Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Schema sulle principali opere della statuaria greca, Schemi e mappe concettuali di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche

Riassunto dettagliato sulle principali opere della statuaria greca

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 05/04/2022

dduccio
dduccio 🇮🇹

4.7

(31)

25 documenti

1 / 9

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Schema sulle principali opere della statuaria greca e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Elementi di storia dell'arte ed espressioni grafiche solo su Docsity! STATUARIA GRECA – Efebo di Kritios (480 a.C.) La scultura di Kritios, ci è arrivata grazie Ateniesi che seppellirono negli avvallamenti dell'acropoli, la cosiddetta colmata persiana, tutte le statue abbattute o danneggiate tra il 480 e il 479 a.C. dai Persiani. Il ragazzo, rappresentato da Kritios, è caratterizzato dalla rotazione leggera della testa verso la destra e dell'aver spostato il proprio peso sulla gamba sinistra arretrata. Di conseguenza il fianco sporge in fuori, mentre il bacino ruota lievemente sollevandosi a sinistra. La gamba destra si piega leggermente e si porta in avanti, allo stesso tempo la spalla destra è più avanzata della sinistra. – Bronzo Il bronzo venne cominciato ad essere utilizzato dagli scultori per le loro opere. Il bronzo permetteva una più grande libertà compositiva e, grazie alla sua maggiore resistenza, evitava l'uso dei sostegni esterni. Il bronzo è duro e contrariamente alla pietra, è in grado di assorbire i colpi urti senza rompersi. Esso inoltre può assumere patine diverse in base alle quantità di stagno o di piombo contenuta nella lega; infine, un bronzo può diventare policromo con l'aggiunta di differenti materiali. La tecnica della scultura in bronzo consiste nel realizzare preventivamente un modello in argilla rinforzato internamente con un'anima metallica, che viene poi ricoperto di un leggero strato di sera. Successivamente il modello viene racchiuso da un grande involucro anch'esso di argilla, detto "stampo". Nello stampo vengono ricavati canali per lo scolo della cera fusa e per gli sfiati. Scaldando la forma la cera fonde e viene eliminata attraverso i canali e il suo posto viene occupato dal bronzo fuso introdotto da opportune aperture. Rompendo la forma esterna viene messa allo scoperto la scultura. – Zeus (o Poseidon) di Capo Artemisio (460 a.C., Mare di Capo Artemisio) La scultura, attribuita a Calamide o ad un altro artista della sua cerchia, rappresenta il dio Zeus o Poseidone, colto nell'atto di lanciare una saetta o un tridente. Le gambe, divaricate, hanno trovato la posizione di bilanciamento. Infatti il piede sinistro è saldamente appoggiato a terra, mentre il destro si appoggia solo con la punta. Le braccia sono sollevate quasi a croce, mentre le orbite degli occhi, ora vuote, dovevano essere di un altro materiale. Infine, benché l'opera si presti a una visione anche laterale, la migliore posizione per godere di tutte le qualità della statua resta ancora la frontale, ossia quella di chi si pone parallelamente al busto. – Auriga di Delfi (475 a.C.) Sotade di Tespie realizza l’opera per celebrare la vittoria di un certo Hieron nella corsa dei carri, durante i giochi Pitici, e donato al santuario di Apollo Delfico da Polizelo, tiranno di Gela. L’opera originariamente doveva comprendere altre statue non pervenuteci (uno schiavo/stalliere, un carro e i cavalli). L’Auriga ha il corpo racchiuso in un chitone. Questo, fittamente piegato secondo linee diagonali sulle spalle e avambracci, diviene più morbido in corrispondenza del busto, stretto da una cintura, per poi piombare il lunghe pieghe verticali che lasciano scoperti i piedi nudi. La testa del conducente, dai capelli cesellati che si arricciarono e si gonfiano sulle tempie, è cinta dalla benda (l'unico premio simbolico di ogni gara agonistica). Gli occhi erano in pietra e vetro, mentre le labbra erano ravvivati da rami. Occorre tener presente che solo la metà superiore del corpo dell'auriga era visibile al di sopra dello schermo protettivo anteriore del carro, pertanto il leggero incurvamento all'indietro del busto, che accompagna il gesto di trattenere i cavalli tenendo tese le redini, bastava a suscitare una sensazione di naturalezza negli osservatori, quando il gruppo statuario era ancora integro. – Bronzi di Riace (450 a.C., mar Ionio) Il Mar Ionio restituì due sculture bronzee di eccezionale qualità, il Bronzo A e il Bronzo B. Il Bronzo A, attribuito a Agelada il Giovane, raffigura un giovane uomo dalla lunga capigliatura e dalla barba arricciata, un guerriero privo dello scudo e delle armi. Il suo autore lo propone con le spalle larghe, busto eretto e tirato indietro, saldamente appoggiato a terra con ambedue le piante dei piedi e gravitante sulla gamba destra, mentre la sinistra, appena flessa, è portata di lato e in avanti. Il braccio destro è disteso lungo il fianco, quello sinistro è piegato; la testa è rivolta con decisione alla propria destra. Il Bronzo A è l’unico dell’antichità ad avere i denti, realizzati in argento. Il Bronzo B, attribuito a Alcamene il Vecchio, è colto nella stessa posizione della statua compagna, ma la linea alba è flessuosa e arquata e la testa ha solo un leggero scarto verso la propria destra. Ambedue i bronzi hanno gli occhi in pietra e avorio, mentre le labbra i capezzoli sono di rame rosso. È stato suggerito che i Bronzi A e B siano stati eseguiti per l'agorà di Argo e facessero parte di un monumento, voluto da Argivi e dagli Ateniesi, in ricordo dei miti dei Sette contro Tebe e degli Epigoni. Per il Bronzo A è stata proposta un'identificazione con Tideo, mentre per il Bronzo B con Anfiarao. – Mirone di Eleutere Mirone di Eleutere, attivo tra il 470 a.C. e il 450 a.C., può essere definito preclassico. Discobolo (460-450 a.C.). Il discobolo è colto proprio nel momento della massima contrazione che precede il lancio: la sua posizione è tale da suggerire l'intera sequenza della dinamica dell'azione. Il busto si mostra frontale, mentre un grande arco viene formato dal braccio destro sollevato e lanciato indietro, dalle spalle, dal braccio sinistro e dalla gamba sinistra arretrata. Un "effetto molla" è prodotto invece dalle sporgenze e dalle rientranze della parte sinistra della statua. Il bilanciamento delle forze sta alla base della composizione di Mirone. Il volto calmo è una caratteristica dello stile severo. Le due piccole protuberanze presenti sulla testa sono servite a chi ha realizzato la copia per il compasso impiegato nella presa dei punti e per il controllo delle proporzioni dell'originale. La posizione migliore per Hermes con Dioniso bambino (340-330 a.C.). Nell’Hermes con Dioniso bambino Prassitele inventa una nuova condizione per l’osservatore. Egli infatti raffigura un momento del mito della nascita di Dionisio e a chi guarda è dato di contemplare la nuova relazione, fatta di spazi, di gesti e di sguardi, che si stabilisce tra i due soggetti divini. Per vendicarsi del tradimento di Zeus che aveva procreato Dionisio con la mortale Semele, Hera fa in modo che la madre del bambino muoia e perseguita tutti coloro che proteggono il piccolo dio. Zeus allora chiede a Hermes di condurre l’indifeso Dioniso nella valle di Nisa affinché siano le ninfe ad allevarlo. Prassitele mostra Hermes mentre in una sosta durante il viaggio si riposa e fa giocare il bambino. Le due divinità sono rappresentati in un atteggiamento molto dolce confidente. La scelta di raffigurare Hermes e Dionisio è indicativa della precisa volontà di avvicinare il più possibile gli dei alla realtà e alle passioni più semplici. L’accurata levigatezza del marmo e la morbida trattazione dei particolari anatomici consentono di parlare di “effetto pittorico“ e di “sfumato“ perché, al pari di un dipinto, essa prende vita proprio dai passaggi dal chiaro allo scuro e dagli addensamenti d’ombre di luce. – Skopas di Paro Pothos. La statua di Pothos ritrae una divinità minore che impersonifica una delle tre forme del sentimento amoroso (cioè il languore verso l’amore lontano). L’opera fu realizzata assieme a quelle raffiguranti Eros (l’amore attivo) e Himeros (il desiderio verso l’amore vicino). La divinità, è totalmente inclinata sul lato, ha le gambe incrociate, il busto lasciato andare verso sinistra, le braccia sollevate e appoggiate a un sostegno esterno. Tale sostegno è costituito da un mantello riccamente pieghettato che, in basso, è fronteggiato da un’oca simbolica. Il viso del Dio, dolcemente rivolto in basso, ha gli occhi infossati, profondi e sognanti. Menade danzante (335/330 a.C.). Skopas ci mostra un corpo che, in preda ai furori dionisiaci e alla danza sfrenata, è scosso da un movimento che conferisce alla scultura una vitalità quasi selvaggia. La stessa testa è rovesciata furiosamente all'indietro e piegata di lato; le orbite profonde degli occhi, lo sguardo perso verso l'alto, le labbra carnose e dischiuse, l'inquietudine che promana dall'agitazione del corpo della Menade, sollecitano l'osservatore a identificarsi con lei per provare le sue stesse sensazioni. La veste della figura femminile si apre lasciando nudo un intero lato del corpo, che conferisce alla Menade un'elevata carica erotica. – Lisippo Lisippo, attivo tra il 365 e il 305 a.C., arrivò alla corte macedone quando Alessandro aveva circa 16 anni e ne divenne in seguito lo scultore preferito. È chiaro che per Lisippo chiunque poteva costituire un modello degno da rappresentare. La realtà viene accettata per la prima volta quale essa è, in tutte le sue infinite manifestazioni. Considerando l'insieme delle sue sculture è possibile indicare i caratteri del suo stile nella predilezione per: le gambe lunghe e sottili, i fianchi stretti, il busto allungato, la testa piccola, i capelli mossi, gli occhi piccoli, infossati e accostati, il naso sottile e dalle narici strette, la bocca piccola e dalle labbra che veramente gli dischiuse. Apoxyomenos (320 a.C.). Nell'opera viene rappresentato un atleta che, dopo la fatica dell'azione, si toglie di dosso l'olio e il sudore con le strigile. La gamba destra non è più tesa, come nelle opere di Policleto, ma flessa e con uno scarto laterale. Il bacino è ruotato, mentre i fianchi sono stretti e il torace allungato e sinuoso. Le spalle sono quasi su una linea orizzontale poiché le braccia sono sollevate, mentre la testa, ruotata verso destra, rialzata lievemente inclinata sul lato, si presenta piccola con i capelli non più cesellati, ma corposi e mossi. La scultura si arricchisce pertanto di valori di dinamicità. Nella scultura è evidente pure come al lato sinistro, con la gamba portante il braccio nell'atto di raschiare, si opponga quello destro con la gamba in riposo e il braccio levato. Le sculture di Lisippo infatti introducono un nuovo tipo di connessione fra le parti che si qualifica come antitetico: egli assegna sempre l'azione a una metà del corpo e il riposo e l'altra. Le braccia sollevate insieme agli altri elementi analizzati fanno sì che la statua ha un senso compiuto da qualsiasi punto la si osservi. La statua, conquistata dai romani, era stata collocata presso le terme di Agrippa ed era, pertanto, godibile da tutti i cittadini che la ritenevano un bene comune. – Ellenismo Per ellenismo si intende l‘ellenizzazione dei territori conquistati: il vincitore greco porta al vinto la sua cultura, in particolare l'arte e la lingua. L'integrazione di diverse culture, pertanto, dà vita anche a un gusto e a un nuovo linguaggio artistico comuni, in greco koinè. Il carattere distintivo dell'arte ellenistica è la celebrazione del singolo. Con l'ampliamento dei confini del mondo ellenico, gli artisti viaggiano sempre di più: il cosmopolitismo, cioè la formazione culturale internazionale, è una conseguenza. La scultura ellenistica si presenta con la caratterizzazione fisionomica secondo un canone non più solo stilistico e proporzionale. L'uomo viene considerato per quello che è, un individuo con una propria fisionomia. Il nuovo canone, che rispetta le attitudini proprie di ciascuno, sia nel modellato sia nelle dimensioni, è quello della verità. La nuova scultura vuole raffigurare anche l'anima, i sentimenti, le passioni: il pathos. – Venere di Milo La Venere di Milo è realizzata in due blocchi distinti che si collegano all'altezza delle anche, ma la giunzione nascosta dall'incrociarsi del panneggio. La dea, la cui postura segue la sinuosità della curva a “S” prassitelica, è nuda dalle anche in sù, mentre la veste, sottolinea la parte inferiore del corpo con la gamba sinistra leggermente sollevata e piegata e con il piede che poggia su un rialzamento. Il busto, seguito dalla rotazione della testa, piega dolcemente verso il proprio lato destro; allo stesso tempo la gamba sinistra si inclina in senso inverso accompagnata dalle pieghe diagonalmente discendenti. Probabilmente il braccio destro della statua attraversava il busto e la mano sfiorava il fianco sinistro, mentre il braccio sinistro era tenuto sollevato. – Nike di Samotracia (isola di Rodi) La statua, attribuita a Pitocrito di Rodi, venne realizzata verosimilmente per celebrare le vittorie della flotta di Rodi, alleata di Roma e di Pergamo, contro Anticoo III re di Siria. La Nike, che si specchiava nell'acqua di un ninfeo in prossimità del santuario dei Cabiri, è protesa verso il cielo, mentre atterra sulla prua di una nave e si mostra ad ali spiegate in un dinamismo e in una vitalità prorompenti. Il vento modella il suo corpo, contro cui si incolla la veste leggera che quasi si dissolve, mettendo quindi in evidenza i seni, le curve del ventre e il leggero infossamento dell'ombelico. Allo stesso tempo il vento torce l'abito che si avviluppa nello spazio fra le tue gambe tenute scostate sottolineando la tensione e procurando anche il necessario contrasto chiaroscurale a quelle parti del corpo che risultano, invece, appena velate e in piena luce. – Altare di Zeus Soter e Athena Nikephoros L'altare era stato costruito sui terrazzamenti dell'Acropoli e, dai suoi 330 m d'altezza, dominava l'intera valle del fiume Caico. Esso ha forma quadrangolare, con un lato occupato da un'ampia gradinata inserita in un altro zoccolo. La parte superiore è costituita da un duplice porticato con colonne di ordine ionico. Il primo di tali porticati segue esternamente il perimetro della piattaforma superiore, il secondo, interno, si dispone attorno alla grande ara sacrificale. Esso è realizzato con doppie di colonne posate su un piedistallo e collocate dorso contro dorso. Lungo le pareti del porticato interno si svolge un fregio continuo con le storie di Telefo, il mitico figlio di Ercole. Su tutti i lati dello zoccolo e persino ai bordi della scalinata, vi sono complessi scultori con scene di gigantomachia, dominati dalle grandi figure combattenti e vittoriose di Zeus e di Atena. Le storie di Telefo rinviano alla fondazione favolosa della città di Pergamo, mentre la gigantomachia è la trasposizione nel mito della guerra tra i Bergamini e i Galati vinti. L'identificazione dei giganti con i Galati, del resto, era richiamata dalla circostanza che questi, per incutere terrore nei nemici, erano soliti acconciarsi capelli in ciocche rigide. È stato ipotizzato che l'ideatore delle sculture sia Firomaco. Le sculture, ad altorilievo, sono realizzate con il massimo realismo, i gesti e i volti esprimono dolore, fierezza, sgomento e vittoria. Nel raffigurare Zeus e Atena che lottano contro i giganti, il maestro ha tenuto ben presente l'impostazione del gruppo di Atena e Poseidone al centro del frontone occidentale del Partenone. Benché alluda a soggetti di età classica, l'opera è quanto meno di classico ci si possa aspettare. Le sculture rappresentanti esseri divini e semidivini, infatti, dominano non solo lo spazio loro destinato, ma sconfinano, invadendo anche parte di quello riservato agli esseri umani. I personaggi si appoggiano sulle scalinate con le mani, con i piedi, con le ginocchia o con le spire, coinvolgendo in modo del tutto inconsueto. La complessità della composizione, la ricerca dei contrasti chiaroscurali fanno senza dubbio di Firomaco, il creatore dello stile detto "Barocco” antico.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved