soggetto in esperienze sociali aperte, permette ad esso di interagire con gli altri liberandolo dall’isolamento. Il gioco collettivo viene definito come un ponte tra l’introversione e la relazionalità del soggetto. “tutti i giochi non individuali pongono il soggetto in rapporto attivo, anche se talora conflittuale, con i coetanei, lo immettono in una fitta rete di interazioni nella quale si costruisce la personalità in tutti i suoi aspetti e lo abituano a uniformarsi alle attese e alle aspettative del gruppo e a rinunciare al proprio individualismo”. (pag. 103). invade la psiche del soggetto da prodotti di massa. Per sviluppare questo tipo di immaginazione è importante utilizzare giochi della tradizione “povera”, non sofisticati, perché solo essi sollecitano la fantasia attraverso un loro uso improprio. Il gioco senza materiali pre-strutturati permettono al bambino di modellare il suo gioco secondo la propria inclinazione e volontà. Secondo Grazzini e Straccioli i giochi della tradizione culturale “grazie alla loro minore codificazione, lasciano molto spazio all’invenzione ed alcuni la richiedono esplicitamente attraverso le regole del gioco stesso” (pag.120) Gioco e disadattamento alla realtà Si parla di gioco di immaginazione simile alla lettura delle fiabe, rischioso per un disadattamento nei confronti della realtà. Questo tipo di preoccupazioni vengono controbattute da Freud che afferma “il bambino, nonostante i suoi investimenti affettivi, distingue assai bene il mondo dei suoi giochi dalla realtà e appoggia volentieri gli oggetti e le situazioni da lui immaginati alle cose tangibili del mondo reale. Questo appoggio e null’altro distingue il giocare del bimbo dal fantasticare” (pag.121) L’attività ludica se utilizzata al meglio, favorisce un adattamento alla realtà anche attraverso la socializzazione che promuove; infatti il bambino sperimenta nel gioco i limiti che la realtà impone, scoprendo così la realtà che lo circonda. Secondo Ciukovskij la funzione del gioco è congruente a quella della fiaba perché costruisce una mentalità realistico-oggettiva del mondo. Quindi il gioco non crea disadattamento alla realtà ma va inteso nella sua funzione adattiva del reale. Gioco e formazione morale e civile, crisi dei valori nella società dei consumi e corrispondenti istanze etico-pedagogiche Nella società attuale, a causa delle crisi morali emergenti ed una disgregazione valoriale, è necessaria una formazione morale e civile per una convivenza democratica con il prossimo. Ciò accompagna il passaggio da una società agricola e omogenea ad una industrializzata e differenziata, un tipo di società competitiva ossessionata dal denaro, in cui l’infanzia viene inglobata. Tutto questo cambiamento ha portato alla modificazione della personalità individuale con un indebolimento del Super-Io sostituito dalla ricerca continua di consenso sull’apparenza e l’esteriorità. Dietro a tali comportamenti, che sembrano disinvolti, si celano grosse debolezze che necessitano, secondo Piaget, dell’inserimento del soggetto in un contesto relazionale basato sul rispetto reciproco e simpatia il quale si può coltivare durante l’attività ludica. Oggi si è compreso che per una sana crescita morale non c’è bisogno di ricorrere ad ammonimenti ma esaltando esperienze che attivino un’autentica formazione attraverso: l’adulto che segue comportamenti coerenti con la ragione etica e che quindi sia una figura di riferimento da emulare e l’inserimento del soggetto in situazioni sociali positive nelle quali si possano introiettare valori quali l’onestà e la solidarietà. LE REGOLE NEL GIOCO Ruolo del gioco nella formazione della coscienza morale Secondo gli studi di Piaget, si arriva ad un’autonomia morale solo inserendo il soggetto in gruppo di pari in situazioni ludiche positive e quindi gratificanti, permettendo di maturare la consapevolezza della cooperazione, eliminando l’egocentrismo caratteristico lo stadio che va dai due a i sette anni di età (intelligenza pre-operatoria). Il gioco all’interno di un gruppo permette il rispetto e quindi l’acquisizione della regola, accordata anche tra le parti, necessaria allo svolgimento corretto del gioco “La regola è concepita come liberamente decretata dalle coscienze. Non è più coercitiva né esteriore […] a partire dal momento in cui la regola di cooperazione succede alla regola di costrizione, essa diventa una legge morale e affettiva” (pag 126). I giochi di competizione (anche se non supportati da alcune teorie psicopedagogiche) rafforzano il senso di autostima , educano alla socialità e al rispetto dell’attività ludica, soprattutto nel nome del rispetto delle regole. Il prof. Nobile afferma che “Il fanciullo acquista coscienza che la regola è fattore e garanzia di giustizia e di obiettività e pone tutti i giocatori sul medesimo piano dipartenza, lasciando alla bravura il compito di designare i migliori. Inoltre nell’attività ludica, il soggetto matura concetti di equità, avvicendamento, turnazione e ripartizione, come quando ci si alterna in ruoli non graditi e comunque meno appetiti, e assimila regole di reciprocità e di subordinazione ”(pag 127) Gioco e formazione di una coscienza democratica Il gioco diventa un fattore di crescita del futuro cittadino che dovrà vivere in una società democratica composta da regole da rispettare. Nel gioco sociale il bambino impara a gestire le proprie emozioni e le tendenze aggressive e distruttive, sostituendole con le esigenze dell'altro per aiutare il proprio gruppo a perseguire l’obiettivo dell’attività. Inoltre si impara ad ascoltare il caposquadra e ad impegnarsi a mantenere la parola data, tutti princìpi che comprendono lealtà, onestà, cooperazione e che si rifanno al quadro della formazione dell’uomo della nostra Costituzione. Il gioco di squadra è come svolgere un lavoro in comune e quindi esercitarlo permette di responsabilizzare il singolo e il gruppo in ottica di un futuro da affrontare, infatti “il senso di appartenenza a un gruppo, che matura nella fanciullezza e si consolida nelle età successive, prepara la consapevolezza dell’appartenenza ad una più ampia comunità nazionale e internazionale, nei cui confronti il soggetto trasferirà per estensione i sentimenti di amore, di fedeltà e di dedizione già nutriti per la squadra”.(pag. 128-129) Sviluppo emotivo-affettivo Il gioco, nell’età evolutiva, assicura un equilibrato sviluppo affettivo ed emotivo riuscendo ad equilibrare i conflitti tra Es e Superego perché permette di vivere senza ostacoli e in un ambiente protetto emozioni come la gioia e la collera (alcune volte anche la paura) le quali vengono sempre più indotte dai canali massmediatici. CAP.3 IL GIOCO ALL’INTERNO DELLE ISTITUZIONI EDUCATIVE Il gioco, occasione di incontro affettivo tra il genitore e il bambino Contro l’alienazione del bambino all’interno della propria famiglia, l’autore consiglia di effettuare giochi tra figli e genitori, anche la lettura di un racconto permette di creare un clima ricco di “risonanze affettive” (pag. 165). L’investire del tempo di lettura e di gioco con il proprio figlio non solo aiuta ad infondere serenità e gioia ma anche a rendere meno estrema l’età adolescenziale nella quale il figlio persegue atteggiamenti di ribellione contro i genitori. Il bambino accoglie con molta positività la disponibilità del genitore nel giocare perché vede la propria figura di riferimento diventare un buon compagno di giochi, addirittura secondo Battacchi questo è uno dei requisiti che si tengono in considerazione nel momento in cui si deve affidare il figlio in caso di separazione dei genitori. L’adulto attraverso queste attività si libera in un certo modo delle preoccupazioni della vita quotidiana e ritrova quella parte di fanciullezza oramai passata, lontana dalle dinamiche di profitto e utilitarismo. Il gioco nella scuola elementare, marginalità del gioco nella giornata scolastica Il gioco inteso come ricreazione, come pausa dal lavoro scolastico e dallo studio, è relegato solo al tempo libero. Oggi ancora l’attività ludica ricopre il ruolo di ricompensa quando il bambino svolge azioni positive e segue le regole. Fare un utilizzo del gioco in questo modo consiste nell’allontanarsi dal suo significato reale e autentico, il gioco è cultura e formazione e non si può separare il lavoro intellettuale dall’attività nel tempo libero. Molto spesso a scuola non si porta avanti un’attività ludica formativa perché il gioco viene pensato come libero e non strutturato e quindi non in linea con la serietà e il rispetto delle regole da tenere in classe. Compiti e responsabilità della scuola Secondo Scurati il compito della scuola è quello di perfezionare l’uomo e in questo caso il gioco è fondamentale ai fini di questa formazione, caratterizzandosi come “secondo curricolo” che riunisce e aiuta ad un apprendimento autentico, subordinato al “primo curricolo” che mira solamente a trasmettere delle conoscenze a compartimenti stagni. Occorre unire e non separare l’aspetto dello studio e del momento di svago “un’atmosfera ludica, uno spirito ludiforme può essere introdotto, secondo il sempre valido auspicio del Mazzetti, che parla più propriamente di <ritmo gioco-lavoro>, anche all’interno della scuola elementare, e specialmente nelle classi del primo ciclo, e il gioco, utilizzato anche in funzione apprenditiva, affrancare la scuola in tutti i suoi ordini e gradi, ma soprattutto quella secondaria, dall’opprimente atmosfera di costrizione che talora la grava e che segna un’artificiosa scissione tra scuola e vita, tra attività liberamente scelte e compiti imposti, tra gioia e svago da un lato, pena e sacrificio dall’altro” (pag.183) Requisiti architettonico-urbanistici La scuola come edificio deve possedere dei requisiti sia all’interno che all’aperto che soddisfino il bisogno di movimento dell’alunno e anche quello di esplorazione ad esempio grazie alla presenza di un orto botanico. I luoghi all’aperto devono essere ampi e ombreggiati; a terra deve essere presente la ghiaia o lastricati per permettere una più agevole attività di corsa e camminata mentre gli spazi verdi dovrebbero avere erba resistente al calpestio e siepi. Gli spazi interni dovrebbero essere adibiti ad “atelier di gioco” con pavimenti in plastica (per attenuare le cadute) e angoli attrezzati alle attività progettate. Gioco e continuità educativa e didattica L’attività ludica all’interno dell’istituzione scolastica svolge la funzione di congiunzione, quindi permette continuità educativa tra i diversi gradi di scuola e tra ambiente familiare e ambiente scolastico. Molte esperienze di continuità educativa iniziano da momenti di attività ludica comune tra alunni trovando in ciò un elemento di aggregazione. Funzione del gioco nella scuola elementare e strategie operative I programmi didattici del 1955 raccomandavano “In ogni giornata scolastica [dovrebbero trovare]adeguato e opportuno posto, possibilmente all’aperto, giochi ed esercizi che, mentre giovino ai fini dell’educazione alla socievolezza, valgano a sveltire e a correggere i movimenti e consentano al fanciullo di esprimersi gioiosamente in canti e ritmi rivolti all’armonico sviluppo delle attitudini fisiche e morali”(pag 185) I giochi sia individuali che collettivi se affiancati a libere attività costituiscono una fonte di stimolo per lo sviluppo del linguaggio e della lingua scritta e orale grazie ai molteplici scambi comunicativi
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