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schemi manuale Tonini procedura penale, Dispense di Diritto Processuale Penale

Schemi riassuntivi del Tonini fatti con appunti a lezione

Tipologia: Dispense

2016/2017

Caricato il 04/05/2017

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

5

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Scarica schemi manuale Tonini procedura penale e più Dispense in PDF di Diritto Processuale Penale solo su Docsity! 1 PROCEDURA PENALE – PARTE STATICA Indice Parte Prima Evoluzione storica del processo penale – Le fonti p. 2: Le premesse storiche culturali p. 18: Le fonti della procedura penale Parte Seconda Profili generali del procedimento penale p. 60: I soggetti del processo p. 163: Atti – La teoria generale del processo p. 214: Principi generali sulle prove – La teoria generale della prova p. 244: Misure cautelari I 2 Parte Prima EVOLUZIONE STORICA DEL PROCESSO PENALE – LE FONTI “Diritto processuale penale” o “Procedura penale”? Tradizionalmente nelle università italiane si discute molto sulla dicitura della materia. Sono concezioni completamente diverse della materia. “Diritto processuale penale” Espressione che risale a partire dagli anni’30 e ’40 con l’intento di nobilitare la materia. Questa dicitura sottintendeva un approccio allo studio della materia che era tecnico giuridico, un approccio imbevuto di positivismo giuridico. Grispigni , un esponente autorevole della scuola tecnico-giuridica alla Sapienza nel 1945 dice: “la scienza del diritto processuale penale come ogni altra dogmatica giuridica ha per oggetto unicamente ed esclusivamente delle norme giuridiche, la scienza del diritto processuale non studia già il processo bensì solo le norme regolanti il processo”. Sulla base di questo approccio si ritiene che il diritto processuale penale sia una branca delle scienze giuridiche che studia le norme che disciplinano le forme processuali (non ci si occupa di nulla che non stia nel codice o nelle leggi speciali). Se si va oltre, dice Grispigni, “questo condurrebbe al più deprecabile confusionismo metodologico.” Separazione della “Sociologia del processo” (che studia i fatti processuali, i fatti nella sua concretezza) rispetto il “Diritto processuale penale” (materia nobile che studia la disciplina del processo penale e la ordina). Dietro questa concezione c’è l’idea della neutralità metodologica di chi osserva e studia e analizza e sistematizza il processo penale, mai occuparsi di fatti, si è giuristi bisogna occuparsi di norme. La concezione di Grispigni è il termine di un’elaborazione concettuale che parte dagli anni ’20\’30 e ha in Vincenzo Manzini uno dei suoi esponenti di spicco. “Procedura penale” Nel 1945 escono le lezioni sul processo penale di Carnelutti , risponde a Grispigni dicendo: “tra i fenomeni che sono oggetto del nostro studio sono sì le leggi, ma non solo queste, noi non conosceremo mai le norme giuridiche se non osservassimo come esse operano sulla realtà; la dogmatica serve come strumento, non dobbiamo conoscerla con la conoscenza del diritto; il pericolo della dogmatica è questo che si faccia del mondo dei concetti anziché del mondo delle cose, l’oggetto della conoscenza” “ Grispigni lascia l’impressione di un astronomo innamorato del telescopio anziché delle stelle.” Carnelutti è un giurista friulano, uno dei più grandi del secolo scorso. Con questa locuzione (procedura penale) si vuole rappresentare un approccio diverso allo studio della materia à un approccio integrato. Viene intesa come branca delle scienze giuridiche che studia il processo penale, ossia un fenomeno sociale complesso. Un fenomeno sociale in cui intervengono, giocano un ruolo fondamentale, certo le norme ma anche le persone e le istituzioni. Il processo penale è un fenomeno complesso. L’approccio che accogliamo è integrato alla materiaàstudiamo la procedura penale e non il diritto processuale penale. “La formazione del giurista conta più delle forme, del nudo diritto, del concetto astratto di giustizia.” (Calamandrei) Taglio dei corsi: • Linea rossa di tutto il corso, che collega tutte le tematiche: il principio di legalità processuale. • Fondamento nell’ART. 111 c.1 Cost. • Accento sui fattori di crisi o di mutamento della legalità processuale. Quanto stanno cambiando 5 risposte immediate alla collettività, preoccupata per la commissione di un reato. - Lo stesso diritto penale è strumento del processo, perché viene utilizzato dal PM e ancor prima dalla polizia giudiziaria per definire quello che sarà l’oggetto del processo penale. Il processo penale ha ad oggetto un’imputazione costruita partendo dalla norma penale. - Il diritto penale sempre più diventa uno strumento utilizzato dal processo per garantire la propria efficienza. Si allude ai riti premiali, quelli alternativi (giudizio abbreviato e patteggiamento). La dottrina penalistica si è interrogata per anni sulla qualificazione dello sconto, che si è detto essere un’attenuante sostanziale, un’attenuante processuale. - Tullio Padovani in un saggio del ‘92 sostiene la non importanza della qualificazione giuridica dell’attenuante, poiché è un fenomeno per cui il processo penale finisce per sfruttare degli istituti del diritto penale per garantire la propria efficienza. - Progressivamente il processo acquisisce delle sue finalità, la trasformazione da norma generale a comando concreto non è una trasformazione neutrale e quindi il passaggio successivo è quello per cui il processo penale, da servo muto diventa socio paritario del processo penale. - Vi è una terza fase in cui il processo penale utilizza il diritto penale sostanziale per garantire la propria efficienza; questo vale soprattutto per quanto concerne il diritto premiale, in particolare per i giudizi alternativi: da socio paritario diventa un socio tiranno. • Diritto penale è strumento di garanzia (principio di legalità, principio di colpevolezza) • Nel processo penale devono essere accertati gli elementi costitutivi del reato (presunzione di innocenza) ↓ Sistema penale nel suo complesso è strumento di garanzia è Tutela dell’individuo ART. 25 c.2 Cost. e tutti i suoi corollari sono volti a garantire l’individuo (principio di colpevolezza, il principio di irretroattività della legge penale etc.) àStrumentalità reciproca all’interno del sistema di giustizia penale, volto a realizzare quelle finalità retributive e di prevenzione generale e speciale che sono fondamentali per tutelare la collettività. MODELLI DESCRITTIVI DEL PROCESSO PENALE Nel corso dei secoli si è discusso sulle funzioni del processo penale fornendo le due risposte viste in precedenza, per descrivere i modelli processuali si sono utilizzati diversi archetipi. Archetipi storici (modelli tradizionali) à contrapposizione tra modello accusatorio e modello inquisitorio. N.B Qualsiasi modello storicamente realizzatosi di procedura penale non è puro. Proprio perché le due categorie di accusatorio e inquisitorio non sono in grado di descrivere il processo penale attuale, recentemente sono stati elaborati diversi criteri di definizione: Modello di Mirjan Damaska (giurista croato trasferitosi negli Stati Uniti) , che distingue tra processo come strumento di risoluzione di controversie e il processo come attuazione degli orientamenti politici dello Stato. Modello di Herbert Packer che distingue tra due process model e il crime control model. (Sono modelli descrittivi didascalici e arbitrari, ve ne sono molti altri) La distinzione storica, quella che ha una valenza radicata, è tra il modello accusatorio e quello inquisitorio di processo penale. 6 MODELLO INQUISITORIO • Basato sul principio di autorità (alla base c’è l’idea che la concentrazione del potere nelle mani di un soggetto garantisca meglio l’efficienza del processo penale. La verità viene meglio raggiunta concentrando i poteri nelle mani di un soggetto inquirente. ) Il processo penale è sempre una macchina di ricostruzione della storia, perché il fatto di reato è un fatto passato e quindi bisogna ricostruirlo nel processo attraverso un’attività che in qualche modo ricorda quella dello storico; quindi nel modello inquisitorio vi è l’idea che riconoscendo tutti i poteri ad un soggetto, l’inquisitore, questa ricostruzione della verità è più accurata. • È un modello, riprendendo un espressione di Cordero, “leviatanico”à il processo nell’ambiente inquisitorio è un processo che sta al servizio di un bisogno metafisico, o la salvezza dell’anima o la felicità futura del genere umano. Perché è un modello processuale che si sviluppa da un lato per combattere l’eresia, nell’ambito della chiesa e dall’altro lato si sviluppa con lo Stato assoluto a partire dal ‘500, e che poi viene utilizzato nel corso del ‘900 dagli stati totalitari. • Modello che ben si attanaglia a Stati assoluti e autoritari ànesso molto stretto tra modello processuale e regime politico perché vi è un nesso di fondo tra i valori dello Stato e l’architettura del processo penale, lo aveva colto Montesquieu che diceva che il modello accusatorio è un modello caratteristico delle repubbliche e il modello inquisitorio è un modello caratteristico delle monarchie (non è sempre vero p.e.UK monarchia con accusatorio). Caratteristiche del modello inquisitorio: 1- L’iniziativa d’ufficio del giudice o dell’inquisitore. Problema che sta alla base è quello della necessità di garantire l’efficienza della repressione penale, se si lascia l’iniziativa alle parti c’è il rischio che certi reati non vengano perseguiti; è necessario quindi investire un organo pubblico del potere di iniziativa del processo penale. 2- Il potere probatorio è tutto in capo al giudice. È il giudice che conosce la verità e va alla ricerca delle prove che ritiene indispensabili, anche utilizzando poteri coercitivi. Le parti subiscono il processo, possono solo sollecitare il giudice, ma non sono soggetti nel processo, non sono titolari di diritti e di poteri ma sono oggetto del processo. In particolare l’imputato è un oggetto del processo, lo subisce. Il giudice si costruisce un’idea del fatto e poi va a ricercare le prove che suffragano quella sua ricostruzione. La mentalità inquisitoria è abbastanza radicata ancora nel’ 900. 3- La segretezza del processo. L’inquisitore ricerca la verità in segreto (segreto interno e segreto esterno) Segreto interno significa nei confronti dell’imputato: nei processi canonici l’imputato non conosceva neanche l’accusa e tanto meno le prove a carico. L’inquisitore lavora nel segreto, non è tenuto a comunicare quello che fa né quale è l’accusa e quali sono le prove. Segreto esterno: il processo non viene conosciuto dal pubblico. Passaggio di trasformazione epocale che si realizza alla fine del ‘700, prima nell’acient regime il processo è segreto e la sanzione è pubblica perché deve essere chiara alla collettività le conseguenza nel caso di commissione di un reato. (Nella modernità si inverte questa situazione Fenomeno studiato dal grande sociologo francese Fuceau nel libro “sorvegliare e punire”. Il processo nella modernità diventa pubblico e la pubblicità è un valore fondamentale del processo , perché consente alla collettività di controllare come il giudice esercita i suoi poteri. 4- Scrittura. È un processo scritto. L’inquisitore lavora alla ricerca delle prove e scrive e redige verbali. Tutto deve stare negli atti, quello che non sta negli atti non esiste. 5- Non ci sono limiti all’ammissione delle prove . L’inquisitore va alla ricerca di qualsiasi elemento utile a ricostruire il fatto. L’oggetto del processo non è ben definito, si ricostruisce la storia della persona e all’interno di essa si colloca l’evento specifico. Non conta il metodo, ma il risultato àprova regina è la confessione, per ottenerla uso della tortura [Giurista americano, John Lambain sostiene che lo sviluppo della tortura in Europa è stata una 7 conseguenza delle regole in termini di valutazione della prova, della regola esigente delle due testimonianze; c’è una componente ulteriore, che soprattutto nei processi canonici porta allo sviluppo della tortura: essa serve a purgare il peccato. Tortura strumento fondamentale per la prova regina la confessione.] 6- Presunzione di reità. Quando si apre un processo penale nei confronti di un soggetto si presume che questo sia colpevole e si vanno a cercare le prove di questa colpevolezza. Eventualmente è l’accusato a dover portare delle prove delle innocenza sollecitando il giudice istruttore (non ha diritto all’ammissione della prova che lo scagiona). 7- La carcerazione preventiva dell’imputato è la regola. 8- La molteplicità di impugnazioni. Regola non condivisa da tutti gli autori, normalmente nel modello inquisitorio per evitare gli errori giudiziari si ricorre alla moltiplicazione dei giudizi. Questo è funzionale perché con le impugnazioni si porta il processo più in alto e questo significa dal punto di vista dell’autorità politica più vicino al potere politico. Giudici di 1° grado sono meno influenzabili dal centro rispetto ai giudici di ultimo grado che stanno vicino al potere. Il potere politico sempre tende a portare un grado di giudizio vicino a se stesso, almeno nei regimi autoritari. Indicazioni sullo sviluppo storico: Nell’ambito della Chiesa: - IV Concilio Laterano, che porta nel 1215 à superamento dell’Ordalia - Bolla ad extirpanda di Innocenzo IV (1252) à legittimazione della tortura che costituisce un elemento coessenziale a quel modello. Il modello processuale inquisitorio è strumento per combattere prima le eresie e poi nel ‘600 per la lotta alla stregoneria. Nell’ambito civile statale il modello inquisitorio ha tre capisaldi: a) Le Ordinanze cinquecentesche la Constitutio criminalis carolina del 1532; b) L’Ordennance sur le affaire de la justice del 1539; c) L’Ordennance criminelle del 1670 di Luigi XIV, che rappresenta proprio il monumento del processo inquisitorio europeo ed è il testo contro cui si scaglieranno Beccaria e Voltaire. MODELLO ACCUSATORIO • Si fonda sul principio dialettico. L’idea di fondo è che la conoscenza umana è limitata e quindi nessuno è depositario della verità, pertanto le finalità del processo e la ricostruzione del fatto si realizza meglio laddove si distribuisce il potere tra i diversi soggetti coinvolti nel processo. • Forte rispetto per l’individuo. • Processo che si diffonde soprattutto nelle democrazia (nesso tra regime politico e modello). Caratteristiche del modello accusatorio: 1- L’accusa viene affidata a una parte. In origine è una parte privata, ovvero la persona offesa, successivamente diventa un soggetto pubblico, perché si ritiene che la collettività venga colpita dal reato quindi non riguarda solo la persona che lo subisce. L’accusatore è colui che fissa l’oggetto del processo, l’imputazione. Il processo accusatorio non è volto a ricostruire il passato in modo generico, ma a stabilire se quella determinata persona accusata di quel reato è colpevole o meno. 2- Il potere probatorio viene dato alle parti. Si snoda attraverso la ricerca, l’ammissione e l’acquisizione della prova. Uno degli aspetti più importanti è quello dell’esame incrociato, principio dialettico che si realizza nel giudizio in cui c’è uno scambio di opinioni tra l’accusa e la difesa. La prova regina in questo modello è dichiarativa, in particolare la testimonianza. 3- Pubblicità del processo. Ruota attorno al contraddittorio, il punto centrale del modello accusatorio è il giudizio. Lo 10 colpevolezza e non si apre neanche la vera fase del trial.] o Ruolo di grande importanza del difensore che assiste soprattutto l’imputato. o Tendenza alla stabilità delle decisioni. Nel momento in cui si mettono in campo tutte le garanzie, le regole di esclusione probatoria, il contradditorio, la giuria (non è un elemento caratterizzante ma nella gran parte dei casi c’è) à il verdetto del giudice è difficilmente modificabile. - Stato attivo: Stato impegnato nel perseguimento di obiettivi definiti (il benessere economico, il benessere morale), non è uno Stato che lascia molto spazio alla società, interviene nella vita delle persone per indirizzarle. Il processo come strumento di attuazione delle scelte politiche, è il processo più efficace che ha lo Stato. Il processo penale è sempre stato utilizzato nel corso della storia per il controllo sociale. In questo processo conta il risultato più che il metodo (riecheggiano caratteristiche dell’inquisitorio). o Le parti non hanno autonomia né poteri, o L’autorità pubblica dispone dell’oggetto del processoàPrincipio di indisponibilità dell’oggetto del processo. o L’accertamento del fatto è affidato a funzionari dello Stato e il giudice deve garantire un risultato cognitivo e laddove ci sia un’inerzia delle parti il giudice può anche intervenire o Il difensore ha un ruolo marginale di mera assistenza. o La tendenza è dell’instabilità delle decisioni. Si tenta di evitare la reiterazione dell’errore attraverso la reiterazione dei giudizi. Critiche a Damaska: il modello assomigliava molto a quella tradizionale che distingue modello inquisitorio e accusatorio e inoltre non è chiaro quale sia lo Stato Attivo, è lo stato autoritario o anche quello Europeo? Lui risponde che non si può identificare con i regimi autoritari. E’ una proposta ermeneutica che attualizza quelli che sono i canoni che stanno alla base del modello descrittivo storico ma è in linea con esso. Modello di Herbert Packer (“The Limits of the Criminal Sanction”, 1968) Distinzione tra due process model e crime control model: - Due process model: • finalità principale del processo è la tutela dei diritti fondamentali dell’individuo • fondamentale l’affidabilità della ricostruzione del fatto • grande sensibilità per le regole di esclusione delle prove • centralità della presunzione di innocenza (conta più l’imputato che la vittima) ↓ Il processo riconducibile ad esso viene configurato e descritto da Paker come una corsa ad ostacoli dove gli ostacoli sono le garanzie fondamentali volte a minimizzare il rischio di errori. - Crime control model: • centralità della repressione del crimine (ordine pubblico è un bene essenziale per la società) • conta più la vittima dell’imputato • fondamentale l’efficienza del processo (intesa come capacità di giungere a condannare il colpevole) • scarsa sensibilità per le regole di esclusione probatoria ↓ Processo descritto come una catena di montaggio la cui bontà viene valutata in base alla quantità di prodotto, ovvero le sentenze di condanna, che riesce a sfornare più che in relazione alla qualità del prodotto. Critiche a Packer: anche questa proposta prende molto dalla vecchia distinzione tra modello accusatorio e inquisitorio e probabilmente può essere concepita solo come un aggiornamento di quella distinzione. 11 Il processo penale ha una duplice funzione: 1) accertare la fondatezza dell’accusa - Ricostruire i fatti del passato (giudizio di fatto) - Verificare la sussistenza di un reato e la colpevolezza dell’imputato (giudizio di diritto) [nel processo penale si accerta la verità oppure no? che verità si accerta? Tradizionalmente si dice che nel processo inquisitorio si ricerca la verità materiale, nel processo accusatorio si ricostruisce una verità meramente processuale. Ubertis per uscire dalla dicotomia ha proposto la formula della “verità giudiziale”. Il processo penale deve tendere quanto più possibile alla verità materiale, ma lo deve fare nel rispetto di alcune metodologie (contraddittorio) e nel rispetto dei diritti. Le forme processuali servono per tutelare i diritti dell’imputato. (Calamandrei) Il giudice non opera come lo storico nel processo penale: sono accomunati solo dal fatto che entrambi ricostruiscono il passato, ma le metodologie e il livello di formalizzazione sono diversi. Lo storico usa un metodo scientifico e non ha limiti, il giudice e i soggetti che operano nel processo agiscono in un contesto formalizzato in cui ci sono dei limiti probatori. Il processo penale ha la funzione di accertare la responsabilità di un soggetto in relazione ad un atto specifico, non è uno strumento di ricostruzione della storia, vanno distinti i piani penale e responsabilità personale.] 2) tutelare i diritti dell’imputato Evoluzione storica del processo penale: la vicenda italiana Dall’unificazione al fascismo • Codice di procedura penale del Regno d’Italia nel 1865, è il primo codice adottato ed è sostanzialmente una traduzione dei codici subalpini (codice del 1854 e del 1859 che erano trasposizioni in italiano del codice di istruzione criminale francese); quindi il modello di riferimento è quello francese (sistema misto in senso proprio). Verso la fine dell’800 vi è un dibattito abbastanza ampio e articolato sulla riforma del codice di procedura penale: si giunge a riformare il codice penale nel 1889 (il Zanardelli) e parallelamente si discute sulla riforma del codice di procedura penale, si adotta un codice penale liberale e contemporaneamente in parlamento si discute di un nuovo codice di procedura penale. • Codice Finocchiaro-Aprile (1913) è il risultato della riforma (appena in epoca giolittiana)che è sostanzialmente una rivisitazione in chiave liberale del modello misto. Si introducono garanzie per l’imputato nella fase istruttoria e nella fase preliminare, delle invalidità a tutela dell’imputato e si disciplinano i termini massimi di carcerazione preventiva. I principi di fondo adottati provengono dalle idee propugnate dalla scuola classica, in particolare Francesco Carrara, secondo il quale la libertà dell’imputato costituisce la regola, mentre la carcerazione preventiva è un “male necessario” (Beccaria). E’ un codice liberale che sposta l’asse verso la tutela dell’individuo, ha vita breve perché il codice di procedura penale è molto legato al regime politico (si dice spesso che la procedura penale è diritto costituzionale applicato) Periodo fascista - Nella seconda metà degli anni ’20 ha piena attuazione il progetto mussoliniano di costruire uno Stato totalitario. “Tutto all’interno dello Stato” è una concezione che riprende la concezione gentiliana di Stato etico: l’istituzione statale è il fine ultimo a cui devono tendere le azioni degli individui, lo Stato è il fine l’individuo è il mezzo per raggiungere le finalità della Nazione. - Inizi anni ’30, grandissima riforma del sistema di giustizia penale. Il legislatore fascista era un legislatore attento e infatti mentre il legislatore liberale non era riuscito a fare la riforma insieme del codice penale e insieme di quello di procedura, il legislatore fascista adotta il tuttora vigente codice penale, il codice di procedura penale e il regolamento penitenziario (il sistema di giustizia penale viene trattato in modo sistematico). 12 • Codice Rocco del 1930 à controriforma: codice autoritario Redatto da Vincenzo Manzini (giurista friulano) su incarico del guardasigilli Alfredo Rocco. - Codice autoritario, basato sul rifiuto della presunzione di innocenza (“una stravaganza derivante da quei vieti concetti, germogliati dai principi della Rivoluzione francese, per cui si portano ai più esagerati e incoerenti eccessi le garanzie individuali”: Rocco,relazione al Progetto preliminare del c.p.p. e “assurdità teorica”: Manzini, Manuale di Procedura penale, 1914) - Rafforzato il PM (dipendente dal potere esecutivo: l’art. 69 ord. giud. del ’41 stabiliva che il PM esercita le funzioni “sotto la direzione del Ministro della giustizia”) - Estromessi i difensori dalla fase istruttoria - Eliminati i termini massimi di carcerazione preventiva - Aumentati i casi di cattura obbligatoria - Eliminate le nullità assolute (concepite come garanzie borghesi volta a tutelare in modo formalistico l’imputato) Dopo la Costituzione La Costituzione del ’48, rovescia i postulati ideologici tipici del regime fascista: o Impostazione personalistica (ART. 2) à i diritti fondamentali dell’individuo preesistono e la persona non può mai essere strumentalizzata. L’individuo è sempre il fine (Kant). o Riconosce una serie di diritti fondamentali: Inviolabilità della libertà personale (art. 13), inviolabilità del domicilio (art. 14), segretezza delle comunicazioni (art. 15), inviolabilità della difesa (art. 24, comma 2), precostituzione del giudice (art. 25), presunzione di non colpevolezza (art. 27, comma 2), obbligo di motivazione dei provvedimenti giurisdizionali (art. 111), ricorribilità per cassazione dei provvedimenti sulla libertà personale (art. 111) Subito dopo la sua entrata in vigore discussione sulla necessità di riformare il CPP. A. Ma appena nel 1955 ci sono alcune riforme parziali del codice (l. 517/55) e interventi della Corte costituzionale (stagione del garantismo inquisitorio definita da Enio Amodio) attuando a partire dagli anni’60 i principi costituzionali all’interno di un CPP che è sostanzialmente autoritario, inquisitorio con alcune garanzie fondamentali (il diritto alla difesa nella fase dell’istruzione e il diritto al silenzio. B. Contemporaneamente si sviluppa un dibattito dottrinale per la redazione di un nuovo codice (necessità di adottare un modello processuale nuovo): è compito della cultura processuale prima e poi del legislatore, prospettare l’adozione di un nuovo codice, che consentisse di re- legittimare democraticamente sulla base dei principi costituzionali la giustizia italiana (crisi degli anni’50). o Bozza di Carnelutti: Francesco Carnelutti incaricato di redigere una bozza per un nuovo CPP. (Chiama alcuni giuristi, magistrati, professori di procedura penale e presenta nel 1963 una bozza, che sostanzialmente è scritta da lui, tra i colleghi c’era anche Giuliano Vassalli protagonista della fase di adozione del nuovo CPP) Presentazione: esigenza di semplicità à “man mano che la scienza progredisce, la semplificazione succede alla complicazione… Il problema della semplificazione, nel campo del diritto, riguarda la distribuzione dei compiti tra il legislatore e il giudice. Un codice non può essere impostato sulla sfiducia verso il giudice e pertanto sulla necessità di guidarlo passo per passo, come si fa con i bimbi quando cominciano a camminare. In altre parole, la legislazione non deve togliere respiro alla giurisprudenza. Soltanto così si potrà raggiungere la individuazione del processo, non meno benefica che la individuazione della pena” (estensione al processo penale del principio di elasticità) ↓ E’ accaduto tutto il contrario, si è costruito un codice molto complesso e gli interventi che si sono susseguiti nel corso degli anni ‘90 e degli anni 2000 sul CPP sono stati basati sulla sfiducia nei confronti dei giudici. Carnelutti sostiene che il problema è quello del rapporto tra legislatore e giudice, distribuzione dei 15 Grandi aspettative e una consapevolezza, quella che si legge nelle parole “il buon esito della riforma del processo penale, indubbiamente rispondente a esigenze di civiltà, dipenderà dal modo in cui si affronteranno i numerosi e non lievi problemi connessi. Solo se la magistratura e le forze di polizia sapranno tempestivamente adeguarsi alla nuova realtà e saranno adeguatamente sostenute dai competenti organismi statuali, la repressione della criminalità … non soltanto non subirà arresti o ritardi ma potrà anzi incrementarsi, soprattutto sotto il profilo qualitativo” (G. Falcone, Criminalità organizzata e nuovo processo penale, 1987) Dietro le parole di Falcone c’è una preoccupazione, perché il nuovo CPP attua i caratteri del sistema accusatorio e sposta l’asse dalla difesa sociale alla tutela dell’individuo, in una intercettazione dell’88 tra due boss mafiosi si diceva per fortuna entra in vigore il nuovo codice di procedura penale e saremo tranquilli, perché dicevano basterà investire un po’ dei proventi della nostra attività criminale negli avvocati e questo ci metterà al riparo dalla lotta condotta dallo stato; questa è la preoccupazione che sta dietro alle parole di Giovanni Falcone. Anni ‘90 Inizi anni ’90 il nuovo CPP al di là delle difficoltà pratiche, la questione più problematica era la mentalità degli operatori del diritto. Ulteriori difficoltà emerse dalle nuove emergenze dei primi anni ’90 (febbraio ’92 parte Manipulite con l’arresto di Mario Chiesa) 1992: annus horribilis per il nuovo CPP: il 23 maggio assassinato Giovanni Falcone e il 19 luglio ucciso Borsellino. [Il nuovo CPP muove i primi passi in un contesto storico difficilissimo: il progetto penale del ‘78 era stato abbandonato per l’emergenza terroristica, ma in Italia le emergenze legate alla difesa sociale sono ricorrenti, agli inizi degli anni ‘90 si deve far fronte alla emergenza corruzione da un lato e alla emergenza legata alla recrudescenza della sfida tra Corleonesi e Stato con le stragi di Capaci e di Via d’Amelio.] Intervento della Corte Costituzionale Nel ‘92 i capisaldi del nuovo modello , in particolare il Principio del contraddittorio per la prova e il Principio di separazione tra le fasi, vengono abbattuti e con tre sentenze della Corte costituzionale: [Principio di separazione tra le fasi significa che tutto ciò che un potenziale testimone o accusatore dice nelle indagini preliminari non può essere utilizzato come prova in dibattimento] 1) Sentenza 24/1992 : che riguarda l’art. 195 à la testimonianza indiretta della polizia giudiziaria. 2) Sentenza 254/92: che si riferisce all’art. 500 à il valore delle contestazioni dibattimentali. 3) Sentenza 255/92 : questa riguarda il art. 513 à il valore delle precedenti dichiarazioni rese dal correo. Sulla base dell’art. 513 se il correo ha reso delle dichiarazioni accusatorie nelle indagini preliminari e poi in dibattimento si avvale della facoltà di non rispondere, quelle dichiarazioni rese in precedenza nel corso delle indagini preliminari non possono essere utilizzate; è un 16 grande problema nei processi per criminalità organizzata e nei processi per i reati di corruzione. ↓ Principio di non dispersione della prova (principio antinomico rispetto al principio del contraddittorio per la formazione della prova) “il sistema accusatorio positivamente instaurato ha prescelto la dialettica del contraddittorio dibattimentale quale criterio maggiormente rispondente all'esigenza di ricerca della verità; ma accanto al principio dell'oralità è presente, nel nuovo sistema processuale, il principio di non dispersione degli elementi di prova non compiutamente (o non genuinamente) acquisibili col metodo orale” (Corte cost. 255/1992). Il principio di non dispersione non sta accanto all’oralità sta contro l’oralità, se si dà la possibilità di recuperare quello che si è fatto prima si svuota l’oralità. Intervento del legislatore d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito in l. 7 agosto 1992, n. 356 Di fronte all’emergenza della criminalità organizzata interviene il legislatore con il d.l. che modifica tra le varie norme anche l’art. 500 àsi consente di recuperare in dibattimento tutta l’attività o grande parte della attività compiuta in precedenza da parte del PM Le indagini preliminari nascevano come una inchiesta di parte secondo la vecchia idea corderiana tutta finalizzata alle determinazioni interne dell’ufficio del PM, perché poi il PM dovrà formare la prova in contraddittorio, la Corte cost. supera questo assetto e consente attraverso la non dispersione di recuperare in dibattimento quello che il PM ha fatto nel segreto nelle indagini preliminari. Conflitto Parlamento/magistratura Inchieste di Mani pulite: contemporaneamente soprattutto nelle inchieste di Mani pulite si utilizza lo strumento coercitivo, le misure cautelari vengono applicate estensivamente per ottenere la collaborazione dell’imputato. Incentiva alle persone coinvolte nei procedimenti penali a parlare prospettando una liberazione se si rendano disponibili alla collaborazione. 1°Governo Berlusconi (agosto ’94) il ministro della giustizia Biondi presenta il testo di un d.l. che era finalizzato a introdurre delle modifiche per quanto riguarda i reati di corruzione, di concussione (delitti contro la PA) e inoltre incideva proprio sulla disciplina delle misure cautelari: Scalfaro si rifiuta di firmare quel decreto, l’anno dopo interviene però il parlamento, governo Dini ha maggioranza è sensibile ai temi della tutela della libertà personale e nel frattempo si è innescato un vero e proprio conflitto tra magistratura che indaga sulla corruzione e la politica àla politica si difende ritenendo che vi sia stato un abuso degli strumenti coercitivi nel processo penale e si arriva alla l. 332 dell’8 agosto 1995 (significativo che le riforme in materia di giustizia si fanno sempre in agosto o in luglio a causa del periodo di sospensione feriale e dell’estate) ↓ L. 332/1995 Introduce tutta una serie di garanzie in materia di libertà personale e la possibilità di svolgere delle indagini difensive (per la prima volta) - Indagini difensive (art. 38 disp. Att.) à spostando il baricentro dal dibattimento alle indagini preliminari si rafforza molto la posizione del PM che è il dominus delle indagini preliminari e scatta l’esigenza, per ragioni di equilibrio tra le parti, di rafforzare la posizione del difensore. - Garanzia in tema di libertà personale à interviene per precisare i presupposti per l’applicazione delle misure cautelari, sulla base di sfiducia nei confronti del giudice art. 274 lett. a): dal silenzio dell’imputato non possono trarsi delle conseguenze in termini di pericolo dell’inquinamento delle prove o di pericolo di commissione di nuovi reati. L. 267/1997 Il Parlamento tenta, spinto dalla dottrina, di recuperare e ricostruire i pilastri del modello accusatorio abbattuti dalla Corte Costituzionale: lo scontro tra classe politica che ha al fianco la dottrina e la magistratura si fa molto aspro. Dato culturale per cui i magistrati e i giudici della Corte costituzionale si erano formati con il 17 vecchio codice e quindi con la mentalità secondo la quale è difficile accettare che ci siano degli elementi conoscitivi, che ci siano delle dichiarazioni di un potenziale testimone ma che non possono utilizzate per la decisione, solo perché non sono state formate seguendo un determinato procedimento. Dietro a ogni disposizione del CPP ci sono tensioni politiche, le leggi ad personam incidono sul CPP. Il parlamento si impegna, su sollecitazione della dottrina, per ristabilire i caratteri del sistema accusatorio perduti con la l. 267/1997 (agosto): - Riforma l’art. 513 , tornando alla formulazione originaria - Estensione orizzontale del contraddittorio à modifica l’istituto centrale dell’incidente probatorio, estendendo il contraddittorio: si prevede che le dichiarazioni dei correi, dei coimputati, degli imputati in un procedimento connesso possano essere assunte in incidente probatorio (art. 392 lett. c) e d)) anche se non sussiste un requisito di non rinviabilità della prova. Il legislatore del ‘97 tenta di ricostruire barriere tra indagini preliminari e dibattimento che erano andate perdute e prevede sostanzialmente l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dal correo nel corso delle indagini preliminari. ↓ Intervento della Corte costituzionale Dopo l’entrata in vigore della legge giungono raffiche di eccezioni di legittimità costituzionale, la magistratura nuovamente si ribella attraverso le eccezioni di legittimità: afferma che vi è un principio di non dispersione della prova sancito in costituzione, che legislatore è tenuto a rispettare. Nel ‘98 interviene nuovamente la Corte costituzionale con la Sentenza 361/1998: sentenza molto diversa dalla triade di sentenze del ‘92, molto più attenta ai principi del nuovo CPP, ma interviene di nuovo sull’art. 513 dichiarandone, nella versione del ‘97, la illegittimità costituzionale; la sentenza non s’ispira al principio di non dispersione della prova. [questa sentenza viene vissuta malissimo del parlamento: la Corte boccia il parlamento] Avviato l’iter per l’inserimento in Costituzione dei principi del contraddittorio Legislatore prende atto della necessità d’inserire i Principi del giusto processo in Costituzione. Giorno successivo alla pubblicazione della sentenza della Corte viene avviato l’iter per inserire il principio del contraddittorio nella formazione della prova in Costituzione. L’unico strumento per la riaffermazione del modello processuale adottato nell’88 è la sua costituzionalizzazione. In 1 anno si arriva all’approvazione alla quasi unanimità della l. cost. 23 novembre 1999, n°2, che introduce i primi sei commi dell’ART. 111, che sanciscono i principi fondamentali del processo penaleà recepiscono in larga parte i principi che erano desumibili dall’art. 6 della CEDU. [La costituzionalizzazione ha alle spalle uno scontro durissimo tra parlamento e magistratura; Dambrosio: “così hanno ucciso mani pulite”] Anni successivi alla riforma sono segnati da una duplice linea di evoluzione (interventi per molti versi contraddittori): 1) Leggi di attuazione dei principi del giusto processo Legge 397/2000 o disciplina le investigazioni difensive nel 2000 il legislatore interviene con una disciplina organica e introduce nel libro V del CPP un titolo, il Titolo VI bis che è rubricato proprio “investigazioni difensive” à per dare attuazione al principio di parità tra le parti sancito dall’ART. 111 c.2 Cost. Legge 63/2001 o ridisciplina in particolare quelli che erano stati i nuclei della disputa: l’art. 195 (testimonianza indiretta, oggetto della prima declaratoria di illegittimità sent. 24 del 92), l’art. 500 ( norma che disciplina le contestazioni al testimone nell’esame dibattimentale). o Si reintroduce la regola secondo la quale le dichiarazioni che sono state rese dal testimone 20 dell’architettura processuale penale e la dorsale fondamentale passa attraverso: a) ART. 2 Cost. → principio personalistico Idea che l’individuo non può mai essere strumentalizzato per finalità ultraindividuali: la persona umana è il fine mai può essere il mezzo. • dipende dalla necessità di segnare una discontinuità forte rispetto ai postulati ideologici del regime fascista. • Nesso forte con il processo penale: p. es. nell’ordinamento fascista era la regola che la misura cautelare più grave (la carcerazione preventiva) fosse utilizzata per ragioni di difesa sociale, per ragioni di esemplarità → l’individuo singolo veniva utilizzato per dare una risposta alla collettività, non è mai possibile nel nostro ordinamento costituzionale. b) ART. 27 c.2 Cost. → presunzione di innocenza Si ricorda dalle parole di Manzini e poi dalla relazione Rocco al CPP del 1930 come la presunzione di innocenza fosse stato uno dei bersagli del legislatore fascista (“Bieco concetto germogliato dalla Rivoluzione Francese”) Il principio del nulla poena sine iudicio. la presunzione di innocenza opera come salvaguardia della giurisdizione → per avere una pena bisogna avere prima un giudizio, un accertamento sull’effettiva responsabilità. L’accusa è solo una ipotesi di responsabilità che va accertata nel corso del processo, tramite il processo. c) ART. 111 Cost. → “la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” Il giusto processo è una formula riassuntiva di tutte le garanzie costituzionali preesistenti all’ART.111 e disciplinate dallo stesso articolo. Il 111 viene riformato nei primi sei commi solo nel 1999. Tonini è 111 centrico → riconduce tutto al 111: ciò è condivisibile con riferimento al c.1, nel senso che quel richiamo al giusto processo fa sintesi di tutte le garanzie che sono previste in Costituzione, però è limitativo ricondurre tutto al 111, perché ci sono molte garanzie fondamentali che stanno fuori dal 111 e che preesistevano allo stesso 111. Quelle garanzie sulle quali la stessa Corte costituzionale lavorò nel corso degli anni’60 nella stagione del garantismo inquisitorio, ovvero: a) Garanzie previste dalla Parte I della Costituzione ↓ • le libertà fondamentali: libertà personale, libertà di domicilio (inviolabilità del domicilio), segretezza e libertà della comunicazione (ART. 15 Cost), quelle che riguardano di più il processo penale dalle misure cautelari alle perquisizioni cioè mezzi di ricerca della prova, che necessariamente confliggono con alcune libertà fondamentali. • il diritto di difesa: ART. 24 c.2, che riconosce la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. • patrocinio ai non abbienti, ART. 24 c.3 “sono assicurati ai non abbienti con appositi istituti i mezzi per difendersi davanti a ogni giurisdizione.” • ART. 24 c.4 “la legge determina le condizioni e i modi per la riparazione degli errori giudiziari.” • il principio del giudice naturale precostituito per legge → ART. 25 c.1 b) Garanzie e principi posti dalla Parte II della Costituzione dedicata all’ordinamento della Repubblica → Tit. IV è rubricato “La magistratura” ↓ • L’indipendenza funzionale del giudice: ARTT. 101 e 102 • L’indipendenza esterna della magistratura, garantita attraverso l’istituzione del CSM come strumento di autogoverno della stessa: ARTT. 104\105\106. 21 • L’indipendenza interna del singolo magistrato nei confronti di altri magistrati: ART. 107 → i magistrati si distinguono tra loro soltanto per diversità di funzioni, non c’è una gerarchia all’interno della magistratura (al massimo all’interno delle procure vi è un rapporto gerarchico) • Garanzie di contesto → obbligatorietà dell’azione penale (ART. 112“ il pm ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”.), che fa da pendant all’ART. 101 c.2 per il PM “i giudici sono soggetti soltanto alla legge” • Dipendenza funzionale della p.g. dall'autorità giudiziaria → ART. 109 “L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria” (Non avrebbe senso prevedere l’indipendenza della magistratura e del pubblico ministero se poi il PM non disponesse della p.g. per svolgere le indagini.) Contenuto ART. 111: • c. 2,6,7 → previsione dei principi generali • c. 3 → diritti dell’accusato nel processo penale • c. 4 e 5 → principi del contraddittorio in senso forte, cioè il contraddittorio per la prova, nella formazione della prova (costituzionalizzato a seguito dello scontro tra Parlamento e Corte costituzionale) Il giusto processo regolato dalla legge ART. 111 c.1 “La giurisdizione di attua mediante il giusto processo regolato dalla legge” GIUSTO PROCESSO Origine e radici culturali • Due process of law del V e XIV emendamento alla Costituzione statunitense; non è proprio il giusto processo ma è il dovuto processo regolato dalla legge. In questa formula emerge un approccio culturale americano, l’idea che contano di più le forme dovute, il metodo che la sostanza, l’esito. Differisce dal nostro giusto processo, però sicuramente costituisce uno degli archetipi ai quali il legislatore costituzionale guarda alla fine degli anni ’90. • Fair trial o procès équitable di cui all’art. 6 C.e.d.u. (a partire dagli anni ‘60); si sviluppa nella giurisprudenza della Corte europea di Strasburgo a partire soprattutto dagli anni ’70 e ’80. Art. 6 della Cedu “ogni persona ha diritto ad un’equa e pubblica udienza”. Nella versione italiana è il diritto all’equo processo. • Giurisprudenza costituzionale (a partire dagli anni ‘80) in una serie di sentenze che hanno come relatore Andrioli che utilizza per la prima volta la formula “giusto processo” con riferimento al problema della “imparzialità del giudice”. La corte parla di giusto procedimento in una sentenza dell’80, di equo processo nella sentenza 200/86 e poi di processo giusto e di giusto processo nelle sentenze 66/156 /220 dell’86. Nel corso degli anni ’90 il giusto processo assurge a vero e proprio principio al quale la corte costituzionale si riferisce quando deve trattare profili, norme che hanno a che fare con l’imparzialità del giudice, perché l’imparzialità non era un valore costituzionalizzato prima del 1999. La Corte dice che dal sistema di garanzie desumibili dalla costituzione, in particolare dall’ART. 25 c.1 e da tutta una serie di garanzie istituzionali, quella previste dalla seconda parte si desume implicitamente l’esistenza di uno dei connotati del giusto processo e uno di questi connotati era rappresentato proprio dalla imparzialità del giudice. La corte dice “l’imparzialità del giudice rappresenta un connotato intrinseco della attività del giudice in quanto non finalizzato al perseguimento di alcun interesse precostituito”. [Il legislatore nel 1999 trae la formula del giusto processo direttamente dalla giurisprudenza costituzionale. Riesce ad arrivare alla riforma dell’ART. 111 in 1 anno perché era già stato fatto un lavoro preparatorio in sede di Commissione Bicamerale negli anni precedenti. 22 Il progetto della Commissione bicamerale era stato approvato il 4 novembre del 1997 e all’art. 130 conteneva anche la formula del giusto processo, quindi è una locuzione che era già entrata nel lessico politico e anche nel linguaggio giuridico.] Significato di giusto processo • Visione teorica à il giusto processo è quello che sarebbe scelto da persone razionali in una situazione di ideale imparzialità, perché ignare del ruolo che le attende. Sulla base di quella allegoria contenuta nel volume sulla teoria della giustizia di Rawls del velo dell’ignoranza, secondo il quale i cittadini dovrebbero valutare i principi di giustizia all’interno della società non sapendo il ruolo che poi avranno in quella società. Allo stesso modo il giusto processo dovrebbe essere valutato da un cittadino che non sa che ruolo avrà nel processo un domani, il ruolo di PM, di giudice, di imputato, di vittima del reato; questo è un buon canone metodologico per fornire una valutazione imparziale. • Visione giuridica a) Una formula sostanzialmente riassuntiva e simbolicamente rafforzativa di tutte le direttive costituzionali, i valori universalizzabili sono già costituzionalizzati (e questa è la posizione che è più condivisibile). b) La formula avrebbe una vena giusnaturalistica, cioè ci si dovrebbe riferire a valori che stanno al di sopra della legge scritta, ricavati dalla natura e dalla ragione secondo i canoni e i moduli del giusnaturalismo (accolta anche da Tonini) Tonini fa riferimento a una “Giustizia” à in realtà tutti questi valori, principi fondamentali desumibili dall’esercizio della ragione sono sostanzialmente costituzionalizzati e quindi è meglio dire che la formula del giusto processo si limiti a richiamare in via sintetica e a rafforzare sul piano simbolico, si ricordi la giurisprudenza sulla imparzialità, ascrivere un principio come quello di imparzialità al giusto processo serviva alla corte per rafforzare quel principio di imparzialità che non era esplicitamente costituzionalizzato. ↓ Significati dell’espressione “giusto processo” 1. Funzione essenzialmente riassuntiva e rafforzativa di tutte le direttive costituzionali. 2. Clausola di chiusura: trasformatore di valori non esplicitamente costituzionalizzati, magari previsti da fonti internazionali in un canone del giusto processo. Es. vi è un unico principio che forse non è ascrivibile ai valori supremi della giustizia ed è quello della pubblicità dei processi. Attraverso la formula del giusto processo, passando per la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, si può ritenere che anche nel nostro ordinamento il principio di pubblicità sia sostanzialmente costituzionalizzato. 3. La formula è una direttiva agli operatori del diritto ed un richiamo alla lealtà processuale. Il modello accusatorio, dialettico è un modello molto alto e democratico; il valore del conflitto in senso positivo, della dialettica, del confronto si traduce sul versante processuale penale nel contraddittorio à il modello accusatorio è molto apprezzabile ma è molto oneroso, impone il principio di responsabilità di cui noi siamo carenti. Si allude all’abuso degli istituti processuali che viene compiuto tanto dal PM quanto dai difensori: es. il PM appena riceve una notitia criminis deve iscrivere il nome della persona che si ritiene che abbia commesso un reato nel registro delle notizie di reato, perché da quel momento inizia il procedimento penale e soprattutto iniziano a decorrere i termini massimi di durata per le indagini preliminari. Il PM da quel momento sa che avrà 6 mesi, 12 mesi o al max 24 mesi per portare a termine le indagini preliminari, quindi vi è un vincolo temporale. Molto spesso il PM anche se conosce il nome della persona ed è tenuto ad iscriverlo, iscrive soltanto la notizia criminis senza aggiungere anche il nome di Tizio, perché intanto fa delle indagini poi quando sa che riuscirà a rispettare il termine iscrive anche il nome e quindi sposta in avanti il momento dell’iscrizione e il momento ultimo di scadenza del termine per le indagini preliminari. Questa è una condotta che si traduce in un abuso di un istituto processuale, in un abuso del diritto contrario proprio ai principi di lealtà processuale. Simmetricamente il difensore talvolta alla fine delle indagini preliminari, visto che il PM ai sensi 25 ‘92 o del ‘98. Critiche di Gialuz alla concezione rigorosa La concezione rigorosa della legalità processuale penale è una posizione legata troppo ad un paradigma giuspositivistico ed è una visione apparentemente superata dei rapporti tra legislatore e giudice. E’ comprensibile e condivisibile che il legislatore debba descrivere in maniera puntuale e precisa un fatto di reato nella norma incriminatrice, ma è esagerato pretendere la stessa precisione e puntualità per una norma processuale, bisogna tener conto per la norma processuale di quelle esigenze di elasticità, il principio di elasticità di cui parlava Carnelutti. Ciò non significa che non si debba garantire l’altro valore fondamentale sotteso alla legalità ovvero quello della certezza: questo è un altro piano, la riserva di legge opera sul piano dei rapporti tra parlamento e giudice, tra parlamento e magistratura; l’altro è un principio che non a caso la Corte Europea definisce principio fondamentale, che esiste tanto negli ordinamenti continentali quando di Common law. Pretendere oggi che la Corte Cost. non possa pronunciare delle sentenze manipolative in materia processuale e che il legislatore debba disciplinare in maniera puntuale e precisa il processo penale per legare le mani al giudice e limitare al massimo la sua discrezionalità in materia processuale è esagerato (stiamo parlando della condotta del processo non della applicazione delle norme sostanziali all’interno del processo, sono due piani distinti) Gialuz ritiene preferibile accogliere una concezione attenuata della legalità. B. Concezione attenuata della legalità L’ART. 111 c.1 fisserebbe una riserva di legge con una portata relativa, cioè vi sarebbe spazio in materia processuale anche per altre fonti integratrici e subordinate: i regolamenti, la stessa consuetudine, i protocolli, le linee guida e così via. Posizione non maggioritaria in dottrina ma tiene conto più dell’altra delle evoluzioni che sono sotto i nostri occhi a livello di fonti del diritto. A fianco a questa norma generale che pone una riserva relativa ci sarebbero delle riserva assolute nelle materie prima citate, nelle materie che si riferiscono ai diritti fondamentali: ARTT. 13, 14, 15, 16 e alla costituzione del giudice (25 c.1). Corollari della riserva relativa Legge disciplina il principio à non vi è un vincolo per il legislatore paragonabile a quello sussistente in materia penale sostanziale: la legge può limitarsi alla disciplina di principio e poi può essere specificata da fonti subordinate. No divieto di analogia in malam partem à per quanto concerne il giudice, il divieto di analogia sussiste solo con riguardo a norme eccezionali ai sensi dell’art. 14 delle Preleggi: quindi non opererebbe quel principio del divieto di analogia in malam partem che è uno dei corollari del principio di legalità sostanziale (25 c.2) ma opererebbe soltanto, come in materia processuale civile o civile, il vincolo del 14 Preleggi. Dove sussiste un Principio di tassatività previsto dal legislatore stesso, per esempio in materia di nullità, lo stesso art. 177 che pone il principio di tassatività: in una materia come quella dell’invalidità o delle nullità che è coperta dal principio di tassatività , non può operare l’analogia, il giudice non può applicare analogicamente le norme. Ma se non vi è una previsione esplicita o se non vi è una norma eccezionale allora in materia processuale il giudice ha uno spazio più ampio rispetto alla materia sostanziale. Principi generali posti dall’ART. 111 (c.2,6,7) • c.2 “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo ed imparziale; la legge ne assicura la ragionevole durata” [“Ogni processo” à si tratta di principi che riguardano qualsiasi processo penale, civile e 26 amministrativo, principi generali.] ↓ a) Contraddittorio in senso lato b) Parità delle armi (condizioni di parità) c) Principio della terzietà e imparzialità d) Ragionevole durata e) Contraddittorio in senso forte (si riferisce al solo processo penale, stabilito dal c.4 “Il processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova” àContraddittorio per la prova) + • c.6 “tutti i provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati” • c.7 “contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale, pronunciati dagli organi giurisdizionali ordinari o speciali è sempre ammesso ricorso in Cassazione per violazione di legge. Si può derogare a tale norma soltanto per le sentenze dei tribunali militari in tempo di guerra.” ↓ altri principi fondamentali, nuovamente riferibili a tutti i processi: f) Obbligo di motivazione. g) Ricorribilità per Cassazione delle sentenze o dei provvedimenti sulla libertà personale. Sulla libertà personale, non dice provvedimenti restrittivi della libertà personale ma sulla, quindi locuzione più ampia. a)Contraddittorio in senso lato - Si tratta del canone tradizionale dell’ “audiatur et altera pars”(si senta anche l’altra parte) In qualsiasi processo che ha luogo in uno Stato democratico, il processo è lo spazio del conflitto, come il parlamento è lo spazio del conflitto politico, così il tribunale è lo spazio del conflitto giudiziario. Ciascuna parte deve avere modo di portare la propria posizione, il proprio punto di vista e contribuire a scrivere in qualche modo la decisione finale, deve dare un contributo al dibattito sul tema che è oggetto del processo. - Si tratta di un contraddittorio in senso debole perché dal punto di vista probatorio è un contraddittorio argomentativo o sulla prova, contraddittorio che veniva garantito anche nel vecchio sistema inquisitorio dove nel dibattimento vi era la possibilità per le parti di esprimere il loro punto di vista sulle prove assunte in precedenza, ma era un contraddittorio appunto sulla prova, su un elemento conoscitivo già cristallizzato. - Questo principio veniva desunto dall’ART. 24 c.2 Cost. (diritto di difesa) da cui la giurisp. Costituzionale, nella stagione del garantismo inquisitorio, introduce alcune garanzie per la difesa affermando il contraddittorio in senso argomentativo basandosi sull’ART. 24 c.2. - Nel processo penale, oltre che come regola generale secondo la quale laddove bisogna prendere una decisione ci deve essere un confronto dialettico tra le parti, le parti debbono essere poste nelle condizioni di contribuire, di fornire degli argomenti sul punto e trova applicazione nell’ambito della prova dei fatti processuali. - Art. 187 c.2 “sono altresì oggetto di prova i fatti dai quali dipende l’applicazione di norme processuali.” à nel processo, sulla base del c.1 vanno provati i fatti che si riferiscono alla imputazione, per i fatti sostanziali, mentre per i fatti che si riferiscono alla imputazione opera il principio del 111 c.4 (contraddittorio in senso forte nella formazione della prova) per i fatti processuali che debbono comunque essere provati, si pensi ad es. la richiesta di restituzione del termine (la persona non ha potuto rispettare un termine perché impedito da una causa di forza maggiore) dovrà provare che quella mattina non si è potuto recare in tribunale perché ad es. vi è stato un terremoto o un caso fortuito, in questo caso per la prova di questo fatto processuale, che è il fatto da cui dipende l’applicazione di una norma processuale, quella che disciplina la restituzione dei termini, non opera il principio del contraddittorio forte ma il principio generale 27 del contraddittorio in senso debole. b)Principio di parità delle parti • La corte di Strasburgo è molto chiara nel dire che il principio della parità delle parti è uno dei tasselli fondamentali del processo equo elaborato a livello europeo. Sebbene non risulti esplicitato dall’art. 6 C.e.d.u., la Corte di Strasburgo ha ribadito a più riprese l’importanza del principe de l’égalité des armes (C. Edu, 28-9-2001, F.R. c. Svizzera, § 34) A differenza del 111, l’art. 6 Cedu non lo esplicita. Il 111 e 6 Cedu non sono perfettamente sovrapponibili: nel 111 non c’è la pubblicità e nel 6 c’è la pubblicità, nel 111 c’è il principio di parità delle armi mentre nel 6 non c’è, ma la corte di Strasburgo lo desume proprio dal concetto di equità processuale, così come la giurisprudenza costituzionale aveva desunto l’imparzialità dal principio del giusto processo. • Parità delle parti (l’egalitè des armes) non significa, soprattutto nel processo penale, identità assoluta di poteri e di doveri perché vi è una naturale asimmetria tra le parti: il PM è una parte pubblica che persegue un interesse generale, l’imputato e il suo difensore è una parte privata che persegue interessi individuali à vi è una naturale asimmetria per cui la parità delle parti non può essere concepita come identità tra i poteri processuali del PM e dell’imputato, ma va concepita come tendenziale parità tra le parti. Dunque vi è parità tendenziale di poteri, di diritti nel processo: alcune disparità possono essere ammesse, ma sono ammesse in quanto siano ragionevoli, non sono consentite delle disparità irragionevoli che non trovino giustificazione in quella differenza istituzionale, essenziale, ontologica che sussiste tra imputato e PM • Giurisprudenza costituzionale à nel processo penale, il principio di parità tra accusa e difesa non comporta necessariamente l’identità tra i poteri processuali del pubblico ministero e quelli dell’imputato: una disparità di trattamento può, infatti, «risultare giustificata, nei limiti della ragionevolezza, sia dalla peculiare posizione istituzionale del pubblico ministero, sia dalla funzione allo stesso affidata, sia da esigenze connesse alla corretta amministrazione della giustizia» (Corte cost. 46/2004; 165 e 110/2003; 347 e 83/2002; 421/2001) • Corte cost. 26/2007: ha dichiarato illegittimo, per violazione del canone di parità l’art. 593 come riformato dalla legge Pecorella (disparità di poteri irragionevole). àLa norma prevedeva l’inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, la Corte cost. in quel caso ha ritenuto che quella norma vietando in assoluto di impugnare le sentenze di proscioglimento introducesse una disparità irragionevole tra PM e imputato. Mentre l’imputato poteva sempre appellare la sentenza a se sfavorevole, il PM non avrebbe potuto impugnare la sentenza a se sfavorevole se non in casi eccezionali, questa disparità di trattamento fu ritenuta irragionevole e e dunque illegittima con riferimento all’ART. 111 c.2. d)Ragionevole durata Secondo il 111 c.2 ult. Parte “la legge assicura la ragionevole durata del processo” Questa formulazione presuppone un approccio oggettivo alla garanzia: è il legislatore che deve garantire la ragionevole durata. Diverso invece è l’approccio dell’art. 6 della Cedu, che è un approccio soggettivo: “ogni persona ha diritto a una equa e pubblica udienza entro un termine ragionevole”. Quindi la ragionevole durata viene concepita come un diritto dell’imputato nella Cedu; mentre nel nostro ordinamento il 111 la configura come una garanzia oggettiva che deve essere garantita, deve essere attuata dal legislatore. Questa differenza dipende dalla struttura della Costituzione e della natura della cognizione della Corte costituzionale da un lato e dalla struttura e natura della cognizione della Corte di Strasburgo dall'altro: la Corte Costituzionale è un giudice che valuta in termini generali e astratti sulla legittimità di una norma di legge, la Corte di Strasburgo invece è un giudice che decide in relazione a un caso concreto se il diritto del singolo è stato o meno violato nella vicenda processuale specifica. Si è molto discusso delle conseguenze di questa differente impostazione a livello dottrinale in realtà 30 della consumazione del potere di impugnare, non si può attribuire due impugnazioni, altrimenti si va avanti all’infinito. Si ritiene che una volta che l’appello è stato proposto dal difensore d’ufficio, l’imputato contumace non può più chiedere la restituzione nel termine ai sensi del 175 c.2. Su questo diritto vivente viene sollevata eccezione di costituzionalità della norma come interpretata dalle SSUU Uzuneanu ↓ si giunge alla 317\09 della Corte Cost. “il diritto di difesa ed il principio di ragionevole durata del processo non possono entrare in comparazione ai fini del bilanciamento, indipendentemente dalla completezza del sistema delle garanzie, ciò che rileva è esclusivamente la durata del giusto processo”. La Corte afferma che non si può assolutamente ridurre una garanzia difensiva in nome della ragionevole durata del processo. Questo perché la Costituzione parla di durata ragionevole e la durata ragionevole è solo quella del processo giusto, cioè del processo che si compendia di tutte le garanzie difensive. In quell’aggettivo “ragionevole” sta il bilanciamento ma non si può invocare il principio della ragionevole durata del processo per far arretrare le garanzie difensive. L’efficienza del processo non può essere raggiunta a scapito del diritto di difesa, quindi il principio della ragionevole durata non può essere invocato per ridurre delle garanzie difensive, cioè le garanzie difensive non saranno ragionevoli o irragionevoli in sé, bisognerà valutare una ragionevolezza intrinseca, una garanzia potrà essere ritenuta in tanto costituzionalmente legittima sulla base dell’ART. 3 Cost in quanto sia effettivamente efficiente, cioè non sia vuota, non sia un mero ostacolo al processo, ma ciò deve essere effettuato ai sensi dell’ART 3. non richiamando il 111 c.2 sulla ragionevole durata. In precedenza la Sentenza 458/2002 Corte Cost: dice chiaramente come non si può effettuare un bilanciamento diretto tra diritto di difesa e principio della ragionevole durata. Perché c’è un indice testuale che sostiene questa interpretazione ulteriore rispetto all’aggettivo “ragionevole” del 111 c.2, ed è il richiamo alla inviolabilità del diritto di difesa, che è inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. Significato che si tende a dare alla inviolabilità è quello di una prevalenza del diritto di difesa rispetto agli altri beni costituzionali che vengono in gioco e possono entrare in conflitto con esso. ↓ Questa presa di posizione della Corte Cost. depotenzia molto il principio della ragionevole durata e toglie uno strumento dalle mani della Corte Costituzionale, mentre sicuramente quello strumento per compiere una valutazione in concreto lo ha la corte di Strasburgo. Adozione della “legge Pinto” La Corte di S. ha continuato nel corso degli anni ’90 e anche nel corso degli anni 2000 a condannare ripetutamente l’Italia per la violazione dell’art. 6 Cedu. Di fronte ad una serie infinita di condanne e alla mancanza di rimedi interni alla irragionevole durata del processo, il legislatore italiano è intervenuto con la legge Pinto. La legge Pinto è la l. 89 /2001, che ha previsto la possibilità di chiedere un indennizzo per l’irragionevole durata del processo. All’art. 2 c.2 riprende i criteri che erano stati elaborati dalla Corte di Strasburgo à nell’accertare la violazione il giudice considera: 1) La complessità del caso. 2) Il comportamento delle parti . 3) Il comportamento del giudice del procedimento e quello di ogni altra autorità chiamata a concorrervi e comunque a contribuire alla sua definizione. Risultati dell’applicazione della legge Pinto: La legge Pinto è stata applicata in maniera massiccia e ha portato ad una lievitazione dei costi 31 perché nel 2002 il ministero ha pagato 1200000 per far fronte agli indennizzi basati sulla legge Pinto, nel 2008 siamo arrivati a quasi 25000000. Due ragioni: 1- l’ordinamento italiano non riusciva più a riconoscere il diritto alla ragionevole durata neanche nei procedimenti ex lege Pinto, quindi violazione al quadrato del diritto alla ragionevole durata. 2- lo Stato ritardava nel pagamento degli indennizzi. ↓ Quindi la Corte di Strasburgo è stata chiamata a operare una sorta di meta-valutazione sulla irragionevole durata del processo ed ha richiamato ancora una volta l’Italia. Viste le somme spese per gli indennizzi se questi denari, come ha detto Carbone, venissero impiegati per rendere più efficiente il sistema della giustizia sarebbe meglio per tutti, perché sono denari che comunque escono dalle nostre tasche a vanno a tappare delle falle al posto di rinforzare la giustizia penale. È inquietante che ancora nel 2005, con una risoluzione interinale che il Comitato dei ministri ha ribadito che: “il problema della eccessiva lunghezza dei processi in Italia costituisce nel 2005 un pericolo reale per il rispetto del rule of law in Italia”, per il rispetto dello Stato di diritto in Italia. Il diritto alla ragionevole durata non è solo un diritto dell’imputato ma anche di tutti coloro che partecipano al processo e della collettività. à Dati sulla durata dei processi, tratti dalla relazione del primo presidente della Corte di Cassazione all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2011 sulla durata media dei procedimenti penali in Italia. - Tempi medi indagini à 400 giorni. - Il proc. davanti al tribunale da quando inizia il processo con il rinvio a giudizio dell’imputato fino alla conclusione del processo in primo grado à 317 giorni. - Il processo d’Appello à 738 giorni. - La Cassazione à 207 giorni. I dati che veramente inquietano sono quelli delle impugnazioni, soprattutto quelli relativi alle Corti d’Appello. à Dati della Commissione europea sull’efficienza della giustizia: La Commissione europea per l’efficienza della giustizia, Commissione istituita all’interno del Consiglio d’Europa, ha fatto delle ricerche sulla efficienza dei diversi sistemi e ha rilevato che di norma la durata ragionevole del processo è quella in cui le singole tappe del processo hanno una durata inferiore a due anni. ↓ Quindi due anni possono essere posti come punto di riferimento generale salvo una valutazione dei singoli casi, quando si parla di due anni per fase del procedimento penale viene in mente la tematica del processo breve. [Processo breve Disegno di legge che prevedeva una sorte di prescrizione processuale di 2 anni per ogni fase. Iniziativa lodevole negli intenti perché si richiamava nella relazione introduttiva l’ART. 111 c.2, necessità di attuare il principio costituzionale della ragionevole durata. Sbagliata nei modi, nel senso che il problema è far si che il processo si compia, arrivi ad un risultato e il risultato del processo è la decisione sul merito, colpevole e non colpevole entro i 2 anni per la singola fase, invece in quel caso si prevedeva l’estinzione del processo, una forma di prescrizione processuale. In sostanza bisognerebbe preoccuparsi prima di mettere la macchina giudiziaria nelle condizioni di funzionare e contemporaneamente aggiungere anche una prescrizione processuale, ma prevedere una prescrizione processuale senza rendere più efficiente la macchina significa condannare una serie enorme di processi a non arrivare alla fine o meglio arrivare ad un non liquet: alla dichiarazione di incapacità di decidere con costi sociali immensi. 32 Oggi è diventata una norma barzelletta: l’unico modo per garantire la ragionevole durata è modificare la disposizione sulla prescrizione contenuta nel codice penale, prevedendo un allungamento di tempi di prescrizione per i recidivi e una riduzione dei tempi di prescrizione per i soggetti incensurati. La disposizione che discrimina il tempo della prescrizione sostanziale sulla base della qualifica soggettiva di incensurato o di recidivo è una norma sostanzialmente irragionevole, perché il tempo della prescrizione dovrà essere valutato sulla base della gravità del reato, ma non sulla base della caratteristica soggettiva. La Corte costituzionale ha affermato che è irragionevole discriminare le persone sulla base della loro storia penale e non sulla base della gravità del fatto, ma non può intervenire a dichiarare incostituzionale nuna norma penale più favorevole e quindi non è intervenuta a dichiarare illegittima la norma del 159 che era stata modificata dalla legge ex Cirielli del 2005. L’unica norma prevista oggi dalla legge sul processo breve è un ulteriore ritocco del 159 nel senso di accorciare ulteriormente i tempi di prescrizione nei confronti degli incensurati.] L’attuazione della ragionevole durata La Costituzione prevede il principio della ragionevole durata e dice che la legge deve assicurare la ragionevole durata, quindi un onere del legislatore. • Legislatore à dovrebbe aggredire due cause di irragionevole durata 1- Piano ordinamentale Attiene alla distribuzione e grandezza degli uffici giudiziari “Una grave causa di disfunzione è l’irrazionalità della attuale distribuzione delle sedi giudiziarie, che sfugge ai più elementari principi di buona organizzazione degli uffici pubblici”… “In Italia ci sono 165 Tribunali e relative procure, di cui non pochi istituiti con leggi speciali ad hoc, e 220 sezioni distaccate di Tribunali. Di questi, 93 Tribunali e Procure, che rappresentano il 56% degli uffici giudiziari, hanno non più di 20 Magistrati, e circa 60 hanno sede in territori che già possono contare sull’esistenza di un Tribunale nella sede del capoluogo provinciale (abbiamo 19 Tribunali in Sicilia, con 4 Corti d’Appello, e 17 Tribunali in Piemonte; a Sulmona il Tribunale più piccolo ha 1 Presidente e 3 Giudici)” (Relazione del Primo Presidente della Corte di cassazione, 2009) Risalente nel tempo perché le attuali circoscrizioni giudiziarie sono ereditate sostanzialmente da quello che era il panorama esistente al momento della unificazione, se mai sono cresciute ma non si sono ridotte. In sostanza le circoscrizioni giudiziarie erano state disegnate per un’epoca in cui le persone si muovevano a cavallo e in cui si spedivano le lettere. In 150 anni non si è riusciti ad effettuare la prima modifica che andava fatta per garantire l’efficienza del sistema giustizia cioè la modifica delle circoscrizioni in modo tale che ci sia una distribuzione razionale dei magistrati, perché, in base ai dati delle relazioni della Commissione europea per l’efficienza della giustizia, il budget che l’Italia destina alla giustizia non è tanto inferiore a quello degli altri paesi, il rapporto tra magistrati e numero di cittadini non è particolarmente basso in Italia, sono piuttosto limitati i numeri di PM. E’ difficile dire che si elimina una circoscrizione dei tribunali, la politica è preoccupata dal consenso e non riesce ad effettuare questa che sarebbe la prima riforma da compiere per garantire l’efficienza e la giustizia. 2- Piano processuale à distinguere una prescrizione sostanziale e una prescrizione processuale distinguere la prescrizione sostanziale dalla prescrizione processuale. Uno dei problemi fondamentali è dato dalla confusione che c’è alla base dell’istituto della prescrizione, che è un istituto sostanziale, ma che viene utilizzato per fini processuali. Alla base della prescrizione vi sono due esigenze: a) Collettiva: tranne per reati molto gravi, la comunità dopo un certo tempo tende a dimenticare l’offesa al bene giuridico perpetrata attraverso il reato e quindi è giusto che dopo un certo periodo di tempo non si persegua più un soggetto quando la comunità non sente più sostanzialmente quel fatto come un’offesa. b) Individuale: il soggetto che ha commesso un reato, magari bagatellare tanti anni prima, non può 35 legislatore, il legislatore pone come diceva Bricola , in materia penale sostanziale, delle “norme magazzino”, in cui si può inserire dentro di tutto. Quindi a quella valutazione politica del legislatore si somma uno spazio di valutazione discrezionale anche del giudice e su questo spazio si pone un problema di legittimazione da cui nascono i conflitti tra Parlamento e magistratura, ma è un problema di tutte le democrazie occidentali. Altre norme costituzionali che si riferiscono alla motivazione e che ne enfatizzano la valenza garantistica: • ART. 13 c.2 à norma che prevede che la libertà personale possa essere limitata nel corso del processo soltanto nei casi e nei modi previsti dalla legge e soltanto per atto motivato dell’autorità giudiziaria. Quindi a tutela della libertà personale vi è una riserva assoluta di legge, una riserva di giurisdizione e un obbligo di motivazione specifico e quindi si rafforza quella garanzia prevista già in via generale dal 111 c.6. • ART. 14 c.2 e 15 c.2 Cost. g)Ricorribilità per Cassazione delle sentenze e dei provvedimenti sulla libertà personale Il 111 c.7 prevede: “contro le sentenze e contro i provvedimenti sulla libertà personale è sempre ammesso il ricorso in Cassazione per violazione di legge”. à fornisce sia una garanzia oggettiva che soggettiva. Garanzia oggettiva La disposizione recepisce quello che era il “sistema della Cassazione”, elaborato a livello teorico da Piero Calamandrei nella monografia “Cassazione civile” del 1919, il sistema prevedeva la costituzione dell’organo della Corte di Cassazione che ha una funzione di nomofilachia , cioè deve garantire la corretta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, e da un istituto processuale. Dunque la Corte di Cassazione doveva essere dotata di queste funzioni: a) Nomofilachia intesa come garanzia dell’esatta osservanza e uniforme interpretazione della legge à sono le funzioni oggi assegnate alla Corte di Cass. dall’art. 65 della l. di ord. giud. b) Ricorso per violazione di legge, cioè strumento processuale, mezzo di impugnazione che consente di strumentalizzare l’interesse individuale della persona che è destinataria di una sentenza, che vuole criticare quella sentenza e strumentalizzarla per ragioni ultraindividuali à è uno strumento che deve porre la corte di Cassazione nelle condizioni di realizzare le sue funzioni di nomofilachia: se la corte fosse giudice di merito non potrebbe realizzare quelle funzioni di nomofilachia (l’ordinamento “sfrutta” l’interesse individuale del ricorrente per realizzare la nomofilachia). La corte è giudice di diritto e quindi si portano davanti alla Corte di Cass. soltanto i problemi legati alla mancata applicazione della legge. Si tratta di garanzia oggettiva perché evidentemente la nomofilachia è funzionale all’uniforme interpretazione e applicazione della legge, che è a sua volta servente rispetto al principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Il sistema della Cassazione è finalizzato a dare attuazione in definitiva al principio di legalità sostanziale e processuale à si deve sapere a priori come cittadino che cosa è lecito e che cosa non lo è (certezza del diritto) e questo si realizza attraverso una previa norma di legge e anche attraverso la precostituzione di una Corte di Cassazione che governi la molteplicità nella interpretazione di quella norma. Non è sufficiente a garantire la certezza del diritto l’apposizione di una norma generale e astratta, ma è indispensabile anche che ci sia un giudice supremo, la Corte di Cassazione, che riconduca quanto più possibile a unità e uniformità le diverse interpretazioni che vengono date sul territorio nazionale e di quella disposizione. Quindi il sistema della Cassazione compendia ed è lo strumento di attuazione del principio di legalità. Garanzia soggettiva 36 La previsione dell’ART. 111 c.7 si traduce in una garanzia soggettiva perché consente al singolo coinvolto nel processo penale, ma in particolare all’imputato, di far valere dinanzi alla corte di Cassazione una violazione di legge perpetrata nel processo. Per violazione di legge si intende: a) una violazione della legge sostanziale b) una violazione della legge processuale (es. è stata utilizzata nel processo una prova che doveva restare fuori dal processo, una prova vietata dalla legge ottenuta attraverso ad es. la tortura) c) una violazione dell’obbligo di motivazione: a lungo si è discusso 111 c.6 rientrasse nel concetto di violazione di legge e quindi consentisse la ricorribilità per Cassazione à giurisp. e dottrina maggioritarie hanno risposto in termini positivi a questo quesito ↓ La Cass. realizza un controllo : - di legalità, dal punto di vista della conformità al diritto penale sostanziale. - di legittimità , dal punto di vista della conformità alle norme processuali penali. - di razionalità della decisione, laddove l’art. 606 lett. e) consente di far valere davanti alla corte di Cass. la manifesta illogicità della motivazione. PRESUNZIONE DI INNOCENZA La formulazione dell’ART. 27 c.2 Cost. è ambigua. E’ molto diverso, dal punto di vista della sua formulazione, rispetto all’art. 6 della C.e.d.u. oppure rispetto alla norma analoga del Patto internazionale, perché non si parla di una presunzione di innocenza in senso esplicito ma si dice: “l’imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva”. Dalla formulazione letterale questo articolo sembra porre una non presunzione di colpevolezza più che una presunzione di innocenza à in effetti una parte della dottrina, in particolare Giovanni Leone, aveva parlato di “non presunzione di colpevolezza”. Il costituente si sarebbe collocato in una posizione mediana tra: a) Principio della presunzione di innocenza del reo, che aveva una origina nell’illuminismo e poi era stata affermato con la dichiarazione dei diritti dell’uomo in sede di rivoluzione francese. b) e l’avverso principio adottato dall’ordinamento fascista, si ricordino le parole di Rocco contro la presunzione di innocenza come “vieto concetto figlio della rivoluzione francese” Quindi la costituzione avrebbe mantenuto una posizione di equidistanza, perché sul piano tecnico Manzini, che era ancora particolarmente influente e diceva che la presunzione di innocenza è un controsenso, nel momento in cui si formula una imputazione, si accusa una persona evidentemente un controsenso che lo si presuma innocente, lo si presume colpevole. Diverse posizioni derivate dalla ambigua formulazione: 1) Fissa una non presunzione di colpevolezza (Leone) Bisogna distinguere tra una concezione psicologica e una concezione normativa, dal punto di vista psicologico il PM che sostiene l’accusa ritiene colpevole l’imputato ed è chiaro anche che più si prosegue nel processo, soprattutto se c’è una decisione di condanna di primo e di secondo grado, questa concezione sul piano psicologico si rafforza. Ma la presunzione di innocenza ha un valore normativo: non opera su un piano psicologico ma normativo ed impone proprio di trattare come innocente la persona che si ritiene colpevole di un reato, perché solo al termine del processo la si potrà definire colpevole. 2) Fissa una presunzione di non colpevolezza (Amato, Grevi) la dottrina più sensibile ai valori costituzionali già a partire dagli anni ’60 parla invece di presunzione di non colpevolezza, affermando che effettivamente c’è una sfumatura lessicale nella nostra Costituzione e il legislatore costituente ha voluto non utilizzare la parola “innocenza” perché sul piano normativo questa formulazione consentirebbe un maggiore spazio sotto il profilo del 37 trattamento dell’imputato e consentirebbe di giustificare la restrizione della libertà personale nel corso del processo. ART. 13 ult.c. Cost. riconosce esplicitamente l’istituto della carcerazione preventiva e quindi della carcerazione in corso di processo, mentre se si adottasse un principio della presunzione di innocenza in senso stretto ci potrebbe essere una contraddizione tra 27.2 e 13.5 e quindi si giustifica questa diversa formulazione con la preoccupazione di non introdurre una contraddizione logica tra regola di trattamento e art. 13.5 3) Fissa una presunzione di innocenza queste sono dispute sostanzialmente lessicali che sono state superate e quindi si ritiene, ormai comunemente, che la differenza sul piano lessicale sia irrilevante à la dottrina e anche la stessa Corte. Cost. ritengono che l’ART. 27 c.2 Cost. ponga un principio della presunzione di innocenza che ha la stessa portata normativa dell’art. 6.2 C.e.d.u. Quindi una vera e propria presunzione di innocenza che ha radici storiche nell’art. 9 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 secondo la quale ogni uomo deve essere presunto innocente fino a che non sia stato dichiarato colpevole, che si colloca in linea con il 6.2 Cedu, con il 14.2 del Patto internazionale e con l’art. 48 della Carta di Nizza. Portato ideologico del principio à clausola di salvaguardia della giurisdizione: accusa è solo un’ipotesi da verificare e il processo serve proprio ad accertare la fondatezza dell’accusa ↓ “Nullum crimen, nulla poena sine iudicio” Il processo ha una funzione cognitiva: bisogna effettivamente accertare la fondatezza della accusa. Corollari derivati dalla presunzione d’innocenza La presunzione di innocenza soprattutto nella tradizione continentale opera come una regola di trattamento dell’imputato (nel processo). La regola di trattamento a sua volta si precisa in: è regola di trattamento nel processo (sistemi di civil law) è regola di trattamento fuori dal processo àsi è sviluppata soprattutto negli ultimi decenni e si sta sviluppando con il crescere del problema legato al processo mediatico. è regola di giudizio (sistemi di common law) è Regola di trattamento dell’imputato nel processo a) Divieto di attribuire alla carcerazione preventiva la funzione della sanzione Non significa che l’imputato non possa essere sottoposto a misure restrittive della libertà personale, (l’ART. 13 prevede che si possano applicare misure restrittive della libertà personale) ma la carcerazione preventiva è funzionalmente e strutturalmente diversa dalla sanzione. Non si può attribuire alla restrizione della libertà personale di un soggetto che è presunto innocente la funzione propria della sanzione (funzione retributiva, una funzione general-preventiva o special- preventiva) [in realtà sulla funzione special-preventiva ci sono delle sovrapposizioni tra custodia cautelare e sanzione] Ha ribadito questa regola da ultimo proprio la Corte cost. 265/2010: “Affinché le restrizioni della libertà personale dell’indagato o imputato nel corso del procedimento siano compatibili con la presunzione di non colpevolezza è necessario che esse assumano connotazioni nitidamente differenziate da quelle della pena, irrogabile solo dopo l’accertamento definitivo della responsabilità” Già dalla sentenza n. 1 del 1980 la Corte Cost. ha affermato che la restrizione della libertà personale può essere finalizzata a neutralizzare dei pericula libertatis , quindi assume la valenza di una misura cautelare (il pericolo di fuga, il pericolo di inquinamento delle prove, il pericolo di commissione di reati). N.B. Mai la restrizione della libertà personale può essere concepita come una sanzione anticipata. 40 una assoluzione piena. 2. In dubio pro reo: oltre ogni ragionevole dubbio (art. 533 ) Il legislatore del 2006 ha voluto riaffermare e rafforzare questo principio inserendo anche nel nostro CPP una formula che ha origine anche nella cultura angloamericana ed è il principio dell’oltre ogni ragionevole dubbio. Oggi l’art. 533 (“condanna dell’imputato”) stabilisce che “il giudice pronuncia sentenza di condanna se l’imputato risulta colpevole del reato contestatogli al di là di ogni ragionevole dubbio”. Si tratta sostanzialmente di una riaffermazione di ciò che era già desumibile dalla presunzione di innocenza e codificato nell’art. 530 c.2 3. Regola di prova (divieto di prendere le mosse dalle discolpe dell’imputato e di costruire la prova dell’accusa come una dimostrazione dell’inattendibilità della posizione difensiva) Dalla presunzione di innocenza si può trarre una regola di prova che riguarda l’ordine nel quale le parti devono portare le prove nel processo. E’ il PM che deve innanzi tutto introdurre le prove, poi l’imputato chiederà l’ammissione delle prove a discolpa. L’art. 493 individua un ordine per l’ammissione delle prove: il PM, i difensori della parte civile (danneggiato dal reato che spalleggia il PM e ha interesse a che sia dichiarato colpevole l’imputato), il responsabile civile, la persona civilmente obbligata per la pena pecuniaria e l’imputato ànell’ordine indicato questi soggetti indicano i fatti che intendono provare e chiedono l’ammissione delle prove. Subito dopo la definizione nel dibattimento delle questioni preliminari, vengono spiegati i fatti introdotti e i temi che saranno oggetto di prova nel processo nell’ordine indicato. Ambito di applicazione della presunzione di innocenza Differenza significativa tra l’art. 27 c.2 e l’art. 6 par. 2 Cedu: l’esecutività della sentenza di primo grado. - Art. 6 Cedu “l’imputato va presunto innocente fino a che la colpevolezza non sia stata legalmente accertata” ↓ “legalmente accertata” significa sostanzialmente poco à solo nel rispetto di quanto previsto dalla legge e la legge potrebbe far decadere la presunzione di innocenza anche dopo il primo grado, anche dopo l’accertamento di primo grado. Infatti molti paesi europei prevedono l’esecuzione della sentenza di primo grado. L’art. 5 Cedu che disciplina il diritto alla libertà e alla sicurezza prevede tra i casi in cui è consentita la restrizione della libertà personale due ipotesi: 1- Casi che attengono alla detenzione a seguito di condanna da parte di un tribunale. 2- Casi che attengono alla custodia cautelare. ↓ La corte di Strasburgo ritiene di ricondurre alla restrizione della libertà in seguito a condanna anche le restrizioni della libertà che seguono alla condanna di primo grado, proprio perché in alcuni paesi soprattutto Regno Unito la presunzione di innocenza viene meno con la condanna di primo grado e quindi la condanna di primo grado è immediatamente esecutiva. - ART. 27 c.2 Cost. L’impostazione è molto più garantista: ART. 27 parla infatti di “condanna definitiva” (= condanna irrevocabile) Qualcuno ha cercato a inizi anni ’90 di fornire una interpretazione diversa e a sostenere che condanna definitiva può essere anche la condanna di primo grado (si è trattato di tentativi disperati). La volontà del costituente è quella di estendere la presunzione di innocenza sino alla condanna 41 definitiva poiché nel ‘46\’48 aveva in mente un modello processuale misto ma sostanzialmente inquisitorio, caratterizzato dalla ripetizione dei giudizi, dalla pluralità delle imputazioni, da uno sviluppo verticale del processo. La presunzione di innocenza copre tutto il processo sino alla fine, ma quando il CPP è stato riformato si è prospettato uno sviluppo orizzontale del processo e una riaffermazione delle garanzie in primo grado, ma non si è pensato di ridurre le impugnazioni e cosa ancora più grave alla fine degli anni ’90 quando si è modificato l’ART. 111 Cost. si è affermata una garanzia fondamentale del modello accusatorio, ma ci si è dimenticati che il 27 c.2 era frutto di una impostazione completamente diversa. E’ un “modello ipocrita” (Lozzi), in cui non si fanno delle scelte, si recupera un sistema di principi, di garanzie che funziona, ma funziona perché tutto è concentrato in primo grado. In un articolo sul Corriere della Sera intitolato “Il ventre molle d’Europa” Vittorio Grevi (uno dei maestri della procedura penale) scrisse “rischiamo di diventare il ventre molle perché si sommano nel nostro codice le garanzie del sistema accusatorio e quelle del sistema inquisitorio” à quindi contraddittorio, formazione della prova in dibattimento e anche la presunzione di innocenza fino alla fine. Qualcuno ha tentato di modificare negli anni ‘90 prevedendo delle ipotesi di esecuzione della sentenza di condanna di primo grado, ma queste soluzioni sono velleitarie perché impossibili a costituzione invariata. àPer assicurare l’esecuzione della sentenza di condanna di primo grado bisogna modificare la Cost., il 27 c.2: in prospettiva de iure condendo, con il progressivo rafforzamento dello sviluppo orizzontale del processo si potrebbe inserire la specificazione della regola per cui dopo l’affermazione della presunzione di innocenza, l’imputato non è considerato colpevole fino alla condanna, specificando che “la legge regola i casi in cui la condanna è provvisoriamente esecutiva”. ↓ Secondo il modello che è stato seguito dal legislatore del ’99 nella modifica dell’ART. 111, al c.4 si afferma il principio per il quale il processo penale è governato dal contraddittorio nella formazione della prova e al c.5 si stabilisce che “la legge regola i casi in cui la formazione della prova non ha luogo in contraddittorio: per consenso; per accertata impossibilità di natura oggettiva; per effetto di provata condotta illecita”. CONCLUSIONE SUL NUCLEO ESSENZIALE DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI I principi costituzionali hanno un filo conduttore che è rappresentato dal Principio di legalità: l’architrave su cui si regge il sistema penale delineato dalla Cost. I. Primo pilastro è la legalità sostanziale (ART. 25 c.2) che prevede una riserva assoluta di legge, con tutti i corollari che ne derivano: principio di tassatività, divieto di analogia in malam partem, principio di irretroattività. Il 25 c.2 si collega al 101 c.2 à il giudice è soggetto soltanto alla Nullum crimen sine lege Nullum crimen sine iudicio Nullum iudicium sine lege Legalità sostanziale (art. 25 c. 2 Cost.) + Art. 101 c. 2 Cost. Funzione cognitiva del processo (artt. 27 c. 2 e 111 c. 4 Cost.) Legalità processuale (artt. 111 e 112 Cost.) + Art. 101 c. 2 Cost. 42 legge. II. Secondo pilastro è il principio di legalità processuale che trova il suo riconoscimento nell’ART. 111 c.1 e un ulteriore riconoscimento all’ART. 112 Cost.: principio di obbligatorietà dell’azione penale, che impone al PM di esercitare l’azione penale laddove sussistano effettivamente degli elementi che fanno ricostruire un fatto come fatto riconducibile ad una norma penale incriminatrice. Con la ratio di evitare che ci sia una valutazione discrezionale del PM basata su considerazioni di natura di opportunistica. Bricola diceva che “c’è un sistema armonico che va dal Principio di legalità sostanziale al Principio di obbligatorietà dell’azione penale”, non avrebbe senso obbligare il legislatore a descrivere bene la fattispecie penale se poi si consentisse al PM, al momento della applicazione di quella norma, di fare delle valutazioni sostanziali e discrezionali. III. Terzo pilastro è la funzione cognitiva del processo: il processo serve a verificare la fondatezza della tesi accusatoria che si verifica ricostruendo, per quanto possibile, i fatti storici. ↓ • nullum crimen sine lege (25 c.2) • nullum crimen sine iudicio (27 c.2) • nullum iudiium sine lege (111 c.1) 2) CONVENZIONE EUROPEA PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL’UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI Il cammino della giurisprudenza della Corte Cost. in materia di C.e.d.u.: Centralità della C.e.d.u. nel nostro ordinamento non è un caso che Lozzi abbia concluso la sua lezione citando la sent. 113/2011, che rappresenta una rivoluzione copernicana dal punto di vista del sistema dei rimedi e dal punto di vista del nesso che c’è tra l’ordinamento del Consiglio d’Europa. Quella sentenza si colloca al termine di un percorso svolto dalla giurisprudenza della Corte costituzionale, che ha origine con le sentenze gemelle la 348\349 del 2007. Fino al 2001/02 si discuteva sul rango delle norme della C.e.d.u. e della Corte costituzionale, Sentenza del 1993 apre a una valorizzazione delle norme, poiché si tratta di norme recepite in Italia con una legge ordinaria e quindi per lungo tempo si è ritenuto che fossero norme di legge ordinaria, recepite con la l. 848/1955. Nel 2001 vi è stata una modifica costituzionale intervenendo su tutt’altra materia, modificando l’ART. 117 c.1. Senza averne piena consapevolezza il legislatore ha inserito la seguente disposizione: “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle regioni nel rispetto della Costituzione , nonché dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.” Dal 2002 in dottrina si inizia a sostenere che l’art. 117 c.1 consente oggi di attribuire valenza para- costituzionale alle norme della C.e.d.u., la legge ordinaria non può porsi in contrasto con le norme della C.e.d.u. dalle quali derivano degli obblighi internazionali. Sentenze gemelle 348 e 349/2007 Dopo qualche anno la Corte cost. apre con le Sentenze 348-349/2007 in cui dice chiaramente che le norme della C.e.d.u. costituiscono parametro interposto del giudizio di legittimità. Si tratta di due sentenze che non riguardano la procedura penale ma l’espropriazione forzata, però fissano il principio secondo il quale: grazie al 117 c.1, oggi, se una norma di legge ordinaria è contraria alla C.e.d.u. può essere sollevata una questione di legittimità costituzionale della norma ordinaria per violazione dell’ART. 117 e del parametro interposto cioè la C.e.d.u. Le norme della C.e.d.u. costituiscono parametro interposto del giudizio di legittimità. 45 Es. Motivi di rifiuto della consegna in caso di MAE (es. Cass., Sez. un., 30 gennaio 2007, Ramoci: termini massimi di custodia cautelare) In materia di mandato di arresto europeo, con riguardo alla previsione dell’art. 18 lett. e) della l. 69/2005, che prevede un caso di rifiuto di consegna “se la legislazione dello Stato membro di emissione non prevede i limiti massimi della carcerazione preventiva” l’autorità giudiziaria italiana deve verificare, ai fini della consegna, se nella legislazione dello Stato membro di emissione sia espressamente fissato un termine di durata della custodia cautelare fino alla sentenza di condanna di primo grado, o, in mancanza, se un limite temporale implicito sia comunque desumibile da altri meccanismi processuali che instaurino, obbligatoriamente e con cadenze predeterminate, un controllo giurisdizionale funzionale alla legittima prosecuzione della custodia cautelare o, in alternativa, alla estinzione della stessa. A partire dalla fine degli anni ’90, nel momento in cui si realizza uno spazio in cui è garantita la libertà di movimento a livello europeo con la progressiva attuazione di Schengen si afferma il diritto della libertà di movimento all’interno dell’UE. Diventa anche un’enorme mercato del crimine à a partire dal Consiglio Europeo di Tampere del ’99 si progetta la realizzazione di uno Spazio di libertà, sicurezza e giustizia. Diverse fasi di realizzazione dello “spazio”: - I° Fase: l’adozione di importantissime decisioni quadro à quando la cooperazione giudiziaria viene inserita nel c.d. Terzo pilastro. - II° Fase (a partire dal trattato di Lisbona): si supera la distinzione a pilastri e quindi oggi il TFUE prevede nel Tit. V, Parte III, lo Spazio di libertà, sicurezza e giustizia à esso deve essere realizzato dall’UE ai sensi dell’art. 67 e viene diviso in 4 settori: 1. Politiche relative ai controlli alle frontiere, all’asilo e all’immigrazione (Capo II) 2. Cooperazione giudiziaria civile (Capo III) 3. Cooperazione giudiziaria in materia penale (Capo IV art 82 e ss.) 4. Cooperazione di polizia (Capo V) Alla procedura penale interessano il Capo IV (cooperazione giudiziaria in materia penale) e Capo V (cooperazione di polizia): oggi in questi ambiti l’UE può adottare tutti gli atti previsti dall’art. 288 del TFUE à regolamenti; direttive; decisioni; raccomandazione e pareri. Dopo Lisbona: Dopo Lisbona tutti gli atti previsti dall’art. 288 del TFUE (Regolamenti, Direttive, decisioni, raccomandazioni, pareri) nelle materie indicate dall’art. 82, § 1, TFUE ↓ Dove vi sia scarsa armonizzazione à Centralità delle direttive art. 82, § 2, TFUE Art. 82 del TFUE prevede Comma 1 “Il Parlamento europeo e il Consiglio deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria adottano le misure intese a: a) definire norme e procedure per assicurare il riconoscimento in tutta l’unione di qualsiasi tipo di sentenza e di decisione giudiziaria; b) adottano misure dirette a prevenire e risolvere i conflitti di giurisdizione tra gli Stati membri; c) sostenere la formazione di magistrati e operatori giudiziari; d) le misure diretta a facilitare la cooperazione tra le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli stati membri in relazione alla azione penale o all’esecuzione delle decisioni.” Comma 2 “Laddove sia necessario per facilitare il riconoscimento reciproco delle sentenze e delle decisioni giudiziarie e la cooperazione di polizia giudiziaria nelle materie penali aventi dimensioni transnazionali, il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire norme minime deliberando mediante direttive, secondo la procedura legislativa ordinaria. Queste tengono conto delle 46 differenze tra le tradizioni giuridiche e gli ordinamenti giuridici degli Stati membri e le direttive possono riguardare:” a) “L’ammissibilità reciproca delle prove tra gli stati membri” àil tema è quello del mandato europeo di ricerca della prova. Decisione sul trasferimento di informazioni tra polizie A livello di cooperazione di polizia sono stati fatti dei passi avanti, è stata adottata una decisione quadro nel 2009 sul trasferimento di informazioni da una autorità di polizia ad un'altra, che riguarda fino ad un certo punto il processo penale, riguarda soprattutto la cooperazione di polizia. La distinzione tra fase di polizia e fase processuale è una distinzione che sta subendo un’erosione, molte volte ci si rende conto che la distinzione tra attività preventiva e attività di repressione è un confine sempre più labile e quindi la decisione quadro sul trasferimento delle informazioni è una decisione che può avere indirettamente dei risvolti importanti anche a livello processuale. Trattato di Prum A livello di prova va segnalata la decisione che recepisce il Trattato di Prum sul trasferimento di dati genetici. [Nell’UE vi è la logica per cui quando non si riesce a realizzare delle riforme che sono sentite dalla maggioranza dei paesi membri come fondamentali, alcuni Paesi vanno avanti con dei progetti pilota.] - Nel 2005 ci si rende conto che con la centralità che hanno assunto le banche dati del DNA e la prova genetica è importante riuscire a far circolare le informazioni relative ai profili genetici a livello di UE tra un paese e un altro. - Alcuni paesi vanno avanti e stipulano in segreto nel 2005 il Trattato di Prum (Germania, Francia, Spagna no Italia), trattato che consente di mettere in rete le banche dati dei DNA dei diversi paesi. - L’Italia non c’era per 2 ragioni: 1- perché la sensibilità europea in quel momento era limitata,2- l’Italia non aveva, e non ha ancora oggi, disciplinata una banca dati del DNA. - Puntualmente nel 2008 a livello di Consiglio si recepiscono con 2 decisioni quadro i contenuti del Trattato di Prum, quindi a 3 anni di distanza, gli Stati che erano rimasti indietro si rendono conto che è fondamentale per la lotta alla criminalità lo strumento delle banche dati giungendo all’adozione di 2 decisioni quadro in materia di banche dati del DNA e di trasferimento dei dati genetici. b) “I diritti della persona nella procedura penale” Importante una risoluzione del Consiglio del 30 novembre 2009 relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali. Il Consiglio ha adottato una serie di misure che sono essenziali proprio nell’ottica dell’art. 82 c.2 lett. b) del TFUE, 6 misure: A. Riguarda la traduzione e l’interpretazione, cioè il diritto alla traduzione e interpretazione, ed è già stata adottata (Direttiva 64 del 20 ottobre 2010 sul diritto alla interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali). E’ la prima direttiva approvata nell’ambito di quello che era il terzo pilastro dopo il trattato di Lisbona. B. Relativa alle informazioni sui diritti e informazioni sull’accusa. C. Riguarda la consulenza legale e l’assistenza legale gratuita à diritto alla difesa tecnica e patrocinio per i non abbienti. D. Riguarda le comunicazioni con familiari, datori di lavoro e autorità consolari da parte dell’indagato o dell’imputato sottoposto alla privazione della libertà. 47 E. Riguarda le garanzie speciali per indagati o imputati vulnerabili. F. Libro verde sulla detenzione preventiva. ↓ Attuazione misure: è stata attuata la misura A, presentata una proposta di direttiva sulla misura B ed è stata parzialmente attuata anche la misura F perché è del 14 giugno 2011 l’adozione di un libro verde intitolato “Rafforzare la fiducia reciproca nello spazio giudiziario europeo, libro verde sulla applicazione della normativa dell’Unione europea sulla giustizia penale nel settore della detenzione.” Libro verde che apre una consultazione pubblica che si è conclusa il 30 novembre 2011 sui temi della detenzione. c) “I diritti delle vittime della criminalità” à l’UE è intervenuta fin dagli inizi degli anni 2000 sul tema della vittima del reato, cioè la persona offesa, con una decisione quadro che disegna un vero e proprio Statuto europeo della vittima del reato e nel maggio 2011 la Commissione ha presentato una proposta di direttiva volta a sostituire la decisione quadro 220/2001 che introduce delle novità significative soprattutto per quel che concerne la vittima vulnerabile. d) “altri elementi specifici della procedura penale, individuati dal Consiglio in via preliminare mediante una decisione; per adottare tale decisione il Consiglio delibera all'unanimità previa approvazione del Parlamento europeo.” Strumento fondamentale è la direttiva. Prima direttiva adottata in materia è la 64/2010 sul diritto alla interpretazione e traduzione nei procedimenti penali. Altra direttiva importante è la 36/2011 concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime. è con il trattato di Lisbona si supera la distinzione in pilastri e si consente all’Unione di adottare regolamenti e direttive anche nella materia della cooperazione giudiziaria. Due strumenti dell’UE con il Trattato di Lisbona • Principio del reciproco riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie costituisce il punto di riferimento, strumento fondamentale che dovrebbe consentire di realizzare lo Spazio di libertà ecc. • c.d. “armonizzazione” à ravvicinamento delle disposizione legislative e regolamentari degli Stati membri ↓ • Nel penale sostanziale: In materia penale sostanziale opererà la tecnica della armonizzazione, l’art. 83 TFUE infatti stabilisce che “il Parlamento europeo e il Consiglio possono stabilire norme minime relative alla definizione dei reati e delle sanzioni in sfere di criminalità particolarmente gravi, che presentano una dimensione transnazionale” à p. es. il terrorismo, la tratta degli esseri umani, lo sfruttamento sessuale delle donne e dei minori, traffico illecito di stupefacenti, di armi, riciclaggio, corruzione etc. • Nella procedura penale: In questa materia lo strumento principe è sicuramente il principio del riconoscimento reciproco delle sentenze, che si basa sulla fiducia reciproca tra gli Stati membri. Significa che all’interno di uno Stato membro un provvedimento adottato da una autorità giudiziaria straniera dovrebbe essere riconosciuto esattamente alla stessa stregua di un provvedimento adottato dall’autorità giudiziaria dello stesso Stato membro. 50 quindi condividere anche le informazioni contenute nel casellario giudiziario dei singoli paesi. Si tenta la strada istituzionale della creazione di un casellario giudiziario europeo a livello di Unione, ma viene sbarrata perché allora c’era la regola della unanimità e quindi alcuni Stati vanno avanti, costituiscono un progetto pilota (Spagna, Francia, Germania, Belgio) che poi viene riassorbito a livello di UE con la decisione quadro che istituisce il sistema europeo di informazione sui casellari giudiziari; essa non prevede la istituzione di un vero e proprio casellario giudiziario europeo ma l’interconnessione dei vari casellari nazionali. Dunque nella prima fase degli anni 2000 l’UE è protesa nel senso di rafforzare gli strumenti di tutela della sicurezza nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (si predilige la sicurezza). II FASE: FINE ANNI DUEMILA E’ la fase appena iniziata: cambia un po’ l’approccio della UE, ci si rende conto che si è accelerato troppo sul versante della sicurezza lasciando indietro la libertà e le garanzie per le persone coinvolte nel processo penale e quindi si adottano alcuni atti che vanno in una direzione diversa. Rafforzamento dei diritti per garantire la creazione di uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia 1- Decisione quadro 2008/977/GAI sulla protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria e di polizia in materia penale - Dal momento in cui si sviluppa il principio di disponibilità, è chiaro che si pone un problema di privacy (tutela del diritto alla protezione del dato): se le informazioni che mi riguardano possono essere messe a disposizione di tutte le autorità di law enf. europee è chiaro che si pone un problema di controllo di quel dato da parte mia. - Quindi il garante europeo per la protezione dei dati personali a partire dalla metà degli anni 2000 pone ripetutamente il problema della tutela del diritto alla protezione del dato nel terzo pilastro. - Materia della privacy à principio di finalità; diritto di accesso; diritto all’oblio; diritto alla rettifica etc. - Nel momento in cui si immagazzinano dei dati si pone un problema di controllo di questi dati e quindi bisogna riconoscere al titolare di quei dati dei diritti, questo riguarda sia i dati che vengono trattati per ragioni commerciali, ma anche i dati che vengono trattati per ragioni di law enforcement. - La polizia utilizza delle banche dati à c’è una banca dati interforze da cui poi pesca quel sistema di informazioni Schengen istituita a metà degli anni’80 che ha problemi ingenti di correttezza e di aggiornamento dei dati contenuti. Spesso questi dati sono non aggiornati, scorretti etc. e possono essere utilizzati dalla polizia per svolgere le indagini à problema di tutela del diritto alla autodeterminazione informativa (il controllo della correttezza di quei dati) - A livello di primo pilastro, per tutto quello che non riguarda la cooperazione giudiziaria c’era una direttiva già del ‘96 Secondo il garante a partire dal programma dell’Aja si attua il principio di disponibilità nel terzo pilastro ma non si garantisce anche il diritto alla protezione del dato e quindi vengono presentati dei progetti di decisione quadro per la protezione dei dati personali trattati nell’ambito della cooperazione giudiziaria di polizia e si arriva ad una decisione quadro appena nel 2008 à mezzo fallimento, perché l’obiettivo era quello di garantire a livello di UE un livello minimo di protezione dei dati personali, in realtà la decisione quadro introduce un livello minimo di tutela solo per quanto riguarda gli scambi, cioè i rapporti tra i diversi paesi. Non prevede invece delle norme minime per la tutela del diritto alla privacy da garantire e attuare in ogni stato membro all’interno di ogni stato membro. - Un primo tentativo per affermare questo diritto fondamentale anche nella materia della cooperazione giudiziaria. 51 2- Programma di Stoccolma (2010-2014): “Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini” Esso è stato approvato tra la fine del 2009 e gli inizi del 2010 ed è l’ultimo programma quinquennale (2010\2014) in materia di Spazio di libertà sicurezza e giustizia. Il programma di Stoccolma pone l’accento sulla tutela dei diritti (sul versante della libertà) piuttosto che quello della sicurezza Idea di fondo è che si può attuare per davvero in modo efficiente il principio del reciproco riconoscimento solo se si innalza il livello dei diritti riconosciuti nel procedimento penale, nel corso delle indagini penali, in tutti gli Stati membri: se ci sono delle disparità notevoli di tutela dei diritti fondamentali è difficile che ci sia una fiducia reciproca, è difficile che l’Italia dia attuazione ad una decisione adottata in Olanda quando si sa che in Olanda l’indagato non ha il diritto di essere assistito da un difensore al momento dell’interrogatorio ( fino a 3 mesi fa quando è stata modificata disciplina interrogatorio in Olanda). Quindi per garantire la fiducia è necessario innalzare livello dei diritti riconosciuti nei singoli stati membri. 3- Risoluzione del Consiglio del 30 novembre 2009 relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali Idea di base è individuare dei diritti fondamentali, uno standard minimo di garanzia da assicurare in tutta Europa, poiché solo così si potrà attuare il principio del reciproco riconoscimento delle decisioni. Questa svolta, che si realizza alla fine degli anni 2000, va di pari passo anche con l’adozione del Trattato di Lisbona, che prevede la modifica delle procedure legislative: prima nell’ambito del terzo pilastro vigeva il metodo intergovernativo (era necessaria l’unanimità e le decisioni quadro venivano adottate dal Consiglio GAI, cioè giustizia e affari interni: sedevano nel consiglio GAI i ministri degli interni) Il problema è che erano sempre ministri degli interni interessati sempre a ragioni di law enforcement. Per questo nel corso degli anni 2000 la UE spinge soprattutto su esigenze di tutela della collettività. La modifica del procedimento legislativo (la comunitarizzazione del terzo pilastro), l’eliminazione dei pilastri, l’introduzione della procedura legislativa ordinaria con l’intervento anche del Parlamento europeo per l’adozione delle direttive e dei regolamenti favorisce una maggiore sensibilità a livello UE per i diritti piuttosto che per le esigenze dell’autorità. 4- Direttiva 2010/64/UE del 20 ottobre 2010 sul diritto all’interpretazione e alla traduzione nei procedimenti penali à non a caso la prima fonte adottata dopo l’entrata in vigore di Lisbona tutela un diritto della persona 5- Direttiva 2011/36/UE, concernente la prevenzione e la repressione della tratta di esseri umani e la protezione delle vittime 5) I REGOLAMENTI Tradizionalmente sono ammessi i regolamenti di esecuzione del codice (d.m. 30 settembre 1989, n. 334 che contiene il regolamento per l’esecuzione del codice di procedura penale.) ↓ Questi regolamenti di esecuzione delle fonti dovrebbero porre norme esplicative, norme di dettaglio. àIn realtà non sempre è stato così, è stata spesso accolta una concezione lata dell’esecuzione, per cui i regolamenti esecutivi contengono a volte delle norme integrative e complementari che completano integrando la disciplina posta dalla fonte primaria Regolamenti più significativi: • Regolamenti che disciplinano i registri in materia penale (d.m. 30 settembre 1989) Prevede tutta una serie di registri che devono essere tenuti presso gli uffici giudiziari, in particolare: 52 o il Modello 21 à Registro delle notizie di reato: è il registro in cui va iscritta la notitia criminis; o il Modello 44 à Registro delle notizie di reato per ignoti: laddove sia ignoto l’autore dello stesso; o il Modello 45 à Registro degli atti non costituenti notizia di reato. o tutta una serie di registri in materie di rogatorie, esecuzione delle pene, di udienze dibattimentali etc. • Regolamenti di cui all’art. 57 c.3 che assegnano ad alcune persone funzioni di agenti di p.g. (es.: ispettori del lavoro) “…Sono altresì ufficiali e agenti di polizia giudiziaria, nei limiti del servizio cui sono destinate e secondo le rispettive attribuzioni, le persone alle quali le leggi e i regolamenti attribuiscono le funzioni previste dall’art. 55.” Alcuni regolamenti assumono rilevanza indiretta perché attribuiscono funzioni di p.g. a determinati soggetti, ad es. gli ispettori del lavoro à questi soggetti svolgeranno funzioni di p.g. all’interno del procedimento penale. è La fonte regolamentare è secondaria perché si limita a integrare la fonte primaria, talvolta solo la esplica altre la integra. 6) LE CIRCOLARI àSono dei testi provenienti da organi amministrativi (Ministero) o dal CSM Tradizionalmente non sono considerate come fonti del diritto processuale; in realtà disciplinano aspetti molto delicati sull’organizzazione degli uffici e hanno grande rilevanza pratica Circolari più significative: Circolari del C.S.M. Nel tema dell’ordinamento tabellare ↓ tabelle disciplinanti l’organizzazione degli uffici giudiziari, previste dall’art. 7 bis della legge di ord. Giud. (regio decreto 12/1941): • La violazione dei criteri tabellari ha rilievo disciplinare, ma non determina in alcun caso la nullità dei provvedimenti adottati, perché è uno dei capisaldi del sistema di organizzazione degli uffici o meglio del rapporto tra organizzazione degli uffici e procedimento penale. • La legge di ordinamento giudiziario definisce quali sono gli uffici giudiziari, l’organizzazione minuta degli uffici, l’assegnazione del singolo magistrato a un ufficio, la divisione in sezioni di un tribunale à stabiliti appunto da queste tabelle, che sono formate attraverso un procedimento partecipato: vi è una proposta, poi si raccolgono suggerimenti da parte dei singoli magistrati e poi vengono recepite per ogni triennio attraverso un decreto del ministro di giustizia. àQuesta fonte in senso lato è importantissima, perché la legge si ferma alla definizione in astratto degli uffici, l’organizzazione concreta degli uffici viene definita dalle tabelle. ↓ a) Circolari sulla formazione delle tabelle di organizzazione degli uffici giudiziari (approvate dal CSM per un triennio; poi le tabelle sono adottate dai singoli uffici) “1.2. - Le tabelle stabiliscono: a) la eventuale ripartizione degli uffici in sezioni; b) la destinazione dei magistrati all’interno dell’ufficio; c) la designazione dei magistrati ai quali è attribuito il compito di direzione di una sezione a norma dell'articolo 47-bis, secondo comma, O.G.; d) l’assegnazione alle sezioni dei presidenti e l’eventuale attribuzione dell’incarico di dirigere più sezioni che trattano materie omogenee, ovvero di coordinare uno o più settori di attività 55 Lo studioso della procedura penale dovrebbe preoccuparsi anche delle prassi e oggi si tende a valorizzare le prassi e le consuetudini, che sono una fonte del diritto e assumono rilievo anche contra legem. Es. Art. 477 (Durata e prosecuzione del dibattimento): “quando non è assolutamente possibile esaurire il dibattimento in una sola udienza, il presidente dispone che esso venga proseguito nel giorno seguente non festivo. 2. Il giudice può sospendere il dibattimento soltanto per ragioni di assoluta necessità e per un termine massimo che , computate tutte le dilazioni, non oltrepassi i dieci giorni, esclusi i festivi. 3. Il presidente dà oralmente gli avvisi opportuni e l’ausiliario ne fa menzione nel verbale. Gli avvisi sostituiscono le citazioni e le notificazioni per coloro che sono comparsi o debbono considerarsi presenti.” C.1 à vi è la prassi consolidata per cui il rinvio è a udienza fissa (udienze meramente organizzative) che è un istituto di cui non si trova traccia nel codice e sembra un istituto della procedura penale invisibile contra legem. 8) PROTOCOLLI E LINEE GUIDA Dato che le consuetudini possono portare a disparità di trattamento, possono non essere conosciute, vi è una tendenza negli ultimi anni a recepire queste prassi, a razionalizzarle e a tradurle in protocolli e in linee guida à sono strumenti normativi atipici, elaborati dagli operatori sulla base dell’esperienza e sempre più utilizzati per diverse finalità: 1- Per garantire l’uniformità nella trattazione dei processi Protocollo per le udienze penali: si stanno diffondendo a livello di Tribunali delle linee guida e protocolli per la gestione delle udienze, che vengono redatti e sottoscritti normalmente dal presidente del tribunale, da un rappresentante della Procura della Repubblica e dai rappresentanti degli avvocati. si fa riferimento a un Protocollo del 20 luglio 2011 siglato presso il tribunale di Milano dal presidente del tribunale di Milano (dott.ssa Pomodoro); dal Procuratore della Rep. presso il tribunale di Milano (dott. Bruti Liberati); Pres. del consiglio dell’ordine degli avvocati di Milano (dott. Paolo Giuggioli); il Pres. della Camera Penale (dott. Scuto) Concordando sulla necessità che le udienze penali del tribunale di Milano si svolgano in modo da dare concretezza al precetto costituzionale del giusto processo; assicurare la ragionevole durata di ogni processo; garantire in ogni fase il pieno e regolare esercizio del diritto di difesa; rispettare la dignità e le esigenze di imputati, persone offese e testimoni e di ogni altra persona coinvolta nel processo; osservare rigorosamente tutte le norme sostanziali e processuali à convengono sulla applicazione e lo svolgimento delle udienze penali del tribunale delle seguenti regole condivise denominate nel loro complesso “Protocollo per le udienze penali”. Attraverso il Protocollo per le udienze penali si regolano le udienze dibattimentali, in modo tale da realizzare quei principi ben individuati dai sottoscrittori del protocollo, rispettare ad esempio le esigenze e la dignità dei testimoni; è chiaro che l’istituto del rinvio a udienza fissa rischia di ledere le esigenze dei testimoni che vengono citati in un udienza che rischia di non essere tenuta. Il protocollo prevede anzitutto una udienza di prima comparizione, regole generali comuni per il tribunale sia in composizione monocratica che collegiale, il par. 2 dice: “per l’udienza di prima comparizione non sono citati i testi, i periti e consulenti, né si assumono prove.” La consuetudine delle “udienze di smistamento” (Lozzi) è stato codificato. àoggi se dobbiamo difendere un soggetto a Milano sappiamo che nella prima udienza dibattimentale non citeremo i testi, anche se il CPP dice diversamente. 2- Per tutelare la persona offesa di reati di violenza sessuale. 56 Protocollo operativo medico legale tra la regione FVG, sevizio sanitario regionale e la Procura della Repubblica del distretto FVG in tema della violenza sessuale. Accadeva spesso che gli operatori del pronto soccorso conducessero in maniera non troppo efficace il momento in cui si trovavano a dover soccorrere una donna vittima di violenza sessuale, perché badavano a tutelare il diritto alla salute della persona, però rischiavano di disperdere delle prove di della violenza sessuale; quindi assieme alla Procura della Rep. e all’Istituto Burlo Garofalo e alla Regione si è scritto un protocollo operativo che disciplina la corretta gestione da parte dei presidi sanitari dei dati di fondamentale efficacia probatoria che sono messi a disposizione delle vittime dei reati di violenza sessuale e dell’autorità, ne cura la corretta acquisizione e conservazione, ne evita la dispersione ponendosi quale efficace strumento per l’emersione di simili fattispecie delittuose e per il contrasto delle medesime a tutela della incolumità pubblica. La corretta acquisizione e conservazione di prove reali nel caso di violenza sessuale può consentire di evitare dei rischi enormi che ci sono in questi processi, che sono quelli della sovraesposizione della vittima della violenza sessuale: se vi sono delle prove reali, conterà meno la testimonianza della donna che ha subito una violenza sessuale e quindi la donna che ha già subito una violenza sessuale sarà meno esposta a quella che tecnicamente si chiama vittimizzazione secondaria. 3- Per tutelare la corretta acquisizione della prova scientifica. a) Protocolli di indagini sulla scena del crimine à elaborati dall’ENFSI (European Network of Forensic Science Institute), che ispirano le linee guida rielaborate e recepite dalla polizia giudiziaria,la polizia scientifica (R.I.S.) che si ispirano a quei protocolli. b) Carta di Noto à contiene delle linee guida in materia di acquisizione della prova nel caso soprattutto di abusi sessuali nei confronti di minori. • E’ un documento nato dalla collaborazione interdisciplinare tra magistrati, avvocati, psicologi, psichiatri, criminologi e medici legali dopo il convegno “Abuso sessuale sui minori e processo penale” tenutosi a Noto il 9 giugno 1996. • La carta di Noto individua delle linee guida per l’esperto che si trova ad operare, ad assumere la prova nei casi di abuso sessuale sui minori. Pto 4: “l’esperto deve in ogni caso ricorrere alla videoregistrazione o quanto meno alla audioregistrazione delle attività svolte, consistenti nella acquisizione delle dichiarazioni o delle manifestazioni di comportamenti. Tale materiale deve essere posto a disposizione delle parti o del magistrato.” Pto 6: “nelle comunicazione con il minore l’esperto deve: a) garantire che l’incontro avvenga in tempi, modi e luoghi tali da assicurare la serenità del minore e la spontaneità della comunicazione. b) evitare in particolare il ricorso a domande suggestive o implicative che diano per scontata la sussistenza del fatto oggetto d’indagini”. àIn sostanza detta una serie di principi e modalità operative nel campo dell’esame del minore in caso di abusi sessuali • Viene richiamata molto spesso a fondamento di ricorsi per Cassazione per manifesta illogicità della motivazione delle sentenze, i difensori dicono che il giudice ha condannato sulla base di una perizia o consulenza tecnica svolta da un esperto che non ha rispettato la Carta di Noto (manifesta illogicità ex art. 606 lett. e)) • La giurisprudenza di legittimità afferma che le linee guida indicate nella Carta di Noto non costituiscono regole di carattere legale, né per la acquisizione, né per la valutazione delle prove, così che la loro violazione non può essere dedotta come causa di nullità o di inutilizzabilità della prova (Cass., Sez. III, 08-06-2011, n. 29532). àLa Cassazione con questa sentenza del 2011 nega alla Carta di Noto la valenza di fonte del diritto, le regole poste dalla Carta non sono regole di diritto la cui violazione può essere fatta valere come causa di nullità o inutilizzabilità. 57 Non solo non è una fonte tradizionale, ma pone regole che sono largamente seguite dalla comunità scientifiche, dagli esperti, la cui violazione determina la scarsa persuasività di quella consulenza tecnica, cioè incide sulla credibilità dell’esperto, quindi hanno una rilevanza indiretta nel processo non diretta nel senso che la loro violazione determina una sanzione processuale, ma indiretta perché la loro inosservanza può determinare la scarsa credibilità della perizia o della consulenza tecnica. c) Linee guida per l’acquisizione della prova scientifica 9) GIURISPRUDENZA DELLE CORTI SUPERIORI La teoria generale del diritto ci insegna che: il legislatore produce disposizioni, testi scritti; mentre la giurisprudenza invece produce norme, cioè nell’interpretare le disposizioni produce delle norme che possono essere espresse, ovvero riconducibili direttamente a una disposizione; oppure anche inespresse cioè delle norme che sono tratta anche da una interpretazione sistematica, oppure dai principi. - produzione di disposizioni (di regola: legislatore pone la disposizione D) - produzione di norme espresse e inespresse (di regola: giurisprudenza trae dalla disposizione D la norma n) I giuristi occidentali si interrogano da decenni sulla questione se il giudice crea diritto o meno: dipende ovviamente da che cosa si intende per creare diritto. Se si intende produrre disposizioni, ovviamente il giudice non produce disposizioni, se si intende invece per diritto la norma allora non c’è dubbio che il giudice produce diritto; perché il giudice attraverso l’attività interpretativa finalizzata all’applicazione a trarre dal testo scritto un significato normativo e ad applicare poi quella norma espressa o inespressa al caso concreto. In questo senso si può dire che tutti i giudici producono norme, producono diritto anche i giudici di merito. In realtà la parola ultima per la produzione delle norme spetta sicuramente in capo alle Corti superiori. ↓ Giudici superiori: 1) Decisioni della Corte di Cassazione art. 65 ord. Giud. attribuisce alla C. di Cass. “La corte suprema di Cassazione quale organo supremo della giustizia assicura l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge, l’unità del diritto oggettivo nazionale e il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni, regola i conflitti di competenza e di attribuzioni ed adempie agli altri compiti ad essa conferita dalla legge.” ↓ • la Cassazione assicura “l’esatta osservanza e l’uniforme interpretazione della legge”à significa che ha la parola ultima nell’individuazione delle norme; se non altro perché laddove un giudice di merito tragga una norma diversa, quel giudice sa che la sua sentenza potrebbe essere annullata dalla Corte di Cassazione, attuando la garanzia del 111 c.7: il ricorso per Cassazione diviene strumento per garantire la funzione di nomofilachia. • La Cassazione può produrre, come tutti i giudici, norme espresse, desumibili direttamente da una disposizione, oppure norme inespresse attraverso lo strumentario argomentativo che si studia nella teoria generale del diritto. • Sempre di più la giurisprudenza in materia processuale penale, nell’ambito della crisi della legalità, produce norme inespresse à inventa anche istituti che non ci sono nel codice di procedura penale [es. il giudicato cautelare: l’applicazione analogica dell’art. 649, il principio del ne bis in idem, non è previsto in materia cautelare. Si pone la questione: se il PM chiede una misura cautelare, non la ottiene, il giudice rigetta la richiesta, può il PM dopo due settimane presentare una richiesta identica sulla base degli stessi elementi? Simmetricamente se il GIP applica una misura cautelare, la persona sottoposta alle indagini attraverso il suo difensore chiede la revoca della misura cautelare, perché ritiene non sussistano i presupposti per 60 ammettere l’incidente probatorio anche al di fuori dei casi previsti dall’art. 392, in contrasto palese con il principio di legalità inteso nel senso nazionale; oggi più che un problema di crisi di legalità c’è un problema di ripensamento del concetto di legalità, è in crisi la legalità tradizionale, quella che vedeva al centro la legge, atto formale espressione della volontà politica parlamentare. La decisione quadro è pur sempre un atto normativo approvato da un ministro della repubblica e che avrebbe dovuto essere recepito dall’ordinamento nazionale. Il legislatore non è intervenuto e interviene il giurista che introduce nell’art. 392 con una nuova ipotesi, attraverso la Corte di giustizia [La Sentenza da alcuni è stata criticata perché avvicinava troppo terzo pilastro e primo, senza che nel terzo vi fosse la presenza del Parlamento europeo e anche perché l’effetto ultimo era quello di introdurre nel nostro ordinamento un nuovo caso di incidente probatorio, cioè un istituto eccezionale.] Caso Ramoci e la l. 69\2005: Nel momento in cui il legislatore italiano dà attuazione alla decisione quadro sul M.A.E., con la l. 69\2005, il legislatore italiano che prima aveva tentato di fare resistenza poi ritarda l’attuazione e nell’attuazione introduce tutta una serie di clausole, di motivi di rifiuto della consegna che non erano previsti dalla decisione. Tra questi all’art. 18 (“rifiuto della consegna”): il legislatore individua tutta una serie di motivi di rifiuto, cioè quando uno stato estero richiede la consegna di una persona che si trova in Italia, si può rifiutare la consegna (l’esecuzione del M.A.E.) in una serie tassativa di casi: tra questi, che non coincidono con quelli previsti dalla decisione quadro, i casi di rifiuto previsti dalla decisione erano molto più ristretti. Problema è il M.A.E. emesso da un giudice tedesco, perché la Germania non prevede un sistema di termini massimi di custodia cautelare analogo a quello italiano. Di fronte a questa disparità di disciplina il giudice si pone il problema se lo spirito della decisione quadro è diverso. L’interpretazione che ne ha dato il legislatore italiano è molto più stringente, ha introdotto un limite di cui non si trova traccia nella decisione quadro à si formano due orientamenti della Corte di Cassazione, si arriva in Cassazione e la sezione singola rimette la questione alle SSUU, perché vi era un contrasto giurisprudenziale, le SSUU si pronunciano con la Sentenza Ramoci del 2007: “l’autorità giudiziaria italiana deve verificare, ai fini della consegna, se nella legislazione dello Stato membro di emissione sia espressamente fissato un termine di durata della custodia cautelare fino alla sentenza di condanna di primo grado, o, in mancanza, se un limite temporale implicito sia comunque desumibile da altri meccanismi processuali che instaurino, obbligatoriamente e con cadenze predeterminate, un controllo giurisdizionale funzionale alla legittima prosecuzione della custodia cautelare o, in alternativa, alla estinzione della stessa.” ↓ • In sostanza il problema è che in Germania c’è è un limite fissato dal legislatore ma che può essere prorogato; la garanzia della ragionevole durata della custodia cautelare, che è un diritto riconosciuto e garantito dall’art. 5 par. 3 C.e.d.u. viene attuata e riconosciuta attraverso una serie di controlli periodici da parte del giudice. • La Corte di Cass. interpreta l’art. 18 lett.e), che se interpretato alla lettera avrebbe dovuto portare al rifiuto della consegna e dice che il giudice italiano può rigettare la richiesta di consegna solo laddove manchi del tutto un termine e manchi anche un sistema di controlli periodici da parte del giudice che sia tale da assicurare comunque una ragionevole durata della custodia cautelare. • Anche in materia M.A.E. la Corte di Cass. ha svolto un ruolo importante per produrre non tanto norme espresse, quanto delle norme inespresse che ha tratto da una interpretazione sistematica della l. 69\2005 e della decisione quadro. • Il legislatore aveva disatteso le indicazioni della decisione quadro introducendo dei motivi di rifiuto ulteriori, proprio perché era un legislatore euroscettico che si fidava poco delle decisioni 61 emesse in altri paesi, mentre la Corte di cass. fornisce una interpretazione adeguatrice della legge per conformare l’ordinamento italiano alla decisione quadro. 4) Decisioni della Corte Europea dei diritti dell’uomo Sentenze gemelle 347 e 349/2007 Corte Cost. à la Corte riconosce alla Corte di Strasburgo il monopolio della interpretazione della C.e.d.u. Il diritto C.e.d.u. è prodotto dal testo scritto della Convenzione europea e dalla Corte di Strasburgo à la Corte cost. e i giudici nazionali sono meri fruitori di questo diritto, non concorrono alla evoluzione del diritto C.e.d.u. Conclusione sulle fonti Per concludere il ragionamento ripresa distinzione che si trova in un manuale di Gaetano Foschini, che introduceva la distinzione tra diritto legale, giuridicamente vincolante e diritto libero ,vincolante solo in via indiretta. Questa distinzione si può riformulare in modo più attuale, ma già nel manuale degli anni ’50 Foschini faceva questa distinzione per inserire tra le fonti del diritto processuale penale anche il diritto libero. a) Diritto legale (ad essa va ricondotta anche la C.e.d.u. e le fonti eurounitarie che erano assolutamente sconosciute a quel tempo) ↓ Comprende: 1. Costituzione 2. Fonti eurounitarie 3. C.e.d.u. 4. Leggi e fonti equiparate 5. Regolamenti e circolari 6. Giurisprudenza b) Diritto libero (sul versante del soft law, in cui il diritto opera (citando Weber) più come macchina di obbedienza come regola di conformazione, come regola che viene elaborata con il consenso degli operatori e che viene osservata solo se la fonte è autorevole, solo se c’è una condivisione degli obiettivi) ↓ 1. Protocollo 2. Consuetudini [Legame tra Fonti & il Principio di legalità: il nostro discorso è partito dal 111.1 e dalla portata della riserva di legge in materia processuale penale, abbiamo detto che quella riserva non è assoluta ma relativa, laddove il legislatore ha voluto porre una riserva assoluta lo ha detto, per esempio in materia di giudice con l’art. 25.1 cost.; ma in termini generali il 111 non pone una riserva assoluta di legge, a differenza del 25.2 in materia penale sostanziale e quindi vi è spazio in materia processuale penale anche per fonti subordinate, anche per i regolamenti e anche per le circolari e vi è spazio, e questo non dipende dalla natura assoluta o relativa del 111, ma dalla evoluzione del diritto, per la fonte C.e.d.u. e per le fonti eurounitarie e per il diritto libero.] Parte Seconda PROFILI GENERALI DEL PROCEDIMENTO PENALE Capitolo I I SOGGETTI DEL PROCEDIMENTO PENALE 62 1. Procedimento e processo Processo penale è strumentale rispetto al dir. penale sostanziale (veicolo necessario per applicarlo) Scopo del processo penale è accertare: a) se una determinata persona ha commesso una reato (Tizio ha commesso reato?) consiste nell'accertare se tale fatto costituisce reato e applicare sanzione a chi l'ha commesso b) qual è la personalità dell'autore del reato (CHI ha commesso?) necessario per la caratteristica della sanzione penale, che si distingue dalla civile e amministrativa per essere proporzionata alla personalità dell'autore del fatto illecito c) quali sanzioni devono essergli applicate (QUALI sanzioni?) sanzione penale ha funzione retributiva è è indispensabile che un giudice accerti l'evoluzione della personalità del reo per valutare eventuali misure alternative applicabili “Procedimento penale” à serie cronologicamente ordinata di atti diretti alla pronuncia di una decisione penale. Tre elementi fondamentali (1) Atti devono essere compiuti seguendo una det.sequenza temporale (2) Tutti gli atti del procedimento hanno finalità di accertare esistenza di un fatto penalmente illecito e la sua attribuzione ad una persona (3) Compimento di un atto del procedimento fa sorgere in un altro soggetto il dovere di compiere uno successivo E' diviso in tre fasi: 1) indagini preliminari 2) udienza preliminare 3) giudizio “Processo penale”: porzione del procedimento penale, che comprende udienza preliminare e giudizio 2) e 3). Momento iniziale del processo è l'esercizio dell'azione penale. !! Nel CPP i 2 termini sono usati nel loro significato tecnico “Azione penale”: è la richiesta, diretta al giudice, di decidere sull'imputazione. Art.405 c.1, P.M. esercita l'azione penale quando chiede rinvio a giudizio dell'imputato. “Imputazione”: addebitare ad un determinato soggetto un fatto di reato, i cui elementi sono (407 c.1) • enunciazione del fatto storico di reato addebitato ad una persona • indicazione degli artt. di legge che si ritengono violati • generalità soggetto a cui si addebita il reato Esercizio dell'azione penale ha 2 effetti: 1) pone al giudice l'obbligo di decidere sudi un det. fatto storico 2) fissa in modo tendenzialmente immutabile l'oggetto del processo CPP Libro I Soggetti del procedimento: giudice, P.M., p.g., imputato, parte civilmente obbligato per la pena pecuniaria, persona offesa e difensore “Soggetti” à sono coloro che sono titolari di poteri d' iniziativa all'interno del procedimento. [Non c'è però una definizione di “soggetti” nel CPP] “Parti”à colui che ha chiesto al giudice una decisione in relazione all'imputazione e colui contro il quale questa decisione è chiesta; parti necessarie sono PM e IMPUTATO. Sono il soggetto attivo e quello passivo dell'azione penale che consiste nella formulazione 65 per 1\3 dal parlamento in seduta comune tra professori ordinari di università in materie giuridiche e di avvocati dopo 15 anni di servizio. ↓ Quindi è il CSM che è un organo di autogoverno della magistratura, che è formato in lar- ga parte da magistrati a governare la carriera dei magistrati. o ART. 106 c.1: l’indipendenza esterna è garantita dal principio in base al quale le nomine dei ma- gistrati hanno luogo per concorso. ↓ ci sono ordinamenti in cui i giudici sono eletti o nominati dal parlamento; in Italia le nomine avvengono solo per concorso. o ART. 107 c.1: i magistrati sono inamovibili (norma che attiene sia alla indipendenza esterna che a quella interna) ↓ non è un privilegio è una garanzia di indipendenza del magistrato; se egli potesse essere rimosso dalla sua sede di servizio la sua indipendenza sarebbe vuota. Indipendenza interna: cioè indipendenza tra i giudici, all’interno del potere giudiziario. Le più significative norme: o ART. 107 c.1: i magistrati sono inamovibili. o ART. 107 c. 3 : “i magistrati si distinguono tra loro solo per diversità di funzioni.” ↓ questo significa che non esiste all’interno della magistratura , soprattutto giudicante, una gerarchia. Dal 107.3 si trae un divieto di introdurre delle gerarchie tra i magistrati giudicanti. Per il pubblico ministero: le cose stanno un po’ diversamente, perché l’ART. 107 c.4 introduce una de- roga: “il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle norme sull’ordinamento giudiziario.” à quindi a livello costituzionale non si vieta l’introduzione di una ge- rarchia tra pubblici ministeri. Divieto di gerarchie per quanto riguarda i giudici. I giudici di Cassazione non pesano di più dei giudici di merito, si distinguono solo per funzioni, svolgo- no una funzione di nomofilachia e il giudice di merito deve, perché è tenuto ai sensi dell’ ART. 101 c.2, rispettare quella norma processuale che impone di osservare il principio di diritto affermato dal giudice di Cassazione. Eccezioni degli anni ’60: à negli anni ’60 qualche giudice ha sollevato una questione di legittimità costituzionale della norma dell’allora codice Rocco, ma che era identica a quella dell’art. 627 c.3 dell’attuale codice di rito à La C. di cassazione non effettua giudizio rescissorio se ritiene che ci sia stata una violazione di legge ma di regola annulla con rinvio à Il giudice di rinvio è tenuto a osservare il principio di diritto affermato dalla corte di Cassazione, al- cuni giudici hanno sollevato questione di legittimità costituzionale di questa norma, cioè della corri- spondente norma del codice Rocco, perché ritenevano che violasse il 101.2 e il 107. à La Corte cost. ha detto di no, perché in realtà questa affermazione della vincolabilità del principio di diritto non presuppone una differenziazione gerarchica tra i giudici, ma solo una differenziazione fun- zionale per un verso, cioè per quanto riguarda il 107. Per altro verso è una norma del c.p.p. cioè una legge che attribuisce valenza al principio di diritto affermato dal giudice di Cassazione e quindi quella è una norma legittima. Considerazioni sul livello di tutela assicurato dalla Cost.: 66 - Ciò conta è che la carta costituzionale introduce un disegno della magistratura molto garantita. - I costituenti vogliono segnare una discontinuità netta rispetto al regime fascista, in cui la magi- stratura era asservita al potere politico; perciò vi è una riaffermazione forte attraverso le norme ci- tate: CSM; inamovibilità; assunzione solo per concorso , dell’indipendenza esterna, istituzionale della magistratura rispetto ad ogni altro potere. - E dall’altro lato affermazione forte dell’indipendenza interna: cioè non ci possono essere dei giu- dici di grado superiore che danno ordini a giudici di grado inferiore, la magistratura è un potere diffuso, in cui ogni giudice è chiamato soltanto ad applicare la legge. Indipendenza funzionale del giudice: o Il bene ultimo rispetto al quale sia le garanzie del giudice naturale e della terzietà e imparziali- tà (25c.1 e 111c.2), sia le garanzie ordinamentali ( cioè quelle della indipendenza interna e esterna) sono protese è quello della indipendenza funzionale del giudice (ART. 101 c.2) o Ciò che vuole la costituzione è che il giudice sia messo nelle condizioni di applicare soltanto la legge, senza avere condizionamenti esterni, senza dover rispondere ad altri che alla legge ↓ ART. 101.2 Cost. “i giudici sono soggetti soltanto alla legge”. Quindi sia le garanzie del 25.1 (giudice naturale e precostituito) più terzietà e imparzialità ( 111.2) sia quelle ordinamentali ( indipendenza esterna e interna) sono strumentali rispetto al bene ultimo, che è l’indipendenza funzionale del giudice, garantita dall’ART. 101 c.2 Cost. Attuazione delle garanzie ordinamentali (indipendenza interna\esterna): L’attuazione delle garanzie ordinamentali è demandata alla disciplina dell’ordinamento giudiziario, e quindi non ce ne occuperemo, fatto il cenno per segnalare il legame stretto tra prima e seconda parte della costituzione. Principio del “giudice naturale precostituito per legge” ART. 25 c.1 Cost. “ nessuno può essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge” La duplice anima del principio, alla cui base ci sono 2 beni fondamentali: 1) Divieto di istituire un giudice a posteriori [Origine del principio: nasce con la rivoluzione francese per superare una prassi che esisteva nell’ ancient regime, secondo la quale il giudice veniva istituito dopo la commissione del reato; ovviamente veniva istituito dopo la commissione del reato per imputati che erano più eguali degli altri; nel momento in cui si afferma il principio di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge di pari passo con questo principio si sancisce il principio del giudice naturale precostituito per legge] ↓ Quindi secondo quest’ anima il giudice deve essere prevedibile, non può essere stabilito ex post. àBene tutelato è quello della eguaglianza di trattamento di tutti i cittadini La garanzia si esplica nei confronti di tutti i cittadini, che sanno che se commetteranno un reato andranno davanti a quel giudice, non è che se il reato verrà commesso da una determinata persona il giudice sarà costituito dopo. 2) Divieto di manipolazione (della competenza) a posteriori. La garanzia si esplica anche nei confronti dello stesso giudice, che attraverso questo principio viene messo al riparo, specie in periodi di forte contrapposizione politica all’interno della magistratura, da tentativi di sottrazione della sua causa. La disposizione quindi contribuisce a rafforzare la tutela della indipendenza interna del giudice. Neanche la c. di cass. che è il supremo giudice della competenza (art 65. Ord. Giud.) può sottrarre la causa al giudice naturale. Istituto molto delicato sul tema è la rimessione del processo: che prevede la deroga alla competenza territoriale e la sottrazione della causa al giudice naturale, istituto di cui si sente parlare molto spesso. 67 Se si consentisse di spostare il processo che si è radicato davanti al giudice naturale si finirebbe per mettere in discussione la stessa indipendenza interna del giudice e quindi la seconda anima del giudice naturale precost. è funzionale alla stessa attuazione del modello costituzionale di magistratura come potere diffuso e non gerarchicamente ordinato: tutte le garanzie costituzionali sono collegate, bisogna sempre leggere le norme cost. in modo sistematico. Significato delle espressioni “giudice naturale” \ “precostituito per legge”. E’ dubbio il rapporto tra naturalità e precostituzione; sul punto si sono sviluppate diverse teorie: 1) Tesi disgiuntiva di Cordero La tesi più autorevole in dottrina, volta ad attribuire due significati distinti a naturalità e precostituzione è quella di Cordero: naturalità e precostituzione significherebbero due cose diverse. • La precostituzione à costituzione prima del fatto di reato. • La naturalità à sarebbe un connotato del giudice, che viene individuato facendo leva sul collegamento tra giudice e locus commissi delicti. ↓ Il giudice naturale sarebbe il giudice del luogo in cui è stato commesso il reato. Perché a giudicare di un fatto deve essere il giudice del luogo in cui è stato commesso il reato? Così intesa l’ espressione giudice naturale precost. per legge si avrebbe una riserva di legge , che è assoluta e sarebbe una riserva rinforzata, perché attraverso l’aggettivo naturale il costituente finirebbe per dare una direttiva allo stesso legislatore ordinario; il legislatore ordinario dovrebbe costruire la competenza territoriale in modo tale che a giudicare di un reato sia sempre il giudice del luogo in cui è stato commesso il reato. Due ragioni alla base della scelta del giudice del locus: a) ragione utilitaristica economica che è riconducibile al principio della ragionevole durata, ad un principio di economia processuale; ha senso svolgere li il processo perché ivi si troveranno le prove dichiarative (cioè i testimoni) e le fonti di prova reale. b) ragione simbolica e cioè il processo deve svolgersi nella comunità che è stata direttamente colpita dalla commissione del reato. Il sistema penale intanto può realizzare i suoi obiettivi di retribuzione, prevenzione generale, prevenzione speciale in quanto il processo prima e la sanzione siano attuati nel luogo, nella comunità che ha subito quel reato. 2) Tesi di Tonini Un’altra tesi che viene ripresa da Tonini è quella secondo la quale il giudice naturale sarebbe quello più adeguato a cogliere compiutamente i valori socio culturali della comunità in cui si è svolta una determinata condotta. ↓ “Naturale” fa riferimento a una caratteristica che preesiste rispetto la legge; “Giudice naturale” è quello che l’ordinamento considera più idoneo ad accertare il fatto di reato nel rispetto della legge e dei diritti dell’imputato 3) Tesi disgiuntiva in senso proprio in forza di questa le due qualifiche andrebbero scisse. • La precostituzione à andrebbe riferita alla modalità di costituzione dell’ufficio giudiziario. • La naturalità à andrebbe rapportata alla designazione della persona fisica del giudice. Quindi secondo questa tesi la precostituzione andrebbe riferita alla costituzione dell’ufficio giudiziario; naturalità invece alla scelta del giudice persona fisica all’interno dell’ufficio giudiziario. Il principio di legalità nella individuazione del giudice non dovrebbe fermarsi sulle porte del 70 preterintenzionale c) Ogni delitto doloso se dal fatto è derivata la morte di una o più persone (es. abbandono di minore o incapace seguito da morte) Eccezioni: sono di competenza del Tribunale, morte e lesioni come conseguenza di altro delitto, rissa, omissione di soccorso d) Delitti di ricostituzione del partito fascista, delitti di genocidio, delitti che concernono la personalità dello Stato e) Delitti consumati o tentati di associazione per delinquere non mafiosa, finalizzata a commettere reati di riduzione in schiavitù, tratta di persone, acquisto e alienazione di schiavi, di favoreggiamento pluriaggravato dell'immigrazione clandestina f) Delitti consumati o tentati di riduzione in schiavitù, di tratta di persone, di acquisto e alienazione schiavi g) Delitti con finalità di terrorismo, con pene non inferiori a 10 anni; Composizione e origine della Corte di Assise: E’ un collegio misto, ma non ha nulla a che fare con la giuria di stampo USA che è composta solo da giudici popolari. Proviene dalla tradizione dello “scabinato”, di origine tedesca àquesto modello indica un modello di partecipazione dei cittadini all'amministrazione della giustizia in cui gli stessi siedono, come giudici laici, in un unico collegio assieme ai giudici togati (giudici togati e i giudici popolari hanno la stessa dignità e lo stesso ruolo) e si contrappone a quello, di origine anglosassone, che vede i giudici laici (giurati) comporre un collegio a sé (la giuria) in cui vi è una composizione mista. La Corte di Assise decide con una sentenza, che deve essere motivata, e ogni componente della Corte di Assise togato o meno ha la stessa dignità e lo stesso ruolo [di fatto i giudici togati svolgono un ruolo preminente, però sul piano teorico hanno la stessa identica dignità] Diversità della “giuria”. La giuria invece è composta solo da persone scelte tra i cittadini e devono essere rappresentative possibilmente delle diverse componenti, che fanno parte di una certa comunità; uno dei problemi che si pone negli USA è ad es. quello dei rapporti tra bianchi e neri all’interno delle giurie. La giuria decide all’unanimità e soprattutto decide solo sulla sussistenza o meno del reato, non decide anche sulla sanzione e sulla qualificazione giuridica del fatto, questo spetta al giudice togato. Fondamento costituzionale. La disciplina della corte di assise è volta a dare attuazione al Principio costituzionale sancito dall’ART. 102 c.3 Cost. secondo cui: “ la legge regola i casi e le forme della partecipazione diretta del popolo alla amministrazione della giustizia” à il popolo partecipa direttamente poiché i giudici popolari di corte di assise vengono sorteggiati. • Giudice di Pace o E' un giudice non professionale nominato a tempo determinato (non occorre concorso di magistratura, è sufficiente la laurea in giurisprudenza e esame di abilitazione forense) o E' competente a conoscere una serie di fattispecie attribuite qualitativamente, si tratta per lo più di reati che costituiscono espressione di microconflittualità individuale. o Criterio per la determinazione della sua competenza è rappresentato dalla tenuità della sanzione e dalla semplicità dell'accertamento o Ha competenza, di regola, ai sensi dell’art. 4 del d.lgs. 274/2000: per quel che concerne la microconflittualità, cioè reati che normalmente riguardano dei conflitti di scarsa rilevanza o individuali. o tra le fattispecie attribuite al GdP si distingue tra: è Reati procedibili a querela, attribuiti al GdP, per es. percosse, lesioni volontarie procedibili a querela, lesioni colpose, l'ingiuria, la diffamazione, la minaccia semplice, furti lievi, 71 danneggiamento semplice è Reati procedibili d'ufficio, per es. somministrazione di bevande alcoliche a minori o infermi di mente, la determinazione in altri di stati di ubriachezza, gli atti contrari alla pubblica decenza, inosservanza dell'obbligo di istruzione elementare per minorenni • Tribunale o E' competente a giudicare i reati non appartenenti alla competenza della C. d'Assise o del GdP c.d. competenza “residuale” o E' competente poi qualitativamente per giudicare reati che sono previsti in modo specifico da singole n. di legge su materie tecniche o di particolare complessità (es. reati finanziari) o Il riparto tra collegiale e monocratico sarebbe un criterio tipico di competenza per materia, perché viene individuato dagli artt. 33 bis e 33 ter, facendo riferimento a una serie di reati e al quantum della pena. A seguito della l. 479/1999 le attribuzioni del tribunale monocratico e collegiale sono: è Tribunale in composizione collegiale (3 giudici togati), conosce i reati puniti, anche nelle ipotesi di tentativo con pena detentiva superiore nel max a 10 anni ma non superiore a 24 anni purché non siano di competenza della C. d'Assise (c.d. criterio quantitativo);conosce una serie di fattispecie nominativamente indicate (c.d. criterio qualitativo) Ha la cognizione di quasi tutti i reati riconducibili all'associazione per delinquere , lo scambio elettorale politico mafioso, delitti concernenti armi, reati in materia di aborto e usura. (art. 33 bis) Si tratta più o meno dell’ 8 - 10 % del carico del tribunale. è Tribunale in composizione monocratica, è attribuita cognizione dei delitti di produzione e traffico illecito si sostanze stupefacenti. Giudica dei reati puniti con pena detentiva fino a 10 anni nel max purché non di competenza del GdP. (art. 33 ter) La grande maggioranza, 90 – 92 %, del carico del tribunale spetta al tribunale in composizione monocratica. La l. 479\99 ha aumentato le competenze del giudice singolo e c'è il pericolo che il giudice singolo non approfondisca i punti più discussi adeguandosi alla tesi della parte più forte. Inoltre un'esposizione sociale più elevata proprio nei casi più gravi può indurlo a seguire l'opinione pubblica. La ripartizione tra collegiale e monocratico attiene non alla competenza ma alla cognizione o rito. !! Sono criteri simili a quelli previsti per la competenza per materia: teoricamente sarebbe una competenza per materia, ma il legislatore la configura quale criterio di riparto interno all’ufficio, denominando il riparto “attribuzione” e riducendolo problema di mera composizione del giudice. Ratio della scelta del legislatore: Allo scopo di prevedere una disciplina autonoma dell’inosservanza dei criteri di attribuzione ↓ L’inosservanza dei criteri di attribuzione della competenza per materia è rilevabile in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio (è situazione patologica più grave) Il legislatore non volendo arrivare a tanto, nel ’98\’99 introduce prima il giudice unico, sostituendo il pretore; superata la distinzione tribunale e pretore, si configura il Tribunale come giudice unico di primo grado, compiendo la distinzione tra collegiale e monocratico. Non si voleva che la violazione delle regole attinenti al riparto tra collegiale e monocratico producesse degli effetti così gravi come quelli previsti per l’incompetenza per materia poiché è particolarmente rischioso [p.e. in Cassazione si potrebbe rilevare per la prima volta l’inosservanza di una norma sull’attribuzione con la conseguenza di dover ricominciare il processo ex novo] 72 Conseguenze dell’attribuzione al monocratico o al collegiale. Stabilire se un reato è attribuito al tribunale in composizione monocratica, anziché al tribunale in composizione collegiale incide: a) Sulla composizione del giudice. b) Rileva ai fini del procedimento ↓ Libro VIII del CPP prevede un procedimento semplificato davanti al tribunale in composizione monocratica art. 549 “nel procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica, per tutto ciò che non è previsto nel presente libro o in altre disposizioni, si osservano le norme contenute nei libri che precedono, in quanto applicabili”. Vi è disciplina speciale mentre la disciplina generale contenuta nel codice è applicata al tribunale in composizione collegiale. Distinzione interna alla composizione monocratica: “più avanza la scienza processual-penalistica e più si semplifica il rito, per il principio di semplificazione” (Carnelutti) à Principio più disapplicato nel nostro ordinamento. Il nostro rito infatti è abbastanza complicato, infatti non è sufficiente la distinzione tra monocratico e collegiale , perché all’interno del monocratico ci sono 2 riti diversi: 1- Art. 550 prevede dei casi di citazione diretta a giudizio: “il p.m. esercita l’azione penale con la citazione diretta a giudizio quando si tratta di contravvenzioni ovvero di delitti puniti con la pena della reclusione non superiore nel massimo a 4 anni o con la multa.” ↓ o Quindi per le contravvenzioni e per i delitti puniti con la reclusione non superiore nel massimo a 4 anni si ha un procedimento a citazione diretta à si salta una fase importante del processo: l’udienza preliminare, si va direttamente davanti al giudice dibattimentale. o Il p.m. in questo caso, al termine delle indagini preliminari, se ritiene che sussistano elementi sufficienti per esercitare l’azione penale cita l’imputato direttamente davanti al giudice monocratico. 2- Ipotesi residuali rispetto il 550 (p. es. laddove ci sia un delitto punito con pena della reclusione superiore a 4 anni, ma evidentemente inferiore a 10 anni) ↓ anche davanti al tribunale monocratico si ha un procedimento con l’udienza preliminare Competenza “funzionale” La dottrina usa distinguere quest'ulteriore nozione che è la competenza a svolgere det. procedimenti o particolari fasi o gradi del procedimento o a compiere det. atti. Non trova una disciplina codicistica, ma è frutto della ricostruzione dottrinale. Definizione: la competenza funzionale è quella competenza che viene riconosciuta a determinati giudici per alcune fasi, stati e gradi del procedimento. Esempi: - GIP ha competenza funzionale nella fase delle indagini preliminari, previsto all’art. 328 “nei casi previsti dalla legge, sulle richieste del p.m. , delle parti private e della persona offesa del reato, provvede il giudice per le indagini preliminari.” - GUP ha competenza funzionale per l’udienza preliminare, previsto all’art. 279 in materia di misure cautelari: “sull’applicazione e revoca delle misure cautelari provvede il giudice che procede…” ànelle indagini preliminari sarà il GIP; in udienza preliminare sarà il GUP; in dibattimento sarà il giudice dibattimentale. - In 1°grado la competenza funzionale sarà della Corte di assise, del Tribunale o del Giudice di pace; in 2° grado sarà della Corte di assise d’appello; per il grado d’appello giudice funzionalmente competente è la Corte d’Appello. 75 Il codice di procedura penale del 1988 Ha fatto una scelta significativa che è il portato della scelta di base per un sistema tendenzialmente accusatorio: 1) Disciplina la connessione come un vero e proprio criterio di attribuzione della competenza (art. 13, 15, 16) à opera a prescindere dalla riunione dei processi, questo per ridurre drasticamente la discrezionalità del giudice. 2) Riduzione notevole dei casi di connessione, disciplinati dall’art. 12 : questo per evitare proprio il fenomeno dei maxiprocessi [slogan: sì alle maxi indagini , no ai maxiprocessi] ↓ “noi facciamo dei maxiprocessi non perché siamo magistrati bulimici, vogliamo scoprire la verità e vogliamo mettere tutto assieme, ma perché i fenomeni criminali italiani si caratterizzano per essere dei fenomeni di criminalità organizzata” (Falcone) E’ un problema reale mettere in comune le conoscenze in relazione a diversi fatti di reato commessi dai membri di un’associazione criminale: la risposta che dà il Legislatore dell’88 risponde alla puntualizzazione di Falcone distinguendo il collegamento investigativo dalla connessione processuale à si prevede all’art. 371 c.2 lett. b) l’istituto del collegamento probatorio (o investigativo): prevedere che i PM a livello di indagini si coordinino laddove sussistano dei nessi tra persone oppure tra reati. Sottolineare la distinzione tra competenza per connessione e collegamento probatorio. Art. 12 Elenca tre casi di connessione di procedimenti di competenza del Tribunale e della Corte d’Assise: a) “Quando reato per cui si procede è stato commesso da più persone in concorso o cooperazione tra loro o se più persone con condotte indipendenti hanno det. l’evento.” ↓ Ipotesi di concorso di persone nel reato (es. rapina) oppure della cooperazione colposa (art. 113 del CP) oppure l’ipotesi in cui più persone con condotte indipendenti hanno determinato l’evento. àCasi di connessione forte perché effettivamente c’è una relazione stretta tra le singole persone che hanno concorso e quindi il codice prevede che a decidere sui reati commessi in concorso sia lo stesso giudice. Tuttavia non significa che debba essere fatto un solo processo, ma deve essere lo stesso giudice (inteso come ufficio) a decidere. Art 197 lett. a) La connessione forte rileva anche ai fini della incompatibilità a testimoniare à la regola è che tutti i soggetti hanno capacità di testimoniare, ci sono però delle eccezioni rappresentate dai casi in incompatibilità, tra cui ai sensi dell’art. 197 lett. a) “l’ipotesi dei coimputati del medesimo reato o le persone imputate in un procedimento connesso a norma dell’art. 12 comma 1 lettera a), salvo che nei loro confronti sia stata pronunciata sentenza irrevocabile di proscioglimento, di condanna o di applicazione della pena ai sensi dell’art. 444”. Quindi l’imputato in un procedimento connesso (laddove si proceda separatamente) non può testimoniare (es. Tizio e Caio hanno commesso insieme un reato, nei confronti di Tizio e di Caio si procede separatamente, Tizio non può essere chiamato come testimone nel procedimento di Caio) Ratio: i testimoni sono obbligati a dire la verità e gli imputati hanno il diritto di stare in silenzio e entro certi limiti possono mentire, dunque se si consentisse al coimputato o all’imputato in un procedimento connesso laddove c’è una connessione forte di testimoniare nel processo del coimputato o dell’altro imputato ci potrebbe essere un rischio, perché visti i nessi che ci sono tra le loro posizioni si potrebbe arrivare a un punto in cui sostanzialmente si forza l’imputato a raccontare dei fatti che potrebbero nuocere alla sua stessa difesa. L’incompatibilità a testimoniare viene meno solo con una pronuncia definitiva (es. Tizio condannato in modo irrevocabile viene meno questo rischio e quindi si potrà citarlo come testimone nel procedimento di Caio) 76 Collegamento sistematico tra l’art. 12 e l’art. 197 à portata della connessione incide sulla portata delle incompatibilità a testimoniare (ridotta nel 2001) art. 197 lett. a e b. b) “Quando una persona è imputata di più reati commessi con una sola azione o omissione ovvero con più azioni o omissioni del medesimo disegno criminoso.” ↓ E’ l’ipotesi del concorso formale di reati, oppure del reato continuato: più azioni od omissioni esecutive di un medesimo disegno criminoso. c) “Quando si procede per più reati, se gli uni sono stati commessi per eseguire o occultare gli altri.” ↓ ipotesi della connessione teleologica : reati che sono stati commessi o per eseguire o per occultare altri reati. Modifiche dell’art. 12: - Le ipotesi di connessione sono state modificate rispetto il codice dell’88 che le aveva ridotte, ma di fronte all’emergenza mafiosa del ’91 e ’92 sono state ampliate per consentire soprattutto nei processi contro la criminalità organizzata di compiere dei processi un po’ più ampi, che consentissero di ricostruire meglio la fenomenologia criminale. - Nel 2001, quando si dà attuazione al principio costituzionale del giusto processo e del contraddittorio vengono di nuovo ridotte le ipotesi di connessione, contrasto dei maxi- processi con il principio del contraddittorio. - Nel 2001 si limita molto l’ipotesi della lett. c) e si riduce la connessione alla sola fattispecie della connessione teleologica ampliando invece l’istituto del collegamento probatorio. [Collegamento probatorio Art. 371 c.2 lett. b) “Coordinamento delle indagini” “Le indagini di uffici diversi del p.m. si considerano collegate: a) se i procedimenti sono connessi a norma dell’articolo 12. b) se si tratta di reati dei quali gli uni sono stati commessi in occasione degli altri, o per conseguirne o assicurarne al colpevole o ad al altri il profitto, il prezzo, il prodotto o l’impunità, o che sono stati commessi da più persone in danno reciproco le une delle altre, ovvero se la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza. c) Se la prova di più reati deriva, anche in parte, dalla stessa fonte.” ↓ Alcune di queste ipotesi nel ‘92 erano state riportate nel 12 lett. c) e quindi determinavano effettivamente la competenza del giudice, poi il legislatore del 2001, in attuazione dei principi del giusto processo e del contraddittorio sposta nuovamente alcune di queste fattispecie (ad es. quella della occasionalità, i reati commessi in occasione degli altri; oppure del mero collegamento probatorio; quando la prova di un reato o di una sua circostanza influisce sulla prova di un altro reato o di un’altra circostanza à li sposta nell’ambito del coordinamento delle investigazioni.)] Applicazione dell’art. 12: - Situazione vigente nel codice Rocco: C’è un furto commesso a Trieste, la competenza sarà del tribunale monocratico di Trieste; poi vi è una rapina commessa a Udine da Tizio e Caio che agiscono insieme: nella rapina commessa a Udine viene utilizzata la macchina rubata a Trieste e quindi vi è una connessione tra i due reati, vi è un medesimo disegno criminoso quindi la lettera b) dell’art. 12, oppure anche la lettera c) un reato è stato commesso per eseguire un altro (anche se di solito in questi casi si tende a ricondurlo alla lettera b). Per la rapina commessa a Udine sarebbe competente il tribunale di Udine. ↓ in questi casi nel vecchio codice si diceva che era possibile riunire i 2 processi, allora la competenza 77 era del giudice che è competente per il reato più grave e quindi la connessione operava come un criterio derogatorio della competenza in questo caso per territorio. - Situazione vigente oggi con il codice dell’88: La connessione opera come vero e proprio criterio di attribuzione della competenza, opera autonomamente rispetto alla riunione dei processi. Art. 16:“ la competenza per territorio per i procedimenti connessi rispetto ai quali più giudici sono ugualmente competenti per materia appartiene al giudice competente per il reato più grave e, in caso di pari gravità, al giudice competente per il primo reato”. ↓ In questa ipotesi sappiamo sin dall’inizio che competente per entrambi i reati sarà il tribunale di Udine; Per definire il giudice competente non bastano i criteri della competenza per materia e per territorio, ma si deve ricorrere anche agli artt. 12 e ss. [In questo caso c’è una connessione ai sensi del 12 lett. b),e in applicazione del 16 sarà competente il giudice di Udine, cioè il tribunale competente per il reato più grave (la rapina rispetto al furto); quindi a giudicare di tutti e due sarà il tribunale di Udine a prescindere dal fatto che si compia un unico processo; rimarrà competente il tribunale di Udine anche se si processa Tizio per la rapina nel 2010 e Tizio e Caio per il furto nel 2012, con due processi separati] Ciò significa che la connessione opera oggi come criterio di attribuzione della competenza e non come criterio derogatorio della competenza subordinato alla possibilità di riunire i processi. Criteri d’individuazione del giudice competente: • fra giudici competenti per materia à la Corte d’Assise prevale sul Tribunale (art.15) • se più giudici sono competenti per materia e hanno ≠ competenza territoriale à prevale giudice competente per il reato più grave sulla base dell’ art. 16 • in caso di pari gravità à prevale giudice competente per il reato commesso per primo [Regola d’attribuzione per tribunale in composizione collegiale o monocratica à prevale la cognizione del collegio] Deroga alla connessione ↓ procedimenti contro imputati minorenni à devono essere sempre giudicati dal Tribunale per i minorenni, da giudice specializzato che tiene presente il fine primario della rieducazione Rapporto tra competenza per connessione e riunione dei procedimenti (simultaneus processus) àSe c’è connessione 1 solo giudice è competente a giudicare tutti i reati commessi, di regola i procedimenti saranno riuniti (art.17) ma possono anche svolgersi separatamente (art.18) Capo III: la connessione opera a prescindere dalla riunione e la riunione opera a prescindere dalla connessione. Riunione dei procedimenti. Quando procedimenti sono connessi essi possono essere riuniti per permettere il simultaneus processus per consentire l’economia processuale e per ricostruire con maggior chiarezza e completezza il quadro probatorio e i rapporti tra i reati. Requisiti per la riunione (art.17): 1. procedimenti pendenti nella stessa fase e nello stesso grado del processo 2. procedimenti di competenza del medesimo giudice 3. procedimenti connessi oppure con collegamento probatorio 4. la riunione non deve determinare un ritardo nella definizione del processo ↓ a) La riunione interviene in un momento successivo alla individuazione del giudice competente. b) La riunione è consentita in tutti i casi di connessione ma è consentita anche nelle ipotesi di 80 o sulla competenza è vincolante nel corso del processo, salvo che risultino nuovi fatti che comportino una diversa definizione giuridica da cui derivi la modificazione della giurisdizione o la competenza di un giudice superiore.” Abbiamo spostato l’esempio dalle indagini preliminari all’udienza preliminare perché l’art. 28 c.3 stabilisce che “ Nel corso delle indagini preliminari, non può essere proposto conflitto positivo fondato su ragioni di competenza per territorio determinata dalla connessione.” In questo caso vi era un conflitto negativo e non positivo, per cui andava bene comunque l’esempio, perché erano due giudici che ricusano di prendere cognizione. Conflitto positivo: si ha invece quando due giudici contemporaneamente ritengono di essere competenti. INCOMPETENZA Disciplinata dal Capo IV, Titolo I, Libro I Dichiarazione d’incompetenza àl’inosservanza delle disposizioni sulla competenza comporta la dichiarazione del giudice sulla propria incompetenza Normativa sull’efficacia degli atti compiuti dal giudice incompetente: o di regola le prove acquisite restano efficaci mentre le dichiarazioni, se ripetibili, diventano utilizzabili nel giudizio solo come contestazioni probatorie art.26 o le misure cautelari già disposte conservano efficacia provvisoria limitata a 20 giorni dalla ordinanza che dichiara l’incompetenza e che trasmette gli atti art.500, 503 Il codice suddivide la fattispecie in 3 istituti: 1) Incompetenza per materia Art. 21 c.1 stabilisce che: “l’incompetenza per materia è rilevata, anche d’ufficio, in ogni stato e grado del processo, salvo quanto previsto dal comma 3 e dall’articolo 23 comma 2.” Ipotesi derogatorie: • Art.21 c.3 si riferisce all’ incompetenza per connessione, stabilendo che laddove il criterio di attribuzione è quello della connessione opera la disciplina prevista per l’incompetenza per connessione. • Art. 23 c.2 stabilisce che “se il reato appartiene alla cognizione di un giudice di competenza inferiore l’incompetenza è rilevata o eccepita a pena di decadenza entro il termine stabilito dall’art. 491 comma 1. “ In sostanza bisogna distinguere nell’incompetenza per materia tra: a. Incompetenza “per difetto”( = quando sta procedendo un giudice inferiore, il quale è meno idoneo a giudicare rispetto uno superiore), previste norme più rigorose à se un tribunale procede per un reato di competenza della Corte d’Assise, l’incompetenza è rilevabile finché non si è giunti a sentenza irrevocabile (rilevabilità del vizio in ogni stato e grado del procedimento, anche d’ufficio) art. 21 c.1 Es. per un reato di competenza della corte d’assise si pronuncia il giudice di pace (c.d. incompetenza per materia per difetto): si è pronunciato un giudice inferiore rispetto a quello che doveva pronunciarsi. Soltanto con questa ipotesi si ricade nell’ambito della disciplina del 21 c.1 ↓ Due considerazioni sono da fare, che torneranno per quanto riguarda la nullità e per quanto riguarda l’inutilizzabilità, perché attengono a inosservanza della legge processuale: I. Rilevabilità d’ufficio àl’inosservanza stessa può essere rilevata direttamente d’ufficio dal giudice senza sollecitazione di parte: (es. anche se le parti nell’atto di appello non hanno censurato l’incompetenza per materia, il giudice d’appello ,laddove un reato di competenza della corte di assise stia stato deciso dal tribunale, potrà pronunciare ai sensi dell’art. 24 e annullare la sentenza di primo grado, 81 anche d’ufficio) Deroga al Principio devolutivo delle impugnazioni e al Principio del “tantum devolutum quantum appellatum” per la Corte di Cassazione. II. In ogni stato e grado del processo à è un vizio talmente grave che può essere eccepito anche in Cassazione, dopo che sono stati fatti due processi di merito, è un vizio fondamentale che può essere eccepito anche in Cassazione. b. Incompetenza “per eccesso” (= quando un giudice superiore stia procedendo per un reato di competenza di un giudica inferiore), regime meno rigoroso à se la Corte d’Assise sta procedendo per un reato di competenza del Tribunale, l’incompetenza “per eccesso” può essere rilevata anche d’ufficio, ma non oltre un termine perentorio: le questioni preliminari prima della dichiarazione di apertura del dibattimento art. 491 c.1; inoltre se il giudice di 1°grado errando avesse ritenuto la propria competenza, la Corte d’Appello che accerti un’incompetenza “per eccesso”, deve decidere nel merito art. 24 c.2 Ratio della scelta: il ragionamento del legislatore è che il vizio è meno grave, è un giudice superiore che decide di un reato che avrebbe dovuto essere trattato da un giudice inferiore e quindi non ha senso rendere quel vizio rilevabile fino in Cassazione, si fissa un termine perentorio entro il quale quel vizio può essere rilevato o eccepito. 2) Incompetenza per territorio Regime simile per la declaratoria d’incompetenza territoriale. E’ eccepibile dalle parti ed è rilevabile dal giudice, fino alla chiusura della discussione finale nell’udienza preliminare, se l’udienza non ha luogo l’incompetenza dev’essere eccepita o rilevata in dibattimento. Art. 21 c.2: “ L’incompetenza per territorio è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, prima della conclusione dell’udienza preliminare o, se questa manchi, entro il termine previsto dall’articolo 491 comma 1. Entro quest’ultimo termine deve essere riproposta l’eccezione di incompetenza respinta nell’udienza preliminare.” Previsione di 2 termini: 1) Primo termine à l’udienza preliminare, a pena di decadenza. 2) Secondo termine à se questa manca (es. nel caso di attribuzione del tribunale monocratico, per una pena inferiore alla reclusione nel massimo superiore a quattro anni, c’è un procedimento a citazione diretta senza udienza preliminare): il termine ultimo non è l’udienza preliminare ma è il 491, quindi l’apertura del dibattimento per le questioni preliminari al dibattimento. Le parti devo eccepire entro quel termine altrimenti l’inosservanza della legge processuale viene sanata. [Non si può andare in Cassazione e dire che era competente il giudice di Trieste al posto di Udine: Principio dell’auto-responsabilità] Inoltre si riferisce al secondo termine anche la parte successiva della norma: entro il termine del 491 c.1 deve essere riproposta l’eccezione di incompetenza respinta nell’udienza preliminare. 3) Incompetenza per connessione Dev’essere rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro gli stessi termini previsti per l’incompetenza per territorio. Art. 21 c.3: “l’incompetenza derivante da connessione è rilevata o eccepita, a pena di decadenza, entro i termini previsti dal comma 2.” L’incompetenza per territorio e per connessione si collocano sullo stesso piano à ci sono dei termini perentori entro cui vanno eccepiti. Declaratoria di incompetenza. 82 Nel corso delle indagini preliminari il giudice dichiara l’incompetenza con ordinanza e si limita a restituire gli atti al PM che in quel momento sta conducendo le indagini; l’ordinanza produce effetto limitatamente al provvedimento richiesto e non impedisce al PM di svolgere indagini; Dopo la chiusura delle indagini il giudice dichiara la propria incompetenza con sentenza e trasmette gli atti al PM presso il giudice competente. Effetti della declaratoria (artt. 26 e 27): - Le prove: per quanto riguarda le prove acquisite dal giudice incompetente c’è il problema di capire se possono essere utilizzate davanti al giudice divenuto competente Art. 26 si ispira ad un Principio di conservazione della prova che a sua volta discende dal Principio di economia processuale “l’inosservanza delle norme sulla competenza non produce l’inefficacia delle prove già acquisite. 2. Le dichiarazioni rese al giudice incompetente per materia , se ripetibili, sono utilizzabili soltanto nell’udienza preliminare e per le contestazioni a norma degli articoli 500 e 503.” - Le misure cautelari: art. 27 disciplina le misure cautelari disposte da un giudice incompetente. “le misure cautelari disposte dal giudice che, contestualmente o successivamente, si dichiara incompetente per qualsiasi causa cessano di avere effetto se, entro 20 giorni dall’ordinanza di trasmissione degli atti, il giudice competente non provvede a norma degli articoli 292 317 e 321.” Es. se la misura della custodia cautelare è stata applicata dal GIP di Trieste e poi si stabilisce che in realtà per quel reato è competente il giudice di Udine vi è un problema, bisogna capire che destino ha quella misura cautelare à se il giudice di Trieste declina la propria competenza e dice che è competente Udine, dal momento in cui trasmette gli atti a Udine scatta un termine perentorio, entro il quale il giudice di Udine dovrà pronunciarsi sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione di quella misura. Vengono utilizzate le due locuzioni “contestualmente o successivamente” perché il codice prevede all’art. 291 c.2 “ se riconosce la propria incompetenza per qualsiasi causa, il giudice, quando ne ricorrono le condizioni e sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari previste dall’art. 274 dispone la misura richiesta, con lo stesso provvedimento con il quale dichiara la propria incompetenza, si applicano in tal caso le disposizioni dell’art. 27” à se c’è il pericolo che la persona fugga (es.ha già falsificato dei documenti etc.) il GIP che si dichiara incompetente può, se sussiste l’urgenza di soddisfare taluna delle esigenze cautelari, applicare la misura, salvo poi applicare il 27: cioè entro 20 giorni deve trasmettere gli atti al giudice che ritenga di essere competente e a quel punto il giudice ad quem dovrà nuovamente pronunciarsi sulle esigenze cautelari. ↓ Riepilogando: per le prove vale un principio di conservazione; per quanto riguarda il provvedimento restrittivo della libertà personale deve esserci un nuovo vaglio e una eventuale ratifica, convalida da parte del giudice ad quem. Difetto di attribuzione del Tribunale E’ l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del Tribunale Il legislatore ha escluso che le eventuali violazioni delle norme sulla corretta composizione del Tribunale possano incidere sulla capacità dell’organo giudicante (art. 33 c.3) Rapporti tra collegiale e monocratico configurati come un modulo organizzativo interno all’ufficio giudiziario, legislatore ritiene che il problema sia attinente alla “cognizione” del giudice non alla competenza. d.lgs. 51\98 art. 170 ha introdotto il nuovo Capo VI bis del CPP con le modifiche della l. 479\99, che ha introdotto 2 modelli procedurali dinanzi al Tribunale in composizione monocratica: 85 grado del procedimento le nullità previste dall’articolo 178 comma 1 lettera a)…” Nullità assoluta: insanabile e rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento (es. l’incompetenza per materia per difetto). E’ la tipologia di nullità più grave: se a pronunciare una sentenza è un soggetto privo dei requisiti previsti dalla legge di ordinamento giudiziario, tale violazione è rilevabile anche in Cassazione (non rileva che siano passati 5 anni e che si sia fatto un processo d’appello con giudici capaci). 2) Capacità specifica: regolare costituzione del giudice nel singolo processo cioè norme riguardanti: a. 33 c.2 Destinazione alle sezioni, formazione dei collegi, assegnazioni dei processi (sistema tabellare). Eccezione: Cass., Sez. I, 7 maggio 2003, di solito il collegio è formato extra ordinem b. 33 c.3 Disposizioni sull’attribuzione all’interno del tribunale (artt. 33-bis ss.) ↓ Entrambi i casi non si considerano attinenti alla capacità o al numero di giudici Ratio: evitare la nullità. Spiegazione di Gialuz: Fatta questa precisazione si capisce il senso dell’art. 33 c. 2 e 3: distinzione tra attribuzione e numero dei giudici necessario per costituire l’organo giudicante. Secondo l’art. 33 c.3 a determinare la nullità assoluta è soltanto la violazione delle norme di ordinamento giudiziario à non anche la violazione degli art. 33 bis e ter Secondo l’art. 33 c.2 l’inosservanza delle norme del sistema tabellare di organizzazione fissato dagli uffici giudiziari non determina la nullità, perché queste norme, attinenti alla capacità specifica non si considerano attinenti alla capacità del giudice e quindi non scatta l’art. 178. [Tabelle degli uffici giudicanti: stabiliscono l’eventuale ripartizione degli uffici in sezioni, la destinazione dei magistrati all’interno dell’ufficio, la formazione dei collegi giudicanti. Es. Tribunale di Milano diviso in 10 sezioni: la I° penale dell’economia; la II° penale economia; la IV° PA; V° soggetti deboli; VII° e VIII° criminalità organizzata; X° PA. Se ad es. si violano le norme sulla tabella del tribunale di Milano e si fa giudicare un reato di corruzione alla quinta sezione, che sarebbe competente per i reati che hanno a che fare con i soggetti deboli (diritto penale del lavoro e reati colposi) in questo caso non vi è violazione delle norme sulla competenza , non vi è un difetto di attribuzione à vi è la semplice violazione del diritto tabellare, ma il 33 c.2 ci dice che in questo caso non vi è la violazione delle condizioni di capacità del giudice, quindi non ci sarà una nullità assoluta.] Dubbio derivato dall’ ART. 25 c.1 Importanza dell’interpretazione dell’ART. 25 c.1 Cost.: si è discusso in dottrina e giurisprudenza sul significato da attribuire alla parola giudice: giudice è organo giudiziario o persona fisica? Il principio di legalità nella costituzione del giudice va rispettato solo a livello di organi o anche a livello di singoli magistrati persone fisiche: la risposta è contraddittoria. Legislatore e il CSM sostengono un’interpretazione stringente, anche magistrato-persona fisica à infatti si predispongono dei criteri, le norme del diritto tabellare, che consentono di precostituire e predeterminare la sezione e anche il magistrato persona fisica chiamato a decidere su quella determinata questione, quindi sì è giudice persona fisica, la norma va interpretata in senso stringente e il principio di legalità va applicato anche all’interno del palazzo di giustizia. Salvo poi prevedere che l’inosservanza di questo diritto determini non nullità, ma una mera irregolarità. Ratio: vi è il rischio è di irrigidire molto il sistema e si rischierebbe di disseminare possibili mine nei vari processi. Prevedere delle garanzie è rischioso, perché se le garanzie sono serie esse vanno accompagnate da 86 sanzioni, altrimenti sono norme minus quam perfecte; le sanzioni però a livello processuale possono ritorcersi contro e possono portare a fare dei processi inutili, perché bisogna riiniziare da capo. Quindi il legislatore del’88 pone una norma minus quam perfecta, cioè una norma senza sanzione: il diritto tabellare individua gli uffici, individua le persone fisiche, ma non prevede una sanzione per l’inosservanza. La Cassazione con una giurisprudenza monolitica ha detto che la violazione delle tabelle non determina nullità. ↓ Eccezione al fatto che sia mera irregolarità: Nel 2003 in un procedimento nei confronti di 18 black bloc vengono applicate delle misure custodiali in carcere, avverso il provvedimento applicativo della misura viene fatta istanza di riesame ai sensi dell’art. 309, quindi una impugnazione cautelare, è un procedimento delicato e il presidente del tribunale forma un collegio assolutamente extra ordinem. Erano previste dalle tabelle l’assegnazione di determinati magistrati, è un procedimento delicato, i magistrati che secondo le tabelle avrebbero dovuto occuparsi del processo sono disponibili, , a decidere quel procedimento vengono assegnati altri 3 soggetti, tre magistrati diversi. Formazione di un collegio extra ordinem: il p.m. propone ricorso per cassazione avverso la decisione del giudice del riesame per violazione dell’ART. 25 c.1 Cost. e richiama anche l’art. 178. Per la prima volta la Corte di Cassazione in qualche modo apre alla riconduzione di una nullità nell’ipotesi di violazione del diritto tabellare. Però circoscrive subito questa rilevanza a ipotesi veramente extra ordinem, dice: “intanto si può prevedere una nullità per violazione del diritto tabellare in quanto ci sia stato un collegio costituito in maniera del tutto eccezionale. Ricapitolando su competenza, attribuzione, capacità L’iter è : 1. Individuazione del giudice competente per materia (es. tribunale) à inosservanza: incompetenza per difetto in ogni stato e grado del processo. 2. Poi si valuta l’attribuzione, quindi la composizione del tribunale: l’inosservanza determina un difetto di attribuzione eccepibile entro i termini del 33 quinquies. 3. Ultimo passo è quello dell’ individuazione della sezione e della composizione del collegio àmera irregolarità, salvo ipotesi eccezionali. Competenza per materia del tribunale Attribuzione al tribunale collegiale o monocratico Individuazione del- la sezione e com- posizione del col- legio Si pronuncia il tribunale in luogo della corte d’assise Si pronuncia il tribunale in composizione monocrati- ca in luogo del tribunale in composizione collegiale Si pronuncia la II sezione invece che la III; il col- legio è composto da Tizio invece che da Caio 87 TERZIETA’ E IMPARZIALITÀ DEL GIUDICE Perché sia effettiva si deve basare su 3 principi: 1. Soggezione del giudice alla legge Solo la presenza di leggi, indicando fatti di reato e poteri processuali da poter esercitare, impedisce che il giudice sia influenzato dall’esterno o dall’interno; occorre garantire al cittadino contro l’arbitrio del giudice. 2. Separazione delle funzioni processuali In soggetti distinti àaccusa, difesa e giudice 3. Presenza di garanzie procedimentali per estromettere il giudice che sia parziale Sia come persona fisica che come ufficio giudiziario nel complesso; perciò sono predisposti gli istituti dell’astensione e della ricusazione per garantire imparzialità del giudice-persona fisica e l’istituto della rimessione per l’ufficio giudicante nel complesso CPP dell’88 era carente nella disciplina dell’imparzialità del giudice-persona à maggiori garanzie introdotte dalla Corte Cost. che con le sue sentenze ha indotto il legislatore a perfezionare la normativa e al recepimento del Principio della terzietà e dell’imparzialità all’ART.111 c.2 Cost. ART. 111 c.2 “Ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un giudice terzo e imparziale. La legge ne assicura la ragionevole durata.” Significato di “terzo e imparziale”: Prima della riforma del ’99 à non vi era un riferimento alla imparzialità e quindi la Corte cost. faceva discendere l’imparzialità dal concetto di giusto processo, sostenendo che l’imparzialità del giudice è una caratteristica connaturale alla funzione giurisdizionale e quindi è un requisito fondamentale per garantire il giusto processo. Nel ‘99 interviene il legislatore à riferimento a “giudice terzo e imparziale” ↓ Diverse tesi sull’interpretazione della locuzione: 1. Tesi della sinonimia (terzietà= imparzialità) Non molto convincente perché contraria a qualsiasi argomento “economico” (Tarello): cioè il legislatore non utilizza mai dei termini invano, se lo utilizza significa che a quel termine dà un significato e l’interprete deve valorizzare le singole parole impiegate dal legislatore. 2. Tesi dell’autonomia: a) “Terzietà”: sarebbe riferita allo status del giudice, quindi evocherebbe una distinzione sul piano ordinamentale. Status del giudice (piano ordinamentale) che secondo alcuni richiederebbe la separazione delle carriere (distinzione sul piano organizzativo) àgiudice terzo perché distinto sul piano ordinamentale dal PM Separazione delle carriere: La terzietà, cioè la distinzione di status evoca il tema della separazione delle carriere àoggi giudici e PM fanno parte della magistratura e hanno una carriera unica, entrano in magistratura con un concorso unico, poi devono scegliere la funzione; quindi carriera unica regolata dalle norme dell’ordinamento giudiziario e governata dal CSM, organo di governo autonomo della magistratura, non di autogoverno perché il CSM è formato anche da membri laici, ma governo autonomo. Solo il CSM decide delle promozioni e dei trasferimenti sia dei giudici che dei PM, che si Incompetenza per difetto rile- vabile in ogni stato e grado del processo (art. 23) Difetto di attri- buzione ecce- pibile entro termini peren- tori (art. 33- quinquies) Mera irregolarità salvi casi ecce- zionali (artt. 33, 178) 90 nello stesso procedimento: o Fa riferimento soprattutto ad incompatibilità (imparzialità) soggettiva à se un giudice ha emesso la sentenza di 1° grado non potrà essere o apparire imparziale in 2° grado oppure nel giudizio di rinvio. o Introduzione del comma sul GIP e GUP: o Nel testo originario del codice non c’era una incompatibilità tra GIP e GUP, cioè il GIP poteva anche svolgere le funzioni di giudice per l’udienza preliminare o Il legislatore del ‘98\’99 ha introdotto incompatibilità tra GIP e GUP: non sono due uffici diversi, sono magistrati che appartengono allo stesso ufficio del tribunale, la sezione GIP, solo che in un procedimento chi ha svolto le funzioni di GIP non può tenere l’udienza preliminare, quindi non può essere la stessa persona fisica. Interventi della Corte cost. sull’art. 34: E’ la norma più martoriata dalla Corte cost., è stata oggetto di circa 20 declaratorie di illegittimità costituzionale: la corte ha sostanzialmente individuato tutta una serie di fattispecie, che non erano previste dal testo originario del codice, nelle quali ci poteva essere un problema di imparzialità in senso soggettivo, poiché il giudice si era già in sostanza pronunciato su qualche aspetto della questione. Es. Sent. 432\ ’95 ha dichiarato illegittimo l’art. 34 nella parte in cui non prevede che non possa partecipare al giudizio dibattimentale il GIP che abbia applicato una misura cautelare personale nei confronti dell’imputato. Nel corso delle indagini prel. il GIP Tizio applica una misura cautelare nei confronti dell’imputato, nell’applicare una misura cautelare deve verificare la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza: secondo la versione originaria del 34 quello stesso GIP avrebbe potuto partecipare al giudizio dibattimentale. La corte cost. ,fino al ’95, aveva sempre escluso che da decisioni rese in un procedimento incidentale de libertate potesse sorgere una incompatibilità nel giudizio principale con questa sentenza del ’95, che segna uno spartiacque, la corte prevede ipotesi di incompatibilità, che derivano da un pregiudizio in materia cautelare. È ragionevole che, se un giudice ha applicato in concreto una misura cautelare, ritenendo sussistenti i gravi indizi di colpevolezza, non possa poi decidere quello stesso procedimento nei confronti dell’imputato in sede dibattimentale. Quando sussistono le ipotesi d’incompatibilità i rimedi sono due: 1) Astensione 2) Ricusazione Motivi comuni all’astensione e alla ricusazione Giudice ha l’obbligo di astenersi in presenza di det. situazioni che lo fanno apparire parziale. Numerosi i motivi che i 2 istituti hanno in comune: 1. Il giudice deve astenersi e può essere ricusato se si trova in taluna delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli artt. 34 e 35 2. Integrano i motivi comuni tutte quelle situazioni, nelle quali il giudice abbia legami con le parti o con l’oggetto del procedimento ↓ Giudice ha l’obbligo di astenersi e può essere ricusato: a. Se ha interesse nel procedimento o se alcuna delle parti private o un difensore è debitore o creditore di lui, del coniuge o dei figli b. Se è tutore, procuratore, datore di lavoro di una delle parti private o se il difensore, procuratore o curatore di una delle parti è prossimo congiunto di lui o del coniuge c. Se ha dato consigli o manifestato il suo parere sull’oggetto del procedimento fuori dall’esercizio delle funzioni giudiziarie 91 d. Se vi è inimicizia grave fra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private e. Se qualche prossimo congiunto di lui o del coniuge è offeso o danneggiato dal reato o è parte privata f. Se un prossimo congiunto di lui o del coniuge svolge o ha svolto funzioni di PM II. L’astensione Definizione: è una forma di rinuncia all’esercizio della funzione giurisdizionale da parte dello stesso giudice à il giudice sa di essere incompatibile e quindi si astiene. - Modalità La dichiarazione di astensione è valutata da un altro giudice, di regola dal presidente dell’organo giudicante a cui appartiene il magistrato (art. 36) Non può essere accolta automaticamente perché è eccezione alla regola del dover decisorio La dichiarazione è accolta se si accerta che in concreto esistono le situazioni che mettono in pericolo l’imparzialità. - Motivi All’ art. 36 elenco minuzioso dei motivi che obbligano il giudice ad astenersi L’astensione non si riferisce solo ai casi d’incompatibilità à non vi è una perfetta sovrapponibilità tra casi d’incompatibilità e casi d’astensione perché l’art. 36 lett. g) obbliga il giudice ad astenersi se si trova in “talune delle situazioni di incompatibilità stabilite dagli art. 34 e 35 e dalle leggi di ordinamento giudiziario”, però prevede altre cause di astensione. Es. casi astensione: se vi è inimicizia grave tra lui o un suo prossimo congiunto e una delle parti private (art. 36 lett. d), è una delle più utilizzate dalle difese per chiedere la ricusazione del giudice. àper la Cass. l’inimicizia grave non può mai essere desunta dagli atti pronunciati dal giudice nello stesso processo, deve avere un’origine extraprocessuale (facile dire che il giudice mi è nemico perché in tre casi mi ha rigettato le istanze) - Formula di chiusura elastica: una clausola aperta all’ art. 36 c.1 lett.h) che impone di astenersi quando vi siano “gravi ragioni di convenienza” àla ragione è grave quando incide sulla libertà di det. del giudice Ratio: visto che l’astensione è di iniziativa autonoma da parte del giudice, potrebbe anche sentirsi non imparziale in quel processo perché sussiste una situazione diversa da quella espressamente codificata nell’art. 36 oppure negli artt. 34 e 35 (es. se è l’amante della persona offesa, non si rientra tra i casi del 36, ma lui stesso sa che esistono gravi ragioni di convenienza per astenersi) III. La ricusazione Le parti possono ricusare il giudice in base ai motivi previsti per l’astensione, con 2 precisazioni: o non è possibile la ricusazione per gravi ragioni di convenienza o è possibile ricusare il giudice che, nell’esercizio delle sue funzioni, abbia “manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione” (art. 37 c.1) ↓ Le parti possono dunque ricusare il giudice solo in presenza di situazioni tassative previste dalla legge Dunque se il giudice non si astiene le parti possono ricusarlo, e il rimedio previsto dal CPP all’art. 37 Art. 37c.1 “Il giudice può essere ricusato dalle parti: a) nei casi previsti dall’art. 36 comma 1 lettera a) b) c) d) e) f) g).” Uno dei casi più frequenti è la lett. d) à inimicizia grave giudice e imputato. La Cassazione dice che l’inimicizia non dagli atti pronunciati da quel giudice in quel processo; è uno degli strumenti tipici per difendersi dal processo. Art. 37 lett. b): “se nell’esercizio delle funzioni e prima che sia pronunciata sentenza egli ha manifestato indebitamente il proprio convincimento sui fatti oggetto dell’imputazione”. 92 se il giudice prima della sentenza ha manifestato il proprio convincimento evidentemente non può più apparire imparziale e quindi le parti possono ricusarlo. Corte cost. Sent. 283/2000: illegittimità costituzionale dell'art. 37 c.1, nella parte in cui non prevede che possa essere ricusato dalle parti il giudice che, chiamato a decidere sulla responsabilità di un imputato, abbia espresso in altro procedimento, anche non penale, una valutazione di merito sullo stesso fatto nei confronti del medesimo soggetto. Art. 37 c.2 “il giudice ricusato non può pronunciare, né concorrere a pronunciare sentenza fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione.” Il giudice che è destinatario di una istanza di ricusazione non può pronunciare sentenza e se è parte di un collegio anche esso sta fermo. Problema dell’uso strumentale: l’istituto così configurato si presta ad un utilizzo strumentale da parte dell’imputato. Egli propone una richiesta di ricusazione, se sa che i termini di prescrizione stanno per scadere e intanto lo blocca per un po’. Si sono verificati dei casi in cui imputati hanno presentato reiterate istanze di ricusazione. ↓ Corte cost. Sent. 10/1997 sull’art.37 c.2: in un processo in cui l’imputato continuava a reiterare istanze di ricusazione per impedire al giudice di pronunciare sentenza. Dal momento in cui veniva presentata istanza di ricusazione alla decisione passava un certo tempo: imputato pensava di aver scoperto il modo per bloccare il processo à si è giunti davanti alla Corte cost. che ha dichiarato il c.2 illegittimo, “nella parte in cui qualora sia riproposta la dichiarazione di ricusazione fondata sui medesimi motivi fa divieto al giudice di pronunciare o concorrere nel pronunciare sentenza , fino a che non sia intervenuta l’ordinanza che dichiara inammissibile o rigetta la ricusazione” se l’imputato continuava a reiterare sulla base degli stessi motivi, la seconda volta non si applica più il 37 c.2 e il giudice quindi potrà pronunciare sentenza. Sorte degli atti compiuti dal giudice ricusato, 2 orientamenti: 1) Primo orientamento secondo cui si tratterebbe di una mera irregolarità. Art. 37 c.2 sarebbe una norma minus quam perfecta, priva di sanzione à potrebbero esservi delle conseguenze sul piano disciplinare , ma non delle conseguenze sul piano processuale. Sul piano disciplinare perché l’art. 124 prevede l’obbligo di osservanza delle norme processuali: “magistrati, cancellieri e altri ausiliari del giudice, gli ufficiali giudiziari e gli ufficiali e gli agenti di p.g. sono tenuti ad osservare le norme di questo codice anche quando l’inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale.” Non è che la mancanza della sanzione processuale esonera il pubblico uff. dall’osservare la norma, questa va osservata anche se non vi è sanzione processuale “i dirigenti degli uffici vigilano sull’osservanza delle norme anche ai fini della responsabilità disciplinare”. 2) Secondo orientamento sostiene che il giudice ricusato difetta della capacità di pronunciare una sentenza, quindi sarebbe un caso del 178 lett. a) Posizione sostenuta da Cordero che è stata molto criticata perché sappiamo che le condizioni di capacità sono, ai sensi dell’art. 33, quelle stabilite dalle leggi dell’ordinamento giudiziario, non dal codice. Conta ai fini della nullità solo la capacità generica, non anche la capacità specifica. ↓ Orientamento prevalente in giurisprudenza era il 1), quello della mera irregolarità. ↓ Intervenute le SSUU Tanzi 9.6.2011. Caso: procedimento di sorveglianza nei confronti della figlia di Tanzi à hanno pronunciato un principio di diritto duplice: a) la decisione che definisce il procedimento, assunta dal giudice nei cui confronti è stata proposta ricusazione in violazione del divieto istituito dall'art. 37 c.2, conserva validità se la ricusazione è dichiarata inammissibile o infondata dall'organo competente ex art. 40. 95 almeno uno dei requisiti della rimessione La richiesta potrà essere presentata solo dall’imputato, dal PM presso giudice che procede e dal procuratore generale presso la corte d’appello (l. 248\2002). Casi di rimessione Nei quali devono essere presenti “gravi situazioni locali, tali da turbare lo svolgimento del processo e non altrimenti eliminabili” ↓ situazione dev’essere: - “grave” = sia presente obiettiva situazione di fatto che lasci presagire in esito non imparziale e non sereno del giudizio - “locale” = non diffusa all’intero territorio nazionale - “esterna” = non deve consistere in un fenomeno connesso con la dialettica processuale - “non eliminabile” = con gli strumenti a disposizione del potere esecutivo Sono 3 casi: 1) Quando sono pregiudicate la sicurezza e l’incolumità pubblica (es. stato di guerriglia anni ’70 e ’80) 2) Quando è pregiudicata la libera determinazione delle persone che partecipano al processo (es. giudici popolari o testimoni sono intimiditi da associazioni mafiose); la norma tutela direttamente il regolare svolgimento del processo e indirettamente la parzialità 3) Quando gravi situazioni locali che “determinano motivi di legittimo sospetto” (l.248/2002); fa riferimento ad una grave e oggettiva situazione locale, idonea a giustificare la rappresentazione di un concreto pericolo per l’imparzialità dell’intero ufficio giudicante ↓ Decisione. La corte di Cassazione verifica l’esistenza di una delle situazioni che impongono la rimessione Se accoglie la richiesta, trasferisce il processo ad un altro giudice che abbia la medesima competenza per materia e che abbia sede nel capoluogo del distretto individuato ex art. 11 Decide in camera di consiglio (art. 127) dopo aver assunto le opportune informazioni. Ordinanza che accoglie la richiesta comunicata sia a giudice che procede sia a quello designato, il quale provvede alla rinnovazione degli atti compiuti anteriormente alla rimessione quando è richiesto da una delle parti. à la normativa assicura un bilanciamento tra Principio dell’imparzialità & Principio del giudice naturale: tra i 2 prevale quello sull’imparzialità Es. questa situazione è stata invocata proprio nel caso di Avetrana: una situazione di tale pressione della comunità locale sulle persone che partecipano al processo, sugli imputati ma anche sui testimoni, che questi non sono liberi di autodeterminarsi, sono condizionati dalla situazione esterna à la Corte di Cassazione ha rigettato la domanda affermando che in realtà la situazione locale non era tale da pregiudicare la libertà morale. Interpretazione restrittiva della Cassazione: la cassazione tende a interpretare restrittivamente questi presupposti, perché è un istituto eccezionale, in quanto deroga il principio del giudice naturale. Significato di “gravi situazioni locali” a) Prima ipotesi: le gravi situazioni locali sono tali da pregiudicare la libertà morale, la libera determinazione delle persone che partecipano al processo. b) Seconda ipotesi: queste situazioni sono tali da pregiudicare la sicurezza o l’incolumità pubblica. Ci sono dei disordini di piazza, c’è il rischio che chi si reca a testimoniare contro l’imputato venga ucciso nel corso del suo trasferimento in tribunale. C’è un rischio proprio per l’incolumità delle persone. c) Terza ipotesi: le situazioni locali determinano motivi di legittimo sospetto. Il CPP del 1988 si fermava al punto due, nella sua versione originaria non vi era alcun riferimento 96 al “legittimo sospetto “(punto 3) ↓ Critiche al legittimo sospetto: la formula del legittimo sospetto era prevista nell’art. 55 del codice Rocco, il legislatore delegato del ’88 elimina questa formula molto criticata dalla dottrina per la sua estrema genericità. Dubbia compatibilità costituzionale in relazione all’art. 25 c. 1 Cost: se si vuole eliminare la discrezionalità della Corte di Cassazione nell’individuare il giudice competente il legislatore del’ 88 elimina questa formula generica. Caso Berlusconi: il problema sorge nel 2002, per 13 anni (il codice entra in vigore il 24 ottobre ’89) non si è posto. Si è posto in un processo a carico di Berlusconi, perché le SSUU il 29 maggio 2002 dicono: l’intento del legislatore delegato era ottimo, peccato che vi era una direttiva nella legge delega che faceva riferimento al legittimo sospetto à infatti la direttiva n. 17 stabiliva: “previsione della rimessione, anche su richiesta dell’imputato, per gravi e oggettivi motivi di ordine pubblico o per legittimo sospetto…” Quindi viene sollevata una questione di legittimità costituzionale per eccesso di delega: il legislatore delegato in attuazione del Principio di precostituzione per legge, con l’intento di ridurre la discrezionalità della c. di cass. ha fatto quello che non era delegato a fare, perché la delega conteneva una direttiva diversa. Il legislatore interviene subito nel 2002 (priorità politica), con la l. 248/2002 “Legge Cirami”, che reintroduce la formula del “legittimo sospetto” in modo legittimo (effettivamente la norma precedente era costituzionalmente illegittima) Quindi oggi le gravi e ineliminabili situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo, possono determinare la remissione del processo, in quanto o pregiudichino la libera determinazione delle persone, o in quanto pregiudichino la sicurezza o l’incolumità pubblica, oppure oggi determinano motivi di legittimo sospetto. Caso Berlusconi: la corte di cassazione a quel punto è stata reinvestita dell’istanza di Silvio Berlusconi, che era fondata sul clima che secondo la difesa si era instaurato presso il tribunale di Milano: era una richiesta articolata nell’ambito della quale veniva citato come motivo fondamentale anche il “resistere, resistere, resistere” , pronunciato da Borrelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario. I difensori di B. dicevano che quell’affermazione effettuata dal procuratore generale in una sede ufficiale testimoniava come ci fosse a Milano un clima ostile all’imputato. ↓ La corte di cass. a SSUU con la sentenza del 27 gennaio 2003 dice: 1) Istituto di carattere eccezionale, che va interpreto restrittivamente, perché introduce una deroga al canone del giudice naturale e quindi la situazione locale va interpretata come un fenomeno esterno alla dialettica processuale, e connotato da profili di abnormità. àdeve trattarsi di circostanze esterne al procedimento, cioè estranee ai rapporti che vengono ad instaurarsi tra i vari protagonisti della dialettica processuale (Altri argomenti portati dalla difesa erano per es. il rigetto di istanze da parte dei giudici, che avrebbero dimostrato questo clima ostile: la c. di Cassazione dice questi sono argomenti endo- processuali, la situazione deve essere esterna al processo) 2) Secondo profilo sottolineato dalla Cass.: il legittimo sospetto va interpretato come ragionevole dubbio che la situazione locale possa portare il giudice (def. di legittimo sosp.) , non concepito come singola persona fisica ma come organo giudicante, a non essere imparziale o sereno. àQuindi ragionevole dubbio sulla serenità o imparzialità del giudice. ↓ Sulla base di questi argomenti la cassazione rigetta la richiesta di remissione presentata dalla difesa 97 di B. Legittimo sospetto interpretato secondo la nuova formulazione: la corte ha interpretato il “legittimo sospetto” riconducendolo alla nuova formulazione dell’art. 45; mentre il vecchio 55 prevedeva il legittimo sospetto in quanto tale, quindi attribuiva una maggiore discrezionalità, oggi il legislatore del 2002, la legge Cirami ha inserito il legittimo sospetto in una norma che ha origine diversa, quindi può assumere rilievo in quanto vi siano gravi e ineliminabili situazioni locali tali da turbare lo svolgimento del processo. Oggi questa formula è senza dubbio più accettabile rispetto ad un tempo, proprio perché è ricollegata ad un nesso eziologico con le “gravi ed ineliminabili situazioni locali”. Qualcuno in dottrina (Cordero, Lozzi) ha sollevato la possibile questione di illegittimità cost. del nuovo testo per violazione del 25 c.1, argomento secondo Gialuz alla luce del diritto vivente non condivisibile. Lo spostamento del giudice • Quando sussistono i presupposti per la rimessione del processo, che può essere chiesta dall’imputato oppure da due pubblici ministeri, sia dal procuratore generale presso la corte d’appello, sia dal p.m. presso il giudice che procede, la Corte di Cassazione, che è investita della richiesta di remissione, rimette il processo ad altro giudice, che è designato a norma dell’art. 11. ↓ Si applica la Tabella A allegata alle disposizioni di attuazione. Es. quindi se fosse competente il tribunale di Trieste e vi sono i presupposti per la rimessione, l’imputato presenta la richiesta di rimessione, la corte di cass. ritiene che vi siano i presupposti per la rimessione rimette il processo al tribunale di Bologna. • Il risultato l’eliminazione di qualsiasi discrezionalità per quanto riguarda l’individuazione del giudice ad quem. • Compatibilità dell’istituto con l’ART. 25 c.1: anche sotto questo profilo l’istituto è compatibile, perché anche il giudice ad quem è precostituito per legge ed è individuato attraverso una norma generale e astratta. Quindi è una deroga alla competenza territoriale, ma Cass. vi applica interpretazione restrittiva (es. l’Aquila e il caso della casa dello studente). E’ sicuramente compatibile con l’ART. 25 c.1, perché da un lato sono descritti in modo molto stringente i presupposti, dall’altro vi è un criterio generale e astratto per individuare il giudice ad quem. QUESTIONI PREGIUDIZIALI ALLA DECISIONE PENALE Il giudice penale potrebbe avere nel corso del procedimento la necessità di risolvere una questione pregiudiziale • Questione pregiudiziale in senso lato = questione che si pone come antecedente logico- giuridico per pervenire alla decisione • Questione pregiudiziale in senso stretto = quando l’iter logico per approdare alla decisione sull’imputazione presuppone la risoluzione di una controversia non appartenente alla diretta cognizione del giudice procedente Principio di autosufficienza della giurisdizione penale à regola per cui il giudice penale ha il potere di risolvere ogni questione da cui dipenda la sua decisione, salvo che n. di legge disponga ≠ Il giudice penale si limita dunque a risolvere la questione in via incidentale: conosce della questione solo in quanto presupposto dell’accertamento della responsabilità dell’imputato Art.2 c.2 pronuncia del giudice penale che risolve questione incidentale non ha efficacia vincolante in nessun altro processo Regole probatorie: giudice penale di regola non è vincolato ai limiti di prova stabiliti dalle leggi civili à esigenze di speditezza potrebbero portare a eventuale contrasto con le decisioni di altri
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