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Schede analisi film, Narrazione storica e cinematografica, Schemi e mappe concettuali di Storia Del Cinema

Schede analisi film, Narrazione storica e narrazione cinematografica con Merluzzi. M. Rovere, Il primo re (2019) R. Scott, Il gladiatore (2000) M. Bellocchio, Enrico IV (1984) L. Bresson, Giovanna d’arco (1999) M. Scorsese, Silence (2016) S. Kubrick, Barry Lindon (1975) S. McQueen, 12 anni schiavo (2013) S. Mendes, 1917 (2019) J. Wright, L’ora più buia (2018) C. Nolan, Oppenheimer, (2023)

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

In vendita dal 08/02/2024

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Scarica Schede analisi film, Narrazione storica e cinematografica e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! 1 Schede Analisi Film Erica Maldera, m. 565758 Narrazione storica e narrazione cinematografica 2023-2024 M. Rovere, Il primo re (2019) Trama: La trama del film si ispira alla leggenda della fondazione di Roma e segue la storia dei gemelli Romolo e Remo nel loro viaggio dalla vita selvaggia alla fondazione della città eterna. La scena iniziale del film si apre con un ambiente ostile e selvaggio, nel quale Romolo e Remo crescono, imparando a sopravvivere da soli. Ma già dai primi minuti vediamo una dimostrazione della natura selvaggia e violenta che non ha cura dell’uomo, del quale è straordinariamente più forte. Difatti, Romolo e Remo sono travolti e trascinati dalla forza dell’acqua del fiume che li fa rimanere incoscienti. Quando si risvegliano si accorgono di essere stati catturati, insieme ad altri, dagli abitanti di Alba Longa, che li fa combattere tra di loro per decidere chi donare in sacrificio. Romolo e Remo, con un escamotage, riescono a scappare e vengono seguiti dal resto dei sopravvissuti e dalla sacerdotessa che porta con se il fuoco sacro, quindi la benevolenza degli dèi. Ma Romolo è rimasto ferito, perciò Remo rende la sua priorità la sua sopravvivenza ad ogni costo. Remo prende la guida di questo gruppo, e ne diventa ufficialmente il leader quando uccide un cervo, dato in pasto agli altri e a suo fratello (che ne mangia il cuore). Il gruppo lotta con foresta paludosa e ci sono anche scontri interni, soprattutto riguardo le cattive condizioni di Romolo, che sembra essere in fin di vita. Ma Remo non ne vuole sapere nulla e ordina alla sacerdotessa di proteggerlo. Il gruppo, in seguito ad una battaglia vinta con un altro clan, giunge al villaggio di quest’ultimo e qui Remo se ne proclama il capo, uccidendo l’anziano del villaggio. A questo punto la sacerdotessa, attraverso un rito, afferma che uno dei due gemelli sarà il fondatore di una nuova città, che verrà ricordata nei secoli a venire. Ma affinché il volere degli dèi si avveri, uno dei due fratelli deve morire, e per giunta per mano dell’altro fratello. Tutti danno per scontato che sia Remo a dover uccidere l’ammalato Romolo, ma Remo non ci riesce, affermando di non credere più al volere degli dèi, dal quale si sente abbandonato e non capito: per lui cosa importante è stare insieme a suo fratello, mentre Romolo rimane fedele agli dèi. Accusa la sacerdotessa di aver mentito e la lega ad un albero isolato, dandola in pasto alla natura selvaggia e dà fuoco al villaggio, spegnendo il fuoco sacro. Si pone al di là degli dèi, cosa che spaventa i personaggi che ha intorno. 2 Remo allora scappa con alcuni suoi seguaci fedeli, lasciando indietro Romolo, ormai guarito. Ma in questa fuga Remo si incontra con i soldati di Alba Longa, che uccidono tutto il suo seguito. Egli sembra spacciato, ma arriva Romolo in suo soccorso che lo salva, ma Remo valica il confine sacro segnato da Romolo. In una scena finale molto toccante, Romolo, quasi incredulo, dopo una lotta con il fratello, uccide Remo, che quasi si immola. La profezia si è compiuta. Remo riceve dei funerali da re, e Romolo metterà la prima pietra di Roma. Il film termina con una nota storica, ripercorrendo, attraverso delle mappe in movimento, le varie tappe della grandezza dell’Antica Roma. Tempo: Il film si apre con la travolgente forza della natura, che sovrasta su Romolo e Remo. In questo modo ci si immerge velocemente nella storia. Per il resto del film le il tempo scorre abbastanza lento, seppur con picchi di velocità soprattutto verso la fine. La trama si sviluppa in pochi giorni. Ci troviamo nell’antichità arcaica, seguendo il mito della fondazione di Roma nel 753 a.C. Per la maggior parte del film la fabula corrisponde all’intreccio, senza salti temporali. Ma la trama è spezzata da qualche flashback che ricordano a Remo la madre che gli dice di proteggersi a vicenda. Spazio: il film è stato girato tra Latina e Nettuno, immersi in un ambiente ostile e selvaggio. I luoghi reali donano alla natura questo aspetto indomabile, dalla palude inflessibile alla foresta aspra e alle rive del Tevere impetuoso. Difatti, la natura è caratterizzata da un aspetto incontrollabile soprattutto nella prima parte del film. L’acqua e il fuoco sono fondamentali, travolgendo e purificando allo stesso tempo. Personaggi: Remo sembrerebbe essere il vero protagonista della storia, a differenza invece della concezione comune del mito, dove è senza dubbi Romolo ad avere un ruolo centrale. Ma qui è Remo a prendersi la scena fino a pochi minuti dalla fine del film. Remo quasi assomiglia ad un personaggio moderno, con la sua crisi riguardo i valori e la religione, che rivendica il suo libero arbitrio, la sua possibilità di scegliere. Quasi sembrerebbe essere ateo, quando rifiuta di compiere la profezia degli dèi. Lui vuole essere il protagonista della sua storia, e ciò che gli importa di più non è solo il potere, ma soprattutto è suo fratello gemello, per il quale farebbe di tutto. Romolo invece è il suo doppio, l’altra faccia della medaglia. Romolo, anche nei momenti più bui dove la sua stessa vita è a repentaglio, non smette mai di avere fiducia degli dèi, anche qui con un razionalismo degno di ogni personaggio “moderno.” Romolo si contrappone alla potenza fisica e 5 Genere filmico film storico, ma si parla comunque di un mito. Giudizio personale: Senza ombra di dubbio il film incuriosisce soprattutto per la scelta di una lingua arcaica sconosciuta allo spettatore che sottolinea la bravura del cast a rendere credibile ciò che stanno dicendo, cosa estremamente difficile. Può risultare a tratto lento, ma alla fine riesce a rappresentare al meglio le tematiche ed il sistema di valori che si trova alla base della fondazione di Roma, seppur mischiandoli con valori tutti contemporanea a noi. Una formula che si riassume nel doppio Romolo e Remo. 6 R. Scott, Il gladiatore (2000) Trama: Il film si apre con una mano che accarezza le spine di grano per poi spostarti sulla battaglia contro i Marcomanni in Germania, che il generale Maximus Decimus Meridius guida e porta alla vittoria per i Romani. Ci troviamo nel 180 d.C., durante il regno dell'Imperatore Marco Aurelio. Maximus è rispettato e amato dalle sue truppe ed è un seguace leale dell’imperatore. L'imperatore, scontento di suo figlio Commodo, decide di nominare Maximus come suo successore, sperando che restituirà il potere al Senato romano reinstaurando una Repubblica. Commodo, venuto a conoscenza di questa decisione, uccide suo padre, abbracciandolo, prima che la volontà dell'imperatore possa essere messa in atto. Commodo assume il trono e ordina l'esecuzione di Maximus, il quale fugge, ma non riesce ad impedire la morte della sua famiglia. Ridotto in schiavitù e marchiato come gladiatore, Maximus viene venduto a Proximo, un ex-gladiatore che lo prende sotto la sua ala, convinto della bravura e del suo potenziale. Difatti, Maximus diventa rapidamente famoso per la sua potenza e le sue capacità. In seguito all’indizione di Giochi commemorativi in memoria di Marco Aurelio da parte di Commodo, Proximo decide di partire per Roma con i suoi gladiatori per tentare la fortuna all’interno dell’arena più grande ed importante di tutte: il Colosseo. Qui Maximus si ri-incontra con Commodo che cercherà in ogni modo di farlo uccidere, senza però volerlo rendere un martire. Lucilla, preoccupata per la tirannia di suo fratello e desiderosa di proteggere suo figlio, inizia a complottare contro Commodo con l'aiuto di altri senatori, tra cui Graccus, chiedendo a Maximus di prendere parte alla congiura nei confronti di Commodo, il quale però viene a conoscenza del piano e sfida in un duello finale Maximus. Prima del combattimento Commodo ferisce alle spalle Maximus, che, nonostante ciò, riesce comunque ad uccidere l’imperatore, che rimane disteso a terra e nessuno va da lui. Ma anche lui, ferito gravemente, una volta compiuta la sua vendetta, è ora pronto a morire per raggiungere la sua famiglia. Sono presenti diversi errori storici o, meglio, non si tratta di errori ma piuttosto di scelte. Cioè, si sceglie di narrare qualcosa che il pubblico si aspetta. Ne nomino una manciata di seguito. Innanzi tutto, Commodo, identificato come l’antagonista, in realtà non uccide mai Marco Aurelio, che invece muore per la peste antonina, non per soffocamento (anzi ironia è Commodo a morire così) quello in realtà è Commodo). In più Marco Aurelio non vuole ridare il potere al popolo ma dà l’imperium al figlio senza nessun problema. Questo è un fatto principale, poiché seguendo la realtà storica si va ad eliminare l’incipit del film, ciò per cui tutta la storia si sviluppa. 7 Dello stesso carattere è l’assenza della legge “Silla” che affermava che ogni soldato (cittadino romano) poi divenuto schiavo per qualsiasi motivo, tornato a Roma è libero e riacquista i suoi averi. Questa legge avrebbe troncato in partenza il film. Altra differenza la troviamo nella figura di Lucilla, che, mentre nella realtà porta avanti la congiura. Altro dettaglio, poi divenuto uno dei simboli del film, è il “dito su o dito giù” di Commodo. L’imperatore infatti non può decidere chi muore o chi vive nei combattimenti, ma poteva decidere il destino solo del gladiatore che perdeva. Anzi, il gladiatore vincente guadagnava tantissimo, sia in fattore di denaro che di gloria (richiamo del Sogno americano) Tempo: "Il Gladiatore" è ambientato nel 180 d.C. L'azione del film inizia negli ultimi giorni del regno dell'Imperatore Marco Aurelio e si svolge durante il periodo successivo alla sua morte, con Commodo che assume il trono a Roma. Il film copre un periodo di tempo significativo, mostrando gli eventi che seguono la morte di Marco Aurelio fino alla caduta di Commodo e all'ascesa di una nuova era a Roma (192 a.C.). Per questo lo scorrere della vicenda è molto veloce. Questo porta a degli spostamenti da una parte all’altra dell’impero in pochissimo tempo, come quando dalla Germania arriva in Spagna in poco tempo, o quando dalla sua condizione di gladiatore in Africa si arriva a Roma di fronte al Colosseo come se fossero tutti spazi molto vicini tra di loro. Ciò porta senza ombra di dubbio ad un’azione incalzante ma allo stesso tempo si lascia indietro tutta una serie di fattori relativi alla lunghezza e alle difficoltà che certi viaggi potevano avere nell’antichità. Allo stesso tempo però, esso può rappresentare una scelta del regista che decide di mettere l’accento su altre questioni e altri stati d’animo (come lo stato di confusione di Maximus – ferito – quando giunge in Spagna e si accorge che tutta la sua famiglia è stata massacrata, per poi arrivare in Africa). Durante la trama ci sono quindi importanti balzi in avanti. Inoltre, si segue quasi sempre una linea “cronologica” degli eventi, seppur Maximus ci porta indietro con dei flashback della famiglia che servono a ricordargli (e ricordarci) per chi sta lottando, seppur con significati diversi nelle differenti parti del film: all’inizio queste memorie lo fanno lottare per tornare dalla famiglia, con la loro uccisione invece gli danno un motivo per andare avanti, cioè la vendetta. Per questo fabula e intreccio non coincidono. 10 Nonostante ciò, viene raffigurato negli ultimi istanti della sua vita, quasi stanco di governare, un po’ stralunato, e pentito di ciò che era diventata Roma, specchio di suo figlio Commodo, durante il suo impero. Proximo (Oliver Reed) è un ex-gladiatore, ora divenuto padrone di diversi gladiatori, o come si definisce lui un intrattenitore. Egli acquista Maximus e lo introduce al mondo dell'arena. Proximo diventa una figura paterna per Maximus e gioca un ruolo chiave nel destino del protagonista. Gracchus (Derek Jacobi) è il senatore romano che si oppone a Commodo e lavora dietro le quinte per cercare di restaurare il potere del Senato insieme a Lucilla e Maximus: un complotto per rovesciare Commodo e la sua tirannia per restaurare la Repubblica in una Roma ormai corrotta. Narratore e focalizzazione: Non è presente un vero e proprio narratore che ci racconta gli eventi da fuori. Piuttosto, la storia è narrata da diversi punti di vista, in maniera particolare Maximus, Commodo e Lucilla, balzando da una visione all’altra della situazione. Si rende però ovvio chi ha ragione nella storia, Maximus, e chi ha torto, Commodo. Difatti, sebbene il film presenti anche la prospettiva di Commodo e Lucilla, Maximus rimane il fulcro della storia, contribuendo a rendere la narrazione più coinvolgente e consentendo agli spettatori di vivere le emozioni e le sfide direttamente attraverso le esperienze di Maximus. Tecniche di presentazione delle parole e dei pensieri dei personaggi: Abbiamo i dialoghi e le espressioni del volto, spesso cariche di emozioni che ci aiutano a capire le motivazioni e i conflitti dei personaggi. Anche le azioni di Maximus riflettono il suo coraggio, determinazioni e rabbia, mentre quelle di Commodo tralasciano codardia e infamia. Non è un caso, infatti, che Commodo colpisca sempre alle spalle (ad esempio come quando ferisce Maximus alle spalle prima del combattimento o quando uccide il padre, mentre addirittura lo abbraccia). Si vede quindi come i personaggi siano parecchio umanizzati per aggiungere uno strato emotivo più alto all’azione. Tematiche: Le tematiche del film sono dispiegate seguendo standard e lenti hollywoodiani. Si parla di vendetta e di giustizia, portate avanti da Maximus (per la morte della sua famiglia), ma anche da altri personaggi come Lucilla e Gracco, per riportare la luce a Roma, cadute nelle tenebre della corruzione politica e morale di Commodo. Dunque, la vendetta personale si scontra con il concetto di giustizia collettiva e il ripristino dell'ordine nell'Impero, dove il potere gioca un ruolo fondamentale. È inoltre importante 11 il dualismo che ritorna più volte nel corso della storia: quello tra Repubblica e Tirannide. È giusto sottolineare che si parla di una Repubblica vista in ottica moderna, una Repubblica che rappresenta la voce di Roma, cosa che non rispecchia la realtà, ma piuttosto mette in evidenza aspetti che appartengono alla società americana, in modo che gli spettatori si ritrovino in quello che vedono. Tutto ciò è portato avanti dal senso di dovere e di onore nei confronti dell’imperatore Marco Aurelio e di Roma in generale. Un senso che ha come fulcro la questione di fare qualcosa che vada ricordato per l’eternità, l’idea dell’eroe che non ha paura della morte e della guerra. Questo onore va a braccetto con il sacrificio che Maximus porta avanti: è pronta a morire per quello in cui crede e per i valori che vuole difendere (la famiglia e la gloria e la libertà di Roma). In questo modo Maximus è un eroe che, solo, si pone fieramente sull’ingiustizia di Commodo. Anche la famiglia è uno dei temi centrali del film, che mette in moto l’agire di Maximus, ma alla fine anche quello di Commodo (per ottenere l’amore del padre e della sorella) o quello di Lucilla (per difendere il figlio). Come lo è il tema della lotta per la libertà (che gli è stata privata), e della ribellione di Maximus nei confronti di Commodo ma anche di tutto un sistema a cui va contro: rappresentativa la scena delle diverse lotte nel Colosseo, in una delle quali Maximus chiede ironicamente al pubblico se è intrattenuto, se si è divertito. Il pubblico dopo un silenzio perplesso scoppia in clamorosi applausi e grida in favore di Maximus. La sua ribellione rimane quindi performativa agli occhi del pubblico. La sua vera e più grande libertà si compie quando Maximus muore dopo aver sconfitto Commodo: in questo modo ha battuto la corruzione e la tirannia rappresentata dall’imperatore, vendicando allo stesso tempo la morte della sua famiglia, ma cosa più importante si è riunito con la moglie e il figlio nell’aldilà. Il suo premio, oltre a quello di riportare giustizia e di riunirsi alla sua famiglia, è quello di essere ricordato per sempre nella memoria eterna di Roma. Un ultimo tema che mi piacerebbe analizzare è quello della figura del popolo, rappresentato come una massa ignota e confusa che ha addirittura il potere di decisione più grande dell’imperatore. Potere decisionale che è mosso semplicemente dallo spettacolo, è accecato dal sangue e dal “divertimento.” «Win the crowd and you will win your freedom» Stile: L'uso di scenografie e costumi maestosi, creano una spettacolarizzazione dell’Antica Roma. Le scene cruenti, i combattimenti e il sangue scioccano e smuovano lo spettatore che si sente immediatamente coinvolto, anche grazie alla rapidità dell’azione che aumenta a costruire la suspense e l’energia del film. Tutto ciò è coronato dai discorsi diretti tra i personaggi e dagli aforismi memorabili, soprattutto 12 di Maximus, che sono destinate a rimanere impresse nello spettatore. Tutto ciò contribuisce a trasportare gli spettatori nell'idea comune di ciò che era l’antica Roma in modo convincente. Infine, molto spesso salta fuori un linguaggio e delle espressioni che riguardano più un contesto moderno come “scatenate l’inferno” o “my lord” che avvicinano nel tempo un linguaggio che altrimenti troppo lontano a noi, parlando “la stessa lingua” di chi guarda il film. A volte sono presenti parole in lingue straniere come in tedesco, italiano (vediamo quindi lingue moderne) o il latino, ma il registro lessicale rimane abbastanza comune, proprie per trasmettere idee chiare e vicine allo spettatore. Inquadratura e musiche: Si ha un insieme di inquadrature panoramiche, anche a volo d’uccello, utilizzate per mostrare le grandiose ambientazioni per donargli epicità e spettacolarità, ma anche di inquadrature di close-up sui volti per enfatizzare le emozioni dei personaggi, specialmente durante i momenti di tensione, lotta o riflessione. Ciò permette agli spettatori di connettersi più intimamente con i personaggi. È anche fondamentale il gioco di ombre e luci nelle scene più drammatiche, come per esempio i fasci di luce statica date dai tendoni nel Colosseo durante le battaglie, accompagnate da movimenti veloci e dai tagli rapidi che danno intensità e suspense alle sequenze. La colonna sonora da oscar di Hans Zimmer e Lisa Gerrard svolge un ruolo significativo nella presentazione delle emozioni e dei pensieri dei personaggi. Le tracce musicali epiche sottolineano i momenti cruciali, enfatizzando ciò che sta succedendo. La musica accompagna grandiosamente le battaglie, i combattimenti fino ad arrivare ad un apice di gloria che sfocia in una musica più solenne, come possiamo vedere nella traccia “Now we are free” utilizzata nei momenti più significativi del film, dove la melodia evocativa e i cori intensificano le emozioni e aggiungono una dimensione eterea alle scene. Genere filmico: film storico tradizionale (mainstream) Giudizio personale: A mio parere, il grande successo di questo film è rappresentato dalla maestosa interpretazione degli attori, accompagnati da una colonna sonora incredibile. Il film non vuole raccontare la storia, ma vuole vendere un’alternativa riempita di cliché ed errori che paradossalmente sono divenuti parte dell’immaginario collettivo. Il problema delle incongruenze storiche quindi, per me risiede non tanto in questo film in particolare, ma nell’idea che molto spesso questo genere di film può dare di ciò che la storia è stata davvero. Il problema è quindi creare una storia alternativa che prende il posto di ciò 15 Spazio: Il film è ambientato alla Rocchetta Mattei di Grizzana Morandi, un castello che fa da Manicomio per Enrico IV. Una figura fondamentale del film è quindi sicuramente quella del Manicomio. Il concetto di Manicomio è però figlio dell’epoca moderna, non medievale, quando invece vi erano dei semplici ospizi di natura ecclesiastica ed assistenziale. Con la nascita del Manicomio nell’‘800, questi posti diventano praticamente non solo i luoghi di cura, ma la cura stessa. Intorno ai manicomi vengono costruiti dei muri, creando una separazione materiale e morale, così come avviene ad Enrico che viene giudicato e deriso da chi viene da fuori. Molto spesso poi vengono costruiti lontani dalla civiltà, in contesti bucolici, così come vediamo in Enrico IV, dove il castello, posto in questo spazio remoto in mezzo alla natura, diventa un manicomio a cielo aperto ma anche un teatro. Sebbene vi siano queste somiglianze con il manicomio, in Enrico IV, viene rappresentato un manicomio atipico. Insomma, seppur segnato da portoni e sbarre, sembra essere una comunità terapeutica dove sono solo i bambini a interloquire con Enrico, poiché sono gli unici che vivono fuori dai ruoli e dalle maschere. Si tratta di un castello in cui tutte le stanze sono stanze da gioco e tutto sembra adibito al divertimento: la stanza degli uccelli di legno, la sala del trono e quella del gigantesco cavallo a dondolo. Personaggi: Enrico IV (Marcello Mastroianni) è il protagonista della storia. Si tratta di un uomo che, a seguito di una caduta da un cavallo, crede di essere l'imperatore Enrico IV (XI secolo). Egli si destreggia tra realtà e finzione per molti anni: egli finge la sua pazzia, ma gli altri non lo sanno, per questo si prendono gioco di lui. Ma Enrico IV sa che in realtà sono gli altri ad indossare a loro volta delle maschere delle quali però non sono consapevoli. Questo lo fa vivere come un “forestiero della vita” che guarda da lontano, come unica via di uscita dalla “trappola” e dalla falsità della società. Inevitabilmente ciò gli genera malinconia. Matilde (Claudia Cardinale) è il personaggio femminile chiave, che è coinvolto in modo significativo nella vita di Enrico IV. È la donna amata da Enrico, ed era presente alla caduta di egli. Per questo, insieme all’identica figlia Frida (Latou Chardons) – che sembra l’unica a non cadere del tutto nelle grinfie delle maschere – Matilde sarà fondamentale nel piano dello psichiatra per far rinsavire Enrico IV. Lo psichiatra (Leopoldo Trieste) sembra invece essere quello che ne capisce di meno, con la testa tra le nuvole. 16 Belcredi (Paolo Bonacelli) invece rappresenta la parte scettica che guarda ad Enrico IV, da un lato sembra non credere alla sua messa in scena, ma dall’altro costata spesso di non dare retta ad Enrico poiché è giusto un povero pazzo. Narratore e focalizzazione: il punto di vista è spesso quello di Enrico, aiutando lo spettatore ad essere parte della sua messa in scena. Tecniche di presentazione: il discorso che prevale è sicuramente quello del monologo di Enrico IV. Monologhi che allungano il tempo e che portano a diverse pause di riflessioni che riflettono l’essere del protagonista. Memorabile l’ultimo discorso di Enrico IV quando parla con i “giullari” rivelando il suo – ed il loro – vero essere. Tematiche: “Enrico IV” risente di una percezione della follia di secoli di storia. Quindi, Enrico non rappresenta in nessun modo il folle del Medioevo. Non è quasi come un oracolo, ma viene trattato da scemo, da uno che è fuori di sé e che non deve essere ascoltato perché tutto quello che dice non ha senso: "I pazzi lo sai non ragionano", dice Belcredi. Per questo, spesso Enrico è preso in giro davanti ai suoi stessi occhi. È opportuno capire anche come la follia è percepita tra gli anni 60-80, quindi nel tempo del film, che è poi anche l’immediato passato e presente di quando viene girato il film. Non solo cambia il modo di vedere la follia, grazie ad autori come Foucault, ma cambia lo stesso modo dello storico di percepire la cultura, grazie alla Nuova Storia Culturale, nella quale lo storico vuole restituire la rappresentazione della cultura del tempo. Si arriva alla descrizione a tutto tondo di determinate società e della loro determinata cultura in un determinato periodo storico. Bellocchio, quindi, non guarda alla follia come cesura con i “sani”, quanto piuttosto investito del desiderio di capire una parola libera, e lo fa in maniera differente a seconda del contesto. In “Matti da Slegare” guarda più all’aspetto di denuncia e sociologico, in Enrico IV si farà un lavoro diverso di cui parleremo tra poco. Dunque, per Bellocchio, occuparsi della follia è un modo di interpretare la realtà, un po’ come aveva fatto Foucault. Per lui il folle rappresenta semplicemente un ribelle che ha fallito, che ha quindi qualcosa di positivo per il fatto che si è ribellato ad un mondo di banale normalità, cosa che abbiamo visto anche con Pirandello. Quindi, non è un caso che ritroviamo questi tratti anche in Enrico IV. 17 Ma qui parliamo di follia o finzione? Infatti, Enrico fa capire che in realtà non è davvero pazzo, ma che aveva perso la ragione solo temporaneamente a causa della caduta. Enrico ora finge, attraverso una performance attoriale, una follia con cui si difende dalla banalità di chi lo circonda. In più, per lui, sono gli altri ad aver messo su questo teatro per il "suo gusto di esser pazzo". Sono loro ad aver paura che lui possa togliergli le maschere facendogli scoprire la loro identità. Così facendo Bellocchio critica anche la “finzione” della società dell’epoca, degli anni ’80. «Più che la follia, è la finzione che mi ha interessato nel tradurre in film il dramma pirandelliano: la necessità della finzione per salvare se stessi.» Intervista a Bellocchio di Mori a La Repubblica nell’84: Follia, è la maschera necessaria per vivere) Ma lo stesso rapporto tra finzione e realtà subisce dei cambiamenti: durante la mascherata, prima della caduta dal cavallo, il ruolo di Enrico era pura finzione. Poi, con la follia, finzione e realtà coincidono e infine, dopo la sua guarigione, egli distingue di nuovo tra il ruolo e la realtà, ma solo per sé, non agli occhi degli altri per i quali egli mantiene l'illusione della pazzia. Non ha un'identità più autentica, è solo personaggio (un personaggio moderno) che recita un altro personaggio (storico). È quindi scomparso come «persona». Enrico alterna la tensione drammatica del suo credersi un imperatore dell’XI secolo galoppando su un cavallo a dondolo, o con la richiesta di poter fumare una sigaretta, o usando una spada finta contro Belcredi alla fine. Ma qui ad essere finta è l'essenza stessa della narrazione, che si unisce all'ironia e alla provocazione. È finta la spada di Enrico, è finta la sua malattia, è finto il dramma. Quindi, non si parla della vita di un folle, ma tanto della percezione che gli altri hanno su un folle, che però finge di essere tale. Per questo la follia, seppur sembrerebbe essere a primo acchito il tema principale dell’opera, rimane abbastanza ai margini della narrazione, lasciando spazio alla finzione. Difatti, non avviene nemmeno messa in atto una chicchessia indagine sociologica e psicologica dei protagonisti come invece era avvenuto in “Matti da Slegare”. Nell'Enrico IV il nascondimento dell'io è insito nella scelta, da parte del protagonista, di vivere un perenne stato di rappresentazione, dietro il timore di non riuscire a mettersi in salvo. Più che la follia, si osserva il valore «della maschera, della necessità della maschera, per difendersi, per sopravvivere, per vivere». Difatti, per Bellocchio, Enrico IV, più che folle, è un ragionatore consapevole, a differenza dei suoi ospiti, ed è forse questa consapevolezza a portarlo a galoppare epicamente su un cavallo a dondolo in cartapesta, alla ricerca, almeno nella sua immaginazione, di quel grand'uomo che avrebbe potuto essere ma che non è stato e che non sarà mai. Quindi è semplice ora fare un passo avanti, e capire però che la finzione genera una forte malinconia: proprio perché Enrico non è pazzo, nella sua finzione resta questo velo di malinconia. 20 L. Bresson, Giovanna d’arco (1999) Trama: The Messenger: The Story of Joan of Arc è una rappresentazione storica e fantastica della vita di Giovanna d'Arco, la giovane contadina francese che giocò un ruolo chiave nella Guerra dei Cent'anni e fu successivamente condannata e bruciata sul rogo per eresia. Il film si divide in tre parti: l’infanzia, la guerra e il processo di Giovanna. Il film inizia con l'infanzia di Giovanna una giovane contadina che afferma di ricevere visioni e udire voci divine. Giovanna crede di essere stata scelta da Dio per liberare la Francia dagli inglesi e condurre il Delfino Carlo al trono come Carlo VII. Dopo un incontro con il Delfino dove Giovanna riesce a riconoscerlo superando la prova, convince il re a darle l'autorità per guidare l'esercito francese contro gli inglesi , contro i quali vince diverse battaglie, guidata dalle sue visioni. Ciò porta finalmente Carlo ad essere incoronato come re. Giovanna affronta l'ostilità sia dagli inglesi che da alcuni membri del suo stesso esercito , che non accettano di essere guidati da una donna. am Giovanna ora non è più difesa dal re e dalla suocera poiché ormai lui ha ottenuto ciò che voleva. Il film culmina con il processo di Giovanna d'Arco, catturata dagli inglesi (grazie però all’aiuto dei francesi) e sottoposta a un processo per eresia. Qua le scene si alternano tra la sua vita in prigione, dove vive una profonda crisi con la sua coscienza, e lo svolgersi del processo, che la vedrà condannata a morte e bruciata sul rogo. Tempo: Il periodo specifico della vita di Giovanna d'Arco si colloca nel XV secolo, più precisamente tra il 1412 e il 1431, durante la guerra dei Cent’anni tra Francia ed Inghilterra. La fabula e l’intreccio sono spesso spezzati per raccontare un tempo molto lungo: la vita di Giovanna. Sono presenti flashback che ricordano la morte della sorella, salti in avanti (dalla sua infanzia alla sua adolescenza), e momenti di vuoto che corrispondono alle visioni di Giovanna che spesso la fanno “svenire” senza ricordarsi come è arrivata in un certo luogo o cosa fatto nel mentre della visione. Questo fa sì che le scene di battaglie, visioni, processo si susseguano abbastanza velocemente. Spazio: Lo spazio riprende le città per le quali Giovanna è passata durante la sua vita: Domrémy (Lorena), il villaggio natale di Giovanna d'Arco, dove sviluppa le prime visioni e udizioni divine che la portano a credere di essere chiamata da Dio; Chinon, dove Giovanna convince il Delfino a concederle l’autorità dell’esercito; Orléans, dove Giovanna guida la battaglia contro gli inglesi per liberare la 21 città; Rouen, dove Giovanna è catturata, processata ed arsa viva. L’ambiente sembra quasi parlare con Giovanna, in maniera particolare il rumore del vento che accresce quando ella ha una visione. Personaggi: Giovanna d'Arco (Milla Jovovich), la protagonista del film. La seguiamo per tutta la sua vita, cercando di capire cosa pensa e perché agisce così. La risposta dovrebbe essere semplice: è Dio che la guida. Ma il dialogo con la sua coscienza (Dustin Hoffman) mentre è imprigionata, ci fa vedere anche i suoi dubbi al riguardo, pensando che tutto quello che aveva fatto lo aveva fatto per un suo delirio di grandezza personale. Carlo VII di Francia (John Malkovich) e Iolanda di Aragona (Faye Dunaway) sembrano essere personaggi che guardano solo al potere, in maniera particolare Iolanda. Mentre Carlo quasi sembra essere un inetto che fa tutto quello che gli dice di fare la suocera. I soldati: alcuni apprezzano Giovanna e le credono genuinamente, altri (sia francesi che inglesi) la disprezzano con tutto il cuore, chiamandola con appellativi dispregiativi. A tratti le credono, ma anche se seguono quello che dice, a Giovanna le verrà sempre recriminato il fatto di essere una donna. Gli ecclesiastici agiscono solo per i propri interessi e tornaconti, accusando Giovanna di eresia. Narratore e focalizzazione Il punto di vista fondamentale è quello di Giovanna, soprattutto nei momenti delle sue visioni e nel monologo interno con la sua Coscienza. Tematiche: tema santità/eresia Tecniche di presentazione: Il discorso è prevalentemente quello diretto, e i dialoghi sono molti e fondamentali nell’interfacciarsi di Giovanna con il resto dei personaggi. Ma sono i pensieri ed i monologhi interni di Giovanna con Dio e la Coscienza ad essere i più particolari del film, dandoci un’idea della lotta interna che avviene in Giovanna: realtà e fantasia, Dio e delirio di grandezza, spargendo sangue in nome di Dio. Tematiche: Il tema principale è sicuramento quello delle difficoltà della fede. Ma soprattutto della linea sottile che attanagliava la vita di una donna: quella tra santità ed eresia, tra sacralità ed essere una strega. Dunque non solo Giovanna si ritrova a combattere e rinnegare la sua stessa identità di donna (si taglia 22 i capelli, si veste da maschio), ma sarà anche processata per questo, sia perché si è vestita e comportata come un uomo, sia perché accusata di eresia. Nel suo isolamento Giovanna pensa spesso alla sua fede, alla sua condizione, ed è confusa e divisa tra più mondi: quello maschile quello femminile, quello sacro e quello eretico, quello religioso e quello violento. Ciò da spunti sulla condizione femminile nel medioevo (soprattutto santa vs eretica) però anche facendo riflettere sulla condizione della donna e della sua credibilità nei giorni nostri. Stile: Lo stile riprende i canoni del genere epico: drammatico, con dialoghi forti e simbolici. Mi ha colpito anche il tipo di “umorismo” utilizzato nella pellicola soprattutto incarnato nei soldati e nel re. Fondamentali è l’utilizzo della visione e della coscienza come elementi comunicativi della mentalità di Giovanna. Inquadratura e musiche: Vi sono molti primi piani, soprattutto di Giovanna, seppur si fanno anche delle inquadrature più large per dare attenzione anche ai particolari dell’ambiente ricostruito delle corti e dei paesaggi, quasi a creare un grande dipinto. Vi sono ambienti chiusi e bui alternati da una luce quasi accecante (soprattutto nelle visioni di Giovanna). Il sottofondo musicale accompagna la vita di Giovanna, avendo un crescendo durante le battaglie fino ad esplodere platealmente quando Giovanna è arsa viva, con cori e musica incalzante che ricordano una sentenza divina. Genere filmico: film storico tradizionale (mainstream) Giudizio personale: Il film purtroppo non mi è piaciuto affatto. Risulta abbastanza ripetitivo e delirante. Anche la performance degli attori non è nulla di memorabile. Le tematiche affrontante sono raccontante in maniera frettolosa e disordinata, creando grande confusione in chi guarda. La distorsione della realtà storica non è un problema in sé, ma lo diventa se è il suo rimpiazzo non è all’altezza delle aspettative. Infine i personaggi risulta essere poco approfonditi, rimanendo sul superficiale e rendendo difficile l’empatia dello spettatore, in maniera particolare con Giovanna che è spesso caratterizzata da questa ansia di fare tutto subito, dando alle sue azione un velo di no-sense che però non sembra essere ben contestualizzato. 25 Padre Garupe (Adam Driver) è il gesuita con cui Rodrigues è partito. Egli è il più severo e spesso non riesce a capire fino in fondo i locali, per i quali però alla fine darà la sua vita. è insofferente verso i locali. Kijichiro (Yōsuke Kubozuka) è un personaggio che ritorna nel film più e più volte, quasi a stremare padre Rodrigues. Egli difatti abiura più volte per salvarsi (quando la sua famiglia è morta rifiutandosi di abiurare, durante le varie retate degli inquisitori). Ma egli si pente in continuazione di queste abiure, vedendosi come un uomo debole e richiedendo il perdono di Dio attraverso la confessione. Seppur Rodrigues arriva al punto di disprezzarlo, alla fine sarà lui a stargli vicino per tutta la vita. Narratore e focalizzazione Padre Ferreira (Liam Neeson) rappresenta il futuro di Rodrigues, un futuro a cui non può scappare. Seppur si dichiara totalmente convertito, ogni tanto si lascia scappare qualcosa che fa capire a padre Rodrigues che la sua fede non se ne è mai realmente andata. L’Inquisitore Inoue (Issei Ogata) rappresenta l’intransigenza del Giappone nei confronti dei gesuiti, affermando che niente vi può mettere radici forti poiché si tratta di una palude. È spesso spietato e quasi divertito dalla situazione, così come l’interprete (Tadanobu Asano) che esprime un certo sadismo. I due però rappresentano anche l’altra faccia della medaglia, espressa con la critica agli occidentali di voler imporre i loro modelli ovunque, ignorando, e denigrando, gli aspetti tradizionali con cui si interfacciano. Tecniche di presentazione La storia è raccontata grazie ad Albrecht, un medico olandese che ha trovato le testimonianze di Rodrigues e Ferreira. Egli ci racconta delle loro peripezie, facendo sì che la narrazione diventi interna prima a Ferreira, e per il resto del film a Rodrigues, vedendo i loro punti di vista. Tematiche: Il film è ispirato al libro di Shusaku Endo, dove risalta particolarmente la profondità della fede individuale, la unica che fa andare avanti i cristiani e i gesuiti in Giappone. Si sottolinea come, se posti davanti ad una scelta come quella di Rodrigues, non bisogna pensare al giudizio della Chiesa, ma piuttosto capire il rapporto personale con Dio per coltivarlo e renderlo più forte. La fede può, e deve, sopravvivere anche al silenzio più assordante. Anche le differenze culturali tra occidente ed oriente sembrano essere una barriera insormontabile: anche quelle poche volte che ci si capisce a vicenda sembra non contare nulla comunque. Lo si vede nel dialogo con l’inquisitore e l’interprete, che affermano che i gesuiti hanno 26 solo voluto parlare, e mai ascoltare, e questo alla fine gli si era ritorno contro. Anche Ferreira alla fine spiega a Rodrigues che gli stessi cristiani giapponesi hanno creato un sincretismo religioso tra Dio e natura che non rispetta tutta i canoni cristiani. Fondamentale è il tema che dà il titolo del film: il silenzio. Un silenzio assordante di Dio difronte alle grida traumatiche di aiuto dei cristiani che lo invocano senza ricevere risposta. Un silenzio che si ritrova nelle notti e nelle grotte oscure dei cristiani, paurosi di essere scoperti. Un silenzio che colpisce anche Rodrigues fino alla fine del film: egli non parla, ma non smette di interfacciarsi con Dio anche nel silenzio. Stile: Il linguaggio prende diverse forme, dal latino e dall’eleganza della lingua liturgica e teologica dei gesuiti fino ad arrivare ad un linguaggio più semplice dei contadini. I cristiani si esprimeranno soprattutto al riguardo di questioni religiose, mentre gli inquisitori si riferiscono a discorsi più politici e per manipolare i loro interlocutori, alternando la lingua giapponese con quella inglese (che rappresenta quella portoghese). Il discorso è per la maggior parte del tempo un discorso diretto, ma viene molto spesso utilizzata la voce fuori campo, come nei monologhi interni di Rodrigues (quindi delle lettere ritrovate dall’olandese), e delle sue preghiere. Nel climax del film è lo stesso Gesù a prendere la parola, in quanto rompe il silenzio e parla direttamente con Rodrigues, il solo a poterlo sentire. Inquadratura e musiche: Vi sono diversi tipi di inquadrature. Ad esempio, il “God’s eye shot” cioè uno sguardo dall’alto che ricorda l’occhio onnipresente di Dio. Vi sono le frequenti inquadrature delle gabbie, che evidenziano l’impotenza e la reclusione di Rodrigues e della vista dei cristiani perseguitati: una doppia prigionia, quella fisica e quella che dà una consapevolezza che sottolinea l’impotenza di Rodrigues, che non può fare nulla per aiutarli. Per esaltare l’immensità quasi paurosa, ma bellissima, della natura vengono utilizzati campi lunghi e lunghissimi, così come vengono utilizzati i primi piani per aiutare lo spettatore ad empatizzare con le disgrazie dei protagonisti. La colonna sonora è stata composta da Kim Allen Kluge e Kathryn Kluge, che avevano lo scopo di connettere il presente con il passato giapponese. Vengono utilizzati strumenti come il biwa e la viola da gamba, strumenti tipici rispettivamente del Giappone e del Portogallo. Questi strumenti rappresentano la voce di Dio che cerca di rassicurare e parlare con Rodriguez, che però sente solo silenzio. Silenzio che rappresenta una delle “musiche” principali del film. Così come lo sono i suoni 27 della natura, come il canto del grillo che è la prima e l’ultima cosa che lo spettatore sente. Ma non solo, il canto del grillo ricorre durante tutto il film: quando i gesuiti giungono nel villaggio cristiano per la prima volta, o durante l’incontro con Ferreira. Il silenzio si interrompe nella scena climax del film, dove invece si sente solo la voce calma e rassicurante di Gesù. Il canto del gallo risuona alla fine di questa scena, come a ricordare la rinnegazione di Pietro nei confronti di Gesù, così come aveva fatto Rodrigues. Anche i canti dei contadini spesso fanno da corollario della scena, particolarmente toccante è quando, dopo essere stato torturato crocifisso per 4 giorni a picco sul mare, un contadino canta tra i rumori di una natura non curante, il silenzio degli altri contadini e di Dio. Genere filmico: Film storico tradizionale, con elementi di film inchiesta Giudizio personale Il film a tratti provoca quasi un voltastomaco. Le scene delle torture e la tranquillità con cui vengono eseguite rendono difficile solo il guardarle. Ma l’occhio si ricrede davanti alla bellezza della natura, sublime, che spesso però è utilizzata a sfavore dell’uomo (es. per annegare), una forza che travolge che non può essere fermata. Seppur il film può risultare a tratti lento, l’interpretazione dei protagonisti rende palpabile lo strazio che si cerca di trasmettere, con un segno di riscatto nella scena finale: il crocifisso che ha iniziato tutto chiude tutto. 30 Bryan Patrick Lyndon (David Morley), figlio dei Lyndon, che rappresenta l’unica persona per la quale Barry prova davvero amore e per il quale esaudisce ogni desiderio, anche quello che eventualmente lo porterà alla sua morte. Lord Bullingdon (Leon Vitali): figlio di Lady Lyndon dal suo primo matrimonio. Egli ha un attaccamento esagerato alla madre, che lo porta a provare gelosia. Nonostante la sua antipatia e vigliaccheria, il suo personaggio è l’unico a leggere i veri colori di Barry e sarà lui a portarlo alla sua rovina. Narratore e focalizzazione: Nel film è presente un narratore esterno onnisciente, che racconta di Barry come se la stesse leggendo dal libro che ispira il film: “The luck of Barry Lyndon”, pubblicato da William Thackeray per la prima volta in serie nel 1844 sul “The Frazer Magazine.” Il principale punto di vista rimane quello Barry. Tecniche di presentazione Il discorso diretto prevale, insieme al racconto portato avanti dal narratore, che ci racconta la storia quasi fosse una favola, dandoci però nel frattempo anche il contesto storico in cui ci troviamo. Interessante la scelta di dividere in due il film da una netta e lunga schermata nera, come ad indicare l’inizio di una nuova vita per Barry, una vita sì migliore, ma che rappresenta allo stesso tempo la sua fine. Tematiche: Avviene una satira dei costumi della società del tempo, che ti attirano, ti accecano con la loro sfarzosità e falsità fino a portarti alla rovina più totale. Barry Lyndon rappresenta un corpo estraneo, non ha nessun titolo, e per questo non riesce fino alla fine ad inserirsi nell’alta società, che lo fa fuori senza curarsene nemmeno più di tanto. Viene distrutto da questa classe sociale e dalla conformità dei costumi, all’interno dei quali Barry è sopraffatto dagli eventi che non riesce a controllare. Ciò si colloca perfettamente nella scalata sociale tipica della rigida struttura dell’Ancien Régime, che proponeva una netta divisione della società. È importante anche il tema della forte appartenenza alla sua patria, l’Irlanda, come vediamo con l’incontro con Chavalier. Ciò rispecchia il nazionalismo crescente del tempo. “Coloro che non sono mai stati lontani dalla patria non capiscono che cosa vuol dire sentire una voce amica quando ci si trova in cattività”. Un altro tema importante è quello della circolarità: il film si apre e si chiude con un duello, nel quale, in un modo o nell’altro, Barry ne rimane sconfitto. 31 Uno dei temi principale è quello della violenza. Vi sono però diversi tipi di violenza. In primis , si tratta di una violenza personale, come lo vediamo nei duelli per amore, soldi o per mantenere la propria posizione e soprattutto reputazione. Troviamo una violenza bellica, quindi la Guerra dei 7 anni e gli eserciti. Ed infine una violenza sociale, con una rottura degli schemi sociali, che però non riesce del tutto a Barry, che ne rimane escluso. Si può parlare anche di violenza codificata (guerra) dove il caos è controllato, oppure anche di una violenza non codificata, dove il caos irrompe negli schemi sociali senza poter essere controllato da Barry (come quando assale il figlio della moglie in maniera incontrollata). Infine, viene rappresenta una società falsa, che pensa solo alle apparenze, al gioco e ai soldi. Ma la figura di Lady Lyndon e la fine di Barry ricorda che non è tutto oro ciò che luccica. Inquadratura e musiche: Sono presenti sia inquadrature molto ampie, che servono a far vedere i paesaggi e l’architettura sfarzosa dei palazzi. Passando invece a zoom e primi piani quasi drammatici sui personaggi principali, che ne mostrano molte volte gli aspetti più ridicoli. La colonna sonora include pezzi originali della musica classica riadattati dal compositore: Handel (Sarabande), Schubert (Piano Trio in e-flat), Mozart, Vivaldi, Bach, Séan Ó Riada (Women of Ireland), Piper’s Maggot Jig. La musica, soprattutto nella prima parte, predomina e fa da sfondo in praticamente tutte le scene, quasi divenendo eccessiva, ma serve ad indicare l’ascesa di Barry. Nella seconda parte invece prevalgono le musiche di Handel e Schubert, drammatiche ma solenni, quasi anticipano il destino tragico di Barry. Seppur sono presenti degli anacronismi musicali (es. musica scritta dopo il tempo narrato come il «Piano trio in e-flat» di Schubert che è del 1827) essi sono voluti poiché Kubrick riteneva che la musica del XVIII secolo fosse poco drammatica e per questo le riarrangia per far calare meglio il pubblico. Genere filmico: Commedia tragicomica in costume Giudizio personale: Il film risulta esageratamente lungo, e molte scene sembrano essere di passaggio. Non risulta però che ci siano troppi tempi morti, forse però risulta essere ripetitivo. Ma alla fine la vita può anche essere così: alcune cose sono più importanti di altre, e può essere ripetitiva. In questo senso si sottolinea la vita quotidiana dei personaggi. 32 La parte che più è da applaudire sono, secondo me, i meravigliosi costumi ed ambientazioni che sembrano usciti direttamente da un dipinto dell’epoca. Barry rappresenta un personaggio complicato, a tratti è facile tifare per lui, in altri momenti risulta difficile da capire. 35 Narratore e focalizzazione La focalizzazione è interna, rendendo il protagonista il narratore della storia, essendo il film nato dalla biografia dello stesso Salomon. Tecniche di presentazione I discorsi che prevalgono nel film sono quelli basati sul dialogo tra gli stessi personaggi, in maniera particolare su quelli di Salomon, essendo lui il narratore della storia e quindi seguendo il suo punto di vista. I dialoghi sono brevi, e mancano monologhi. Si lasciano spesso parlare il silenzio, i canti, le urla strazianti e i rumori della frustra. Tematiche: accontentarsi del minimo necessario, white saviour Essendo questo film del 2014, ad un anno dalla creazione del movimento BLM, si nota quanto questo film riprenda delle tematiche più che attuali e all’attenzione dell’ordine del giorno soprattutto negli Stati Uniti, dove i neri sono spesso vittime di una violenza e di un razzismo quotidiano e sistematico. Per questo lo schiavismo, la marginalizzazione, l’essere invisibili e il non poter dire la proprio, e la violenza sono dei temi che ricorrono per tutti il film. Un tema è anche quello che riguarda la situazione degli schiavi che non lascia spazio ad avere alcun tipo di aspirazione. Lo vediamo in Patsy, che sa qual è il suo destino, sognando di poterci scappare solo come la signora Shaw. Si riprende anche il tema del “salvatore bianco,” ma qui, essendo la storia reale, questo non rappresenta un escamotage per concentrare la storia del protagonista nero, che rappresenta la sua comunità, sulle azioni di un singolo uomo bianco. La presenza di Bass come salvatore rappresenta semplicemente la realtà dei fatti: gli schiavi neri non avevano diritti, non avevano rete di conoscenze al sud e le punizioni subite molto spesso rendevano impossibile ogni sogno di liberarsi da soli. Per questo l’unico modo che Salomon trova e fidarsi di lui. Stile: Il linguaggio è crudo, violento solo le canzoni cantante nelle piantagioni e in altre occasioni sembrano essere l’unica espressione reale che gli schiavi hanno. Inquadratura e musiche: Vale ciò detto per lo stile. Fondamentale la canzone “Roll Jordan Roll” originale di Isaac Watts, la più importante canzone cantata dai primi schiavi nei campi del XIX secolo. La musica svolge un ruolo cruciale nel film, contribuendo a creare un'atmosfera emotiva e intensa che sottolinea le 36 tematiche profonde e commoventi della storia. La colonna sonora include una combinazione di composizioni originali e brani tradizionali. Genere filmico Film storico tradizionale (mainstream) Giudizio personale Steve McQueen con questo film prosegue i suoi film riguardanti la condizione degli afroamericani e sulla quest per i diritti umani di tutte quelle minoranze rese invisibili dalla società. Il film è di grande impatto, a tratti difficile da guardare (ma proprio per questo lo rende necessario), a causa del suo realismo e della sua autenticità, e soprattutto dalla magistrale interpretazione degli attori, dai protagonisti fino a chi appare una volta. 37 S. Mendes, 1917 (2019) Trama 6 April 1917, “Sco” e Blake si trovano appoggiati su un albero, intenti a riposarli, quando un soldato li manda a chiamare per una missione: portare un messaggio di ad un battaglione del colonnello Mackenzie per fermare un attacco che avrebbe portato alla morte di 1600 soldati inglesi, tra cui il fratello di Blake. È durante questa infinita giornata, e nottata, che i due affronteranno diverse peripezie che porteranno alla morte di Blake. Sco, ormai solo, deve sopravvivere attraverso pallottole, granate, fango, sangue e morte, prima di arrivare al colonnello Mackenzie in seguito all’iconica scena di corsa in mezzo agli spari. Tuttavia, la lettera viene consegnata e alcune vite vengono salvate da morte certa. Sco a questo punto vuole trovare il fratello di Blake per portargli la notizia, ed infine torna a riposarsi appoggiandosi al tronco dell’albero, mentre guarda la foto della sua famiglia: “come back to us.” Tempo: La vicenda è ambientata, come ci dice il titolo, nel 1917, durante la Prima guerra mondiale. Si tratta di una giornata come altre durante la guerra, ma non per Sco e Blake, incaricati di un compito importantissimo e quasi impossibile. È il 6 aprile, quando gli americani entrano in guerra, avvenimenti internazionali dei quali però sono del tutto esclusi, quasi a creare una realtà parallela: l’eterno presente della guerra. Dunque, il tempo raccontato è molto breve e per questo risulta che non ci siano praticamente mai delle pause, ma si stia sempre in frenesia, in corsa facendo quasi venire il fiatone a chi guarda. Gli unici momenti più lenti sono quelli in cui vi è un momento di suspence o dove Sco si riposa. Si ha invece un taglio quando, superato il ponte caduto, Sco, dopo lo scontro con un soldato tedesco su cui ha la meglio, cade per le scale e batte la testa. Tutto ciò serve a rendere evidente l’importanza della missione, e la necessità di portarla al termine per salvare delle vite il più presto possibile. Spazio: Il film è ambientato nel Regno Unito, nella riserva naturale di Hankley Common. Alcuni luoghi sono stati ricostruiti, come le trincee dove si sviluppa la vita quotidiana dei soldati. Gli spazi sono angusti, fangosi, instabili e ovunque ci si trova l’unica cosa che appare evidente è la morte, la distruzione: cavalli e mucche morte, soldati in decomposizione, palazzi a fuoco. paesaggi desolati e distrutti dalla guerra sottolineano la distopia creatasi durante il conflitto. La terra di nessuno, i crateri e le rovine riflettono la devastazione della guerra sulla terra e sulla psiche umana. 40 J. Wright, L’ora più buia (2018) Trama: Ci troviamo agli albori della Seconda Guerra Mondiale quando Winston Churchill viene nominato Primo Ministro dal Partito conservatore, per sostituire Neville Chamberlain, accusato di non essere stato in grado di gestire il panico creato dalla forza nazista che sembrava essere sempre più vicina. Il punto focale del film è il dibattito esterno, ed interno, a Churchill riguardo una questione specifica: patteggiare con Hitler o continuare la guerra fino alla fine, rischiando tutto? Molti cercano di convincerlo a portare avanti degli accordi di pace, lo stesso Re e presidente degli USA. Ma Churchill rimane della sua idea, seppur per un momento vacilla. Un’idea che si vedrà condivisa con il popolo, nella toccante scena nella metropolitana dove Churchill stesso chiede agli inglesi cosa avrebbero preferito. La risposta, quindi, diventa certa: combattere, e mai arrendersi alla tirannia di Hitler. "Se la storia della gran Bretagna deve finire che finisca combattendo." Churchill allora vuole procedere con il piano Dynamo, per salvare gli inglesi dalle spiagge di Dunkerque dall’ormai arresa Francia, che poi avrà successo. Con un discorso pieno di passione e amore per la patria, riesce a convincere il resto del governo a continuare la guerra contro Hitler. Tempo: Per tutto il film vengono specificate le date a partire dal 9 maggio 1940, ed il tempo viene continuamento scandito come se si stesse dividendo in tappe i primi giorni di Churchill come ministro, fino ad arrivare al discorso finale. Difatti il tempo si sviluppa in maniera cronologica. Spazio: La maggior parte delle riprese avviene in spazi chiusi, angusti, oscuri quasi disordinati. Non si rappresenta infatti la trincea, le scene di guerra, ma piuttosto si rappresentano i luoghi della battaglia che sta portando avanti Churchill contro il governo per convincerlo della propria tesi. Il focus sono i luoghi della dirigenza, tanto che alcune riprese sono state fatte nel Whitehall Gardens Building, cioè il Ministero della difesa. Per il resto, il film è girato in Inghilterra, tra Londra e Manchester. Personaggi: Winston Churchill (Gary Oldman) rappresenta la testardaggine e la fierezza della nazione britannica, una fierezza che però sembrava starsi lasciando indietro per sopravvivere. Ma Churchill, seppur a tratti vacillando della sua convinzione, fa di tutto per difendere la propria patria dalla tirannia di Hitler, che il PM inglese ricorda come un mostro inumano. Con i suoi difetti, la sua cocciutaggine, e la sua follia rappresenta la resilienza, che ha permesso alla Gran Bretagna di vincere. 41 Fondamentale è la figura della moglie, Clementine Churchill (Kristin Scott Thomas), dolce e rassicurante nei confronti di Wiston, nel quale ella crede sempre. È proprio lei a fare da roccia, e da faro per Winston, guidandolo nei momenti più bui. Vi è il governo, che crede che Churchill stia peccando di superbia, fino a che però non sono convinti dalla sua foga passionale per la difesa della patria. Fondamentale è anche il “personaggio” dell’opinione pubblica, e difatti contro di essa che Churchill sta combattendo la sua vera guerra. In questo contesto ricordiamo i personaggi sulla metro e la giovane segretaria (Lily James). Narratore e focalizzazione La focalizzazione è interna al racconto, è il punto di vista di Churchill, con le sue convinzioni e i suoi dubbi. Seppur chi guarda sa come va a finire la storia, rimane incollato allo schermo per capire le mosse di Churchill al meglio. Tecniche di presentazione I personaggi intraprendono molti dialoghi, che vanno dal privato, all’intimo, al segreto fino ad arrivare al pubblico. Fondamentali anche i titoli dei giornali, della televisione, della radio e dei resoconti della segretaria. Tematiche: Sono presenti diversi temi: quello del sacrificio in nome della libertà e per amore della patria, dell’incertezza del futuro, ma anche della convinzione in qualcosa, cioè in quella di lottare piuttosto che arrendersi ai tedeschi. Altro tema principale è quello dell’opinione pubblica, che non solo è plasmata dagli avvenimenti ma che invece li modifica in prima persona, avendo quindi un ruolo molto importante. Lo vediamo nell’iconica foto “V for Victory” dove Churchill cerca di trasmettere un idea ottimista di ciò che sta davvero accadendo. Rimane fondamentale l’importanza di un leader forte, autorevole, che sappia prendere le giuste decisioni al momento giusto. In questo senso è dovuto sottolineare il tipo di retorica, utilizzata per mobilitare ed ispirare le masse. Infine, il film riflette anche sul peso della storia, e quindi della decisioni che Churchill deve prendere. 42 Stile: Il linguaggio varia da un linguaggio più semplice, magari usato in momenti più intimi, ad un linguaggio più tecnico, con riferimenti alla guerra per esempio, fino ad arrivare ad un linguaggio pieno di furore, quasi da battaglia, quando si parla della Gran Bretagna e della sua salvaguardia. Questi aspetti sono evidenti nell’primo discorso solenne che Churchill fa alla fine del film, che simboleggia il passaggio da dissenso a consenso. Rimane evidente anche un tipo di linguaggio comico, il “british humor.” Inquadratura e musiche: La macchina da presa segue Churchill, portandoci ovunque lui si trovi. Sono infatti rari i momenti dove Churchill non è presente nella ripresa. Le musiche sono di Dario Marianelli. Per "L'ora più buia", ha creato una colonna sonora che si adatta al tono drammatico e storico della storia, sottolineando i momenti di tensione e di riflessione. Genere filmico: film storico tradizionale. Giudizio personale Ciò che si esalta di più in questo film non è tanto la Seconda guerra mondiale, del quale se ne parla di un piccolo pezzetto, ma è “l’ora più buia” di Churchill, dove anche lui ha dovuto fare i conti con una decisione che sembrava essere impossibile. Proprio per questo viene fatta un’esaltazione romantica del suo personaggio, mostrandone gli aspetti su più fronti, anche se prevale quello personale su quello politico. Questo magari può creare una distorsione storica ma fa sì che si tifi per lui dall’inizio alla fine. In più si vede anche un altro aspetto della guerra, cioè quello di chi prende le decisioni. Di impatto sono anche i costumi e le interpretazioni degli attori.
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