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La Seconda Guerra Mondiale: Origini, Sviluppo e Conclusione, Appunti di Storia

Storia degli Stati UnitiStoria della Seconda Guerra MondialeGuerra FreddaStoria dell'EuropaTotalitarismo

La seconda guerra mondiale, dal suo scoppio nel 1939 al suo termine nel 1945. Vengono trattati i motivi che hanno portato alle potenze dell'Asse a contrapporsi agli Alleati, l'espansione di forme di totalitarismo in Europa e la strategia di Hitler. Viene inoltre descritta la situazione in Europa dopo la guerra e l'inizio della Guerra Fredda.

Cosa imparerai

  • Perché l'Italia e il Giappone ritenevano insufficiente quanto ottenuto alla fine della prima guerra mondiale?
  • Quali furono le conseguenze della conferenza di Jalta per la guerra e per il futuro dell'Europa?
  • Quali furono le strategie seguite dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna in vista dell'entrata in guerra?
  • Che scopi dichiararono i vincitori della prima guerra mondiale?
  • Quali furono le conseguenze dell'avvento del totalitarismo nazionalistamilitaristico in Europa?

Tipologia: Appunti

2017/2018

Caricato il 07/05/2018

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Scarica La Seconda Guerra Mondiale: Origini, Sviluppo e Conclusione e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! La Seconda Guerra Mondiale ha visto un impiego di forze militari contrapposte, da un lato le potenze dell'Asse (Germania, Italia e Giappone) e dall'altro i paesi alleati (Inghilterra, Francia, U.S.A. e Unione Sovietica), che si scontrarono tra loro tra il 1939 e il 1945. In questa atroce guerra furono coinvolte numerose nazioni del mondo e le operazioni belliche si distribuirono in molte zone del pianeta, causando un bagno di sangue, tra i più crudeli e atroci del Novecento. L'esito della prima guerra mondiale aveva scontentato, per motivi diversi, tre potenze: la Germania, principale nazione sconfitta, per le perdite territoriali e per le altre pesanti condizioni imposte dal trattato di Versailles; l’Italia e il Giappone, che ritenevano insufficiente quanto ottenuto a seguito della vittoria conseguita. Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna avevano raggiunto i loro principali obiettivi: Washington la riduzione del potere militare della Germania; Parigi e Londra un ordine mondiale funzionale ai propri interessi coloniali ed europei. Ma proprio il mantenimento del nuovo quadro risultò subito problematico, dopo che gli Stati Uniti, per volere del presidente Wilson, avevano rifiutato di entrare nella Società delle Nazioni per ritirarsi in un nuovo isolazionismo. Nel corso degli anni Venti si fecero alcuni tentativi per giungere a una pace stabile: con la conferenza di Washington (1921-22) e gli accordi di Locarno (1925). Tuttavia, se uno degli scopi dichiarati dai vincitori era stato di "assicurare al mondo la democrazia", l'inadeguatezza dei risultati ottenuti emerse chiaramente dal fatto che negli anni Venti si assistette all'avvento e al progressivo affermarsi di forme di totalitarismo nazionalista- militaristico, giudicate più efficaci della democrazia nell'operare il contenimento del comunismo, da più parti visto come l'obiettivo politico prioritario. Nel 1922 Benito Mussolini costituiva in Italia il primo regime fascista; Adolf Hitler, Führer (guida) del Partiti socialnazionalista tedesco, dieci anni dopo in Germania fondò il suo progetto di Grande Reich oltre che sul richiamo a teorie basate sull'antisemitismo e sul razzismo – esaltatrici della presunta superiorità della razza ariana – sulla prospettiva politica di abolire l'"ordine di Versailles" e assicurare lo spazio vitale al regime totalitario che avrebbe dovuto raccogliere tutti i tedeschi. La Grande Depressione, inoltre, affliggeva in maniera particolarmente grave la Germania, quando Hitler, dopo aver vinto le elezioni ed essere stato nominato cancelliere, in breve assunse pieni poteri. Quanto al Giappone, pur non esistendovi formalmente un regime fascista, il ruolo svolto dalle forze armate nel governo civile del paese era preponderante e si ispirava alla volontà di rimettere in discussione gli equilibri internazionali sin lì definiti. Nel marzo del 1936, dopo aver annunciato il riarmo nazionale in violazione del trattato di pace di Versailles, Hitler occupò militarmente la Renania (il cui status di zona smilitarizzata era stato definito sia a Versailles sia dagli accordi di Locarno), sollevando solo una flebile protesta da parte di Londra e Parigi. Seguì un altro passaggio preparatorio all'applicazione del programma espansionistico, segnato dall'intervento nella guerra civile spagnola (1936-1939) al fianco dei ribelli franchisti e in collaborazione con il futuro alleato Mussolini, fondatore in quegli anni dell'impero coloniale italiano in Etiopia. Tra il 1936 e il 1937 una serie di accordi tra Germania, Italia e Giappone formalizzò lo stabilirsi di un Asse Roma-Berlino-Tokyo che univa in alleanza i tre regimi "forti" della scena internazionale . L'espansionismo nazista in Europa: l'annessione dell'Austria (Anschluss) nella primavera del 1938 fu il primo passo verso la realizzazione del progetto hitleriano di ricostituzione della Grande Germania. Mussolini appoggiò l'alleato, mentre britannici e francesi ancora una volta mancarono di intervenire con decisione, liquidando la vicenda come una questione interna tedesca. Nel settembre successivo fu la volta delle rivendicazioni naziste sulla regione dei Sudeti, al confine occidentale della Cecoslovacchia, abitata da una popolazione a maggioranza tedesca. Nel marzo del 1939, Hitler occupò tutta la Cecoslovacchia, spingendo Londra a siglare un accordo di garanzia con la Polonia, obiettivo dichiarato dell'espansionismo nazista. Uno sviluppo inatteso si ebbe il 23 agosto 1939 con la firma a Mosca di un trattato di non aggressione tra Germania e URSS (patto Molotov-Ribbentrop), che peraltro in un protocollo segreto concordavano di spartirsi l'Europa centrorientale, attribuendo all'Unione Sovietica Finlandia, Lituania, Estonia, Lettonia, Polonia orientale e Romania. Il 1° settembre 1939 i tedeschi invasero la Polonia. Due giorni dopo Francia e Inghilterra dichiararono guerra alla Germania; trincerati dietro la linea Maginot, i francesi non erano in realtà nella condizione di attaccare l'opposta linea Sigfrido tedesca, che pure non era protetta a sufficienza dalle truppe, impegnate sul fronte polacco. Il primo giorno cominciarono i bombardamenti delle reti ferroviarie polacche. Dopo quattro giorni due gruppi armati, uno proveniente dalla Prussia orientale e un altro dalla Slesia, attraversarono le frontiere indirizzandosi verso Varsavia e Brest. Tra l'8 e il 10 settembre i tedeschi avanzarono verso Varsavia. Il 17 l'Armata Rossa varcò il confine occupando la Polonia orientale. Il 20 settembre tutta la Polonia era nelle mani dei tedeschi e dei sovietici. La guerra finnico-sovietica e il fronte norvegese: Il 30 novembre 1939 l'Unione Sovietica dichiarò guerra alla Finlandia, e questo atto fu condannato dall'opinione pubblica mondiale. Temendo l'intervento di altre potenze a fianco della Finlandia, Stalin concluse la pace il 12 marzo 1940, assicurando all'URSS concessioni territoriali; la Finlandia rimaneva indipendente. Il 2 aprile Hitler ordinò di attaccare la Norvegia e la Danimarca. La Danimarca si arrese immediatamente. I norvegesi, appoggiati dai soldati britannici e francesi, resistettero in un primo momento, riuscendo anche a far ritirare i tedeschi fino al confine svedese, ma in seguito, a causa delle sconfitte militari nel territorio francese, questi ultimi dovettero ritirare le loro truppe dando cosi via libera all’avanzata dei tedeschi. I Paesi Bassi: Nella primavera del 1940 Hitler decise di sferrare l'attacco nelle Ardenne, cogliendo di sorpresa il comando anglofrancese. Il 10 maggio forze aeree tedesche atterrarono in Belgio e in Olanda occupando aeroporti e nodi stradali. L'esercito olandese si arrese il 14 maggio, poche ore dopo il bombardamento di Rotterdam. Lo stesso giorno, l'esercito tedesco, comandato dal generale Gerd von Rundstedt, attraversò le Ardenne cogliendo alle spalle le armate britanniche e francesi. La sconfitta della Francia: Il 26 maggio, inglesi e francesi furono respinti a Dunkerque e riuscirono a trovare scampo solo grazie a una gigantesca operazione di evacuazione della regione costiera, da cui ripiegarono drammaticamente per scampare alla cattura. Intanto Leopoldo III, re del Belgio, firmava la resa due giorni dopo. L'invasione dell'Unione Sovietica: Lo scontro più imponente iniziò la mattina del 22 giugno 1941, quando più di 3 milioni di soldati dell'Asse invasero l'Unione Sovietica. Nonostante l'attacco fosse stato apertamente preparato da mesi, i sovietici furono colti di sorpresa. I capi militari sovietici erano convinti che una guerra lampo come quella che aveva piegato la Polonia e la Francia non sarebbe stata possibile contro l'Unione Sovietica. L'esercito sovietico era numericamente superiore a quello tedesco, forte di 4,5 milioni di soldati schierati sul confine occidentale, del doppio di carri armati e del triplo di aerei, pur tecnologicamente superati. Il primo giorno molti aerei sovietici furono distrutti; lo schieramento dei carri armati, dispersi tra la fanteria, era perdente nei confronti della concentrazione dei mezzi corazzati tedeschi. Gli ordini dati alla fanteria furono di contrattaccare senza ritirarsi, ma la maggior parte dei soldati sovietici cadde combattendo o fu catturata. Prime vittorie tedesche: Per l'invasione, l'esercito tedesco era stato organizzato in tre gruppi armati – Nord, Centro e Sud – che puntarono rispettivamente verso Leningrado (attuale San Pietroburgo), Mosca e Kiev. Hitler e i suoi generali concordavano sul fatto che il problema principale era bloccare l'Armata Rossa e sconfiggerla prima che potesse ripiegare verso l'interno del paese (il grosso dell'esercito si mosse verso Mosca). I tedeschi prevedevano di vincere in dieci settimane: era un punto essenziale, in quanto l'inverno russo avrebbe bloccato le operazioni, mentre l'impegno bellico nei Balcani aveva già causato un ritardo di tre settimane. Mussolini decise di collaborare all'operazione Barbarossa con l'invio di un Corpo di spedizione italiano in Russia (CSIR) composto di 62.000 uomini che i tedeschi schierarono in Ucraina. Sul fronte opposto furono Churchill a offrire ai sovietici un'alleanza e Roosevelt gli aiuti consentiti dalla Legge. All’inizio d’agosto, i tedeschi erano ormai prossimi a Mosca. I russi avevano sacrificato moltissimi soldati e armamenti per difendere la capitale. Hitler non era soddisfatto e ordinò al Gruppo Centro di spostare il grosso degli armamenti a nord e a sud per aiutare gli altri due gruppi d'invasione, fermando in questo modo l'avanzata verso Mosca. L'avanzata verso Mosca: Il Gruppo Centro riprese le azioni il 2 ottobre, catturando in due settimane 663.000 militari nemici. Le piogge autunnali trasformarono tutto il terreno in fango e bloccarono l'avanzata per quasi un mese. A metà novembre arrivò il freddo e il terreno gelò. Hitler e il comandante del Gruppo Centro, il feldmaresciallo Fëdor von Bock, decisero, nonostante l'inverno, di concludere la campagna del 1941 con la conquista di Mosca. Verso la seconda metà di novembre Bock mosse verso Mosca, arrivando a 32 km dalla città. La temperatura era bassissima, la neve copriva le strade, macchine e uomini non erano attrezzati ad affrontare un freddo così intenso. Il 5 dicembre i generali tedeschi ammisero il blocco totale dell'avanzata. Carri armati e camion erano congelati, le truppe demoralizzate. La controffensiva sovietica: Stalin, in accordo con il maresciallo Georgij Wukov, aveva trattenuto a Mosca le riserve, tra cui molti giovani, ma anche veterani. Il 6 dicembre i sovietici contrattaccarono e, dopo pochi giorni, le avanguardie corazzate tedesche si ritirarono, lasciando sul terreno una quantità di veicoli e armamenti resi inutilizzabili dal gelo. Su ordine di Stalin, il contrattacco di Mosca dette il via a una controffensiva sull'intero fronte. I tedeschi non avevano costruito linee di difesa sulla retroguardia e Hitler ordinò alle truppe di non retrocedere. I russi annientarono molte divisioni, ma i tedeschi resistettero abbastanza per superare l'inverno e mantenere l'assedio di Leningrado, minacciando Mosca e occupando l'Ucraina. Per la prima volta dal 1939 falliva un piano tedesco di annientamento del nemico. L'obiettivo di assicurarsi grandi quantitativi di viveri e materie prime dalla Russia sconfitta non si realizzò, perché le ferrovie erano state distrutte dai sovietici in ritirata, e altrettanto era stato fatto con le colture, il bestiame e ogni altra risorsa. L'aiuto in materie prime concesse dagli americani, trasportate da convogli britannici che subirono perdite pesanti nei porti settentrionali della Russia, assicurò ai sovietici radar, radio e altri equipaggiamenti sofisticati. Terza fase, il ribaltamento degli equilibri: Alla fine del mese di dicembre 1941, Roosevelt, Churchill e i rispettivi consiglieri si riunirono a Washington. Tutti concordarono sulla necessità di sconfiggere prima la Germania e, avendo l'Inghilterra i mezzi necessari per combattere in Europa, dovevano essere i britannici a condurre le operazioni, mentre la guerra con il Giappone avrebbe impegnato quasi esclusivamente gli americani. Il 1° gennaio 1942 Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Sovietica e altri 23 paesi firmarono la Dichiarazione delle Nazioni Unite, impegnandosi a non perseguire paci separate. Nazioni Unite divenne il nome ufficiale della coalizione anti Asse, ma il termine più usato per indicare queste potenze rimase quello utilizzato già nella prima guerra mondiale: Alleati. Agli inizi del 1942 gli Stati Uniti non potevano ancora prendere parte a molte delle azioni che avevano luogo in Europa. A questo punto il grande interrogativo era se l'Unione Sovietica sarebbe stata in grado di sopportare una seconda offensiva tedesca; i russi premevano sugli Stati Uniti e sulla Gran Bretagna affinché si adoperassero per alleggerire la pressione sul territorio sovietico, aprendo il cosiddetto "secondo fronte" in Occidente. Il generale George Marshall, capo di stato maggiore dell'esercito americano, era convinto che il modo migliore per aiutare i russi e porre termine alla guerra sarebbe stato quello di allestire una concentrazione di forze in Inghilterra, e sferrare l'attacco attraverso la Manica. Le operazioni avrebbero dovuto iniziare nella primavera del 1943, o prima ancora, se l'Unione Sovietica fosse stata sull'orlo del collasso. Gli inglesi però non volevano aprire altri fronti prima di aver vinto in Africa settentrionale, e non credevano alla possibilità di raccogliere in Inghilterra un esercito abbastanza forte per attraversare la Manica entro il 1943. Rommel nel mese di giugno entrò a Tobruk, sfondò in Egitto. A questo punto gli americani convennero che era necessario rimandare l'attacco attraverso la Manica e si prepararono per l'invasione dell'Africa settentrionale francese. L'offensiva angloamericana in Nord Africa: Tra la primavera e l'estate del 1942 la situazione nell'Africa settentrionale volgeva a favore dell'Asse. Il 31 agosto Rommel e l'Afrikakorps sferrarono un attacco lungo il fianco sud del fronte britannico, ma furono respinti il 7 settembre. La controffensiva alleata, guidata dal generale britannico Montgomery, fu lanciata il 23 ottobre; l'8 novembre, dopo durissimi scontri, Rommel diede l'ordine di ritirata alle truppe. Dopo alcuni mesi di resistenza, respinte dalle forze inglesi e francesi fino in Tunisia, le divisioni italo-tedesche si arresero il 13 maggio 1943. Il fronte russo: Alle vittorie invernali sovietiche era succeduta una serie di sconfitte nella primavera del 1942, costate all'URSS più di mezzo milione di prigionieri. Anche i tedeschi avevano commesso un grande errore fermando la produzione della maggior parte degli armamenti e delle munizioni destinati all'esercito per potenziare la produzione industriale per l'aeronautica e la marina militare, nello sforzo di sconfiggere finalmente la Gran Bretagna. Hitler aveva comunque sufficienti truppe e armamenti per costringere l'Unione Sovietica a sacrificare il grosso delle sue truppe nel tentativo di difendere i bacini minerari del Donbass e i giacimenti petroliferi del Caucaso. La campagna tedesca verso il Caucaso: Le offensive cominciarono il 28 giugno 1942 e in meno di quattro settimane i tedeschi furono a est del fiume Don. Stalin e i suoi generali, convinti che i tedeschi avrebbero puntato per la seconda volta su Mosca, avevano trattenuto le riserve e ordinato all'esercito del sud di ritirarsi. Hitler, incoraggiato dalla facilità dell'avanzata, ordinò di continuare l'avanzata verso Stalingrado, di raggiungere il basso Don e prendere i giacimenti petroliferi di Majkop, Grozny e Baku. L'assedio di Stalingrado: L'Unione Sovietica toccò il suo momento peggiore alla fine del luglio 1942. Il 28 luglio Stalin pronunciò il suo famoso "Neanche un passo indietro!" e chiese alle truppe di combattere una guerra "patriottica" per la Russia. La battaglia di Stalingrado era cominciata. Il 19 novembre, l'avanguardia corazzata sovietica entrò in contatto con i rumeni a ovest e a sud di Stalingrado. Hitler ordinò al comandante della VI Armata, di resistere, promettendogli imminente appoggio aereo. Il tentativo di far giungere rifornimenti fallì e la VI Armata, che, condannata alla distruzione, voleva tentare di rompere l'accerchiamento, ne fu impedita da un ordine di Hitler. Von Paulus si arrese il 31 gennaio 1943. La battaglia di Stalingrado costò 200.000 uomini ai tedeschi, costretti a ritirarsi dal Caucaso e a retrocedere fino quasi al punto da dove era partita l'offensiva dell'estate 1942. Nella tragica ritirata sotto l'attacco sovietico venne coinvolta anche l'Armata italiana in Russia (ARMIR), sette divisioni che si erano aggiunte a quelle che già componevano il CSIR, portando gli effettivi a 230.000 soldati. L'ARMIR, insieme alle armate tedesche, rumene e ungheresi, fu annientata. Guadalcanal: Nell'estate del 1942 Stalingrado e il Caucaso erano apparentemente sul punto di cadere nelle mani di Hitler, e Rommel non era lontano dal canale di Suez. I giapponesi avevano occupato Guadalcanal. Gli americani sbarcarono a Guadalcanal il 7 agosto 1942. La reazione del Giappone fu pronta e violenta: le perdite in navi e aerei furono pesanti per entrambe le parti, ma i giapponesi ne uscirono sconfitti, dopo più di quattro mesi di scontri. La battaglia di Kursk: Come preludio del rinviato attacco attraverso la Manica, gli angloamericani decisero di scatenare un'offensiva aerea contro la Germania. Hitler, pur sapendo di non essere in grado di affrontare un'altra offensiva, il 5 luglio dette il via alla battaglia di Kursk, attaccando da nord e da sud il fronte, in prossimità di Kursk. Nel più grande scontro tra forze corazzate della guerra, i sovietici opposero una strenua resistenza. Hitler sospese le operazioni perché gli angloamericani erano appena sbarcati in Sicilia. Dopo Kursk, l'iniziativa strategica nell'Europa orientale passò definitivamente all'armata sovietica. La campagna d'Italia: Dopo avere occupato nel giugno del 1943 Pantelleria e Lampedusa, il 10 luglio tre divisioni americane, una canadese e tre inglesi sbarcarono in Sicilia, battendo quattro divisioni italiane e due tedesche e superando, il 17 agosto, l'ultima resistenza dell'Asse. Mussolini era stato Con il crollo del Fascismo e l'instaurazione della Repubblica sociale italiana, con a capo la figura, ormai quasi del tutto destituita di ogni potere, di Mussolini l'Italia si trovò spaccata in due: da sud risalivano le armate alleate, mentre nell'Italia entro-settentrionale i tedeschi si attestavano come un vero e proprio esercito occupante. Si manifestò allora, assumendo poi via via l'aspetto di fenomeno popolare di massa, l'attività di resistenza contro i tedeschi. Il movimento partigiano conquistò ben presto uno spessore politico rilevante, in particolar modo per la sua capacità di indicare la strada da percorrere per opporsi al regime ed alle truppe d'occupazione naziste. Per coordinare le operazioni contro i nazifascisti e per disporsi ad affrontare le questioni politiche del dopoguerra cariche di incognite, si formarono i comitati di liberazione nazionale (CNL), in cui andarono a confluire i rappresentanti dei partiti politici all'indomani del 1943. A seguito del crollo del Fascismo cominciarono infatti a ricostituirsi le principali formazioni politiche. Il PCI riprese la propria attività pubblica nel 1944, sotto la guida di Palmiro Togliatti, tornato in Italia dopo un lungo esilio in URSS. Egli lanciò un programma di collaborazione con le altre forze antifasciste col fine ultimo di far evolvere il sistema politico italiano in senso socialista. Vennero ricostituiti anche il PSIUP ed il vecchio Partito Popolare con il nuovo nome di Democrazia Cristiana, sotto la guida di Alcide De Gasperi. L'unica formazione nuova rispetto agli anni '20 fu il Partito d'Azione. Per impulso di queste forze politiche si formò il CORPO dei VOLONTARI della LIBERTÀ (Cvl) con a capo, fra gli altri, Ferruccio Parri e Luigi Longo, che agì da comando strategico e da stato maggiore della resistenza armata. Nell'Italia settentrionale fu il CLNAI (Comitato di Liberazione Alta Italia) a guidare le azioni di guerriglia contri i nazi-fascisti. Nell'Italia meridionale operò invece, dalla primavera del 1944, il primo governo Badoglio cui parteciparono tutti i partiti rappresentanti delle vecchie élites legate ai Savoia. I Nazisti, ormai alle strette, risposero spesso ai partigiani con feroci rappresaglie contro la popolazione civile: tragicamente noti, per le dimensioni dell'eccidio furono la strage di Marzabotto, in Emilia, ed il massacro di più di 300 civili alle Fosse Ardeatine, a Roma, in risposta ad un attentato partigiano contro una colonna tedesca in via Rasella. Mentre gli anglo-americani risalivano la penisola, un proclama del comandante inglese Harold Rupert Alexander invitò i partigiani a sospendere la lotta: dopo una prima fase di serie difficoltà, la Resistenza riuscì a ricostituire nuove basi operative, predisponendosi allo scontro finale. Il movimento di resistenza antitedesca non fu però un fatto circoscritto all'Italia, ma l'occupazione nazista suscitò in tutta Europa una vasta reazione: forze volontarie si organizzarono sui monti, in pianura, nelle città per contrastare il nemico con sabotaggi, azioni punitive, agguati ed operazioni militari. Nello sforzo di lotta contro l'avversario comune seppero coesistere in un'unità d'intenti e d'azione idee e programmi di diverse provenienze. In Francia il generale De Gaulle, all'indomani dell'invasione tedesca, mandò il suo appello alla resistenza contro l'occupante. Al programma di quest'ultimo si ispirarono poi le Ffi (Forces françaises de l'intérieur) cui si aggiunsero gli Ftp (Francs tireurs et partisans) di ispirazione comunista. Anche in Polonia, in URSS ed in Yugoslavia fu attivo il movimento di resistenza; in Yugoslavia in particolare, la lotta condotta dai partigiani comunisti alla guida di Tito, fu lunga ed aspra. Non mancano tuttavia documenti che testimoniano efferatezze gratuite e massacri ai danni di civili inermi ed innocenti (spesso colpevoli di essere "solo" italiani!), da parte degli uomini di Tito, fin'anche dopo il termine della Seconda Guerra Mondiale collocando questa parentesi resistenziale yugoslava in un quadro storico assai particolare e discutibile. È questo il caso delle foibe, cavità carsiche in cui venivano occultati i cadaveri, ma che più spesso diventarono esse stesse strumento di morte per le persone che vi venivano buttate dentro ancora vive. La battaglia aerea in Europa: La più importante azione aerea contro la Germania ebbe luogo nell'autunno del 1944: i bombardamenti inglesi e americani colpirono sia obiettivi militari sia le città tedesche. Hitler reagì lanciando contro Londra i missili V1 e V2, ma nel mese di ottobre le più importanti basi missilistiche di lancio tedesche, furono conquistate dagli Alleati. La conferenza di Jalta: Dal 4 all'11 febbraio 1945 ebbe luogo la conferenza di Jalta, in Crimea, tra i capi di stato di Stati Uniti (Roosevelt), Gran Bretagna (Churchill) e Unione Sovietica (Stalin). In questa occasione Stalin si impegnò a entrare in guerra contro il Giappone entro tre mesi dalla capitolazione tedesca, in cambio di concessioni territoriali in Estremo Oriente. Nel corso della conferenza si stabilì inoltre la strategia da seguire contro la Germania e l'organizzazione del paese alla fine del conflitto e vennero inoltre definite le rispettive sfere di influenza da assegnare alle tre potenze che erano sul punto di chiudere vittoriosamente la guerra. Si discusse anche sulla proposta americana di dare vita all'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU), strumento per un nuovo ordine mondiale. I tre capi di stato concordarono nella costituzione di un Consiglio di Sicurezza, al quale avrebbero partecipato le cinque potenze alleate (USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina) con diritto di veto sulle principali questioni internazionali. L'avanzata sul Reno: All'inizio di marzo del 1945 le armate alleate raggiunsero il Reno, alla fine del mese, l'intero schieramento tedesco sul fiume crollò. Le ultime battaglie in Europa e la resa della Germania: In Italia, il 14 e il 16 aprile 1945, la V Armata americana e l'VIII Armata britannica lanciarono l'offensiva verso la Pianura Padana. Contemporaneamente i partigiani, volontari nella Resistenza, ebbero l'ordine dell'insurrezione generale dal Comitato di liberazione nazionale Alta Italia che coordinava i comitati militari regionali e provinciali e rappresentava le diverse componenti politiche dell'antifascismo. Nelle principali città, Bologna, Torino, Genova, Milano, le formazioni partigiane entrarono in azione il 25 aprile e in pochi giorni costrinsero alla fuga i tedeschi, ancora prima che sopraggiungessero le truppe alleate. Mussolini, catturato nei pressi di Como mentre tentava la fuga in Svizzera con un'autocolonna tedesca, fu giustiziato il 28 aprile. Rappresentanti dei comandi tedeschi in Italia si accordarono con gli Alleati per la resa, entrata in vigore il 2 maggio; negli stessi giorni la Germania di Hitler soccombeva. Il 16 aprile cominciò l'avanzata sovietica verso Berlino. Il 20 aprile la VII Armata americana conquistò Norimberga e, quattro giorni dopo, le armate sovietiche circondarono la capitale. Il 25 aprile la V Armata sovietica e la I Armata americana si congiunsero a Torgau, sull'Elba, a nord-est di Lipsia. L'ultima settimana di aprile, la resistenza contro gli angloamericani cessò, ma sul fronte orientale le truppe tedesche continuarono a battersi disperatamente contro i sovietici. Hitler decise di restare a Berlino, mentre la maggior parte dei suoi collaboratori politici e militari si davano alla fuga. Il 30 aprile, chiuso nel suo bunker, Hitler si suicidò insieme con Eva Braun, la sua amante, e, come ultimo atto ufficiale, nominò suo successore l'ammiraglio Karl Dönitz, che chiese la resa. Il suo rappresentante, generale Alfred Jodl, firmò la capitolazione delle forze armate tedesche il 7 maggio a Reims; un secondo documento fu firmato a Berlino, nel quartier generale sovietico, il giorno seguente. La sconfitta del Giappone: All'inizio del 1945, nel Pacifico, la fine della guerra non sembrava vicina: la Marina nipponica non era in grado di sferrare attacchi massicci, ma i kamikaze effettuarono azioni suicide, nelle Filippine, distruggendo 17 navi statunitensi e danneggiandone 50. Il governo americano adottò una nuova strategia che si basava sull'uso delle armi nucleari. La prima esplosione atomica, per così dire "di prova", fu eseguita ad Alamogordo, nel New Mexico, il 16 luglio 1945. Altre due bombe erano state costruite e si decise di usarle per costringere il Giappone alla resa. Il presidente americano Truman, succeduto a Roosevelt, ordinò i bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki, effettuati il 6 e il 9 agosto. Intanto, l'8 agosto, l'Unione Sovietica aveva dichiarato guerra al Giappone; il giorno dopo invase la Manciuria. Il 14 agosto l'imperatore Hirohito fece trasmettere via radio un comunicato che annunciava la resa incondizionata del Giappone. Il 2 settembre, a bordo della corazzata Missouri, nella baia di Tokyo, i rappresentanti del governo nipponico firmarono davanti al generale MacArthur il documento di capitolazione. Effetti della guerra: Secondo le statistiche, la seconda guerra mondiale fu la guerra più devastante quanto a perdite umane e distruzione materiale. Il conflitto, che coinvolse 61 nazioni, provocò la morte di circa 55 milioni di persone, tra militari e civili: l'Unione Sovietica ebbe circa 20 milioni di morti; la Cina 13,5 milioni; la Germania 7,3 milioni; la Polonia 5,5 milioni; il Giappone 2 milioni; la Iugoslavia 1,6 milioni; la Romania 665.000; la Francia 610.000; l'impero britannico 510.000; l'Italia 410.000; l'Ungheria 400.000; la Cecoslovacchia 340.000; gli Stati Uniti 300.000. Gli sviluppi tecnologici e scientifici fecero della guerra un conflitto di una ferocia senza pari: la popolazione civile fu coinvolta direttamente nei combattimenti e nelle rappresaglie e fu colpita soprattutto a causa dei bombardamenti aerei. L'evento più terribile fu tuttavia la deportazione e lo sterminio di oltre sei milioni di ebrei nei campi di concentramento nazisti, la cosiddetta "soluzione finale" del "problema" ebraico. Distruzione e ricostruzione: In Europa le distruzioni operate dalla guerra apparivano in tutta la loro drammatica dimensione. L'Europa orientale e balcanica, nella quale l'invasione tedesca aveva lasciato i segni di inaudite crudeltà, era devastata nelle sue strutture demografiche e materiali. In tutti i paesi in guerra il sistema industriale e le infrastrutture avevano subito danni incalcolabili, più macroscopici nelle grandi città e nei principali porti, sui quali si erano concentrati i bombardamenti aerei. La produzione complessiva del carbone risultava dimezzata rispetto ai livelli prebellici. Finiti i combattimenti, in Germania e nell'Europa orientale si registrarono tremende carestie, ma mondo diviso tra capitalismo e comunismo, due differenti schieramenti destinati a scontrarsi, mentre Winston Churchill, primo ministro britannico parla di una “cortina di ferro” che è scesa sull’Europa, dividendola dal Baltico all’Adriatico. Un funzionario americano, George Kennan, ritenendo che i sovietici facciano leva sulla situazione di ostilità internazionale per mantenere il pugno di ferro all’interno del paese e puntino ad una futura espansione in Europa, conia quella che diverrà nota come la “teoria del containment”: per Kennan è fondamentale contenere la diffusione del comunismo all’interno dei confini dell’URSS, tutelando gli interessi e il modello di sviluppo americano nel mondo. Negli anni tra la fine della guerra e il 1950 Stalin infatti crea alcuni stati-satellite alle porte dell’URSS imponendo governi comunisti in Polonia, Romania, Bulgaria, Cecoslovacchia, Ungheria. La sovietizzazione dell’Europa orientale avviene principalmente attraverso metodi autoritari. Nel 1948 la Jugoslavia di Tito si oppone a questo processo, rivendicando il proprio carattere di forza nazionale protagonista della resistenza partigiana all’occupazione nazista. Questo atteggiamento conduce alla rottura con Stalin e ad una defezione significativa per il progetto sovietico: la Jugoslavia da questo momento porta avanti un atteggiamento di equidistanza tra i due blocchi che vanno definendosi. Questi anni sono anche segnati da un progressivo impegno statunitense in Europa, sempre al fine di evitare un espansionismo comunista e - come affermò Truman in un suo celebre discorso del 1947 che costituì il fulcro della “Dottrina Truman” - “sostenere i popoli liberi che resistono all’asservimento da parte di minoranze armate o da pressioni esterne”. Così gli Stati Uniti dapprima si sostituiscono alla Gran Bretagna nell’elargire aiuti economici aGrecia e Turchia e nel giugno del 1947 lanciano lo European Recovery Program, anche noto come Piano Marshall dal nome del segretario di stato USA che lo annuncia. Questo piano prevede aiuti economici ai paesi europei per la ricostruzione post-bellica e supporto nella creazione di un mercato europeo. Anche l’URSS viene invitata ad aderire al piano ma preferisce declinare l’offerta e opporsi ad esso, ritenendolo uno strumento dell’imperialismo americano. In questo clima il più importante terreno di confronto tra le due grandi potenze diventa la Germania: nel giugno del 1948 gli occupanti del settore occidentale (inglesi, francesi ed americani) unificandole loro porzioni di territorio e iniziano a farvi circolare una moneta unica, in vista della creazione di uno stato tedesco autonomo. L’URSS, che occupa il settore tedesco di cui fa parte Berlino (città divisa a sua volta in quattro settori), reagisce con il blocco delle vie di terra di accesso alla città che durerà fino al maggio 1949 (dando vita anche ad un celebre “ponte aereo” da parte delle forze occidentali) e costituisce la prima grande contrapposizione tra potenze della Guerra fredda. Pochi mesi dopo la fine del blocco nasce la Repubblica Federale Tedesca nel settore occidentale, seguita dalla Repubblica Democratica Tedesca in quello sovietico. L’ultimo tassello nella definizione delle due sfere contrapposte è costituito dalla creazione della NATO con la firma, il 4 aprile 1949, del Patto Atlantico. La minaccia dell’espansionismo sovietico richiede infatti un’alleanza degli stati occidentali sul piano militare, in quanto gli Stati Uniti altrimenti non possono garantire adeguata protezione all’Europa; con la firma di questo trattato viene definitivamente meno la politica isolazionista statunitense. Il 1949 si chiude con due eventi che spingono ancora di più gli Stati Uniti a temere per la propria supremazia. Infatti, se la superiorità delle forze militari di terra dell’URSS è stata fino ad ora bilanciata dal fatto che solo gli USA dispongono della bomba atomica, con gli esperimenti nucleari sovietici nell’agosto del 1949 questa sicurezza statunitense viene meno. A questo si associa la proclamazione della Repubblica Popolare Cinese nell’ottobre del 1949: la vittoria di Mao in Cina e gli accordi stipulati con l’URSS alimentano una percezione del comunismo internazionale come di un fenomeno monolitico asservito alla potenza sovietica. La reazione negli USA alla “minaccia comunista”è rappresentata dal documento del National Security Council memorandum 68 (NSC-68) dell’aprile 1950, nel quale si delineano le misure da prendere per opporsi al rafforzamento sovietico. Queste vanno dall’aumento degli investimenti nella difesa, all’incremento delle forze statunitensi, allo sviluppo di un programma per la bomba all’idrogeno. Dal riarmo alla coesistenza pacifica (1950-1956): Il 25 giugno del 1950 lo stato comunista della Corea del Nord invade l’omonimo stato del sud, a regime non comunista. Ha inizio così la Guerra di Corea, che vede l’intervento diretto USA su mandato ONU, mentre URSS e Cina agiscono appoggiando non ufficialmente la Corea del Nord. Nel 1953, dopo alterne vicende, si giunge alla firma di un armistizio che, di fatto, ripristina la situazione iniziale. La guerra di Corea spinge però Truman a prendere la strada del riarmo, applicando molti dei suggerimenti presenti nel memorandum NSC-68, come ad esempio l’aumento delle forze militari in Europa e, più in generale, del numero dei militari statunitensi e l’ampliamento degli investimenti nell’ambito della difesa. Nonostante l’aumento delle forze militari statunitensi in Europa, le forze NATO schierate nella regione rimangono comunque inferiori a quelle dell’esercito sovietico e dei suoi stati satellite. Per questo motivo si inizia a discutere della possibilità che la Germania possa contribuire attivamente alla difesa europea. Nei primi anni ’50 si cerca quindi di perseguire una politica volta a riarmare la Repubblica Federale Tedesca all’interno di un contesto di unità europea, ma il progetto fallisce, in particolar modo per la diffidenza che la Francia mantiene nei confronti del vicino tedesco. La soluzione è che il riarmo tedesco avvenga tramite l’ingresso nella NATO nel 1955, che coincide di fatto con la fine dell’occupazione dei suoi territori da parte delle tre potenze occidentali. L’URSS risponde all’indipendenza della Germania Ovest con la stipula del Patto di Varsavia, un’alleanza difensiva con i propri stati satellite 2. Intanto assistiamo ad un grande cambiamento al vertice delle due grandi potenze: nel 1953 Stalin muore e gli succede prima Georgij Malenkov e poi Nikita Krusciov (in russo, Nikita Sergeevič Chruščëv) dal 1955; negli Stati Uniti, Truman invece termina il suo mandato e si insedia come nuovo presidente il generale Dwight Eisenhower. I nuovi leader danno il via ad un periodo di disgelo, caratterizzato da un atteggiamento più accomodante dell’URSS in politica estera e dalla firma del trattato che concede l’indipendenza all’Austria, ponendo fine alla sua occupazione da parte delle potenze vincitrici. Anche dal punto di vista degli armamenti assistiamo ad una nuova politica di difesa caratterizzata, per entrambe le potenze, dall’uso del deterrente nucleare e da una riduzione della spesa per la difesa. Nel solco di questo processo rientra anche il famoso discorso di Krusciov del febbraio 1956 al XX Congresso del Partito Comunista Sovietico: egli difende la nuova politica di coesistenza pacifica con l’occidente e condanna apertamente i crimini di Stalin e il “culto della personalità” connesso alla sua figura. Inoltre nei mesi successivi scioglie il Cominform e apre ad una distensione con Tito e ad una maggiore libertà per i governi comunisti degli stati satellite. Questa apertura provoca però dei gravi sommovimenti interni in Polonia e Ungheria: in Polonia la situazione viene risolta con un cambio ai vertici del governo locale, mentre in Ungheria deve intervenire l’esercito, provocando un’ondata di sdegno anche tra coloro che, in occidente, guardavano con favore alla svolta di Krusciov. La vicenda ungherese mostra come la politica riformista del leader sovietico abbia limiti evidenti: se da un lato la situazione internazionale di contrapposizione tra blocchi rende impossibile mettere in discussione gli assetti geopolitici formatisi dopo la guerra, dall’altro il potere sovietico sugli stati satellite continua a basarsi su un rapporto coercitivo, senza riuscire a cambiare davvero prospettiva accordando maggiore autonomia e libertà agli alleati. La guerra fredda nelle periferie e la nuova corsa agli armamenti (1956-1963): A partire dagli anni ’50, il processo di decolonizzazione in atto finisce per essere condizionato dalle dinamiche dello scontro tra USA e URSS. Le due grandi potenze si trovano a giocare un ruolo fondamentale anche nelle periferie del mondo, non tramite una politica coloniale ma mediante l’appoggio politico ai diversi governi al fine di allargare la propria sfera di influenza. In questo ambito centrali sono gli avvenimenti in Medio Oriente, con il crescere della tensione tra i paesi arabi e il neonato stato di Israele, e significativa è l’esperienza dell’Egitto di Nasser, che riesce a sfruttare a proprio vantaggio la contrapposizione tra USA e URSS per ottenere supporto economico. La coesistenza apparentemente pacifica sposta il confronto tra le due potenze all’ambito economico e a quello della corsa agli armamenti. Quest’ultimo nella regione, innalzando il livello di allerta nucleare. Al contempo sono in corso nuovi negoziati tra le due potenze per la limitazione degli armamenti, ma la situazione tra i due paesi resta sempre più tesa: in particolare le accuse dell’opposizione interna al presidente Ford, a causa del suo comportamento ritenuto eccessivamente concessivo con i sovietici, contribuiscono al fallimento delle trattative. A complicare la situazione contribuiscono poi varie crisi a livello internazionale: dalla vittoria dei sandinisti in Nicaragua, alla crisi degli ostaggi dell’ambasciata americana in Iran, fino all’intervento sovietico in Afghanistan. Così la tensione torna a crescere tra le due potenze, alimentata anche dall’intransigentismo del nuovo presidente americano Ronald Reagan, in carica dal 1981 al 1989. L’era Reagan e la distensione (1981-1991): La politica di Reagan è caratterizzata dalla contrapposizione totale al comunismo, tanto da opporsi a qualunque regime comunista con ogni mezzo, come avviene ad esempio in America Centrale, e da sostenere in tutto il mondo le forze anticomuniste, tra cui gli oppositori dell’URSS in Afghanistan. L’altro aspetto determinante è il crescente investimento nel riarmo, in quanto Reagan crede che la deterrenza nucleare non sia sufficiente a impressionare l’URSS. Rientrano in questo campo il posizionamento di missili nucleari in Europa e la volontà di dotarsi di un sistema di difesa strategica, detto “scudo spaziale”. Per contro l’URSS è economicamente molto provata: si trova in una fase di stagnazione e gran parte delle sue risorse sono state assorbite dalle spese militari. Inoltre la nascita del sindacato Solidarnosc in Polonia e le vicende che ne seguono mettono in luce un crescente malumore negli stati satellite. Nel 1985, con l’elezione di Michail Gorbaciov (in russo, Michail Sergeevič Gorbačëv) a nuovo Segretario Generale, la politica sovietica cambia. Il progetto di Gorbaciov è caratterizzato da due parole chiave: perestroika, riferito al complesso di riforme miranti ad una ristrutturazione economica, e glasnost, termine (“trasparenza”) che punta a promuovere una maggiore partecipazione pubblica alla vita politica del paese. A partire da questi concetti Gorbaciov porta avanti una campagna volta a ridurre le tensioni con gli USA, iniziando lui stesso con l’annuncio di una moratoria sui test nucleari. Le due potenze giungono così ad un accordo che prevede la rimozione dei missili a media gittata, mentre l’URSS avvia un programma di riduzione delle proprie forze armate e di ritiro dall’Afghanistan. Frattanto la politica riformista di Gorbaciov viene abbracciata anche da alcuni stati satellite come la Polonia e l’Ungheria. Quest’ultima, nel 1989, apre le frontiere con l’Austria accelerando così processi come la caduta del muro di Berlino, nel 1989, e, successivamente, dei regimi comunisti della regione. Il 26 dicembre del 1991 l’URSS si dissolve definitivamente, mettendo fine anche al conflitto che ha caratterizzato gli ultimi quarant’anni di storia europea e mondiale. L’Italia Repubblicana: L’Italia, con la liberazione (25-04-1945) riacquistò la propria libera, ma era ora necessario rifarla in quanto buona parte del patrimonio nazionale era andato distrutto. Numerose città erano state rase al suolo dai bombardamenti aerei, il sistema dei trasporti (marina mercantile e ferrovie) avevano subito danni enormi, il deficit del bilancio statale era salito vertiginosamente, così come aumentavano disoccupazione, fame e costo della vita. Gran parte delle fabbriche, fortunatamente erano intatte, ma i macchinari erano vecchi. Bisognava quindi lavorare sodo per ricostruire quanto era stato distrutto e gli italiani lo fecero, però aiutati dagli USA. A livello istituzionale dopo la liberazione ci fu un importante cambiamento: si passò dalla monarchia alla Repubblica. Il 2/06/1946, infatti il governo indisse un referendum istituzionale, mediante cui gli italiani scelsero la propria forma di governo, cioè la repubblica. Il re Umberto III (succeduto a Vittorio Emanuele III) andò in esilio in Portogallo. Nello stesso giorno (2 giugno) il popolo italiano elesse un'assemblea Costituente che avrebbe preparato una nuova Costituzione (da sostituire allo Statuto Albertino) la cosa importante fu che al voto parteciparono anche le donne (suffragio universale). La nuova costituzione entrò in vigore il 1° gennaio 1948. Il primo presidente della nostra repubblica fu Luigi Einaudi. Dal 1950 al 1960 l'Italia conobbe un rapido sviluppo economico e ben presto, l'Italia divenne uno dei paesi più industrializzati. Si diffuse un certo benessere, la diffusione della televisione, delle automobili, delle villeggiature di massa, del cinema. Anche nel meridione dell'Italia ci fu qualche miglioramento e fu adottato qualche provvedimento in favore delle campagne e dell'economia in generale. Nell'agricoltura, infatti, fu avviata la meccanizzazione, fu istituita una cassa per il Mezzogiorno, un ente dotato di mezzi finanziari per avviare il progresso economico del Sud, l'istruzione venne incrementata. Tuttavia continuava ad esistere. Una conseguenza di ciò fu l'emigrazione verso l'estero e verso il nord: contadini, disoccupati meridionali andarono, infatti, in posti creati dall'industria. Questa massiccia emigrazione creò, però, gravi problemi: ulteriore spopolamento e abbandono delle campagne, espansione disordinato delle città, insufficienza dei servizi. negli anni 60 i governi avviarono riforme sociali (nazionalizzazione dell'energia elettrica, ENEL, riforma scolastica, scuola media unificata, ecc.) per distribuire più equamente i servizi ed il benessere, ma già alla fine degli anni 60 cominciarono i primi segni di nuove crisi. La Costituzione repubblicana del '46 fu l'ultimo episodio di collaborazione tra le forze antifasciste. Nelle elezioni del 18 aprile '48 Psi e Pci si presentarono uniti, ma De Gasperi (Dc) poté giovarsi di due appoggi: la Chiesa e gli USA. Per la Dc fu un trionfo (48,5%). Questo risultato condizionò anche la politica internazionale: fu decisa una collocazione del paese a fianco della NATO (marzo '49). Fu inoltre intrapresa una austera politica economica per ridurre l'inflazione ed il deficit: la "linea Einaudi" raggiunse i propri scopi, anche se comportò forti costi sociali, come la disoccupazione. Nonostante la Dc avesse la maggioranza assoluta cercò sempre un accordo con i partiti laici minori ® Luigi Enaudi capo dello Stato nel '48. Maggio-dicembre '50: riforma agraria (per incrementare la piccola borghesia, asse portante della Dc). Agosto '50: Cassa per il Mezzogiorno (fino al 1983). Nonostante la forte ripresa economica, la disoccupazione si mantenne su livelli molto alti ® manifestazioni e scioperi ® repressione di comunisti e socialisti. Per paura, poco prima delle elezioni del '53 fu varata la "legge truffa": una legge costruita apposta per il sistema di alleanze della Dc. Eppure nelle elezioni la Dc perse voti e De Gasperi registrò la prima grande sconfitta. Dopo questo iniziò una fase di transizione, nella quale molti sentivano il bisogno di un allargamento a sinistra. Questo però non avvenne e, anche dopo le dimissioni di De Gasperi nel '53, i governi Dc continuarono ad appoggiarsi solo sulla esigua maggioranza quadripartitica. Nella seconda metà degli anni '50 ci furono però molte riforme: Piano Vanoni del '55 (prima programmazione economica ® più poteri a Eni e Iri), Corte Costituzionale nel '56. La seconda legislatura ('53-'58) vide, nella Dc, la progressiva emarginazione della corrente liberale (De Gasperi, a favore della nuova generazione di politici nati dall'Azione Cattolica negli anni '20-30, più favorevoli all'intervento statale in economia e attenti ai problemi sociali, come Amintore Fanfani. Egli diventò nel '54 segretario del partito, e cercò di slegare la politica dai condizionamenti della Confindustria, a scapito però di legarla all'emergente industria di stato: connubio che degenererà negli anni successivi. Nel '56, a seguito delle denunce dei crimini di Stalin, il Psi ebbe una svolta autonomistica: mentre il Pci, pur condannando Stalin, rimaneva legato al modello sovietico, il Psi continuava ad inseguire la prospettiva di un radicale mutamento dello Stato, ma adesso si dichiarava disposto a collaborare ad una politica di riforme ® premesse per una futura politica di collaborazione. 1958-1963: boom economico + emigrazione sud-nord necessità di riforme sociali. L'allargamento a sinistra si verificò a seguito di alcuni drammatici episodi: nella primavera del 1960 il democristiano Fernando Tambroni, non riuscendo a trovare la maggioranza con Pri e Psdi, forma un governo monocolore con l'appoggio di Msi. La tensione esplose però quando fu autorizzato a Genova un loro congresso: per tre giorni (30 giugno-2 luglio '60) antifascisti si scontrarono con la polizia. Ci furono disordini anche in molte altre città italiane. Per superare la crisi fu creato un nuovo governo monocolore presieduto da Fanfani, con l'appoggio del Psi. La nuova alleanza fu sancita nel '62 da Aldo Moro al congresso della Dc. Il programma del centro-sinistra prevedeva la creazione di una scuola media unificata, la nazionalizzazione della industria elettrica e la tassazione dei titoli azionari. Nelle elezioni del '63 sia Dc che Psi persero voti, a vantaggio del Pci. In questo anno finirono le riforme sociali, anche a causa di un accenno di recessione economica. Se la Dc riuscì però a mantenere la sua unità, diversamente accadde per il Psi: nel gennaio del '64 la minoranza di
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