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Se il lavoro si fa gig, Sintesi del corso di Sociologia Economica

Riassunto completo del libro "Se il lavoro si fa gig" di Collin Crouch, esame di Sociologia economica.

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Se il lavoro si fa gig e più Sintesi del corso in PDF di Sociologia Economica solo su Docsity! SE IL LAVORO SI FA GIG Cap 1 – LA CRESCITA DEL LAVORO PRECARIO Nel gennaio 2018 muore, a causa del peggioramento del suo diabete, un corriere che lavorava in Inghilterra x una ditta tedesca (la DPD). Non era un dipendente dell'azienda ma lavorava x essa da 19 anni come contraente autonomo. Questa notizia portò subito attenzione sul lato oscuro di quella ormai nota come GIG ECONOMY. Infatti, il giorno prima della sua morte, la ditta x cui egli lavorava, lo multò perché, essendosi recato ad una visita medica, non era riuscito ad effettuare le consegne previste in giornata. A seguito dell'indignazione x questa notizia, la DPD cambia politica sulle visite mediche dei lavoratori e offrì inoltre ai suoi corrieri una possibilità di scelta: essi avrebbero potuto trasformarsi in dipendenti normali, con i vari diritti previsti (x malattia, ferie pagate, pensione) venendo però retribuiti in misura inferiore → (+ garanzie, ma – soldi). L'idea di lavoro previsto dalla GIG ECONOMY è quella di un lavoratore (corriere, tassista, ciclista che consegna i pasti), non dipendente di un'azienda, verso il quale l'azienda non accetta di avere alcuna responsabilità datoriale, ma che può però essere sanzionato da questa. La big economy è vista da molti politici neoliberisti come una forma di lavoro ideale a sostituire gradualmente le costose rigidità previste dal contratto di lavoro indeterminato. In questo modo le aziende possono massimizzare la flessibilità, chiamando e pagando i lavoratori autonomi solo quando ne hanno bisogno x compiti specifici, evitando quindi gli oneri sociali, l'obbligo di un salario minimo e tutte le altre responsabilità collegate al normale rapporto di lavoro dipendente. Sul lato teorico, i lavoratori godono di una libertà da imprenditori, lavorando quando vogliono e per chi vogliono. Il termine “gig economy” è infatti ingannevole, in quanto esso rimanda al mondo dello spettacolo e degli intrattenitori, i quali si esibiscono in diverse occasioni, senza alcun vincolo di lungo termine ai luoghi o ai gruppi che li organizzano, dunque questi intrattenitori sono realmente autonomi ed immersi in un mercato veramente libero, lavorando x tante differenti organizzazioni ma non essendo dipendenti da nessuna di esse. Questa situazione è però molto diversa, sul lato pratico, rispetto ai lavoratori ingaggiati x es x fare consegne, i quali sono effettivamente dipendenti dalle grosse imprese, le quali dettano tempi e modalità di lavoro. La gig economy non è altro che un tentativo di liberare i datori di lavoro dalle responsabilità verso coloro che lavorano per loro, pur mantenendo o addirittura rafforzando la dipendenza dei lavoratori dalle stesse aziende, lavoratori che possono più propriamente essere definiti come “precari”. Una forma diffusa in questo sistema è il lavoro “a chiamata” o i contratti “a zero ore”, dove gli addetti vengono retribuiti solo x le ore che sono chiamati a svolgere, sebbene essi debbano essere pronti e disponibili alla chiamata con pochissimo preavviso, non essendo quindi possibilitati a prendere altri impegni di lavoro o semplicemente a godere di un po' di tempo libero. (ambiguità di questo contratto di lavoro → esso riesce a nascondere la sua natura, sul lato pratico, di una relazione asimmetrica basata sull'autorità, con un livello, teorico, di accordo paritetico tra due parti contraenti). McKinsey rileva che circa il 40% dei lavoratori indipendenti sono “occasionali”, ovvero non considerano tale lavoro tra le principali attività della loro vita, ma solo come un impiego passeggero; tra loro troviamo soprattutto studenti, pensionati ed altri che non verrebbero contati come parte della forza lavoro totale nelle statistiche ufficiali. Egli distingue inoltre, fra tutti i lavoratori indipendenti, un 30% di “attori liberi” (che scelgono volontariamente di avere questa forma di occupazione come loro principale attività lavorativa), un 14% di “riluttanti” (avrebbero preferito un impiego dipendente) e un 16% che lavorano così solo xk sono “al verde”. (Non è tuttavia possibile determinare in base ai dati di McKinsey la percentuale dei lavoratori soddisfatti della gig economy, ma è comunque evidente che questo tipo di lavoro non è ben accetto da chi lo svolge). Si è spesso sostenuto che si stia venendo a creare un crescente dualismo nel mercato del lavoro tra i lavoratori a tempo pieno o indeterminato, i quali beneficiano della piena sicurezza dell'occupazione (i quali vengono considerati “privilegiati”) e coloro che rimangono nella precarietà dei lavoro indipendenti e non garantiti → Una sempre maggiore insicurezza sta diventando la condizione generale del lavoro. Gli imprenditori normalmente si tengono stretti i lavoratori specializzati, attraverso dei contratti di lavoro standard (in quanto molte occupazioni richiedono competenze elevate), e poi c'è la parte di lavoratori che rimangono nel “precariato”, i quali non raggiungono standard professionali, in quanto nessuno si preoccupa di far acquisire loro competenze ed esperienza necessaria (tendenzialmente le aziende provvedono a sbarazzarsene prima che acquisiscano quell'esperienza necessaria a garantirgli di salire di grado sul posto di lavoro). L'uomo non ha nessuna ostilità verso l'idea di flessibilità, di innovazione e imprenditorialità, sono dunque disponibili ad accogliere il cambiamento, ma a patto che gli venga assicurata una base di sicurezza. Cap 2 – LE AMBIGUITA' DEL CONTRATTO DI LAVORO I contratti di lavoro sono necessariamente asimmetrici: molto spesso il datore di lavoro è una grossa organizzazione, la quale si presenta alla contrattazione con l'assistenza di uno staff legale qualificato ed esperto nel costruire contratti che vadano a favore del datore di lavoro, mentre il lavoratore è sempre un individuo. Inoltre le clausole contrattuali sono solitamente scritte in piccolo, decise unilateralmente e non negoziabili → sono dunque le grandi organizzazioni a porre i termini del loro rapporto con i clienti, i lavoratori o i fornitori, il cui ruolo contrattuale è passivo. * Se invece le aziende si trovassero ad aver bisogno di un impiego maggiore e + continuativo della forza lavoro, il potere andrebbe a pendere verso la parte dei lavoratori e le aziende inizierebbero dunque ad offrire garanzie analoghe a quelle dell'occupazione standard. Col tempo si è poi andati ad approfondire il problema dell'asimmetria, riconoscendo ai lavoratori alcuni fondamentali diritti, come la protezione contro condizioni di lavoro insicure, insalubri o pericolose, contro orari troppo lunghi, a favore di una compensazione in caso di perdita del lavoro non per loro causa, alle ferie pagate, e, in tempi più recenti, alla salvaguardia della donna in caso di congedo x maternità, con la garanzia del rientro nel posto di lavoro + protezione vs discriminazioni e tutela occupazione delle persone disabili. Si è poi riconosciuto anche il diritto dei lavoratori di essere rappresentati da organizzazioni sindacali, in grado di controbilanciare alcuni degli svantaggi previsti nel contratto (diritti sui sui fornitori, in quanto salari e stipendi sono diventati di nuovo un dato residuale. La gig economy, insieme ad altre forme di precarietà, rappresentano il sistema perfetto per questa nuova condizione di rischio. Neoliberalismo di mercato → insistono nel cercare di raggiungere mercati perfetti; esso vede solo il mito del contratto paritetico fra datore e lavoratore. Neoliberalismo delle grandi imprese → difendono il ruolo dei gruppi oligopolistici e quindi attenuano l'importanza del mercato; egemonia di grandi imprese a conduzione manageriale dalla quale si evince più facilmente il rapporto di disparità tra datore e lav. 2) La complessità dell'economia dei servizi: Le grandi fabbriche e il lavoro manifatturiero, con le loro operazioni continuative, ripetitive, svolte in ambienti molto ampi, vengono ora sostituiti dai servizi, i quali si svolgono in ambienti di lavoro molto diversi tra loro, con un'organizzazione più flessibile, maggior mobilità del personale, diversità di localizzazione e una più ambia variabilità del reddito rispetto alla manifattura → viene così sconvolta la vita di tanti lavoratori i quali si vedono perdere le sicurezze di una carriera lavorativa stabile. È sbagliato/fuorviante parlare del settore dei servizi al singolare, in quanto essi sono un'insieme di attività molto eterogeneo + è fuorviante anche vederli come una peculiarità dell'epoca “moderna”, in quanto il ramo dei servizi è sempre stato importante in ogni società. 3) L'impatto della tecnologia informatica: Internet è un mondo virtuale composto da vari siti, o piattaforme, le quali sono di proprietà di un'impresa. Vi sono un numero molto ristretto di imprese che dominano il mercato, in quanto ogni piattaforma da all'utente accesso a reti di persone che svolgono lavoro, di prodotti da vendere o anche di tecnologie da utilizzare, ma sono poche le persone che sceglierebbero deliberatamente il 10ecimo o 20esimo fornitore, dunque è logica l'esistenza di un predominio di alcune piattaforme legate ad un numero ridottissimo di aziende. Internet è diventato rapidamente il fulcro in cui vi sono un insieme di imprese di portata globale, le quali hanno sorpassato in tempi brevissimi altre imprese che erano operative già da diversi anni. Gli esempi più noti di piattaforme sono: Servizi di taxi → gli autisti non hanno un contratto di lavoro, e quindi non hanno nessun diritto a indennità di malattia, ferie, pensioni, protezione sanitaria, ecc, e non sono previste neanche particolari competenze o conoscenze, se non essere in possesso di patente; in cambio essi possono, teoricamente, lavorare le ore che vogliono, senza essere soggetti a provvedimenti disciplinari (particolari obblighi) che riguardano i dipendenti, devono però lavorare x un numero di ore che la piattaforma richiede e devono accettarne i prezzi (non ci sono le stesse libertà del lavoro in proprio)... le aziende piattaforma sostengono di non essere datori di lavoro degli autisti, ma di essere solo gestori e metterli semplicemente in contatto con i clienti, attraverso un app su internet. Consegna di cibo (o merci) → i ciclisti non hanno regole circa cosa sia consentito portare negli zaini sulle loro spalle e non sono tutelati nel caso in cui cadano dalla bicicletta sotto il peso del carico di cibo, o in caso di ulteriori danni derivanti dall'attività svolta, mentre il datore si occupa solo di munirlo di zaino e app, senza avere nessuna responsabilità nei suoi confronti. Bed and breakfast → questo è un servizio un po' differente, in quanto la prestazione di lavoro è solo parte di ciò che viene commercializzato, mentre il resto comprende l'affitto di uno spazio abitativo. La tecnologia informatica permette inoltre di controllare più efficientemente i lavoratori a distanza, ad es attraverso la sorveglianza elettronica delle abitazioni dei telelavoratori o tenendo monitorato il motore di ricerca del lavoratore (sorveglianza + efficace e profonda di quella faccia a faccia); anche chiamando un call center siamo avvertiti che la chiamata verrà registrata per “motivi di formazione”, ovvero x sorvegliare i ritardi degli operatori a rispondere o come loro si pongono al cliente, se con l'adeguata cortesia; è anche possibile controllare i tassi alcolici di chirurghi e piloti. Tutto ciò pone dei dubbi circa l'accettabilità da parte dei lavoratori di essere sorvegliati in ogni movimento, ma è stato anche mostrato come questo tipo di monitoraggio renda sicuramente più efficiente la loro prestazione. Cap 3 – ASCESA, CADUTA E PERSISTENZA DELL'OCCUPAZIONE A TEMPO PIENO E INDETERMINATO La protezione del lavoro → non tutti i lavoratori beneficiarono della protezione del lavoro che si sviluppò a partire da metà anni '70: rimasero esclusi i lavoratori di aziende con un numero di occupati basso, i lavoratori dei settori senza sindacati, specialmente i migranti, i quali erano spesso all'oscuro dei loro diritti, le donne, le quali non erano in grado di rivendicare i diritti e anche i lavoratori in proprio in quanto non avevano ovviamente un contratto di lavoro. L'OCSE (organizzazione x la cooperazione e x lo sviluppo economico) raccoglie statistiche sui suoi stati membri circa i dati che riguardano la tutela del lavoro, le normative giuridiche, le regole concordate nelle contrattazioni collettive fra sindacati e datori; il suo lavoro è l'unica documentazione che abbiamo su scala così vasta, anche se non tuttavia in grado di verificare in quale misura le aziende rispettino la legge e gli accordi collettivi. - Figura 1: grado di tutela del lavoro in caso di licenziamento: (dal 1995 al 2003) tendenza generale verso il basso, alcuni paesi resistono a questa tendenza; inoltre si osserva una certa convergenza o differenza minore tra i paesi nei dati relativi al 1995, che è andata poi a diminuire negli anni seguenti fino al 2003; in ultimo, sia nel 1995 che nel 2003 si osserva come i posti più bassi siano occupati dai paesi anglofoni. Figura 2: andamento della regolamentazione del lavoro a termine: vi è una tendenza generale ad incoraggiare il lavoro temporaneo e precario con incentivi impliciti ai datori di lavoro x sostituire i contratti a tempo indeterminato con quelli a tempo determinato. In contrasto con questo declino generale nella tutela del lavoro, sono cresciuti però altri diritti, come quello della genitorialità, della protezione vs forme di discriminazione e forme di difficoltà x le donne. Figura 3: numero di settimane a cui le madri hanno diritto secondo il congedo retributivo di maternità (così come x i padri o entrambi i genitori): (1996 a 2016) vi è una differenza enorme tra le varie nazioni (es dalle 164 settimane x la Slovacchia a 0 x gli Stati Uniti). La rappresentanza sindacale → durante gli anni '70, e in alcuni paesi negli anni '80, nascono nuovi diritti x i lavoratori, la possibilità di iscrizione ai sindacati, la difesa del posto di lavoro e, in certi casi, l'iscrizione ai sindacati diventò obbligatoria. La loro importanza sostanziale dipendeva però dall'effettivo potere dei sindacati e dalla capacità dei lavoratori di farne uso. (anche x quanto riguarda la rappresenta sindacale ci furono delle eccezioni tra i lavoratori di piccole imprese, tra gli autonomi e tra tutti coloro che sono troppo deboli per esercitare dei diritti). I lavoratori possono essere rappresentati dai sindacati in due modi: diventandone membri o meno; i membri ricevono infatti aiuti e consigli dal sindacato, traggono beneficio da tutti gli accordi collettivi conclusi dal sindacato e diventano membri nel momento in cui contribuiscono in termini finanziari e umani al sindacato stesso. Di solito si calcola l'iscrizione sindacale in base ai lavoratori dipendenti, in quanto sono questi che i sindacati intendono rappresentare, mentre non viene calcolata la restante forza lavoro degli autonomi e precari. Figura 4: Tasso di iscrizione sindacale: è tendenzialmente in declino in tutti paesi dal 1995, ad eccezione di pochi. Figura 5: Tasso di copertura contrattuale collettiva: è in realtà difficile effettuare tale calcolo, in quanto non sappiamo in che misura gli accordi collettivi vengano poi effettivamente rispettati; gli accordi contemporanei vengono stipulati a livello aziendale, piuttosto che a livello settoriale, in modo da dare garanzie inferiori. Tuttavia osserviamo un indebolimento universale dell'iscrizione ai sindacati, e quindi anche un'importante diminuzione della copertura contrattuale collettiva. Difesa del reddito, sicurezza sociale e reddito non salariale → 1) il contratto di lavoro spesso stabilisce un salario e, più un datore vuole attirare o tenersi certi tipi di lavoratori, più sarà generoso con la paga e con il pacchetto di benefici accessori e, inoltre, se i sindacati sono particolarmente forti ed attivi, riusciranno ad ottenere un ulteriore miglioramento del pacchetto di benefici. 2) tra gli anni '60 e '70 i programmi di sicurezza sociale diventano più generosi, se prima rigardavano specifici gruppi occupazionali, ora includono anche i lavoratori autonomi prima esclusi. Tali misure sono principalmente funzionali a proteggere il tenore di vita dei lavoratori in caso di perdita del lavoro. 3) x quanto riguarda il reddito non salariale, vi sono politiche pubbliche che garantiscono ai lavoratori altre fonti di reddito o aspettative di reddito in futuro, rispetto a quello previsto nel contratto. Le pensioni → dopo le riforme degli anni '60 e '70 aumentò l'importo pensionistico e diminuì l'età pensionistica, dietro la volontà di creare maggiori opportunità di lavoro x i giovani e consentire ai più anziani di andare in pensione prima (pensionamento precoce il quale avrebbe di conseguenza aiutato anche a migliorare la produttività). Direzione che è poi nuovamente cambiata, in tempi più recenti, a seguito della maggior longevità e del calo delle natalità, i quali hanno portato i governi e i fondi pensionistici ad aumentare le tasse e i contributi pensionistici x fare appunto fronte a tale sfida, aumenta inoltre l'età pensionabile e vengono rese le pensioni dipendenti dall'andamento dei mercati finanziari: effetti che sfavorirono sicuramente gli interessi dei lavoratori. Figura 6 e 7: Tassi di sostituzione netta delle pensioni obbligatorie: (tasso di sost netta: percentuale del salario percepito in attività che i lavoratori possono aspettarsi di ricevere come pensione, tenendo anche conto della fiscalità) viene analizzata la situazione dei lavoratori poco pagati, cioè quelli che percepiscono un salario intorno al 50% della retribuzione media, e quelli che invece percepiscono una retribuzione media: entrambe le categorie si aspettano di veder peggiorare le proprie pensioni. I sussidi di disoccupazione → anche x quanto riguara i sussidi di disoccupazione, come x le pensioni, ad un periodo iniziale di crescente generosità seguono bruschi cambiamenti nel momento in cui i governi puntano ad un'occupazione più flessibile. Aumentano infatti le pressioni su disoccupati e inabili perchè accettino qualsiasi lavoro gli venga offerto, in particolare lavori precari. Inoltre i sussidi di disoccupazione variano a seconda del numero a scapito del precariato x altri, è difficile negare l'esistenza di un effettivo dualismo del mercato del lavoro. Allo stesso tempo sono stati erosi anche molti dei diritti dell'occupazione standard, infatti entrambi i gruppi di lavoratori stanno diventando più precari, mentre i numeri del gruppo standard stanno inoltre diminuendo (non è che i lavoratori garantiti rimangano tali mentre quelli non garantiti scivolino ancor di più nella precarietà). Per quanto riguarda, in conclusione, la posizione dei governi, essi si trovano ad affrontare un dilemma, derivante dal fatto che, se da un lato, ora si trovano a dover rispondere alle richieste dei datori di lavoro di porre meno restrizioni possibili sull'impiego della manodopera, dall'altro, non possono disconoscere le regolamentazioni che hanno introdotto precedentemente x sostenere le madri al lavoro o x combattere la discriminazione etnica → è dunque una soluzione ovvia, quanto ipocrita, confermare le regole che tutelano l'occupazione standard ma, allo stesso tempo, chiudere gli occhi quando le aziende utilizzano il lavoro a termine, la gig economy ed altre forme di precariato x evadere tali regole. Cap 5 – UN NUOVO APPROCCIO ALLA TUTELA DEL LAVORO Ci sono due importanti documenti politici, usciti a 15 anni di distanza l'uno dall'altro, che presentano approcci diversi al problema del declino dell'occupazione standard, riconoscendo entrambi che questo cambiamento comporti delle sfide x le forme giuridiche esistenti, ma giungendo però a conclusioni diverse: Rapporto Supiot (2001) → Supiot ritiene che l'esistenza di concetti ben definiti circa l'occupazione standard rende poi difficile andare incontro alle esigenze di coloro che ne rimangono esclusi, compresi, non solo i lavoratori precari, ma anche il contributo sociale dato dai genitori nel badare ai propri figli o di altri tipi di lavori di cura non retribuiti. Supiot, diversamente da Taylor, era preoccupato che i diritti del lavoro non riguardassero o non considerassero anche il ruolo del lavoro non retribuito e delle forme di lavoro occasionale → x questo egli invocò il concetto di “status occupazionale” (analogo all'idea di cittadinanza), con l'intento di abbracciare non solo il mercato del lavoro, ma anche quelle attività di cura non retribuite o momenti di transizione come i periodi di disoccupazione o di riqualificazione (x comprendere tutto ciò che riguarda un'attività svolta o ciò che essa prevede) → egli richiede quindi un sistema di “diritti speciali di prelievo” sociale, in modo da garantire alle persone impegnate in attività riconosciute come non di mercato, il diritto a un reddito e ad altri vantaggi; questo x rendere i diritti dei lavoratori meno dipendenti dal lavoro svolto e rendendo quindi più accettabile i rischi connessi all'occupazione a breve termine e meno sicura. Il concetto di “indipendenza” del lavoratore di Supiot è molto particolare e diverso da quello implicito del nuovo lavoro autonomo: egli intende non accostare più l'occupazione standard al lavoro subordinato e obbediente, piuttosto il lavoratore è colui che ha una sua creatività e ingegno i quali gli permettono di ottenere una certa autonomia e controllo manageriale e di non avere il dovere di attenersi a seguire le istruzioni date. Vi è dunque una distinzione tra il “dipendente fittizio” dotato di particolare autonomia, e “l'autonomo fittizio”, che è davvero un subordinato (infatti il classico lavoro autonomo, come l'agricoltura, è sempre più dominato dalle forti pressioni produttive da parte delle grandi imprese che esso rifornisce → analogamente, gli addetti alle nuove occupazioni falsamente autonome del settore dei servizi, sono in una posizione molto simile a quella degli agricoltori). Il pensiero di Supiot viene poi alimentato dal crescente interesse x il reddito di cittadinanza, garantito dallo stato, finanziato dalle tasse, rivolto ad ogni cittadino, a prescindere dal fatto che egli voglia o meno lavorare → su esso si viene a creare un forte dibattito: 1) sulla fattibilità economica di poter sostenere la spesa di un reddito di base; 2) sull'aspetto politico, invece, si può andare incontro molto facilmente a campagne politiche contro i richiedenti di tale sussidio, sostenendo che a chi lavora sodo verrebbe sottratto, in tal modo, parte del reddito in tasse x consentire ai più svogliati di rimanere a casa o trascorrere il proprio tempo in vacanza; 3) tale ostilità aumenta poi con l'idea di offrire sussidi agli immigrati (i quali però, se ne fossero esclusi, sarebbero disposti a fare tutti quei lavori più duri, che il reddito di base permette ai nativi di evitare, comportando dei problemi occupazionali ancora maggiori). Nel momento in cui viene applicato, tale sussidio è destinato solo a persone con reddito al di sotto di una certa soglia di reddito, può essere usato solo per certi tipi di spesa e prevede un condizionamento, ovvero la partecipazione a vari programmi di reinserimento lavorativo → possiamo dire che esso sembra diventare uno strumento per contrastare la povertà, ma questo però rappresenta un concetto fuorviante rispetto a ciò per cui il sussidio è nato: come insieme di diritti previsti dalla cittadinanza. Ci sono poi altri problemi che la politica deve affrontare, ovvero la questione relativa a tutto quel lavoro di assistenza o di cura, non retribuito, che le persone si scambiano al di fuori dle mercato; essi potrebbero essere invece oggetto di particolari benefici sociali (x garantire un reddito decente). Allora si viene a creare una condizione ambigua: da un lato, le retribuzioni basse vengono affrontate attraverso la garanzia di un salario minimo, dall'altro, torniamo alla problematica dei datori di lavoro, i quali, x ovviare a questa situazione, escogitano forme di impiego alternative, che li svincolino da certi obblighi. Rapporto Taylor (2016) → questo rapporto si limita alla tematica della gig economy, nella quale vede una precarietà intesa in termini di sviluppo positivo, e intende poi riconoscere tale lavoro come “contrattazione dipendente”, proprio x non dare la sensazione di indipendenza. Viene sottolineata però l'importanza della salvaguardia dei diritti relativi al lavoro dipendente (dipendente xk così sono previsti diritti e tutele). Il titolo di questo rapporto è, infatti, “Good work” (con il quale intende descrivere la gig economy) ma in realtà non vengono discusse alcune tematiche che sono tutto tranne che “buone”: 1) intanto, le aziende che impiegano gli addetti a forme di lavoro precario difficilmente sentono di dover migliorare le competenze dei lavoratori, ecco xk la gig rimane un lavoro a bassa produttività; 2) Taylor non riesce a vedere i problemi creati dal dualismo, non si interessa particolarmente alla situazione dei giovani intrappolati nell'incertezza e impossibilitati a migliorare la loro professionalità. L'offerta di lavoro del futuro: Il reddito di base ha acquisito particolare rilievo negli ultimi anni perchè lo sviluppo dell'automazione e dell'intelligenza artificiale stanno inducendo a credere che si arriverà a non avere abbastanza lavoro per tutti, neanche a livello precario. Si tratta di quella che l'economista Tinbergen chiamava “gara” fra tecnologia e istruzione, secondo cui quest'ultima consente agli esseri umani di fara cose nuove, mentre la tecnologia rimpiazza quelle che essi facevano in passato → se da una parte gli economisti danno per scontato che l'uomo riesca sempre a trovare qualcosa da fare o da scambiare l'uno con l'altro e che, qualora la tecnologia rimpiazzi quelche attività umana, egli riesca sempre ad inventare qualcos'altro di alternativo (l'architettura gotica e rinascimentale di architetti medievali che facevano calcoli senza le conoscenze scientifiche di oggi, non può mai essere eguagliata dai risultati estetici degli apparati tecnologici moderni); dall'altro lato si obietta spesso che questa volta sia diverso, in quanto lo sviluppo dell'intelligenza artificiale vada a sostituire proprio il lavoro altamente specializzato (prima copie di testi religiosi elaborate a mano, oggi c'è la stampa che lavora in modo più veloce ed efficiente; all'epoca xò era un'attività specializzata in una società dove pochissimi sapevano leggere e scrivere). La tecnologia va a colpire, piuttosto che i livelli di competenza, i tipi di lavoro: le mansioni che richiedono una certa qualità di rapporto umano faccia a faccia, es psichiatri e camerieri, sono più resistenti davanti alla sfida digitale, mentre lavori manuali ripetitivi o anche di sforzo intellettuale, ma senza molto bisogno di contatto o di creatività umana, sono molto più deboli e facili da rimpiazzare → La tecnologia crea dunque una polarizzazione a livello di professionalità, in quanto offre nuove opportunità a piccoli numeri di individui più specializzati, mentre toglie ad un numero maggiore di lavoratori non specializzati, impiegandoli nei servizi di bassa professionalità. Da parte di altri due studiosi, Frey e Osborne, arrivano conclusioni diverse, ovvero che l'attuale tendenza verso la polarizzazione del mercato del lavoro giungerà ad un punto finale in cui i lavoratori non specializzati, le cui mansioni possono essere sostituite dalla computerizzazione, dovranno sviluppare abilità e creatività rilevanti in modo da poter svolgere quelle mansioni non sostituibili dall'intelligenza artificiale. Si prevede che il progresso tecnologico distruggerà i vecchi mestieri e ne creerà di nuovi, che la tecnologia informatica offrirà sempre più potere di monitoraggio e sorveglianza ai gestori della manodopera, dando maggiori possibilità di impartire il come l'attività dovrà essere svolta e con quali competenze; tendenza che faciliterà il controllo manageriale nella gig economy. Viene poi a rompersi anche l'antica convinzione che spettino ai datori i costi non salariali del lavoro (pensioni, sicurezza), a seguito della dislocazione fisica dell'azienda e della conseguente maggior flessibilità che questo ha comportato nel mercato del lavoro. Le politiche attive sul mercato del lavoro e la “flexicurity”: All'interno dell'Unione Europea alcuni di questi problemi vengono risolti con la flexicurity, nata principalmente in Olanda e in Danimarca. Sembrava infatti che i lavoratori danesi e olandesi fossero disposti a rinunciare ad una qualche tutela formale del mondo del lavoro per avere in cambio: opportunità di riqualificazione, alternative di carriera, occupazione femminile, la quale facilita anche l'assistenza all'infanzia, indennità di disoccupazione alte (rispetto alle retribuzioni), protezione dai licenziamenti arbitrari. Inoltre, se i sindacati avessero svolto un ruolo più presente nella contrattazione collettiva, sarebbero stati più partecipi nella ricerca di soluzioni ai problemi generali del mercato del lavoro, piuttosto che limitarsi a guardare solo gli interessi immediati dei loro iscritti. La flexicurity è, in sintesi, un rapporto che si concentra su 4 punti: 1) accordi contrattuali flessibili e affidabili; 2) disponibilità di formazione per tutta la vita; 3) politiche di lavoro efficaci; 4) sistema moderno di sicurezza sociale, che comprende sia una protezione sociale, sia una riconciliazione tra lavoro e vita familiare. In questo nuovo sistema Danimarca (madrepatria della flexicurity), Svezia e Olanda erano in cima alla classifica, in quanto avevano tutte le componenti previste da questo nuovo modello. Ciò che si stava affrontando era dunque un cambiamento x adeguarsi alle nuove esigenze della globalizzazione, ma in modo da riuscire anche ad aumentare l'occupazione, quindi
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