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Schema filmica 'La passione di giovanna d'arco', Dispense di Storia Del Cinema

Scheda di ripasso per l'esame di storia del cinema

Tipologia: Dispense

2018/2019

Caricato il 29/06/2019

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m__a 🇮🇹

4.1

(25)

33 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Schema filmica 'La passione di giovanna d'arco' e più Dispense in PDF di Storia Del Cinema solo su Docsity! La passione di Giovanna d'Arco (La passion de Jeanne d'Arc) Carl Theodor Dreyer, Francia, 1928 B/N, muto, 110 minuti, storico Realizzato in Francia su invito della Société Générale des Films, che scelse il personaggio di Giovanna d’Arco per la sua rinnovata popolarità nel paese, questo film vide Dreyer impegnato in una lunga ricerca e poi devoto ad un lavoro di notevole qualità ed innovazione. Ultime ore della vita di Giovanna d’Arco: condotta davanti ai giudici, che tentano di strapparle una confessione, non offre sufficienti ragioni per una condanna. Anche nella camera della tortura, non scende a compromessi e sviene. Portata all’esterno, la contadina, circondata dall'affetto popolare, si convince a firmare l'abiura, ma dopo che le viene rasato il capo (in segno d'infamia) ritratta, dicendo di averlo fatto solo per aver salva la vita. È dunque portata sul rogo ed il popolo insorge invano. Partendo dai verbali del processo, il regista danese limita il dialogo all’essenziale e costruisce il film sulle scelte di messa in scena. Tuttavia, Arnheim sostiene che non abbia un buon soggetto per l’eccessiva presenza di dialoghi per un film muto. La prospettiva scorretta e la disposizione degli spazi sono ispirate ai codici miniati medioevali e ricordano le ambientazioni del cinema espressionista. Quasi sempre la santa, profondamente umana, è in posizione centrale nell'inquadratura: una centralità morale, che si oppone alla deformazione fisica e spirituale dei giudici, ripresi dal basso, decentrati, minacciosi. Il progetto originario prevedeva eminentemente storica, con attori in costume e la ricostruzione degli ambienti d'epoca tramite accurate scenografie. In fase di produzione, però, Dreyer cambiò idea, operando in sottrazione con un montaggio dinamico che predilige scene brevi, correlate per contrasto più che per omogeneità. Fra pareti bianche e spoglie, con costumi semplici, inquadrature dalla lunghezza innaturale potenziano singoli dettagli (non solo umani – si pensi alle macchine da tortura) a scapito del contesto, che non viene fornito. Dreyer utilizza quelli che verranno poi definiti da Deleuze primi piani scorrevoli, con un movimento continuo tra primo piano e piano medio, che quasi annulla profondità e prospettiva. Questa è qui infatti temporale-spirituale, piuttosto che atmosferica. Ne risulta un film sul dolore, le cui scelte felici sono soprattutto quelle della semplicità e dell’utilizzo massiccio dei primi piani. Il film può dirsi il miglior frutto della riflessione cinematografica sul volto umano e sul primo piano che è il dibattito sorto nella Francia di quegli anni sulla fotogenia. Per Louis Delluc, si tratta di una qualità già presente che la riproduzione fotografica e cinematografica devono accrescere ed esaltare ma già presente naturalmente e legata alla semplicità ed all'assenza di un'intenzione artistica troppo esibita e consapevole. Per Epstein, invece, essa è propriamente conferita dalla cinepresa ed è legata alla ‘qualità morale’ del soggetto. La fotogenia fa emergere, attraverso il primo piano, un senso profondo dei personaggi. Deleuze infatti definisce questo il “film affettivo per eccellenza”, anche grazie alla performance magistrale della protagonista. La recitazione di Renée Falconetti è nel movimento degli occhi e del volto: pura emozione. La figura di Giovanna è interpretata come imago Christi: l'incoronazione e lo sbeffeggiamento delle guardie carcerarie ricordano l'incoronazione di spine di Gesù Cristo; la scena finale - Giovanna condotta al rogo – è tutta modellata sulla salita al Calvario, dall'anziana che le porge da bere, alle novelle pie donne che piangono ai piedi della pira, al cartello "idolatra spergiura" inchiodato alla sommità del palo che rimanda alla tabella affissa alla croce. Oltre a quella della protagonista, occorre poi ricordare l’interpretazione del confessore offerta da Antonin Artaud, che da questo film trasse anche ispirazione per il suo teatro della crudeltà, quindi per Il teatro e il suo doppio.
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