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Immigrazione in Italia: il doppio MDL e i ruoli nelle reti migratorie, Sintesi del corso di Sociologia delle Migrazioni

Religione e societàPolitica internazionale e migrazioneImmigrazione e integrazione socialeDiritti umani e cultura

La definizione di immigrato secondo le Nazioni Unite e il fenomeno dell'immigrazione permanente verso paesi come USA, Germania, Australia, Canada e Nuova Zelanda. Viene inoltre discusso il ruolo degli immigrati come pioniere, mediatore, leader comunitario, provider e corriere nelle reti migratorie. Inoltre, vengono esplorati i fattori che influenzano il profilo di salute degli immigrati in Italia, le controversie sulla libertà dei diritti umani in Asia e il dibattito interno all'Islam sui diritti umani.

Cosa imparerai

  • Che ruoli svolgono gli immigrati nelle reti migratorie?
  • Che tipo di immigrati si intende con il termine 'immigrati permanenti'?
  • Quali paesi sono maggiormente attrattivi per l'immigrazione permanente?
  • Come si discute il concetto di diritti umani in Asia e come si confrontano le visioni occidentali e islamiche?
  • Come influiscono i fattori di rischio in paesi di provenienza sul profilo di salute degli immigrati in Italia?

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020

Caricato il 21/10/2021

susialioua
susialioua 🇮🇹

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Scarica Immigrazione in Italia: il doppio MDL e i ruoli nelle reti migratorie e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia delle Migrazioni solo su Docsity! SOCIOLOGIA DELLE MIGRAZIONI Le migrazioni sono un fenomeno che influenza in modo determinante la politica, l'economia e la mentalità dei paesi interessati, quelli di partenza, di transito e di arrivo. Le migrazioni interessano l'umanità fin dalla sua origine. L'uomo odierno è frutto di successive ondate migratorie. A partire da un nucleo, la cosiddetta Evanera. Questo gruppo, esistito tra 150mila e 200mila anni fa, formato da qualche migliaia di persone era stabilizzato in Africa. Alcuni di loro poi migrarono fuori dal continente e popolarono il resto del pianeta. Per fare ciò, hanno dovuto modificare i loro modi di vivere e le tecniche di sopravvivenza per riuscire a insediarsi in ambienti diversi e in questo modo sono riusciti ad adattarsi perché l’uomo, essendo essere culturale, è capace di adattarsi attraverso la natura a contesti differenti, mentre le altre specie viventi o mutano o scompaiono. Non c'è nessun gruppo umano che può affermare di essere stato sempre nella stessa area. Cultura: insieme di conoscenze, credenze e competenze che gli esseri umani hanno e permette loro di sopravvivere. Perché l’uomo è un animale culturale? L'uomo è un animale nudo (Darwin dice che è una scimmia nuda), ovvero non specializzato. L'animale riceve dalla natura la capacità di completarsi (raggiunge subito le caratteristiche specifiche umane), mentre un bambino passa un lungo periodo con i genitori perché non sa orientarsi, procurarsi cibo, non ha una pelle sufficiente per proteggersi dall'ambiente esterno. L'uomo può migrare perché è un animale culturale e la sua cultura varia in base agli ambienti. Per questo le migrazioni costituiscono una delle questioni dell'adattamento, la possibilità di colonizzare, di adattare a sé nuovi territori. Dunque, le migrazioni sono una componente del cambiamento sociale e sono radicate nella capacità dell'umanità di riprodursi e svilupparsi demograficamente, ma anche nella sua abilità di adeguarsi alle mutevoli circostanze ambientali. Tra la fine del Settecento e quella del Novecento, si è affermata l’idea di nazione, che sosteneva la necessità per la stabilità e per il progresso della convivenza umana di un patto tra individui omogenei per collocazione geografica, etnia, lingua e anche religione. Definizione proposta dalle Nazioni Unite: colui che si sposta per più di 1 anno al di fuori del confine del paese d'origine. 1/3 della popolazione mondiale è costituito da migranti. Questa definizione però non tiene conto delle migrazioni interne che comunque hanno avuto un peso importante nel corso della storia delle migrazioni italiane e incidono oggi sulle migrazioni cinesi. Nel linguaggio comune invece, si definisce immigrato solo una parte di stranieri che risiedono stabilmente e lavorano in un certo paese e generalmente si considerano gli stranieri poveri soggetti al controllo dei documenti di soggiorno. Le migrazioni vanno considerate come processi, in quanto prevedono diverse fasi secondo una dinamica evolutiva, e anche come sistemi di relazioni poiché collegano le aree di partenza con quelle di arrivo, come anche le società di destinazione, di origine e di transito. Nel passato, i paesi d'origine consideravano l'emigrazione un vantaggio, perché in questo modo si risolvevano dei problemi sociali gravi come la povertà, la disoccupazione e la sovrappopolazione di certe aree. AI contempo, però, c'erano degli svantaggi, tra cui la consapevolezza di perdere la fascia più produttiva della popolazione. Per quanto riguarda i paesi di accoglienza, invece, tra i vantaggi si includeva la possibilità di avere manodopera difficilmente reperibile in zona, però potevano sorgere conflitti tra gli individui di tradizioni, culture, lingue e religioni differenti. Gli studi attuali considerano l'aspetto dell'emigrazione e quello dell’immigrazione insieme, anche perché spesso sono contemporanei: l'Italia è paese di immigrazione (dalla fine degli anni '80) e d'emigrazione, non come in passato però in modo significativo ancora. Nelle migrazioni ci sono tre gruppi di partecipanti: 1. Le società di origine con il loro livello di sviluppo e le loro politiche più o meno favorevoli all’espatrio per ragioni di lavoro di parte della loro popolazione 2. Migranti attuali e potenziali con le loro aspirazioni, attese e relazioni 3. Le società riceventi con le loro esigenze di lavoro più o meno qualificato e le loro modalità di accoglienza. Correlato al fenomeno delle migrazioni, troviamo quelle della formazione di minoranze etniche, dovuta alla combinazione della: - Volontà degli immigrati di rimanere in un paese con dinamiche e legami sociali diversi da quelli dei genitori; - Resistenza delle società riceventi nell’includere i nuovi arrivati. Gli aspetti fisici e culturali delle minoranze, vengono visti in modo negativo dai gruppi maggioritari. Ragioni per cui si emigra: - VOLONTARI (principalmente per lavoro) che si dividono in 4 sottocategorie: 1. Immigrati permanenti, i più numerosi: intendono stabilirsi nel nuovo paese (verso USA, Germania, Australia, Canada e Nuova Zelanda); 2. Lavoratori stagionali: è consentito l'ingresso se si tratta di un breve periodo; 3. Immigrati qualificati e imprenditori: imprenditore che crea opportunità di lavoro e mette a disposizione capitali. Sono una categoria fortemente richiesta da tutti i paesi; 4. Ricongiungimenti familiari, che sono diventati la motivazione più frequente per gli ingressi di cittadini che arrivano da paesi sottosviluppati, dopo gli anni 70. - FORZATI che non si trasferiscono volontariamente. Sono: 1. Rifugiati e richiedenti asilo, che sono costretti da ragioni belliche, cambiamenti climatici, disastri naturali, persecuzioni per motivi ideologici, razziali, religiosi o per il loro orientamento sessuale. Negli ultimi anni, in seguito all’acuirsi di conflitti dopo la GF, sono cresciuti. In occidente, il numero dei cosiddetti profughi o richiedenti asilo, arriva al 20% e la maggior parte cerca di rimanere vicino a casa nella speranza di ritornarci; 2. Vittime di traffico di esseri umani: soprattutto donne, spesso adolescenti, costrette a prostituirsi con forza, o coloro che svolgono forme di lavoro coatto o mendicanti. - Altre categorie come: 1. Migranti di seconda generazione: coloro che sono nati e cresciuti in un paese ma non avevano la cittadinanza diretta; 2. Migranti di ritorno, coloro che rientrano nei loro paesi d'origine dopo aver trascorso parte della loro vita all’estero. 3. Clandestini e irregolari, coloro che sono entrati nel paese senza documenti o si sono trattenuti oltre la scadenza del visto. Nella situazione attuale, il permanere o meno in un paese europeo, dipende dall'evoluzione dei conflitti che sono la causa delle fughe di massa. Flussi: individui che ogni anno transitano attraverso le frontiere nazionali. Possono variare e presentare oscillazioni da un anno all’altro. Gruppi: numero complessivo di immigrati che in un certo periodo si trovano a vivere in un paese specifico. Presentano una maggiore stabilità nel tempo e una graduale crescita. Quando si parla di immigrati si fa anche confusione con la dominazione “straniero". Si può definire tale solo chi è in possesso di una nazionalità straniera, mentre nel momento in cui qualunque immigrato ottiene la cittadinanza del nuovo paese, smette di essere uno straniero, pur essendo nato all’estero. Anche nel fenomeno dell’immigrazione si rispecchia la differenza dell'economia in Italia: nel sud, gli immigrati svolgono lavori irregolari, mentre nel nord i lavori sono più stabili e sicuri. Quindi, dopo essere stati per un periodo al sud (dove approdano la maggior parte dei clandestini), gli immigrati cercano di inserirsi al nord. Il “modello mediterraneo d'immigrazione” individua aspetti comuni tra i paesi dell’area nord del Mediterraneo diversi da quelli degli altri paesi europei: - in questi paesi l'immigrazione ha sostituito l'emigrazione progressivamente, senza però farla scomparire del tutto; - Il lavoro stagionale rappresenta un'occupazione importante sopratutto nella fase iniziale della migrazione; - Inizialmente c'è assenza di norme che regolino l'immigrazione per poi emanare leggi generali che prevedono restrizioni riguardo ai nuovi ingressi. L'originaria apertura delle frontiere e la facilità di ingresso sono stati elementi di stimolo dell’immigrazione verso i paesi mediterranei; - È importante la concentrazione degli immigrati nel settore terziario, sopratutto l’impiego nei servizi alle persone. Ciò significa che la forza lavoro immigrata colma le carenze del sistema di welfare dei paesi del mediterraneo. L'immigrazione in Italia è un fenomeno irreversibile ed è espressione di cambiamento strutturale che ha determinato il cambiamento del nostro paese da principale paese di emigrazione mondiale a nuova potente attrazione per chi cerca un futuro migliore. Molti italiani diplomati e laureati decidono di sfruttare il soggiorno all’estero per arricchirsi professionalmente, ma se poi decidono di non fare ritorno, non è una libera scelta bensì colpa dell’incapacità dell'economia e della società italiana che non sa valorizzare adeguatamente questi soggetti. Ci sono più migrazioni nella direzione Sud-Nord Italia rispetto alla tratta inversa. Oltre all'aspetto quantitativo (2 mIn contro 1), è da prendere in considerazione quello qualitativo in quanto il Sud perde un enorme capitale umano in piena età lavorativa e riproduttiva, infatti il 90% di coloro che si trasferiscono al centro-nord hanno tra i 18 e 50 anni. Il risultato di questo flusso che è andato affermandosi ha provocato lo spopolamento delle aree più povere del sud Italia, ormai non più caratterizzato da un'elevata natalità. L'area di maggiore attrazione in Italia è la Lombardia, il Veneto, l'Emilia Romagna, Piemonte e Toscana; mentre in Europa la Germania continua ad attrarre il numero maggiore di migranti. Il tipico immigrato meridionale è diverso da quello dell’800 e degli anni '50 che lasciavano le terre per essere impiegati nelle attività industriali. Oggi, la secolarizzazione ha ampliato le migrazioni intellettuali: molti laureati del sud non trovano opportunità di lavoro nelle regioni di origine. Accanto a questa immigrazione di élite, rimane anche quella proletaria. Sia per quanto riguarda gli intellettuali che i lavoratori si ha un grande spreco di risorse, fenomeno dello spiazzamento, per cui molte persone svolgono lavori al di sotto del loro titolo di studio. Mentre i giovani meridionali emigrano, molte persone dal terzo mondo immigrano anche nelle zone a più alta disoccupazione per occupare le professioni che non soddisfano gli italiani, come la raccolta dei pomodori. La nuova migrazione quindi è caratterizzata da un livello di secolarizzazione più elevato e si parte in condizioni totalmente diverse. Le migrazioni odierne incontrano fattori da un lato meno fortunati rispetto a quelli delle grandi migrazioni europee, ovvero un quadro di chiusura e di precarizzazione della condizione lavorativa generale. Come per l'immigrazione straniera, è indispensabile anche per quella interna la messa in atto di politiche sociali migliori ed efficaci per il processo di inserimento. In Italia i modelli territoriali sono molteplici: - Modello dell'industria diffusa (regioni Nord-orientali) con prevalenza di piccole-medie imprese. Richiedono un lavoro operaio piuttosto stabile e servizi per le imprese. Gli immigrati sono generalmente maschi con bassa qualifica; - Modello delle economie metropolitane (grandi città come Roma e Milano) con prevalenza di richieste nei servizi alla persona e alle famiglie, ma anche di lavoratori nell'edilizia. In queste aree c'è un'importante presenza di donne immigrate; - Modello delle attività stagionali (aree agricole e turistiche del meridione) in cui vi è richiesta di lavoro agricolo e in ristoranti o alberghi. Gli immigrati vengono coinvolti nelle campagne di raccolta per le stagioni turistiche, prevalentemente sono maschi; - Modello delle aree turistiche e agricole (regioni centro-settentrionali), intermedio tra industria diffusa e impieghi stabili. La domanda di lavoro proviene da ristoranti, alberghi, imprese agricole ed edilizia. Gli immigrati vengono usati come manodopera nelle stagioni turistiche e nelle campagne di raccolta, o nei servizi domestici e di cura. Sono sia donne che uomini, con permessi di soggiorno temporanei. L'economia sommersa, che vede protagonisti molti immigrati, è divisa in tre ambiti: 1. Lavoro indipendente, irregolare; 2. Lavoro dipendente, spesso irregolare; 3. Lavoro coatto, sia in azienda che nella prostituzione e nella mendicità. L'Italia non è mai stato un paese che accoglieva profughi come gli altri. Ma negli ultimi anni questa situazione è cambiata a causa delle crisi internazionali che hanno modificato la composizione dei richiedenti protezione: non più membri di élite politiche ed intellettuali, ma masse di persone che fuggono dalla pulizia etnica, dalla guerra e dalla violenza in generale. | primi ad essere arrivati negli anni ‘90 sono stati gli abitanti della ex Jugoslavia che chiedevano asilo. In seguito sono arrivati rifugiati dall'Africa e anche dalla Turchia o Iraq. Oggi molti sono siriani e afghani che utilizzano l’Italia come paese di transito per approdare in Germania o Svezia. TAPPE DELLA TRASFORMAZIONE DA PAESE DI EMIGRAZIONE A PAESE DI IMMIGRAZIONE: 1861-1980: sono emigrati all’esterno 280 milioni di italiani Dagli anni 50 a 60 l'emigrazione era molto accentuata ed è calata negli anni 70 quando, a causa di un rallentamento demografico, i rimpatri sono stati più numerosi degli espatri ed è iniziato l’arrivo dei lavoratori stranieri. Tra i due millenni, gli immigrati hanno superato gli emigrati anche se negli ultimi anni gli italiani hanno ripreso a emigrare. MIGRAZIONI FEMMINILI Negli ultimi anni, la crescente migrazione femminile è diventata sempre più oggetto di studio, prima invece trascurato. Le donne sono sempre emigrate, ma nel contesto economico e sociale attuale, hanno iniziato ad essere primo-migranti e non si muovono più quasi esclusivamente per i ricongiungimenti famigliari. La femminilizzazione dei processi migratori risale alla crisi della fine degli anni ‘70 in cui, nei paesi sviluppati, c'era meno bisogno di lavoratori nel settore industriale ed edilizio rispetto a quello dei servizi alla persona. Per questo motivo, si faceva riferimento alla manodopera femminile, più disponibile, vulnerabile, flessibile e meno esigente. Le donne migranti, però, subiscono una tripla discriminazione: - di genere: i salari sono più bassi rispetto a quelli maschili nelle stesse mansioni e vengono loro affidati lavori meno qualificati; - Etnica: le famiglie autoctone preferiscono assumere collaboratrici domestiche originarie da certi paesi e ne rifiutano altre per il colore della pelle o per la determinata nazionalità (quindi pesano gli stereotipi, la filippina è sinonimo di collab. dom. mentre la nigeriana è associata alla prostituzione); - Di classe sociale: molte donne provengono dalla classe media e sono istruite. In genere però devono accettare lavori meno qualificati e ridurre le loro richieste. Le donne migranti si sono specializzate nelle funzioni di collaboratrice familiare fissa, colf, assistente a domicilio, nelle imprese di pulizie e nel settore turistico alberghiero (anche se recentemente sono state assunte come manodopera in alcuni settori dell'agricoltura). Spesso i loro obblighi contrattuali vengono violati e vengono richiesti aspetti pre- moderni delle relazioni lavorative come ad esempio, viene richiesta un'estensione dell’orario di lavoro o di prestazioni gratuite nascosta sotto alla pretesa di considerarsi parte della famiglia. Con il fenomeno delle migrazioni femminili, si sono anche create le famiglie transnazionali, in cui i vari membri della famiglia risiedono in paesi diversi, con una dislocazione delle relazioni affettive. Ma nonostante ciò, continuano a prendersi cura dei figli, dei genitori e della famiglia anche dall'estero. La teoria liberale, contraria a quella strutturalista, privilegia il fenomeno traducendolo come forme di emancipazione. Le donne immigrate favoriscono la mobilità sociale, sono centrali nei processi di mediazione culturale tra il paese d'origine e quello ospitante e nel favorire processi di integrazione. RETI MIGRATORIE Le reti migratori producono il fenomeno della specializzazione etnica, ovvero la concentrazione di lavoratori immigrati in certi ambiti occupazionali. La rete migratoria, detta anche rete etnica, comprende complessi legami (parentela, amicizia e comunanza di origine) che collegano migranti, migranti precedenti e non migranti nelle aree di origine e di destinazione. I rapporti interpersonali hanno un ruolo importante per informare sui lavori disponibili e per influenzare il datore di lavoro ad assumere nuovi soggetti. Infatti, in questo MDL frammentato e deregolato le conoscenze sono un modo privilegiato per trovare occupazione. Per questo l’importanza delle reti migratorie aumenta quanto più il mercato è deregolato. Queste hanno molti aspetti positivi però rischiano di ghettizzare l'immigrato in una mansione specifica e di favorire la formazione di minoranze etniche svantaggiate. Gli aspetti positivi sono: - favorire l'accoglienza dell’immigrato - Favorire la ricerca di un lavoro - Promuovere o raccomandare professionalmente un individuo - Informare con il passaparola cosa succede nel paese sopratutto sulle norme e come comportarsi con esse - Garantire un sostegno psicologico ed emotivo in caso di impatto negativo con il nuovo ambiente | ruoli nelle reti migratorie: - Pioniere: colui che ha aperto la nuova rotta migratoria e diventa il punto di riferimento - Mediatore: specializzato nel collegamento tra domanda e offerta di lavoro - Leader comunitario: colui che ha il ruolo di rappresentare la comunità nella società ospitante - Provider: sbriga le pratiche burocratiche e fornisce servizi e documenti Ancora oggi la promessa di un lavoro o di un matrimonio è il modo usato per reclutare ragazze dell'Est Europa, che generalmente arrivano con un visto turistico o un viaggio clandestino per cui sono indebitate di qualche migliaio di euro. Le ragazze rimangono legate all’organizzazione criminale poiché devono contrarre un debito vendendo se stesse. Per quanto riguarda la domanda, invece, le cose sono cambiate negli ultimi decenni. La frequentazione dei bordelli da parte dei clienti maschili era legata alla definizione precisa dei ruoli sessuali nelle società patriarcali. Le donne per bene dovevano limitare la loro sessualità alla riproduzione, mentre i maschi, dotati di una sessualità differente, avevano bisogno di spazi al di fuori del matrimonio. oggi, con la maggiore libertà sessuale delle donne e la diffusione dei rapporti prematrimoniali, questa giustificazione non è più plausibile. Il rapporto che si instaura tra prostituta e il cliente, è sempre più legato al denaro. Chi paga per ottenere una prestazione sessuale, ha il potere di stabilire le modalità di relazione e anche di non dare spiegazioni. La maggior parte della clientela ha una vita familiare regolare, con moglie e figli. Sono anche lavoratori, studenti, professionisti con una normale vita sociale ma che non cercano relazioni complicate, semplicemente cercano una momentanea complicità sessuale senza impegno. Tutto ciò è reso possibile dal denaro, ecco perché il sesso a pagamento è un rapporto di consumo. In un certo modo, attraverso il denaro, gli uomini recuperano un ruolo di dominio che hanno perso, mercificano la relazione sessuale. La prostituzione, prestazione sessuale a pagamento, è in relazione con l’idea di sessualità della società occidentale che riconosce differenze di: - Genere, differenza uomo-donna; - Status sociale, i ceti superiori con certe professioni permettono alle donne maggiore libertà sessuale; - Età, la sessualità riguarda i giovani, non gli anziani; - Bellezza, i comportamenti sedativi appartengono a corpi che rispondono ai canoni di bellezza; - Valore del corpo, per l’uomo durante la seduzione, conta meno l'aspetto fisico rispetto al potere e al denaro. La sessualità è un elemento naturale della vita umana ma viene più o meno represso dalla società. | fattori culturali di ogni epoca e contesto definiscono cosa è lecito e cosa no della sessualità. La costruzione sociale prevede che la sessualità femminile sia legata esclusivamente alla relazione e invece quella maschile è più predatrice. Questa differenza è giustificata da un bisogno naturale. La donna deve essere estranea alla sessualità, non deve essere oggetto sessuale né deve avere desideri, mentre l’uomo il contrario, in quanto cacciatore per natura. Per questo la prostituzione è diventata un vizio tollerato perché riesce a regolare gli istinti dell'uomo che altrimenti causerebbero problemi sociali. Dopo la rivoluzione sessuale degli anni '70, la società contemporanea vede la morale sessuale in modo diverso: per la donna non sono più un tabù i rapporti pre- matrimoniali e anche l'uomo ha attenuato i suoi atteggiamenti. Nonostante questi cambiamenti, la domanda di sesso a pagamento non è diminuita. Perché? Gli uomini cercano le prostitute proprio perché sono impauriti dall’intraprendenza femminile che si è affermata anche nelle relazioni sessuali. Per altre teorie, invece i rapporti uomo/donna non sono cambiati rispetto al passato: lei deve essere giovane, bella, sensibile, attraente ma sessualmente moderata, mentre lui protettivo, attivo, forte e sessualmente esuberante. Le prostitute permettono all'uomo di soddisfare simbolicamente l’immagine che vuole dare di sé. Questi servizi sessuali quindi non si esauriscono nel rapporto poiché entrano in gioco le dimensioni simboliche di dominio anche se solo in un lasso di tempo limitato. La prostituzione è stata percepita in 4 modi e di conseguenza sono state adottate specifiche politiche: - Come danno individuale: perdita della dignità, schizofrenia (a causa dei molteplici rapporti con estranei, la prostituta tende a separarsi da ciò che prova il corpo); - Flagello sociale: degrado dell'ambiente urbano in cui si svolge la prostituzione, corruzione di coloro che intraprendono il fenomeno, soprattutto i giovani e diffusione delle malatti - Risorsa individuale: esiste come scelta individuale e autogestita; - Come lavoro: viene regolamentata per salvaguardare i lavoratori e i clienti. Lo status di prostituta produce la morte sociale, l'esclusione dei diritti alla protezione sociale e al rispetto. Viene annullata la storia personale, viene assorbita dal fatto di essere prostituta. Tipi di prostituzione: - Maschile: avviene in maniera minore rispetto a quella femminile ed è soprattutto omosessuale; - Femminile: avviene in strada, nei locali notturni, nascosta dietro ad attività legittime come le massaggiatrici; - Transessuale. Per quanto riguarda la prostituzione straniera, sono principalmente donne migranti che cercano condizioni di vita migliori. Prevalentemente diventano colf e badanti, mogli docili e prostitute. Questi ruoli permettono un'integrazione subalterna. Dagli anni ‘80 le prostitute straniere hanno sostituito quelle italiane: - 1989/90 consistenti arrivi di donne e transessuali sudamericani e donne nigeriane; - 1993/94: comparsa donne albanesi; - 1995/96: nigeriane e albanesi di seconda generazione; - 1996/98: donne dei paesi dell'est. La prostituzione straniera è basata sullo sfruttamento coatto e sul consenso, con tutti i problemi che pone la definizione di prostituzione consensuale. Quella coatta riguarda nigeriane albanesi, rumene e cinesi, mentre quella consensuale parte delle russe e delle sudamericane. Anche nel campo della prostituzione le reti migratorie hanno il ruolo maggiore. RAKET: 1. Nigeriano: è sofisticato, adattivo, non anti-sistema. Gli uomini del racket cercano il consenso della vittima che infatti non denuncia mai. Si dispone su tre livelli di organizzazione: - Sponsor, individua il soggetto e lo avvicina - Mediatore, organizza il trasferimento in Italia - Madame o maman, acquista la ragazza e si occupa dell’addestramento e della collocazione. Il consenso deriva da un legame di dipendenza basato su: - stipulazione di un contratto formale relativo al debito che la ragazza contrae per trasferirsi in Italia; - Riti magici di assoggettamento e minacce di ritorsioni sulla famiglia; - Riconoscenza e rispetto che lega la ragazza alla maman per il successo economico che ottiene. Dopo il pagamento del debito, molto elevato, le prostitute nigeriane sono libere di abbandonare la professione o di lavorare indipendentemente. Anche se negli ultimi anni la mafia nigeriana sembra avere un controllo maggiore e più violento sul territorio. 2. Albanese: violento (stupri e rapimenti) e ossessionato dal controllo. La struttura organizzativa si basa sul clan familiare. Inizialmente reclutavano le ragazze con la promessa di un matrimonio e un futuro in Italia (vittima fidanzata). Poi il racket è diventato mediatore del reclutamento di prostitute rumene (vittima merce). Le prostitute vengono abbandonate a se stesse se non possono più essere sul commercio (es sono malate). 3. Cinese: violento, fa trasferimenti clandestini e lavoro coatto. Raramente la prostituzione cinese si svolge per strada, ma di solito avviene in appartamenti o con lavori di copertura (centri di massaggi) a ritmi di lavoro frenetici e ad alta mobilità territoriale. Nonostante le leggi italiane lo favoriscano, le prostitute trovano difficoltà a inserirsi in lavori normali. IMMIGRAZIONE, ISLAM E MULTICULTURALISMO | vari eventi di terrorismo di matrice islamica avvenuti in Europa negli ultimi anni hanno allarmato l'opinione pubblica ed alimentato l’insicurezza e la paura dell’immigrato da paesi musulmani. Soprattutto i quartieri periferici delle grandi città europee da dove provengono frequentemente terroristi e deve gli immigrati musulmani, se in grandi gruppi, tendono a regolarsi secondo le loro leggi e tradizioni. Oliver Roy, specialista dell'islam e politologi, ha stilato un identikit dei terroristi islamici: giovani nichilisti ed individualisti, affascinati dalla morte e in cerca di riscatto per un passato di piccola delinquenza e radicalizzati in carcere o su internet. Sono emarginati dalla globalizzazione ed entrano in conflitto anche con le stesse famiglie, accusate di aver tradito le vere radici, dunque i giovani aderiscono a organizzazioni terroristiche in nome di un islam idealizzato. Questa forma di nichilismo è rintracciabile anche in molte altre parti, soprattutto nei paesi protestanti dell'America e della Scandinavia che si concludono con atti eccessivi di follia individuale. Invece, il terrorismo di AI Qaeda è connesso all'Islam. AI Qaeda e lo Stato Islamico fanno credere ai giovani storie di eroismo e la certezza di far notizia sui media. L’Isis attira suicidi e offre un'utopia eroica capace di attrarre anche donne. I principi della civiltà islamica sono compatibili con quelli della civiltà occidentale? Le comunità musulmana può accettare le leggi e i costumi dei paesi ospitanti? Spesso le due società vengono contrapposte: quella occidentale considerata aperta, liberale, caratterizzata dal razionalismo critico, dalla libertà individuale, tolleranza e pluralismo. Quella islamica, invece, è considerata chiusa, di stampo tribale e collettivista, in cui predominano le proibizioni e i tabù e la vita dell’individuo è dettata da norme rigide a cui non ci si può sottrarre. La xenofobia nei paesi occidentali non si espande in tutti i termini, ma si concentra sugli immigrati africani e arabi, quindi è una reazione di carattere culturale-religiosa. Anche se non si lasciano assimilare facilmente e sono ugualmente lontani etnicamente e culturalmente dagli occidentali, gli asiatici e indiani non suscitano reazioni di rigetto come gli africani e gli arabi. Questo perché la cultura asiatica è laica, mentre la visione del mondo islamica si contrappone a certi principi costitutivi della civiltà occidentale. L'islamismo è teocratico, non riconosce i diritti individuali come universali e inviolabili e considera gli occidentali infedeli. Queste teorie sono state confermate dagli attacchi terroristici dopo l'11 settembre, ma anche dalle rivolte che hanno mosso le periferie europee abitate dalle comunità musulmane, spesso però scaturite dagli abusi della polizia. La più clamorosa è avvenuta in Francia nel 2005 che ha visto giovani immigrati di 3° o 4° generazione che hanno manifestato contro lo Stato e il ministro degli interni. L'opinione pubblica e gli intellettuali si divisero in due schieramenti: - coloro che attribuivano le cause della rivolta alle recenti ondate migratorie che avevano introdotto individui estranei alle leggi e ai costumi francesi che permise l'impossibilità di integrazione: - Coloro che attribuivano gli eventi alla discriminazione sociale che pativano i giovani delle banlieue (sobborghi parigini). La criminalità diffusa, i furti, i reati contro le donne e i bambini, le minacce e le violenze aumentano il senso di insicurezza di una società, molto più dei reati finanziari e dei traffici illeciti di armi e droga). Quando questi comportamenti si insediano della quotidianità in un’area urbana, l’insofferenza e la necessità di legge e ordine diventano generali, senza tenere conto che non è mai esistita un'epoca priva di reati e che, anzi, la società moderna è più sicura di quella del passato. Il degrado delle periferie e di alcuni quartieri delle aree metropolitano limitano la vita sociale e quindi hanno un effetto negativo sulla partecipazione alla vita democratica di un paese. Da metà anni 70, negli Stati Uniti l’unico modo per tenere sotto controllo la criminalità è stato la maggiore presenza di forze dell'ordine e severità delle leggi, l'espulsione di indesiderabili e la costruzione di nuovi carceri. Negli ultimi vent'anni questi metodi si sono diffusi nell'opinione pubblica italiana, accompagnati da una critica al sistema giudiziario, lento, inefficiente e garantista. Si considerano gli immigrati i principali autori dei reati e gli si attribuisce il monopolio del traffico di stupefacenti e della prostituzione. Di conseguenza, con l'aumentare della presenza straniera è cresciuto anche il senso di insicurezza nelle nostre città. L'attribuire la criminalità all'immigrazione è senza fondamento poiché l'evoluzione della delinquenza va a ciclicità e la fase massima è registrata nei primi anni 80, quando i processi migratori erano agli inizi. Oggi invece la frequenza di reati gravi come omicidi e rapine è in diminuzione nonostante il numero di immigrati sia molto più alto rispetto all’epoca. Allo stesso tempo bisogna affermare che il tasso di criminalità degli stranieri sembra superare quello degli italiani e, poiché il numero di immigrati è minore a quello degli autoctoni, sembra cresciuta la percentuale dei reati commessi dagli stranieri sul totale delle attività illecite. Il reato maggiormente commesso da imputati nati in Italia è l’omissione di versamento delle ritenute previdenziali, seguito dal reato di minaccia e di produzione e spaccio di stupefacenti. Mentre per quelli anti all’estero il primo è il reato di furto, lesioni personali volontarie e produzione e spaccio di stupefacenti. Da non dimenticare anche le frequenti violazioni riguardanti la normativa dell’immigrazione, la rapina e i reati legati alle falsificazioni. Sono reati comuni (di gravità contenuta) ma altamente diffusi creando più allarme sociale. Questi sono ricollegabili principalmente alla precarietà delle condizioni di vita e all’illegalità dello status. Immigrazione e sicurezza Nel 2009 il governo guidato di Berlusconi approvò il “pacchetto sicurezza” che introduceva il reato di clandestinità che allineava l’Italia agli altri governi che avevano intrapreso una politica contraria all'immigrazione in generale, non solo clandestina. Il reato veniva punto con un'ammenda da 5 a 10mila euro. | migranti irregolari erano visti come nemici da cacciare e, se non fosse stato possibile, come cittadini inferiori, con diritti dimezzati. Tra le conseguenze dell’introduzione del reato c'era l'impossibilità di accedere a servizi pubblici essenziali, di contrarre matrimonio e anche di riconoscere i figli, dato che bisognava esibire il titolo di soggiorno. Con la legge si costituisce un sistema che attribuisce al migrante irregolare un’inferiorità permanente, privato della possibilità di regolarizzare la sua posizione e sottratto da alcuni diritti fondamentali. Nonostante la crisi la capacità di assorbire manodopera immigrata non subisce drastiche riduzioni e vale la pena rischiare di raggirare la giustizia pur di lavorare, anche per un breve periodo con un salario sicuramente superiore a quello che si sarebbe percepito nel proprio paese. In Italia le nuove norme non hanno bloccato l'immigrazione, ma hanno solo aumentato l'arrivo di stranieri dall'UE che godono di un trattamento migliore rispetto ai provenienti dal Sud del mondo, soprattutto arabi e neri, che non possono beneficiare delle norme sulla libera circolazione garantite dal trattato di Schengen. Dopo qualche anno, il pacchetto sicurezza si è dimostrato inapplicabile e controproducente dal punto del reato di immigrazione clandestina, tanto che ne è stata chiesta l'abrogazione. Si è anche fatta prevalere la tutela dei diritti fondamentali della Costituzione sull'obbligo di esibire il permesso di soggiorno per accedere alle prestazioni pubbliche come scuola, salute e matrimonio. Il nostro era già un paese multietnico e questa multietnicità andava riconosciuta per salvaguardare la dignità di ciascun individuo, sulla base delle leggi e a prescindere dalla pelle, dal sesso, dall'età, dal credo e dalle convinzioni politiche, proprio come afferma la Costituzione, la Carta dei Diritti dell'Uomo e i Trattati internazionali. Già nell'800 le minoranze linguistiche e religiose, le divisioni di classe o regionali determinavano differenze culturali anche più profonde di quelle attuali dovute allo stabilizzarsi di gruppi etnici diversi. Solo alcuni eventi storici come la 1 GM, la crescita culturale (grazie all'istruzione), sociale (attraverso il welfare), civile e politica (attraverso i diritti della Costituzione) hanno reso gli italiani più omogenei, ma nonostante ciò il loro senso di appartenenza nazionale è rimasto inferiore a quello di altri paesi quali la Germania o la Francia. È anche opinione comune pensare che gli operatori economici inducano i flussi migratori in quanto considerano l'immigrazione necessaria per lo sviluppo economico, ma ciò è rifiutato dalla società che ne patisce l'intrusione l'aspetto destabilizzante. L'immigrazione in Italia si concentra in certi settori economici: lavoro agricolo stagionale, artigianato e la piccola e media impresa nel Nord-Est. La maggiore concentrazione del lavoro immigrato risiede nel settore terziario, soprattutto quello dei servizi alla persona. Questo significa che la forza lavoro di immigrazione finisce per colmare le carenze del sistema di welfare. E quindi risponde ad esigenze sociali, non solo economiche e questo modello influisce sua composizione di genere dell’immigrazione in quanto sono ruoli più specifici per la donna. Es l'immigrazione filippina e capo verdiana è dovuta all’introduzione della manodopera nel lavoro domestico e ai tentativi delle donne italiane di emanciparsi dai tradizionali ruoli famigliari. FINE DEL MULTICULTURALISMO? Molte forze politiche europee si battono per introdurre forti restrizioni all'immigrazione, soprattutto dai paesi islamici. La Germania è il paese europeo con il maggior numero di cittadini stranieri e il secondo al mondo dopo gli USA come meta di immigrazione. Nonostante ciò, la cancelliera Angela Merkel parlò nel 2010 della difficoltà che la convivenza tra gli autoctoni e le comunità immigrate arabo-turche avrebbero incontrato. Questo fu preso come impossibilità di una società multietnica, contraria a chi continua a credere nell’utopia di una convivenza pacifica tra individui di fedi diverse o con usi e costumi non uguali a quelli della maggioranza. La questione del multiculturalismo si pone in modo differente nei paesi dell'Europa meridionale e orientale dove da secoli coesistono gruppi etnici eterogenei, anche comunità islamiche. Abbandonare quell’utopia multietnica significherebbe rinunciare ad integrare le regioni islamiche e offrire un alibi ai movimenti fautori delle pulizie etniche, dei massacri in nome del nazionalismo e della xenofobia. Poche persone in Europa si dichiarano razziste, mentre sempre più manifestano la loro xenofobia, però tra i due comportamenti ci sono forti correlazioni. In molti paesi l'opinione pubblica era a favore di misure restrittive all'immigrazione dai paesi islamici per la paura di atti di terrorismo; sono le stesse persone che danno per scontata una correlazione tra Corano e l’attività di AI Qaeda. In Italia si vuole imporre il divieto di costruire moschee e di indossare il velo integrale per strada, soprattutto nei luoghi pubblici e per tutelare la sfera sociale si pensa di sospendere dei diritti fondamentali a gruppi minoritari. Non è detto che all'Europa convenga abbandonare una politica di integrazione all’interno e di pace e tolleranza all’esterno in un mondo dove l'economia è sempre più legata alle economie dei paesi emergenti ed è necessaria la collaborazione tra i paesi per affrontare i problemi globali. Se si tornasse a una società chiusa e monolitica dal punto di vista etnico e culturale e a un'economia protezionistica, si tornerebbe ad un'età di conflitti e politiche di potenza che ha portato alle due GM. La diffusione della xenofobia è legata alla crisi economica e all'aumento della disoccupazione. Per questo alcune forze politiche sfruttano questo senso di paura e insicurezza della popolazione a loro vantaggio nelle elezioni, convincendo l'opinione pubblica che gli immigrati: - Rubano il lavoro e contribuiscono all'abbattimento dei salari - Sfruttano i servizi sociali che non pagano e sono la causa del degrado della scuola pubblica - Aumentano la delinquenza e rendono insicure le periferie delle città Tutti questi luoghi comuni sono stati smentiti da ricerche ricordando che gli immigrati svolgono lavori che gli italiani si rifiutano di fare prendendo uno stipendio con cui si fa fatica a sopravvivere. Contribuiscono anche al PIL italiano e hanno aiutato allo sviluppo economico e sociale del paese (pochi hanno riconosciuto questi effetti per paura di opporsi all'opinione più diffusa). Uno dei movimenti populisti e anti-immigrati più controverso degli ultimi anni è stato quello olandese Geert Wilders. Si dichiara protettore dei valori occidentali con una politica anti-islamica, comparando la religione musulmana al totalitarismo e bloccando le immigrazioni dai paesi islamici. Non si nega l’ansia crescente che sta creando l'islam in Europa, sopratutto a causa del fatto che l'islam è attraversato da conflitti interni tra moderati e radicali. ISLAM IN EUROPA O ISLAM EUROPEO? In molte città europee sono sorte moschee e sono sempre più le donne velate che si vedono in giro, segno della diffusione di immigrati di religione islamica. Nel passato le comunità di islamici si erano stanziate nei Balcani e nel Caucaso o nelle periferie dell’Inghilterra e della Francia, ma per l’Italia questa immigrazione è un fatto nuovo. Gli immigrati islamici destano preoccupazione nell'opinione pubblica prima di tutto per la loro provenienza, paesi dell’area mediterranea o medio-orientale, vicini ai confini europei ma con un reddito pro-capite molto basso e una popolazione molto giovane che alimenta le immigrazioni regolari e irregolari; per la presenza di un Islam politico che cerca terreno per il reclutamento e il finanziamento per i movimenti che chiedono la creazione di Stati governati dalla Sharia m anche per le organizzazioni radicali o terroristiche che reclamano la Jihad armata (guerra santa); per ultima cosa le difficoltà di integrazione, poiché i musulmani non si assimilano facilmente, rifiutano le istituzioni e i rapporti sociali, mostrano minore propensione all’alfabetizzazione e all’uso delle lingue nazionali europee. L’islam in Europa cerca di difendere una propria identità, anche a causa degli ostacoli che i credenti incontrano nel praticare il loro culto. Infatti, stare ai doveri religiosi in una società con fede e cultura differenti crea numerosi disagi (preghiera del venerdì, Ramadan, alimentazione halal, matrimoni misti, educazione, questione del velo e burqa, riconoscimento della poligamia). l'Unione Europea consente la libera professione di tutte le religioni purché non siano in contrasto con la Costituzione e gli ordinamenti giuridici dei paesi , soprattutto non devono violare i principi di libertà e i diritti della persona. Perciò sono vietate le religioni che istigano all'odio e alla violenza. Per conciliare la libertà religiosa in contraddizione con le pratiche e costumi europei è necessario trattare con gli interessati ed avere un sistema flessibile. Le guide spirituali più riformiste hanno tollerato le infrazioni nelle pratiche di culto per raggiungere un compromesso con lo stile di vita occidentale. Questi compromessi possono contribuire ad un'apertura dell’islam mondiale. | centri culturali si sono spostati dal Medio Oriente in Asia, seguendo la diffusione della religione. Questo ha fatto perdere importanza ad alcune Alcuni propongono non la limitazione della libertà religiosa, bensì la manifestazione visibile della cultura e della religione islamica perché è in contraddizione con quella europea. Questi concetti sono paradossali perché di fronte a problemi che accomunano entrambe le società, come la violenza sulle donne, solo per i musulmani si chiama in causa la responsabilità della religione. IL RITORNO DEL SACRO | progetti di emancipazione sociale e nazionale che ci si erano prefissati, nel 900 sono stati infranti. Per scappare da questi fallimenti, molte persone si sono rifugiate nella religione. Questo fenomeno investe la società nel complesso dove la religione non viene vissuta in una dimensione privata, ma pubblica e a volte politica. Senza mettere in discussione la laicità della società e delle istituzioni, il confine ben distinto tra politica e religione, chiesa e stato, sembra essere perduto. Anche nei credenti c’è stata una frattura per diversità di sensibilità religiosa: - Religiosità post-convenzionale, centrata sulla responsabilità morale e una fede scelta coerentemente. Il modello di credo tradizionale fatto di riti è messo in secondo piano, il rapporto è più libero e aperto. È il tipo di religiosità che alimenta le associazioni di volontariato; - Religiosità militante che si immedesima in Dio contro le potenze del male, le potenze minacciose rappresentate dalla natura o dalla società. L'uomo si può difendere solo con pratiche e credenze che assomigliano a esorcismi e magie. Questo clima è diffuso nelle sette che attraggono i fedeli più vulnerabili. Siccome lo stato non riesce a finanziare il welfare e l'impatto della crisi delle ideologie secolari è stato destabilizzante, l’uomo si trova a cercare soluzioni di tipo individuale alle disuguaglianze e ai rischi sociali. Anche se questi problemi sono globali, le persone li vivono singolarmente come insufficienza personale, sensi di colpa, conflitti psichici e in questo contesto la religione è fautrice di solidarietà e legami sociali. La società italiana, come tutte le altre europee, sta diventando multietnica e multireligiosa. Le molteplici tradizioni religiose si combinano in modo da non differenziare più aree di appartenenza, quindi i sistemi religiosi condividono lo spazio e devono riuscire a dialogare e a tollerarsi reciprocamente. La secolarizzazione ha portato anche i cattolici ad essere in minoranza di convinzione, questo comporta un modello religioso più umile e complesso che li spinge a rivedere alcuni canoni teologici. Con questa mescolanza si è anche assistito alla partecipazione dei laici all'esercizio del culto. Conflitti interreligiosi e persecuzioni Negli ultimi 10 anni, il Parlamento europeo ha approvato molte risoluzioni sui gravi episodi che hanno messo a rischio l’esistenza delle comunità cristiane e di altre comunità religiose nel mondo. Episodi di intolleranza e repressione nei confronti dei credenti cristiani, soprattutto in alcuni paesi dell’Africa, dell'Asia e del Medio Oriente che però non hanno ricevuto l’attenzione necessaria. Le risoluzioni sollecitavano i governi dei paesi interessati a migliorare la sicurezza delle comunità cristiane e anche ad assicurare alla giustizia i colpevoli degli atti di discriminazione e violenza. Inoltre le istituzioni europee sono state invitate a fare pressione con gli strumenti di politica estera e a sospendere i programmi di cooperazione e aiuto allo sviluppo a quei paesi dove le comunità religiose erano in pericolo. Questo clima di intolleranza religiosa non colpisce solo i cristiani. In Iraq è in corso una guerriglia contro l'occupazione americana e nel contempo una guerra civile tra legazioni dei sunniti e degli sciiti. In Cina e Birmania sono perseguitati i buddhisti e i musulmani. Il conflitto che oppone palestinesi e israeliani assume sempre più una connotazione religiosa: ebrei contro musulmani. L'arrivo del Cristianesimo e dell'Islam in Asia ha sollecitato la reazione delle religioni tradizionali. | buddhisti, che hanno sempre mantenuto un atteggiamento passivo nei confronti dei cristiani e musulmani, negli ultimi tempi si stanno trasferendo dai santuari rurali nelle città, dove i monaci edificano centri di meditazione in opposizione alle chiese e alle moschee. Anche nei paesi islamici i provvedimenti restrittivi alla libertà religiosa sono giustificati con la difesa dalla penetrazione di altri culti, considerata una strategia occidentale per colonizzare spiritualmente i fedeli musulmani. In molti paesi in cui vige la Sharia, l’apostasia è un reato punibile con la pena di morte. | rappresentanti dell'islam affermano che i seguaci sono solo interessati a difendere il Corano, ma ci sono aree dove l’islam ha un atteggiamento di espansionismo. Non sempre il fervore religioso si accompagna ad un atteggiamento di apertura e comprensione dell'altro. Molti fanatici, pur considerando i testi sacri, non li conoscono e li usano solo come raccolte di formule per giustificare le azioni più diverse. Gli esseri umani fanno riferimento a una molteplicità di appartenenze di carattere religioso, politico, culturale, sociale, territoriale o nazionale con anche modalità diverse di condivisione con gli altri. Nel corso della storia, tra tutti i modelli comportamentali che si sono formati, si è delineata un'affiliazione considerata “identità reale” dell'individuo a cui le altre dovevano sottomettersi. Negli ultimi anni si è data la priorità all'affermazione di un'indennità religiosa tanto che nell’occidente molti intellettuali son propensi a dividere la popolazione mondiale in termini di fede religiosa, sostenendo che lo scontro di civiltà a imprescindibile. In questo modo però la religione sembra più essere un mezzo di affermazione di un gruppo umano piuttosto che quella dimensione spirituale in cui l'individuo cerca risposte sulla propria vita. DIBATTITO SUI DIRITTI UMANI La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 hanno valore universale. Nella conferenza mondiale sui diritti dell’uomo organizzata a Vienna nel 1993 dall'ONU, alcuni stati asiatici e musulmani hanno sottolineato che i diritti umani hanno un carattere prettamente occidentale, esprimono la cultura specifica permettendo quindi di accusare l'Occidente di imperialismo. In effetti, dietro l'emanazione dei diritti umani c'era l'intenzione degli USA di imporre la propria influenza politica ed economica. Il dibattito che ne è scaturito ha affrontato due visioni dei diritti dell’uomo: una culturista e una universalista. | paesi asiatici hanno una visione differente del rapporto tra individuo e comunità, con la prevalenza della seconda sul primo, perciò dal solo punto di vista non si poteva limitare il diritto allo sviluppo dei paesi asiatici in nome dei diritti civili, sociali e politici dell'individuo. Per il caso dell'islam i diritti umani possono essere tratti solo dalla Sharia e quindi devono essere congruenti con essa. Per gli universalisti, invece, il rifiuto del riconoscimento dei diritti umani era basato sull’autoritarismo dei regimi asiatici e musulmani, che conviene economicamente e politicamente alle classi al potere. Nel caso dell'Islam, è dio che stabilisce i diritti che gli uomini devono riconoscersi reciprocamente, in quanto soggetto ultimo dei diritti da cui si ricavano i doveri dell’uomo. Nella religione islamica è riconosciuta la dignità dell’uomo in quanto fa le veci di dio sulla terra, ma questa libertà è limitata dalla rivelazione. Il corano e la sunna sono le fonti della Sharia, quindi il corpus del diritto islamico, attraverso cui la società riceve le parole di dio. Quindi la Sharia è legittimata dalla rivelazione e quindi è superiore rispetto a qualsiasi legge frutto dell’uomo. Il fondamento divino dei diritti limita la libertà religiosa e di coscienza e soprattutto si contraria alla possibilità di matrimonio indipendentemente dall’appartenenza alla religione. Ecco che questa visione tradizionale mette in difficoltà l'accettazione dei diritti universali dell’uomo e contrasti per quanto riguarda diritti specifici. Questi contrasti sono difficilmente superabili se le prescrizioni divine si considerano immutabili. | diritti universali dell’uomo si basano su due concetti fondamentali: l'uguaglianza tra gli uomini e la loro eguale libertà. Il diritto musulmano invece si articola su tre disuguaglianze espresse sul piano giuridico: - Tra uomo e donna - Tra musulmano e non musulmano - Tra libero e schiavo (non sostenuto oggi) Il dibattito interno all’islam sui diritti umani presenta tre tendenze: TENDENZA CONSERVATRICE: l’unico soggetto pieno del diritto è il musulmano, una donna musulmana non si può sposare con un non musulmano, non è consentito cambiare religione, non sono ammessi i sindacati dei lavoratori in quanto salvaguardano principi materialistici e non religiosi e si considera la religione islamica quella naturale dell’uomo. Il primo documento sui diritti dell’uomo è la Dichiarazione islamica universale dei diritti dell’uomo, proclamata a Parigi nel 1981 dal Consiglio islamico d'Europa, che è però un organismo provato. Quella più importante è la Dichiarazione del Cairo dei diritti dell’uomo nell'Islam dell’OCI (Organizzazione della Conferenza Islamica, composta da 51 stati) e redatta al Cairo nel 1990. Il testo doveva essere reso esecutivo ma così non fu infatti non ha valore giuridico internazionale in ambito musulmano, ma ha solo un significato simbolico sul piano politico perché rappresenta l'organismo principale che raccoglie gli stati musulmani. TENDENZA PRAGMATICA: molti paesi musulmani hanno introdotto innovazioni al diritto musulmano classico. Ad esempio in molti paesi del Nord Africa si è cercato di tutelare la donna dalla poligamia, dal ripudio dell’uomo o dalla libertà di rifiutare di contrarre matrimonio. Questi risultati però sono stati recentemente messi in discussione da fenomeni di re-islamizzazione. La tendenza pragmatica negli stati arabi è manifestata dalla Carta araba dei diritti dell'uomo redatta dalla Lega degli Stati Arabi nel 1994 che comprende tutti gli stati arabi che fanno parte dell'OCI. La Carta detta i principi di fratellanza e uguaglianza tra esseri umani stabili dalla Sharia e la creazione di un sistema paritario con le altre religioni. È coerente con il nazionalismo arabo, laico e socialista infatti sviluppa arabità, non islam. Poneva una certa attenzione ai diritti di cittadinanza a prescindere dalla religione. Queste prospettive che facevano sperare in una possibile apertura del mondo musulmano alla Carta dei diritti dell'uomo del 1948 e al processo di laicizzazione, sono state bloccate dall'autorità dei regimi del mondo arabo. TENDENZA RIFORMISTA: l’obiettivo è rivisitare il fondamento della concezione musulmana dei diritti dell’uomo. Un intellettuale marocchino, Talbi, afferma che la libertà di coscienza è un diritto inalienabile della dignità dell’uomo e vuole introdurre una rilettura moderna del Corano, un’interpretazione coerente con il contesto storico per conoscere le vere intenzioni. Una volta capite, possono essere applicate alle circostanze attuali. Gli intellettuali come Talbi, tuttavia, restano convinti che il diritto sia rivelato da dio e qui si conferma la contrapposizione alla visuale occidentale dei diritti dell’uomo. Resta l'impegno nei diritti delle donne e delle minoranze religiose e il riconoscimento del valore di emancipazione dei diritti umani che proviene dal confronto tra la situazione pluralista e democratica in Europa e l’autoritarismo del potere negli stati musulmani. Rimangono per differenze riguardanti gli ideali della dignità dell’uomo espressi nei tesi sacri e il moderno concetto dei diritti dell’uomo che sono uno strumento efficiente di tutela del cittadino. RIVOLTE ARABE, IMMIGRAZIONE STRANIERA E GLOBALIZZAZIONE Tra il 2010 e 2011, nei paesi di religione musulmana sono scoppiate numerose rivolte giovanili che scontrò le tendenze più tradizionaliste e quelle più riformiste. | tutti i paesi, i giovani scesero in piazza per manifestare un'esigenza di rapporti umani e sociali più liberi e meno dominati dai ruoli tradizioni imposti dalla famiglia, dalla religione e dalle autorità. Per la prima volta non si accanirono contro i simboli del
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