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SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI, Appunti di Scienza Politica

CORSO DI LAUREA IN SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 10/02/2023

kourybvk
kourybvk 🇮🇹

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Scarica SCIENZE POLITICHE E DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI e più Appunti in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! Sociologia Capitolo 1: Sociologia e modernità DEFINIZIONE DI SOCIOLOGIA La sociologia è lo studio scientifico della società; essa studia un’oggetto e ha un metodo: Oggetto=società Metodo=empirico Nel corso della storia l’uomo ha cambiato il modo in cui organizzava la vita associata, cambiando profondamente nel corso della storia il modo in cui strutturavano le loro relazioni reciproche. Per tali premesse la società viene intesa come una realtà storica. Quando parliamo di società, dunque, facciamo riferimento ad una cosa assai recente. Non si può escludere che la società studiata dalla sociologia possa in un futuro prossimo venir meno e che gli uomini possano trovare altre forme di vita comune. • La sociologia, che è una scienza sociale che nasce nel 1800 si afferma con il sorgere e lo svilupparsi di una forma di vita comune che chiamiamo proprio società. • La sociologia studia un oggetto che si è prodotto storicamente e contribuisce anche a produrre il medesimo oggetto➡ grande affinità tra sociologia e il suo oggetto. • Sia la sociologia che il suo oggetto sono prodotti storici e si sviluppano in sintonia. ORIGINE DELLA SOCIETÀ La storia della sociologia inizia con il progressivo diventare autonomo della società dallo stato. La creazione dello stato nazionale segna profondamente la storia moderna. Stato nazionale=nuova forma politica con propria sovranità legittima esercitata in un determinato territorio. La vita comune che segue la nascita dello stato non viene vita più come qualcosa di naturale e dunque anch’essa deve essere spiegata attraverso la riflessione sulla natura umana. - Thomas Hobbes:considera l’uomo come un essere che per natura non è sociale. Esso è mosso dai propri bisogni e considera gli altri come una minaccia. In questa situazione descritta , che viene identificata come stato di natura, gli uomini sono tutti uguali tra di loro➡ natura umana. L’individuo dunque viene descritto come un soggetto autonomo e per questa ragione non è sociale. L’uguaglianza descritta da Hobbes mette gli uomini l’uno contro l’altro, poiché proprio perché si è liberi si è anche insicuri, e questa insicurezza mette gli uomini uno contro l’altro. A questo punto per Hobbes gli uomini possono scegliere tra libertà o sicurezza. Gli uomini scelgono la seconda e appare razionale costruire un ordine politico che possa garantire a tutti una certa sicurezza➡ passaggio da stato di natura allo Stato. Il sovrano dello stato è l’unico soggetto che è libero, dunque l’unico che si trova ancora nella condizione di stato di natura. Tutti gli altri uomini sono eguali nella sottomissione rispetto al capo. 1 Nello stato di natura i bisogni dell’uomo non avevano nessun freno morale. Nello Stato invece l’uomo accetta i freni che gli vengono imposti dalla vita sociale. Questo comporta in un addolcimento e temperamento delle pulsioni umane che porta l’uomo a sviluppare una propria vita morale e interiore che prima gli era sconosciuta. - John Locke: ha una visione molto più attenuata rispetto a Hobbes poiché crede che esistano relazioni organizzate tra gli individui anche al di fuori dello Stato. Locke chiama l’insieme di queste relazioni società naturale. Egli sostiene che tutte le attività umane hanno bisogno di regolamentazioni, tutti possono avere il diritto al prodotto del proprio lavoro, a patto che con tale lavoro siano lasciati in comune per gli altri cose sufficienti e altrettanto buone. Gli individui di per sé sono liberi ed eguali, ma quando intorno in rapporto con gli altri la loro libertà ha bisogno di regole. Anche i rapporti che caratterizzano la società naturale, dunque, conservano la tensione tra libertà e regola. - Rousseau: in Hobbes abbiamo la contrapposizione tra libertà e legge; in Locke lo Stato è un garante, che mantiene la permanenza dei rapporti sociali. In Rousseau abbiamo una visione tipica di Hobbes rovesciata. Lo stato di natura è rappresentato come la felicità dell’uomo, mentre lo Stato fa cessare la felicità e così inizia la subordinazione. Il male, dunque, risiede nella fuoriuscita dallo stato di natura. Una volta constatato che non è possibile ritornare a questo stato di natura, il problema di Rousseau è trovare un modo di organizzare i rapporti umani che più di avvicina allo stato di natura. SOCIETÀ E INDIVIDUO Il concetto di individuo torva le sue origini nella religione Cristiana. Nessun altra religione al mondo porta con sé questo concetto di individuo. La società moderna è una società individualista a causa del processo di secolarizzazione che ha investito la concezione cristiana di individuo. - Nel Cristianesimo: si rompe il senso di un’appartenenza alla collettività. Ognuno di noi è uguale agli altri perché provvisto da un’anima immortale, che accomuna tutti gli esseri umani. Tutti noi siamo singolarmente identificati nella nostra autonomia. Per la prima volta individuo e eguaglianza sono strettamente connessi tra di loro. Grazie al messaggio cristiano, per la prima volta nella storia la religione si svincola dall’appartenenza comunitaria. L’autonomia degli individui viene fatta anche affermare nel suo rapporto con la divinità a tal punto che l’adesione religiosa è diventata una cosa privata. CAMBIAMENTO NEL RUOLO DELL’UOMO Il mondo contemporaneo è molto diverso da quello di un tempo; nel passato molte scelte erano sottratte dalla decisione individuale. Ogni essere umano era inserito in una casella sociale, dalla quale non vi era possibilità né di entrata né di uscita. Secondo Dumont, tutte le società che si sono susseguite nel corso della storia, sono di tipo gerarchico ma in modo diverso. Per Dumont esiste una sola società dove la gerarchia non esiste, ovvero la società europea, in generale quella occidentale. Dumont sostiene che finché esiste una struttura gerarchica non si può dare pieno dispiegamento dell’autonomia individuale. Questo non significa che in una società individualistica ed egualitaria tutti sono eguali, ma significa che la società in questione è regolata dai criteri di individualismo ed egualitarismo che ne fanno da morale. 2 Marx tuttavia supera Rousseau e ritiene che l’alienazione da parte dell’uomo nel corso della storia sia inevitabile. Secondo Marx, ogni modo di produzione è caratterizzato da uno specifico grado di sviluppo delle forze di produzione➡ che sono determinate dallo sviluppo dei mezzi di produzione e dai rapporti di produzione. Marx identifica quattro modi di produzione, che fanno riferimento a 4 tipi di società; tribale, antica, feudale e capitalistica➡ rapporti sociali strettamente connessi con le forze produttive. Per Marx, il cambiamento delle forze di produzione è la precondizione del cambiamento sociale. Affinché il cambiamento possa avvenire c’è bisogno che qualcuno di faccia promotore di questo cambiamento. Protagonisti della storia, a questo proposito sono proprio le classi sociali (forme in cui gli uomini si organizzano) che sono presenti in qualsiasi società. In particolare è sempre presente una classe dominate e una classe dominata, la quale, col passare del tempo riesce a maturare una coscienza di classe che la rende una protagonista attiva della storia. La tensione tra classe dominante e classe dominata possono portare a delle vere e proprie rivoluzione, dove l’ordine sociale viene totalmente ribaltato. Definizione di storia= La storia è allora una storia di lotte di classe; patrizi e plebei, liberi e schiavi. Una lotta che finì sempre con una trasformazione rivoluzionaria all’interno della società o con la rovina delle classi in lotta. Alla fine del processo, una classe sociale che rappresenta tutta l’umanità potrà compiere il passo finale e ottenere la realizzazione totale dell’uomo. Questa classe è il proletariato, classe antagonista della borghesia, e l’utopia realizzata è il comunismo. CRITICA ALLA SOCIETÀ BORGHESE Marx inizia la sua critica alla società borghese partendo dalla religione. La religione per Marx è una forza che nasconde all’uomo la sua vera essenza. Essa consiste in un’alienazione, Marx pensa che la forza di dio è quella che l’uomo toglie a se stesso, tanto più l’uomo è debole, tanto più Dio è potente. Secondo Marx, la classe che esercita un dominio di tipo economico esercita anche un dominio di tipo culturale➡ a tal proposito la critica alla società borghese deve essere applicata sia alla sovrastruttura che alla struttura. È necessario che il pensiero umano si stacchi da tutte le credenze passate così da poter essere veramente liberi. A tal proposito per Marx, oltre alla religione va criticata anche l’ideologia borghese, ovvero quella sovrastruttura culturale. Marx compie una critica ad Hegel, il quel pensava che lo stato rappresentasse il massimo grado di razionalizzazione. Per Marx, lo stato Borghese è uno stato malato, che ha sviluppato una religione, una filosofia e una politica funzionali alla classe dominate. LA TEORIA DEL LAVORO Per Marx il capitalismo realizza una realtà sottosopra, il lavoro implica un’alienazione inevitabile nell’oggetto prodotto, ma questo oggetto diviene merce ed è quindi sottratto dall’operaio che lo produce. Lo scambio delle merci e finalizzato alla realizzazione dell’utilità e avviene nella forma M-D-M, il denaro qui è solo uno strumento, il mezzo per lo scambio. 5 Il capitalismo è invece quella forma sociale che trasforma il denaro in capitale; il ciclo M-D-M è sostituito da D-M-D➡ per i capitalisti il denaro non è un mezzo ma è il fine. Marx vuole rispondere scientificamente alla domanda di come è possibile la valorizzazione del capitale. Per Marx quello che avviene un furto da parte del capitalista nei confronti dell’operaio. Il valore di una merce è dato dalla quantità di lavoro socialmente necessario per produrlo. Se un capitalista pagasse il suo operaio per la quantità di lavoro socialmente necessario che era utilizzato per produrre il bene, il capitalista non otterrebbe nulla. Da qui si ottiene la definizione di plusvalore➡ non tutto il lavoro dell’operaio è retribuito esattamente quanto il valore della merce che ha prodotto. Se gli operai prendessero consapevolezza del furto che avviene a loro danno, si potrebbero mettere le premesse per un radicale cambiamento. Capitolo 3: Durkheim Durkheim, dal punto di vista metodologico si preoccupò di dare un fondamento empirico e una legittimazione alla sociologia. Dal punto di vista dell’analisi sociale il suo problema è studiare la nascita dell’individualismo moderno. La sua corrente di pensiero è il positivismo sociologico; cerca di trovare un metodo e dare maggiori caratteristiche all’oggetto di studio. IL METODO Durkheim intende la società come un qualcosa che non è materiale ma allo stesso tempo riesce a produrre degli effetti➡ la società è un fatto morale, ovvero un insieme di credenze condivise che assieme costituiscono una coscienza collettiva. (Società come realtà ideale, costituita da cose immateriali, prodotte dallo spirito umano). Per Durkheim la sociologia deve essere: • Disciplina autonoma. • Caratterizzata dal metodo scientifico. • Si deve basare anche sul pensiero di Comte ➡ sociologia diversa da psicologia la quale studia gli elementi all’interno dell’individuo. SOCIETÀ E FATTI SOCIALI La società è un insieme di fatti sociali➡ i fatti sociali sono opera di noi esseri umani che appaiono come qualcosa di esterno a noi. Questo spiega il fatto per cui nonostante la società sia fatta e creata dagli uomini, poi diventi indipendente da loro. OGGETTO DELLA SOCIOLOGIA Per Durkheim l’oggetto della sociologia deve essere il fatto sociale e il metodo deve essere naturalistico. Per studiare un fatto sociale bisogna ricercare la causa che lo produce e la funzione che esso svolge. Nascita fatti sociali= il momento della nascita del fatto sociale viene chiamato da Durkheim momento genetico. Il fatto sociale nasce tramite la collaborazione tra gli individui. Il fatto sociale viene costruito con l’apporto dei singoli m anni ha fondamento nella singolarità; ha senso solo nella collettività. 6 SOLIDARIETÀ SOCIALE Nelle società tradizionali esiste una moralità comune, basata sulla coscienza collettiva, che fa riferimento ai valori condivisi. Tutti gli individui tendenzialmente si comportano allo stesso modo➡ lo spazio di autonomia dell’individuo è ridotto, egli non sceglie tra alternative, ma si conforma alle credenze e alle pratiche comuni. Queste alternative nemmeno si hanno, la coscienza collettiva impone una morale diffusa e condivisa e di conseguenza un comportamento obbligato. In questa visione, l’individuo non è costretto in modo coercitivo, ma semplicemente egli stesso non pensa che sia possibile fare altro perché altro non c’è➡ solidarietà meccanica. • Solidarietà organica=quando i valori sotto la spinta di un profondo cambiamento sociale, come quello del mondo moderno, vengono meno e la società pare sempre più in preda all’anomia (mancanza di saldi punti di riferimento collettivi). Questa società non si fonda su valori condivisi ma su meccanismi socio- economci. L’uomo in questa società dipende dagli altri, la società appare così come un grande organismo tenuto insieme dalla specializzazione funzionale delle parti che lo compongono. Abbiamo così per Durkheim due diversi modi di formare il legame sociale: 1. Il primo tipico delle società pre-moderne, integrate attorno a valori comuni. 2. Il secondo caratteristico della modernità, basato sull’interazione funzionale id competenze specializzate. Tuttavia per Durkheim anche la società moderna ha bisogno di una morale collettiva, con contenuti diversi da quelli tipici delle società che l’hanno preceduta. IL RUOLO DELLO STATO NELLE SOCIETÀ MODERNE Durkheim ritiene che lo Stato non possa più nelle società moderne adempiere alla funzione di integrazione tra gli individui e i gruppi sociali. In questo contesto il tema della devianza è significativo; un comportamento deviante è quello che si contrappone alle norme sociali condivise e alla coscienza collettiva. In questo caso si ha un conflitto tra soggetto (quello deviante) e la società. Se la devianza è il prodotto della tensione tra autonomia dell’individuo e costrizione sociale, per Durkheim non esiste una società senza la devianza. Essa, oltre ad essere un fenomeno inevitabile può anche essere utile alla società; senza devianza non ci sarebbe cambiamento sociale. OPERA DEL SUICIDIO Mio viene affrontato il tema della devianza; il libro costituisce uno dei primi tentativi di mostrare l’efficacia del metodo sociologico. Il metodo sociologico non studierà i motivi per il quale ha commesso il suicidio (comportamento deviante), bensì deve definire il suicidio in quanto fatto sociale. Non si studia il comportamento del singolo, ma il tasso dei suicidi per esempio, cercando di mettere in luce la causa efficiente che lo produce e la funzione che esso assolve. Durkheim identifica 4 modelli di rapporto tra dimensione della solidarietà e comportamento suicida, che chiama: 1. Suicidio egoista=determinato da situazioni sociali dove c’è scarsa integrazione. Questo suicidio aumenta nei periodi di pace e stabilità. 7 La mia azione può essere razionale perché coerente con un valore oppure perché utile strumentalmente a raggiungere un fine. L’agire razionale rispetto al valore si basa su una logica che consente di isolare ogni singola azione dal contesto in cui è inserita. Diversa è invece la situazione nel caso della razionalità secondo uno scopo, poiché l’adeguatezza del mezzo rispetto al fine non è separabile dalle conseguenze e neppure dalla catena di scopi che contribuisce realizzare. Il grande tema weberiano della razionalizzazione ha proprio a che vedere con questo progressivo affermarsi della scienza come strumento universalmente valido per misurare l’adeguatezza razionale delle azioni umane. PROCESSO DI RAZIONALIZZAZIONE Secondo Weber la storia dell’umanità è retta da un progressivo processo di disincantamento del mondo. Il rapporto con il mondo subisce un progressivo processo che va al di là del magico e conduce a vedere il mondo sempre meno come un campo retto da forze oscure. Il mito è un primo passo razionale con cui l’uomo supera la paura che domina il suo rapporto con le forze della natura. Le grandi religioni che sono apparse sono la prima e grande forma di disincatamento del mondo e di razionalizzazione del rapporto uomo-mondo. Per Weber il modo con cui si forma la struttura della personalità è strettamente collegato al modo con cui si dà il rapporto con il modo. Le religioni perciò sono il risultato di una prima razionalizzazione che mira a superare la magia. Ci sono religioni che giudicano positivamente il mondo e religioni che lo giudicano negativamente. Per la seconda prospettiva la realtà è sempre corrotta, a tal proposito hanno il crescente bisogno di condurre il credente verso la redenzione. La redenzione può essere ottenuta: • Tramite via mistica=la redenzione è possibile solo attraverso una fuga dal mondo corrotto. • Tramite via ascetica=la redenzione è possibile attraverso l’agire nel mondo SOCIOLOGIA POLITICA Weber legge il processo di modernizzazione come un processo di differenziazione. La forma politica dello stato moderno per Weber è la migliore incarnazione di quel processo razionalizzante. Alla base della politica c’è la relazione fondamentale tra comando e obbedienza. Lo stato è quella comunità umana che, nei limiti di un determinato territorio esige per se il monopolio della forza fisica legittima. Non tutta la forza fisica è legittima, è solo quella che viene riconosciuta tale sulla base di un criterio di legittimazione. Weber usa lo strumento generalizzante del tipo ideale distinguendo tre forme di legittimazione del potere, che chiama: • Potere tradizionale • Potere carismatico • Potere legale 10 Capitolo 5: Georg Simmel Tra i più influenti autori che hanno operato nel campo della sociologia americana. Simmel nasce ed opera a Berlino e sarà inserito nell’insieme di pensiero della Germania che ha anche riguardato il pensiero Weberiano. È un autore eclettico che ha il fatto di poter essere considerato come precursore della modernità. Opere: 1.La differenziazione sociale 2.Filosofia del denaro 3.Le metropoli e la vita dello spirito 4.Sociologia 5.Individuo e società METODO Si interessa dei temi più disparati. Utilizza un metodo scientifico che si distanzia dal positivismo ma anche dall’idealismo. Simmel dice che non esistono i fatti sociali di per sé ma semmai sempre e solo dei contenuti che si danno attraverso le forme. La società non è una realtà indipendente e autonoma, ma è semplicemente la somma di tutte le interazioni tra gli esseri umani. Essa non rappresenta una realtà e dunque non è una cosa come per Durkheim. Per Simmel la sociologia e il suo metodo non si devono basare sullo studio della società in sé ma sullo studio della complessità delle interazioni ta gli uomini. IL PROBLEMA DELLA SOCIOLOGIA Abbiamo detto che Simmel concepisce la società come la somma delle interazioni tra i singoli individui ovvero gli elementi che la compongono. Egli parte dall’intuizione che l’uomo è determinato dal fatto di vivere in azione reciproca con altri uomini. L’azione reciproca ha la sua base nei vari impulsi umani che sono il contenuto della società➡ società come contenitore di impulsi umani. La sociologia studia forme di associazione prodotte dall’influenza reciproca. Individuo e società non sono due entità tra loro contrapposte perché non sono delle entità. Individuo=punto di incontro delle relazioni e delle interazioni Società=insieme delle reti di relazioni L’oggetto di studio della sociologia non è né l’individuo né la società ma: Oggetto studio sociologia=l’insieme delle interazioni e la dorma che queste assumono. La sociologia studia le forme che la realtà può assumere, astraendo dalle interazioni concrete. Una loro compito della sociologi ape rappresentato dall’analisi delle specie particolari di subordinazione. Simmel sostiene che un fenomeno storico può essere osservato da tre punti di vista: 1. quello degli individui; che sono il punto di incontro delle reti di relazione. 2. quello delle forme di azione reciproca. 11 3. quello dei contenuti astratti; dove non si colgono più né gli individui né le forme, quanto il significato oggettivo degli avvenimenti. LA DIFFERENZIAZIONE SOCIALE Fondamentale all’interno di tutta l’opera Simmeliana è lo studio dei processi di individualizzazione e di differenziazione sociale➡ processi tra di loro collegati. Una società più differenziata implica un aumento della individualizzazione e viceversa. Alla base dei due processi sta il problema del rapporto tra individuo e gruppo sociale. Tanto più c’è fusione tra gruppo e individuo, tanto più bassi saranno i livelli di differenziazione sociale e di individualizzazione. D’altra parte i gruppi sociali più ampi sono quelli che sono più differenziati. C’è così una relazione proporzionalmente inversa tra coesione sociale e forza del legame sociale da un lato e differenziazione e individualizzazione dall’altro. Le diverse società variano entro questi due estremi; tenendo conto che i due estremi non si realizzano mai, poiché ogni individuo non è mai un’entità del tutto o per nulla socializzata. L’aumento della differenziazione sociale fa si che l’individuo faccia parte a molte cerchie sociali. Nel mondo moderno, estremamente differenziato, l’individuo partecipa a numerose cerchie sociali le quali non si sovrappongono e talvolta sono delle sfere indipendenti tra di loro. Dal momento in cui queste sfere sociali sono sono autonome tra di loro, si crea così il fenomeno dell’intersecazione delle cerchie sociali; allora l’individuo ha davanti a sé una grande quantità di alternative entro cui è costretto a scegliere. La possibilità di individualizzazione tende all’infinito, perché la stessa persona può assumere nelle diverse cerchie a cui appartiene simultaneamente, posizioni relative completamente diverse. In un mondo differenziato le posizioni unilaterali diventano sempre più rare e difficili, la realtà si fa più ambigua e complessa; lo stesso individuo potrebbe occupare posizioni molto diverse in riferimento alle varie sfere. Simmel parla di differenziazione individuale, sulla base die processi descritti e proprio per l’aumento del processo di individualizzazione, sorge il pericolo che venga messa a repentaglio l’identità stessa dell’individuo. Egli potrebbe vedere frantumata la propria identità tra diverse cerchie sociali, facendo alla fine emergere incapacità di far fronte alle esigenze che provengono da esse. LA FORMA DENARO E LA TRAGEDIA DELLA CULTURA Simmel nella sua opera “Filosofia del denaro” analizza il denaro in se, compiendo delle osservazioni analoghe a quelle compiute da Marx. Per Simmel anche il denaro subisce il fenomeno della differenziazione sociale ed è a sua volta un fattore di differenziazione. Simmel sviluppa una teoria dell’alienazione simile a quella di Marx, che lo porta a formulare che la modernità è il luogo di una vera e propria tragedia allea cultura. Diversamente da Marx che metteva l’accento sui processi di produzione, Simmel pone rilevante attenzione i rapporti di scambio. L’economia è basata sui rapporti di scambio➡ essa è solo una forma particolare che assume la forma dello scambio, intesa cime la forma fondamentale delle relazioni umane. 12 Capitolo 6:La formazione di un linguaggio sociologico Tutti questi analizzati finora hanno delle caratteristiche in comune, tar cui: 1. Teorie della modernità e della transizione dalla premodernità alla modernità: Ognuno degli autori analizzati finora ha la propria teoria della modernità e una teoria della transizione dal mondo premoderno a quello moderno. Per Marx il capitalismo è l’essenza della modernità ed è il prodotto della lotta di classe tra aristocrazia e borghesia e dell’attività rivoluzionaria. Per Durkheim la modernità è essenzialmente anomica, ovvero priva di fondamenta morali, di leggi e norme. Per Weber la razionalizzazione è l caratteristica essenziale di un mondo che mette sempre più da parte la funzione storica del carisma, sostituendo a un universo pieno di senso la fredda realtà di un agire meramente efficace e disincantato. Per Simmel, infine, la modernità è intellettuazione, cioè progressiva separazione tra sapere oggettivo e soggettivo. In estrema sintesi, tenendo conto di tutte le definizioni dateci da questi autori, la modernità è caratterizzata da una società industriale, capitalistica, democratica, anomica, razionalizzata e intellettualizzata. I vari autori mettono al centro della loro analisi alcuni aspetti del processo di modernizzazione. Simmel mette a risalto la modernizzazione culturale; Marx la modernizzazione economica; Durkheim e Weber la modernizzazione sociale. 2. Atteggiamento critico nei confronti della modernità: In secondo luogo, tutti questi autori hanno nei confronti della modernità un atteggiamento critico. La loro è sempre un’analisi critica della modernità. Per Marx il mondo capitalista è alienante e deve essere superato. Per Durkheim una società anomica è incapace di trovare un ordine stabile e durevole nel tempo. Per Weber occorre trovare una difficile via d’uscita dalla razionalizzazione. Per Simmel il mondo moderno minacci ala sua stessa identità e quella dell’individuo, il quale è sottoposto a interazioni sociali sempre più mutevoli. 3. Sostituzione della quantità alla qualità: Un denominatore comune a tutte queste visioni è la sostituzione della quantità alla qualità. Adam Smith, grande economista inglese diceva che la rivoluzione industriale sembra promettere la definitiva risoluzione della sconfitta della fame. Tutto ciò si è ovviamente realizzato parzialmente. Tutti gli autori cercano di mettere in risalto non le conquiste della modernità, ma i punti critici, indicando mi mondo moderno come un qualcosa che soffoca i bisogni dell’individuo. 15 4. Cambiamento continuo: Questi autori indicano la modernità come un mondo incompiuto, in perenne crisi e sottoposto ad un cambiamento continuo. Modernità e crisi della modernità sono termini inscindibili della sociologia. 5. Processo di secolarizzazione: Un ulteriore aspetto comune a tutti, è lo stretto legame tra sviluppo della modernità e processo di secolarizzazione, inteso come progressivo venir meno della centralità della religione. Per Durkheim il vero problema della modernità è il venir meno del ruolo tradizionale della religione, cioè quello di fornire i valori condivisi. Marx definisce la religione una falsa coscienza da superare per consentire lo sviluppo sempre maggiore dell’autoconsapevolezza➡ religione intesa come oppio dei popoli. Nella modernità descritta da Weber sembra non esserci più spazio per la trascendenza. Modernità e tesi della morte di Dio sembrano così essere strettamente legate; la prima si presenta come luogo del pieno riconoscimento dell’autoinganno che l’umanità si è inflitta per secoli, e nella sua versione ottimistica crede che si possa far meno a questi valori religiosi in nome di un sapere laico e razionale. 6. Concetto di lavoro: Il mondo moderno sostituisce la centralità dell’attività speculativa quella della vita attiva; il lavoro non è più una condizione penosa da superare, ma diviene l’espressione più alta ed essenziale della natura umana. Per Marx l’uomo si realizza solo con il pieno dispiegamento della sua attività pratica. 7. Domanda “la società può avere un fondamento razionale?: Tutti gli autori in questione cercano di rispondere alla seguente domanda. Per Durkheim e Weber la società ha fondamenta morali e non razionali; ciò che tiene insieme egli individui non può essere il sapere scientifico, quanto invece un’insieme di credenze condivise e diffuse. 8. Tema della portata universalizzante della modernità: Negli autori analizzati forviamo due modi di interpretare questo fenomeno. Il primo è influenzato da Kant➡ Marc pensa che il communisco in quanto sintesi di particolare e universale possa realizzare la prospettiva di un’umanità realizzata. Il secondo è fatto sopratutto da Weber, per il quale la razionalizzazione è la forma che assume l’universale diffusione del mondo moderno in tutte le culture, e da Marx, con la sua critica all’universale diffusione del sistema capitalistico. Concetti introdotti da questi autori: Marx parla di modi, tecniche, forze e rapporti di produzione, classi sociali, coscienza di classe, conflitto di classe, ideologia, valore e alienazione. Durkheim introduce l’analisi dei concetti di solidarietà sociale, coscienza collettiva, deviata, suicidio, sacro, individualismo morale. Weber parla di azione sociale, relazione sociale, razionalizzazione, carisma, legittimazione e Stato. 16 Infime Simmel introduce la distinzione tra forma e vita, di starnerò, differenziazione, interazione sociale, individuo blasé. Dall’analisi di questi autori emerge una serie di distinzioni contrapposte e ricorrenti. La più importante è quella tra individuo e società. Durkheim si pone si pone il problema di come sia possibile il concetto stesso di società e di ordine sociale, non dimenticandosi mai che si tratta di una società di individui. Weber invece parte dall’individuo e dal concetto di senso intenzionato per spiegare i più ampi e generali processi sociali. Così come al primo non manca una teoria dell’individuo, allo stesso modo al secondo non manca una teoria della società. Capitolo 7:La scuola di Chicago e l’interazionismo simbolico CENNO STORICO La grande guerra segna una svolta epocale nella storia mondiale e fa da spartiacque per la riflessione sociologica. L’ottimismo tipico del positivismo subisce un duro colpo. Se l’800 è il secolo del progresso scientifico e della piena fiducia nella scienza, adesso si incomincia a dubitare di tale metodo e in generale della scienza, la quale ha permesso lo sviluppo di armi di distruzione di massa che hanno fatto perdere la speranza in essa. Insieme alla crisi economica si sviluppa una crisi più generale di tipo sociale e politico. Alcuni fondatori della sociologia come Durkheim e Weber esprimono grande preoccupazione per quello che è il futuro della società moderna. La modernità apre così un altro problema; lo sviluppo economico crea tensioni sociali imprevedibili e crisi ricorrenti; la democrazia liberale ridimostra incapace di rispondere al disierò di partecipazione; la sempre più forte spinta al cambiamento dissolve il vecchio ordine e cancella tradizioni antiche, ma lascia solo il vuoto e il disorientamento. La sociologia è corretta a fare i conti con le proprie ambizioni positiviste e progressive, sviluppando una metodologia verso la realtà effettiva. Inoltre pone a se stessa un compito di comprensione e di ricostruzione della complessa e problematica articolazione che la realtà sociale rappresenta. Anche la sociologia si fa sempre più complessa e differenziata: essa subisce un processo di specializzazione, così che si sviluppano all’interno della disciplina ambiti di studio e di ricerca delimitati e specifici dall’altro. LA SCUOLA DI CHICAGO Il percorso della sociologia novecentesca si fa risalire all’esperienza statunitense. La fine della prima guerra mondiale segna l’affermazione di questo grande paese come potenza mondiale. Qui un sociologo americano di nome Talcott Parsons riprende il grande progetto di sociologia europea cercando di creare un nuovo modello. Lo sviluppo della sociologia in America ha un grande impulso con la cosiddetta scuola di Chicago. Questa scuola e il suo approccio influenzano fortemente la scienza sociologia americana sino agli anni 30 del 900. Il pensatore più influente della scuola di Chicago è George Hebert Mead. 17 Parsons, intende liberare il concetto di funzione da ogni possibile riferimento alla metafora organicista; la società società non deve essere più pensata come un grande corpo e la teoria deve raggiungere un grado di astrattezza tale da superare ogni metafora. Il funzionalismo punta così a fornire un modello teorico capace di spiegare il modo in cui si costituisce, si mantiene e si sviluppa la società. La società viene vista come un sistema sociale; si intende un insieme strutturato di relazioni sociali tra ruoli istituzionalizzati. Sistema, struttura, funzione e processo sono perciò i concetti base del funzionalismo. L’organismo funziona quando consente il mantenimento della vita. C’è un obiettivo, un fine ultimo che consente di giudicare del buono o cattivo funzionamento. Il fine della società dunque è il mantenersi in vita? Inoltre. Siamo sicuri che una società che funzioni abbia garantita la propria sopravvivenza? Possiamo a questo proposito distinguere varie forme di funzionalismo: • Quello di Durkheim: (quello organicistico) che pensa che il sistema società abbia un suo fine, ed esso coincide con la sopravvivenza dell’organismo società. • Quello di Luhmann: fa proprio il funzionalismo radicale, per il quale non c’è un fine esterno al funzionamento del sistema TALCOTT PARSONS Parsons assume una posizione intermedia tra Durkheim e Luhmann. Il problema della sociologia è stato sempre quello di capire a fondo la società e trovare una teoria della transizione alla modernità. Parsons cerca di identificare la natura sociale dell’azione come oggetto specifico della sociologia; la risposta sta nella concezione volontaristica dell’azione. L’azione sociale non può essere ricondotta a una spiegazione di tipo biologico o psicologico; l’azione è volontaria e libera, essa implica la messa in campo di una scelta fatta sulla base di un senso intenzionato che rimanda a valori socialmente condivisi. Quella di Parsons viene definita come “grande teoria” della sociologia poiché anche se nasce durante l’età moderna può essere applicata a qualsiasi gruppo umano, del presente e del passato. Parsons cerca di sviluppare l’approccio dell’antropologia funzionalista, ovvero che diverse formazioni sociali, com complessità differenti sono accomunate da una medesima funzione; ovvero i problemi comuni a cui danno risposta le istituzioni. Parsons viene identificato innanzitutto come funzionalista perché pensa che la teoria sociologica debba identificare le funzioni fondamentali che ogni struttura sociale operativizza a modo suo. In particolare la teoria parsonsiana è struttural-funzionalsita; esistono strutture sociali che svolgono le loro funzioni in modo da garantire la stabilità del sistema sociale nel suo insieme. Parsons si allontana dalla maggior parte dei sociologi di Chicago perché questi ritenevano che la teoria era ottenuta per via induttiva ed è una specie di collegamento dei fenomeni osservati. Per Parsons è la teoria che produce la realtà che poi si osserva. 20 SISTEMA DI AZIONE E SISTEMA SOCIALE La distanza di Parsons dai sociologi di Chicago si evidenzia non solo sul piano metodologico ma anche per una diversa concezione del concetto di azione. Per Parsons l’azione sociale deve essere ricondotta ai significati che l’attore dà alle scelte che individualmente fa. Nel suo libro “la struttura dell’azione sociale” egli sviluppa una teoria volontaristica dell’azione, criticando il positivismo, comportamentismo. Il suo interesse è quello di creare una teoria dell’azione che sia generale e capace di spiegare qualsiasi azione sociale; basata su una spiegazione che non rimandi ad altri elementi psicologici, economici ecc. Per fare ciò Parsons mette in luce l’unità base dell’azione sociale che Parsons chiama atto elementare. L’atto elementare è definito da 4 elementi: • Colui che agisce • Un fine dell’azione • Una situazione in cui si dà l’azione • Una situazione specifica tra i vari elementi dell’azione L’interdipendenza di questi 4 elementi costituisce il sistema di azione sociale. L’aspetto volontaristico dell’azione si collega a un orientamento normativo che presiede alle scelte di senso che l’attore mette in campo; ognuno di noi quando quando agisce ha un margine più o meno ampio di autonomia inteso come possibilità di coordinare i mezzi, condizioni e fini in una relazione specifica, orientata normativamente. Per comprendere l’azione sociale è fondamentale conoscere i diversi orientamenti normativi che la spiegano. Il punto di vista dell’osservatore deve allora dentare in contato con quello dell’attore. Nel suo libro Parsons fa propria l’idea di Durkheim secondo cui la società è un insieme di credenze collettive che orientano l’azione individuale e che costruiscono l’essenza della società, intesa come coscienza colletti sovraordinata a quella degli individui. Così facendo si sviluppa l’idea che tutte le scienze sociali hanno come oggetto specifico l’azione. La sociologica si occupa del senso in cui le azioni sono sociali, cioè orientate da conoscenze, valori e credenze socialmente condivisi. Parsons formula l’esistenza di tre sistemi d’azione: • Sistema sociale • Sistema della personalità • Sistema della cultura L’interazione tra questi tre sistemi deve spiegare come sia possibile l’ordine sociale. Parsons ritiene che una teoria generale della società deve tener conto della stabilità e del mutamento all’interno di una comune prospettiva. Una teoria generale della società deve spiegare sia i processi macrosociali che quelli micro cioè sia il funzionamento delle grandi istituzioni collettive sia le modalità in cui si danno le interazioni. 21 IL RUOLO SOCIALE Le società riescono a durare nel tempo grazie ad una relativa stabilità. Parsons cerca di capire da cosa derivi questo relativo equilibrio e lo identifica con in concetto di ruolo sociale. Possiamo dire che il sistema sociale è un insieme integrato di ruoli e funziona perché gli individui hanno interiorizzato le credenze alla base delle aspettative sociali tipiche dei ruoli che ricoprono. Il concetto di ruolo ha alcune caratteristiche: • É indipendente dalla persona • Il ruolo è definito dalle aspettative di ruolo; esso si coordina con altri ruoli perché garantisce la messa in atto di quelle specifiche azioni sociali che gli altri ruoli si aspettano. Tra i vari ruoli così si dà una reciprocità delle aspettative. Le aspettative di ruolo non sono naturali o scontate, esse sono il risultato di un processo di istituzionalizzazione. Un sistema sociale mantiene quindi una sua stabilito a condizione che la struttura integrata dei ruoli che lo costituisce si mantenga nel tempo, e si mantiene solo se gli individui hanno interiorizzato quei valori socialmente condivisi alla base delle aspettative di ruolo. Parsons sviluppa questa idea coniugando Durkheim e Freud; Per Durkheim la società è costituita dall’insieme delle credenze condivise che egli chiama coscienza collettiva. Parsons attraverso l’uso di Freud invece chiarisce come la coscienza collettiva venga interiorizzata, fatta propria da ogni individuo. In questo modo, pensa di aver risolto il problema del legame tra coscienza individuale e coscienza collettiva. Il controllo sociale per Parsons non è un poliziotto che ci fa la multa se sbagliamo; il poliziotto è dentro di noi al punto che quando ci fermiamo al rosso lo facciamo senza pensarci. Da qui l’importanza che hanno, per Parsons, i processi di socializzazione, che ci seguono per tutta la nostra vita. I processi di socializzazione vengono messi in atto dalle agenzie di socializzazione, cioè da strutture sociali (scuola, famiglia). Parsons ha ben presente il problema durkhemiano dell’anomia, dove le credenze non sono stabili e coerenti, la struttura della personalità ha difficoltà a formarsi e, di conseguenza, anche il sistema sociale è più fragile e instabile. Rimane sempre la possibilità della devianza; per quanto perfettamente socializzato, l’individuo può sempre non fermarsi al semaforo rosso. Parsons identifica alcuni dilemmi dell’azione che lasciano al soggetto la libertà di muoversi all’interno di uno spettro di alternative; essi rimangono anche in un individuo perfettamente socializzato; Questi dilemmi sono cinque e vengono chiamati da Persona variabili strutturali: 1. Affettività/neutralità: la nostra azione può essere caratterizzata da affettività o neutralità. Agendo d’istinto le altre variabili strutturali non entrano in gioco. 22 La sua è una stabilità che si basa sull’individuo, sull’aumento della libertà e dell’autonomia. Per ottenere questo, ha bisogno di un ordinamento normativo estremamente astratto, per il quale ciò che rimane di comune è la nostra qualità di esseri umani, la caratteristica più universalistica che ci sia. Nel sistema sociale moderno non si può non essere individui; l’individuo è un prodotto della società, è ciò che dobbiamo essere. L’individualismo moderno non coincide con l’emancipazione dalla pressione sociale, ma con un tipo particolare di pressione sociale. Paradossalmente più affermiamo la nostra libertà e sosteniamo che l’individuo è autonomo dalla società, più siamo moderni, più apparteniamo alla nostra società; essere individui è il nostro destino. Parsons pensa che la società moderna è la più differenziata funzionamento, quella più in grado di prendere risorse dall’ambiente per realizzare i propri fini; l più democratica e la più universalista e dal momento che gli Stati Uniti sono il punto di arrivo più alto della modernità e quindi dell’evoluzione sociale. ULTERIORI SVILUPPI Lo struttural-funzionalismo è stato il modello predominante della sociologia americana per circa trent’anni. Molti allievi di Parsons sviluppano propri specifici percorsi di ricerca, allontanandosi parecchio dal maestro. - Merton: Dopo aver lavorato con lo stesso Parsons sviluppa una teoria che si distacca molto. Secondo Merton la sociologia non è ancora pronta a sviluppare una formulazione di modello generale della società, ma deve piuttosto concentrarsi sullo viluppo di teorie di medio raggio. Merton distingue tra: • Funzioni manifeste • Funzioni latenti Merton sviluppa un’interessante teoria della devianza, secondo la quale il comportamento deviante, piuttosto che essere espressione di povertà e disadattamento è il prodotto della tensione tra sistema sociale e sistema culturale. - Luhmann: Il funzionalismo viene portato alle sue estreme conseguenze dal sociologo Luhmann, il quale viene considerato funzional-strutturalista. Luhmann sviluppa una teoria estremamente astratta e generalizzata dei sistemi sociali. Un sistema sociale è in sistema di comunicazioni e di scambio tra sottoinsiemi differenziati che opera in un ambiente. Un sistema è definito dalla sua autoreferenzialità cioè dalla sua capacità di riferirsi a se stesso come entità separata da un ambiente. Per Luhmann l’ambiente è sempre solo ciò che è esterno a un sistema. Senza sistema non esiste nessun ambiente; il concetto di ambiente viene definito relazione al sistema. 25 Il sistema articola la distinzione fondamentale tra interno ed esterno, tra sistema e ambiente. L’autoreferenzialità del sistema viene operativizzata nella funzione fondamentale di riduzione della complessità. I sistemi sociali sono perciò il risultato autoreferenziale di un processo continuo di differenziazione funzionale. Si tratta di una differenziazione che avviene attraverso un processo di autonomizzazione; quando dentro un sistema una sua parte diventa autoreferenziale essa si autonomia dall’insieme che considera ora come suo ambiente. Le strutture del sistema così il prodotto, di un continuo processo di adattamento funzionale tra sistema e ambiente. Capitolo : La fenomenologia La fenomenologia è lo studio dei fenomeni, ovvero di ciò che appare. Husserl è l’autore che più ha sviluppato il metodo fenomenologico. La filosofia fenomenologica riprende da Husserl l’idea che bisogna mettere in discussione ciò che diamo per scontato. Per la fenomenologia il mondo è ciò che noi vediamo, ma al tempo stesso le nostre percezioni sono plasmate dai concetti. I soggetti costruiscono la società, ma a sua volta la società fornisce i concetti con cui essi vedono il loro mondo sociale. GOFFMAN La prospettiva di Goffman è spiegare l’agire a partire dal suo significato per gli altri. L’azione sociale è tale se è significativa e se il suo significato è per gli altri comprensibile. Essere sociologi significa gettare lo sguardo sugli individui nelle loro interazioni. Quella di Goffman è una specie di etologia umana, con cui lo studioso cerca di cogliere i comportamenti attraverso la diretta osservazione. Il suo metodo è il suo stile inimitabile, il suo essere apparentemente senza metodo, il suo eclettismo. I suoi dati vengono presi da fonti ispirate. Sarebbe però un errore non accorgersi che il tutto è sorretto da un rigore metodologico certamente eterodosso (non in linea con quelli dominanti). Quella di Goffman è microsociologia: l’oggetto di riferimento sono i fatti che riempiono le nostre giornate e non i macro-processi sociali. Come egli stesso la definisce, l asta è microsociologia dell’interazione sociale, il cui scopo è mostrare come nell’interazione si costruiscano l’ordine sociale e il soggetto: Interazione sociale, ordine sociale e soggetto sono i suoi tre ambiti di riferimento. 26 L'interazione sociale è il luogo dove si vanno definendo gli altri due ed è perciò l’oggetto. Il modo con cui Goffman definisce il suo oggetto è radicale; esso deve essere affrontato indipendentemente da ogni altra variabile. L’interazione è un luogo autonomo, un campo indipendente. In Goffman si elimina la contrapposizione tra vita rurale e vita urbana, poiché tutte le regole del traffico pedonale possono essere studiate tanto nelle cucine affollate quanto nelle strade affollate. Studiare l’interazione faccia a faccia significa far emergere le sue caratteristiche proprie. La definizione dell’oggetto come qualcosa di autonomo, dotato di logiche proprie, definisce allo stesso tempo le caratteristiche del metodo; si tratta di osservare con occhio cosa succede nelle interazioni. Ecco emergere la centralità della tecnica dell’osservazione; essa è in metodo che Goffman applica anche su di sé. L’oggetto dello studio delle interazioni non deve essere l’individuo e la sua psicologia, ma piuttosto le relazioni sintattiche esistenti fra gli atti di persone che vengono a trovarsi a contatto diretto. IL SOGGETTO E LA MASCHERA Dentro le interazioni si producono il soggetto e l’ordine sociale, che non devono essere visti come entità autonome e stabili, quanto piuttosto come processi instabili e fragili. Nell’analizzare il sé siamo quindi allontanati dal suo detentore poiché lui e il suo corpo costituiscono semplicemente un gancio al quale sarà attaccato per un certo periodo il prodotto di un’azione collettiva. I mezzi per produrre e mantenere il sé non sono da cercarsi nel gancio, ma sono spesso insiti entro l’istituzione sociale. Ci sarà un equipe di persone le cui attività sul palcoscenico costituiscono la scena dalla quale mergerà il sé del personaggio e un’altra equipe, il pubblico, la cui attività di interpretazione sarà necessaria per questa apparizione. Noi non vediamo soggetti che agiscono ma copioni che vengono recitati; il soggetto è solo un effetto drammaturgia; esso è il prodotto delle sue azioni dentro le interazioni. La scena sociale è un palcoscenico teatrale, sul quale recitiamo parti in qualche modo prestabilite. Il soggetto è l’insieme dei ruoli sociali che mette in atto nelle interazioni. Camerieri, preti, studenti e chirurghi giocano tutti a recitare il loro ruolo, a essere ciò che l’immagine sociale richiede loro di essere. Chi entra in una posizione trova già un sé; egli non deve fare altro che aderire alle pressioni che subirà. Il copione è lì pronto e si tratta solo di saperlo recitare. Perché eia ruolo sia capace di fornire identità non deve essere solo vissuto come un insieme di operazioni da eseguire, deve piuttosto avere una natura morale. Il soggetto si costituisce moralmente dentro le interazioni. Il rapporto tra individuo e ruolo è articolato e complesso, si possono avere diverse situazioni; l’impegno, l’attaccamento e l’assorbimento. Un altro aspetto molto importante è la distanza dal ruolo; si tratta di tutte quelle situazioni in cui si prendono le distanze da esso. 27 Per Schutz, in base agli studi effettuati da Bergson e da Husserl, il senso è l’uscita dalla continuità temporale; il fluire dell’esperienza e il fluire dell’essenza sono identici poiché non è possibile cogliere questo flusso, non appena dico che sono le 10 oppure vivo questo momento, non sono più le 10 e ormai il mio momento è passato. Prendere coscienza delle proprie azioni significa uscire dall’unità del flusso temporale. Le nostre azioni sono intenzionali ma ci appaiono dotate di senso solo se le sottoponiamo ad una riflessione. Il senso di azione a tal proposito è il progetto d’azione; un’azione è tale solo se è possibile pensarla prima; l’azione è dotata di senso perché viene progettata cioè anticipata. Il progetto d’azione rappresenta dunque ciò che da senso alla nostra vita. Da questa definizione di senso dell’azione nascono delle conseguenze relative alla comprensione delle azioni: • In primo luogo le azioni possono essere infinitamente scisse, dunque per evitare di perdersi è necessario soffermarsi sul fine ultimo dell’azione; bisogna concentrarsi sull’azione che è posta come fine del processo. • Il senso dell’azione non può essere colto solo dall’osservazione dell’attore; il senso si coglie solo se risaliamo all’azione anticipata del soggetto, dal suo progetto. • Per arrivare al senso dell’azione è necessaria la riflessività • Le azioni possono avere più di un senso se inserite in progetti diversi • L’azione compiuta non sempre coincide con l’azione progettata, anche perché tra le due è presente una distanza temporale. A tal proposito Schutz distingue tra: • Motivo finale= chiarisce il senso entro cui un’azione può essere identificata come volontaria; essa è volontaria se è progettata ed ha un futuro. • Motivo causale=l’azione volontaria è a sua volta anche condizionata dal passato; i motivi causali spiegano l’azione a partire dal passato, dalle modificazioni che ha subito. Tra questi due motivi esiste una tensione perenne. Continuando l’analisi di Schutz si evince che in generale diamo per scontato il senso e non riflettiamo sull’intenzionalità presente delle nostre azioni; diamo per scontato che le nostre azioni abbiamo un senso. Interpretando Schutz si possono individuare in particolare 3 forme diverse di irriflessività; • Opacità verso noi stessi • Opacità verso gli altri • Opacità verso la validità In maniera corrispettiva abbiamo anche 3 forme di riflessività: • Riflessività autodidatta • Riflessività eterodiretta • Riflessività critica Nella sua analisi Schutz parla anche di senso oggettivo, ovvero del senso comune tra tutti gli esseri umani; se sono fermo ad una fermata dell’autobus è perché voglio salire sull’autobus. L’autista non appena arriverà alla 30 fermata ricostruirà il mio progetto di azione anticipandolo. Perché tutto questo avvenga allora è necessario un senso oggettivo comune, che si forma con passate esperienze tra soggetti. Schutz nella sua analisi dice che ogni volta che ci interfacciamo con un determinato soggetto ci comportiamo con lui nella stessa maniera; in una maniera tipica. Per Schutz il senso tipico è un processo di ripetizione che sedimenta nel copro sociale strati di senso che diventano tipici. Questo processo è definito come tipizzazione. La tipizzazione fondamentale che rende possibile le altre è quella del linguaggio. [La tipizzazione è un insieme di conoscenze] costituito entro e attraverso le esperienze della nostra coscienza, il cui prodotto è ora diventato un nostro possesso abituale. Husserl […] parla di sedimentazione del senso […]. Deve anche essere chiaro che lo stock di conoscenza è un flusso continuo, che cambia da un «adesso» a quello successivo, non solo nella sua portata, ma anche nella sua struttura. È chiaro che ogni nuova esperienza lo allarga e lo arricchisce. Capitolo: la teoria critica La teoria critica ha una grande influenza su tutto il pensiero contemporaneo, la quale è portatrice di un marxismo critico. Il concetto di critica conserva un duplice significato; è una critica contro il pensiero dogmatico e a suo tempo stesso è una critica verso la società capitalista e consumista che si è andata a sviluppare nel dopoguerra. HABERMAS La sua principale opera è la teoria dell’agire comunicativo. È stato un filosofo che è riconducibile alla scuola di Francoforte, ovvero una scuola critica che orienta l’azione politica. È un esponente della svolta linguistica che ha posto l’attenzione sull’idea che gli esseri umani siano esseri linguistici, ovvero capaci di comunicare attraverso il linguaggio. Il pensiero di Habermas si fa ad un modello sociologico dell’ermeneutica, ovvero la disciplina che studia il senso e il significato che gli esseri umani danno al mondo che li circonda. Nell’idea di Habermas c’è anche la convinzione che i significati che attribuiamo alle cose sono riconducibili alla tradizione culturale alla quale apparteniamo. Le scienze dell’uomo vengono definite da Habermas scienze ermeneutiche. Per Habermas le scienze della natura non possono avere il monopolio delle scientificità ma devono rispettare la legittimità anche delle scienze umane. ESSERE UMANO COME ANIMALE LINGUISTICO L’essenza dell’essere umano è la capacità del linguaggio. L’elemento linguistico qualifica l’azione umana come simbolica, costituita da segni che possiedono un significato. L’elemento linguistico qualifica l’interazione come comunicazione, come orientamento reciproco di due o più soggetti umani fondato su espressioni linguistiche DISTINZIONE TRA LIVELLO COMUNICATIVO E LIVELLO STRUMENTALE/MATERIALE - La razionalità comunicativa La tradizione culturale, che è incorporata nelle espressioni linguistiche, esprime un sapere potenzialmente fallibile (rimanda alle ragioni, attraverso la comprensione delle quali è possibile l’interpretazione) e, come tale, criticabile, fatto oggetto di ragionamento. 31   La razionalità comunicativa si manifesta con l’appropriazione di una tradizione culturale, con l’assunzione nei suoi confronti di un atteggiamento riflessivo e con il conseguente esercizio della critica. - Ideale razionalità comunicativa Situazione linguistica ideale, propria di una società perfettamente razionale, caratterizzata dall’assenza di repressioni e di disuguaglianze, i cui membri ricorrono ad argomentazioni criticamente fondate nel definire situazioni e pervengono, su questa base, ad un’intesa senza costrizioni. L’AGIRE COMUNICATIVO   L’agire consiste nell’interazione di soggetti che cercano una comprensione e un’intesa comunicativa per coordinare, di comune accordo, l’interpretazione delle situazioni in cui vengono a trovarsi, nonché i propri piani di azione e, pertanto, il proprio agire.   Habermas dice che ci sono 3 tipi diversi di agire:   1. Agire teleologico= l’attore persegue uno scopo mediante la scelta adeguata dei mezzi (modo oggettivo) Si fa agire strategico quando l’attore è condizionato dalle decisioni e dalle azioni di un altro attore che agisce anch’esso orientato da uno scopo.   2. Agire orientato da norme= l’attore orienta il proprio agire sulla base dei valori e delle norme condivise (mondo sociale).   3. Agire drammaturgico=quando si ha un attore che si auto presenta dinanzi agli altri come se fosse sulla scena teatrale (mondo soggettivo) AGIRE STRATEGICO/TEOLOGICO   Per Habermas si ha agire strategico“ se prendiamo le mosse da almeno due soggetti agenti, agenti in modo finalizzato, che realizzano i loro scopi mediante l’orientamento e l’influenza sulle decisioni di altri attori.     Secondo questa definizione, Robinson Crusoe che, da solo sull’isola, agisce razionalmente rispetto allo scopo, non sta agendo strategicamente, giacché è il solo attore; si potrà dire che egli intraprende un agire strategico solo quando incontra Venerdì (e dunque egli attori sono due)   AGIRE REGOLATO DA NORME   “il concetto di agire regolato da norme presuppone relazioni tra un attore e due mondi: al mondo oggettivo degli stati di fatto esistenti, si aggiunge il mondo sociale[…] dell’agire regolato da norme”.   • Scrive ancora Habermas: “come il senso del mondo oggettivo può essere spiegato in riferimento all’esistenza di stati di fatto, così il mondo sociale può essere spiegato in riferimento all’esistenza di norme”.   Vivere in società prevede la costruzione di norme in merito all’agire in società. Tipico di tutti gli ambienti dove possiamo agire e siamo inseriti.   32 La contemporanea separazione del tempo dallo spazio e viceversa è un fenomeno strettamente connesso al cambiamento sociale. Le istituzioni moderne hanno bisogno di nuovi modelli di coordinamento spazio- temporali che consentano una coordinazione delle interazioni. La costruzione di un sistema dilatazione unificato, dice Giddens, consente la costruzione di una stori unificata, uguale per tutti. Nel mondo pre-moderno ogni popolo aveva la sua storia; nel mondo globalizzato quello che succede oggi diventa patrimonio comune della storia di tutti; il tempo e lo spazio vengono ricombinati per formare uno scheletro storico di azione e di esperienza mondiale. RIORDINAMENTO DIE RAPPORTI SOCIALI Da sempre l’uomo ha vissuto con la capacito di poter ricontrollare le proprie azioni e di riflettere su di esse. Nella società del passato questa capacità di controllo si è incarnata nei sistemi simbolici tradizionali. L’uomo che riflette sulle sue azioni ha la possibilità di dare a esse un significato perché le interpreta all’interno di un sapere simbolico cioè la tradizione. Questa possibilità di un riferimento diretto a sistemi simbolici condivisi viene progressivamente meno con lo sviluppo della modernità; in tutte le culture, le pratiche sociali vengono normalmente modificate alla luce delle scoperte che le riguardano. L’uomo moderno non può perciò più far riferimento nei momenti in cui si interroga circa il senso delle proprie azioni a saperi condivisi a lui esterni; deve per lo più rispondere da sé trovando autonomamente la risposta. Questo significa maggiore autonomia e libertà ma anche una maggiore insicurezza e precarietà. Secondo Giddens non abbiamo superato la modernità ma al contrario siamo nel mezzo di una radicalizzazione della modernità. C’è un nesso strettissimo tra questi processi di radicalizzazione e la globalizzazione, la quale può essere vista anche come una crisi dell’idea stessa di società. La globalizzazione ha anche vedere con la nuova fitta rete di relazioni astratte che avvolge tutto il pianeta. Ciò che avviene a Milano non è del tutto indifferente ai processi che si svolgono a San Francisco. Giddens parla di reembleding cioè di ri-radicamento; a fronte di un carattere sempre più astratto dei rapporti sociali, emerge un nuovo bisogno di concretezza, di stabilità di radicamento. Con ciò si intende la riappropriazione di relazioni sociali sradicate in modo da vincolarle alle condizioni locali di spazio e di tempo; riemerge la necessità di sviluppare rapporti di fiducia che ci coinvolgano in impegni personali. Giddens sembra suggerire che la fiducia tradizionale ovvero quella concreta ha sempre il sopravvento e anche in relazioni astratte l’uomo ha bisogno di re integrale nel concreto. Interpretando Giddens la nuova realtà sociale non può essere vista come il risultato di un processo unilineare e unilaterale, mosso da tendenze senza alternativa, piuttosto occorre vederla come un percorso dialettico al cui interno tendenze e controtendenze si contrappongono creando un flusso continuo, in cui non sappiamo mai esattamente cosa è reale progresso e cosa invece è ritorno al passato. BAUMAN E LA MODERNITÀ LIQUIDA Bauman ha avuto avuto molto successo anche per la sua espressione di modernità liquida; egli non pensa che effettivamente la nostra società sia liquida, pensa che il cambiamento continuo ci faccia apparire tutto come liquido, instabile e precario. Bauman è un marxista che alla luce die cambiamenti che il mondo ha subito, innescati dalla borghesia dell’ottocento di Marx, cerca di trovare modi nuovi per criticare la società capitalistica. 35 Nel suo libro “modernità liquida” si chiede se la modernità globalizzata è in grado di mantenere la promessa di un mondo migliore. La sua risposta ovviamente è negativa; il dominio dell’economia e della razionalista strumentale hanno creato un nuovo ordine che appare nella forma di libertà ma che produce nuove forme di oppressione. La liquidità è un’ideologia del sistema di dominio attuale; si tratta di una forma di dominio che si affarà presentandosi come il prodotto della libertà dei soggetti; non siamo liberi bensì siamo costretti ad obedire verso un modello che costringe ad essere liberi; il nostro è un tipo di modernità individualizzato dove tutte le responsabilità ricadono sull’individuo. Nel suo libro Bauman analizza cinque classici della modernità, proprio per mostrare i processi di liquefazione cui il nuovo sistema capitalistico sottopone e attraverso i quali si sostituisce. Idee di individuo ed emancipazione: Bauman mostra come il bisogno di essere liberati, di emanciparsi, emerge in una società che appare, in modo mai successo prima nella storia dell’umanità, ben funzionante, ricca e potente. Essere e sentirsi liberi è sempre un fatto di equilibrio tra i nostri desideri e la nostra capacità di agire. Tuttavia, mentre nelle società antiche le persone sono tendenzialmente soddisfatte del loro destino anche laddove non è soddisfacente, nella modernità appare invece la possibilità della liberazione. Paradossalmente proprio nel mondo moderno è qui che appare come non mai rispetto al passato, la costrizione sociale sull’individuo. Oggi siamo consapevoli che la storia non ha un fine da raggiungere e, allo stesso tempo, quella che in passato soleva essere considerata un’opera della ragione umana, considerata come lascito e proprietà collettiva delle specie umane, è stata frantumata, rimessa al coraggio dei singoli individui e a risorse amministrate individualmente. Spazio e tempo vengono anch’essi liquefatti; lo spazio perde le sue caratteristiche così avviene anche al tempo. La modernità è il tempo nell’epoca in cui il tempo ha una storia. Oggi però anche il tempo diventa pura istantaneità e esso non ha più storia; tutto e volatile. In generale la svalutazione dell’immoralità non può che preconizzare uno sconvolgimento culturale. In nome del presente svanisce la memoria del passato e la fiducia del futuro. Anche il lavoro ha perso la sua centralità; non è più il perno intorno cui costruire il proprio progetto di vita. Anche l’idea di comunità ha perso consistenza. L’incertezza cui siamo sottoposti è una forza che divide anziché creare cooperazione; l’idea di interesse comune perde consistenza. Alla sensazione di incertezza si affiancano quelle di insicurezza e vulnerabilità. Bauman parla così di comunità guardaroba; si è qualcuno solo temporaneamente, così come è per l’abito che si mette e si toglie. Le comunità guardaroba disperdono anziché condensare l’energia degli impulsi socializzanti. A furia di sentirci dire che Simao padroni del nostro destino, dimentichiamo che il nostro destino di esseri umani non può essere che una questione collettiva. 36 BECK E LA SOCIETÀ DEL RISCHIO Gehlen sostiene che la caratteristica essenziale dell’essere umano è la sua totale incapacità in quanto animale poiché l’uomo non è specializzato, non è adatto a nessun ambiente; egli è l’essere incompiuto e questa incompiutezza risiede nelle sue condizioni fisiche. Tutti gli strumenti tecnici che è costretto a diventare sono una risposta ad una intrinseche condizione di minorità; il suo essere indifeso, inadatto ad ogni luogo gli apre la possibilità ad adattarsi potenzialmente ovunque; l’organizzazione in società rappresenta il modo tecnico principale per far fronte alla natura. Organizzandosi in società l’uomo si mette nelle condizioni di affrontare i rischi. Beck nel suo libro “La società del rischio” parla die problemi del mondo odierno i quali non nascono dalla crisi del progetto moderno ma dal successo dei processi di modernizzazione. Modernizzazione riflessiva significa non meno ma più modernità, una modernità radicalizzata. Da qui il paradosso; la modernità affermandosi si destabilizza. Tutto ciò crea nuovi rischi; se la società è tradizionalmente lo strumento principe con cui l’umanità si organizza per affrontare i rischi naturali, la modernità radicale produce rischi nuovi, prima del tutto assenti. Invece che riparare e proteggere essa produce qualcosa precedentemente quasi del tutto assente; i rischi prodotti dalla società. Il paradosso cui Beck ci vuole far riflettere è quello per cui, proprio per vincere sui rischi naturali, l’uomo ha prodotto dei rischi artificiali. L’uomo che agisce per adattarsi al mondo potenzialmente è oggi in grado di distruggere il suo mondo; i rischi prodotti riguardano tutti, sono cioè ricci sistemici e complessivi. Così come è sempre esistita una distribuzione diseguale della ricchezza, allo stesso modo possiamo trovare oggi una distribuzione diseguale dei rischi. Però se per la ricchezza si tratta di averne di più agli altri, ovviamente per i rischi avviene l’opposto. Riguardo a questi rischi abbiamo la sensazione che non possiamo fare nulla di concreto per evitarli; essi agiscono come potenze a noi indipendenti. Nella nostra attuale modernità radicale, la scienza non è in grado di risolvere questi problemi legati ai nuovi rischi. Esiste così un sapere dei rischi che non è scientifico in senso stretto. Oggi la scienza ha perso quella oggettività e il problema adesso appare più complesso. Adesso l’uomo h una solidarietà della paura, prodotta dai rischi artificiali; i nuovi rischi possono addirittura diventare opportunità di mercato; si pensi ai soli profitti illeciti collegati allo smaltimento dei rifiuti tossici. Beck sottolinea che, vista la natura sociale dei rischi, i saperi dei rischi devono necessariamente essere collettivi; bisogna non soltanto conoscerli ma conoscerli collettivamente, credere nella loro esistenza. Se ciò che avviene si sviluppa una straordinaria dinamica politica. Becco apre il suo libro con l’affermazione: nella modernità avanzata la produzione sociale di ricchezza va sistematicamente di pari passo con la produzione di rischi. Il nuovo capitalismo globale capace di produrre rischi mai visti e sperimentati prima dall’umanità, dato che è incapace di risolverli strutturalmente scarica l’onere sull’individuo e l’illusione di una possibile risoluzione. I rischi vengono individualizzati. Si tratta di un gigantesco processo di svuotamento delle istituzioni della prima modernità che riguarda la famiglia, la scuola, ma anche la politica, la quale diventa sub-politica. Da un lato l apolitica si apre verso dimensioni che non erano mai state esplorate prima, tute dimensioni che un tempo non erano politiche. La sub politica sono perciò anche i movimenti e le associazioni che si organizzano autonomamente al fine di criticare gli effetti perversi prodotti dai nuovi rischi. 37
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