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Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria di Armando Petrucci, Sintesi del corso di Letteratura

Le più antiche lettere della storia dell'uomo occidentale di cui si conosca l'esistenza sono poco meno di una decina di esemplari greci, scritti a graffio su sottili lamine di piombo rinvenute in genere arrotolate o su frammenti di coccio, cronologicamente databili al periodo tra il VI e il IV secolo a.C.

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 06/01/2021

GloriaBordy
GloriaBordy 🇮🇹

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Scarica Scrivere lettere. Una storia plurimillenaria di Armando Petrucci e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! Gloria Bordiga 1 Scrivere lettere, una storia plurimillenaria di Armando Petrucci I- ALLE ORIGINI DI UNA TRADIZIONE: LA CIVILTÀ GRECO ROMANA Le più antiche testimonianze di lettere pervenuteci in originale dal mondo classico sono costituite da meno di una decina di testi epistolari greci scritti su sottili lamine di piombo, attribuibili tra VI e IV sec. a.C. e sono state rinvenute casualmente in campagne di scavo. I testi sono in genere brevi e disposti secondo il lato lungo su una faccia mentre sull’altra portano al centro l’indicazione del destinatario. Nell’Oriente antico si usavano solamente tavolette di argilla fresca successivamente cotte. La scelta del piombo e l’uso di arrotolare la lamina su se stessa per la spedizione rimandano a un’altra tipologia di messaggio scritto, quella delle tabellae defixionum = richieste di interveto rivolte dai singoli a defunti o a divinità infernali perché i loro voti fossero esauditi. Nella Grecia arcaica si era diffusa l’abitudine di considerare le lamine di piombo un materiale scrittorio legittimo e abituale, al pari di altri. Chi scriveva? In alcuni casi si faceva ricorso a veri e propri maestri di scrittura capaci di scrivere a sgraffio, è pur vero che gli scavi nell’agorà di Atene hanno rivelato anche, per la medesima epoca, alcune testimonianze di uso di minore comunicazione scritta a raggio ridotto e in tempi brevissimi fra lavoratori. Si tratta di testi brevi ed essenziali, graffiti rapidamente su cocci e contenenti ordini, disposizioni, richieste probabilmente la scrittura veniva operata dagli stessi mittenti. Queste testimonianze più antiche inducono a ricordare che le pratiche di scrittura in uso nelle civiltà del Vicino Oriente antico e mediterranee fra 3000 a.C. ed età augustea, potevano prevedere on solo il ricorso a diverse tecniche esecutive, MA anche l’uso di diversi e di differenti materiali. Nell’Egitto antico il regno tolemaico rappresentò in età ellenistica (VI-I sec. a.C.) il primo esempio documentato di uno Stato autonomo e burocratizzato con una continua produzione di documenti scritti e di una fitta rete di messaggi. ES: archivio privato di Zenone (ministro delle finanze del re Tolomeo II Filadelfo), 2000 pezzi→700 costituiscono il primo, grande carteggio dell’epistolografia occidentale. Le lettere da lui ricevute sono tutte scritte a inchiostro nero su una sola facciata di singoli fogli di papiro di formato diverso. Il testo è disposto secondo il lato lungo, eccezionalmente diviso su due colonne. La facciata priva di testo ospita l’indirizzo del destinatario e a volte anche la data, occasionalmente si possono trovare annotazioni successive del destinatario. La scrittura è eseguita con il calamo vegetale. Dopo la scritturazione il foglio veniva piegato più volte su se stesso lasciando all’esterno l’indirizzo, legato con un laccio avvolto più volte e fermato con un sigillo. La scrittura è soltanto e sempre quella greca. Il testo è senza rinvii a capo; non è usata punteggiatura; nella parte finale del foglio è vergata una formula breve ed essenziale di saluto. Molto spesso le lettere non sono autografe bensì di mano di scribi. Bilancio è quello di una società complessa e articolata, abituata all’uso sociale dello scrivere e allo scambio epistolare per affrontare e risolvere molti problemi pratici della vita quotidiana e per rafforzare i vincoli reciproci di amicizia, affetto, collaborazione. Periodo arcaico: ➢ Uso degli ostraca per un tipo di corrispondenza breve, veloce, pratica ➢ Fogli di papiro per una corrispondenza più propriamente e formalmente epistolare Tutto cambiò con l’irruzione dell’espansione imperiale romana. Con il principato di Ottaviano Augusto l’impero di Roma si estese anche a tutte le regioni affacciate sul Mediterraneo, ciò significò che l’Egitto cominciò a produrre, oltre che lettere di scrittura e lingua greca, anche lettere in scrittura e lingua latina. Il mondo romano già dal I sec. a.C. offre un esempio di pervasività epistolare diffusa. ES: epistolario di Marco Tullio Cicerone, di cui non si possiede nessuna lettera originale dell’epistolario MA si può presumere che Cicerone scrivesse sia di propria mano, sia dettando il testo epistolare ai librarii cioè ai segretari al suo servizio. Gloria Bordiga 2 Le lettere sono scritte a inchiostro su fogli di papiro e a volte comportano più facciate. Cicerone distingue tra lettera maxima e lettrea minuscula. Ciò che colpisce di più è la frenetica frequenza. Già dall’età augustea possiamo attingere a esemplari originali di lettere latine su papiro restituiteci dalle sabbie dell’Egitto. Le più antiche di esse sono scritte da schiavi ad altri schiavi e riguardano problemi e rapporti di tipo servile. Le lettere latine rimangono sostanzialmente in forte minoranza rispetto a quelle in lingua e scrittura greca. La documentazione originale giunta fino a noi diventa più ricca e varia col I secolo d.C. in corrispondenza di un vivace sviluppo economico e una maggiore diffusione dell’alfabetizzazione e dell’uso dello scritto a tutti i livelli. Per lo stesso periodo cominciamo ad avere testimonianze originali di corrispondenza scritta anche da province nordiche. Le più antiche di tali testimonianze sono per buona parte di origine militare, su tavolette lignee, altre su ostraca. Interessanti sono le lettere di Claudio Terenziano al padre e a due sorelle dai nomi egizi, in latino e i greco→clamoroso esempio di bilinguismo attivo di natura epistolare privata. Fra III e IV sec. si verificarono grandi evoluzioni e trasformazioni nell’ambito delle forme grafiche greche e latine, trascinate dall’uso di diventare sempre più corsive e a mutare natura e struttura, da maiuscole a minuscole, sia nello scrivere quotidiano, sia in quello più alto e formale. Egitto III-IV sec. gli egiziani continuarono ad adoperare anche loro proprie scritture per scrivere la lingua locale. Nelle province occidentali dell’Impero la scrittura latina continuava a costituire l’unico sistema scrittorio adoperato comunemente (scritta a sgraffio su tegola di argilla). Nel medesimo periodo cominciano ad apparire le prime lettere che possono essere considerate cristiane per evidenti elementi estrinseci e intrinseci: è la prima volta che ci troviamo di fronte all’irruzione di un complesso ideologico - culturale→apposizione di un segno di croce che funge da simbolo di reciproco riconoscimento e che informa e condiziona la natura del rapporto epistolare. Nel periodo tardo antico molti e diversi fattori concorsero a determinare una profonda e progressiva crisi del sistema della comunicazione scritta in tutte le province dell’Impero: ➢ Graduale MA profonda riduzione della fascia degli alfabetizzati ➢ Manca l’epistolarità privata Rimase un uso epistolare apprezzabile in campo militare e nell’ambito burocratico degli organi amministrativi centrali e locali la comunicazione scritta rimase un’attività di uso quotidiano. Un sintomo di crisi fu costituito dagli «scriventi lenti» cioè dai semialfabeti; e, inconseguenza, dalla corrispondente crescita della pratica dello scrivere per gli altri (delega di scrittura). Nel medesimo periodo vennero raccolti e diffusi per via libraria alcuni epistolari. 642 Alessandria e l’Egitto furono conquistati dall’invasione araba→caso più straordinario di sopravvivenza della pratica tardo antica dell’epistolarità ufficiale in lingua e scrittura greca nel primo periodo del nuovo regime (VII-VIII sec.). Il cambiamento avvenuto a livello profondo nella società occidentale al tempo delle invasioni barbariche e del crollo della struttura unitaria dell’Impero aveva modificato la natura stessa dell’alfabetismo di massa che ne era divenuto una caratteristica. La comunicazione scritta da pratica sociale diffusa si venne trasformando gradatamente in pratica settoriale e occasionale. II- LA CRISI, LE CRISI E GLI ALTRI Gregorio Magno (Papa) ci ha lasciato un grande e ricco epistolario di 852 lettere distribuite in 14 libri, prodotto in larga parte dalla cancelleria apostolica. Non possediamo un originale di lettera spedita dalla cancelleria. Periodo fra l’età gregoriana e la rinascita carolingia è praticamente privo di testimonianze dirette e originali di carattere epistolare, tranne pochi esempi: 1. Lettera proveniente dalla Spagna visigota di un Faustino a un Paolo→graffita dal mittente con uno stilo su una sottile lastrina di ardesia nella prima metà del VII sec; il testo è scritto Gloria Bordiga 5 di inedite pratiche di mi nutazione dello scritto; di riorganizzazione e potenziamento delle cancellerie pubbliche e di un più vasto uso della carta araba. In campo grafico si assiste al ritorno a forme diverse di una nuova corsiva. L’Europa conosce un moto collettivo di sviluppo sul piano educativo con una forte crescita dell’alfabetismo. Fra metà Cento e metà Duecento nasce e si diffonde in Occidente la categoria socioculturale dei «liberi di scrivere», che avevano bisogno di corrispondenza semplice e immediata. In campo epistolare un processo di crescita di tale tipo, fatto di pratiche socioculturali al confine tra realtà separate e diverse, totalmente privo di regolamentazione formale e improvvisato per necessità, al’inizio produsse anche testimonianze tipologicamente ambigue. In molti casi si tratta di pseudo - lettere, o meglio di paralettere, che gli studiosi qualificano con denominazioni diverse: memoranda o promemoria, notificazioni, mandati, relazioni, elenchi, brevi ecc. I casi più interessanti di tipologia di comunicazione scritta appartengono al Duecento, ad esempio la lettera inviata da Francesco d’Assisi al suo discepolo frate Leone. Quella che può essere considerata una delle più antiche lettere italiane in lingua volgare giuntaci in originale è quella che un ragazzo spedì al padre per ragguagliarlo su diverse faccende di famiglia e sul suo apprendistato presso un sacerdote. Si tratta di un testo di 19 righe, disposte al alto lungo, con un P.s. sul verso, ove si trova l’indirizzo. La scrittura è un’incerta minuscola gotica libraria, conseguente all’istruzione. Questa lettera segue il formulario e gli schemi compositivi epistolari tradizionali, compresi in un codice di esempi epistolari. L’epistolografia in volgare sarà sempre più forte e decisa, per mano di un numero crescente di scriventi comuni, fino ala sua decisiva affermazione nell’età moderna. Nella penisola a dare una spinta fra la seconda metà del XIII sec. e il secolo seguente, furono i mercanti toscani, lombardi, veneti e di altre aree centrosettentrionali, che per proprie pratiche necessità trasformarono la nuova lettera volgare in un moderno strumento comunicativo funzionale. Analoghe caratteristiche andavano costituendo l’ossatura essenziale dei primi libri di memorie o di «ricordanze». Federigo Melis, studioso della classe mercantile italiana, ha individuato due categorie specifiche di lettera mercantili e una generica: ➢ «carteggio comune»→lettere spedite fra azienda e azienda, contenuto costituito da informazioni e notizie di carattere politico, descrittivo, informativo, previsioni di mercato e fattori di rischio finanziario ➢ Carteggio «specializzato»→costituito da documenti commerciali e finanziari scritti in forma di lettere, quali «lettere di cambio», «lettere di ventura», «estratti-conto» e fatture ➢ Carteggio privato e familiare→vere e proprie lettere che pur mantenendo alcuni elementi specifici della testualità mercantile (scrittura mercantesca, lingua volgare, separazione in paragrafi, semplice formulazione testuale) Lettere mercantili e dei mercanti sono quasi sempre scritte su fogli di carta italiana del formato 250mm x 150 mm, scritte dalla fine del Duecento in una tipologia grafica nuova, la cosiddetta «mercantesca» = minuscola corsiva caratterizzata dalla progressiva sempre più forte corsività, tendenziale rotondità, modulo piccolo, andamento dritto, povertà interpuntiva e abbreviata, in volgare italiano. Il testo di una lettera mercantile inizia di solito con una rituale invocazione a Dio, reca sempre precisa datazione, quasi sempre articolata in più paragrafi, essenziale nella formulazione e priva di formule di saluto. Caratteristica è la frequenza, lo scriversi vicendevolmente è un’esigenza che indirizza e documenta l’attività mercantile e finanziaria e mantiene attivi i fondamentali legami familiari e d’amicizia. Il moto di utilizzazione e di crescita della corrispondenza nelle lingue volgari no fu soltanto italiano MA europeo. Gloria Bordiga 6 Fuori dall’Italia venne adoperata come materia scrittoria la pergamena e non ancora la carta, vennero parimenti adoperate differenti tipologie di corsiveggianti di forme e tecnica esecutiva gotiche; la variante francese ricevette la definizione di lettre bâtarde (scrittura bastarda). Nella Spagna la scrittura corsiveggiante venne anche adoperata nella corrispondenza, mente in Aragona le influenze della minuscola cancelleresca italiana furono più pronunciate. Una situazione analoga si ebbe nelle regioni di lingua tedesca, in Inghilterra non mancarono le influenze francesi. Nelle città europee del Due - Quattrocento la ricca produzione di lettere in lingue di comune conoscenza, in carta e di argomento pratico-familiare da parte di persone non colte sembra ripetere il fenomeno verificatosi molti secoli prima nell’età classica. Sul piano della conservazione delle lettere ricevute due casi ci hanno regalato archivi ordinati e di grande vastità: quello aretino e prevalentemente trecentesco di Francesco Datini e quello della famiglia Pastons. All’origine di ciascuna di queste pratiche epistolari non può esserci stata una esplicita volontà di perpetuazione nel tempo del rispettivo tesoro documentario per opera degli originari destinatari delle singole lettere e quindi dei loro eredi, le cui ragioni possono essere individuate in cinque fattori: 1. Quantità della corrispondenza ricevuta 2. Interesse alla conservazione di documentazione sempre consultabile 3. Interesse del singolo gruppo familiare del ricevente 4. Influenza diretta e cogente delle pratiche di conservazione 5. Forza cogente degli affetti familiari, dei legami d’amicizia, del desiderio di memoria documentata Caratteristiche comuni: ➢ Uso della carta come materia scrittoria ➢ Ricorso a forme grafiche sempre più corsive ➢ Sistema di chiusura mediante piegature ripetute e sigillazione cerea ➢ Modalità di apposizione dell’indirizzo e di spedizione ➢ Formati coerenti dei veri testimoni ➢ Diverse disposizioni del testo Tra Tre - Quattrocento si ricomincia a incontrare le donne come dirette e frequenti protagoniste dello scambio epistolare, le donne appartenenti al ceto medio - alto della società sanno scrivere ma in modo elementare. Le donne che scrivono lettere volgari in questo periodo lo fanno, se di propria mano, tramite scritture antiquate, elementari o rusticamente usuali; esse scrivono a persone con le quali hanno qualche confidenza. In realtà le donne corrispondenti di questi secoli appaiono per la maggior parte escluse dalle due tradizioni privilegiate dell’epistolografia del periodo: quella di cultura, in lingua latina, e quella mercantile borghese. Proprio perché estranee a tali imperanti e diffuse tradizioni, avrebbero introdotto una serie di importanti elementi innovativi: la spontaneità, l’espressione diretta dei sentimenti, la ripulsa delle formalizzazioni tradizionali ecc. Quando le donne sono sufficientemente acculturate le loro lettere obbediscono ai canoni tradizionali dell’una o dell’altra delle due culture epistolari correnti. Il problema della comprensibilità riguardava tutte le lettere scritte dei semialfabeti. Ogni processo epistolare si costituisce e si sviluppa nel tempo su un rapporto equilibrato tra: ➢ «volontà di espressione grafica» propria del mittente o del delegante di scrittura ➢ «aspettativa grafica» fondata sull’esigenza di comprensione del testo, propria del destinatario Ciò significa che all’interno di ogni comunità di corrispondenti omogenea si crea un codice grafico comune che mantenga immediato e alto il tasso di reciproca comprensibilità. In questo periodo si viene manifestando in forme ricorrenti un aspetto del tutto nuovo = presenza in alcuni carteggi di una evidente divisione i due parti nettamente distinte fra loro di due circuiti di corrispondenza scritta, cui corrispondono due livelli linguistici diversi: Gloria Bordiga 7 1. Circuito a raggio breve→urbano o rurale, costituito da lettere di familiari, amici o corrispondenti consueti; eseguite in modo trascurato sia per quanto riguarda il materiale cartaceo, le tecniche di spedizione, l’ordine del testo ecc; costituita in genere da corsive di livello elementare o faticosamente usuale 2. Circuito a raggio lungo→costituito da lettere di carattere ufficiale, di autorità, a volte alternanza di due lingue; circuito ampio, regionale, nazionale e a volte europeo; rispettano tutte le norme esecutive proprie dell’ambiente sociale cui appartengono i corrispondenti La presenza nei più vasti carteggi del tardo Medioevo e del primo Rinascimento di un tale tipo di differenza qualitativa appare sintomo della contemporanea e sempre più pronunciata pressione degli strati bassi della società europea per la conquista di un più alto grado di istruzione MA ciò avvenne attraverso processi differenziati, caoticamente paralleli di autodidattismo, di insegnamento familiare o di gruppo, insomma attraverso una serie di prassi sostanzialmente informali, occasionali, parziali e prive si organizzazione sistematica. IV- L’ALTRA LINGUA. L’EPISTOLA COME ORAZIONE Petrarca registra la scoperta nella Biblioteca capitolare di Verona di un antico codice di Cicerone→scoperta dovette modificare il suo personale stile di testualità epistolare e finì per modificare anche lo stile epistolare di tutti i proto umanisti italiani a lui direttamente collegati per mezzo della fitta rete intessuta dalle sue lettere e per influenzare lo stile della corrispondenza scritta in Europa tra Tre e Quattrocento. Lettere di Petrarca sono più di 500, la maggior parte comprese in due grandi raccolte: le Familiares e le Seniles; egli aveva un’alta considerazione del valore intrinseco della sua propria produzione epistolare e ne volle lasciare un’edizione «autentica» come testimonianza e modello pei i contemporanei e i posteri. Le lettere giunte a noi sono solo 11, tutte cactacee. Petrarca adoperò generalmente la carta, e non la pergamena, per la propria privata corrispondenza. I formati sono due: quello con il testo disposto parallelamente al lato corto è adottato per le tre epistole più ampie; nelle altre otto il testo è più breve, e al contrario è disposto sul lato lungo. Le lettere di natura privata sono vergate in un’armoniosa corsiva cavalleresca o in una «notularis» corsiva, quelle più lunghe e impegnative in una piccola e curata «notularis» posata. Gli indirizzi ripetono le tipologie grafiche dei testi. Le sue epistole assursero al rango di modelli esemplari. Petrarca spingeva l’elaborazione personale del testo sino a comprendervi sia la fase preliminare, di gettazione, sia la fase conclusiva, di copia, almeno elle lettere più ampie. Questo atteggiamento rivela l’importanza che egli attribuiva alla espressione epistolare come emanazione diretta di sé e come strumento di egemonia culturale che egli si attribuiva come compito primario. Corrispondere con il massimo numero possibile di contemporanei e mediante l’invio di singoli messaggi scritti di sua propria mano; e corrispondere con i posteri per mezzo delle due imponenti raccolte librarie per documentare ai secoli a venire il suo ruolo di innovatore volto al passato e anche al futuro. Rispettava i modelli coerenti del suo tempo; che ben conosceva i precetti delle artes dictandi contemporanee; che usava il cursus, non esprimeva dittonghi, mostrava di ammirare le lettere di un retore dallo stile tradizionale come Cola di Rienzo, ciò non toglie che Petrarca abbia dato «l’avvio alla grande stagione dell’epistolografia umanistica» in lingua latina. La lingua latina era rimasta la lingua internazionale e ufficiale della corrispondenza pubblica e ovunque i testi ufficiali venivano elaborati attraverso quattro fasi di elaborazione testuale: 1. Bozza 2. Revisione 3. Stesura definitiva 4. Originale spedito al destinatario Petrarca→«sentimento del tempo» lo indusse a datare con assoluta precisione cronica e topica tutte le lettere (meno una) giunteci in originale, e a togliere o a ridurre le formule di datazione da quasi tutte le versioni trascritte nelle raccolte librarie, legate al valore atemporale della loro pura letterarietà. Gloria Bordiga 10 Il ceto dei colti professionali in Italia fece largamente ricorso alla diglossia servendosi frequentemente del latino, lingua di prestigio e di mestiere. Ne fu un grande esempio Piero Bembo, anche se il suo merito maggiore non risiedette nel suo abile bilinguismo, bensì nella sua opera di codificatore: Prose della volgar lingua (1525 e 1537) della struttura ortografica e sintattica dell’italiano scritto. Il Cinquecento epistolare italiano è caratterizzato anche da un fenomeno grafico – culturale binario che potremmo definire digrafismo. Una parte non indifferente degli scriventi italiani in volgare continuò ad usare per i suoi scritti ancora la corsiva mercantesca. Codesti scriventi erano scriventi «ordinari», non conoscevano il latino e corrispondevano fra loro usando soltanto il volgare italiano MA in volgare scrivevano abitualmente anche coloro che adoperavano non soltanto la mercantesca ma anche la corsiva cancelleresca che veniva sempre di più a corrispondere all’italiano unificato della riforma ortografica e linguistica proposta dal Bembo. L’Italia finì per diventare un territorio epistolare unificato, caratterizzato da un binomio vincente: la lingua italiana e la scrittura cancelleresca. Tutto ciò almeno nelle apparenze: questa unità risulta soltanto di superficie, o meglio, soltanto di modello. Nell’uso comune la tipologia grafica poteva essere eseguita in almeno due modi: 1. A livello alto, corrispondente ai modelli impartiti dalla scuola; 2. A livello basso, caratterizzato da improprietà esecutive, corsivizzazione eccessiva, disordine nell’esecuzione grafica, semplificazioni del tratteggio, povertà di punteggiatura, di maiuscole, di abbreviazioni In questo caso si ratta di un fenomeno di digrafia non tipologica ma di qualità esecutiva. L’apparente situazione di affollato disordine in campo epistolare volgare provocò in Italia due parallele e contemporanee reazioni di ritorno all’ordine. Nacquero da una parte i libri a stampa contenenti esempi di lettere volgari presentati come degli di essere imitati, cioè le ben note «carte messaggere»; dall’altra trattati di scrittura contenenti esempi di tipologie grafiche da imitare e da riprodurre. Così ai livelli più alti della produzione manoscritta libraria e soprattutto epistolare, la scrittura si venne trasformando in calligrafia. Il letterato italiano che per primo ebbe l’idea di pubblicare le proprie lettere volgari come esempi fu PIETRO ARETINO che nel 1538 fece stampare dall’editore veneziano Marcolini il primo libro delle sue lettere cui seguirono altri cinque volumi. Egli fù considerato creatore della lettera moderna. Si diffondevano così gli incunaboli della modellistica grafica e testuale della lettera volare italiana, destinati a diventare guida per analoghe imprese avviate negli anni seguenti sia in Italia che i Europa. Intorno alla metà del secolo vennero mutando statuti, preparazione tecnica, collocazione sociale dei maestri di scrittura europei, e soprattutto, di quelli italiani. La produzione di corrispondenza scritta era divenuta opera esclusiva dei segretari o comunque di professionisti della penna ed esigeva un modo ancora più rapido e legato, che fu proposto nel 1589 dal calligrafo Marcello Scalzini che nel 1581 pubblicò un libretto intitolato Il Secretario, dedicato alla proposta di una cancelleresca corsiva funzionale nella sua rapidità di esecuzione e nella sua libera eleganza alle esigenze delle moderne cancellerie e della burocrazia. Egli la definisce «cancelleresca romana nova» , una scrittura libera da regole fisse caratterizzata da legami corsivi sempre più frequenti e da forte inclinazione verso destra. Il quadro complessivo della corrispondenza privata e ordinaria in Italia dell’ultimo trentennio del Cinquecento presenta comunque uno stato complessivo di opposizione netta fra due sistemi di produzione grafica dei testi: l’uno pubblico e l’altro privato. Nel Cinquecento per i moderni Stati europei l’uso della scrittura e la produzione sempre più abbondante di documentazione manoscritta divennero strumenti forti e diretti di controllo del territorio soggetto, dei sudditi residenti, come anche dei rapporti diplomatici internazionali. Gloria Bordiga 11 La disseminazione fisica degli uffici, e perciò scrittura prodotta, spedita, ricevuta e conservata e il collegamento fra i centri diedero vita a una vera e propria rete di comunicazione fatta fisicamente di prodotti cartacei scritti, continuamente rinnovata MA anche sempre ostinatamente conservata, e dunque mobile nella fase della produzione cancelleresca e della spedizione ai destinatari e immobile nella fase della conservazione e della registrazione archivistica. Il ceto curiale fu al centro della formalizzazione e della riorganizzazione della corrispondenza ufficiale in tutti gli stati d’Europa. Esso fu rappresentato al livello più alto dalla figura del segretario. In Italia già nel 1564 era stato pubblicato il primo trattato destinato a illustrare la figura del nuovo funzionario, opera di Francesco Sansovino destinata a immediata e larghissima fortuna (13 edizioni tra 1565 e 1608) con titolo Del Secretario[…] libri VII. Nel quale si mostra et si insegna il modo di scriver lettere acconciamente e con arte, in qualsivoglia soggetto. Con gli epitheti che si danno nelle mansioni a tutte le persone così di grado come volgari. Et con molte lettere di Principi, et a principi scritte in vari tempi, et in diverse occasioni. Il segretario divenne il principale gestore della pratica delle suppliche, o petizioni, dirette ai sovrani, o ai potenti, da sudditi ordinari. Questo tipo di documentazione poteva riguardare le più diverse materie. Tale pratica fu sempre più diffusa dal tardo Medioevo in avanti e fu regolata da ferree istruzioni, intese a favorire il lavoro preparatorio delle singole cancellerie interessate con la creazione e l’imposizione generalizzata di un formulario il più possibile formalizzato e non modificabile. Secondo Quondam si creò un percorso circolare «dal Formulario al Formulario dalla Corte alla Corte», destinato a durare secoli e a perpetuare il prestigio e il domino degli specialisti della forma epistolare al suo livello più alto: i segretari. VI- DALL’ENFASI DELL’EPISTOLA BAROCCA ALLA SOBRIETÀ DELA LETTERA BORGHESE (1538-1789) 1583 Salvatore Gagliardelli pubblicò a Firenze un libretto composto da 236 esempi di sole formule di indirizzi, accompagnate da esempi (II° ed. prefazione tipografica di 20 pag. con elenco tipologie scrittorie di uso corrente e 267 esempi di formule di indirizzo). L’opera è importante perché è rivolta a esaltare il solo aspetto esteriore di presentazione; perché vi compaiono con forte rilievo i «tratti», cioè i groppi grafici, con funzione ornamentale e perché è diretta «ad ogni grado di persone», evidenziando l’estensione sociale del ricorso alla corrispondenza MA anche il successo generalizzato nella società italiana nell’ultimo scorcio del Rinascimento. A volte questi volumetti si trasformarono in esempi di abilità grafica di un maestro e di alcuni dei suoi allievi, in modo da rappresentare lo stile e la fama di una vera e propria scuola. Uno degli aspetti più caratteristici dei libri e libretti di calligrafia dell’ultimo periodo del Cinquecento è costituito dalla invadente presenza dei cosiddetti «tiri», cioè da disegni antropomorfi, fantastici o del tutto astratti, rigorosamente eseguiti con un solo tratto di penna ed esibiti come pura prova astratta di virtuosismo grafico e di capacità esecutiva. In realtà questo elemento ornamentale costituiva soltanto una delle caratteristiche proprie di quella che si è definita l’enfasi propria dell’epistola barocca. Altri motivi di enfasi ornamentale possono essere considerati l’apposizione in fine di una specie di monogramma. Questa tendenza alla formalità esteriore e perciò visibile, ma significativa sul piano simbolico, sembra derivare da un processo imitativo della produzione di documenti pubblici particolarmente solenni. In essi si riscontra persino l’uso di inchiostro dorato per l’intitolazione dell’autorità emanante e mittente. Enfatica nella produzione delle più importanti cancellerie d’Europa divenne, fra Cinque e Seicento, anche la minuscola cancelleresca italiana, sempre più dotata di forme ricurve e artificialmente allungate, legami complessi, maiuscole graficamente complicate, bolle ornamentali e grandi «curve convesse in alto». L’enfasi calligrafica non riguardò soltanto la cancelleresca italica, ma investì anche le corsive nordiche di tradizione gotica. Gloria Bordiga 12 Il culmine dell’esagerazione enfatica nell’uso di complicate «soprascritte», di testi epistolari quasi indecifrabili e di fittissimi groppi e «tratti» ornamentali è raggiunto dal Terzo libro delle cancelleresche corsive del prete senese Francesco Periccioli edito a Napoli nel 1619. Queste invenzioni grafiche rimasero limitate all’imitazione soltanto nelle lettere scritte ed emesse dalle cancellerie pubbliche e da alcuni segretari. Nel corso del XVII sec. la modellizzazione grafica della produzione epistolare passò gradatamente dalle mani dei puri calligrafi a quelle dei maestri elementari. Chi sa scrivere e leggere è potenzialmente un corrispondente, sia passivo, cioè ricevente, che attivo, cioè mittente di scritti. Frutto di questo moto furono anche la sempre maggior diffusione della produzione libraria corente e persino l’uso frequente di affiggere di notte manifesti manoscritti infiammati sulle porte di sngole abitazioni o pubblici esercizi, considerato un tipo di epistolari età anonima, criminale e deviata. Scriventi che ignoravano i dettami furono: ➢ Donne e semialfabeti ➢ Colti Le ragioni e i modi espressivi dell’epistolarità colta costituiscono di regola una interpretazione del tutto particolare e separata dalla realizzazione grafica della produzione e della stessa funzione della corrispondenza scritta. Essa è una interprestazione tesa a rivendicare e a realizzare altri e particolari valori identificativi della comunità socioculturale cui i mittenti ritenevano di appartenere. Si tratta di una ricerca letteraria puramente testuale, consistente in correttezza linguistica e ortografica, ordine dispositivo, uso contemporaneo o alternato di più lingue. Diverse erano le ragioni delle classi subalterne e delle donne alfabetizzate. Tale fenomeno si può definire nei fatti totale, in quanto basato su un’esperienza scolastica, linguistica e grafica, elementare o poco più, e su una pratica scrittoria quasi mai continuativa. Ciò comportava una evidente, funzionale estraneità a quello che può essere definito l’ordine epistolare tradizionale, che consisteva non soltanto nel linguaggio e nel rispetto formulare del dettato consueto e neppure nei fatti puramente grafici MA nella regolarità dell’impostazione spaziale nella pagina, nel rispetto dei margini, nell’allineamento complessivo del corpo del testo, fino a comprendere la regolarità dei formulazione e di disposizione degli indirizzi e persino delle consuete pratiche di spedizione. Fra Sei e Settecento la vera e propria massa dei corrispondenti era costituita da mittenti e destinatari non professionali, di livello socioculturale medio - basso, che adoperavano il mezzo epistolare per mantenere contatti affettivi o di interesse economico. Si manifesta un modo di scrivere più semplice, un processo di progressiva chiarificazione e di sostanziale maggiore asciuttezza dei modelli grafici e formali. Si trattò di un fenomeno progressivo che tese a superare la contrapposizione fra le due categorie di corrispondenti, quella dei colti e quella dei semialfabeti e delle donne alfabetizzate. Tale processo si è manifestato primariamente nei prodotti epistolari della cosiddetta classe dei colti. Il moderno capitalismo aveva bisogno di costruire e utilizzare una rete di informazione e di comunicazione sempre più ampia, generalizzata e rapida, con una semplicità esteriore, comprensibilità immediata, essenzialità del messaggio e assoluta chiarezza grafica. La realizzazione di questi requisiti formali caratterizzò l’aspetto ordinato, esteriore e materiale delle prime lettere che possiamo considerare borghesi, le cui principali caratteristiche sono: ➢ Misura immutabile degli spazi ➢ Geometrizzazione delle linee ➢ Comprensibilità immediata ➢ Regolarità immutabile dei segni alfabetici, degli spazi fra le parole, della punteggiatura, dell’uso delle maiuscole ➢ Eliminazione di ogni esagerazione calligrafica Sul piano grafico ci fu l’adozione del modello di scrittura costituito dalla cosiddetta corsiva inglese, che consisteva in una versione semplificata delle corsive francesi, inclinata a destra e qua e là legata, chiara e gradevole all’occhio. Gloria Bordiga 15 La progressiva generalizzazione dei processi di alfabetizzazione aveva portato anche i subalterni urbani a esercitare in qualche maniera il loro diritto all’uso della corrispondenza scritta, in modi, però diversi da quelli borghesi, spontanei, irregolari, occasionali, selvaggi, essi erano bollati come ridicoli e degradanti. I testi erano brevi, redatti con ortografie dialettali e irregolari, privi di punteggiatura e di maiuscole, impaginati in modo totalmente disordinato ecc. Le comunicazioni prodotte da subalterni semialfabeti sono caratterizzate anche da violazioni del codice espressivo normale della comunicazione borghese, quali l’uso della cartolina postale come mezzo preferito, quello della matita come strumento scrittorio, errori e approssimazioni frequenti. Due eventi incisero sull’uso della comunicazione scritta: ➢ Emigrazione oltreoceano ➢ Ingresso forzato di milioni di contadini coinvolti come militari nella I° guerra mondiale Per quanto riguarda i carteggi fra colti professionali è possibile individuare una specifica categoria di lettere che possono essere considerate testimonianze di sé, cioè di intenzioni e argomenti autobiografici. Esse sembrano tendere soprattutto a esorcizzare la paura dello scrivente della scomparsa fisica, estendendo e formalizzando la trasformazione di sé e della propria opera in modelli. Caratteristiche materiali di tali corrispondenze sono la lunghezza inusuale di ciascuna lettera, l’articolazione particolareggiata del discorso, le recriminazioni per la mancanza di spazio e di tempo, accenni lamentosi relativi alle difficoltà d’uso di determinati materiali e strumenti scrittorii, preoccupazione ossessiva per la qualità e il colore della carta. Nel corso del Novecento la comunicazione scritta fra colti assunse in alcuni casi una particolare caratterizzazione, derivata da un lato dalla rigida gerarchizzazione delle strutture universitarie e dall’altro dalla dipendenza della produzione editoriale di cultura. I carteggi colti italiani dell’Otto-Novecento possono appartenere a due diverse categorie: ➢ Contiene testimonianze di un rapporto ineguale (dipendenza di un corrispondente rispetto all’altro)→fittezza, complessità e ripetitività delle lettere dell’inferiore; rarità e secca concisione delle risposte del superiore; lettere petitorie e di un vero e proprio formulario che comprende in incipit di proclamazione di sudditanza, condito da ripetute espressioni di scuse e seguito da formule di elogio, da un nucleo centrale di singole o multiple richieste di aiuto, di concessione di favori e concluso da formule di saluto contenenti a volte accenni di natura augurale diretti ai familiari del destinatario. ➢ Rapporto fra eguali→confronto culturale Rapporto epistolare ineguale si fonda su tre fasi: ➢ Totale subalternità del minore ➢ Rapporto di parità ➢ Distacco con conseguente interruzione del rapporto comunicativo scritto. Carteggi intellettuali→spazio ampio occupato dalle cartoline postali; uso dell’autografia perfettamente impaginata; ricorso a carta da lettere intestata a stampa; l’adozione dell’apposizione nella datazione dell’anno della cosiddetta «era fascista», espressa in cifre romane e imposta come obbligatoria dal 29 ottobre 1927. IX- CRISI, SOFERENZE, PAURE 1. «Chiudersi nei giri della carta scritta» Nel corso del Novecento gli intellettuali non soltanto scrivevano di sé, MA anche come interpreti sensibili di un comune e crescente sentimento di disagio e di ansia di fronte all’incombente timore di una nuova crisi. Walter Benjamin→turbato dalla perdita della sua penna stilografici, indotto a scusarsi quando è costretto a scrivere una lettera a macchina. Sigmund Freud e Arnold Zweig→carteggio fitto tra i due dove domina la scrittura a mano Pier Paolo Pasolini→lettere rivelano non soltanto l’originalità del personaggio e del suo prepotente modo di «sfondare» nel contesto culturale italiano ed europeo, MA permettono di ricostruire le fasi Gloria Bordiga 16 dell’invenzione di una nuova e originale rivista sperimentale, «Officina», attraverso una vera e propria epopea epistolare. In realtà Pasolini ha sempre rappresentato nelle sue lettere la sua vita. Il suo uso della corrispondenza scritta rimase sempre originalmente autonomo, anche nell’alternarsi di autografia e dattilografia. La crisi del marxismo e dell’impegno politico succeduta agli eventi del 1956 caratterizzò alcuni dei più significativo carteggi intellettuali della seconda metà del Novecento. Non tutti gli intellettuali ignoravano la realtà sociopolitica che stava loro intorno; anzi, a volte la esaminavano servendosi in modo funzionale della comunicazione della comunicazione scritta come mezzo di analisi e di azione politica. Vi sono state nel corso del Novecento molte lettere se «fare» e del «resistere», molti carteggi intorno a concreti problemi dell’agire propriamente politico. (Theodore Dreiser e Antonio Gramsci) 2. Lettere straordinarie Lettere straordinarie = composte e spedite in condizioni anomale da persone per diverse ragioni sofferenti (sradicamento dalla famiglia, condizioni di angoscia, timore o certezza di morte). L’Europa ha conosciuto situazioni particolari di sofferenza, i cui sfortunati protagonisti trovarono sollievo o tentarono di ottenerlo con il mantenimento di legami attraverso la scrittura. Per quanto riguarda l’emigrazione popolare europea negli USA si può rinviare alle pagine destinate alla produzione di Attilio Bartoli Langeli, La scrittura dell’italiano, qui l’autore definisce questa epistolografia scorretta e incerta, ma abbondante di particolari e di richieste ansiose di informazione, scritta in un italiano popolare, approssimativo nell’impostazione generale e nell’uso della grammatica. Analoghe a queste sono le lettere sei soldati combattenti e dei prigionieri della I° guerra mondiale, fra cui si può notare l’abbondante uso di cartoline e di matite. Alla medesima situazione, ai medesimi mittenti e agli stessi sentimenti di rivolta appartengono le infiammanti «lettere al re», anonime, inviate di notevole numero a Vittorio Emanuele III dopo il periodo della Grande Guerra. Quella che può essere definita l’epistolarità bellica dei subalterni costituisce nel Novecento il «fiume carsico», cioè sotterraneo, dell’epistolarità contemporanea, anche per le sue diffuse e qualificanti caratteristiche, ovunque presenti, non soltanto di approssimazione linguistica MA anche di diversità materiale e grafica rispetto alla produzione epistolare borghese: matita, cartolina postale spesso illustrata, disordine immaginativo, assenza di punteggiatura, ripetizione di modelli scolastici oppure imitazione incerta dei modelli burocratici - manualistici. L’ultimo confine di queste espressioni singolari di sofferenza sono le «lettere della morte», quelle scritte da condannati alla pena capitale per esecuzione nel corso di situazioni belliche o per condanne a seguito di processi «legali». Da un punto di vista formale le ultime lettere dei partigiani italiani sono scritte per la maggior parte da giovani maschi, dotati in genere di un buono o sufficiente grado di alfabetizzazione. Queste lettere sono di lunghezza breve o media, di buona impaginazione, vergate in corrette esecuzioni di corsive scolastiche in uso. Per quanto riguarda gli argomenti trattati prevale l’espressione degli affetti domestici; seguono espressioni di rammarico e di scuse per la scelta volontariamente compiuta e anche dichiarazioni di fede religiosa, con la speranza di una comune vita futura nell’aldilà, nonché la rivendicazione della propria scelta politica. Del tutto anomalo è il caso delle lettere scritte da Aldo Moro durante la prigionia a seguito del sequestro da parte delle Brigate Rosse. Scrisse un gran numero di lettere che i suoi carcerieri fecero pervenire ai destinatari e anche agli organi di stampa. Le lettere furono 91 (51 inviate a personalità politiche e 40 a familiari, amici e moglie Eleonora) Gloria Bordiga 17 X- TOD UND VERKLÄRUNG (MORTE E TRASFIGURAZIONE) Negli ultimi decenni del Novecento si è assistito alla progressiva perdita di funzione e quindi alla scomparsa di quella ch possiamo definire la cortina di carta, almeno per quanto riguarda la comunicazione privata scritta a mano. Oggi la corrispondenza scritta a mano è scomparsa o è in via di estinzione. Il tipo di corrispondenza che ha sostituito quella cartacea è la cosiddetta e-mail, cioè la posta elettronica. Il cambiamento radicale nel mondo contemporaneo avanzato dal nuovo strumento elettronico di comunicazione riguarda anche la struttura e il formulario delle singole comunicazioni scritte. Le formule di cortesia e di saluto iniziali e conclusive sono abolite, il testo è ridotto al minimo, povero, schematico. Il sistema elettronico di comunicazione scritta ha difetti sostanziali, oltre che formali: ➢ Inaffidabilità→manipolabile dall’esterno ➢ Mancanza di garanzie di autenticità ➢ Privo di sottoscrizione autografa Per ovviare a tali inconvenienti si è provveduto a dare valore giuridico alla procedura della firma digitale. Un ulteriore mezzo di comunicazione scritta inviata per via telematica è costituito dall’SMS. La corrispondenza scritta a mano mantiene ancora oggi alcuni ambiti di uso propri e una specifica e non sostituibile funzionalità pure nelle società avanzate. Innanzitutto nell’ambito dei rapporti e degli ambienti familiari di vita comune, ove può manifestarsi in due modi: 1. Brevi messaggi di avvertimento scritti a mano e applicati con adesivi su pareti,mobili, frigoriferi ecc. costituiti solitamente da avvisi, elenchi di cose da fare o da acquistare e altre informazioni di carattere pratico 2. Vere e proprie lettere formali, di solito scritte a mano per rispetto del loro argomento, con l’intento di comunicare ad altri membri della famiglia decisioni irreversibili di grande importanza; abbandoni, fughe, suicidi ecc. A volte però anche tali messaggi possono essere scritti a computer. Altri indizi di un’ostinata vitalità della corrispondenza tradizionale possono essere riconosciuti in fenomeni di scrittura manuale che continuano a perpetuarsi: ➢ Penne per computer ➢ Aumento produzione di matite ➢ Ritorno romanzo epistolare
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