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Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi., Appunti di Sociologia Dei Media

Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. I giornalisti politici su Twitter, Bentivegna e Marchetti (Sociologia della comunicazione)

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 01/05/2020

fortigiada0699
fortigiada0699 🇮🇹

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Scarica Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi. e più Appunti in PDF di Sociologia Dei Media solo su Docsity! SE VOGLIAMO CHE TUTTO RIMANGA COME È, BISOGNA CHE TUTTO CAMBI. I GIORNALISTI POLITICI SU TWITTER 1. Introduzione Nei sistemi democratici, i giornalisti politici hanno sempre giocato un ruolo cruciale, assolvendo due importanti funzioni: 1. garantire la circolazione di informazioni utili alla deliberazione e al discorso pubblico; 2. sottoporre a sorveglianza il funzionamento del sistema politico e dei suoi esponenti. Il giornalismo politico è stato definito come «la parte più sacra del giornalismo» e ha sempre goduto di visibilità e prestigio. Una tesi, nata nell’ambito della comunicazione politica, sostiene che nel web si riproducano vecchie dinamiche dando vita a una normalizzazione piuttosto che a una rivoluzione. In particolare, i giornalisti – alle prese con la cultura partecipativa dei social – hanno normalizzato i loro blog «per adattare – e in qualche modo potenziare – le tradizionali nome e pratiche professionali». Lasorsa e colleghi sostenevano che i giornalisti avevano normalizzato la loro presenza su Twitter «in modo da adattarla alle norme e alle pratiche professionali». Una ricerca condotta su 1.202 giornalisti italiani ha fatto emergere in Italia la presenza di una normalizzazione ibrida, intesa come il risultato dell’affermazione delle tradizionali pratiche giornalistiche combinate con l’adozione delle pratiche tipiche del web partecipativo. La ricerca ha confermato che, anche in un contesto come quello italiano caratterizzato da un modello di giornalismo pluralista-polarizzato, nel quale si rintracciano un basso livello di professionalizzazione e un elevato livello di parallelismo politico, diverso da quello liberale nel quale le ricerche originarie in questo ambito sono state condotte, si rinvengono elementi a sostegno della tesi della normalizzazione. Tuttavia, non è detto che tali risultati siano estendibili anche ai giornalisti politici. È stato analizzato il comportamento di 201 giornalisti politici su Twitter, focalizzandosi sull’interpretazione di alcune tradizionali funzioni giornalistiche nonché sulla natura e sulle dimensioni del network relazionale. In tal modo, è stato possibile testare la validità dell’ipotesi della normalizzazione in presenza di altri modelli di giornalismo e di ambiti professionali specifici come quello politico. 2. La letteratura sui giornalisti politici e Twitter Pur se non particolarmente ricca, la ricerca sull’uso di Twitter da parte dei giornalisti politici offre interessanti indicazioni ai fini dell’indagine. Come già emerso dallo studio di Lasorsa e colleghi, vi è la conferma che i giornalisti non approfittano delle opportunità della piattaforma per aumentare la trasparenza e l’accountability. Una diffusa disattenzione per questi aspetti emerge da diverse ricerche condotte in momenti diversi (campagne elettorali, convention, dibattiti politici, vita quotidiana) e in contesti diversi (Stati Uniti, Germania). In modo analogo, la funzione del gatekeeping e la pratica dell’audience engagement si risolvono nella riproposizione di una rete omofilica tra giornalisti o di relazioni tra élite (soggetti politici). Vi sono variabili che intervengono nell’interpretazione della piattaforma da parte dei giornalisti, rendendo talvolta disomogenei i risultati: per esempio, la posizione professionale influisce sull’espressione di opinioni personali o meno. Rogstad afferma che «molti editorialisti e direttori di quotidiani utilizzano ampiamente i social media per discutere e commentare la politica, ma pochi cronisti politici si sentono a proprio agio a condividere opinioni personali o ad impegnarsi in discussioni politiche nei social media». Broersma e Graham costruiscono una tipologia cross-national di sette pratiche professionali adottate dai giornalisti politici su Twitter: monitoring, networking, engaging, sourcing, publishing, promoting e branding. A loro avviso, queste pratiche non sono state completamente normalizzate. Ad impedirne la completa normalizzazione sarebbero i diversi rapporti di potere che si realizzano nei social media: se un tempo era possibile attribuire obiettivi, caratteristiche e modelli di comportamento diversificati ai principali attori della comunicazione politica (politici, giornalisti, cittadini), oggi, nell’era dei social media, ciò non è più possibile, perché tali attori si comportano in modo essenzialmente simile. Conta la capacità di saper controllare e veicolare i propri messaggi attraverso la rete. Tutti gli attori in gioco tendono a mettere in atto comportamenti simili, producendo una ridefinizione continua degli equilibri di potere tra gli attori. Il risultato di tutto ciò è una normalizzazione parziale. Mourão sottolinea come su Twitter 1 tutte le pratiche e le attività dei giornalisti avvengono «in uno spazio pubblico aperto al pubblico giudizio». In questo caso, a temperare la normalizzazione sarebbe la dimensione pubblica dell’attività, con la conseguente visibilità dei processi a essa connessi. 3. La ricerca Si ritiene che l’uso di Twitter da parte dei giornalisti politici sia finalizzato a stabilire una presenza sulla piattaforma e a esibire la condivisione della cultura partecipativa dei social media mantenendo sostanzialmente inalterate le vecchie pratiche professionali. A partire da questa ipotesi, è stato analizzato il comportamento dei giornalisti politici su Twitter in relazione alla funzione del gatekeeping e ricostruito le interazioni che hanno luogo all’interno del network tramite l’individuazione dei soggetti con i quali i giornalisti stabiliscono forme di conversazione nonché gli utenti da loro seguiti. La funzione del gatekeeping (processo di selezione e gerarchizzazione delle notizie all’interno dell’agenda pubblica dei media operato tradizionalmente dai giornalisti) è oggi in crisi per il fatto stesso che nuovi attori hanno l’opportunità di partecipare a tale processo sottraendo l’esclusiva ai giornalisti. Nel nuovo contesto delineato dalla diffusione dei social media, diventa inevitabile per i giornalisti «share the stage» e accettare il fatto che la distinzione netta fra giornalisti e audience non è più sostenibile. Nel mare di notizie e informazioni frammentate che circolano, il giornalista può assumere le vesti di smart aggregator (colui che condivide con i suoi follower fonti e informazioni) o di curators o «guide nel mare dell’informazione digitale» per gli utenti comuni che, forse, oggi più che in passato hanno la necessità di attingere a fonti affidabili e riconosciute. Un segnale della trasformazione del ruolo del gatekeeper in quello di aggregator può essere rinvenuto nell’uso del retweet, inteso come una riproposizione ai propri follower di contenuti ritenuti interessanti. Un altro indicatore da utilizzare è la presenza del link, attraverso il quale può essere condiviso con i propri follower un contenuto pubblicato da altri. In secondo luogo, sempre più spesso nel mondo giornalistico ci si interroga sulla necessità di interagire con l’audience, come conseguenza della diffusione di una cultura partecipativa tipica del cosiddetto web 2.0 che ha cambiato la tradizionale relazione asimmetrica giornalista- audience. Tale necessità produce diverse forme di adattamento: si va dal riconoscimento del ruolo giocato dai lettori/spettatori/utenti nella costruzione di news tramite testimonianze dirette a quello dell’importanza del rapporto con gli utenti. Tali forme di adattamento possono essere rilevate, da un lato, tramite l’analisi delle interazioni dirette (@ replies) o indirette (@ mentions) tra i giornalisti e altri soggetti estranei alle élite tradizionali, dall’altro, mediante l’analisi dei following dei giornalisti stessi attraverso la quale verificare l’eventuale presenza di un network relazionale che riproduce forme di parallelismo politico (con soggetti appartenenti a una definita area politico-partitica) o professionale (con soggetti appartenenti allo stesso gruppo editoriale o a gruppi affini). La ricerca si colloca all’interno di uno studio condotto su 1.202 giornalisti italiani. Fra questi, sono stati considerati tutti i giornalisti presenti che si occupano di politica e che lavorano per 28 testate giornalistiche in diversi settori dell’industria dei media. In totale sono stati scaricati 46.869 tweet nel periodo gennaio-febbraio 2016. Per rispondere alle domande di ricerca, sono stati classificati: - contenuto dei tweet; - contenuto dei link; - utenti retwittati dai giornalisti, gli utenti che hanno ricevuto @replies e che sono stati menzionati all’interno dei tweet; - following. Dei giornalisti politici analizzati ben il 77,6% è di sesso maschile. I giornalisti che si occupano di politica sono poi mediamente più anziani degli altri. Gli argomenti affrontati all’interno dei tweet sono abbastanza eterogenei, con un forte interesse per la politica, a cui si accompagnano incursioni nello small talk (chiacchierare in maniera informale), nella politica estera, in cultura e intrattenimento, economia, promozione, sport, temi di natura sociale, costume e società, job talk (questioni connesse con il lavoro giornalistico. Infine, i dati relativi alle caratteristiche dell’account Twitter confermano la maggiore visibilità/notorietà di cui godono i giornalisti politici 2
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