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Schema decreto legge e decreto legislativo, Appunti di Diritto Pubblico

Accenno alla legge legge 400/1988, presentazione dei decreti, i principi base, il loro procedimento e la decadenza di un decreto.

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 13/01/2018

veronica-gallo-1
veronica-gallo-1 🇮🇹

5

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8 documenti

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Scarica Schema decreto legge e decreto legislativo e più Appunti in PDF di Diritto Pubblico solo su Docsity! DECRETO LEGGE (art.77) Come la legge 400/1988 si è cercato di porre dei limiti all’abuso da parte del Governo del decreto legge. -> in caso di entrata in vigore della riforma costituzionale i limiti dell’art.15 di questa legge vengono trasferiti direttamente nella Costituzione, limitando Costituzionalmente l’abuso da parte del Governo del decreto legge. Il presidente osserva alla lettera ciò che c’è scritto nell’art 15, al Governo non importa. Il primo controllo lo fa il capo di stato, che ne determina l’effettiva urgenza, il secondo limite è presente nei regolamenti parlamentari, le due camere hanno stabilito che appena il Governo comunica il decreto alle camere, non guardano il testo, ma viene mandato direttamente cin valutazione preliminare che fanno le camere, se la deliberazione è positiva il testo può essere esaminato dalle commissioni competenti per materia, se non viene convocata l’Assemblea, e se anche l’assemblea dichiara la non urgenza, le camere non controllano neanche. È un atto avente forza legge che il Governo può adottare “ in casi straordinari di necessità e urgenza”: viene pubblicato in Gazzetta Ufficiale ed entra immediatamente in vigore, ma gli effetti sono provvisori, perché infatti “I decreti perdono efficacia sin dall’inizio” se il Parlamento non li “ converte in legge” entro 60 giorni dalla data della loro pubblicazione. Art.15 della legge 400/1988, disposizione che sottolinea che il decreto legge non può essere emanato nelle materie di “riserva di assemblea”. La necessità viene considerata fonte di diritto? gran parte della dottrina del XIX secolo ha risposto di sì. Da un parte il “sì” nascondeva la giustificazione del fatto che, per gli stati di necessità, il Governo, senza autorizzazione delle Camere, emanasse un decreto norme dotate di forza legge, che potevano essere soppressive anche delle garanzie costituzionali. Dall’altra parte in caso di eventi naturali catastrofici, la normale procedura legislativa richiederebbe tempistiche troppo lunghe per degli effetti immediati. Fatto sta che in tutti i paesi costituzionali, in assenza di una specifica previsione costituzionale, la prassi della decretazione d’urgenza s’impose. La prassi della decretazione d’urgenza, divenuta frequentissima in Italia nel primo dopoguerra, fu sempre considerata come un evento sì necessario ma illegale. Le corti di livello più elevato intervennero più volte a sanzionare la nullità dei decreti- legge, soprattutto quando non erano stati immediatamente presentati alle Camere. Nel 1926 si provvide con una regolamentazione assai permissiva: il decreto legge doveva essere presentato ( a pena di decadenza) entro 60 giorni al Parlamento; se il parlamento rifiutava di convertirlo in legge, esso perdeva efficacia ex nunc. Procedimento: Il decreto-legge deve essere deliberato dal Consiglio dei Ministri -> emanato dal Presidente della Repubblica -> immediatamente pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale-> il giorno stesso della pubblicazione il decreto-legge deve essere presentato alle Camere( come stabilito dall’art.77.2), presentandolo il Governo chiede al Parlamento di produrre la legge di conversione: il procedimento di conversione presenta alcune variazioni rispetto al normale procedimento legislativo, introdotte nei regolamenti parlamentari. Da una parte esse sono dettate dall’esigenza di assicurare tempi certi e brevi di approvazione del disegno di legge, dall’altra parte il tempo necessario per consentire alle Camere di svolgere un attentato controllo sulla sussistenza dei presupposti. Art.15 delle legge 400/1988 prescrive che: “ il decreto- legge deve indicare le circostanze straordinarie di necessità e di urgenza che ne giustificano l’adozione”. Il potere di adottare il decreto-legge può essere esercitato a tre condizioni: a) “casi straordinari”, quindi a circostanze imprevedibili ed eccezionali. b) “ si necessità”, per cui non è possibile prevedere con i meccanismi legislativi “ordinari”. c) “ e d’urgenza”, per cui serve un effetto immediato. Queste tre condizioni sono state poste dalla Costituzione stessa, basandosi sul principio di divisione dei poteri, al fine di consentire al Governo, senza delega preventiva, di esercitare il potere legislativo, riservato al Parlamento. Ma chi verifica se sussistono effettivamente questi presupposti ? ad esempio, sia il presidente della Repubblica, in via preventiva ( nell’emanazione del decreto legge) , sia la Corte Costituzionale, in via successiva( nell’eventuale giudizio di legittimità). Ad esempio nella sentenza 171/2007 che per la prima volta ha dichiarato illegittima la legge di conversione di un decreto legge emanato per assenza dei requisiti. La Corte ritiene che il decreto “abusivo” non violi soltanto le prerogative del Parlamento, ma anche la ripartizione dei poteri tra gli organi. Per cui, concluse che in casi di “mancanza evidente” dei presupposti o di “valutazione erronea” della loro esistenza, quando perciò il ricorso alla decretazione appaia ictu oculi ingiustificato, esso rappresenta un vizio non “sanabile” dal Parlamento che si traduce in conversione della legge. Deliberazione delle Camere: Il regolamento del Senato prevede ancora il parere obbligatorio preventivo (espresso preliminarmente) dalla Commissione affari costituzionali: entro 5 giorni la commissione deve esprimersi: se dà parere negativo devo approvare l’aula entro 5 giorni. Mentre la Camera è stato tolto il parere preventivo della commissione, sostituendolo con una procedura più complessa: - anzitutto, nella relazione del Governo data alla Camera deve essere dato conto dei presupposti di necessità e urgenza, vengono descritti gli effetti attesi dalla sua attuazione. – la commissione referente a cui la relazione è assegnata può chiedere al Governo di integrare gli elementi forniti nella relazione. – il disegno del decreto- legge viene inoltre sottoposto al Comitato per la legislazione, il quale ha il compito di rendere effettiva questa disposizione. Il Parlamento può scegliere se convertire il decreto-legge in legge o farlo decadere- • La legge di conversione: appena viene mandato il disegno di legge al Parlamento ha la possibilità di attuare eventuali emendamenti: - emendamenti aggiuntivi, operano solo per il futuro. – emendamenti soppressivi, equivale alla mancata conversione del decreto leggo. – emendamenti sostitutivi, quando la disposizione originale viene sostituiti dalla disposizione della legge di conversione. Nella prassi è solito che la legge di conversione si “arricchisca” di disposizioni eterogene rispetto al testo da convertire. Infatti il rischio è che il decreto-legge venga convertito in un testo assai diverso da quello sino allora vigente. La discussione degli emendamenti richiede tempo, e impone la reiterazione del decreto. Se il Governo non riesce ad assicurarsi in anticipo un largo consenso dalle Camere, può ricorrere ad altri strumenti, come quelli forniti dai regolamenti parlamentari, che consentono al Presidente delle Camere di dichiarare inammissibili gli emendamenti. Inoltre vi sono dei limiti all’emendabilità della legge di conversione: a) essa non può contenere emendamenti estranei all’oggetto del decreto legge. b) dev’essere strettamente legata alla ratio dominante del provvedimento originario. • La decadenza del decreto non convertito: i decreti se non convertiti entro 60 giorni perdono la loro efficacia. Infatti la “decadenza” annulla tutti gli effetti del decreto- legge ( anche lo stesso). Appena esso entra in vigore è pienamente efficace e va applicato, ma se decade, tutto ciò che si è compiuto in forza di esso è come se fosse stato compiuto senza una base legale. Per questo tutti gli effetti prodotti vanno eliminati: va ripristinata la situazione precedente. Ma la situazione che si può creare in conseguenza a esso è insostenibile( talvolta non è neppure possibile ripristinare la situa). In risposta a questo problema, l’art.77 Cost. fornisce due strumenti di soluzione: a. La legge di sanatoria degli effetti del decreto-legge decaduto. Si tratta di una riserva riservata alle Camere, di conseguenza è compito del Parlamento risolvere il problema. Premessa: quando il Parlamento, quando decida di non convertire il decreto-legge, non è affatto tenuto ad approvare la legge di sanatoria. – non è una soluzione applicabile sempre e comunque; ex: se decade il decreto che ha introdotto una nuova imposta, il Parlamento potrà “regolare i rapporti giuridici sorti” quindi i modi della restituzione dell’indebito, ma non potrà “sanare” chi ha pagato, l’idea di base è “chi ha pagato ha pagato”. Si tratta di una legge tipicamente retroattiva, perciò incontra tutti i limiti in cui incorrono le deroghe al principio di irretroattività. b. Art.77.2: “Il governo adotta sotto sua responsabilità, provvedimenti provvisori”. Secondo questo secondo strumento il Governo deve rispondere, non solo della sua responsabilità politica, ma dei suoi atti sotto più punti di vista, perché ha una responsabilità giuridica, che comprende: - Responsabilità penale, i ministri rispondo individualmente degli eventuali reati commessi ( con l’emanazione del decreto). - Responsabilità civile, i ministri rispondono solidalmente degli eventuali danni provocati a terzi. - Responsabilità amministrativo/contabile, i ministri che hanno risposto a favore del decreto dovranno rispondere solidalmente degli eventuali danni recati allo Stato( danno erariale). Sarà la procura della Corte dei conti a promuovere l’azione di responsabilità. norme di coordinamento o transitorie. Da qui il termine “accessoria”. Un caso di delega accessoria è quella che autorizza il Governo a coordinare le leggi esistenti in una certa maniera, raccogliendole in un testo unico. È un lavoro di semplificazione legislativa, perché il Governo può procedere alla selezione di norme vigenti, abrogando esplicitamente quelle che ritiene superflue. Il fatto stesso che il Governo emani il testo unico comporta una “riforma” dell’intera materia. Il termine testo unico, termine usato dal codice. Sta a indicare un tipo di tecnica legislativa. Con l’espressione testo unico vengono indicati atti che sono di natura completamente diversa della legislazione vigente. Si distinguono in due tipi: testo unico innovativo ,sono vere e proprie fonti del diritto, sono decreti delegati, che per la loro particolare funzione vengono chiamati “testi unici”. Mentre i testi unici di compilazione, sono delle raccolte della normativa vigente compilata ( di solito dal ministro) per comodità degli uffici amministrativi. Rispetto alle altri fonti la loro particolarità è data dal fatto di inserirsi nel rapporto di direzione, che è tipico della struttura gerarchica. Per cui, ciò che il superiore gerarchico dice essere norma vigente, costituisce una direttiva vincolante per i sottoposti. Perciò la forza dei T.U. è stata paragonata a quella delle circolari, che rappresentano il tipico strumento di “direzione” burocratica. ALTRI DECRETI CON FORZA DI LEGGE Oltre ai due principali atti aventi forza legge, l’ordinamento italiano prevede altri due decreti che occupano la medesima posizione nella gerarchia delle fonti. Il fondamento degli altri due sono presentati nell’art. 68 Cost: decreti emanati dal Governo in caso di guerra. Come prescritto nell’art. 11 la Costituzione italiana “ripudia la guerra come strumento di offesa e come metodo di risoluzione delle controversie internazionali”. Tuttavia, si considera come ipotesi la guerra difensiva. La costituzione ha diverse ipotesi specifiche sulla materia: da una parte, delinea un particolare diritto di guerra ( con l’applicazione delle leggi militari di guerra). Dall’altra parte cerca di tenere il fenomeno della guerra all’interno del regolamento dell’istituzione costituzionali: da qui la regola per cui saranno le Camere a decidere lo stato di guerra e formalmente dichiarata dal Presidente della Repubblica. Extra Ordinem, la dottrina ritiene che tra i poteri conferiti all’esecutivo vi possa essere anche una sorta di delega anomala al Governo, a cui deve essere concesso il potere di emanare norma con forza legge, derogando alle procedure legislative ordinarie. questi atti potrebbero essere autorizzati anche a sospendere determinare libertà costituzionali. Decreti legislativi di attuazione degli Statuti speciali: gli statuti delle regioni speciali, che sono leggi costituzionali , prevedono che l’attuazione dello Statuto e il trasferimento delle funzioni dallo Stato alla Regione stessa si provveda con uno specifico tipo di atto: cioè un decreto legislativo, previamente approvato dal Consiglio dei Ministri, su proposta di un’apposita commissione paritetica, ed infine emanato dal Presidente della Repubblica. Sono atti con forza di legge, a cui attribuita una competenza specifica e riservata: la loro emanazione avviene senza una delega legislativa del Parlamento. REGOLAMENTI PARLAMENTARI Con questo termine si disegnano atti normativi difficilmente riconducibili a tipologie unitarie. Vi sono alcuni regolamenti che sono l’espressione dell’autonomia organizzativa delle Camere e degli altri organi costituzionali che hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti. Il regolamento parlamentare è l’atto con cui l’art. 64 Cost. Riserva la disciplina dell’organizzazione funzionamento di ciascuna Camera. Esso è approvata a maggioranza assoluta dalla Camera e pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale. Il nome “regolamento” che essi portano per tradizione, essi sono fonti primarie, inferiori soltanto alla Costituzione: attraverso essi si manifesta l’autonomia e loro indipendenza che caratterizza le Camere. I regolamenti parlamentari nel sistema delle fonti non hanno relazione con le altre fonti. Mentre i regolamenti degli altri organi costituzionali godono della stessa autonomia riconosciuta alle Camere? A) il Governo no, l‘art. 95.3 pone una riserva di legge per l’ordinamento della presidenza del Consiglio e per l’organizzazione dei ministeri. B) anche il Presidente della Repubblica per disciplinare i servizi della Presidenza adotta dei regolamenti, su proposta del Segretario generale della Presidenza: ma in questo caso non si tratta di “fonti” dell’ordinamento generale, ma di semplici strutture di gestione amministrativa degli uffici. C) discussa è la posizione che assumono i regolamenti della Corte Costituzionale: anche in qst caso , non c’è un’esplicita previsione in Costituzione, che anzi pone una riserva di legge costituzionale per la disciplina della proposizione dei giudizi di legittimità costituzionale ed una riserva di legge ordinaria per la costituzione e il funzionamento di essa. È proprio la legge ordinaria a prevedere che il regolamento possa stabilire “Norme integrative” di procedura. REGOLAMENTI DELL’ESECUTIVO Con questo termine si disegnano atti normativi difficilmente riconducibili a tipologie unitarie, che hanno una posizione particolare nel sistema delle fonti. Il termine è impiegato per indicare le più svariate tipologie di atto normativo. In altri casi, il termine regolamento disegna atti tipici, fonti dell’ordinamento giuridico generale: questo è il caso dei regolamenti amministrativi -> formato dai regolamenti dell’esecutivo-> a loro volta divisi in reg. governativi, ministeriali e interministeriali. I regolamenti amministrativi si possono definire come atti sostanzialmente legislativi ma fondamentalmente amministrativi. I regolamenti dell’esecutivo sono atti normativi spesso complessi, come le leggi suddivisi in articoli ma emanati dagli organi dell’esecutivo ( infatti hanno sempre la forma del decreto). Il regolamento dell’esecutivo è una fonte secondaria, sottoposta nella gerarchia delle fonti. Fondamento normativo: la costituzione si limita a disciplinare la formazione della legge formale e gli atti ad essa equiparata. L’importante riforma costituzionale del “ Titolo V” ha introdotto un’importante innovazione: ha stabilito il principio di “parallelismo” tra funzioni legislative e funzioni regolamentari, (??) limitando la podestà del Governo di emanare alle sole materie sulle quali lo Stato ha podestà legislativa esclusiva. È nelle legge ordinaria che va ricercato il fondamento dei regolamenti, ossia le condizioni di validità: a) le fonti secondarie sono modellabili dalla legislazione ordinaria; b) non c’è uno spazio costituzionalmente garantito per i regolamenti dell’esecutivo, anzi, le numerose riserve di legge contenute nella Costituzione servono principalmente a limitare lo spazio che a legge può concedere ai regolamenti amministrativi; c) i regolamenti non possono disporre retroattivamente. La disciplina generale del potere regolamentare dell’esecutivo è contenuta: a) nelle Preleggi, ex art.3: “ il potere regolamentare del Governo è disciplinato da leggi di carattere costituzionale” b) nell’art.17 delle legge 400/1988: ripete la distinzione tra regolamenti del Governo e i regolamenti di altre autorità dell’esecutivo, cioè i ministri e le “autorità sottordinate al ministro”. Occorre che il potere di emanare l’atto sia espressamente conferito dalle singole leggi ordinarie . Procedimento di emanazione dei regolamenti governativi: - disciplinato dall’art. 17 della legge 400/1988: i primi vengono deliberati su proposta di uno o più ministri, dai Consiglio dei ministri, previo parare del Consiglio di Stato ( parere obbligatorio ma non vincolante) -> Il regolamento viene poi emanato con decreto del Presidente della Repubblica con proprio decreto. L’atto è così perfetto, ma non ancora efficace: -> deve sottoporsi al controllo di legittimità della Corte dei Conti ( il quale provvede a registrarlo) -> viene pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Procedimento di emanazione dei regolamenti ministeriali: - sono invece emanati dal ministro ( quindi hanno forza di decreto ministeriale), sempre previo parere del Consiglio di Stato -> con decreto interministeriale sono emanati i regolamenti che riguardano materie di competenza di più ministri ( ex: la scuola). -> prima dell’emanazione devono essere comunicati al Presidente del Consiglio ( che può sospendere l’adozione dell’atto). -> sono soggetti anche ‘essi al controllo della Corte dei conti e sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale. Tutti i regolamenti devono avere la denominazione “regolamento”. Tipologia: art. 17.1 della legge 400/1988 distingue diversi tipi di regolamento governativo: 1) regolamenti di esecuzione delle leggi. Sono regolamenti che il Governo adotta anche senza una specifica autorizzazione legislativi, quando avverte la necessità di emanare norme che assicurino l’operatività della legge, decreti, regolamenti UE. La loro funzione deve limitarsi a predisporre gli strumenti amministrativi e procedurali necessari a rendere operativa la legge. Tuttavia si ritiene che regolamenti di stretta esecuzione possano essere emanati anche in materia coperta da riserva assoluta, ma a condizione però che essi non integrino la fattispecie legislativa, non servono a integrare le norme poste dalla legge, appunto la loro funzione deve limitarsi a predisporre gli strumenti amministrativi e procedurali necessari a rendere operativa la legge. Poi 2) regolamenti d’attuazione: essi sono emanati per “l’attuazione e l’integrazione delle leggi e dei decreti legislativi, esclusi quelli relativi a materie riservate alla competenza regionale”. Di conseguenza, il potere regolamentare si fonderà su un’esplicita previsione della legge da attuare. A seguire ci sono 3) i regolamenti indipendenti: sono emanati “ nelle materie in cui si pensa che manchi una disciplina da parte di leggi ecc..” legge 400/1988. Sono una figura molto contestata, sospettata di ledere i principi della separazione dei poteri e della legalità dell’amministrazione. Si tratta di una figura avente uno spazio di azione molto limitato. 4) regolamenti di organizzazione: materia coperta da riserva relativa di legge, per cui i regolamenti di organizzazione non sono diversi dai regolamenti di esecuzione o di attuazione. 5) regolamenti ministeriali, essi possono essere emanati se una legge conferisce tale potere, anche se spesso nella prassi non sia legge ma un regolamento governativo a prevederli: è tendenza del Governo abusare i poteri normativi, sottraendosi ai limiti della legge. Ci sono degli strumenti disponibili per ripristinare la legalità, ossia la Corte dei Conti e l’impugnazione successiva del giudice amm. che esercitano il controllo preventivo di legittimità. “Delegificazione”, disciplinato dall’art.17.2 della legge 400/1988. - I regolamenti “delegati” o “autorizzati” hanno una particolarità, che è di provocare un apparente effetto abrogativo delle leggi precedenti. - La loro funzione è di produrre “delegificazione” cioè la sostituzione della precedente disciplina di livello legislativo con una disciplina di livello regolamentare. Questo fenomeno - si propone come rimedio all’espansione ipertrofica della legislazione ordinaria, rimedio che opera declassando la disciplina della materia dalla legge al regolamento. ( ???). Naturalmente il regolamento amministrativo non può produrre l’abrogazione delle leggi, perché violerebbe la gerarchia delle fonti, né potrebbe essere autorizzato a farlo da una legge ordinaria che violerebbe la tassatività delle fonti primarie. – si tratta di un regolamento governativo di attuazione che non può disciplinare materie coperte da riserva assoluta di legge.
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