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Scienze politiche e relazioni internazionali, Appunti di Scienza Politica

Lezione 1 di pololinguistica scienze politiche

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 19/07/2018

carediem7
carediem7 🇮🇹

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Scarica Scienze politiche e relazioni internazionali e più Appunti in PDF di Scienza Politica solo su Docsity! Politica e linguistica: per un approccio scientifico all’analisi del discorso politico Dispense a.a 2017/18 prof. Valerio Mori Insegnamento: Scienza politica Avvertenza Le presenti “dispense” rappresentano unicamente un supporto didattico, ad uso esclusivamente interno, destinato agli\lle studenti\esse del corso di Scienza politica (Relazioni internazionali) del Dipartimento “DEIM” – Unitus, Università degli studi della Tuscia. Il carattere strettamente didattico del presente supporto implica che le pagine che seguiranno hanno una natura esclusivamente compilativa: non rappresentano, per tanto, in alcun modo un contributo alla ricerca scientifica che ambisca ad essere originale, né perciò è in lacun modo intenzione del “compilatore” appropriarsi surrettiziamente del lavoro di altri: segnatamente della prof.ssa Lorella Cedroni autrice del volume “Politolingustica. L’analisi del discorso politico” (Crarocci, Roma 2014) da cui le presenti dispense sono in larga parte ispirate – prematuramente scomparsa – che fra i primissimi in Italia ha inteso intraprendere uno studio del “discorso politico” dal punto di vista della Scienza politica e non da quello – ampiamente noto e largamente frequentato – della Filosofia politica. Mi preme anzi spendere parole di gratitudine alla memoria di Lorella Cedroni, che ho personalmente conosciuto, e molto ammirato. Valerio Mori 1 questioni di metodo La disciplina che studia il discorso politico dal punto di vista della sua analisi scientifica è la Politolinguistica; è noto che esiste un’altra disciplina: l’Analisi del linguaggio politico. In cosa differiscono? Perché sono due distinte discipline, e non solamente una e medesima? – In verità, la Politolingusitica è piuttosto una inter-disciplina (vedi infra). A prima vista non è del tutto pacifico. Del resto, già Bobbio aveva a suo tempo sottolineato che, nel processo di distinzione disciplinare che ha riguardato, a partire soprattutto dal secolo XX la Scienza politica dalla filosofia della politica l’analisi del linguaggio politico si segnala come materia per così dire contesa, o per mutuare un’espressione dal mondo del diritto, concorrente. 7 avviene per esibizione di rapporti di causa ed effetto tali per cui – date determinate premesse – seguiranno per necessità logiche determinate conclusioni. La persuasione ha in effetti a che fare più con la retorica, che – in senso stretto – con la logica. Detto altrimenti: posso bene essere convinto da un ragionamento paralogistico (è paralogistico quel ragionamento che fa correttamente discendere premesse da conclusioni, ma assume premesse erronee o inverificate) e non risultare convinto in presenza di una dimostrazione scientificamente ineccepibile, ad esempio perché non sono provvisto di un bagaglio logico-concettuale in grado di comprenderne i passaggi. Il linguaggio politico perciò implica una pluralità di dimensioni: oltre a quella razionale, non può fare a meno di implicare pratiche evocative, rituali, in ultimo: simboliche. Ovviamente non è in alcun modo necessario che questo circuito si realizzi in termini così determinati – rectius: deterministici – per i quali la comunicazione del potere, che mira alla persuasione sulla decisione, inevitabilmente otterrà questo esito che pure persegue; è ben possibile che non ottenga il favore dell’uditorio. In questo senso la comunicazione del messaggio politico può incontrare un atteggiamento di cooperazione presso i destinatari, o un atteggiamento di competizione, ossia di critica; e ciò è ragione sufficiente per la elaborazione da parte di altri decisori o di altri soggetti che ambiscono ad essere decisori di una contro- proposta o anche semplicemente di un discorso politico indirizzato a confutare il primo discorso politico. Ora, sin qui non siamo pervenuti a rilevare un fattore distintivo fra ciò che è analisi del discorso politico e ciò che dovrebbe essere Politolinguistica; abbiamo solamente delimitato in via assertoria una ambito: il discorso destinato a giustificare la decisione del potere. Questo è il luogo di intersezione al quale alludeva Norberto Bobbio, e da altri punti vista, anche Hannah Arendt, la quale sottolineava che il linguaggio è il modo del “mettere in comune”, e del resto, lo stesso sostantivo “comunicare” manifesta la radice di ciò che è comune. Se l’ambito fra l’analisi del discorso politico e la Politolinguistica è comune, le differenze d’approccio – anche rilevanti – che costituiscono la ragione istituente la differenza; altrimenti detto: stesso campo, metodi differenti. La distinzione specifica fra analisi del linguaggio politico e Politolinguistica è il metodo. In termini così generali, la stessa distinzione – come abbiamo già avuto modo di mettere in chiaro – è rilevante nell’atto di distinguere la filosofia della politica dalla scienza politica. Se gli ambiti d’azione della Politolinguistica sono i medesimi dell’analisi del discorso politico, è nell’approccio metodologico che riscontriamo le differenze costitutive. Ho in precedenza asserito che più che di “disciplina”, nel caso della Politolinguistica conviene parlare di “inter-disciplina”. Del resto, per chi ha familiarità con i metodi della scienza politica in quanto essa è scienza sociale e non scienza filosofica, il discorso dovrebbe suonare familiare. Ovvero: la Politolinguistica in prima istanza utilizza strumenti tipici sia della linguistica come scienza, sia dell’analisi politica. Si propone di studiare fenomeni afferenti al linguaggio degli attori politici rilevanti nell’atto di “costruire” le decisioni, motivarle, comunicarle. Ciò implica non solo l’analisi del “testo” – sia esso scritto o parlato, cambia poco - ma anche del contesto: del “luogo” nel quale viene tenuto un determinato discorso; e per tanto si avvale anche di strumenti tipici di altre discipline: la storia, la sociologia, la statistica (l’analisi della frequenza di un “termine chiave” – tecnicamente delle “occorrenze” è altamente frequentata dalle analisi politolinguistiche). Per contesto si debbono intedere numerose questioni: chi sono i destinari? che rapporto hanno con la politica in generale, che singificato assume un detemrinato termine in una particolare fase della vita pubblica? In questo senso si è parlato di Politolinguistica come tropologia del politico, tropologia viene da tropos che significa “cambio” “vòlgo” “trasporto”; il tropo è ogni figura retorica che implica uno slittamento di significato dal suo campo semantico immediato ad uno mediato (ad esempio: scendere in campo è una espressione che ha un significato immediato nello sport; usato in un determinato contesto politico, da un determinato “parlante” il quale si rivolge ad un determinato uditorio assume un significato “altro”). Ora, il metodo d’analisi della polito-linguistico è in questo senso ibrido: ossia, è indubbiamente affine e prossimo alla scienza politica propriamente detta; tuttavia non accetta in modo completo il carattere della avalutatività che la scienza politica invece invoca. Infatti, intendo autodefinirsi come un ambito critico, più che scientifico. La teoria critica – è un orientamento che esiste in linguistica – che assumono il discorso come pratica sociale e come forma d’azione e – dall’altra – come forma di conoscenza. Conoscenza qui significa modalità di rappresentazione collettiva di pratiche sociali: ciò che oggi comunemente sentiamo definire “narrazione”: modo condiviso – ma non necessariamente veritiero – di rappresentare nel discorso collettivo la realtà. Muove anzi dalla messa in questione del concetto stesso di verità per come classicamente lo si è inteso: rappresentazione di un oggetto nel discorso, in quanto il carattere inevitabilmente soggettivo della rappresentazione impone di escludere in 7 tesi la possibilità di una rappresentazione dell’oggetto (per ragioni filosofiche che risalgono alla Critica della ragion pura di Kant e che qui trascureremo). Per cui il discorso politico, nell’accezione che ne assume la Politolinguistica, ha un carattere fortemente dinamico, tale per cui non può essere considerato alla stregua di un’analisi in senso stretto quantitativa; indubbiamente non prescinde – come a breve vedremo – da analisi quantitative, ma necessariamente deve assumere un punto di vista qualitativo. Si accennava alle commistioni con la storia e la sociologia: una analisi tipicamente politolinguistica è quella che assume la storia di un termine che ad un certo punto viene ad assumere un particolare rilievo politico o ugualmente un concetto che viene ad assumere un particolare singificato politico differente da quelli precedenti. Esempio: islamico. Fino a prima dell’attentato dell’11 settembre difficialmente all’aggettivo islamico si associava la parola teorrismo; esisiteva ovviamente una forma di terrorismo praticata da persone di religione musulmana, ma aveva un carattere molto diverso da quello odierno. Il carattere islamico veniva largamente soppiantato da quello del “palestinese”; per fare un esempio. Per fare altri esempi meno radicali – per così dire – pensate alla trasformazione del linguaggio che avviene nel discorso politico che si è soliti ai nostri giorni considerare “populistico”; o l’uso di alcuni termini che in determinati contesti per forza di cose assumono significati differenti da quello immediato. Di norma concorrono a ridefinire identità o a crearne di nuove: ad esempio nei confronti di minoranze come gli extra-comunitari. Altro aspetto importante – vi sarà chiaro – è lo studio della retorica. La retorica è l’arte di persuadere in pubblico. Come dicevo non si giova solamente del ragionamento né tanto meno della dimostrazione: pensate solamente (esempio banale) a quanta importanza ricopre accompagnare un discorso con una gestualità, o a quanto influisce una intonazione nel linguaggio. Non è casuale che si attribuisca molta importanza non solo al discorso inteso come uso di un linguaggio verbale – scritto e \ o parlato -: l’immagine di una personalità politica è un fatto del tutto essenziale, ancorché radicalmente estrinseco rispetto all’eventuale qualità di una proposta politica. Nella retorica conta anche il comunicante: non solo la comunicazione, solo per fare un banale esempio. Non solo: il potere vive di di simbolica, oltre che di suo concreto esercizio.
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