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"Scritti Politici" Jean Jacques Rousseau, Appunti di Filosofia morale

Riassunto del "Discorso sull'origine e i fondamenti della diseguaglianza fra gli uomini" e "Discorso sulle scienze e sulle arti"

Tipologia: Appunti

2018/2019

In vendita dal 22/09/2019

elmagno
elmagno 🇮🇹

4.3

(42)

15 documenti

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Scarica "Scritti Politici" Jean Jacques Rousseau e più Appunti in PDF di Filosofia morale solo su Docsity! APPUNTI DI FILOSOFIA MORALE Corso di laurea in Filosofia Università di Firenze “Scritti Politici”, Rousseau. Introduzione di Eugenio Garin. 1.Politica e Morale. Rousseau sosteneva che le sua opera fosse unitaria, e in un certo senso le sue opere sono tutte da considerarsi politiche. Al centro della sua ricerca vi è l’uomo: • Per Rousseau l’interesse primordiale dell’uomo è l’uomo; • Uomo e vita dell’uomo si collocano al primo piano nella sua filosofia; • L’uomo è al centro del sipario e la scena retrostante sfuma rimanendo in una posizione secondaria; • Il suo pensiero è antropocentrico; (Bernard Grothuysen). Pierre Burgelin sottolinea che la sua filosofia presuppone sempre la politica e si risolve in essa. L’uomo si fa uomo solo in società. Tuttavia, come pensano altri critici, Rousseau non sarebbe uno scrittore politico ma un “moralista”. Come afferma lo stesso nell’Emilio, “bisogna studiare la società negli uomini e gli uomini nella società”. Morale e politica si risolvono circolarmente l’una nell’altra. Due raccolte fondamentali degli scritti politici: 1. Due volumi da opera di C.E Vaughan, 1915; 2. Edizione delle opere complete nella “Biblioteca delle Pleiadi”, 1964. 2. Rousseau e critica: • si sottolinea come un’analisi accurata dei suoi testi abbia ispirato figure come Fidel Castro e altri rivoluzionari; • vicinanza fra Marx, Hegel e Rousseau; • Rousseau come precursore dello stato etico e padre delle democrazie totalitarie; • Della Volpe e Crocker: Roussea padre delle società socialiste nelle quali l’elemento pubblico invade la sfera privata; • Cassirer fa notare come nelle opere di Rousseau ci si muova sempre fra opposti estremi, senza che i contrasti si risolvano in una scissione. Non si perde l’unità delle sue opere che si risolve nel dar voce agli aspetti molteplici della vita umana; • Starobinski : “Rousseau, bisogna ascoltarlo: nel suo sistema tutto è connesso, tutto è legato, tutto discende da alcuni grandi principi”. 3. Allo stesso modo Starobinski afferma la non sistematicità e la complessità del pensiero di Rousseau. I suoi testi danno adito a molteplici interpretazione e lui stesso ne era preoccupato, cercando nelle sue opere di non dar campo ad equivoci o mal interpretazioni. Primato della politica in Rousseau: • Sergio Cotta, Lucio Colletti: politica come soluzione dei problemi dell’uomo in Rousseau; • Pierre Burgelin: filosofia del destino umano; • Derathè: la morale si risolve nella politica; Quindi si parla di una concezione della politica strettamente legata alla morale, lo stesso ha fatto notare il nesso morale- politica, uomo-società. Amore di Rousseau per l’umanità: nella quarta lettera a Melesherbes Rousseau chiarisce il suo distacco dalla società e dagli uomini. Il suo amore per l’umanità gli rende insopportabile una società che li asservisce e che li strazia. Al pari dell’amore per gli uomini è l’odio per i potenti. L’isolamento, l’interioritò, il farsi straniero ad una società odiosa è niente di meno che amore per gli uomini. 4. Conflitto sul primato di Politica/Morale: si risolverebbe considerando la religione come centro comune dei singoli aspetti del pensiero di Rousseau. • Cassirer 1932: la politica di Rousseau era un’originale proposta di soluzione al problema dell’origine del male attraverso la sua riduzione della teodicea ad indagine politico-sociale; • Sui temi del male, della natura corrotta dal peccato e della provvidenza sono centrali, su essi converge la discussione sui “selvaggi”: male, peccato originale, non risalgono a Dio, ma non hanno come né l’uomo singolo né la natura, nascono con la società. È la società che è fondata su un patto iniquo, sulla proprietà, sull’alienazione e sopraffazione; • Dio non entra nel peccato originale, perché da esso non è uscito l’uomo: l’uomo delle leggi e del diritto, del linguaggio e della cultura è frutto della società; • L’uomo di natura, creato da Dio, non è un uomo è un animale che non parla e non pensa, “un animale stupido e chiuso”; • L’uomo selvaggio è quello uscito dalla mano di Dio, non ha vita morale né intellettuale. L’uomo della società è frutto di un salto qualitativo; • La differenza sostanziale tra uomo selvaggio e uomo della società sta nella libertà di poter rifiutare il comando della natura. L’essenza dell’uomo è la libertà, e questa libertà consiste in una scelta, quando esso sceglie di riconoscersi negli altri diviene essere sociale; • È chiaro quindi che per Rousseau l’uomo diviene uomo solo quando è cittadino, non esiste la società naturale. Uomo e cittadino costituiscono un binomio inscindibile. Non esiste il diritto naturale poiché altrimenti la natura avrebbe insegnato all’uomo la lingua universale, ci sarebbe un sensorio comune; • Libro V Emilio: “ la società civile è fondata su un contratto fra i suoi membri: tacito o formale, poco importa, esiste sempre virtualmente”; • Il diritto nasce col patto, con la società. Se questo patto sia iniquo la colpa è solo dell’uomo , il male è collocato nella scelta di una società ingiusta. Dio è deresponsabilizzato. 5. • Bernard Groethuysen: uomo lacerato fra due poli, natura e società. Non può tornare all’unità naturale e non può ambire all’unità della società, gli uomini di natura e della società sono incapaci entrambi di attuarsi a pieno, coesistono nella storia in un’antinomia drammatica e mai risolta; • Lo stesso Rousseau colloca l’uomo sotto il segno della contraddizione: la società del tutto contraria alla natura fa sì che essa proclami i propri diritti. L’incremento della cultura di un popolo avviene a prezzo del vizio dei singoli; Inoltre il tema del lusso viene affrontato in un frammento nel quale si parla di arte, commercio e lusso, i quali lo generano e se ne nutrono in un procedimento a spirale nel quale ne restano condizionati da un lato gli interessi economici e dall’altro le tesi teoriche. Il tema del lusso si pone alla base di tutta la trattazione economica di Rousseau, con la sua tendenza a privilegiare l’agricoltura, anche a costo di diminuire il tenore di vita, per sopprimere la diversità delle fortune e quindi le diseguaglianze.] L’avanzare del lusso negli stati può essere sintomo di ricchezza ma cosa ne sarà della virtù quando dovremo arricchirci a tutti i costi? • Il lusso e le ricchezze inoltre causano il decadimento e la debolezza dello stato. È piena la storia di casi nei quali imperi sono stai messi in ginocchio da popolazione molto meno ricche; • Il problema del lusso è inoltre connesso all’onestà e alla virtù delle anime: non è possibile che spiriti degradati da una quantità di futili cure si elevino mai a nulla di grande; e quando ne avessero la forza, mancherebbe loro il coraggio; • L’artista che preferisce il lusso dell’ammirazione e del successo abbasserà il suo genio al livello del secolo e preferirà comporre opere comuni, piuttosto che qualcosa di unico che verrà ricordato nella storia; • Il lusso comporta la corruzione dei gusti; • Di pari passo con lo sviluppo delle comodità e delle arti, le virtù militari vengono meno, osserva Rousseau: ■ “lo studio delle scienze è molto più adatto a sminuire ed effemminare gli animi che non a renderli più forti e vigorosi”; Se le scienze e le arti nuocciono alle virtù militari, ancora peggio fanno rispetto alle qualità morali: “un’educazione scriteriata orna il nostro spirito e corrompe il nostro giudizio”. Secondo Rousseau, gli insegnamenti a cui vengono iniziati i ragazzi fin dalla prima età sono dannosi perché non gli insegnano a diventare uomini, a differenza del modello spartano secondo il quale andava insegnata la virtù e non la cultura; i veri maestri erano quelli di prudenza e giustizia. Fonte di diseguaglianza è la valorizzazione del talento e non quella della virtù: da ciò discende il fatto che la nostra società non si baserà più, nel giudicare un uomo, sul suo essere virtuoso, sul suo essere un buon cittadino ma lo giudicherà in base al suo talento. Consegue che i cittadini comuni, contadini e artigiani verranno disprezzati e abbandonati sebbene sia sulle loro attività che si poggia la società. Le accademie, istituite dai sovrani, osserva Rousseau, sono servite per placare questo fenomeno di “deprezzamento” delle virtù. Infatti per accedervi bisognava aver pubblicato scritti nei quali si ravvivava l’amore per la virtù nei cuori dei cittadini. Inoltre, secondo Rousseau non tutti hanno la facoltà di essere iniziati alla ricerca scientifica e artistica. Solo coloro che, come Descartes, Newton non hanno avuto maestri ma hanno tratto i loro insegnamenti solo dal loro genio sono in grado di apportare nuove scoperte nell’ambito scientifico/artistico. Sono solo loro che hanno la facoltà di coltivare la cultura. Gli uomini comuni, osserva, devono contentarsi della vira filosofia: la ricerca della virtù che può avvenire solo ricercando le sue leggi ascoltando la voce della nostra coscienza ammutolendo le passioni. SULL’ORIGINE E SUI FONDAMENTI DELLA DISEGUAGLIANZA FRA GLI UOMINI ALLA REPUBBLICA DI GINEVRA Rousseau, ispirandosi al modello della Repubblica di Ginevra, offre una descrizione di quello che secondo lui è un buono stato e di quali sono le norme che una costituzione deve avere per un buon governo: • Riprendendo una delle concezioni Aristoteliche, Rousseau dice che un buono stato deve restare nei confini territoriali che permettano ai cittadini di conoscersi fra loro. Uno stato nel quale tutti i privati si conoscono fa dell’amore di patria l’amore per i concittadini; • I meccanismi politici devono tendere al bene comune; • Governo democratico dove il volere del sovrano è quello del popolo; • La legge deve essere al di sopra di tutti e di tutti, altrimenti chi non vi fosse soggetto avrebbe il potere su tutti gli altri; • Secondo Roussea la costituzione, le leggi devono essere ben radicate, poiché una nuova costituzione potrebbe non esprimere le esigenze del momento e quindi comportare un’esigenza di libertà che sfocia in rivoluzione. E questa voglia di libertà che sfocia in rivoluzione comporta un peggioramento della situazione: “i popoli, una volta abituati ai padroni non riescono più a farne a meno”. Quindi una volta liberatosi dal primo oppressore ve ne sarebbe un secondo che seducendo il popolo non farebbe altro che aggravare la situazione; • Uno stato che vivendo fra altri popoli non abbia l’ambizione di espandersi e che avesse l’interesse di impedire agli altri popoli di fare la stessa cosa. Tuttavia l’esercito deve esistere per mantenere l’ardore guerriero e coraggioso ; • A differenza di Ginevra, dove solo i borghesi e cittadini potevano partecipare al potere legislativo, esso deve essere comune a tutti; • Facendo riferimento all’editto di mediazione del 1738, Rousseau esprime il fatto che le leggi nuove per essere approvate debbano seguire un iter legislativo che consenta una giusta riflessione sulla loro promulgazione. Rousseau infatti considerava che la solennità delle leggi deriva anche dalla loro antichità e che introducendo apparenti nuove buone leggi se ne introducono invece di peggiori; • Necessità di dividere l’esecutivo dal legislativo; Discorso ai concittadini del buon governo prima citato: lo stato vi ha permesso la vostra felicità, dovete saperla godere non ricercarla. PREFAZIONE “La più utile e meno progredita fra le conoscenze umane mi sembra quella dell’uomo”. Rousseau allude ad uno dei testi di Buffon nel quale esprime i suoi dubbi sulla possibilità di conoscere noi stessi, l’uomo. Mossi dai sensi e dalle passioni usiamo poco il nostro senso interno, la ragione, che ci riporta alle nostre vere dimensioni e che si trova nella nostra anima. L’anima è prigioniera della passioni (vedi nota “B” pag. 207) Per conoscere la fonte della diseguaglianza è necessario conoscere prima gli uomini. Ma il lavoro di ricerca della natura dell’uomo è complesso, perché essa è mutata nel tempo rispetto alla sua originaria costituzione. L’anima umana è alterata dalla società, dalle conoscenze, dalle passioni è quindi mutata quasi divenendo irriconoscibile. Quanto più ci appropriamo di nuove conoscenze quanto più ci allontaniamo dalla possibilità di conoscere l’uomo. Allo stato naturale gli uomini sono uguali fra loro, ma alcuni di loro perfezionandosi acquistavano qualità diverse da cui è sorta la diseguaglianza. Per conoscere lo stato presente della natura umana dobbiamo conoscere quello originario. Questa ricerca è la sola che ci permette di eliminare le difficoltà che ci sottraggono dalla conoscenza dei fondamenti della società umana. La difficoltà nel definire il diritto e in particolar modo il diritto naturale sta proprio nella difficoltà di definire l’originaria costituzione dell’uomo, alla quale il diritto naturale si rivolge: • Varie idee di diritto naturale, ognuna differente, basata su una concezione differente della legge; • Giureconsulti romani che sottoponevano sia l’uomo sia gli altri animali alla medesima legge naturale. Legge = espressione dei rapporti generali stabiliti dalla natura fra gli essere animati; • I moderi (riferimento a Pufendorf) applicano il concetto di legge solo ad un soggetto morale. Soggetto morale per Rousseau = intelligente, libero e considerato nei sui rapporti con altri esseri; • Tutte le varie concezioni della legge di natura sono inoltre ricavate da conoscenze di un uomo che è già uscito dallo stato di natura; • Ciò che sappiamo chiaramente di questa legge è che per essere tale chi la subisce lo fo con consapevolezza e deve essere inoltre immediatamente interpretabile perché scaturita dalla voce della natura. Rousseau individua 2 principi anteriori alla ragione: 1. Il primo è quello che suscita in noi un vivo interesse per il nostro benessere e la nostra conservazione; 2. Il secondo principio è la Pietà: ripugniamo veder morire o soffrire un qualsisia essere vivente. La pietà è un principio primitivo che si pone alla base della concezione benevola della natura umana secondo Rousseau. Finché non resisterà ad essa non farà del male a nessuno, se non nel caso in cui sia messa in pericolo la propria vita. Da ciò segue che anche gli animali debbano partecipare al diritto naturale nella misura in cui partecipano anche essi alla nostra natura, in quanto dotati della sensibilità; Dalla combinazione di questi due principi seguono le norme del diritto naturale, che è stato successivamente modificato quando la ragione ha soffocato la natura. Lo studio dell’uomo nella sua costituzione originale è anche il mezzo per definire la diseguaglianza morale, i fondamenti del corpo politico e di altre questioni. DISCORSO SULL’ORIGINE E I FONDAMENTI DELLA DISEGUAGLIANZA FRA GLI UOMINI Problema posto dall’accademia di Digione: qual è l’origine della diseguaglianza fra gli uomini e se essa sia autorizzata dalla legge naturale. Rousseau concepisce 2 tipi di diseguaglianza: 1. La diseguaglianza naturale o fisica: stabilita dalla natura, consiste nella differenza d età, di salute, di forze e di qualità nello spirito e nell’anima; 2. La diseguaglianza politica o morale : dipende da una sorta di convenzione stabilita fra gli uomini. Consiste nei privilegi di cui alcuni godono ai danni degli altri, come ad esempio nell’essere più ricchi, più potenti, più onorati. Il discorso che seguirà si propone di definire il momento in cui al diritto di violenza, la natura fu sottoposta alla legge. Come e perché il più forte sia stato asservito al più debole. Critica ai precedenti filosofi politici, che come Rousseau avevano trattato il tema con modalità differenti e arrivando a differenti conclusioni (Grozio, Locke e Hobbes). Nella loro differenza ciò che li accomuna è l’aver descritto l’uomo selvaggio dipingendo invece l’uomo civilizzato. Inoltre tutti questi autori non hanno pensato di mettere in discussione lo stato di natura, ciò viene invece riportato nei testi sacri, dove Dio ha creato il primo uomo già fornito dei lumi e delle norme. Rousseau indagherà quindi cosa sarebbe successo se l’uomo non fosse uscito dallo stato di natura, quali sarebbero state le conseguenze. PARTE PRIMA Rousseau incomincia con una premessa: la trattazione che seguirà non considererà l’uomo nei suoi sviluppi fisici e nella sua evoluzione, fino a considerarlo come è oggi. Il motivo sta nelle conoscenze non adeguate al tema. Così facendo l’uomo di cui parlerà sarà conformato come lo era al suo tempo. L’uomo naturale = uomo selvaggio : • Meno forte e meno agile degli altri animali ma non meno organizzato; • La fertilità originaria della terra gli offre tutto ciò di cui ha bisogno (vedi nota “D”); • L’uomo naturale è in grado di appropriarsi degli istinti degli altri animali non avendone uno di suo particolare possesso. [nota 30: Starobinski rimandano a Giovanni Pico della Mirandola dice come l’uomo non è imprigionata in una natura specifica. Rousseau osserverà il rischio di questa condizione, che vede un privilegio nella guida della natura, l’istinto.] Nota “E”: uomo erbivoro o carnivoro? Rousseau considerando le somiglianze anatomiche fra erbivori e uomini, carnivori e uomini arriva a dedurre che l’uomo può essere considerato un erbivoro. Considerazione già fatta in passato da San Girolamo. • Secondo Rousseau gli antropologi europei che studiano gli altri popoli sbagliano nel loro lavoro: nella loro attività guardano agli altri popoli con i pregiudizi degli europei senza indagare la vera natura del popolo che hanno difronte. Inoltre non potendo viaggiare hanno a che fare solo con i resoconti di viaggio che gli pervengono. I veri viaggiatori che hanno a che fare con molti popoli diversi sono i missionari, i marinai, i mercanti e i soldati. Ognuno di loro però non ha le facoltà o i mezzi adatti a condurre uno studio sui popoli e sull’uomo. Da questi resoconti di viaggi condotti con un ottica europocentrica vengono fuori considerazioni sull’uomo che già sapevamo e di conseguenza l’infiacchimento della morale come disciplina in quanto “tutti gli uomini sono uguali”. Secondo Roussea per condurre uno studio adeguato sull’uomo è necessario viaggiare per il mondo, conoscere tutti i popoli e studiarla senza pregiudizi e interessandoci all’uomo in quanto tale. Tale viaggio, di 10 anni, condotto da un uomo ricco di denaro e da uno ricco di genio potrebbe risolvere la questione; • Le passioni perfezionano l’agire della ragione (sottolinea il carattere insostituibile delle passioni, senza le quali l’uomo non sarebbe neanche un buon cittadino). Conosciamo perché vogliamo godere. E le passioni nascono dai nostri bisogni e il loro aumentare dalle nostre conoscenze; • L’uomo selvaggio ha passioni che non oltrepassano i suoi bisogni fisici, non avendo lumi: [nota “M”: “il selvaggio desidera solo le cose che conosce e conosce solo quelle che possiede “]; • I mali dell’uomo selvaggio sono il dolore e la fame non la morte: non la conosce; • I progressi spirituali, le conoscenze, si sono avute nel corso della storia, in relazione ai bisogni dei popoli (Egitto: straripamento del Nilo); • Tutto allontana l’uomo selvaggio dal migliorare la sua condizione: i suoi bisogni sono modesti e alla sua portata, non ha conoscenze per desiderarne altri, la sua vita è vissuta sul momento e non fa previsioni sul futuro. Come ha fatto quindi, se non comunicando e interagendo con altri uomini, a elevarsi da questo stato? E quanto tempo c’è voluto prima che si sviluppasse un linguaggio? Infatti, anche se fosse nato un individuo datato di un tale genio da sviluppare tutte le capacità dell’uomo civile e di portare progresso fra gli altri uomini, come avrebbe potuto insegnare agli altri se non tramite un linguaggio? E se non ci fosse riuscito i suoi insegnamenti sarebbero morti con lui; Considerazioni sull’origine delle lingue: parte considerando le ricerche dell’abate di Condillac, col quale concorda, ma le rielabora poiché l’abate partiva dal pensare che il linguaggio fosse nato fra persone che già abitavano in una società. 1. Come son potute diventare necessarie le lingue? Allo stato selvaggio infatti gli uomini non avevano bisogni di comunicare e non si incontravano quasi mai, se non per casi fortuiti. Supponiamo siano nate in ambito domestico, ma qui mi sbaglio perché valuto la situazione con l’occhio del filosofo che vive in società e la trasporta all’interno del mondo selvaggio : nota “N”, considerazioni sul “Governo Civile” di Locke. L’unione fra maschio e femmina era fortuita, e con tanta facilità si lasciavano anche dopo l’accoppiamento. La madre dopo il parto allattava i figli e restava con loro fin quando essi non erano in grado di procurarsi il cibo da soli. Tutto ciò non implicava il linguaggio se non per il bambino che aveva da comunicare i suoi bisogni alla madre, impiegando una lingua di sua invenzione, da qui il moltiplicarsi delle lingue tanti quanti sono gli individui che parlano. Una volta cessate le sue necessità però il linguaggio veniva abbandonato tanto rapidamente quanto il bambino abbandonava la madre; 2. Ora, supponendo passata questa iniziale condizione, chiediamoci come hanno potuto formarsi: • Gli uomini hanno avuto bisogno di saper pensare per inventare la parola, ed il problema sarebbe poi stato quello di capire quali sarebbero stati gli interpreti dei suoni convenzionali per le idee astratte; • Primo linguaggio = grido della natura. Poco usato nella vita comune dove non era necessario essendo sintomo di richiesta di aiuto; • Con il moltiplicarsi delle idee, dei rapporti nasce un linguaggio più sviluppato. Si aggiungono i gesti per gli oggetti sensibili e le azioni, l’uso dei gesti non è però universale basta l’oscurità o un divisorio fra il gesto e l’interlocutore e esso sarà inutile; • I gesti vennero quindi sostituiti da suoni vocali articolati. Sostituzione avvenuta solo per comune consenso. L’accordo stesso imponeva l’uso della parola, “la parola sembra esser stata quanto mai necessaria per stabilire l’uso della parola”; • Prime parole avevano il significato di intere proposizioni; • Ciascun oggetto prese un nome particolare perché non si distinguevano le specie ed i generi, quindi 2 alberi della stessa specie erano chiamati “X” e “Y”. Per classificare gli esseri sotto denominazioni comuni si doveva conoscerne le proprietà e differenze, una metafisica al di sopra delle capacità dell’uomo selvaggio; • Idee generali ottenute solo col pensiero ed espresse solo tramite proposizioni. Gli animali non le hanno. L’idea generale di triangolo in realtà fa sempre riferimento ad un triangolo particolare che noi ci configuriamo nella mente, mentre possiamo astrarla dandone solo una definizione. I primi sostantivi saranno stati nomi propri; • Rousseau è scettico nel pensare che il linguaggio sia opera umana; • “C’è stata una maggior necessità di una società già costituita per fondare le lingue o di lingue già inventate per fondare la società?”. Si vede come la natura ha reso difficile la socievolezza fra gli uomini e come li allontana gli uni dagli altri, perché, allo stato di natura avrebbe avuto bisogno di un altro uomo? E perché chiamare questo stato miserabile, se con miserabile si fa riferimento ad un individuo libero, privo delle peggiori passioni e in buona salute? Le facoltà che l’uomo aveva in potenza (sviluppate nella società civile) erano usate contingentemente nello stato di natura. Uomo selvaggio non avendo rapporti morali non poteva essere né buono né cattivo, non aveva né vizi né virtù. Nello stato civile, il progresso culturale che ha portato a sviluppare teorie etiche nelle quali si parla di virtù, e attraverso le quali l’uomo dovrebbe conoscere il bene, è adeguato e sufficiente rispetto alle funeste conseguenze dei vizi derivati dalla stessa società civile? Siamo sicuri che i doveri che ci prefiggiamo l’un l’altro siano meglio di nessun dovere (stato naturale)? Hobbes: l’uomo è cattivo e vizioso. Sostiene tutto l’opposto di Rousseau. Definisce il malvagio come un bambino robusto (puer robustus). Ma davvero il selvaggio è un bambino robusto? Perché mai essendo robusto avrebbe bisogno di socializzare? È contraddittorio. L’uomo selvaggio non è cattivo perché non conosce il bene, non fa il male perché non conosce le passioni ed i vizi. Ed inoltre, fatto ancora più importante, vi è un principio nel suo spirito: la pietà. Pietà: principio dato all’uomo per raddolcirne la ferocia dell’amor proprio (autoconservazione), nutre un’innata ripugnanza a veder soffrire il proprio simile. È una virtù che prece ogni riflessione, così universale e naturale che ne hanno accenni anche gli animali. Mandeville osserva che gli uomini, sebbene la loro morale, sarebbero stati dei mostri senza la pietà. Dalla pietà però derivano altre virtù sociali che esso stesso vuole contestare: benevolenza, amicizia, compassione. Quest ultima che sarà più intensa più ci immedesimeremo nell’animale che soffre. Tale immedesimazione sarà stata molto più forte nello stato di natura: l’amor proprio rafforzato dalla ragione ripiega l’uomo su sé stesso e lo separa da ciò che lo mette a disagio e lo affligge. L’uomo civile si terrà ben lontano dal salvare un suo simile in una rissa, sarà indifferente per i delitti che non avvengono sotto il suo naso e non lo interessano. Mentre il selvaggio privo di saggezza e ragione si batterà per ogni suo simile in difficoltà. “È dunque assolutamente certo che la pietà è un sentimento naturale, volto a moderare in ciascun individuo l’attività dell’amor di sé contribuendo così alla mutua conservazione dell’intera specie”. Alla massima “fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te” si sostituirebbe “fai il tuo bene col minor male possibile agli altri”. Allo stato naturale non vi sarebbe nemmeno la vendetta infatti: non vi è commercio, vanità, considerazione, stima, disprezzo quindi niente ingiustizie. Se non ci sono ingiustizie da vendicare non c’è vendetta. Amore: passione ardente e terribile sembra capace di distruggere il genere umano che è destinata a conservare (vedi gelosia e le sue conseguenze). Amore: • Aspetto fisico: necessità fisica di unirsi con l’altro sesso; • Aspetto morale: sentimento artificiale che fissa l’aspetto fisico su un unico oggetto. Il selvaggio non lo possiede, poiché tale aspetto è fondato sui concetti di bellezza e merito che esso non conosce. L’amore morale è l’applicazione dell’idea astratta di esso, è artificiale. Al selvaggio va bene qualsiasi donna, è abbastanza felice da poter soddisfare il suo bisogno. L’amore che noi conosciamo e che causa omicidi per gelosia e tante altre dispute è frutto della società. Il dovere di fedeltà incoraggia gli adulteri, l’onore e la continenza aumentano gli aborti. Le diseguaglianze sono frutto della società, dell’educazione e dei diversi stili di vita che plasmano differentemente l’uomo da una sua originale uguaglianza, sebbene potessero sussistere differenze a livello fisico che però non inficiava e non migliorava la vita di nessuno, in uno stato di cose nel quale si escludeva ogni relazione. Il dominio dell’uno sull’altro sarebbe stato tanto faticoso e di difficile realizzazione che nessun uomo selvaggio si sarebbe sognato di avere potere sugli altri. Con quali benefici poi? PARTE SECONDA Il vero fondatore della società, dice Rousseau, fu colui che cintato un terreno disse “questo è mio”. L’idea di proprietà però presuppone altri processi e altre idee ad essa antecedenti, che si sono formate nel tempo, e che hanno portato al termine dello stato di natura: • Il primo sentimento dell’uomo fu quello dell’esistenza da cui derivava la cura per la sua conservazione. L’iniziale condizione dell’uomo era quella di un animale limitato alle sensazioni, interessato a soddisfare i suoi bisogni primari. La natura gli offriva tutto ciò di cui aveva bisogno; • Primi problemi come concorrenza con gli altri animali lo portarono ad usare armi (sassi e rami) ed allenarsi fisicamente; • Col moltiplicarsi della specie umana, e con il differenziarsi dei diversi tipi di vita in base ai climi in cui l’uomo viveva le sue fatiche aumentarono; • Iniziò a delinearsi nel suo spirito la percezione di certi rapporti come “grande, piccolo, forte, debole” ecc.. che definirono in lui una prudenza meccanica che gli indicava le precauzioni necessarie; • Nuove conoscenze, superiorità sugli altri animali, consapevolezza di questo. Tutto ciò destò in lui il primo moto di orgoglio; • Iniziò ad osservare i suoi simili e convenne che si comportavano(sentivano e pensavano) più o meno come lui; • Imparato che l’amore per il benessere era il movente delle azioni umane imparò a distinguere i casi in cui l’interesse comune doveva portarlo a contare sull’aiuto altrui, e casi in cui la concorrenza invitava a diffidare: •.1. Nel primo caso si univa nelle prime sociazioni che duravano fin tanto che il bisogno non era soddisfatto; •.2. Nel caso del contrasto ognuno cercava di realizzare i proprio vantaggio; • Con le prime associazioni si sviluppano le primordiali idee dei doveri reciproci contingenti all’interesse immediatamente presente; • Primi linguaggi grossolani perché serviva poco la comunicazione; • Invenzione della domus e della distinzione delle famiglie, prima specie di proprietà. Rousseau suppone che furono i più forti a costruire le prime abitazioni. Così i più deboli che non potevano sottrargliele con la forza furono costretti ad imitarli;
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