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Seconda metà dell'ottocento contesto storico e autori, Appunti di Italiano

Vengono trattati tali temi: contesto di metà ottocento, questione della lingua con Manzoni, positivismo, naturalismo e verismo(con differenze), Giovanni Verga, decadentismo, simbolismo ed estetismo, Giosuè Carducci, Giovanni Pascoli testi riassunti: i malavoglia, fantasticheria (ideale dell'ostrica), Rosso Malpelo, La roba, Perdita dell'aureola, l'albatro, corrispondenze, spleen

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 06/12/2023

margherita-ciani
margherita-ciani 🇮🇹

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Scarica Seconda metà dell'ottocento contesto storico e autori e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Dalla seconda metà dell’Ottocento ai primi del Novecento La storia e la società Nella seconda metà dell’ottocento i fenomeni sociali, economici e politici, insieme alle nuove tendenze filosofiche e artistiche, concorrono per determinare un panorama storico e culturale profondamente diverso rispetto a quello della prima metà del secolo. Dal punto di vista politico lo scenario europeo è segnato dall’affermazione del principio di nazionalità. Una decisiva svolta per il nostro paese è stata rappresentata nel 1861 con l’unificazione d’Italia. L’Inghilterra, la Francia e la Germania sono le grandi potenze dello scenario politico europeo, mentre la Russia attraversa un momento di lenta modernizzazione. L’unità d’Italia: unificazione imperfetta La proclamazione del regno d’Italia può dirsi completata solo dopo l’annessione del Veneto nel 1866 e nel 71 quando Roma diventa la capitale del regno. I primi decenni sono segnati da forti squilibri e contraddizioni e, la penisola è caratterizzata da un’estrema frammentazione linguistica e amministrativa, dalla povertà delle campagne, dall’analfabetismo. Solo il 2,5% della popolazione è in grado di comunicare con la lingua italiana a causa sia dalla presenza dell’analfabetismo sia dell’usanza dei dialetti regionali e locali. La grande depressione e l’imperialismo A metà degli anni 70 dell’ottocento ci fu una crisi economica definita dagli storici come “grande depressione“, la quale smentisce l’idea di uno sviluppo lineare e continuo. La maggior parte dei paesi abbandona il liberismo, in favore di politiche protezionistiche, volte a sostenere l’industria e l’agricoltura e che inevitabilmente facilitano la formazione di cartelli e monopoli. La necessità di reprimere materie prime a costi contenuti e di aprire nuovi mercati conduce inoltre al fenomeno dell’imperialismo, una nuova forma di colonialismo di stampa commerciale. La cultura Il trionfo della scienza: l’età del Positivismo Lo sviluppo delle scienze naturali e le scoperte tecnologiche accompagnano e stimolano l’evoluzione industriale nel secondo ottocento. Gli studi di medicina e di biologia allargano l’orizzonte del sapere. Si afferma la certezza che la scienza favorisca la crescita pacifica di tutta la società, conducendola verso un’epoca nuova, segnata dallo sviluppo e dalla graduale risoluzione dei conflitti sociali. Tale atmosfera di ottimismo acquista ancora maggior rilievo con la diffusione della filosofia positivista, che ha come principale esponente Comte, il quale individua nella scienza l’unico strumento utile per indagare il mondo. Nasce una nuova tendenza culturale: il naturalismo, che cerca di riprodurre e documentare la natura e il reale in modo oggettivo e analitico, quanto più fedelmente possibile. E’ un meccanismo che osserva la razza, il contesto sociale e il momento. Queste visioni filosofiche e culturali sono riconducibili a una concezione materialistica della vita e per studiarne ogni aspetto occorre l’osservazione scientifica poiché è la materia l’unica e sola realtà. Tale approccio è alla base della teoria dell’evoluzione proposta e divulgata dal naturalista Charles Darwin e che condiziona la cultura dell’epoca. Darwin afferma che le diverse specie biologiche derivano da un processo di selezione naturale attraverso cui le caratteristiche vantaggiose per la sopravvivenza in un dato ambiente vengono trasmesse di generazione in generazione. Così determina l’origine, la sopravvivenza o l’estinzione della specie e delinea l’uomo come frutto di un processo naturale. Il metodo positivistico rimuove qualsiasi aspetto non razionale e viene applicato a tutti gli ambiti scientifici. L’uomo è oggetto di indagini. Nascono nuovi indirizzi e discipline del sapere quali la psicologia, la sociologia, la neurologia e l’antropologia. Le tendenze ideologiche Una delle ragioni della rapida diffusione del positivismo sta nel suo carattere pratico: la sua visione del mondo ha una ricaduta su ogni aspetto della vita sia individuale sia collettiva. Lo sviluppo dei saperi incrementa la fiducia dell’idea del progresso producendo anche letture e sentimenti diversi, persino contrapposti. A differenza dell’Illuminismo e del Romanticismo che ponevano al centro l’uomo, adesso questa figura perde la centralità con il positivismo dove si ha al centro la scienza. Pensando alle teorie darwiniane al di fuori del contesto scientifico possono assumere una loro interpretazione distorta e strumentale offrendo ai governi conservatori l’occasione per applicare o almeno autorizzare nell’azione politica: l’idea che l’uomo più forte sia destinato a sopraffare il più debole. La base scientifica del positivismo condiziona chiaramente anche l’analisi della società capitalistica svolta dal filosofo ed economista tedesco Karl Marx. Quest'ultimo sostiene che l’essenza dell’uomo non è determinabile in astratto, bensì nel rapporto mutevole e concreto che egli stabilisce con altri uomini. Queste impostazioni iniziali hanno due conseguenze: la prima consiste nello spiegare le idee dominanti partendo dalla realtà economica e sociale quindi Marx chiama struttura la dimensione economica e per lui è questa a determinare la sovrastruttura, cioè le idee morali, le concezioni filosofiche, le credenze religiose, i canoni artistici. La seconda conseguenza è che, se si vogliono cambiare gli orientamenti ideologici egemoni nella società, occorre trasformare profondamente i rapporti economici tra le diverse classi e ciò può essere fatto solo attraverso una rivoluzione. L’irrazionalismo di fine secolo Subito dopo la metà dell’ottocento sia sul versante letterario sia su quello filosofico non mancano espressioni irrazionalistiche, diffusi sentimenti di disorientamento, atteggiamenti di insoddisfazione o aperta ribellione. Si ha una difficile coesistenza tra antitetici approcci alla modernità: a fronte dell’ottimistico positivismo, si sviluppano inquieti componenti emotive e dottrine pessimistiche che mettono in discussione l’idea che la realtà sia conoscibile oggettivamente. Si diffonde uno stato d’animo che esalta l’individuo, considera l’intuito l’unica forma di conoscenza e assegna all’arte un valore supremo come strumento per emanciparsi dalla volgarità del mondo e per esprimere il senso di estraniamento e di angoscia che pervade molti intellettuali. Ci troviamo davanti al fenomeno del decadentismo. L’indirizzo culturale è fortemente influenzato dal filosofo Nietzsche: critico radicale della cultura borghese e apertamente polemico con i miti della civiltà occidentale, sviluppa una concezione tragica della vita. Ritiene inoltre che l’esistenza sia un caos irrazionale privo di significato. Secondo Nietzsche due concetti hanno neutralizzato la possibilità di creare una civiltà superiore: la filosofia di Platone che respinge il mondo reale come falso e inventa un mondo ideale, e il cristianesimo che vede l’aldilà contrapposto al mondo terreno. Nella cultura di fine secolo riveste grande importanza anche il pensiero del filosofo francese Bergson, il quale oppone una visione dell’uomo e del mondo fondata sullo slancio vitale: la siciliano: Luigi Capuana. I mesi trascorsi a Firenze sono fondamentali per la formazione di Verga che nel 1871 pubblica un romanzo di successo (Storia di una capinera). Verga nel 1872 si trasferisce a Milano dove risiede per oltre un ventennio. Qui entra in contatto con gli ambienti della Scapigliatura, legge i grandi romanzieri del naturalismo francese.Verga matura la conversione a una nuova poesia letteraria: l’adesione al verismo si deve soprattutto alla conoscenza dei romanzi di Zola, l’interesse per le condizioni socioeconomiche del sud e al legame con Capuana. In questo periodo nascono i suoi grandi capolavori: dapprima Rosso Malpelo, successivamente la Vita dei campi, il romanzo dei Malavoglia. L’accoglienza del pubblico è però fredda ma l’insuccesso non lo porta comunque a ripensare alla scelta letteraria compiuta. Verga non abbandonerà la poetica verista. Nel 1893 Verga torna in Sicilia, preoccupato per la gestione dei beni familiari, lo scrittore lavora con poca convinzione alla conclusione del Ciclo dei vinti che infatti non porta a termine. Vive ormai in nel silenzio, allontanatosi da quel mondo intellettuale che pure per anni aveva tenacemente inseguito e frequentato. Le sue posizioni politiche si fanno sempre più conservatrici: già sostenitore di rispinge gli anni 90 dell’ottocento, nel 1912 aderisce al partito nazionalista e appoggia l’intervento italiano nella grande guerra. Dopo la fine del conflitto mondiale la sua opera letteraria incontra i primi tardivi riconoscimenti critici. Dimostrano i festeggiamenti per i suoi ottant’anni celebrati nel 1920 a Roma nella quale però Verga non partecipa. Anche la nomina a senatore del regno lo lascia indifferente. Muore due anni dopo nel Gennaio del 1922 a Catania per una trombosi cerebrale. Ho avuto la stessa triste fine di un suo grande personaggio letterario, mastro Don Gesualdo. Decadentismo Con l'affermarsi di questo movimento si ha una percezione di decadenza sociale-letteraria, sviluppatasi in Italia e in Europa tra la fine del ’800 e l’inizio del ‘900. Questo termine inizia a essere usato in Francia per catalogare una produzione letteraria, in modo negativo, ritenuta deteriore rispetto a quella romantica. I poeti identificati con questa parola vengono detti “poeti maledetti”, poiché si contrappongono al moralismo borghese per il loro forte conformismo. L'origine del termine è da attribuire al sonetto Lauguer di Paul Verlaine. Rimbaud, Mallarmé apparivano alla gente come decadenti: nel 1886 uscì una rivista dal nome “Le Décadent” che parlava di un’esasperata polemica al mondo. Troviamo un rifiuto netto del positivismo poiché si inizia a pensare che l’uomo non possa nominare il mondo: la scienza e la ragione non forniscono la vera conoscenza del reale. Questo tipo di poesia prende spunto da Baudelaire con la sua opera “I fiori del male”, con cui paragona l’individualismo del bene e del male (es. estasi e frustrazione). Questo dualismo portò il poeta a rompere il suo legame con la società e a rinnegare questo finto perbenismo della società. Il decadentismo è caratterizzato da una forte componente di irrazionalismo che gli studiosi ricollegano alla profonda istanza romantica. Caratteristiche simili al romanticismo: ● rifiuto del metodo scientifico e della ragione; ● gli Stati abnormi della coscienza diventano strumenti conoscitivi: la malattia, la follia, la nevrosi, l’incubo, il sogno, l’allucinazione; ● soggettivismo e individualismo esasperati; ● identità lo mondo, soggetto oggetto; ● concezione vitalistica e non meccanicistica-materialistica della natura; ● ricorso al simbolo; ● estraneità dell’artista che non si riconosce nella società, emarginazione e allontanamento dall’intellettuale. Differenze tra romanticismo e decadentismo: nel romanticismo troviamo uno slancio entusiastico, tensione verso l’infinito e titanismo mentre nel decadentismo si ritrova un senso di stanchezza, estenuazione e smarrimento. Nel primo abbiamo un impegno politico e sociale con un’esaltazione della forza creatrice del gene della spontaneità mentre nel secondo si ha un rifiuto di ogni impegno con una poesia pura, non contaminata da interessi pratici o morali; troviamo un gusto per l’artificio e la complicazione, la poesia è il prodotto di un lavoro cerebrale. Alla corrente decadentista si aggiungono tendenze opposte quali: Il vitalismo, ovvero l’esaltazione della pienezza vitale con la ricerca el godimento al di là di ogni norma morale; Il superomismo, ovvero l'esaltazione della forza individuale, il dominio del “superuomo” sui deboli che ha come obiettivo la rigenerazione di un mondo esausto. Solitamente il vitalismo si pone sotto la filosofia di Nietzsche mentre il contrario, l’annientamento, sotto la filosofia di Schopenhauer. Simbolismo e Estetismo Il termine del decadentismo viene presto sostituito dal Simbolismo ed Estetismo, in Francia. In Italia questi costituiscono un sottoinsieme di esso stesso. I massimi autori di questa tendenza sono: Antonio Fogazzaro, Giovanni Pascoli e Gabriele D’annunzio, i quali si esprimevano con una deprecabile concezione di una vita morbosa. Il Simbolismo nasce in Francia nel 1886 con la pubblicazione del Manifesto del Simbolismo di Jean Moréas, con il quale si annuncia l’esaurimento della letteratura di ispirazione romantica, naturalistica e parnassiana. Per ‘simbolo’ si intende un’immagine, una parola, una figura o un oggetto che evoca qualcos’altro, per esempio un concetto o una virtù. Gli artisti di questa corrente non si servono quasi mai di simboli immediatamente comprensibili, ma anzi ne ricercano oscuri, misteriosi e polisemici, non codificabili in forma definitiva come avviene invece con l’allegoria. Il poeta invece è considerato come il decifratore di simboli attraverso i quali intuisce nel particolare l’universo. Anche se nominano un oggetto concreto, per esempio un uccello, richiamano sempre l’esistenza di qualcosa che sta al di là di esso. Alla base di questa poetica troviamo la contestazione molto distante dal realismo, la quale rifiuta l’idea che la realtà autentica sia quella dell’esperienza e della ragione mentre aspira a cercare le profondità misteriose dell’essere e dell’inconscio: non a caso Baudelaire parla della natura come di una foresta di simboli. Nel simbolismo viene rifiutata l’idea della poesia come discorso ovvero qualcosa che può riassumere e spiegare. La parola poetica non deve comunicare ma evocare. I poeti simbolisti scelgono un linguaggio allusivo e una sintassi disarticolata per lasciare sempre quella componente di incertezza e oscurità. Per sciogliere il mistero che si nasconde nella natura e nella realtà, i simboli assumono musicalità in modo che i versi fluiscano in maniera libera preferendo, alla rima, l’assonanza. L’estetismo è il vocabolo utilizzato in Inghilterra per riferirsi alle esperienze degli autori comeWalter Pater o Oscar Wilde, accomunati dalla concezione di vita come ricerca e culto del bello, ma anche come creazione dell’individuo. Troviamo esponenti dell’estetismo anche in Francia come Joris Karl Huysmans o in Italia Gabriele D’Annunzio. L’esteta decadente ricerca delle emozioni mistiche e sensuali rare esibendo atteggiamenti raffinati e anticonformisti. Propone di sé un’immagine aristocratica e narcisista, considerando nelle sue opere il valore musicale dell’espressione, mirando allo sfruttamento sensuale della parola, del colore e degli aspetti esteriori del prodotto artistico. Il suo stile di vita si contrappone ai valori dell’uomo borghese, considerati volgari e materialistici; da qui deriva la fuga verso un mondo di bellezza insolita e ricercata. presto anche Ranocchio muore, Malpelo è sempre più solo (la madre si è risposata e non vuole avere a che fare con lui e anche la sorella si è sposata) e finisce per scomparire nella cava dopo che gli era stato assegnato il compito di esplorare una galleria sconosciuta. Nessuno avrebbe mai accettato un compito così pericoloso, ma Malpelo ormai non ha più niente da perdere: prende pane, vino, attrezzi e vestiti del padre ed entra nella galleria per non uscirne mai più. La sua unica vendetta da morto è aver instillato il terrore negli altri operai che hanno sempre paura di vederlo spuntare fuori all'improvviso con i suoi capelli rossi e i suoi occhiacci grigi. LA ROBA (Giovanni Verga) In questo testo si vede come il protagonista Mazzaró da semplice bracciante riesce a fare una scalata sociale, tuttavia non è mai stato riconosciuto dalla sua classe sociale (come Padre Cristoforo), e riesce a impossessarsi delle terre del suo padrone. Mazzaró nasce in un contesto simile a quello dei Malavoglia e successivamente Con questa novella Verga ci regala un personaggio indimenticabile, patologicamente attaccato ai beni materiali, che passa dall’essere oppresso dal padrone a diventare schiavo della “roba”. La morte del protagonista viene messa in parallelo con quella di Mastro Don-Gesualdo, anche lui morto senza alcun conforto affettivo. RIASSUNTO La novella è raccontata da un viandante, che attraversando le terre della Sicilia si trova in mezzo alla sterminata proprietà di un certo Mazzarò. Il viandante descrive la vastissima proprietà di Mazzarò, parlando degli uliveti, dei vigneti e delle sterminate file di armenti, da qui la sua immaginazione viaggia e immagina il signor Mazzarò come un uomo che «fosse disteso tutto grande per quanto era grande la terra, e che gli si camminasse sulla pancia». Poi il lettighiere che accompagna il viandante, gli spiega come fosse fatto effettivamente Mazzarò. Egli lo descrive come una persona avara e senza scrupoli ma anche estremamente intelligente. Dice di lui che non era un nobile siciliano, come la maggior parte dei proprietari terrieri dell'epoca, ma un semplice contadino, che aveva fatto fortuna contando solo sul suo lavoro e sulla sua forza di volontà. Infatti, Mazzarò aveva lavorato per un nobile locale che ora a stento gli poteva dare del tu, e tutto quello che aveva e si era guadagnato lo doveva al suo lavoro e alla sua abilità di vendere e risparmiare avaramente, per accumulare sempre più "roba". Per Mazzarò l'oro, l'argento, la carta moneta e il denaro in generale erano da disprezzare, poiché non avevano valore. Solo la roba aveva un valore, ed egli non appena guadagnava dei soldi li spendeva subito, per comprare altra roba: terreno, piante o animali che fossero. Alla fine il protagonista, che per tutta la vita aveva risparmiato, «mangiando quello che mangiava quando era povero» (pane e cipolla) e trattenendosi da ogni tipo di vizio si dispera al pensiero di dover abbandonare la sua roba. Quando la vecchiaia è infine sopraggiunta e gli viene detto che ormai non deve più pensare ad accumulare ricchezze, ma piuttosto alla sua anima, impazzisce e corre qua e là per l’aia cercando di uccidere anatre e galline nel vano tentativo di portare la sua roba nell’aldilà con lui. PERDITA D’AUREOLA (Charles Baudelaire) Questo poemetto in prosa è inserito nello Spleen di Parigi, attraverso il quale l’autore fa emergere la trasformazione della figura del poeta nella società moderna. E’ un piccolo racconto scanzonato nel quale l’autore mette a nudo la condizione del poeta nella società industriale. RIASSUNTO Baudelaire in quest’opera immagina di incontrare qualcuno con il quale apre un dialogo, dove racconta che scivola e la sua aureola casca nel fango perché ormai ha perso il prestigio. L’aureola è il segno di distinzione che lo poneva su una sorta di piedistallo ma adesso la poesia non è più un oggetto di autorità e considerazione. La poesia non è più un'attività divina e il poeta preferisce rinunciare alle proprie insegne piuttosto che essere travolto dalle trasformazioni della società. La sua sede non sarà più sull’Olimpo ma tra la folla, anonimamente mischiato in essa, disposto a spingersi fino a un bordello per interpretare più fedelmente la realtà e abbandonando di conseguenza qualsiasi forma aristocratica. Il poeta, lasciando l’aureola nel fango, rinuncia a rincorrere un prestigio ormai impossibile perché la società moderna non sa più che farsene della poesia e dell’arte. L’ALBATRO (Charles Baudelaire) Questa lirica si basa su una forte similitudine tra l’albatro e il poeta. La lirica si apre raccontando di come i marinai deridono gli albatri ovvero i grandi uccelli dei mari e inoltre si divertono catturandoli. L’albatro è anche soprannominato come il re dell’azzurro e quindi può essere paragonato a Dio che invece è il re dei cieli. Viene esplicitata la libertà e l’eleganza di quando l’albatro vola contrapposta alla goffaggine di quando l’uccello si muove sulla terra ferma, per le sue lunghe ali che gli impediscono movimenti più spediti e così diventa oggetto di scherno dei marinai, cioè degli uomini comuni. In altre parole il poeta vive drammaticamente sia l’impossibilità di adattarsi alla vita reale sia la difficoltà a praticare la propria arte in una società che ha perso verso di essa ogni interesse e capacità di comprensione. Il poeta si trova a proprio agio solo sopra la massificazione come l’albatro riesce a star bene solo quando vola in cielo dove può spiegare le sue enormi ali senza nessun fastidio. Dunque la condizione dell’artista nella società tecnologica è un tragico isolamento perché esso non è integrato ma è diverso. CORRISPONDENZE (Charles Baudelaire) E’ un sonetto considerato come il manifesto del simbolismo, attraverso il quale l’autore esprime la propria concezione di poesia e di realtà. La natura è la protagonista ed è vista come un tempio di simboli che parla all’io. La natura è una fitta rete di simboli che complica la comprensione della realtà. La realtà concreta e visibile, la Natura, nasconde in sé un'invisibile e segreta di legami e rapporti tra le cose; il poeta è colui che, grazie a una sensibilità particolare e raffinata, è capace di intuire e riconoscere la foresta di simboli che si cela dietro il reale. Nel testo sono presenti delle sinestesie ovvero delle figure retoriche che indicano un miscuglio di sensi, mettendo in dubbio l’oggettività dei sensi e quindi anche la realtà. Baudelaire ci dice che non possiamo comprendere il mondo che ci circonda attraverso strumenti puramente razionali, è invece necessario affidarsi all’intuito, alla fantasia, alla suggestione: solo in questo modo è possibile cogliere gli intimi legami e i rapporti segreti che uniscono i diversi elementi della natura. I simboli sono la chiave di lettura della realtà in una società confusa. SPLEEN (Charles Baudalaire) Con il titolo di questa poesia l’autore vuole indicare la situazione di angoscia esistenziale nella quale si trova a vivere. Da una parte trova la volontà di liberarsene ma è anche consapevole dell’inutilità di ogni sforzo. Nella prima parte del testo si ha una descrizione della sensazione interiore e della noia logorante attraverso una serie di immagini: il cielo che fa da coperchio all’anima, la speranza che sbatte contro i muri, la pioggia che si identifica con le sbarre dei carceri. Quest’ultimi sono tutti oggetti che entrano a far parte della poesia per interpretare una realtà oscura e di conseguenza un’anima oscura. Baudelaire comunica così il senso di impotenza e di drammatica claustrofobia che lo attanaglia fino a illustrare lo stato angoscioso della propria mente, assediata dagli incubi. La poesia si chiude con l’immagine dei funerali che sfilano lentamente senza musica, dando l’idea dello sconforto di cui è preda il poeta.
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