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Scultura in età moderna, Appunti di Storia dell'Arte Moderna

Appunti del corso di Arte Moderna modulo B in Scultura in età Moderna tenuto dal Professore Andrea Bacchi nell'A.A. 2022/2023 presso l'Università di Bologna, corso di laurea magistrale in Arti Visive (9071).

Tipologia: Appunti

2022/2023

Caricato il 13/04/2023

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robertabolcato 🇮🇹

4.4

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7 documenti

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Scarica Scultura in età moderna e più Appunti in PDF di Storia dell'Arte Moderna solo su Docsity! ARTE MODERNA modulo B SCULTURA IN ETÀ MODERNA (Andrea Bacchi) 6cfu 27 settembre 2022 [Roberto Longhi – Momenti della pittura bolognese Giorgio Vasari – Le vite Erwin Panofsky – Rinascimento e rinascenze nell’arte occidentale John Sherman – Manierismo Leo Steinberg – La sessualità di Cristo Luther Blissett – Q] La scultura è stata studiata meno rispetto alla pittura per alcuni pregiudizi sulla materia e anche per alcune questioni tecniche: • La scultura richiede una documentazione fotografica maggiore, più punti di vista, la luce giusta, per un quadro può bastare una buona foto • La scultura è meno presente nei musei perché è più legata ai monumenti • Ci sono meno opere in scultura perché è più lunga e complessa da realizzare • Nella scultura il concetto di autografia è più labile di quanto non sia in pittura: nella pittura la realizzazione è dovuta essenzialmente ad un unico artista che è poi colui che firma l’opera (non mancano i collaboratori per i grandi cicli di opere però solitamente ad un’opera corrisponde un artista); la scultura è una pratica artistica che implica, per sua natura, una squadra di collaboratori: chi cava il blocco di marmo, chi crea la prima sbozzatura, viene coinvolta un’officina, chi firma l’opera poi è essenzialmente chi realizza il bozzetto e ha l’idea à uno sculture non è mai da solo, cosa invece molto più comune nella pittura. Nella scultura esecuzione e autografia divine una cosa più insidiosa e complessa da analizzare. • Esiste un certo pregiudizio della cultura idealistica italiana (fine 800 inizio 900): Benedetto Croce sostiene che il genio dell’artista emerge tanto più quanto l’artista ha lavorato personalmente su quell’opera, ecco che la scultura, dove magari l’artista ha dato solo la forma finale, diventa poco sentita. Per Croce il grado più puro dell’artista è quello spirituale e quindi ciò che è più legato alla materialità come la scultura viene considerato di serie b. Roberto Longhi mette l’opera d’arte al centro e cerca di dire tutto ciò che può dire su quell’opera, fa un’analisi testuale e poi ricava una considerazione di tipo storico; Longhi ritiene che nella storia dell’arte vada fatta una gerarchizzazione: ci sono opere più importanti e opere meno importanti, come accade per esempio in letteratura. Longhi insegna come guardare un’opera. Giulio Carlo Argan, invece, mette l’opera d’arte subito nel suo contesto, la lettura dell’opera viene data un po' per acquisita, non interroga direttamente l’opera che è per lo più un segnale della cultura del tempo dell’opera stessa. Mette in atto una riflessione più di tipo filosofico e legata al mondo delle idee. à tutti e due, però, non hanno interesse per la scultura Nella prima metà del Novecento, dopo Adolfo Venturi, gli studi sulla scultura arrivano per lo più dal mondo tedesco-anglosassone. Bisogna aspettare gli anni ‘80 del Novecento per avere una generazione di storici dell’arte italiani che mettono la scultura al centro dei loro interessi (Giancarlo Gentilini, Francesco Caglioti, Tomaso Montanari, Cristiano Giometti). Vasari nelle Vite (1550) [partendo dalla fine del Duecento divide l’arte in tre età: da Cimabue a Lorenzo di Bicci; Jacopo Della Quercia, Perugino, Brunelleschi a Donatello] individua la maniera moderna nella terza età dell’arte da Leonardo, Raffaello a Michelangelo; la maniera moderna scaturisce dallo sviluppo del Quattrocento e anche, secondo Vasari, da una serie di scoperte archeologiche, soprattutto il Laocoonte: figura umana perfetta che esprime movimento, dramma, violenza. Con il Cinquecento entra in scena un senso di dramma nella rappresentazione umana. Vasari vede la storia dell’arte come un cammino di evoluzione rispetto al passato, in quest’ottica Cimabue è meno importante di Michelangelo; oggi sappiamo invece che l’importanza di un artista va individuata rispetto al tempo in cui lavora. La prima storia della scultura italiana esce nei primi vent’anni dell’Ottocento, scritta da Leopoldo Cicognara che mantiene lo stesso schema di Vasari: da un punto imperfetto a uno perfetto. Siamo nel Neoclassicismo, momento che rifiuta il momento precedente (Barocco): Cicognara fa partire il suo libro da Michelangelo (indicato come il medioevo della scultura) per arrivare alla resurrezione della scultura con Canova. Michelangelo Buonarroti (1475 – 1564), famoso fin dall’inizio, tanto che Vasari scrive la sua biografia finché l’artista è ancora in vita; nel fare ciò Vasari mette in atto un approccio storico, citando fonti. Nel libro Vasari afferma che Michelangelo ha lavorato per tre anni nella bottega di Ghirlandaio, a Michelangelo questa cosa non piace perché significa riconoscere che ha avuto un maestro che gli ha insegnato ciò che sa. Così Michelangelo fa scrivere lui stesso la sua biografia – Ascanio Condivi, Vita di Michelangelo (1553) – biografia attentissima anche se certe cose non voleva toccarle e sono state tralasciate. Michelangelo è l’artista che, forse più di altri, vuole nascondere i propri modelli, i punti di riferimento, per far vedere che la tecnica e la tradizione le ha perfettamente sedimentiate e le padroneggia egregiamente. La scultura da collezione è quasi sempre scultura antica perché la scultura moderna è molto legata ai monumenti: dipinti moderni e scultura antica; più facile era la collezione di bronzetti di età moderna. 29 settembre 2022 MICHELANGELO 1475 – 1564. Casa Buonarroti, Firenze. Su iniziativa di un nipote di Michelangelo la casa della sua famiglia è diventata, a inizio Seicento, una sorta di museo, di casa museo celebrativa dell’artista. Michelangelo è il primo artista la cui casa è stata conservata e diventa un museo. Lì vengono esposte le opere rimaste alla famiglia (Centauromachia e Madonna della scala) e i disegni, vengono anche realizzate delle raffigurazioni dei momenti salienti della sua vita. È un esempio precoce di un museo dedicato ad un unico artista, cosa rara per il Cinque-Seicento, un caso simile e parallelo nel Cinquecento è la casa di Vasari a Firenze, casa costruita con l’idea di essere mostrata e che da la proiezione dello stato scoiale del proprietario, diventa un’opera dell’artista. La casa di Michelangelo è più vecchia ma l’idea di renderla un museo è successiva rispetto a quella di Vasari. Battaglia dei centauri, Firenze Casa Buonarroti 1492ca. -> in marmo a mezzo rilievo (Condivi). Secondo il condivi appena l’opera fu finita Lorenzo de Medici morì (1492). Lo stile deriva dai sarcofagi di epoca classica; prevale l’idea del nudo eroico, studiare la figura umana nelle varie pose che essa può assumere. Così facendo però taglia fuori molti possibili temi come la possibilità di narrare, di descrivere, si concentra sulla figura umana. Scelta molto radicale ma che ha comunque un’enorme fortuna molto più tardi: Rodin parte da Michelangelo (la figura umana pura e il non- finito). L’opera è in casa Buonarroti per volontà di Leonardo nipote di Michelangelo. 1501 Michelangelo ritorna a Firenze. C’era una statua iniziata nel Quattrocento da Agostino di Duccio [artista che lavora alla decorazione del Tempo Malatestiano], era stato incaricato di eseguire una delle statue destinate agli sproni del Duomo fiorentino (idea che poi morì). Agostino però inizia solamente l’opera; venne assegnata ad Antonio Rossellino che morì prima di poterla toccare. Sarà quindi Michelangelo a finirla: David, Galleria dell’Accademia 1501-1504ca. -> Michelangelo, che torna da Roma, dove ha appena realizzato la Pietà, nella Firenze repubblicana, inizia a scolpire il David. Completata l’opera si decide di non metterla sugli speroni, si decide di dargli una maggiore visibilità vista la grandiosità dell’opera, la si metterà davanti al Palazzo Vecchio (questione collocazione: la parte dietro meno rifinita suggerisce una collocazione contro parete. C’è chi la voleva sul Duomo, chi nella Loggia dei Lanzi, chi al posto della Giuditta di Donatello davanti a Palazzo Vecchio, contro una parete. Si optò per quest’ultima collocazione, maggio 1504; nel giugno venne ordinato il basamento. 1873 collocata nelle Gallerie dell’Accademia). Condivi ci dice che la posa del David fu determinata dalla cavità già presente nel blocco di marmo; il marmo infatti era stato cavato nel 1466 per realizzare una statua gemella all’Ercole di Agostino di Duccio per ornare la tribuna del Duomo. Secondo Milanesi non fu Agostino di Duccio a “rovinare” il marmo ma Bartolomeo di Pietro, detto Baccellino (incaricato di sbozzare la statua a Carrara) [p. 313 Pope-Hennessy]. Proporzione e non dimensione. Un modello è sicuramente il David di Donatello. Tondo Doni (cornice originale) Uffizi 1504-05ca. -> unica opera pittorica certamente attribuita a Michelangelo (lo stesso committente, Agnolo Doni, commissiona il suo ritratto e della moglie a Raffaello). Pose mai troppo statiche, sempre la torsione, la tensione. Monumento funebre Giulio II, San Pietro in Vincoli Roma 1505-1545ca. -> era inizialmente pensato come free-standing (non addossato a parete). I progetti furono molti ma fanno parte del monumento effettivamente realizzato i due schiavi e gli altri prigioni meno finiti (finito-non finito-> Michelangelo come genio creatore che vivifica la materia; Rodin). Giulio II nel 1505, appena diventato papa, chiama Michelangelo a Roma per realizzare il suo monumento funebre (Roma contro cui si scaglia Lutero da lì a pochi anni, 1517), Giulio II pare abbia scelto il nome in onore di Giulio Cesare, numerosi riferimenti alla classicità. Il monumento funebre dovrebbe essere stato collocato sotto la cupola di Michelangelo a San Pietro (megalomania), Michelangelo fa molti progetti: 1. 1505. Il papa gli commissiona l’opera pare grazie all’intercessione di Giuliano da Sangallo. Dicembre scelta marmi a poi difficoltà nei pagamenti, somma anticipata dalla banca di Jacopo Galli. Nel 1506 Giulio II viene a Bologna per abbattere la signoria Bentivoglio, famiglia che era diventata una grande potenza (avevo un palazzo a Bologna, via Guasto). Giulio caccia la famiglia e poi distrugge il palazzo e Bologna diventa parte dello Stato della Chiesa. Giulio si dimostra molto potente, Michelangelo quindi non può non acconsentire alle sue richieste: viene a Bologna e si umilia davanti al papa, la pace è suggellata da una statua di bronzo del papa destinata alla facciata di San Petronio (opera distrutta con il temporaneo rientro dei Bentivoglio a Bologna). Giulio II fa tornare Michelangelo a Roma nel 1508 per la realizzazione della Cappella Sistina (1508-12). La volta era decorata come un cielo stellato (Sisto IV). Il Condivi ci parla di un monumento a pianta centrale con nicchie. Sopra statue legate come prigioni che dovevano rappresentare le arti liberali. Sopra ancora una cornice con quattro grandi statue tra cui il Mosè. In cima due angeli. La tomba era una sorta di tempietto che ospitava il sepolcro. 2. 1513. Muore Giulio II. Il primo progetto era sembrato troppo ambizioso, ridimensionato (da 47 a 40 figure): addossato al muro. Ogni faccia tre tabernacoli con due figure in ognuno; dodici pilastri e dodici figure. Al piano sopra cassone con quattro piedi e sei figure intorno. Sopra ancora una cappelletta con cinque figure. Nel contratto Michelangelo si impegnava a concludere l’opera in sette anni e a non intraprendere altri impegni. 3. 1516. Nuovo contratto, ridotto ancora nelle dimensioni e nove anni per il compimento. Monumento parietale. Risalgono a questo progetto i prigioni incompiuti all’Accademia (il prigione Giovane, Barbuto, che si desta e l’Atlante incatenato). 1520 iniziano progetti per Cappella Medici 4. 1525-26. Muore Leone X, diventa papa Adriano VI ripresa del progetto. Morto Adriano VI tornano i Medici al papato con Clemente VII e gli eredi Della Rovere fanno pressioni per far completare il sepolcro. Pare che nel 1525 Michelangelo volesse rinunciare al progetto ma nel 1526 presenta un nuovo progetto ulteriormente ridotto. 1527 Sacco di Roma 5. 1532. 1531 Michelangelo era disposto a progettare un nuovo monumento ma non a dirigerne i lavori. 1532 nuovo contratto: sei statue scolpite da Michelangelo e cinque da altri. Si era deciso di spostare il monumento in San Pietro in Vincoli. 1535-41 Giudizio Universale 6. 1542. Michelangelo chiede di affidare a Raffaello da Montelupo il compimento delle statue rimanenti. Forte tensione diplomatica tra Firenze e Roma. Fanno parte del monumento: • Mosè, 1513. Rientrava nel progetto iniziale ed era pensata per porla nel ripiano mediano, vederla a livello degli occhi la penalizza. Con le altre statue, doveva rappresentare le facoltà che assicurano l’immortalità agendo da intermediarie fra il mondo terrestre e quello trasnaturale. • Il prigione morente e il prigione ribelle. Iniziate nel 1513 destinate, il primo, alla lesena a sx dell’asse centrale e, il secondo, a una delle lesene laterali. Nel progetto 1532 erano pensati entro nicchie sulla facciata. 1546 Michelangelo li donò a Roberto Strozzi che la donò a Francesco I re di Francia. Secondo la descrizione del Condivi rappresentavano due delle arti liberali. Il prigione morente è accompagnato da una scimmia personificazione della pittura; Panofsky dice che anche il prigione ribelle ha una scimmia. Non è chiaro il significato gesti: arti in catene o si stanno liberando? • Il genio della vittoria. Risale al secondo progetto (nel primo erano previste Vittorie femminili), dovevano essere due gruppi (forse rispecchia quello che Danti fa nell’Onore che trionfa sulla falsità), eseguito solo questo. Dal confronto con le sculture Cappella Medicea probabile datazione 1521-23. Le foglie di quercia (rovere) sui capelli giovane testimoniano il significato politico dell’opera. • I 4 prigioni (giovane, barbuto, che si desta e Atlante incatenato). Datazione intorno al 1519. Secondo alcuni studiosi non sono tutti autografi di Michelangelo. Leonardo Buonarroti li donò a Cosimo I. Finirono per adornare il giardino di Boboli. • Vita contemplativa (Rachele) e Vita attiva (Lia), anni ’40. Vasari nel 1568 ci dice che nelle nicchie dove dovevano andare le Vittorie andarono queste statue. Figure e panneggi più sobri rispetto all’esuberanza del Mosè. Si sta spostando inconsciamente verso l’arte della Controriforma. • Madonna. Concepita per progetto 1532 fu lavorata da Sandro di Giovanni Fancelli e finita da Raffaello da Montelupo. • Profeta e Sibilla. Sbozzate da Michelangelo 1532-35, terminate da Raffaello da Montelupo. • Effige papale. Tommaso di Pietro Boscoli. Per Michelangelo l’antico non è mai una copia ma un punto di partenza per creare cose nuove, un’ispirazione. Cristo della Minerva, Roma Basilica di Santa Maria sopra Minerva 1519-20ca. -> realizzato per Metello Vari. Allogato nel 1514. Iniziò la prima versione a Roma ma la abbandonò nel 1516 perché il marmo aveva rivelato un’imperfezione sul volto. Sollecitato nel 1517 e 1518 e nuovamente nel 1519 (marzo) quando la statua era ancora da cominciare. La statua era pronta nell’aprile 1520 e giunse a destinazione nell’estate 1521. L’opera giunse con alcune parti da finire, terminate da Federigo Frizzi (aveva fatto il tabernacolo per la statua). La prima versione venne data a Metello Vari nel 1522. Il perizoma metallico è stato aggiunto in seguito, Michelangelo realizza il Cristo nudo come un eroe antico, la nudità divina era assolutamente casta. La statua della prima versione si trova a Bassano Romano nel Monastero di San Vincenzo, si pensa che questa versione sia stata rimaneggiata nella prima metà del Seicento in quanto è molto completa e rifinita, pare strano che Michelangelo fosse arrivato a definire così bene una statua che ha scartato. 11 ottobre 2022 Dopo la morte di papa Giulio II i successori sono due papa Medici: Leone X e Clemente VII (1522-23 papa Adriano VI); entrambi commissionano opere a Michelangelo sottraendolo al lavoro per il monumento funebre a Giulio II. Due sono i cantieri molto importanti: 1. Facciata di San Lorenzo a Firenze, progetto solo avviato. Chiesa in cui avevano lavorato Donatello, Brunelleschi, Verrocchio, luogo molto importante; la facciata era, a inizio Cinquecento, ancora da finire, resterà così. [Santa Maria del Fiore facciata finita a fine Ottocento, facciata di Santa Croce completata nella prima metà dell’Ottocento à si nota infatti la pulizia tipica dell’epoca neoclassica, sono un revival neorinascimentali dell’Ottocento]. Michelangelo fa progetti con molti marmi e rilievi, ma il progetto si interrompe: difficoltà del trasportare, dello scolpire, del lavorare. Inoltre sono progetti molto ambiziosi che non hanno tempo per essere realizzati. Nel mentre scolpisce il Cristo della Minerva. 2. Cantiere della Sacrestia Nuova in San Lorenza a Firenze, 1520-34. Si contrappone alla Sacrestia Vecchia di Brunelleschi. La S.N. nasce come cappella funeraria dei Medici su iniziativa di Leone X per onorare la morte in giovane età di Lorenzo duca d’Urbino e Giuliano duca di Nemours (rispettivamente nipote e fratello di Leone X). Qui avrebbe dovuto trovare posto anche Lorenzo il Magnifico (padre di Leone X) e il fratello Giuliano (padre di Clemente VII). Le trattative cominciano 1520; nell’aprile 1521 l’interno era completo fino all’architrave in pietra serena e a giugno 1521 furono spediti i primi marmi per le statue. Tra il 1525-26 le cose vanno a rilento fino ad interrompersi con Sacco di Roma 1527 e governo popolare a Firenze. 1530 ricominciano i lavori. Con la morte di Clemente VII 1534, il progetto si ridimensiona e Michelangelo si avvale di aiuti [Tribolo - Terra, Raffaello da Montelupo – San Damiano, Montorsoli]. Prima di settembre 1534 istallate le statue dei due Capitani; le allegorie furono piazzate nel 1546. Nel giugno 1559 le salme dei Magnifici furono poste nel monumento incompiuto. Il progetto fa riferimento alla Sagrestia Vecchia ma con delle novità: uso lesene in pietra serena; finestre inscritte nei lunettoni; uso sia di marmo bianco che di pietra serena grigia; edicole sopra le porte; la forma della cupola rimanda al Pantheon. Il complesso, interamente pensato da Michelangelo, ci da l’idea di come pensasse l’architettura, la scultura nell’architettura. Gli elementi architettonici hanno una dimensione scultorea; nicchie con dentro nulla, architettura severa, silenziosa che vuole incutere un senso di grande rispetto da parte di chi entra. Tensione nello spazio -> elementi più piccoli in basso ed elementi più carichi in alto. Progettazione: nel novembre 1520 Michelangelo studiava contemporaneamente due progetti, uno di un sepolcro unico a quattro facce al centro della cappella, e l’altro di quattro monumenti affidato nel 1504ca. a Michelangelo per creare una statua pendant con il David; 1525 papa Clemente VII affida il blocco a Bandinelli, iniziando la sbozzatura nel 1527; 1528 i Medici vengono cacciati da Firenze e la commissione torna a Michelangelo che elaborò il progetto per un Sansone che atterra due Filistei; 1534 ritornano i Medici, Michelangelo serve per la Cappella medicea e l’allogazione torna a Bandinelli. In uno dei primi progetti Bandinelli mostra una soluzione compositiva molto vicina a Michelangelo, molto dinamica; venne scartata in quanto il marmo risultò non adatto nelle dimensioni per quel progetto. Sceglie una composizione più statica e fissa, frontale, senza giochi di torsione, è più simile alla composizione del David di Donatello. Inizia a scolpire nel 1527 e termina nel 1534. 1° maggio l’opera viene collocata in Piazza della Signoria; Bandinelli decise di ritoccarla per rendere la muscolatura meno dolce. [colosso à 3 volte la figura umana (Cellini)] Il legame con Clemente VII è sempre più stretto. 1536 allogazione dei monumenti funebri di Leone X e di Clemente VII in Santa Maria sopra Minerva, Roma. Monumento di Leone X 1536-41 e Monumento di Clemente VII, con la morte di Clemente VII viene messa in discussione la commissione a Bandinelli per l’opera (tra gli altri si pensava a Lombardi). Andrea Doria come Nettuno 1529-37, non viene mai montato e l’opera resta a Carrara inconclusa, Vasari sottolinea l’inconcludenza di Bandinelli, sottolinea la sua incostanza creativa e volubilità. Monumento a Giovanni Dalle Bande Nere 1540-54, Piazza San Lorenzo Firenze, padre di Cosimo I de’ Medici, uomo militare e grandezza morale. Opera mai portata a termine, era riuscito entro il 1554 a posizionare nella Basilica di San Lorenzo a Firenze solo il piedistallo della. La statua verrà eretta solo nel 1621. Nel 1851 il monumento viene spostato all’esterno della Basilica. Il personaggio è rappresentato attraverso un filtro classico, come un imperatore romano; anche i rilievi sono di ispirazione romana. L’opera non viene completata perché Bandinelli viene ingaggiato in una serie di altri cantieri essendo diventato uno degli artisti di punta di Cosimo I. Cristo sorretto da Nicodemo [o Pietà] 1546-59, Santissima Annunziata Firenze, prima cappella a dx della tribuna. Parte del sepolcro che Baccio aveva progettato per se stesso. Cristo sorretto da Nicodemo sul ginocchio sx. In primo piano lancia, spugna, martello, tenaglie e chiodi. Sulla base festoni e stemmi; quattro teschi sugli angoli; sul retro rilievo di Bandinelli e la moglie. Il monumento si trova nella Cappella famiglia Pazzi prima dedicata a San Giacomo, ora alla Pietà. Opera antitetica rispetto alla pietà di Michelangelo. Pietà 1547-52, Santa Croce Firenze. Nettuno, 1558ca., Galleria Colonna Roma. Per il progetto di una fontana, fusione postuma. BENVENUTO CELLINI Firenze 1500-1571. Autobiografia. Inizia come orafo. 1519 va a Roma fino al 1540 con intervalli a Firenze, Venezia e Francia (1537). 1540-41 è di nuovo in Francia. 1545 torna a Firenze per allogazione Perseo e getta in bronzo busto Cosimo I. Saliera di Francesco I 1540-43, Vienna, una delle poche testimonianze di questa micro-scultura celliniana. Cellini è autore di un’autobiografia e interessanti sono gli affondi sui dettagli tecnici. Modellata per Ippolito d’Este, terminata per Francesco I di Francia. Guadagnatosi il favore del re di Francia realizza la Ninfa di Fontainebleau 1542-44, Louvre, concepita per il portale principale; la figura semi giacente ha rimandi michelangioleschi. Ritratto di Cosimo I de’ Medici 1545ca. Bargello Secondo l’autobiografia è un’opera fatta per fare esperienza con il bronzo prima di fare il Perseo. Cerca il favore del casato realizzando il ritratto del duca. Cellini si mette in competizione con Bandinelli con il Ritratto di Cosimo I, 1544 : Cellini tratta diversamente la parte bassa suggerisce un corpo (Bandinelli è più classicheggiante), in più il volto del Cosimo di Cellini suggerisce il movimento: capelli, sopracciglia, pupille, labbra, fiera concentrazione. Perseo 1545-54, Piazza della Signoria Firenze. Perseo è una figura a cui Cosimo aveva pensato di dedicare un’opera anche visti i rimandi alla sua storia personale (Cosimo I è riuscito a guadagnarsi il controllo di Firenze). L’opera viene affidata a Cellini e destinata a Piazza della Signoria, prima campata sinistra della Loggia dei Lanzi, nella campata di destra era collocata Giuditta e Oloferne di Donatello (sostituita poi con Ratto delle Sabine di Giambologna) -> gareggiare con Donatello significava gareggiare con l’artista fiorentino più importante dell’epoca e per la città. esistono due bozzetti della statua, uno in cera e uno in bronzo: le differenze sono nel cuscino ai piedi e nella torsione volto e piega gamba sx. Anche il piedistallo da prova delle capacità di orafo di Cellini: statue di Danae con Perseo fanciullo, Giove, Minerva e Mercurio. Sotto il piedistallo il basamento rilievo con Perseo che libera Andromeda. Ganimede 1548, Museo Nazionale del Bargello Firenze, una delle poche opera in marmo. Il torso è antico (II sec. d.C.) completato rendendolo qualcosa di nuovo [cos’è il restauro archeologico nel Cinquecento? Non è recupero e conservazione, spesso non rispettava l’originale soggetto. Esiste anche nel 500 l’apprezzamento del frammento in quanto tale, ma molto spesso le opere vengono completate – Laocoonte senza braccio – o reinterpretate. L’idea di completare il marmo archeologico nel 500 diventa quasi sistematico, restauro per ridare all’opera la grazia perduta]. Crocifisso 1556-62, monastero di San Lorenzo a El Escorial, Cristo di marmo bianchissimo su una croce di marmo nerissimo. Progettato per la propria tomba che voleva venisse ospitata nella Basilica di Santa Maria Novella a Firenze, ma alla sua morte nel 1571 fu sepolto nella Cappella di San Luca della confraternita dei Pittori. 1565 Crocifisso venduto a Cosimo I; 1576 Francesco I de’ Medici donò il crocifisso al re Filippo II di Spagna, per questo si trova all'Escorial. Braccia tagliate e risistemate, in origine era tutta d’un pezzo. Compattezza modellato, ritmo occhi, bocca aperta, sensualità che ritroviamo nella Medusa, è prodotto supremo della scultura manierista fiorentina. NICCOLÒ TRIBOLO Firenze 1497-1550. Apprendistato presso Jacopo Sansovino. 1524 attività a Roma al sepolcro di papa Adriano VI (Santa Maria dell’Anima). 1525-27 lavora a Bologna per i rilievi porte laterali in San Petronio. 1529 era stato ingaggiato a Loreto. 1546 responsabile della collocazione delle statue di Michelangelo nella Cappella Medicea. Dea della natura, 1528, Fontainebleau, dà le coordinate di Tribolo e della sua attività di decoratore di giardini e fontane. Tribolo ricerca un dialogo con la cultura contemporanea. Assunzione della Vergine 1537-38, Bologna San Petronio, Cappella delle reliquie. La Madonna sale in cielo, sotto gli apostoli. Realizzata per chiesa della Madonna di Galliera, viene trasferita a San Petronio nel 1746. Fontana di Ercole e Caco 1538-60, Villa Reale, Castello (Firenze). L’idea di popolare la scultura con putti (vedi Dea della Natura) ha avuto ritorno con Andrea del Sarto e contribuisce ad animare la scultura. I quattro putti di bronzo sono di Pierino Da Vinci; i quattro putti sul piedistallo sono di Antonio Lorenzi; il gruppo di Ercole e Caco è dell’Ammannati. PIERINO DA VINCI, Vinci 1529/30 – Pisa 1553, collaboratore di Tribolo. Dio fluviale, 1548ca. Louvre. Putti animati, statua di grandi dimensioni e a tutto tondo. Vasari la descrive come «un fiume giovane che tiene un vaso che getta acqua; ed è il vaso alzato da tre fanciulli». L'opera sarebbe stata apprezzata dalla duchessa Eleonora di Toledo e donata, assieme ad alcune opere del Tribolo, al fratello di lei García, che a Livorno la imbarcò per portarla nel giardino della sua villa a Napoli. Come Tribolo ha l’idea di lavorazione delicata delle fisionomie, ritorna Leonardo. Sansone che uccide il filisteo 1550ca, Palazzo Vecchio Firenze. Scolpita per Luca Martini. Richiama il bozzetto dell’Ercole e Caco di Michelangelo. veduta solo frontale, elimina ogni torsione. VINCENZO DE ROSSI, allievo di Bandinelli. Frammento della statua di Paolo IV Carafa 1555-59, Museo di Castel Sant’Angelo Roma, statua abbattuta dopo la morte del papa. Papa particolarmente inviso ai romani. La testa della statua fu buttata nel Tevere. Teseo ed Elena 1558-59, Giardino di Boboli Firenze, opera che dimostra uno scultore capace di rendere e riprodurre sentimenti. Ercole e Caco e Ercole e il Centauro, 1561-68 Palazzo Vecchio Firenze, per il progetto di una statua monumentale sulle fatiche di Ercole. Commissione abbandonata. Delle 12 fatiche ne furono realizzate solo 7. Queste non furono mai montate sulla struttura della fontana. 7 ottobre 2022 BARTOLOMEO AMMANNATI Settignano 1511 – Firenze 1592. Sappiamo che Ammannati, dopo l’apprendistato presso Bandinelli, seguì gli insegnamenti di Jacopo Sansovino (notizia che sappiamo grazie a Borghini ma di cui non abbiamo documentazione), probabilmente arrivando a Venezia già negli anni ’30. Verso la fine degli anni ‘30 lavora per il duca Francesco Maria I della Rovere. Leda e il cigno, 1536 Museo Nazionale del Bargello Firenze, piccola statuina in marmo, risente dell’invenzione michelangiolesca ma allo stesso tempo si notano ricerche coloristiche come panneggi, affondi, delicato tratto anatomico che risentono della collaborazione con Sansovino. Ammannati fa ritorno per breve tempo a Firenze negli anni ’40. In quell’occasione realizza il Monumenti a Mario Nari, 1540-42, Museo Nazionale del Bargello Firenze, monumento funebre di Mario Nari (giovane morto in duello). L’opera doveva essere composta dall’allegoria della Vittoria (giovane donna che calpesta un prigioniero), due fanciulli (oggi perduti) e la figura del defunto giacente sopra la tomba. Il sepolcro, probabilmente commissionato dalla famiglia, fu terminato nel 1542, epoca in cui si decise di collocare il corpo nella Cappella San Nicolò alla SS. Annunziata a Firenze. La tomba, mai scoperta a causa di un divieto ecclesiastico che non permetteva di ereggere nelle chiese monumenti a persone morte in duello, fu smantellata nel 1584. Vittoria -> leggere stacciature nei panneggi, la composizione richiama lo stile di Sansovino. Mario Nari giacente -> rimanda alle figure giacenti delle statue di Sansovino a Santa Maria del Popolo. Dopo il ritorno temporaneo in Veneto, tra Padova e Venezia, verso gli anni ’50 Ammannati approda a Roma. Anni romani che permettono a Ammannati di imporsi come uno dei più famosi scultori. La sua fama cresce, viene richiesto dal duca Cosimo I a Firenze diventando artista di fiducia, gli commissiona la Fontana di Giunone (1555-60). Ammannati progettò la fontana che doveva essere posizionata davanti alla Tribuna del Bandinelli dentro la Sala Grande di Palazzo Vecchio (parete sud) [oggi Salone dei Cinquecento]. Un lavoro grandioso «ricco e bellissimo ornamento di colonne e di statue di marmo e di bronzo» - Vasari. La fontana non verrà mai portata a termine e mai montata nel salone. Francesco I de Medici decise di montare questa struttura presso la Villa di Pratolino. Al centro troneggia Cerere con ai lati le personificazioni del fiume Arno e della Fonte del Parnaso che allude ai territori di Siena che erano stati conquistati da Cosimo. La Prudenza nelle vesti di un giovinotto fa da pendant a Flora che qui fu pensata come allegoria di Firenze. In alto seduta sull’arcobaleno di marmo c’è Giunone in mezzo a due pavoni. Ercole e Caco 1559-60 per la fontana di Tribolo della Villa di Castello (Firenze), Ammannati nel completamento della fontana aveva vinto contro Montorsoli e Danti. Marte 1560, Uffizi -> opera di cui non sappiamo praticamente nulla della storia originaria (committenza, destinazione). Una nota di spesa del giugno 1559 dà notizia del trasporto da casa dell’Ammannati alla fonderia della Sapienza «d’una forma di terra da gittare uno Marte di bronzo», offrendo un riferimento cronologico che porrebbe l’esecuzione del Marte al tempo in cui Ammannati era impegnato nei lavori per la Fontana grande di Palazzo Vecchio; forse Marte doveva far parte rapisse», Giambologna decise di realizzare questa statua unicamente per dimostrare le sue capacità, sfidava Michelangelo nuovamente sul fronte della scultura monolitica, della torsione. Giambologna diede dopo un soggetto alla statua in quanto non poteva esporla senza un soggetto. Fu allora che Giambologna realizzò anche il basamento con degli episodi del mito. Si vede il rimando al Toro Farnese. Il superamento di Michelangelo sta nel fatto che Giambologna aveva concepito la scultura come godibile da tutti i punti di vista, non solo da un punto di vista privilegiato. Esistono vari bozzetti dell’opera che vanno via via consolidando la struttura: partendo da un gruppo di due figure con la donna sollevata in aria (1579), si arriva al modello più solido con tre figure. Crocifisso 1594, Santissima Annunziata Firenze -> parte dell’intera decorazione del sacello. Crocifisso 1593, Monaco -> apertura europea dell’artista che si espande anche grazie agli allievi. 13 ottobre 2022 JACOPO SANSOVINO Firenze 1486 – Venezia 1570. Nasce a Firenze e la sua prima attività sta a Firenze-Roma insieme ad Andrea Sansovino; nel 1527 approda a Venezia dopo il sacco di Roma (episodio che chiude bruscamente l’attività degli artisti nella città, diaspora degli artisti -> lo stile nato a Roma diventa europeo). Venezia era ricchissima, aveva una propria arte: 1204 entrata dei veneziani a Costantinopoli saccheggiando il gruppo dei tetrarchi e i cavalli di San Marco -> sancisce di fatto Venezia come nuova Costantinopoli e quindi grande capitale cristiana. Venezia luogo di commerci, di cultura, culto dell’antico, uno dei primi luoghi al mondo in cui viene fondata una biblioteca pubblica. Venezia non aveva avuto all’inizio del Cinquecento personalità come Donatello, Michelangelo e Raffaello, la scultura e architettura erano ancora legati al passato. La Venezia degli anni ’20 del Cinquecento è all’avanguardia per quanto riguarda pittura e scultura, non per l’architettura. J. Sansovino cambia l’aspetto della città nei luoghi più importanti (dai palazzi pubblici e monumentali alle semplici case), dà un nuovo volto alla città portando le novità da Roma e Firenze e adattandole al luogo. In questi anni c’è un gruppo di politici veneziani che vedono la città come una nuova Roma. Antonio e Tullio Lombardo (protagonisti della scultura e architettura a Venezia prima di Sansovino), Monumento funerario del doge Andrea Vendramin, Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo1493 ca. Jacopo Sansovino e Alessandro Vittoria, Monumento al doge Francesco Venier, Chiesa di San Salvador, 1554-56 à si nota il debito e il rispetto di Sansovino alla tradizione veneziana. Caratteristica dell’arte veneziana è la policromia dei marmi come in questi due monumenti. Bacco, 1511-12ca., Bargello -> 1512 pagamento. Ispirata all’antico ma con aspetto quasi danzante rispetto a Michelangelo. Eseguito per il giardino di Giovanni Bartolini, Vasari ci dice che, per realizzarlo, Jacopo si mise a ritrarre dal vivo un garzone; inoltre il braccio sollevato è un elemento di grande difficoltà. Giovanni però morì così l’opera venne donata a Cosimo. Andrea Sansovino (da Monte San Savino), maestro di Sansovino, Vergine, Bambino e Sant’Anna (terzo pilastro sx della navata centrale della chiesa di Sant’Agostino a Roma) sotto al profeta Isaia di Raffaello (ha appena visto il Giudizio Universale di Michelangelo – Vasari). Opera commissionata da Johann Goritz (probabilmente insieme all’affresco di Raffaello). Vasari la descrive come un’opera bellissima: la vecchia ha viva allegrezza, Maria una bellezza divina e Cristo perfezione e leggiadria. Questo gruppo fino a qualche anno fa non era sotto Raffaello ma nella seconda cappella a sx della Chiesa di Sant’Agostino accanto alla Madonna con Bambino [o Madonna del parto], 1518-20ca, Chiesa Sant’Agostino Roma, di Jacopo Sansovino, molto simile ma mostra un carattere più eroico del bambino, senso più ricco dei panneggi, la Vergine sembra una matrona romana. Progettò anche la nicchia. 1527 va a Venezia, le commissioni più importanti sono dello stato: • La Zecca, simbolo del potere economico. Edificio severo con la facciata tutta di marmo: bugnato in basso e nei due ordini superiori colonne fasciate. Sansovino capisce l’importanza delle finestre per il lavoro negli edifici pubblici. • La Biblioteca Marciana, il primo nucleo della biblioteca è costituito dalla donazione che il cardinal Bessarione fece nel 1468 alla Repubblica di Venezia "ad communem hominum utilitatem" (per il bene comune degli uomini): diventa una biblioteca pubblica, segno del peso dato, da Venezia, alla cultura. Affianca la Zecca e si affaccia su Palazzo Ducale (denaro e cultura). Architettura più ricca e decorata, statue nelle finestre, corona l’edificio con balaustra e statue. Sala Cinquecentesca di lettura, pitture che alludono alle varie discipline, arti su cui lavorano vari artisti (es. Veronese, Tintoretto). à entrando a Venezia si aveva da un lato la Zecca e la Biblioteca dall’altro il Palazzo Ducale. • Procuratie, edifici della piazza, erano uffici. Solo in parte progettate ed eseguite da Sansovino (scultorea pittorica, timpani, colonne, pilastri sculture scolpite negli intradossi delle finestre, metope, triglifi). Di fronte ci sono le procuratie quattrocentesche, si perde la monumentalità. La parte di unione che da di fronte a San Marco è ottocentesca, costruita al posto della chiesa di san Giminiano. à sembrano edifici romani trasportati ed adattati a Venezia, monumentalità dell’edificio romano ma riaccordato al luogo. 1528 Jacopo riceve il primo incarico veneto, Padova Basilica del Santo, Cappella di Sant’Antonio (Cappella dell’Arca). Tullio Lombardo, opera tarda 1525, scolpita due anni prima dell’arrivo di Sansovino, Il miracolo del cuore dell’avaro (Sant’Antonio). Cappella decorata con una serie di rilievi in marmo con vari episodi della vita del Santo. Decorazione finita nella metà del Cinquecento. Jacopo Sansovino esegue il Miracolo del bambino Parisio, 1528. Rilievo iniziato da Antonio Minelli nel 1512, fu il primo lavoro del Sansovino quando giunse a Venezia. Le figure a sx sono per lo più del Minelli ad eccezione della testa del Santo modificata dal Sansovino. Riconducibile a Sansovino è anche l’uomo con la rete, la madre genuflessa e la donna col bambino affianco. Miracolo della fanciulla Carilla, [allogato 1536] 1557-62 (la parte architettonica sopra era di inizio Cinquecento). Il ritardo tra commissione ed esecuzione può essere dovuto al lavoro alla Loggetta. Sansovino rimane molto legato alla sua educazione fiorentina. Madonna della Loggetta, 1545ca., Museo di S. Marco (prima si trovava nella Loggia del campanile ma il crollo dello stesso nel 1902 ha causato lo spostamento) confronto con Madonna della scala di Andrea del Sarto 1522ca. Sansovino è in dialogo con il pittore e meno con Michelangelo. Madonna dell’Arsenale 1534 confronto con Michelangelo Madonna con Gesù Bambino, Bruges, 1503-05. Loggetta del campanile di San Marco 1537-40 (1545 vennero inserite le 4 figure bronzee) -> rilievi con allegorie delle virtù dello Stato veneziano. Le statue Apollo, è un’interpretazione non michelangiolesca del soggetto, manca il dramma, la tensione che ci sono in Michelangelo. La decorazione comprendeva (modifiche nel Seicento - Longhena, e nel Settecento): nelle nicchie della facciata le statuette bronzee di (da sx) Pallade, Apollo, Mercurio e Pace [programma iconografico molto lontano da Michelangelo] [l’Apollo è ripreso da un modello classico]; piccoli rilievi sopra le nicchie; piccoli rilievi sotto le nicchie simboleggianti i domini veneziani; elementi decorativi delle colonne; tre grandi rilievi sopra le arcate (da sx) Giove sull’isola di Candia, Venere con due dei fluviali, Venere sull’isola di Cipro. Alla realizzazione collaborarono Girolamo Lombardo, Danese Cattaneo, Tiziano Minio. Cortile del palazzo ducale, scala dei giganti: Nettuno e Marte, allogati 31 luglio 1554 e pronti prima del 12 gennaio 1567 (fonti parlano di pagamenti a quella data). Dovevano avere rispettivamente un tridente e una lancia che però non ci sono pervenute. Per il Nettuno è utile un confronto con il vecchio a sx nel rilievo del Miracolo della fanciulla Carilla. Madonna con Gesù Bambino e Santi 1535ca. C’è la realizzazione di sculture per la devozione privata, cosa che manca in Michelangelo. Rilievi cantorie o tribune San Marco, a dx e sx del coro, disegnate da J. Sansovino e decorate con otto rilievi bronzei: San Marco libera l’ossesso, S. Marco primo pergolo, 1535-38 e San Marco e il miracolo della liberazione dello schiavo, è negli anni ‘30 modello per Tintoretto. Si nota un riferimento ai rilievi di Donatello a Padova nella Basilica del Santo. In Sansovino ci sono Raffaello, il suo maestro, Donatello e i modelli quattrocenteschi, in parte Michelangelo. Porta della sacrestia di San Marco, 1545ca., il rimando è alle porte di Ghiberti e soprattutto quella del Paradiso. Due registri: Resurrezione + a sx San Giovanni e l’aquila e a dx San Matteo e l’angelo e due putti; Seppellimento + a sx San Marco e il leone e a dx San Luca e il toro. I registri sono scanditi da tre bande orizzontali con un profeta al centro e teste virili in forte aggetto ai lati. Altri toscani in Veneto: Bartolomeo Ammannati arriva a Padova negli anni ’40 del Cinquecento. Il Mantova-Benavides gli commissiona una statua dell’Ercole, 1545ca. -> statua molto più grande del vero che doveva richiamare i colossi dell’antichità (David di Michelangelo, Bandinelli, Cellini); idea tipicamente manierista che allo stesso modo vuole il colosso e la statua che sta su un’unghia. Monumento Mantova-Benavides, Eremitani Padova 1545ca. Si formano intorno a Jacopo Sansovino: DANESE CATTANEO Carrara 1509ca. – Padova 1573. Diventa allievo di Sansovino a Roma, lo seguì a Venezia lavorando con lui alla Biblioteca e Loggetta. Collabora anche alla decorazione in stucco della Cappella Sant’Antonio accanto a Tiziano Minio. Lavora a Verona al Monumento Fregoso in Sant’Anastasia. Realizza anche il Monumento a Leonardo Loredan (1517-72) con la collaborazione di Girolamo Campagna. A lui si devono alcuni dei busti più importanti del Monumento ad Alessandro Contarini, Santo Padova, 1555-58, su progetto di Michele Sanmicheli. Monumento complesso, il busto è scolpito da Cattaneo, 1553. È nel secondo quarto del Cinquecento che prende piede il fenomeno del busto all’antica. Il busto quattrocentesco ha come partenza il busto reliquiario (Donatello) che è sempre un busto che si appoggia al piano e ciò si ritrova anche nei busti-ritratti (Mino da Fiesole). I busti antichi erano stondati in basso che evoca di più la persona rispetto al taglio che fa capire che si tratta di un oggetto. Busto di Lazzara Bonamico, 1554, Museo Civico Bassano del Grappa. Prima a Padova. Busto di Pietro Bembo, 1548, S. Antonio Padova, per Monumento a Bembo del Sanmicheli. Cardinale di famiglia veneta importante. Nel libro: Monumento a Leonardo Loredan, Chiesa dei SS. Giovanni e Paolo, Venezia. Altare Fregoso, Chiesa Sant’Anastasia, Verona. ALESSANDRO VITTORIA Trento 1525 – Venezia 1608. Vero e proprio allievo di Jacopo Sansovino (Venezia 1543). Collabora alla Libreria di S. Marco e nella lunetta del Monumento Venier (S. Salvador, 1554-56). Abile stuccatore, Palazzo Thiene, Vicenza 1552-53. Le medaglie e le monete possono essere fatte a cera persa o con il conio. Il retro delle medaglie solitamente aveva delle allegorie che davano il significato del ruolo del personaggio. Arriva a Milano e incontra Carlo V lavorando per la corte dal 1550ca. fino alla morte. Non si dimentica di essere toscano, si reca comunque spesse volte in Toscana, realizza una Medaglia a Michelangelo, 1561. A Milano realizza una serie di opere, oggi per lo più al Prado, di cui però non sappiamo bene l’utilizzo, il significato. Sintonia con il naturalismo nordico. Emerge in questo contesto il cosiddetto state portrait, il ritratto di stato, ritratto dove l’accento è sulla posizione sociale del personaggio e non sulla sua soggettività. Leone comunque ha un’attenzione alla fisionomia ma non esprime i pensieri, interessa la posizione, il ruolo. Statua di Carlo V e il Furore, 1551-55, Prado. Immagine del sovrano che deve vincere le proprie intemperanze, idea umanistica del sovrano-filosofo. Nel Furore riesce a rendere anche le gocce di sudore sulla fronte. La statua può essere svestita, l’armatura si può togliere: idea della nudità classica come eroismo; Milano era uno dei centri più importanti di produzione di armature (tra questi Filippo Negroli), armatori e scultori erano, nel Cinquecento, sullo stesso piano: Leone ha dimostrato di essere un grande scultore ma anche armatore. (Medaglia di Cellini per il re di Francia che tiene legato il furore: idea propria del rinascimento). Leone era poco più giovane di Cellini ed era l’artista con cui era in competizione, fiorentini e scultori di bronzo. 18 ottobre 2022 Realizza poi una serie di statue tanto in bronzo quanto in marmo che rappresentano la moglie di Carlo V – Isabella di Castiglia, 1555, Prado, quasi più interessato al ricamo che alla resa del volto imperturbabile – e la sorella Maria d’Ungheria, 1553-64, Prado, non sappiamo bene quale fosse la destinazione di queste statue, sono statue a grandezza naturale, forse una cosa simile a quella fatta dall’Imperatore Massimiliano d’Asburgo a Innsbruck per il monumento funerario. Filippo II, 1551-53, Prado -> sandalo all’antica, armatura all’antica che ha lungo il bordo una serie di placchette, mascheroni: la fonderia di Leone Leoni a Milano è impegnata per anni. Casa degli Omenoni a Milano, 1565, casa di Leone Leoni, casa che era anche luogo di una collezione di opere d’arte dell’artista, aveva opere di Correggio e di altri; possedeva anche calchi al vero di alcune delle statue più importanti di Roma (Laocoonte, Torso del Belvedere, …) oggi all’ingresso della Galleria Ambrosiana. Ingresso: ai lati ingresso due cariatidi maschili mezza figura + sei cariatidi barbute visibili fino al ginocchio. Sopra la finestra centrale un rilievo con satiro divorato da leoni (simbolo del Leoni che sconfigge invidia e vizio). Gli omenoni sono prigionieri ispirati ai prigionieri barbari che si vedevano nei palazzi romani in età imperiale. Leone era molto amato da Vasari: viaggia per l’Italia e a Milano va da Leone lodandolo per la sua collezione che lo ha elevato allo stato signorile, intellettuale. [Rapporto scultura-architettura: sì nell’antichità (cariatidi), non nel medioevo (soprattutto assenza di statue), con le grandi cattedrali dal XII secolo le statue vanno a sostituire i pilastri]. Nonostante abbia lavorato per lo più a Milano, numerose sue opere sono in Spagna questo perché lavora principalmente per Carlo V. Monumento a Gian Giacomo Medici, 1560-63, Duomo di Milano, Cappella Medici. Commissionato nel 1559 da papa Pio IV (Giovanni Angelo de’ Medici), fratello di Gian Giacomo [condottiero italiano che divenne un famoso generale in Spagna]. Unica opera importante rimasta a Milano. Sepoltura suntuosa con al centro la figura del condottiero vittorioso, a sinistra l’allegoria della Virtù Militare (sx) e a destra della Pace (dx). Ci sono poi due festoni, due rilievi con Aurora e Crepuscolo; figure della Fama (sx) e della Prudenza (dx). Al centro rilievo con Adorazione dei Magi. Vasari dice che il disegno del monumento è di Michelangelo; secondo Celio Malespini [Dugento Novelle 1609] Michelangelo rifiutò l’assegnazione e suggerì Leone Leoni. Una lettera di Leone a Michelangelo (26 agosto 1526) fa pensare che Michelangelo si interessasse al procedere dei lavori. Statua di Ferrante Gonzaga trionfante sull’Invidia, 1556-64, Piazza Roma a Guastalla -> uomo di fiducia di Carlo V d’Asburgo che lo nominò viceré di Sicilia dal 1535 al 1546 e governatore di Milano dal 1546 al 1554; dal 1539 fu sovrano della contea di Guastalla. Il Gonzaga (primo dell'illustre casata) è raffigurato nell'atto di calpestare un satiro, simbolo del vizio, ed un'idra decapitata che raffigura l'invidia e la calunnia. È rappresentato lui che sconfigge il nemico con un’aria molto pensierosa, simile al Carlo V. Madrid fondata come capitale nel 1561. Dopo Carlo V, Filippo II continua lo sviluppo di Madrid e sceglie come residenza l’Escorial, convento di san Lorenzo dell’Escorial, lontano da tutto, gigantesco, con una chiesa al centro, edificio severissimo, tutti i cortili richiamano il martirio di San Lorenzo. La ricchezza proveniente dalle nuove scoperte geografiche spagnole porta il regno ad essere ricchissimo e lo si vede dalla ricchezza delle chiese, delle opere contrapponendosi alla figura di Filippo II che sceglie uno stile di vita molto austero (si vestiva semplice di nero, solo lui poteva vestire di nero). Chiesa di San Lorenzo dell’Escorial, enorme altare su 4 ordini, pitture quasi tutte italiane. Figure dei santi e apostoli e sopra sculture della crocefissione. Statue di una suntuosità senza pari di bronzo e di bronzo dorato. Statue realizzate da Leone Leoni che manda il figlio Pompeo a vedere dove sarebbero state collocate. Le pitture dietro le sculture della crocifissione sono di Luca Giordano, pittore napoletano. POMPEO LEONI 1531 – 1608. [figlio] 1551 a servizio del Granvella a Innsbruck, 1556 Bruxelles col padre, poi in Spagna. 1579 venne incaricato di erigere l’Altare Maggiore dell’Escorial (statue fuse a Milano col padre, 1582), montato nel 1589-91. Dopo di che gli vengono commissionati i monumenti funerari di Carlo V e della famiglia (a sx altare maggiore) e di Filippo II e della famiglia (a dx altare maggiore), entrambi all’Escorial, maggio 1598. Strutture con pietra non troppo suntuosa che crea una sorta di cappella, e sotto le statue delle famiglie che pregano. A sx Carlo V genuflesso con Imperatrice Isabella, dietro Eleonora di Francia, Maria di Ungheria e la figlia Maria (moglie dell’Imperatore Massimiliano). A dx Filippo II genuflesso con Anna d’Austria (quarta moglie), dietro Isabella di Valois (terza moglie) e Maria di Portogallo (prima moglie) più figlio Don Carlos. Stemma araldico grandissimo (con l’agnellino simbolo del Toson d’oro), più grande delle figure umane. Statue molto dettagliate, vene delle tempie di Carlo V, la barba, sono veri ritratti ma non traspare emozione dal volto. Bronzo dorato. La scultura a Roma nel Cinquecento (metà e secondo Cinquecento) Michelangelo era modello assoluto, senza allievi. La presenza stessa di Michelangelo blocca lo sviluppo della scultura a Roma che rimane un po' schiacciata dalla presenza e fama dell’artista: tutti hanno paura di imitarlo e allo stesso tempo di fare cose diverse. L’unico scultore che davvero emerge è GUGLIELMO DELLA PORTA 1500- 1577. Lombardo, si forma a Genova, una delle città più ricche d’Europa soprattutto nel Cinquecento per gli stretti rapporti con la Spagna. A Genova si lavorava molto la scultura perché poi la si poteva trasportare facilmente ovunque, facendola direttamente lì non c’era il costo del trasporto via terra, in più è vicina a Carrara. Molti scultori scendevano dalla Lombardia e si spostavano a Genova. [In Lombardia ci sono molte cave di pietra, nascono e crescono numerosi scultori, dal medioevo alle epoche più recenti: Tullio Lombardo, maestri comacini, Borromini. Molti di questi erano lavoratori stagionali, andavano a lavorare nei cantieri e poi tornavano nelle valli comacine, è anche per questo che sopravvisse a lungo questa tradizione. Da lì vengono i migliori stuccatori. Residenze in Inghilterra, Irlanda, Svezia, Boemia, Russi, Italia erano realizzate da stuccatori lombardi, parte più settentrionale]. Guglielmo lavora per Doria accanto a Pierino del Vaga. Nel 1537 arriva a Roma. Lavora sia il bronzo che il marmo. A Roma riesce a diventare amico di Michelangelo e poi a entrare nelle grazie del papa Paolo III Farnese, grandissimo mecenate e committente. Gli commissiona il Monumento funerario a papa Paolo III Farnese, 1549-74ca. Roma San Pietro, il papa non lo vedrà, eretto da Cardinale Alessandro Farnese nel 1575. Era stato pensato come un monumento isolato (1549. 1550-51 esiste un modello in legno). Nel 1553 la statua bronzea del papa era pronta. 1565ca. papa Gregorio XIII autorizzò l’erezione del sepolcro isolato nella navata dx. In seguito la tomba venne smontata e rimontata affianco al pilone sotto la cupola. Nel 1628 fu spostata nell’abside di San Pietro in pendant al sepolcro di Urbano VIII del Bernini. Monumento senza sarcofago, figure allegoriche in marmo bianco (Giustizia e Prudenza), statua del papa in bronzo. Rispetto a Michelangelo non c’è più la grandiosa monumentalità, scelta di fare enormi vesti e con un’espressività diversa da Leoni. Realizzare l’effigie in bronzo voleva dire prendere completamente le distanze da Michelangelo che, all’epoca, era ancora vivo. Marmo bianco, pietra colorata, bronzo: ricchezza cromatica del tutto estranea a Michelangelo. Lo spunto per fare queste cose diverse arriva dagli edifici antichi di Roma stessa. Da perfetto manierista si cimenta anche in forme piccole, Cassetta Farnese, Museo Archeologico di Napoli (tra il 1786 ed il 1788 Ferdinando IV – re di Napoli e di Sicilia – riuscì, nonostante le vive proteste e l'opposizione di papa Pio VI, a trasferire da Roma a Napoli le ricche e importanti collezioni di antichità farnesiane ereditate da sua nonna Elisabetta Farnese. Ciò richiese un progetto di ampliamento del museo nel Settecento; i Farnese di estinguono e una farnese sposa il re di Spagna così rivendicano i regni di Parma e Piacenza. La collezione farnese viene portata a Napoli. L’ultima Medici, quando la dinastia si sta estinguendo decide che tutte le opere possedute dalla famiglia devono restare alla città di Firenze). Cassetta progettata da Guglielmo, capolavoro della cultura manierista, oggetto piccolo ma preziosissimo. Busto di Paolo III a Napoli 1546-7. Sceglie la policromia, testa bianca, manto giallo che richiama l’oro. Fortuna della scultura colorata. Sul piviale ci sono davanti le allegorie dell’Abbondanza, Pace, Vittoria e Giustizia; sulle spalle Storie di Mosè (a dx Tavole della legge e a sx Morte degli Egizi). Girolamo Cassignola, seguace di dalla Porta, realizza il Monumento a Paolo IV Carafa, Santa Maria sopra Minerva -> naturalismo del volto ricorda la scultura antica. Pan attribuito a Cassignola, confronto volto papa. 20 ottobre 2022 Scultura nella Roma di fine Cinquecento e inizio Seicento A Roma la scultura e l’architettura sono su un fronte di retroguardia rispetto alla pittura che cambierà radicalmente con l’arrivo dei Carracci e di Caravaggio. Nel primo decennio del Seicento, con Rubens si ha il terzo grande arrivo di novità pittorica a Roma. Per gli italiani l’arte barocca è una parte dell’arte del Seicento che non è caravaggesca, che non è classicista (Carracci, Domenichino): coinvolgimento intellettuale e anche emotivo. Barocco come scelta di stile, parte del Sei-Settecento. Nel mondo anglosassone il barocco è tutto il Seicento, quindi: Caravaggio, Carracci, Rembrandt, Bernini. Il BAROCCO nasce a Roma tra fine Cinquecento e inizio Seicento. Roma nel primo decennio del XVII sec. è capitale artistica europea dove convergono artisti da tutto il mondo: fiamminghi, olandesi, tedeschi, spagnoli, giungono per vedere le antichità, Raffaello, e vedere cosa stavano come i piedi, il fermaglio sulla spalla sx, i capelli dei bambini alla sua sx. Statua di Silvestro Aldobrandini, il padre, avvocato, le allegorie erano di altri due scultori (Carità di Valsoldino e Prudenza di Ippolito Buzio). San Sebastiano, Cappella Aldobrandini, 1603-08 (non finito) -> capelli, barba e piede dx non ultimati, in più ha ancora i ponticelli tra le dita della mano sx. Questo perché le statue spesso erano rifinite una volta posizionate nella loro sede. In questo caso i lavori della Cappella si arrestarono dopo la morte di Clemente VIII e Cordier non si sentì in obbligo di terminare le rifiniture, visto che era anche stato pagato meno del previsto. Paolo V 1612-13, piazza Cavour Rimini -> ricca di particolari. Fusa da Sebastiano Sebastiani che ricevette 2000 dei 2800 scudi pagati per l’opera, a lui quindi spettarono le spese di nettatura, del materiale, di fusione, riparazione, unione delle parti e collocazione. Cordier fa opere in parte antiche integrate come per la statua nella Chiesa di Santa Agnese fuori le mura: ad un torso antico (segno del culto antico) lui mette una testa di bronzo. Fa statue pensate per le collezioni da mettere con le state antiche: Zingarella a Versailles e Roma -> marmo grigio, bianco e nero. Morte di Seneca attribuita a Cordier, Louvre -> proviene dalla collezione Borghese che venne venduta da Camillo II Borghese (marito di Paolina Bonaparte, cognato di Napoleone) a Napoleone all’inizio del XVIII sec. Il Louvre comprendendo l’importanza del nucleo delle sculture miste di Cordier non le ha disperse. Alla fine del Cinquecento a Roma si trova una testa di vecchio in marmo nero, raffigura probabilmente un pescatore (II sec.), che a inizio Seicento si crede rappresenti Seneca. Probabilmente Cordier, partendo dalla testa, crea una statua che eternava la morte eroica di Seneca che si taglia le vene e continua a insegnare (lo storico che non teme la morte). C’è da sottolineare che in Europa, a inizio Seicento, c’è un revival neo-storico di Seneca a cui partecipa Rubens. È tanto forte il tema dell’antico in questo periodo che Rubens si rifà alla scultura; adatta la pittura al modello scultoreo. Oggi sappiamo che la scultura non è antica e che non rappresenta Seneca. 21 ottobre 2022 FRANCESCO MOCHI Montevarchi 1580 – Roma 1654. Mochi si doveva essere formato a Firenze e viene spedito a Orvieto (città periferica, nell’orbita di Roma) da un cardinale Farnese che aveva riconosciuto il suo valore e lo appoggiava. A inizio Seicento Mochi è a Roma e viene conosciuto dal cardinale. Le sue opere presentano un’espressione soprattutto drammatica. Chi lo considera un pre- barocco (da delimitare); chi lo vede come epigono di un’arte passata, ultimo continuatore dell’organicismo toscano, disegnativo e volumetrico ancora manieristico e michelangiolesco. C’è anche chi lo trova affine al Caravaggio. Non si conoscono opere precedenti all’Annunciazione. Annunciazione (l’Angelo annunciante e la Vergine annunciata), 1605-08 sculture Duomo di Orvieto (nell’Ottocento vengono spostate a Spoleto perché si vuole ridare al duomo l’aspetto gotico originario sull’onda del ritorno dell’arte medievale che si ha nel XIX secolo con movimenti come i Preraffaeliti e i Nazzareni. Questa cultura della purezza gotica ha anche fatto danni cancellando numerose opere soprattutto gli stucchi cinque-seicenteschi). I panneggi taglienti dell’Angelo suggeriscono il volo, hanno derivazione manierista ma c’è una carica innovativa che non deve nulla a Michelangelo ma che punta al dinamismo del Seicento, forse qualcosa ricorda Giambologna. Poggia su una nuvola, cade la spallina della veste. La Vergine sembra più legata alla tradizione ma c’è l’elemento della sedia in bilico (riferimento a San Matteo e l’Angelo di Caravaggio 1600) per indicare che Maria di è alzata di scatto. L’Annunziata nello schema classico, volto severo, rimanda a Michelangelo; si aggiunge l’interesse per l’espressione psicologica. L’Angelo spazio e dinamismo. Difficile equilibrio tra realismo e fantasia, tra penetrazione psicologica e astrazione. Santa Marta, 1615-16ca., si trova nella Cappella Barberini (voluta dal Cardinale Maffeo Barberini prima di essere papa Urbano VIII) nella Basilica di Sant’Andrea della Valle a Roma (basilica costruita tra il 1590 e il 1650 sul luogo dove precedentemente sorgeva una piccola chiesa dedicata a San Sebastiano e indicata come prima sepoltura del martire) -> la santa è raffigurata mentre sconfigge il drago che aveva appena ucciso un giovane. Panneggio di lunghe pieghe; la misura limitata delle nicchie ha portato il Mochi ad optare per una figura piegata. Negli anni dell’affermazione di Bernini, Mochi non è a Roma ma a Piacenza. Lì realizza due monumenti equestri 1612-20ca.: • Monumento equestre a Ranuccio I Farnese -> panneggio più misurato. Il cavallo ha la gamba dx anteriore nel vuoto, la testa girata a dx e la coda vira a sx. Ranuccio regge il bastone del comando a dx e volge il volto in fuori a sx. I due pannelli decorativi del basamento mescolano la resa prospettica, lo stiacciato ed elementi più moderni come alberi e nuvole, sono allegorie del Buon Governo e della Pace, gruppi vari su sfondo di portici, rilievo bassissimo (Giambologna Firenze). • Monumento equestre a Alessandro Farnese -> soggetto già defunto, maggiore libertà. Panneggio più ampio e mosso come fosse sferzato dal vento nel campo di battaglia, cavallo reso in modo simmetrico a quello del Ranuccio. Confronto con Cosimo di Giambologna. Rimando al ritratto di Giovan Carlo Doria di Rubens realizzato nel 1606, soluzione e complessità che la scultura non riesce ad avere ma Mochi è quanto di più vicino a Rubens prossimo trovare. Le due lastre decorative del basamento rimandano alla pittura di paesaggio in modo molto evidente e raffigurano le imprese belliche: Incontro con gli ambasciatori inglesi e Ponte sulla Schelda; in quest’ultimo il ponte di navi, episodio risalente al periodo della guerra nei Paesi Bassi, veduta rara nella scultura. à monumenti commissionati da Ranuccio (signore di Parma e Piacenza) per omaggiare la memoria del padre defunto, Alessandro Farnese. Mochi fa viaggi a Padova per vedere il monumento a Gattamelata e a Venezia a vedere il Bartolomeo Colleoni di Verrocchio e i cavalli bronzei di San Marco. In più conosceva bene il Marco Aurelio del Campidoglio. Bambini che portano gli stemmi alla base, nuove interpretazioni dell’idea del putto. PIETRO BERNINI Sesto Fiorentino 1562 – Roma 1629. Non originalità di Mochi ma molto importante, padre di Gian Lorenzo Bernini. Fiorentino, va a Roma poi a Napoli (1584). Nel 1605 si trasferì a Roma con la famiglia. Si forma tra Firenze e Roma, predisposizione all’eclettismo. Madonna col Bambino e san Giovannino (fino ai primi decenni del XIX era situata nel cortile interno del Quarto del Priore a Napoli, oggi al Museo San Martino) confronto con l’Incoronazione della Vergine (1615) del Cavalier d’Arpino. Pietro è ancora tardo manierista con torsione, allungamento. Invenzione bizzarra di figure che si sovrappongono sghembe, fattura luminosa superfici. Composizione a spirale vivificata da pittoricismo e rapporto emotivo personaggi. Assunta, 1608-10, Roma Santa Maria Maggiore, Battistero -> allogato 1606. Enorme rilievo che doveva essere posto all’esterno di Santa Maria Maggiore poi posizionato in una cappella che oggi è il battistero della chiesa [dipinto Assunzione della Vergine del Cavalier d’Arpino, panneggi simili] -> panneggi anti naturalistici, artificiosi, manieristi. Agitazione angioletti, capelli e barbe ricciute, incontro continuo del chiaroscuro. Pose eccessive, lascia i buchi dei trapano a vista – come scultura antica – per creare chiaro-scuro. Dal passaggio tra il primo piano e lo sfondo le figure si fanno sempre meno aggettanti. Piccolo modellino in marmo, 1610, Accademia Carrara Bergamo, opera che apparteneva a Zeri. Opera eccezionale nella storia della scultura italiana perché è un bozzetto in marmo e non in terracotta o cera, prende il blocco di marmo scolpisce qualche colpo [Baglione p. 305]. I due bambini giocano con due animali: una specie di drago e un’aquila, due animali araldici della famiglia Borghese per cui lavora molto Pietro Bernini, realizza per loro molte statue da giardino, probabilmente è un modellino per una statua da giardino. Monumento a Clemente VIII nella Cappella Paolina -> cariatidi, panneggi riconoscibili, capigliature; rilievo incoronazione Clemente VIII. Incoronazione di Clemente VIII 1612-14ca., [incoronazione Paolo V Buzio estremamente frontale e geometrico]-> molto vivace, scolpisce il coro, personaggi disposti irregolarmente, differenzia le superfici. In primo piano tre figure, due che parlano: idea nuova, vestiti suntuosissimi, uso incessante del trapano che crea chiaro-scuro (capelli, colletto, maniche). La formazione di Gian Lorenzo viene tutta nella bottega del padre, si crede che la testa del papa possa averla fatta lui. Padre e figlio realizzano insieme Priapo (o Vertumno) e Flora per parco di Villa Borghese, oggi al Metropolitan Museum -> sono ricordate già nel 1650 come opere di Pietro e Gian Lorenzo insieme. A Gian Lorenzo si devono i frutti e i fiori, esito di esperimenti sul vero e con la conoscenza del Caravaggio. GIAN LORENZO BERNINI Napoli 1598 – Roma 1680. Additato già a 25 come il nuovo Michelangelo, alla morte la sua carriera non era all’apice come invece era successo per Michelangelo. Le biografie dedicate a Bernini sono senza dubbio volute dallo stesso artista: una di Filippo Baldinucci (esce subito dopo la morte di Lorenzo dedicata alla regina Cristina di Svezia) e una fatta dal figlio Domenico (uscita molto dopo la morte). In queste biografie si parla pochissimo di Pietro, e scrivendo queste biografie voleva riportare in alto la sua fama e negare di avere auto un apprendistato. Gian Lorenzo bara tantissimo sulle date dandosi una precocità che non ha avuto. Parte dalla ricerca realistica e dallo studio del classico. Satiro molestato da putti, (Pietro e Gian Lorenzo), compare sul mercato negli anni ’70. Viene citata prima come opera di artista che si ispira a Giambologna poi come scultura di inizio Novecento. Zeri la attribuisce ai Bernini [dipinto Sant’Elena 1602, di Rubens, Cattedrale di Grasse proviene dalla Basilica di Santa Croce in Gerusalemme a Roma, il bambino che regge la croce rimanda nella posa alla scultura dei Bernini]. Dopo l’acquisizione viene trovato un disegno di un artista francese del Settecento che raffigura il gruppo del Fauno scrivendo in basso «in casa Bernini». Bernini nelle biografie tace questa statua che vede tutti i giorni in casa sua, nasconde tutta l’esperienza che aveva avuto accanto al padre. L’aspetto della statua che parla più di Gian Lorenzo è la differenziazione e ricchezza delle superfici. Se gli scultori manieristi supplivano alla mancanza di differenziazione con marmi colorati lui lavorando le superfici. Composizione abile e virtuosistica, senso della profondità e del movimento, nettezza dei piani, freschezza e vigore di certi particolari. Quattro stagioni in Villa Aldobrandini. Interesse per le espressioni e riflessi emotivi: San Lorenzo sulla graticola, San Sebastiano, Putto morso dal pesce, Anima beata e Anima dannata. Giovan Battista Santoni probabilmente primo ritratto di Bernini, non ha una data, sappiamo che è posteriore al 1610. Busto di vecchio chirurgo fiorentino in San Giovanni dei Fiorentini, 1612ca. Trovato negli anni ’60, Levin trova dei documenti che parlano di un pagamento nel 1612 per questa statua a Pietro: la critica è divisa tra chi dice che è del padre chi che il pagamento è fatto al padre ma realizzata dal figlio. Putto con dragone, Pietro e Gian Lorenzo, 1617 -> il retro sembrerebbe più di Gian Lorenzo. San Sebastiano 1617, Madrid Museo Thyssen -> probabilmente per la cappella Barberini di Santa Andrea della Valle, la basilica infatti sorgerebbe sopra un’antica chiesa a San Sebastiano. Il corpo è un omaggio al cristo nella pietà di Michelangelo. 1623 Maffeo diventa papa Urbano VIII (1623-44), e se ci ricordiamo di lui in modo anche positivo (abiura di Galileo) è merito delle sue commissioni a Bernini. Urbano VIII sosteneva che Bernini era pronto anche a diventare architetto, secondo Montanari perché non vuole che facesse più figura lascive; ma sicuramente è perché le capacità di Bernini sono evidenti. Urbano VIII non lo lancia subito in San Pietro, ma nel restauro di una chiesa paleocristiana nel luogo dove era morta santa Bibiana: Facciata di Santa Bibiana, 1624-26. Molto semplice, elementi decorativi nei pilastri. Emergono caratteristiche che ritroviamo dopo à forte senso degli aggetti, gioco dei piani, idea da scultore, si capisce che è uno scultore che si cimenta con l’architettura. L’interno ha una navata molto antica, colonne romane, affreschi tra cui Petro da Cortona. Altare con statua di santa Bibiana (1622-25ca., stessi anni di Apollo e Dafne), nicchia di marmo nero, colonna simbolo del martirio. Confronto con quadro di Rubens. Bernini già qui studia punti di illuminazione (finestrella) che illumina la statua in modo nascosto a noi: studiare l’allestimento di una statua fin nei più piccoli dettagli à cantiere molto sperimentale e dove Bernini ragiona sugli spazi. Sappiamo che già all’altezza di Apollo e Dafne Bernini aveva un collaboratore, Giuliano Finelli. Negli anni ’20 è il collaboratore principale, poi si stacca. Busto di Francesco Barberini, 1623, National Gallery of Art, Washington. Busto di Maria Barberini Duglioli, 1627. Cugina del papa morta giovane, il suo busto (Louvre) è molto discusso: chi lo da tutto a Bernini, chi in collaborazione, chi tutto a Finelli. Il virtuosismo è straordinario (colletto); scomparso nell’Ottocento perché venduto. Ricompare in una città del nord della Francia come scultura ottocentesca in un museo dedicato al ricamo. Finelli e Barberini litigano. Finelli realizza il Busto di Michelangelo Buonarroti il Giovane, 1629-30ca., nipote di Michelangelo che crea il museo in casa Buonarroti. Era nella cerchia Barberini e vediamo l’ape sul colletto (simbolo Barberini). Le capacità tecniche sono pari a Bernini, ci dimentichiamo del marmo, ma la composizione del busto è meno movimentata rispetto a Bernini e non è così forte l’espressione psicologica. Con Urbano VIII (Maffeo Barberini), Bernini ha un padrone assoluto. La seconda metà degli anni ‘20, Bernini viene chiamato da Urbano VIII per lavorare in San Pietro, per progettare gli altari. [Bernini ridisegna il percorso del visitatore a Roma: angeli di ponte sant’Angelo]. Bernini è occupato nel cantiere a dirigere tante persone, e quindi, è lui stesso a dirlo, dal 1625 al 1632 quasi non lavora più come scultore, riprende a scolpire per realizzare il Busto di Urbano VIII, 1632-33, (Palazzo Barberini): semplifica l’abito del papa (prima venivano rappresentati con il mantello papale), rappresenta la mozzetta (in pittura Raffaello – Giulio II), scolpisce in un unico blocco il busto e il piedistallo e dà le tracce precise per posizionare la scultura. Agli inizi anni ‘30 ripensa anche la ritrattistica attraverso due busti: • Scipione borghese, 1632, Galleria Borghese -> 2 versioni, il primo blocco di marmo presentava una grande crepa nella fronte e lo riscolpisce. Più vivace il primo. Regalo a Scipione. • Costanza Piccolomini Bonarelli, 1637-38ca., Museo Nazionale del Bargello. Donna con cui Bernini ha una relazione [moglie di Matteo Bonarelli, fonditore]. Il committente è l’artista stesso, non era mai accaduto che un artista scolpisse per se stesso un’opera, è accaduto con la pittura ma mai con la scultura. La donna venne sorpresa a letto con il fratello di Bernini dallo stesso artista e questi la sfregiò; dopo essersi curata lei diventa commerciante d’arte. Novità: non è ritratta una persona di altissimo rango. Rende riscontrabile e da un’inflessione artistica manifesta a un sentimento personale in un ritratto scultoreo anticipando un carattere tipicamente romantico. à crea un nuovo tipo di busto che rientrano nella speaking likeness, somiglianza parlante: quando sta finendo di parlare o cominciando a parlare. 27 ottobre 2022 Urbano VIII capisce che Bernini può essere utile per mettere in opera grandi strutture monumentali. Dall’epoca di Giulio II era aperto il cantiere di San Pietro; restavano da realizzare gli altari più importanti della Basilica: • la zona del Baldacchino, 1624-33, sotto la cupola (area che nell’idea di Giulio II e Michelangelo doveva essere destinata al monumento allo stesso Giulio II). Il Baldacchino sorge sul presunto luogo di sepoltura del Santo. Il Baldacchino lascia scorgere quello che c’è in fondo (Cattedra). A inizio Seicento c’era un altare provvisorio che era un vero baldacchino (legno, metallo, stoffa). Bisognava fare un altare gigantesco. In un primo tempo si pensava di farlo con delle colonne tortili, parte dell’antico allestimento costantiniano di san Pietro, che si riteneva non fossero dell’epoca di Costantino ma che fossero le colonne dell’antico tempio di Gerusalemme. Queste colonne (1624-27) però erano troppo piccole (vengono impiegate nelle balconate). Bernini quindi decide di copiare le colonne su una scala molto maggiore [28m] e fonderle in bronzo (per recuperare tutto il bronzo necessario alla realizzazione del Baldacchino, e quindi far fronte ad un costo altissimo, è stata rimossa la copertura del Panteon («Ciò che non fecero i Barbari, fecero i Barberini»), furono fuse da due modelli lignei divisi in cinque pezzi poi assemblati. Una struttura monumentale però risulta pesante à Bernini quindi introduce le colonne tortili e la parte superiore non è un tetto ma finge il baldacchino in stoffa, realizza in bronzo l’effetto stoffa. Se le colonne furono eseguite in breve tempo, il lavoro rallentò quando si doveva decidere come chiudere il baldacchino: Bernini voleva costoloni e all’incrocio un’enorme statua del Cristo Risorto, ma la statua era troppo pesante, così viene posizionata una croce e sfera (c’è un’ape che regge la sfera). Disegno a Vienna riferito a un collaboratore di Bernini: tra essi non solo fonditori e doratori, ma anche architetti, maestri di varie discipline, Francesco Borromini (nipote di Maderno). Si pensa che le volute che chiudono il baldacchino siano riferibili a Borromini. Nel disegno c’erano stemmi nella parte alta che poi vengono realizzati sulla parte bassa. Le colonne sono piene di foglie e api, alloro e api sono simboli dei Barberini. Il fatto di chiamarlo baldacchino, di imitare le nappe di stoffa, è molto singolare perché, fino a quel momento si costruivano apparati effimeri dove con materiali poveri si imitavano materiali ricchi, Bernini fa il contrario, da vero barocco, rovescia: con materiale ricco imita il materiale povero (la nappa la fa in bronzo) -> spiazzare lo spettatore. Bernini stipulò contratti con i più esperti fonditori per la fusione delle colonne: Giacomo Laurenziani, Orazio Albrici, Ambrogio Lucenti, Innocenzo Albertino. Insieme alle colonne furono fusi gli angeli soprastanti. I putti sono di ottone cavo. Il coronamento è in legno Del baldacchino sappiamo tutto perché finanziato da san Pietro: libri di conti. • Logge delle Reliquie. Sotto i quattro pilastri del baldacchino ci sono le reliquie di quattro importanti santi: Sant’Elena (parte della Croce), Santa Veronica (Volto Santo), San Longino (la Lancia), Sant’Andrea (la Testa). Fanno corona a san Pietro. Ai lati quattro balconcini su cui venivano esposte le reliquie e a cui corrispondono le statue dei quattro Santi. Andrea Bolgi realizza la Sant’Elena (2 blocchi di marmo) (la realizzazione era stata promessa da Bernini a Finelli, cambia poi in favore di Bolgi suscitando il malcontento di Finelli), Francesco Mochi realizza la Santa Veronica (3 blocchi di marmo) [movimento, in parte ispirato al classico. Controvento, contraddizione rispetto all’ambiente architettonico, la Veronica si agita in modo strano], Francesco Duquesnoy realizza il Sant’Andrea (2 blocchi di marmo) e BERNINI realizza il San Longino, 1629ca., (2 blocchi di marmo) unica opera all’interno di San Pietro interamente realizzata da lui: alta circa 4m è una delle pochissime opere berniniane non ex uno lapide (braccia, busto, panneggi). Vediamo al massimo la raffigurazione del momento cruciale, Longino, centurione romano, che appena toccato Cristo capisce che è il figlio di Dio e si converte. Il panneggio allude allo stato emotivo della persona, “stile sublime” amplificazione dei sentimenti, impeto grandioso ed eloquente, rivela lo studio del Laocoonte e delle statue imperiali romane. È senza dubbio la statua che dialoga di più con lo spazio, è come se Longino guardando in alto invitasse a guardare la cupola. Nel Seicento è stato quasi più apprezzato il Sant’Andrea rispetto a San Longino, gusto più semplice, all’antica. I realizzatori delle statue avevano una maggiore autonomia rispetto a quelli che realizzano i rilievi degli altari. Dovendo scolpire una statua molto grande e vista da lontano, il marmo non è lavoratissimo come nelle altre sculture: lavora il marmo con la gradina. Per una visione da lontano è meglio un marmo meno lucidato perché crea contrasti chiaroscurali diversi e migliori. Nei balconi tra le colonne costantiniane ci sono rilievi in marmo bianco posizionate su sfondi marmorei colorati (giallo). Abbiamo un modello (legno e stucco), in scala uno a uno, che Bernini fa per i rilievi: si dovevano valutare aspetti estetici e strutturali, capire se le figure erano proporzionate, la pesantezza, mostrava al committente l’idea. Questi modelli li fa per quasi tutto quello che fa in san Pietro. A inizio Settecento papa Clemente XI aveva creato un museo dei modelli, dura meno di 20 anni e non resta quasi nulla [resta quello di sant’Andrea]. I modelli servivano anche per realizzare esattamente quello che lui aveva progettato dato che personalmente Bernini ha realizzato ben poco a San Pietro. Mochi torna da Piacenza a Roma nella seconda metà degli anni ’20 e trova una Roma cambiata da Bernini. I rapporti con Bernini erano pessimi. Modo di concepire movimento e dramma molto diverso da Bernini. San Giovanni battista, a Dresda, probabilmente commissionata dai Barberini ma non si sa bene per cosa, forse per sostituire la statua del San Giovanni di Pietro Bernini nella chiesa di Sant’Andrea della Valle. Mochi muore negli anni ‘50, ottiene poche commissioni e nessuna ha successo: san Pietro e san Paolo per la basilica di san paolo, restano nel suo studio e vengono poi collocati all’aperto. Battesimo di Cristo 1630-40 per San Giovanni dei Fiorentini altar maggiore, resta nel suo studio e viene poi collocata su Ponte Milvio antico. Mochi aveva dei protettori che gli hanno dato delle commissioni ma non ebbe successo. • Sepolcro di Urbano VIII, 1628-47, San Pietro -> Urbano VIII commissiona a Bernini anche il proprio monumento funebre, finito dopo la morte del papa, accanto all’altare maggiore. Confronto Paolo V cappella Paolina. Il monumento riprende lo schema michelangiolesco del sarcofago, statua e figure allegoriche: di diverso c’è la ricchezza e la diversità dei materiali. La figura della morte che scrive il nome del papa, poi le Virtù, Giustizia e Carità, vitali in marmo bianco; il papa e la morte realizzate in bronzo. Lettura dell’opera da parte di Leopoldo Cicognara, grande sostenitore di Canova (ppt), critica la ricchezza di panneggi. • l’altare maggiore dove verrà posizionata la Cattedra di San Pietro, 1657-66 (contiene la cattedra longobarda), risultato del lavoro di gruppo di molti artisti su guida e modelli di Bernini. Tra le paraste enormi si finge un’apertura da cui si sprigionano i raggi, le nuvole e gli angeli in stucco dorato. Vetrata con colomba dello Spirito Santo. La cattedra è sostenuta da quattro Padri della Chiesa. Inizialmente si era pensato di decorare l’altare con una pala di Guido Reni, ma poi si è optato per l’altare reliquiario. In un momento come quello successivo alla guerra dei 30 anni la unico viaggio documentato che fa è a Parigi, 3 mesi. Viaggio documentato da un’interprete (Chantelou) che scrive tutto ciò che Bernini fa e dice: è l’artista che fa e che parla. Arrivato a Parigi realizza un terzo progetto; poi il Louvre viene fatto da Perrault. Nel terzo progetto di Bernini nella parte inferiore dell’edificio, lo zoccolo del palazzo era come roccioso come se l’edificio nascesse dalla montagna. A Roma realizza questa cosa a Palazzo Montecitorio. Viaggi che è tutto sommato un insuccesso, la Francia si sente finalmente autonoma e si stacca dall’Italia. Bernini realizza il Busto di Luigi XIV, 1665, Museo Nazionale di Château -> realizzazione dell’opera meglio documentata di Bernini. L’opera è un successo. Oggi la base non è originale, doveva poggiare su una base rotonda per simboleggiare il mondo (non viene realizzata). Monumento equestre di Luigi XIV, realizzato in Italia poi spedito in Francia quando Bernini era già morto. Il cavallo è al galoppo, il sovrano in atto di comando. Il monumento non piace al sovrano, viene relegato in fondo ai giardini di Versailles; lo trova troppo mosso. La caratteristica di Bernini non viene più apprezzata nella Francia di Luigi XIV che apprezza opere – sia in architettura sia in scultura – più regolari, più semplici. 1655 muore Innocenzo X e diventa papa Alessandro VII, Fabio Chigi, formatosi nell’ambito della famiglia Barberini, commissiona a Bernini il Colonnato di Piazza San Pietro, 1657-73. In un primo momento Bernini aveva progettato di chiudere la piazza con un terzo braccio. È pensata come idea della chiesa che abbraccia i propri fedeli. (Via della conciliazione era ancora piena di edifici, Spina di Borgo -> rendeva lo sfocio sulla piazza più sorprendente e stupefacente). Statue in travertino sopra il colonnato, Bernini dà qualche disegno e la realizzazione è affidata a collaboratori [Lazzaro Morelli, Paolo Naldini, Andrea Baratta, Giuseppe Mazzuoli]. Bernini aveva concepito le statue come più di una semplice decorazione. Compare il nome del pontefice e gli stemmi della famiglia Chigi. Colonnato su quattro file. Monumento funebre di Alessandro VII in San Pietro 1678 -> eseguita da altri su modelli berniniani, la figura della Verità, longilinea e quasi estenuata, denuncia l’impronta di Bernini: modellato finissimo, viso, mano sx e capelli. La Carità è di Giuseppe Mazzuoli (p.106 Cellini 1). Statue del Ponte Sant’Angelo, 1667-70, Roma -> Bernini progetta ma realizza solo l’Angelo con il cartiglio (di cui abbiamo il bozzetto) e l’Angelo con la corona di Spine. Quando il papa vede le statue realizzate da Bernini dice che sono troppo belle per essere esposte all’aperto così restano nella bottega di Bernini e finiscono poi nella Basilica di Sant’Andrea delle Fratte. I panneggi sono sempre più mossi e arricciati. Lavorano qui Antonio Raggi [realizza l’Angelo con la colonna, variando in parte il disegno di Bernini. Il panneggio è alzato come da un colpo di vento ed è davvero un gioco oggetto di meraviglia fine a se stesso], Ercole Ferrata [realizza l’Angelo con la croce, molto vicino alle intenzioni di Bernini], Paolo Naldini [Angelo con la veste e i dadi e copia dell’Angelo con la corona], Domenico Guidi, allievo di Algardi [Angelo con la lancia, non ha mai collaborato in un cantiere berniniano; il panneggio, la posa, lo rendono quasi bidimensionale, più composto]. Libertà per gli scultori che dovevano attenersi al progetto berniniano ma potevano esprimere la loro personalità. Costantino, 1670ca., Scala Regia Vaticano. Voluta da Innocenzo X realizzata sotto Clemente X. Suscita critiche per eccesso di fantasia e al contempo di realismo. Busto di Gabriele Fonseca, 1670, Roma San Lorenzo in Lucina. Era medico personale di Innocenzo X, vicino di casa di Bernini. Personaggio importante, un aristocratico a cui Bernini progetta tutta la Cappella Fonseca e realizza questo busto. Personaggio che per l’eternità è nella cappella a pregare: emerge dalla nicchia, ha la bocca semiaperta, mantello bordato di pelliccia, mano sx al petto e nella mano dx stringe il rosario. La mano sx nervosa che comprime il petto e la mano dx con le nocche tiratissime che tiene un rosario. Non è più il busto celebrativo fatto su alcune tombe degli anni ’20, ma il personaggio in azione. I panneggi sono drammatici e le pieghe sono dure, geometriche. Sono gli anni in cui Bernini decide di far scrivere le sue biografie, sono gli anni in cui il suo Barocco non è più apprezzato. Beata Ludovica Albertoni, 1671-75, Roma San Francesco a Ripa, cappella Altieri + Pala con la Vergine, il Bambino e Sant’Anna di Giovan Battista Gaulli. Beata vissuta a Roma tra 1474 e 1533, fu beatificata nel 1671 anche per visioni mistiche. Nel 1671 la famiglia Altieri (1670-76) – papa Clemente X – decide di dedicarle un altare nella cappella privata nella chiesa di San Francesco. A sx un’apertura che non vediamo fa entrare la luce divina. Non viene apprezzato il fatto che la donna venga rappresentata sul letto di morte nell’attimo di spirare con una specie di convulsione che si unisce al rapimento per l’estasi della visione della Vergine che porta il Bambino a Sant’Anna (pala dipinta). Tanta passione nella scultura viene criticata. Bernini non esita a fare un materasso vero e proprio: l’aver trasportato in un ambiente contingente il miracolo non viene apprezzato. Attenua la ricerca plastica. A mediare tra scultura e altare c’è un drappo modellato, non un elemento architettonico. Busto di Cristo, Roma Chiesa di San Sebastiano, 1680ca. Donato a Cristina Regina di Svezia. Chiude la produzione berniniana. Mani, capelli dalle curve inverosimili. Va vista dal basso, in origine doveva essere sorretta da due angeli in volo. La carriera del Bernini passa dall’oggettività precisa della giovinezza, attraversa aspetti molteplici fino a che movimento e luce hanno portato a termine la loro trasformazione, deformazione e corrosione della forma, compatibilmente con la scultura e l’epoca in cui opera. La scultura berniniana è sempre parlante. Una volta rotto l’equilibrio rinascimentale ed esaurite le possibilità espressive del manierismo e della controriforma, Bernini ha riconquistato la capacità di sublimare in una grande maniera quello che gli appariva come senso della realtà e della storia, e la verità e passionalità della vita, rappresentando in modo comprensibile universalmente e popolarmente, credenze e speranze comuni, condizioni e stati d’animo che non erano mai stati oggetto della scultura in tante gradazioni e con tanta evidenza. Gli artisti di Bellori ALESSANDRO ALGARDI Bologna 1598 – Roma 1654. Inizia come pittore formandosi nell’Accademia dei Carracci; poi si diede alla scultura. A Mantova si specializzò in avorio e piccole sculture d’argento e bronzo. Arrivò a Roma nel 1625 presso il Cardinale Ludovisi [mecenate bolognese] per il quale inizia a restaurare statue classiche. Si impose come scultore ed ebbe commissioni sempre più importanti. 1644 viene eletto papa Innocenzo X, Bernini viene accantonato (Cappella Cornaro) e Algardi diventa scultore pontificio per eccellenza. Monumento funebre Leone XI in San Pietro, 1634-52. Il contratto prevedeva per Algardi: la realizzazione autografa delle parti figurative; l’esecuzione del modello ligneo, dei disegni dettagliati e dei modelli delle figure; la realizzazione delle parti architettoniche da parte dei suoi assistenti seguendo però le sue istruzioni. In realtà Algardi non scolpì tutte le figure di sua propria mano. Confronto con Tomba Urbano VIII Bernini. Stesso disposizione piramidale, papa seduto in trono, sarcofago tra due virtù. A differenza di Bernini, Algardi crea un monumento più fermo e uniforme coloristicamente. Sul sarcofago un fine rilievo rappresenta Enrico IV che firma trattato di pace con la Spagna avvenimento a cui aveva assistito il papa. Decollazione di San Paolo, Chiesa di San Paolo Bologna, 1638-43. Esedra è un’idea di Bernini (esempio vena palladiana). L’azione drammatica è presentata con gravità distaccata e con i soli attori essenziali che hanno gesti sospesi e trattenuti. Busti vari. Rilievo con incontro Leone I Magno e Attila, San Pietro Roma, 1646-53. Inizialmente si voleva commissionare un dipinto a Guido Reni ma le condizioni di umidità del luogo fecero optare per un’opera in marmo; il rilievo è composto di cinque blocchi marmorei. Commissione di Innocenzo X 1645. Raffigura Leone Magno che ferma l’avanzata di Attila a Roma; S. Pietro e S. Paolo minacciano in cielo con le spade. Collaborarono molti allievi tra cui Domenico Guidi. Il pontefice, il caudatario e Attila emergono come un tutto tondo, i piani arretrati sono a bassorilievo. Attila e il Laocoonte. Statua Innocenzo X, Palazzo dei Conservatori Roma, 1645-50. Realizzata in pendant con la statua di Urbano VIII di Bernini nello spetto palazzo. FRANCESCO DUQUESNOY [il Fiammingo] Bruxelles 1597 – Livorno 1643. A Roma dal 1618 ne rappresenta la corrente classicista in scultura (si lega a Poussin, le opere di Duquesnoy appaiono spesso come equivalenti scultorei di elementi della pittura poussiniana). S’impone per rilievi di soggetti mitologici. Collabora con Bernini dal 1627 al 1628. Muore recandosi in Francia dove era stato nominato direttore dell’Accademia di Scultura. Baccanale Galleria Doria Pamphilj, pre 1630. Conservazione scadente, putti scherzano intorno ad una capra. La fattura del marmo è sottile con parti a stiacciato finissimo su sfondo tratteggiato che evoca un’atmosfera luminosa. L’amore divino che abbatte l’amore profano, Galleria Spada Roma 1630ca. Più tardo rispetto al Baccanale. Composizione equilibrata ed elaborata Santa Susanna in Santa Maria di Loreto Roma, 1633. Manifesto del classicismo secentesco nella scultura. Contrapposto morbido e modulato, panneggio soffice ed abbondante. La luminosità è poussiniana. Doveva avere una palma d’oro. Sant’Andrea in San Pietro, 1632-40. Certo rimando a Bernini di cui vuole imitare il pathos e la grandiosità, sebbene si appoggi più sulla gravità che sul dinamismo. Ritmo e slancio insieme. Collaboratori, allievi e seguaci di Bernini ANTONIO RAGGI Como 1624 – Roma 1686. Allievo di Algardi e Bernini. Esperto di marmo e stucco lavorò per lo più a Roma. Fedelissimo e quasi alter ego di Bernini, ne seguì lo stile tardo, fantastico e spirituale, dilatandolo nei grandi complessi. Noli me tangere, Chiesa dei SS. Domenico e Sisto Roma, 1649-52. Si inserisce in un progetto berniniano della Cappella Alaleona in una formula che richiama la Cappella Cornaro con S. Teresa. Martirio di Santa Cecilia, Chiesa di Santa Agnese in Agone Roma, 1662-65. Battesimo di Cristo, Chiesa San Giovanni dei Fiorentini Roma, 1667-69. Angelo con la colonna, Ponte Sant’Angelo, 1667-70. Sacra famiglia con san Giovannino, Dio Padre e angeli, Chiesa di Sant’Andrea della Valle Roma, 1670- 75. ERCOLE FERRATA Como 1610 – Roma 1686. Dimostra sin da piccolo notevole talento per l’arte; venne mandato a Genova dallo scultore Tommaso Orsolino (cognato di un parente del padre) rimanendo nella bottega per sette anni. Venne a sapere di alcune opportunità lavorative a Napoli vi andò. Si fermò poi definitivamente a Roma grazie all’intercessione di Virgilio Spada (membro della Commissione per la Fabbrica di San Pietro) che gli trovò lavoro con Bernini. Collaboratore di Bernini e Algardi, fondò a Roma una notevole bottega. Porta avanti il berninismo e algardismo che
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