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La Storia Evolutiva dell'Umanità: Origini, Migrazioni e Encefalizzazione - Prof. Gensini, Sbobinature di Filosofia del Linguaggio

Una panoramica della storia evolutiva dell'umanità, dalla separazione dalla scimpanzé ai primi tentativi di comunicazione gestuale-vocale. Esploriamo le teorie sull'origine africana dell'umanità, la migrazione verso l'asia e l'europa, e la crescita evolutiva del cervello. Il testo include discussioni sulle teorie di corballis sulla gestualità del linguaggio e la scoperta di broca e wernicke riguardo all'emisfero sinistro del cervello e la sua specializzazione nella produzione e comprensione del linguaggio.

Tipologia: Sbobinature

2021/2022

Caricato il 03/02/2024

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susaNN21 🇮🇹

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Scarica La Storia Evolutiva dell'Umanità: Origini, Migrazioni e Encefalizzazione - Prof. Gensini e più Sbobinature in PDF di Filosofia del Linguaggio solo su Docsity! STEFANO 2-11-22 GENSINI SCHEMA DI MANZI → dimostra come l'evoluzione della specie non sia fenomeno lineare ma reticolare, in cui avvengono svariati tentativi di affermarsi come specie destinata alla sopravvivenza; molti falliscono subito, altri più tardi; finché non rimane sulla terra solo una forma di questa associazione > i sapiens > dovete immaginare la storia della specie come una serie di tentativi avvenute in parte diversi del pianeta con un origine comune che si rinviene nel Corno d'Africa secondo gli studiosi la realtà nella quale si verificarono le condizioni ottimali per l'affermazione di una specie di tipo nuovo. Questo schema oltre a fissare delle date 7 milioni di anni → separazione dalla scimme 2 milioni di anni fa → acquisizione della posizione stabilmente eretta + acquisizione strumenti (homo abilis) > homo neanderthalis ha convissuto per un periodo con l'homo sapiens → come mai una specie è sopravvissuta e l'altra no? Si sono combattute? > Il criterio x definire una specie legato all'interfecondità: la domanda è “se un uomo/donna neanderthal e un sapiens si incrociavano facevano figli?” → ancora no risposte sicure > la datazione dell'uomo sapiens è quindi tarda e ha a che fare con centinaia di migliaia di anni, le date sono discusse. In questa datazione generale emerge il fatto che l'apparizione del linguaggio come noi lo conosciamo dovette avere un periodo in cui è più probabile la sua apparizione compreso tra -100.000/120.000 – 40.000 Fautori di un origine bassa → saltazionisti → Chomsky e Tattersal Fautori di un origine alta (qualcosa di così complesso come il linguaggio verbale sec loro non avrebbe potuto avvenire così velocemente, quarantamila anni fa e quindi si immagina che 100/120.000 anni corrispondano a una datazione più probabile. I fautori dell'origine alta, e quindi più antica, ipotizzano una sequenza di un certo tipo: cioè una fase molto arcaica in cui la comunicazione si avviò come comunicazione gestuale: → le specie che si sono avvicendate condividevano le nostre stesse caratteristiche e quindi erano potenzialmente in grado di verbalizzare > bisogna vedere però come effettivamente lo facessero 1) fase gestuale → liberazione della mano da compiti di locomozione questo consente loro di usare le mani stesse per comunicare. E' facile immaginare che movimenti, istintivi e semi-istintivi facessero parte della gestualità e abbiano avuto grande importanza e che si siano poi, nel tempo, col loro ripetersi, convenzionalizzati. 2)fase gestuale-vocale → la combinazione nasce da un mix di elementi gestuali e fonazione, di produzione foniche sempre più tecniche (la voce è uno strumento che bisogna imparare ad utilizzare, si pensi a un neonato nel suo primo anno di vita, non fa altro che “provare” la loro voce come strumento di presenza, di autoaffermazione; pian piano acquista questo controllo fino ad arrivare intorno all'anno di vita a pronunciare le sue prime parole). Facile immaginare una fase in cui la gestualità faceva da protagonista e la vocalità serviva da appoggio, da integrazione; vediamo ancora qualcosa di simile in alcuni animali e anche negli esseri umani, laddove siano molto molto emozionati e sopratutto molto arrabbiati. 3)fase vocale → vocalità acquista predominanza. Perché? I vantaggi evolutivi della vocalità rispetto alla gestualità sono evidenti: - funziona al buio → pressione selettiva a suo favore fortissima > il gesto al buio non funziona per una specie come la nostra che non vede al buio (diverso se fossimo gatti) - scavalca gli ostacoli → il gesto può solo essere visto - la voce ha un gigantesco vantaggio cognitivo in quanto dispositivo simbolico che consente di parlare degli oggetti senza che questi siano presenti; questo non è impossibile con il gesto, come dimostrano le lingue dei sordi, ma è comunque molto difficile: il gesto è infatti fortemente vincolato all'hic et nunc come dimostra il meccanismo dell'indicazione. Corballis → diventato famoso per la sua tesi dell'origine gestuale del linguaggio. “ Dalla mano alla bocca” DA DOVE VENIAMO E COME SIAMO ARRIVATI A POPOLARE IL MONDO INTERO → Accordo generale sul fatto che il Corno d'Africa sia stata la culla dell'umanità → la domanda che ne consegue: Quando dall'Africa gli ominidi e poi le specie sempre più vicine all'homo sapiens si sono disseminate in giro per il mondo? > Teoria “Out of Africa” → ipotesi rispetto all'emigrazione dall'Africa verso altre parti del mondo → la migrazione più facile era quella verso l'Asia → la migrazione verso Nord e quindi verso l'Europa era invece più complicata data la presenza del mare, ma era lo stesso mare di oggi? Stesse dimensioni? → domande difficili cui gli studiosi rispondono man mano con la scoperta di nuovi reperti fossili e spostando via via le datazioni quindi impossibile dare un dato definitivo > si può solo seguire gli studi specializzati che quasi ogni mese presentano delle sorprese → Bisogna ricordare> il movimento di popolazione del mondo muove dall'Africa attraverso ondate successive. → ricerca che ha avuto molto successo fino a pochi anni fa: basandosi sul principio delle folate migratorie dall'Africa lo studioso italo americano Cavalli Sforza ha promosso una gigantesca ispezione genetica delle popolazioni del mondo; non perché gli interessasse un discorso razziale ma perché interessato a studiare come i geni potessero aiutarci a ricapitolare la storia dell'umanità. Come si può facilmente immaginare se anticamente gli umani erano pochi il livello di coerenza e omogeneità genetica doveva essere molto alto, man mano che le popolazioni si diramano, si distanziano, si incrociano, il dato di coerenza genetica diminuisce. E' praticamente impossibile trovare una comunità geneticamente omogenea o dove ci sono geni di una sola categoria mentre è fisiologico il dato contrario. Proprio il gradiente delle varie componenti genetiche diventa indizio affascinante sulle nostre origini, sulle popolazioni, ad esempio, che hanno abitato l'Italia: c'è un profilo genetico molto diverso da regione a regione → es. i sardi: differenze genetiche che li rendono spesso somiglianti tra loro. La mescolanza genetica è qui l'elemento che ci aiuta a riscoprire la storia delle popolazioni. ENCEFALIZZAZIONE → TRATTO EVOLUTIVO CARATTERISTICO → Ricostruzione computerizzata di cervelli nelle fasi dell'ominazione >si parte da una fase remota prossima ai sette milioni di anni fa e si arriva ai tempi nostri: → al culmine di questa ipotetica linea evolutiva → cervello del Neanderthal e del Sapiens (simili x volume) → n.b > il volume del cervello cresce costantemente dall'origine → dato fondamentale per la storia dell'ominazione → la storia dell'ominazione è una storia di encefalizzazione → il cervello delle specie ominidi si accresce nel corso del tempo > corteccia celebrale è un insieme di cellule nervose (neuroni) numerosissime collegate tra di loro d dei link (sinapsi) che stabiliscono dei collegamenti elettrico-sinapsi > nel corso degli anni quello che aumenta è la massa del cervello e quindi il numero di possibili collegamenti tra le cellule nervose. → non c'è nessun cervello umano uguale ad un altro perché se veniamo al mondo con una struttura di base del cervello identica e con un numero di cellule nervose sostanzialmente stabile, nel momento in cui cominciamo a fare esperienza, di qualsiasi cosa (il bambino impara a respirare, a nutrirsi, a guardare a una certa distanza, ogni esperienza si traduce in nuovi collegamenti tra nuovi neuroni > ad ogni esperienza nuova corrispondono sinapsi nuove. E per quanto le nostre esperienze siano abbastanza comuni (tutti impariamo a camminare, a mangiare etc) tuttavia ogni esperienza si riflette nel cervello del singolo attraverso aggregazioni neuronali che sono specifiche, idiosincratiche, individuali (come accade che certi scenari suscito in noi diverse reazioni emotive? Dipende dal fatto che questi scenari non sono rappresentati al livello cerebrale nello stesso modo). modularista del cervello. Se avete una macchina moderna vi sarà capitato di registrare un guasto e vi sarete accorti che il meccanico anziché sostituire il pezzettino rotto deve sostituire un intero modulo e il meccanico spiega che i motori sono ormai fatti così, a moduli, a unità di funzionamento per cui non si interviene più sul singolo componente ma sul blocco. L'idea della mente modulare è la stessa: noi saremmo caratterizzati da una vita cognitiva nella quale il nostro cervello funziona in base a moduli informazionalmente incapsulati > ciascun modulo, ciascun distretto cerebrale secondo questo modello, accede a un solo tipo di informazioni Quindi saremmo un apparato di moduli, ciascuno specializzato in un compito e con una ristretta serie di funzioni relegate a una sorta di operatore centrale, a una centralina generale che coordina le diverse operazioni cognitive. La vecchia teoria di Broquat e Wernike si sposa perfettamente con il modello modularista e per questo motivo per l'ambito del cognitivismo di I generazione il modello di Broqua e Wernike è stato accolto: perché funzionava. Ci si è accorti che non è esattamente così: non è vero che le attività cognitive si svolgono solo nei distretti che noi crederemo ad esse deputati. Primi esempi di neuroimmagini → legate al fatto che negli anni 90 si rendono per la prima volta disponibili delle macchine in grado di leggere il cervello quando è in funzione. Broquat e Wernika avevano studiato su cervelli morti, a questo punto invece si può grazie agli strumenti della TAC e del PET (tomografia a emissone di positroni) vedere cosa fa il cervello mentre funziona. Le Pet hanno trovato applicazione sopratutto al livello scientifico: la tomografia ad emissione di positroni fa vedere quali parte de cervello si ossigenano nel momento in cui si compie una determinata attività cognitiva. Es. il ricercatore mi racconta una barzelletta e io scoppio a ridere. La Pet rivela cosa succede mentre ascolto e mentre rido. Es. leggo un testo → quali parti del cervello si ossigenano? Cosa succede nel cervello? Le Pet ebbero grandissimo impatto perché mostravano che a ossigenarsi erano diverse arie del cervello simultaneamente; non solo quindi in quei distretti che dalla teoria precedente sarebbero dovuti risultare attivi. > vista di parole → vedi un libro ma non lo leggi > si aziona area occipitale dove si trova distretto della visione > lettura di parole → si attiva l'area di Wernika ma non solo quello -Il modello rigido localizazionista è stato messo in crisi → ad esso è subentrata l'idea che dietro ogni funzione cognitiva ci sia la collaborazione di più distretti cerebrali e sopratutto non è detto che questi distretti cerebrali per quello che riguarda il linguaggio si trovino solo nell'area sinistra. Tradizionalmente l'emisfero sinistro era associato alle attività di tipo digitale, al calcolo e alla parola, mentre l'emisfero destro all'immagine. Si è visto invece che l'emisfero destro è spesso attivo in casi di comunicazione linguistica; le parole possono suscitare in noi un effetto immagine e non solo un effetto digitale. Gli studi sulle metafore hanno dato risultati di grandissimo interesse proprio perché lavorano per immagini es “ho dovuto scalare una montagna” = parole + immagini > nell'analisi di questo enunciato il soggetto che ascolta attiva simultaneamente aree digitali e aree iconiche. Non è vero quindi come si era pensato x tantissimo tempo, solo l'emisfero sinistro coopera alla produzione-comprensione del linguaggio. Sopratutto negli ultimi anni si è inoltre accentuato lo studio delle aree cosiddette “sub-corticali” che si trovano cioè al di sotto della corteccia cerebrale >immaginate un insieme di pieghe sofisticatissimo che se potessimo dispiegare occuperebbero spazio non indifferente. Ma il cervello è composto non solo di questo, di altri due grandi strati > cervello cosiddetto rettiliano → si attacca direttamente alla corteccia cerebrale > cervello cosiddetto mesencefalo → si trova in mezzo tra cervello rettiliano e corteccia → Durante l'evoluzione successa una cosa che in teoria sappiamo; ovvero il cervello del vivente si è evoluto da specie a specie. Noi condividiamo il cervello rettiliano come dice la parola stessa, proprio con i rettili. Lucertole, coccodrilli, serpenti, condividono con noi una parte del DNA e quindi una parte del cervello. Molte specie animali hanno costruito sul cervello rettiliano il mesencefalo quello che chiamiamo cioè “cervello emozionale” che forma il nucleo interno del nostro apparato cerebrale complessivo. La corteccia cerebrale è la parte più recente, che caratterizza in modo non specie specifico ma altamente specifico la specie umana; la corteccia ha avuto cioè nel caso dell'uomo moderno questo sviluppo straordinario che ha. Se guardate le riproduzioni dell'uomo di Neanderthal vedete che assomiglia alle scimmie antropomorfe per la fronte stretta e bassa; questo perché in nessuna delle due specie si era sviluppata l'area frontale del cervello, considerata fondamentale per le associazioni dei processi cognitivi. Nella nostra specie questa parte ha avuto svilupppo imponente e questo ha determinato la crescita delle capacità cognitive della nostra specie. Tuttavia la grande acquisizione degli ultimi 30 anni è la scoperta del fatto che la corteccia cerebrale non funziona senza il supporto e l'integrazione con le aree inferiori Abbiamo inseguito per molto tempo inseguito l'idea di un essere umano come creatura razionale senza residui in cui tutte le decisioni governate da una mente razionale e attenta di tipo Cartesiano. Tuttavia viene sempre più in luce come anche gli stessi processi decisionali coinvolgano distretti cerebrali normalmente ritenuti inferiori e in particolare l'area emozionale. Con gli strumenti oggi disponibili è possibile indagare il cervello mentre fa delle scelte e osservare quanto è influenzato da fattori emozionale. Es. pensate alle posizioni politiche > scelta razionale condizionata da fattori emotivi elaborati nei distretti sub-corticali Aree sub-corticali → funzionano in maniera continua. Es. Mentre una persona parla potremmo avere l'illusione che il suo parlare sia frutto delle aree digitali del nostro cervello, ma quanto le emozioni pervadono la voce? Noi percepiamo una voce arrabbiata, commossa, emozionata, che stenta a organizzarsi magari perché soggetta al pianto. Questa cosa non succederebbe se il linguaggio fosse figlio solo della parte razionale del nostro cervello. Anche quell'area altamente sofisticata e intellettuale che è il linguaggio è profondamente condizionata nella sua genesi dal piano emozionale. Oggi questo tipo di ricerca va per la maggiore. Grandissimi finanziamenti sullo studio del condizionamento emozionale delle decisioni umane; ci sono grandissimi interessi in gioco: la moda la comunicazione politica la battaglia che si svolge su media riguardo lo scenario politico. Il progresso scientifico è quindi ancora una volta legata al business, come esigenze militari avevano cooperato alla creazione del computer. Oggi sappiamo quindi che il cervello non funziona per settori localizzati e indipendenti uno dall'altro ma funziona globalmente → plasticità del cervello: espressione che si usava/usa per dire che il cervello umano è in grado di supplire con i suoi mezzi ai problemi di funzionamento. Es. un non vedente supplisce con il potenziamento di certe aree cerebrali al fatto che la vista non funzioni. In questo senso giusto parlare di “plasticità” ma oggi si può dire qualcosa di più > questo quadro si va infatti arricchendo in maniera straordinaria e sempre più scopriamo che dietro ogni operazione cognitiva è implicata una rete di distretti cerebrali cui nessuno aveva inizialmente pensato. Quando facciamo operazioni linguistiche vediamo illuminarsi non un'area o un'altra ma la globalità dei distretti cerebrali, sebbene con intensità diverse. Potremmo immaginarla cosi: diciamo una parola, dietro la parola c'è una rete che non sappiamo quanto sia estesa e va a pescare qualcosa in ogni angolo del nostro cervello con una ricchezza di ramificazione che è individuale e solo in parte comune agli altri > gli echi che una parola ha dentro di noi sono ramificati nelle dimensioni più diverse grazie al fatto che il cervello ha una sua storia individuale di grande interesse. Oggi è questa l'idea alla lucee della quale si guarda al rapporto cervello-linguaggio. Per riassumere in maniera stringata questo tipo di rappresentazione possiamo dire che l'insieme dell'attività cerebrale consente di gestire le 3 aree funzionali specifiche in cui consiste l'attività linguistica. Possiamo dire che i linguaggio ha: 1) componente fonico-acustico → riguarda il coordinamento di una macchina anatomica che fa si che l'area prodotta dai polmoni diventi parola. La parola, qualsiasi essa sia, è qualcosa che nasce dalla trasformazione dell'aria attraverso questo complicato dispositivo che è l'apparato fonatorio che a un certo punto della nostra storia cognitiva viene convertito in apparato respiratorio-fonatorio. Possiamo ipotizzare che questa riconversione si sia compiuta al momento in cui datiamo l'origine del linguaggio presumendo che in quella data il nostro sistema nervoso fosse in grado di gestire al meglio la macchina di fonazione e naturalmente di ricezione del suono. Un cervello per gestire questa complicata macchina deve fare operazioni che evidentemente il cervello dello scimpanzé non riesce a svolgere (dal momento che un apparato fonatorio molto simile al nostro) 2) componente semantico → semantico dal greco significare. Possiamo dire in linea generalissima che il componente semantico ha a che fare non con la produzione fonica ma con ciò che la produzione fonica vuol dire, il modo in cui cioè il materiale fonico è organizzato per significare un certo che. Il nostro sistema nervoso deve essere in grado di stabilire un collegamento tra un area di fenomeni fisici strutturati; i prodotti della fonazione e un area di contenuti cognitivi, che cosa quindi le parole vogliono dire. 3) componente pragmatico → pragmatico dal greco pragma = fatto. Intendiamo per componente pragmatico l'adattamento del linguaggio alle circostanze, alla situazione d'uso. Problema emerso costantemente: nell'essere umano decisiva la capacità di adattamento al contesto (Cartesio diceva anche l'imbecille sa rispondere si/ no a una domanda “vuoi un caffè”). Se ricordate vedevamo con l'esperimento della stanza cinese di Searle che il computer difetta catastroficamente di adattamento pragmatico perché acceda a contenuti puramente simbolici. L'idea centrale di linguaggio a partire dalla quale da adesso in poi ci muoviamo è che ciò che chiamiamo linguaggio sia il gioco simultaneo di questi tre formidabili compati cognitivi: -produzione di suono articolato -veicolazione di significati - adattamento di suoni e significato a determinati contesti → questa triplice attività cognitiva avviene simultaneamente, non c'è un prima e un dopo e quindi il cervello, in grado di operare con questi tre giganteschi comparti cognitivi deve avere necessariamente delle caratteristiche.
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